CAPS I
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Ecco i pazzi. I disadattati. I ribelli. I contestato-
ri.
Quelli sempre al posto sbagliato. Quelli che ve-
dono le cose in modo diverso.
Non amano le regole e non rispettano lo status
quo.
Puoi lodarli, disapprovarli, citarli, puoi non
credere loro, puoi glorificarli o denigrarli.
Ma ciò che non potrai fare è ignorarli.
Perché loro sono quelli che cambiano le cose.
Inventano. Immaginano. Curano.
Esplorano. Creano. Ispirano.
Mandano avanti l'umanità. Forse devono per
forza essere pazzi.
Altrimenti come potresti guardare una tela vuo-
ta e vederci un'opera d'arte?
O sedere in silenzio e sentire una musica che non
è mai stata composta?
Perché le persone così folli da pensare di poter
cambiare il mondo lo cambiano davvero.
Euben
(Grazie al Dott. A. C.)
Il manifesto “Here’s to the crazy one” è stato concepito nel 1997 da Tbwa per Apple
Il Sapere Professionale
Periodico trimestrale dell’Associazione
Culturale delle Professioni Sanitarie (CAPS).
Direttore Responsabile: Ciro Balzano
Redazione: Ciro Balzano – Floriana Dimo –
Manuela Florida De Rosa – Antonio Busacca –
Giovanni di Tria – Franco Ardizzone –
Anna Dell’Annunziata – Paolo Dell’Aversana –
Domenico Calendano – Tommaso Sabato –
Concetta De Santis – Salvatore Galati –
Maria Cristina Mazzulla.
Comitato scientifico: Ciro Balzano –
Floriana Dimo – Manuela Florida De Rosa –
Anna Dell’Annunziata – Antonio Busacca.
Progetto grafico: Giovanni di Tria.
Segreteria: Michela Rebuffi.
E-Mail: [email protected]
CAPS
Associazione Culturale delle Professioni Sanitarie
Sommario
Infermieri condannati per omicidio colposo dopo aver causato la
morte di un Paziente loro affidato (l’importanza della documenta-
zione Infermieristica):
… La Suprema Corte ha definito i comportamenti dell’Infermiere “il
deserto assistenziale” che ha presupposto e sostenuto l’instaurarsi della
serie di eventi che hanno portato alla morte del paziente …
A cura di Ciro Balzano. Pag. 2
Parole e Mente:
… Un numero impressionante di persone si auto massacrano , si auto-
limitano, quotidianamente per anni e anni con frasi che sminuiscono
le proprie capacità … A cura di Fabio Salomone. Pag. 4
Clima organizzativo, il ruolo del Coordinatore Infermieristico:
… In altri termini il problema và visto a 360°, infatti un ambiente
infelice spesso parte da chi sta dietro la scrivania …
A cura di Antonio Busacca. Pag. 6
Violenza in Pronto Soccorso:
… Per quanto detto è ovvio che la vittima più frequente è l’Infermiere
A cura di Gianni di Tria. Pag. 8
Le fistole artero - venose in emodialisi: la vita del paziente:
… La durata del trattamento renale sostitutivo in pazienti uremici può
durare moltissimi anni, spesso tutta la vita …
A cura di Tommaso Sabato. Pag. 9
Da qualche mese è nata l’Associazione
Culturale delle Professioni Sanitarie che
ha come acronimo CAPS (Cultural asso-
ciation of sanitary professions). In modo
consequenziale all’associazione, abbiamo
dato vita a un Comitato di Redazione
avente come scopo la creazione di questo
giornale aziendale: House Organ,
Newsletter o semplicemente Giornalino,
che dir si voglia. Si tratta di uno stru-
mento di comunicazione interna, che
intende dar voce al “sapere” e alla
“conoscenza” di tutte le professionalità
dell'Azienda in modo da mantenere sem-
pre viva l'attenzione di chi ha voglia di
cultura. Inoltre siamo entusiasti di cono-
scere, raccontare, sviluppare e divulgare
ciò che i Professionisti Sanitari hanno il
piacere di scrivere. Il tutto anche per
dare forza al nostro senso di appartenen-
za a una grande Azienda. Riteniamo che
in questo modo si possa intraprendere
un percorso che favorisca e incoraggi un
confronto “costruttivo” che susciti cu-
riosità e voglia di fare. Riteniamo utile
sottolineare la natura “culturale”
dell’associazione e il giornalino uno stru-
mento di informazione in ambito delle
Professioni Sanitarie. Vogliamo dare
voce a chi sino ad oggi ha taciuto, quin-
di da questo momento siamo a disposi-
zione di tutti coloro che hanno voglia di
scrivere un “Abstract”, supportato da
adeguata bibliografia, per la pubblica-
zione. Inviate i vostri elaborati
all’indirizzo E-Mail della Redazione:
Gianni di Tria
E’ nato un nuovo modo di comunicare al San Carlo
Associazione Culturale delle Professioni Sanitarie
(CAPS)
Cultural association of the sanitary professions
Data Gennaio/Marzo 2011 Numero 1
Il Sapere Professionale
to che fu somministrata una sola flebo (la prescrizione
medica prevedeva tre flebo da 500 cc ) e che la stessa
aveva una velocità d’infusione molto lenta, hanno con-
tinuato asserendo che la quantità di urina nel sacchetto
del catetere era molto scarsa, la temperatura del Sig. S.
era di 35°C e lo stesso mostrava sintomi di disidratazio-
ne: cute pallida, sudorazione algida e brividi scuotenti
(la Corte ha ritenuto che conoscere le dianzi sintomato-
logie non risiede nella sola competenza del personale
Medico e Infermieristico ma chiunque, con un minimo
di diligenza, può rilevarli). L’amica di famiglia (la Corte
ha evidenziato che svolge la Professione d’Infermiera)
ha altresì dichiarato che mai durante la notte le Infer-
miere di turno hanno rilevato i parametri vitali del Sig.
Michele; l’unica azione posta in essere dalle Infermiere,
si legge nella sentenza, è stata quella di coprire il pa-
ziente con otto coperte.
I fatti ricostruiti dai Periti e statuiti dalla Corte, hanno
evidenziato che mai fu chiamato il Medico di guardia; le
Infermiere nonostante le sollecitudini della moglie di S.
non hanno ritenuto opportuno farlo.
Alle 7:00 del mattino le Infermiere che avevano sosti-
tuito il turno di notte, preso atto delle critiche condizio-
ni del S. Michele, avvisano il Medico di turno e trasferi-
scono il paziente in Rianimazione dove viene diagnosti-
cata una seria sindrome da shock ipovolemico. Nono-
stante le cure intensive immediatamente somministra-
te il Sig. S. Michele muore alle ore 8:00.
La Suprema Corte rigetta i ricorsi del Medico Chirurgo,
del Medico di guardia e delle Infermiere e conferma le
pene inflitte dal Giudice di merito.
In particolare D. Antonio ha sostenuto la propria difesa
asserendo che l’esecuzione dell’intervento da egli effet-
tuato era stata ineccepibile e soprattutto la sua respon-
sabilità terminava nel momento in cui il S. Michele ve-
niva affidato alle cure del G. Giuseppe Medico di guar-
dia; questi invece argomenta la sua difesa evidenziando
che mai fu chiamato dalle Infermiere di turno e che la
sua funzione di Medico di guardia si sostanzia proprio
nell’ allerta che il personale responsabile dell’assistenza
deve esperire e per tanto non poteva ritenersi responsa-
bile dell’omissione perpetuata delle Infermiere. La Cor-
te, nel rigettare i ricorsi, ha statuito che il D. Antonio
nella qualità di capo dell’ equipe operatoria, %
La Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ri-
corso di: D. Antonio, Medico Chirurgo; G. Giusep-
pe, Medico di guardia; P. Dora, Infermiera ; C. Da-
miana, Infermiera confermando la Sentenza
d’appello che condannava i suddetti professionisti a
quattro mesi di reclusione, oltre che al risarcimento
dei danni in favore delle parti civili.
I reati ascritti sono: l’art.133 C.P. (cooperazione nel
delitto colposo) ; art. 589 C.P. (omicidio colposo).
I fatti ricostruiti dalla Corte:
il Sig. S. Michele, di anni 46, ricoverato a seguito di
un infortunio domestico nel quale riportò ustioni
estese a circa il 50% della superficie corporea, veni-
va sottoposto per la seconda volta, a distanza di un
mese dal primo, ad un intervento chirurgico (non
considerato urgente nella ricostruzione della Corte)
il giorno 6 novembre 1995 dalle ore 17.15 alle ore
20.20 (ora dell’estubazione) per “escarectomia tan-
genziale delle gambe e della regione lombare, ripa-
rata con innesti cutanei prelevati dagli arti sup. e
dai glutei”. Il Sig. S. veniva inviato, dal Medico
Anestesista, al reparto di Chirurgia Plastica del Po-
liclinico di Bari con la prescrizione di eseguire una
radiografia del torace e un prelievo ematico ( la Cor-
te ha rilevato che tali prescrizioni non sono state
ottemperate, nei tempi imposti, dal Medico di guar-
dia e dalle due Infermiere). Il Tribunale ha rico-
struito i fatti basandosi su perizie Medico legali e
sulle dichiarazioni testimoniali della moglie del Sig.
S. e di una amica di famiglia che hanno trascorso la
notte del 6 novembre 1995 al capezzale del congiun-
to. La relazione peritale ha concluso che il S. è dece-
duto il giorno 7 novembre alle 8.00, nel reparto di
Rianimazione dove era stato trasferito un’ora pri-
ma, per arresto cardiocircolatorio in shock ipovole-
mico aggravato. Il Perito ha sottolineato il nesso
eziologico e causale tra il comportamento omissivo
dei professionisti e la morte del S.Michele e soprat-
tutto che la morte si sarebbe potuta evitare se si
fossero attuati tempestivi ed appropriati interventi
terapeutici.
Le due donne hanno dichiarato alla Corte di aver
più volte allertato le Infermiere durante il decorso
della notte; nella loro deposizione hanno sottolinea-
Pagina 2 Il Sapere Professionale
Infermieri condannati per omicidio colposo
dopo aver causato la morte di un paziente loro affidato
l’importanza della Documentazione Infermieristica
A cura di Ciro Balzano
Termini per la presentazione della domanda
la domanda di partecipazione al concorso dovrà essere inviata per posta elettronica
all’indirizzo [email protected]
contestualmente all’elaborato prodotto.
Il termine ultimo per la presentazione delle domande con allegato l’elaborato deve av-
venire entro e non oltre il 30 aprile 2011 ore 12:00
Domanda
nella domanda di partecipazione dovranno essere indicati:
dati anagrafici (di tutti gli autori)
domicilio e recapito telefonico (di tutti gli autori)
indirizzo email@, presso il quale dovrà essere data ogni necessaria comunicazione relati-
va al concorso
dovranno inoltre essere indicati:
titolo dell’elaborato
nominativo del responsabile del progetto nel caso di elaborati di gruppo
Abstract dell’elaborato
Per informazioni contattare la segreteria.
Condizioni
Ogni partecipante, a qualsiasi titolo, può presentare un solo elaborato.
Il termine stabilito per la presentazione degli elaborati è perentorio e non derogabile,
per tanto non saranno presi in considerazione gli elaborati che verranno presentati oltre
il termine stabilito.
Sarà cura della segreteria dell’Associazione Culturale delle Professioni Sanitarie comuni-
care al Responsabile dell’elaborato, tramite email@, l’avvenuto ricevimento.
L’Associazione Culturale delle Professioni Sanitarie (CAPS) si riserva di poter apportare
variazione alla struttura del corpo dell’elaborato (non nei contenuti), al fine di adeguare
gli stessi alle esigenze di pubblicazione. Gli elaborati inviati potranno essere pubblicati,
se non diversamente specificato dall’autore/i, sulla rivista “Il Sapere Professionale”
Commissione esaminatrice
La commissione esaminatrice è presieduta dalla Dott.ssa S. Bordoni (Direttore Sanita-
rio A.O. San Carlo Borromeo); Dott. Maurizio Cariati, Dott. Carlo Ausenda, Sign. Ciro
Balzano, nessun componente della commissione può partecipare, a qualsiasi titolo, al
presente bando.
Premio
l’elenco dei 2 elaborati vincitori sarà formulato dalla commissione esaminatrice sulla
base di criteri valutativi sopra espressi e decisi dalla commissione.
1° premio € 400,00.
2° Premio € 200,00.
I Premi saranno consegnati dal Presidente della commissione e/o dal Presidente
dell’Associazione Culturale delle Professioni Sanitarie (CAPS).
La Segreteria Il Presidente CAPS
Sig.ra Michela Rebuffi tel. 392 0381304 Balzano Ciro
Pagina 11 Numero 1
PREMIO
Associazione
Culturale
Delle
Professioni
Sanitarie
Concorso per 2 premi a elabo-
rati di Ricerca e Innovazione
delle Professioni Sanitarie
delibera n. 3
anno 2010-11-08
termine della domanda
30 aprile 2011
Associazione Culturale
delle Professioni Sanitarie
( CAPS). Cultural association of the sanitary professions
In esecuzione alla Delibera del Consiglio Direttivo n. 3 anno
2010, è indetto un concorso per N° 2 Premi per Elaborati di
Ricerca e/o innovazione delle Professioni Sanitarie, per un
valore di:
€ 400,00 1° Premio; € 200,00 2° Premio.
Requisiti generali specifici richiesti
possono partecipare al presente bando tutti i professionisti della A.O. San Carlo
Borromeo (Infermieri, Tecnici di Radiologia, Tecnici di Laboratorio, Fisioterapisti,
Ostetriche, Educatori, Assistenti Sociali, Medici, Psicologi, Specializzandi, Biologi,
studenti del corso di Laurea in Infermieristica e Fisioterapia. ecc.).
E possibile la presentazione di elaborati di gruppo.
Gli elaborati presentati dai Medici, Psicologi, Biologi e specializzandi devono essere
redatti in collaborazione di uno dei Professionisti Sanitari non medici.
Gli elaborati presentati dagli Studenti devono essere coprodotti con un Tutor Pe-
dagogico e/o Clinico.
I lavori dovranno riguardare gli specifici ambiti tecnico/scientifici/relazionali di
appartenenza, come ad esempio:
Infermieristica Clinica Diagnostica Radiologica
Medicina di Laboratorio Cure Primarie
Modelli organizzativi Salute Mentale
Salute Carceraria Formazione
Materno Infantile Riabilitazione Fisioterapica
Ecc.
Gli elaborati saranno valutati secondo il livello tecnico/scientifico/relazionale con il
quale contribuiscono ad attuare le migliori pratiche in ambito sanitario con partico-
lare riguardo agli elaborati coerenti al nuovo Piano Sanitario Regionale (2010-2014)
Caratteristiche del formato dell’elaborato
carattere Times New Roman 12
interlinea 1,5
max 6 pagine
Pagina 10 Il Sapere Professionale
PREMIO
Associazione
Culturale
Delle
Professioni
Sanitarie
Concorso per 2 premi a elabo-
rati di Ricerca e Innovazione
delle Professioni Sanitarie
delibera n. 3
anno 2010-11-08
Pagina 3 Il Sapere Professionale
fu titolare di una posizione di garanzia nell’ambito
della quale risolse imprudentemente di effettuare
un intervento altamente specialistico ma non ur-
gente (quello praticato al paziente S. Michele)
nell’ultimo turno pomeridiano, e così
nell’approssimarsi della notte: tempo nel quale, se-
condo regola di comune esperienza, i reparti ospe-
dalieri sono notevolmente meno allertabili alle e-
mergenze che non nelle ore del giorno.
La posizione di garanzia che gli era propria, in vi-
sta della fase post operatoria, non cessava al mo-
mento del trasferimento del paziente in reparto, il
D. Antonio avrebbe dovuto assicurarsi personal-
mente o su delega che l’assistenza del Sig. Michele
fosse corretta, continua ed aderente.
Per quanto riguarda il G. Giuseppe, Medico di guar-
dia al momento dei fatti, nulla vale la tesi sostenuta
che declara la sua non conoscenza delle condizioni
del S. poiché mai era stato informato dalle Infer-
miere del decorso post operatorio del paziente che si
riteneva pertanto nella norma.
La Corte ha sostenuto a tal proposito che gli opera-
tori di una struttura sanitaria, medici e infermieri,
sono tutti “ex lege” portatori di una posizione di
garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà co-
stituzionalmente imposto, ex articolo 2 e 32 della
Costituzione, nei confronti dei pazienti, la cui salute
devono tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne
minacci l’integrità; l’obbligo di protezione perdura
per l’intero tempo del turno di lavoro.
Non è scusante perciò che le Infermiere non abbia-
no mai richiesto, durante la notte, l’intervento del
G. Giuseppe, essendo dovere e scrupolo di un Medi-
co, cui è affidato un reparto quello di prendere im-
mediata visione delle specifiche situazioni degli am-
malati, a partire dalle situazioni più delicate, e dun-
que assicurarsi della corretta instaurazione delle
terapie prescritte o ritenute necessarie, seguendo di
persona l’evolversi della situazione fino al cessare
della condizione di rischio.
La Suprema Corte ha definito i comportamenti di
P. Dora e C. Damiana, Infermiere di turno nella
notte del 6 novembre, “ il deserto assistenziale” che
ha presupposto e sostenuto l’instaurasi della serie di
eventi che hanno portato alla morte di S. Michele.
A tal ciò, sottolinea la Corte, mai durante l’intero
arco della notte costoro raccolsero, come era loro
preciso dovere, le preoccupazioni reiteratamente ed
in maniera allarmante prospettate dalla moglie del
paziente e dall’Infermiera, amica di famiglia, che
insieme attesero inutilmente che qualcuno compren-
desse ciò che a loro appariva e non vi era certo necessi-
tà di specifica competenza il gravissimo evolversi della
situazione.
Nulla vale la difesa sostenuta da P. Dora che definì la
sentenza illogica ritenendo che il personale infermieri-
stico non potesse riconoscere quei sintomi che debbono
essere riconosciuti solo dal Medico.
E’ stato altresì sostenuto dalle Infermiere che i fatti
sono stati ricostruiti solo sulla base delle dichiarazioni
della moglie del S. e dalla Infermiera amica di famiglia.
La Corte ha sostenuto che tali dichiarazioni sono state
ritenute pienamente attendibili sia per la loro precisio-
ne e concordanza, sia perché confermate dalle annota-
zioni della cartella clinica redatta al momento del rico-
vero del S. in Rianimazione e soprattutto in assenza di
un diario e/o Cartella Infermieristica, mai acquisito od
esibito, nonostante l’espressa autorizzazione ottenuta
dai periti, che non può dar credito dunque a diverse
allegazioni difensive.
La sentenza sinteticamente sopraesposta è stata defini-
ta da molti la statuizione che attribuisce definitiva-
mente al Medico la responsabilità per l’operato del per-
sonale infermieristico.
Or bene, nulla si può eccepire in ordine all’ordito argo-
mentativo deciso dalla Corte, ne tantomeno si ha in-
tenzione di voler esemplificare con una improbabile
interpretazione i fatti accaduti; è particolarmente evi-
dente che gli eventi ricostruiti dalla Corte non lasciano
margini di discussione: il “deserto assistenziale”, allo-
cuzione usata dagli Ermellini, appalesa inevitabilmen-
te la colpa dei quattro professionisti condannati.
Non si ha altresì intenzione di discuisire sulla portata
giuridica che tale sentenza determina nelle relazioni
professionali tra Medici e Infermieri, è manifesto che i
Medici sono stati condannati anche per le omissioni
perpetuate dalle Infermiere.
Si vuole tuttavia richiamre il lettore su di un elemento
deteminante ai fini della costruzione del castello accu-
satorio proposto dai Giudici: le testimonianze rese dal-
la moglie e dalla amica Infermiera e, soprattutto, dalla
irreperibilità della documentazione infermieristica.
Le due Infermiere deficitavano dell’unico strumento
che avrebbe permesso loro di imbastire una difesa soli-
da e strutturata capace di resistere alle accuse poste in
essere dal Collegio Inquirente: la Cartella Infermieristi-
ca. A tal uopo è bene richiamare la lettera del D.P.R.
384/90 che considera la Cartella Infermieristica come
un atto pubblico, in quanto compilata da %
un Incaricato di Pubblico Servizio.
L’Infermiere nell’esercizio delle sua funzione, ai
sensi dell’art. 358 del codice penale, è un Incaricato
di Pubblico Servizio; egli pur non essendo propria-
mente un Pubblico Ufficiale con le funzioni proprie
di tale status (certificative, autorizzative e delibera-
tive), svolge comunque un servizio di pubblica utili-
tà presso organismi pubblici in genere.
La Cartella Infermieristica pur non possedendo una
piena efficacia probatoria acquista valore come fon-
te documentaria indispensabile per l’intero processo
di lavoro dell’Infermiere; essa è il patrimonio cultu-
rale della Professione, è indicatore fondamentale
della qualità dell’organizzazione dell’assistenza in-
fermeristica e si propone di fornire una integrale
documentazione delle prestazioni infermieristiche
eseguite.
È attraverso la Cartella Infermieristica che il pro-
fessionista Infermiere identifica e valuta il bisogno
di assistenza dell’utente, e questo gli consente di
formulare una diagnosi infermieristica sulla base di
modelli e standard definiti e comunemente com-
prensibili, in modo da poter essere concettualmente
trasferibili agli altri professionisti sanitari.
Alla documentazione infermieristica vanno applica-
te le stesse regole di compilazione, segreto e conser-
vazione applicate alla cartella clinica, a tal ciò si
vogliono richiamare l’art. 23 del codice di deontolo-
gia medica e gli articoli 26 – 27 – 28 del codice deon-
tologico dell’Infermiere del 2009; nello specifico
l’Infermiere: assicura e tutela la riservatezza nel
trattamento dei dati relativi all’assistito, garantisce
la continuità assistenziale anche contribuendo alla rea-
lizzazione di una efficace gestione degli strumenti infor-
mativi e rispetta il segreto professionale non solo per
obbligo giuridico, ma per intima convinzione e come
espressione concreta del rapporto di fiducia con
l’assistito.
In conclusione questo elaborato ha voluto evidenziare,
se ciò fosse ulteriormente necessario, l’importanza della
rintracciabilità delle prestazioni infermieristiche: poter
ricostruire le azioni svolte nell’esercizio delle sue funzio-
ni è divenuto, nella moderna società, elemento indefet-
tibile per la tutela del professionista sanitario.
Sono note al pubblico le migliaia di procedimenti i-
struiti contro la Pubblica Amministrazione per
“malasanità” , è meno noto tuttavia che la quasi totali-
tà di essi si risolvono in un non nulla di fatto anche per
la corretta compilazione della documentazione infermie-
ristica.
Bibliografia:
Cassazione, sez. IV penale, sentenza 1 dicembre 2004 –
11 marzo 2005, n. 9739
Codice Penale, 2009
Manuale di diritto Penale Antolisei, 2006
Agazzi E. Cultura scientifica e interdisciplinarità, Bre-
scia
Codice deontologico dell’Infermiere 2009
Calamandrei C. – Orlandi C. “ La dirigenza infermieri-
stica”
Pagina 4 Il Sapere Professionale
Parole e Mente A cura di Fabio Salomone (A.O. L. Sacco)
Le parole hanno un enorme potere. Tramite le paro-
le possiamo arringare una folla, incoraggiare un
beniamino, rincuorare un figlio o far sentire amato
un compagno. È possibile anche, tramite le parole,
incidere in modo negativo, scoraggiando un gruppo,
demotivando un collega o offendendo qualcuno. Se
quanto sin qui affermato, è risaputo ai più, non è
altrettanto preso in considerazione che, lo stesso
potere, lo esercitiamo ogni volta che ci esprimiamo
tramite un dialogo interno. Durante una nostra
qualunque giornata, ha luogo nella nostra mente un
interminabile monologo che prosegue anche duran-
te la notte, in gran parte regolato da abitudini
nell’usare determinati vocaboli e toni. La grande
differenza è che se uno sconosciuto ci da dell’incapace, i
più reagiscono, si offendono e magari rispondono difen-
dendo con forza il proprio operato. Ma, con la nostra
“vocina” interiore, questo non viene fatto. Un numero
impressionante di persone si auto-massacrano, si auto-
limitano, quotidianamente per anni e anni, con frasi che
sminuiscono le proprie capacità, dicendo a se stessi frasi
che mai verrebbero accettate se fossero affermate da
altri. In questo modo, si convincono dei propri limiti ed
accettano sempre più, l’agonia di una vita insoddisfa-
cente, regolata da incapacità false ed auto-imposte, che
fanno scivolare nell’ autocommiserazione. Questa azione
distruttiva, determina la bassa autostima, e porta gli
individui a convincersi totalmente di lacune che, %
Il blocco renale è una condizione in cui il rene riduce
la produzione di urina progressivamente, ciò impedi-
sce ai reni di rimuovere le scorie e di eliminare i liqui-
di in eccesso.
La dialisi è il processo che consente di purificare il
sangue mediante un macchinario esterno chiamato
rene artificiale. In Italia sono circa in 50.000 i pazien-
ti in trattamento emodialitico che devono depurare il
sangue tre volte la settimana per quattro ore settima-
nali. La durata del trattamento renale sostitutivo in
pazienti uremici può durare moltissimi anni, spesso
tutta la vita, dato che l’unica alternativa ad un rene
artificiale, rimane il trapianto che purtroppo non può
essere garantito a tutti i pazienti con insufficienza
renale cronica allo stadio terminale, per scarsa dispo-
nibilità di organi e/o problematiche cliniche. Per ese-
guire questa terapia è necessario predisporre un acces-
so vascolare in grado di veicolare il sangue dalla per-
sona alla macchina depuratrice, inviarlo al filtro di
dialisi ad alti flussi per poi restituirlo alla persona. Si
rende quindi necessario realizzare un accesso vascola-
re definito “Fistola artero-venosa”, permanente ed
interna che avviene solitamente a carico degli arti
superiori, preferibilmente nell’arto superiore non do-
minante. L'intervento viene eseguito in anestesia lo-
cale in regime Day Hospital e non comporta proble-
matiche complesse a parte qualche piccolo dolore do-
vuto alla ferita e destinato a risolversi in pochi giorni
con la rimozione dei punti si sutura. Il monitoraggio
della ferita chirurgica nel post intervento e del carat-
teristico “trillo” da parte del personale sanitario non
devono essere sottovalutati.
L’ accesso vascolare confezionato, permette di otte-
nere un notevole aumento della pressione ematica
nella vena che essendo elastica si arterializza e au-
menta di diametro per essere facilmente accessibile
all'infissione di due aghi che durante la seduta dialiti-
ca vengono collegati al circuito extracorporeo del rene
artificiale. L’ ago arterioso serve a prelevare il sangue,
mediante l’utilizzo di una pompa ed un circuito ema-
tico, per poi farlo passare in un filtro, e restituirlo
depurato attraverso l’ago venoso.
Una serie di controlli elettronici completeranno il pro-
cesso che garantirà la sicurezza della persona assisti-
ta. Alcune volte il patrimonio vascolare non permette
di realizzare una fistola e quindi è necessario utilizza-
re dei materiali protesici pungibili o di posizionare un
catetere venoso centrale.
La FAV per essere ben funzionante deve avere un flusso
600-800 ml/minuto in sede distale, e un flusso di 800-
1500 ml/minuto in sede prossimale. Il confezionamento
di una fistola artero-venosa dovrebbe sempre precedere
l’inizio del trattamento emodialitico per non dover po-
sizionare cateteri venosi temporanei, non esporre la per-
sona assistita a complicanze infettive, e salvaguardare il
patrimonio vascolare nel paziente che verrà inserito
nelle liste di trapianto renale.
La FAV tende a modificare il circolo cardiaco producen-
do un aumento del lavoro del muscolo cardiaco. Il cuore
da parte sua cerca di compensare questa nuova situa-
zione che si va a sommare al continuo aumento / dimi-
nuzione della quantità di liquido circolante dovuto alla
dialisi. Il paziente dovrà quindi essere ben studiato
mediante esami diagnostici prima di essere inviato al
chirurgo vascolare per poter scegliere quale accesso va-
scolare è più idoneo. Ogni singolo vaso diventa un pa-
trimonio di inestimabile valore per la persona che deve
eseguire sedute dialitiche, a questa terapia è legata la
qualità della vita. Ogni volta che il paziente si sottopo-
ne al trattamento dialitico la fistola atero-venosa va
punta con due aghi di grande diametro ( 15-16 o 17G),
questo può portare a processi infiammatori, infettivi o
trombotici, che possono provocare problematiche lievi o
gravi fino rendere inutilizzabile la fistola.
L’osservazione del braccio, la scelta della zona di puntu-
ra ed una buona disinfezione eseguita alternando fre-
quentemente il disinfettante utilizzato permettono
l’aumento della durata della fistola. Indipendentemente
dal tipo di accesso vascolare che verrà confezionato è
fondamentale averne cura, controllando giornalmente
che la fistola sia funzionante ponendo due dita o utiliz-
zando un fonendoscopio sul punto dove è stata realizza-
ta l’anastomosi. L’accesso vascolare deve esclusivamen-
te essere utilizzato per la dialisi, mantenuto sempre pu-
lito, evitando di indossare vestiti stretti, non alzare
pesi, non dormire con il braccio di accesso sotto la testa
o il corpo, o misurare la pressione arteriosa su quel brac-
cio.
Bibliografia
Segoloni-Mangiarotti-Pacitti: La chirurgia degli accessi vascolari in
emodialisi. Editore Janseen-Cilag
Gunther Schonweib: La Dialisi. Editore Momento medico
Gessaroli: Accessi vascolari per emodialisi. Editore Minerva Medi-
ca,2002
Le fistole artero-venose in emodialisi: la vita del Paziente A cura di Tommaso Sabato
Pagina 9 Numero 1
Studiando il fenomeno “violenza” in diverse aree di
Emergenza/Urgenza e nello specifico in Pronto Soccor-
so è emerso che il fenomeno cresce di anno in anno.
Vorrei in primis abbattere una volta e per sempre la
leggenda metropolitana che vede il paziente (e soprat-
tutto i parenti) vittime del sistema ed i medici gli am-
ministrativi, gli infermieri e gli altri professionisti sa-
nitari gli aguzzini dello stesso ovvero il braccio arma-
to della politica che in quel momento la fa da padro-
na; questo a volte è il background culturale, frutto di
luoghi comuni nutriti dalla televisione, ma nella mag-
gior parte dei casi chi è violento lo è a prescindere dal
luogo in cui si trova e dalla situazione politica del Pa-
ese. Caso diverso è quello che vede le persone/utenti
vittime di disservizi, nutrire un senso acuto di rabbia
nei confronti del personale sanitario: ma queste posso-
no essere situazioni in cui una persona ha un motivo
per odiare e che, talvolta, effettua azioni di acting-
out. La violenze in Pronto Soccorso è diversa, in
quanto si tratta di pazienti, familiari, parenti e amici
intimi. Questi atti di violenza provengono da senti-
menti di frustrazione, di vulnerabilità e di mancanza
di controllo per lo stato di salute del proprio caro e/o
per la non conoscenza dei percorsi di cura e quindi di
priorità sanitarie. La prevenzione della violenza può
attuarsi anche formando il personale ospedaliero tan-
to da poter riconoscere i pazienti e i familiari poten-
zialmente avvezzi alla violenza. Il modus operandi, la
comunicazione verbale e non verbale, la valutazione
personalizzata e in generale il front office, possono
migliorare con la formazione in materia di prevenzio-
ne della violenza. Alcune importanti misure preventi-
ve sono già in uso, come ad esempio monitor a circui-
to chiuso per la sorveglianza, e grazie a queste molte
volte si è riusciti a prevenire questa escalation di vio-
lenza. In alcuni casi sarebbe auspicabile identificare
anche i visitatori con distintivi, attuare le politiche di
trattamento delle persone/utenti per ridurre i tempi di
attesa, monitorare l'accesso in tutte le aree ospedale/
edifici e soprattutto, porte chiuse al Pronto Soccorso.
Per quanto detto è ovvio che la vittima più frequente
è l’infermiere e in alcuni casi il personale amministra-
tivo che negli ultimi anni è presente durante le ore
diurne al front office (più del 70% degli infermieri
subisce un’aggressione nella loro carriera, ma fino
all’80% degli incidenti non viene riportato), inoltre:
Il 60-70% delle aggressioni si determina tra le 19.00 e
le 03.30.
ortopedici, gli ambulatori psichiatrici.
fattore di rischio.
La violenza ha dei “segnali di avvertimento” come
l’arrabbiatura, il rifiuto dei regolamenti, atteggia-
menti aggressivi. Vanno considerati anche dimostra-
zioni quali: l’incremento dell’attività motoria, un au-
mento del tono vocale, un eloquio scurrile e violenza
contro oggetti o arredi. Bisogna sottrarre la persona
“aggressiva” dal contatto con altri pazienti, se
l’identificazione avviene al triage è opportuno far en-
trare la persona in sala visita (anche contro le regole
del triage), poiché i tempi d’attesa accelerano
l’escalation. Alcune procedure recitano che una volta
in contatto con persone violente bisogna lasciare le
porte aperte, avere a portata di mano il pulsante
d’allarme, rimanere sufficientemente distanti dopo
aver rimosso dal vestiario tutto ciò che può essere
utilizzato come arma impropria. Evitare di fissare la
persona prolungatamente negli occhi e non stargli
esattamente di fronte, assumere un atteggiamento
tranquillo ma determinato (non di sfida), cercate di
mettere la persona assistita o il parente a proprio agio
tanto da poter stabilire un contatto. In tutti i casi è
necessario imparare ad identificare precocemente la
persona potenzialmente aggressiva e mettere in atto
tecniche efficaci di de-escalation, quando queste tec-
niche falliscono può essere necessario ricorrere a misu-
re che vanno oltre il rapporto comunicativo e/o avva-
lersi dell’aiuto di altro personale competente. Una
persona agitata in alcuni casi richiede un’ approfondi-
ta valutazione medica finalizzata ad escludere un pro-
blema organico acuto. Concludendo è fondamentale
avere basi formative e professionali sempre più solide
in modo da evitare atteggiamenti scorretti che nel
tempo portano i professionisti a reazioni di accumulo
che sminuiscono la professionalità o ancor più si pos-
sono presentare problematiche tipo “burnout”. Paral-
lelamente vale la pena strutturare una spina dorsale
legislativa a sostegno delle Professioni Sanitarie e nel-
lo specifico per gli Infermieri che operano in aree di
Urgenza/Emergenza contro la violenza possibile sul
luogo di lavoro.
Bibliografia:
1 Violence and aggression in the emergency department (A. Ja-
mes, R.Modeley, A. Dove) New Scientist doc. 103.
2 Dati Ospedale Civile “Madonna del Soccorso” San Benedetto
del Tronto (conv. 2009), Infermieristica Solutions Now (NSN).
Pagina 8 Il Sapere Professionale
Violenza in Pronto Soccorso … A cura di Gianni di Tria non sono reali se non nel pensiero di chi le formula.
Le convinzioni sono tanto potenti e così profonda-
mente radicate in tutti noi, che rappresentano ciò che
siamo e, pur di non venir meno alle nostre convinzio-
ni, ci auto-sabotiamo nelle più svariate attività ed
occasioni, pur di confermare, a noi stessi, che il limite
che credevamo d’avere, effettivamente, ha avuto la
meglio. Eppure, le parole sono solo parole. Non sono
altro che un susseguirsi di lettere a cui attribuiamo
un significato e un’immagine di riferimento. La paro-
la “mela” non avrebbe alcun significato se la nostra
mente non vi collegasse l’immagine di un oggetto ro-
tondeggiante che riconosce come mela. La parola
“incapace” se ci fosse rivolta, provocherebbe in tutti noi
dei sentimenti negativi. Ma la parola in sé, non ha colpe,
non è quella successione di lettere a scatenarli; infatti se
dicessimo “incapace” ad un tedesco, non sortirebbe alcun
effetto e ci guarderebbe con curiosità o indifferenza, a me-
no che non la traducessimo in un susseguirsi di lettere che
per lui avrebbero un significato
analogo “unfähig”.
Compreso questo, si aprono
interessanti scenari che per-
mettono ad ognuno di noi di
nutrire la propria mente con
parole incoraggianti, poten-
zianti, che sappiano esaltare
le nostre capacità. Tutti noi
abbiamo una “cassetta degli
attrezzi” meravigliosamente
ricca, ma non la utilizziamo,
a volte per abitudine alla me-
diocrità, a volte per paura di
ciò che potremmo fare ed essere. Chiediti quali sono
gli stati d’animo negativi che più sovente provi du-
rante il giorno o durante la settimana. Ogni volta che
li senti nascere in te e li etichetti con la parola corri-
spondente, fornisci la mente di immagini sempre più
negative, che ti consumeranno energie positive, en-
trando in una spirale al ribasso. Quante volte ci dicia-
mo in una giornata “sono stanco” oppure “sono ar-
rabbiato” o ancora “ho paura”. Più ce lo diciamo e
più prende forma e si solidifica nel nostro pensiero,
nel nostro modo di essere e di agire. È stato ampia-
mente provato che è molto utile, individuati gli stati
d’animo depotenzianti che più spesso incontriamo,
sostituire le parole che li descrivono con altre, poten-
zianti. Invece che essere sempre “umiliato” prova a
dire a te stesso che sei “stupito” oppure “a disagio”,
sostituisci le volte che provi “rabbia” con la frase
“provo delusione” e le volte che senti d’essere
“stressato” inizia a dirti che sei “molto impegnato”.
Puoi ovviamente creare tue trasformazioni linguisti-
che a patto che ti facciano sentire meglio delle prece-
denti. Nel giro di pochi giorni le variazioni al tuo vo-
cabolario modificheranno la percezione che la mente
ha della realtà, dando una nuova visione della propria
vita, rendendola meno gravosa e permettendoti di far
emergere le tue potenzialità con cui puoi affrontare
meglio gli avvenimenti del quotidiano.
Gli accadimenti in sé non sono né positivi né negativi.
Le situazioni sono solo situazioni. Siamo noi che, ad
ogni vissuto, diamo un significato positivo o negativo
che condizionerà il nostro stato d’animo, le nostre
azioni ed i nostri risultati. I critici che non vogliono
accettare questa verità affermano indignati che un
terremoto è, e può essere, solo negativo. Ovviamente
è il modo di pensare tipico di chi cerca, sempre ed in
ogni caso, delle scuse a cui addossare i propri falli-
menti e per non doversi adoperare per progredire.
Troppa fatica, meglio
quindi continuare a la-
mentarsi. Però, si conta-
no a migliaia i casi dove,
dopo una sciagura, han-
no trovato più forza,
maggiore coraggio, più
determinazione, ricono-
scendo poi che, se non
fosse avvenuta la disgra-
zia, non avrebbero mai
realizzato ciò che poi so-
no stati capaci di concre-
tizzare.
La mente può tutto. Può farci vivere in paradiso o
all’inferno. Ma la mente non ha vita propria. La men-
te è tua, è mia, è di ognuno di noi. Abbiamo l’obbligo
di imparare a governare i nostri pensieri e non di ac-
cettare il contrario. In questo modo la nostra vita
avrà gli eventi di ogni altra persona ma li sapremo
affrontare con una determinazione ed un coraggio che
ci permetterà di non trovare più, sulla nostra strada,
dei problemi da risolvere, ma delle opportunità da cui
imparare e crescere.
Sai qual è la cosa strana? Che tutti coloro che apprez-
zano questa filosofia di vita e conquistano la padro-
nanza del proprio pensiero, come per incanto, vanno
incontro ad una vita più luminosa. Non è facile? Nul-
la è semplice sino a che non lo sai fare, e non saprai
mai fare niente, se prima, non ci provi. Prova. Diven-
ta padrone della tua vita.
Pagina 5 Numero 1
Molti e complessi problemi si presentano a chi sia
chiamato a coordinare un’unità operativa, un servi-
zio, o quant’altro, indipendentemente dalla tipologia
numerica, dal tipo di prestazione che si offre, dal
numero di personale da gestire: la soluzione di questi
problemi richiede, non solo una disposizione d’animo
aperta e sensibile, ma anche un’adeguata prepara-
zione tecnica. Una visione ampia e aperta della vita,
conoscere e comprendere i problemi degli altri, retti-
tudine nell’agire e coraggio nell’affrontare le proprie
responsabilità sono requisiti indispensabili per chi
svolge questo ruolo. Ma accanto a queste qualità di
base, occorre una visione pratica e quotidiana di tut-
te le piccole e grandi difficoltà che ostacolano l’opera
di chi debba coordinare un posto di lavoro con per-
sone non legate fra loro da nessun vincolo di paren-
tela o d’affetto. Primo dovere è quello di far sì che il
compito quotidiano non si esaurisca semplicemente
impartendo ordini, ma comprenda anche la creazio-
ne di un’atmosfera nella quale ogni individuo possa
sentirsi inserito, e trovi mezzi e incentivi allo svilup-
po della propria personalità professionale. Oggi inve-
ce, il mondo del lavoro si trova in una situazione
opposta, il senso di appartenenza al luogo di lavoro,
che ogni coordinatore deve rilevare e far sviluppare
al lavoratore, quando manca, non fa altro che creare
sconforto e abbandono: ed è questo quel che succede
nel sistema Sanità del nostro paese. Non è un’opera
facile, poiché sono molti gli ostacoli da abbattere
prima di arrivare a risultati incoraggianti: ma quello
che non deve mai avvenire in un luogo di lavoro, e
questo sarà compito del coordinatore, per quanto di
sua competenza, è l’apatia, l’indifferenza,
l’insofferenza, la ribellione nei confronti del proprio
lavoro. Con calma, ma soprattutto con obiettività,
chi coordina le varie figure professionali, ne studierà
le cause e ne valuterà l’importanza e il significato,
decidendo di volta in volta se ignorarle o soffermarsi
ad esaminarle e correggerle, cercando di capire se si
tratta di un sintomo presente nel singolo lavoratore
o di un numero maggiore di lavoratori coinvolti. In
altri termini il problema va visto a 360 gradi, infatti
un ambiente infelice spesso parte da chi sta dietro la
scrivania. Tutto ciò, naturalmente va accompagnato
da un approfondito esame sulle cause che determina-
no queste manifestazioni, fino a raggiungere
quell’equilibrio fra dovere e gratificazione senza il
quale non è possibile un sereno svolgersi della vita
lavorativa e quindi il raggiungimento degli obiettivi.
Il Coordinatore dovrà svolgere una grande opera di
incoraggiamento che consiste nel:
- dimostrare fiducia a tutti i lavoratori;
- incoraggiare le piccole iniziative;
- formare gruppi e sottogruppi con e senza la
presenza del Coordinatore stesso, affinché si
affrontino con serenità e professionalità tutte
le problematiche che quotidianamente il singo-
lo lavoratore si trova ad affrontare;
- valorizzare le risorse di ciascuno, nessuno e-
scluso, senza ferire la suscettibilità di nessuno.
L’esempio di buona volontà, collaborazione, com-
prensione deve partire in primis dal Coordinatore per
avere la maggiore efficacia possibile, per questo i suoi
obiettivi non devono essere solo di carattere materiale
ma anche e soprattutto morale.
La sua vicinanza, il suo esempio, il suo aiuto concreto
varranno più di qualunque esortazione verbale. Non
si dirige un luogo di lavoro solo dal proprio ufficio,
ma stando fra le persone, nel limite del possibile, par-
lando con loro in maniera semplice, chiara e cordiale,
esponendo argomenti, fatti, esperienze e chiedendo ed
ascoltando l’opinione di tutti. All’interno di questo
quadro generale di comportamento, il coordinatore
deve assolutamente stabilire delle priorità fra gli o-
biettivi che si propone di raggiungere all’interno del
proprio settore. Da ciò nasce la necessità, se non di
uniformare, quanto meno di attenuare al massimo i
contrasti fra tante mentalità diverse e figure profes-
sionali diverse, e di farlo nel rispetto della personalità
di ciascuno. Di grande aiuto, in queste circostanze, è
la libera discussione fra i lavoratori, affinché si giunga
ad un’interazione positiva fra i membri del gruppo.
Compito di chi coordina è di conciliare, non di livella-
re le posizioni di tanti individui diversi poiché, questa
posizione spesso da origini a reazioni conflittuali.
Comportarsi con cordiale semplicità, discutere senza
offendere anche le opinioni meno accettabili, essere
energici e gentili, rende accettabili anche qualche
indispensabile imposizione.
Un buon coordinatore non si lascia condizionare da
giudizi o opinioni personali, e non esprimerà mai pa-
Pagina 6 Il Sapere Professionale
Clima Organizzativo: il ruolo del Coordinatore infermieristico A cura di Antonio Busacca
Infermiere, U.O. di Anestesia e Rianimazione e Neurorianimazione, AO San Carlo Borromeo, Milano
reri avventati, prima di aver avuto a disposizione ogni
elemento di giudizio. Deve inoltre creare
un’organizzazione in grado di assolvere con correttezza
e puntualità ai compiti che le sono propri. In un am-
biente disorganizzato, dove il lavoro non si svolge se-
condo ritmi e comportamenti ben consolidati, è molto
difficile che individui già provati da situazioni pesanti
(responsabilità, stress, carichi di lavoro, turnistica,
ecc.) possano trovare serenità e spirito collaborativi. Il
caos in un ambiente del genere porta al collasso del
sistema stesso con conseguenze per l’Azienda e per chi-
unque usufruisca di quel servizio. Un controllo assiduo
e intelligente, quanto discreto, dell’ambiente lavorati-
vo è indispensabile da parte di chi coordina, per coglie-
re le varie necessità e i punti di forza e di debolezza
dell’organizzazione; una verifica puntuale, precisa,
costante dell’organizzazione e del personale sono ele-
menti su cui bisogna continuamente lavorare ed insi-
stere.
Conclusioni
La psicologia del lavoro suggerisce che dare all’intera
equipe l’opportunità di sentire che può influenzare e
anche modificare l’ambiente professionale, tende ad
aumentare la motivazione e a ridurre lo stress. Svilup-
pare il pensiero critico e le capacità decisionali dei pro-
fessionisti della salute è importante per lavorare effi-
cientemente. Quando tutti i professionisti di ogni livel-
lo credono di lavorare per un obiettivo comune e vali-
do, i risultati sono migliori e gli obiettivi dell’intera
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Unità Operativa vengono raggiunti più facilmente.
A tale proposito, un ruolo chiave del Coordinatore è
di fornire questa coerenza non solo all’interno
dell’Unità, ma soprattutto integrando le visioni di
tutti gli utilizzatori del servizio, pazienti e familiari
compresi.
Non è difficile diventare un Coordinatore, quello che
più è difficile è essere riconosciuto dal gruppo come
un buon Coordinatore.
Bibliografia
Comunicare col tuo staff. Strategie per migliorare la coe-
sione e il lavoro di gruppo, a cura di K. Powell,American
Medical Association, il Pensiero Scientifico Editore, Ro-
ma, 2006
L’infermiere coordinatore e la total quality management
(TQM), a cura di D. Scafi, A. Aguzzi, F. Scoppetta,
pag.22-26, N&A, Mensile italiano del soccorso, anno 17,
vol.185, editore Pagina, Pistoia, marzo 2008
Empowerment in Pronto Soccorso, Emergency Oggi, men-
sile di emergenza sanitaria, anno XV n.4, pag.18-22, edi-
tore Key Communication, a cura di N. Ramacciati, aprile
2009, Parma
Il ruolo del coordinatore infermieristico nei servizi ad alta
criticità assistenziale, a cura di D. Scafi, F. Scoppetta, A.
Aguzzi, A. Berti, T. D’Onofrio, F. Tesi, pag.12-15, N&A,
Mensile italiano del soccorso, anno 17, vol. 190, editore
Pagina, Pistoia, agosto 2008