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LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

CAPITOLO TERZO

L'ORGANIZZAZIONE

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1. — Verso la metà degli anni '50 il filoned'oro della « droga italiana » fornita dalleindustrie e acquistata da Luciano si esauri-sce. Polizia e Guardia di finanza si sono ri-strutturate e rafforzate per meglio affrontareun fenomeno nuovo come quello del trafficodegli stupefacenti, e il Governo italiano, inseguito alile pressioni dell'ONU e del Marco-tic Bureau, ha preso cognizione del problemae impone una rigorosa disciplina nella produ-zione di sostanze stupefacenti per uso medi-cinale.

Nel fronte opposto le impazienze e le pres-sioni della « giovane mafia » per entrare nelsettore diventano sempre più irnienti ed au-daci. Gli astri sorgenti — Badalamenti, i Gre-co, i La Barbera — fremono per ottenerequanto meno la cointeressenza nella gestio-ne di un racket che per gli alti profitti supe-ra di gran lunga tutti quelli sfruttati in prece-denza, anche se è più rischioso. Ma questonon impressiona uomini che anche nel meto-do hanno superato i comportamenti dellavecchia mafia non tanto per ila spietatezzanell'esecuzione di progetti criminali, quantoper l'arroganza nel demitizzare i vecchibosses se sono di ostacolo ailla propria af-fermazione.

La sanguinosa e feroce rivolta del contadi-no Leggio contro il potente boss Navarramedico, sindaco, notabile poli'tico, e la cruen-ta contesa fra i due clans dei Greco (V. la« Relazione sull'indagine riguardante casi disingoli mafiosi »), sono momenti significa-tivi, non afferrati e sottovalutati dagli or-gani de'lla sicurezza pubblica, dell'evoluzionedel fenomeno mafioso.

Luciano è uno stratega accorto e paziente;sa che l'epoca del suo assolutismo è finita ed'altra parte l'alternativa che gli si presenta,

quella di procurarsi la droga alla fonte (dalMedio Oriente per ila materia prima e dallaFrancia per la raffiliazione), non è realizza-bile con le sole sue forze, né prescindendo dalconcorso dei « siciliani » che questa volta do-vranno operare come un anello essenzialedella catena per far pervenire l'eroina negliStati Uniti.

Il summit di Pailermo del 1957 ha perobiettivo principale la creazione dell'« orga-nizzazione » che deve utilizzare gli imponenticapitali americani con il concorso, e quindicon la partecipazione ai profitti, della mafiasiciliana, definire il ruolo che essa deve svol-gere in questo specifico settore, lasciando allesingole cosche i problemi locali (edilizia, mer-cati, guardiania), in modo che tutti siano sog-getti alle ferree regole di « Cosa Nostra » esi impediscano fenomeni di disaggregazione.

La preparazione del vertice dell'albergodelle Palme fu lunga e meticolosa, perché sidovevano definire problemi complessi e dif-ficili, per i quali non si aveva alcuna esperien-za e per ciò richiedevano cautela.

In particolare si dovevano studiare, primadi affrontare le deliberazioni del vertice pa-lermitano, tre importanti questioni:

a) il rapporto con i fornitori di stupefa-centi, generalmente le bande marsigliesi. Inquesto quadro assumevano grande rilevanzaile questioni del'la garanzia, relative cioè allaqualità della « mercé », e al contemporaneopagamento del prezzo come pretendevano imarsigliesi e quindi gli imponenti spostamen-ti di capitali attraverso canali sicuri e nonindividuabili;

fc) il rapporto coni ila mafia siciliana. Es-so era 'Stato sempre buono, ma non eraandato mai al di là della reciproca assirstenza in caso di bisogno {nascondere i ricer-

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cali, prestare qualche killer, coprire qualcheritirata).

Non vi erano mai stati rapporti di affariin senso stretto, cointeressenze e rackets, in-vestimenti comuni di capitali. Ognuno avevai propri settori di intervento, tra l'altro conzone territoriali automaticamente delimitatedall'oceano e quindi non esistevano motividi contesa. Il contrabbando superava di col-po tutti questi limiti per la sua natura stessadi internazionalità.

Vito Genovese era stato per oltre 12 anniin Italia prima della guerra, ricevendo onorie commendatizie ddl fascismo, aveva sempreoccupato un posto preminente nella organiz-zazione « Cosa Nostra », tanto che al suo rien-tro ne divenne il capo, ma non risultò maiimmischiato negli affari, peraltro allora as-sai modesti, rispetto a quelli gestiti in USA,della mafia siciliana. E si comprende ancheila cautela di Luciano di essersi tenuto lonta-no, in un periodo molto difficile per l'orga-nizzazione siciliana, dalle sue lotte e dai suoiinteressi al fine di non esserne coinvolto. Orabisogna cambiare rotta perché la mafia è unelemento essenziale dell'organizzazione delcontrabbando, ma questo comporta la neces-sità che l'interno dell' « organizzazione » nonvenga contagiata dailila « irrequietezza » odalla contesa tra cosche rivali che fino allorahaniiio dilaniato le « famiglie » siciliane;

e) il movimento dei capitali. Doveva re-stare di esclusiva competenza di « Cosa No-stra », nella duplice direzione di utilizzare icapi taili per il finanziamento delle operazionie mei reinvestire i profitti in operazioni finan-ziarie lecite.

Tutti questi problemi sono affrontati, inpreparazione del vertice, da due personaggiabbastanza nuovi per l'Italia, Frank Garo-falo e Joe Adonis, mentre Frank Coppola,scontati i due anni di reclusione inflitti daltribunale di Trapani per la storia del baulecon la eroina, rientra nel gioco e svolge la suaparte per conto della « famiglia » di Joe Pri-ziola.

E Luciano? Probabilmente è in fase discen-dente, ha perso molto dello smalto e dellafurbizia che lo hanno caratterizzato ai primidegli anni '50, e la stessa funzione di riservain esclusiva che ha avuto nel traffico per

tanti anni lo rendono poco adatto a manovra-re la nuova strategia più flessibile e più « col-legiale » che richiede l'organizzazione.

2. — « Risanare », nell'ottica naturalmentedell'organizzazione, l'ambiente mafioso sici-liano per prepararlo ai nuovi compiti, non èimpresa facile. I « giovani » che si sono affer-mati sui vecchi bosses hanno avuto un tiroci-nio duro che si è sempre concluso in bagnidi sangue. Per indirizzarli verso i compiti ele responsabilità di una organizzazione inter-nazionale che deve manovrare capitali impo-nenti e mezzi tecnici raffinati, i sistemi peragire non possono più essere quelli tradi-zionali per accaparrarsi la gabella di un feu-do o per imparsi nel racket della macellazioì-ne clandestina.

Secondo i metodi tradizionali della mafiabisogna procedere gradualmente e con pru-denza, disinquinare dai veleni delle contese lecosche rivali, utilizzare quelle meglio prepa-rate e più « serene », e quindi aspettare cheil tempo e ila « saggezza » 'dei capi di « CosaNostra » riesca a creare le condizioni per unaarmoniosa collaborazione con tutti.

I tempi operativi dell'organizzazione mafio-sa non si misurano mai a giorni o a mesi,sono sempre tempi lunghi che richiedonoprove e controprove prima che i risultati sia-no acquisiti od utilizzati.

II vertice di Palermo del 1957 non ha fattomaturare avvenimenti improvvisi, ma è unatappa, dopo quella di Binghamton e primadell'altra di Apalachin, per confrontare risul-tati, vagliare condizioni, tempi, luoghi, uomi-ni per impostare l'operazione « contrabban-do e droga ».

Nell'ambito della mafia siciliana c'è unclan che più degli altri si è avvicinato al nuo-vo filone aurifero del contrabbando: quellodei Greco di Ciaculli.

Il risultato anche questa volta non è ca-suale, ma è la conseguenza della preminenzache ormai i Greco di Ciaculli si sono assicu-rati, dopo una lunga e sanguinosa contesacontro la cosca dei Greco di Giardini (vederebiografie, op. cit., pag 137) per cui operanocon relativa tranquillità, in tempi assai cala-mitosi e difficili. Il più intraprendente delclan Salvatore Greco, detto « l'ingegnere »,

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è fin .dal 1950 dedito al contrabbando disigarette e perciò abituato alla complessitàelei rapporti internazionali tra bande di con-trabbandieri. La sua prima condanna percontrabbando è del 1949, con 15 giorni di re-clusione iaifliittii 'dal Tribunale di Bologna; poisarà il Tribunale 'di Genova nel 1951 e nel1958 a tenere aggiornale le sempre miti con-danne per lo stesso reato.

Ma l'avventura che « Totò l'ingegnere » ten-ta ai primi degli anni '50 vuole essere diversadal piccolo cabotaggio fino allora praticato;se deve uscire dal guscio palermitano devepuntare su Milano, dove c'è la materia « ve-ra », non le sigarette e dove si possono intrec-ciare i « grandi affari »: insomma la stessatentazione di Frank Coppola con l'aggravantedi non possedere né l'esperienza, né le « rela-zioni » del piccolo don Ciccio. Il risultatonon poteva essere diverso perché identica erala parte che lo patrocinava: nella storia delbaule con l'eroina incappa anche Totò Greco.

Nel corso delle indagini della polizia tribu-taria del febbraio 1972 sono rinvenute alcunelettere compromettenti sequestrate in casadi Serafino Mancuso: ci sono vari accenni a« Totò il lungo » e « Totò l'ingegnere » ed unalettera di questi a Frank Coppola (e non si sa-prà mai perché sequestrata in casa Mancuso).

Così Totò capisce l'antifona e la lezione:ritorna al contrabbando delle sigarette, haqualche disavventura come l'arresto di po-chissima durata a Napoli nel 1957 per ilcontrabbando di 1.000 Kg di tabacco esteroo la denunzia per il contrabbando di 12 ton-nellate di tabacchi sequestrate al largo diUstica il 29 marzo 1955 unitamente alla nave« Sures-h », ma nulla di serio e di grave.Aspetterà il momento favorevole che delresto, come egli sa, non è lontano: troppecose nuove sono nell'aria, che rivelano ildeterioramento del vecchio potere assolutodi Luciano e l'avviarsi sulla strada del tra-monto della stessa sua prestigiosa posizione:si prepara la successione.

Chi non ha le ansie e le speranze di TotòGreco è Rosario Mancino. Nell'indagine suicasi di singoli mafiosi la nostra Commissioneha già scritto che « la metamorfosi di Rosa-rio Mancino da semplice operàio portualea boss delia malavita internazionaile, ha inizioalla fine della seconda guerra mondiale con

l'arrivo in Sicilia nel 1946, di Salvatore Luca-nia » (pag. 205). Le credenziali di Luciano so-no importanti, lo mettono al riparo da sor-prese, gli aprono le porte, anche quelle « uffi-ciali »: la incredibile storia di incongruenze,contraddizioni, silenzi che caratterizza il rap-porto tra Mancino e gli organi amministra-tivi e di polizia dello Stato è simile a quelladi Davi Pietro ed è già stata narrata nellaricordata indagine della nostra Commissione.

Qui il richiamo a Mancino ci interessa perdue fatti che apparentemente sembrano con-traddktoiri, ed invece sono sullo stesso filologico, come gli avvenimenti successivi dimo-streranno con grande evidenza: l'« amicizia »con Angelo La Barbera ed il suo clan, e l'uti-lizzazione di Mancino nell'« organizzazione »agli inizi degli anni '60 per le stesse opera-zioni che già compiva sotto il regno di Lucia-no, ma in modi e con mezzi assolutamentenuovi e diversi.

Nelle indagini di polizia del 1962 si accertache in data 25 ottobre 1954 il Mancino acqui-sta quattro lotti di terreno nella zona di Ca-stelfusano di Roma insieme con il noto con-trabbandiere francese Elio Forni. Nel 1955lo ritroviamo socio con La Barbera Angeloin una impresa edilizia che costruisce 57 ap-partamenti a Palermo.

Quest'ultima cointeressenza ha molto rilie-vo per comprendere come singoli mafiosipossano incontrarsi in settori limitati di atti-vità purché non si verifichino straripamenti.

La Barbera con il suo clan è, a metà de-igilii anni cinquanta, ormai una « famigilia » ditutto rispetto e, dopo avere spodestato il ca-por-mafia Marsiglia, è capo riconosciuto dellacosca Palerano-Centoo.

L'« incontro » con Mancino rafforza la posi-zione della « famiglia » perché significa cheuna collaborazione, seppure limitata, nonè mal vista da chi può e vuole che non accadaniente che sia contrario a certi indirizzi supe-riori. Insomma Mancino fornisce ai La Bar-bera, per via indiretta, la « considerazione »di Luciano e questo significa molto nella« promozione » mafiosa siciliana, specialmen-te in quel periodo nel quale i « nuovi » arri-vati che hanno soppiantato i « vecchi » clansono quasi tutti allo stesso livello. I La Bar-bera, poi, hanno più bisogno degli altri di« riconoscimenti » perché il livello di potere

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mafioso che hanno conquistato è stato otte-nuto con metodi assolutamente nuovi rispet-to a quelli della vecchia mafia e sono nellostile del gangsterismo americano: violenza,ferocia, decisione e sfruttamento di settori e« risorse » prima non utilizzate, con estorsio-ni, prostituzione, contrabbando.

Ma anche Mancino svolge una sua funzio-ne, certamente per conto del « capo » nelcontatto e nella collaborazione con i giovanileoni delle « famiglie » mafiose: tenerle abada e far conoscere che tutto è possibile,salvo che in una direzione: quella controlla-ta da Luciano. Anzi il « tutto possibile », cioèle varie attività mafiose che rendono redditielevati, sono condizionati al rispetto per launica attività che è riservata al capo. FrankCoppola ha fatto l'ottimo affare della tenutadi Pomezia, di cui parleremo più diffusamen-te in seguito, nel 1949 proprio perché non si èimmischiato nelle vicende della droga. Quan-do volle tentare l'avventura non solo non fe-ce più nessun affare, ma finì in galera; ri-prenderà, e con ottimi risultati, i vecchi affa-ri della speculazione edilizia, all'uscita dalcarcere perché la lezione gli è servita e levelleità poi sono finite.

Mancino è l'esempio vivente, per tuttal'« onorata società », di come sia prezioso ilsistema di collaborazione fedele alle direttivedel « capo »; ottiene il passaporto per gliUSA nel 1947, malgrado i precedenti penali;nel 1948 il passaporto viene esteso per Cana-da ed Argentina, due sbocchi importanti perle vie « sussidiarie » di passaggio della dro-ga. Sempre nello stesso anno apre a Palermol'agenzia marittima « Imbarchi e Sbarchi » ela cosa non può neppure suscitare il minimosospetto negli organi di polizia che propriol'anno prima avevano espresso (il Commis-sariato di P.S. « Vespri » di Palermo) questolusinghiero giudizio: « risulta di regolarecondotta morale e politica, senza precedenti,né pendenze penali e chiede di recarsi inUSA per motivi di commercio in agrumi eper visitare suo zio Mariano Enrico colà re-sidente ».

Però la polizia americana ha individuatoil personaggio e lo segue con particolare cu-ra conoscendo anche l'origine delle sue ope-razioni: nel 1951 lo segnala come mittente

di un carico di 50 chilogrammi di eroina (pa-recchi miliardi di valore di oggi) in concorsocon « Nino Battaglia » poi identificato perGaetano Badalamenti, un nome che ritrovere-mo in posizione primaria nella terza genera-zione mafiosa, a quell'epoca residente clan-destinamente a Detroit.

Da un nota « riservatissima » del Ministerodegli Interni - Direzione Generale di P.S. del25 luglio 1957 diretta al Questore di Paler-mo, apprendiamo che Ja polizia americanaha fornito informazioni su Mancino qualifi-candolo come componente di una banda in-ternazionale di stupefacenti e chiede perciòdai formazioni e precedenti. LI Questore non saniente e si fa relazionare dal Commissariatodi quartiere il quale risponde id 4 gennaio1953 che « allo stato non vi sono elementisufficienti per suffragare o smentire tale so-spetto (quello della polizia americana) ». Per-tanto si esprime parere favorevole per il rin-nuorvo del passaporto, rinnovo che il Questo-re concede subito. Nello stesso periodo l'a-gente amefflicamo Chamles Sinagusa ed il capi-tano della Guardila idi finanza Oliva inseguonovanamente Lueky Luciano per cercare provecontro di lui e forse nessuno ha comunicatoad entrambi che potrebbero seguire piste piùconcrete se non per colpire il « capo » alme-no per isolarlo. Il Giudice istnittorc di Pa-lermo scriverà nella sentenza del 23 giugno1964: « L'accertata comunione di interessicon il famigerato Lucky Luciano, ripugnantefigura di criminale, noto come uno dei piùtemibili esponenti del gangsterismo america-no, costituisce una prova dell'appartenenzadi Mancino alla malavita organizzata, giac-ché solo un autentico mafioso poteva acqui-stare e godere la fiducia di un individuo co-me Lucky Luciano ».

Dopo il vertice di Palermo del 1957 Manci-no continua ad operare nel traffico interna-zionale della droga, ma cambia profonda-mente il modo ed i metodi. Non è più il fidu-ciario del « capo » ma la pedina di un giocoche è divenuto enormemente più vasto, icollegamenti non sono più ristretti con unacerchia limitata di emissari o di corrispon-denti, gli affidamenti esterni si attenuano:l'« organizzazione » può molto, ma non quan-

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to la « parala » di un capo al momento giustoed all'uomo giusto.

Nel marzo 1960 Mancino va in Messico incoppia con Davi Pietro, probabilmente peraprire nuove vie di ingresso della droga ne-gli USA. Entrano negli Stati Uniti, ma il 12aprile vengono fermati ed espulsi verso lafrontiera canadese, dove subiscono lo stessotrattamento.

Nel settembre dello stesso anno Mancino èancora in Messico con Angelo La Barbera eMira Giovanni. Il 18 ottobre a New Yorkviene sequestrato un baule con 10 chilogram-mi di eroina e le indagini vengono estese inItalia: prende avvio l'operazione Caneba,una delle più importanti svolte dalla Guardiadi finanza coni oculatezza, intelligenza e pe-rizia e di cui parleremo nel corso della pre-sente relazione.

Ma siamo già nel periodo di azione della« organizzazione » e il regno di Luciano èpraticamente finito.

3. — Nel mondo mafioso quando i muta-menti di posizione di potere e di comando di« famiglie » non sono conseguenti a imposi-zioni violente e sanguinose, le decisioni chesi producono sono lente, caute, attentamentestudiate, in ogni angolazione, e destinate, conil maggiore sforzo possibile, a non produrrelacerazioni interne e contrasti.

Nella questione del traffico degli stupefa-centi provenienti dall'Italia, la modificazionedella vecchia struttura monopolistica gover-nata da Luciano era imposta dalle cause og-gettive che già conosciamo, ma il vero pro-blema per « Cosa Nostra » non era questo.Si poteva modificare la struttura e lasciareche Luciano, in collaborazione con « le fa-miglie », ne mettesse su un'altra, dal momen-to che egli riconosceva che le condizioniesterne erano cambiate. Il problema era unaltro e ben più importante: la modificazionedella struttura organizzativa doveva anchecomportare lo spostamento del centro deci-sionale. Luciano non poteva più dirigere « dasolo » d'intero volume del traffico, ma nientesi poteva realizzare contro il suo volere: daqui Ja necessità di far maturare una seriedi circostanze che via via modificassero lesituazioni preesistenti e portassero ai verti-

ci mafiosi di Binghamton, Palermo e Apala-chin, condizioni nuove da discutere, non ulti-ma-quella umana o personale. Lucky comin-ciava a risentire la stanchezza ed il logoriodi tanti anni di battaglia, e « Cosa Nostra »pur non disconoscendo i suoi grandi meritidi capo e di organizzatore, non riteneva chele nuove condizioni in cui doveva svolgersiil traffico internazionale della droga e il con-trabbando in genere fossero conciliabili conla vecchia cornice personale entro la qualeoperava Luciano. Del resto i fatti ormai di-mostravano che la vecchia struttura del traf-fico degli stupefacenti era già una limitazionenotevole alle possibilità di espansione, men-tre un altro settore importante del contrab-bando, quello dei tabacchi, si era sviluppatoin forme massicce, agglomerando nuovi nu-clei, contraendo nuovi impegni internaziona-li, ma rivelando anche un lato di estrema de-bolezza perché alla sua espansione non corri-spondeva un'adeguata e ferrea direzione.

Il periodo 1953-58 è quello di maggioreespansione della attività contrabbandiera nel-l'area del Mediterraneo e vide elementi ma-nosi impegnati nell'organizzazione e direzio-ne delle più vaste ed imponenti operazionidi traffico. Ma vide anche clamorosi falli-menti e lotte intestine sanguinose che da unlato rivelavano la debolezza di .direzione e Jamancanza di guida sicura e dall'altro non era-no compatibili con il sistema di ferrea pro-grammazJone che « Cosa Nostra » intendevadare a tutto il movimento dei traffici illeciti.

Si aggiunga che nel 1955 la Guardia di fi-nanza potè ristrutturare l'apparato di vigi-lanza e di contrasto sul mare e lungo le co-ste, per cui meno improvvisazione e più orga-nizzazione erano indispensabili per le orga-nizzazioni mafiose per non esporsi ai duricolpi della Finanza.

Nel triennio 1952-54 l'organizzazione piùpericolosa fu quella corsa-francese di ElioForni e Marcelle Falciai che disponeva di 22barche contrabbandiere lungo il litorale tir-renico da Savona a Palermo ed aveva colle-gamenti con le organizzazioni mafiose sicilia-ne di Rosario Mancino, Davi Pietro, Salvato-re Greco (« l'ingegnere »), Tommaso Buscet-ta, Giuseppe Amenta e Gaetano Accardi.

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II segno che con l'espansione del contrab-bando il suo controllo era sfuggito dalle ma-ni dell'« organizzazione », e cominciò a rive-lare la debolezza e la stanchezza di Luciano,fu dato dalle sanguinose lotte intestine che inquello stesso periodo videro contrappostebande rivali. Nel settembre 1955 fu assassina-to a Palermo Giuseppe Lucchese appena rien-trato da Napoli con la somma di 5 milioniriscossi per una partita di « mercé »; il 22ottobre successivo fu assassinato CarmeloNapoli, detto « Don Carmelino » e l'il no-vembre Mario Conticello fu ferito gravemen-te da un altro contrabbandiere, Gaspare Cil-iari. Nello stesso anno, il 22 .marzo, venivanosequestrate 12 tonnellate di sigarette e Salva-tore Greco e Gaetano Accardi erano denun-ciati per contrabbando. Nel gennaio 1956 toc-cò a Gaetano Badalamenti, Calcedonio di Pi-sa (di cui parleremo per il suo assassinioavvenuto nel 1962) e Bernardo Diana subireil contrattacco della Finanza, finché nel 1957il Badalamenti non venne arrestato per ilcontrabbando di 5 tonnellate di sigarette. Il3 marzo 1958 veniva assassinato GasparePonente, capo di una delle più forti ed ag-guerrite organizzazioni contrabbandiere diPalermo ed al quale succederà nel comandoTotò Greco, ed in quello stesso anno presel'avvio la più grossa operazione anticontrab-bando della Guardia di finanza detta « Ser-vizio Molinelli ».

A questi motivi di debolezza si aggiungevaun altro elemento importante che Lucianoaveva creato, rifinito e perfezionato ma chenelle nuove dimensioni dei traffici clande-stini, e non solo di stupefacenti, andava cu-rato con « specializzazione » con vere e pro-prie équipes di esperti: il canale economi-co, sia per l'afflusso di capitali necessariper finanziare le operazioni di contrabbandoed altre imprese criminose che si aggiunge-ranno, sia nel « riciclare » gli enormi profittiin modo da trasformare la moneta sporca inmoneta pulita, investendola in operazioni fi-nanziarie ed economiche legali. La grande in-tuizione di Luciano era stata di evitare diessere coinvolto, come abbiamo detto, nelletorbide vicende della mafia siciliana intornoagli anni '50, senza però distaccarsene o re-spingerla, per puntare a collegamenti nuo-

vi per l'esperienza italiana anche se giàsperimentata in USA: il mondo economicoindustriale del Nord. Non si trattava, però,di invischiare uomini od ambienti del mon-do economico nelle attività illecite del con-trabbando, cosa che una delinquenza orga-nizzata come quella mafiosa non tenta neppu-re, anche perché non avrebbe bisogno di al-leati di quel genere, ina di utilizzare, con leamicizie e la rispettabilità create dai denaroche, come diceva il Presidente della Bancacommerciale italiana, Mattioli, « non ha ilcollarino », gli strumenti, che solo quel mon-do può offrire, per canalizzare, nelle due di-rezioni predette, gli impattanti flussi di capi-tali che vengono manovrati con il contrab-bando ed i traffici illeciti.

L'esperienza degli anni 1948-50 del mafio-so che arriva in Italia dagli USA con le cin-ture imbottite di dollari (caso del processoCaneba, già.esaminato), ma per un ammon-tare ohe al massimo può arrivare a 100.000dollari è del tutto sorpassata.

Nel fascicolo intestato a Luciano, così scar-no di fatti e notizie, manca totalmente nonsolo qualsiasi riferimento alle sue condizionieconomiche e patrimoniali — e quel che ab-biamo riferito è fornito da Charles Siragusa— ma un qualunque cenno ai capitali, chepure dovevano essere enormi, che egli gestivae al modo come li gestiva. Non si conosceneppure se era cliente di qualche banca, an-che se sarebbe stato ingenuo aspettarsi cheattraverso un conto presso una banca potessemuovere capitali rilevanti.

Di personaggi minori avremo il modo diaccertare movimenti di denaro, ma anchese consistenti (qualche centinaio di milioni)si tratta sempre di « briciole » che sono rima-ste e che poi vengono utilizzate per altre pic-cole attività illecite che sono al di fuori del« grande giro ». Di Luciano non si saprà nep-pure come paga il conto del ristorante.

Le nuove condizioni del traffico illecito in-ternazionale a metà degli anni '50 impongonodi perfezionare e rifinire il sistema che haimpostato Luciano; questo fu uno dei temiprincipali discussi dal vertice Arlington, eprobabilmente in quelli successivi.

Ma come e, soprattutto, chi doveva crearele premesse per realizzare il nuovo tipo di

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operazione nel traffico della droga e del con-trabbando in genere?

Dal 1954 al 1958 si verifica un incredibilevia vai USA-Italia di uomini di « Cosa No-stra ». Tra gli altri l'arrivo di due uomini « dirispetto » e il loro stabilirsi volontariamentein Italia, segna la svolta qualitativa che il cri-mine organizzato darà al contrabbando, nonsolo in Italia, ma in tutta Europa, con laconseguente pericolosa e gravissima evolu-zione di tutta la criminalità nei paesi indu-strializzati: esisi sono Joe Adonis e FrankGarofalo.

4. — Joe Adonis (Giuseppe Doto) fu unodei pochissimi non siciliani che pervenne alvertice dell'organizzazione « Cosa Nostra ».Era nato ad Avelline nel 1902 ed intorno al1934 toccò la vetta del suo potere allorchévenne creato il famigerato « sindacato delcrimine » che doveva rimettere « ordine » trale bande rivali che letteralmente si dissan-guavano nelle lotte per la conquista dele zo-ne di influenza.

Nel sindacato (idi esso facevano .parteFrank Costello, Lucky Luciano, Mayer Laski,Buggy Siegel, Albert Anastasia, Johnny Tor-rio ) Adonis curava il settore « pubbliche re-lazioni », -aveva cioè l'incarico di instauraree mantenere « contatti » con esponenti poli-tici, avvocati, giudici, funzionari federali,di Stato e municipali; una rete fittissimadi compiacenze, di favoritismi, rare voltedi connivenze, che garantiva alla « organiz-zazione » l'occhio benevolo, dietro compen-so, di chi comunque esercitava « il potere ».Non diversamente accadrà ini Italia nellaevoluzione del fenomeno mafioso; si pas-serà, cioè, dalle forme più spudorate dd con-nivenza o di cointeressenza della prima ma-fia (quella del feudo e della lotta al movi-mento contadino di emancipazione) e dellaseconda mafia (quella della speculazione sul-le aree, dei mercati, delle licenze edilizie)con « il potere » (politico, amministrativo,giudiziario), alle « pubbliche relazioni » dellaterza (quella del contrabbando) e quarta ma-fia (quella del traffico delle armi e di valuta,dei rapimenti) con gli uomini del « potere ».

Il Sindacato americano controllava i rac

kets del gioco d'azzardo, della prostituzione,del contrabbando, della « protezione » ai lo-cali pubblici, ed una sua appendice, da murde-rers incorporateci (l'anonima assassini) sor-ta nel 1929 per iniziativa di Adonis per passa-le aial 1934, quando vanne assorbita dal sin-dacato, alle dipendenze di Albert Anastasia,garantiva omertà e silenzio, con killers spe-

j cialiati, arruolati in luoghi diversi e non co-nosciuti alle polizie locali.

I singoli comparti dell'« organizzazione »venivano isolati l'uno dall'altro nell'esecuzio-ne di un crimine, in modo che fosse impossi-bile collegare l'ultimo anello a quello supe-riore in ogni caso assolutamente estraneo adogni rapporto col mandante, cioè con il ver-tice dair« organizzazione ». Le due più clamo-rose « eliminazioni » furono l'assassinio diGiannini Eugene visto dall'interno attraversola deposizione di Valachi e l'assassinio diAnastasia, deciso nel vertice dell'Hotel dellePalme di Palermo del 1957.

Agli inizi del settembre 1952 Tony Bender(alias Antony Strollo, scomparso senza lascia-re tracce nel 1962) convoca Valachi e gli diceche Luciano ha segnalato a Genovese cheGiannini era un informatore del NarcoticBureau. Trattandosi di un uomo della « fami-glia » Lucchese spettava a questi decidere lasorte di Giannini, ma Genovese era « ansio-so di menare il primo cazzotto » come disseBender a Valachi, ed inoltre la parte offesaera Luciano, perché Giannini era andato fino

! in Italia ad insidiare il « regno » del capo.Tanto bastava per decidere da solo, sicuriche Thomas Lucchese sarebbe stato d'accor-do. La scelta cadde su Valachi perché Gian-nini era suo debitore di duemila dollari e

| questo fendeva facile e non sospetto l'ap-proccio, per preparare la trappola.

« II contratto per Giannini è un esempioclassico di come la organizzazione di « CosaNostra » si ripara dalla responsabilità direttadell'esecuzione materiale di un delitto. Laspinta ad uccidere era partita da Luciano, ilquale naturalmente sarebbe risultato semprein Italia; l'ordine da Genovese, il quale perònon si sarebbe certo trovato vicino alla sce-na del delitto quando questo sarebbe accadu-to. E neppure si sarebbe trovato Tony Ben-der, che aveva trasmesso l'ordine. Neppure

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Valachi, che aveva la responsabilità della suaesecuzione, sarebbe stato tìsicamente presen-te. In che modo sarebbe stato eseguito e dachi, toccava esclusivamente a lui stabilirlo, einfatti scelse tre « ragazzi », come li chiama-va lui, tre stelle nascenti della teppa di EastHarlem che erano in attesa di entrare allafamiglia Genovese » (dal volume: Lucky Lu-ciano di Jannuzzi e Rosi, pag. 229).

Anche l'assassinio di Anastasia ebbe lo stes-so metodo: a Palermo fu scelto un « picciot-to » che portato in USA eseguì l'« operazio-ne » e rientrò in Italia.

Con questi sistemi il « sindacato del cri-mine » raccolse nelle sue mani un potereenorme e divenne fonte inesauribile di enor-mi redditi.

Le pratiche spiefiate della murderers incor-porateti non impedirono mai a Joe Adonis diconservare distinzione e grande signoriliiànei comportamenti per le « pubbliche rela-zioni », tanto da essere accolto e vezzeggiatocome « signore distinto e raffinato » in am-bienti « esclusivi » sia in USA che in Italia.

La Commissione senatoriale degli USA chenel 1953 svolse una inchiesta sulla crimina-lità organizzata accertò che Adonis era unodei capi di « Cosa Nostra » che da molti annicontrollava il « fronte del porto » ed altrirackets illeciti in associazione con Costello,Joseph Profaci, Luciano, Genovese, ThomasEboli, Anastasia, e nello stesso tempo intrec-ciava rapporti con qualificatissimi ambientieconomici, tanto che il senatore Kefawer chepresiedeva quella Commissione lo definì« uno degli esempi più clamorosi della collu-sione fra gangsterismo e grande industria ».

Con questo curriculum Adonis approda-va in Italia noi febbraio 1956 dopo essersivolontariamente allontanato dagli USA. Conquali compiti e mansioni? E in che rapportisi poneva con l'altro grande del Sindacato,già residente in Italia?

Queste ed altre simili domande avrebberodovuto mobilitare — per tentare di dare unarisposta — équipes specializzate degli organidella sicurezza pubblica italiana, studiandocon cura i movimenti, gli atteggiamenti, leamicizie, gli incontri che il boss avrebbe cu-rato una volta fissata la sua residenza. Lareazione, invece, fu aggressiva, ma sterile,

quanto inutile. Si adottò una tattica persecu-toria che non solo non dava alcun concretorisultato per capire su quale disegno e conquali intendimenti si muovesse Adonis e perlui l'organizzazione mafiosa, ma sembrava so-lo adottata per « disturbare » l'uomo, render-gli difficile il momento della stabilizzazionenel paese, obiettivo che avrebbe potuto esse-re giusto, se fosse stata prima chiarita la stra-tegia che aveva spinto Adonis a stabilirsi inItalia.

Il Ministero dell'interno il 25 febbraio1956, cioè lo stesso mese in cui Adonis arriva-va in Italia, segnalava la pericolosità del sog-getto e metteva in guardia gli organi perife-rici.

Adonis appena sbarcato dal transatlantico« Conte Biancamano » si diresse a Roma perstabilirvisi, mia la Questura della capitale dueo tre giorni dopo il suo arrivo lo rintracciavae lo spediva, con foglio di via obbligatorio, adAvellino, diffidandolo dal rientrare in Romasenza la prescritta autorizzazione.

Il provvedimento già per se stesso privodi seria efficacia anti-crimine, perché è soloun relitto di vecchie e ottocentesche coerci-zioni persecutorie di polizia, in nessun modopoteva impressionare Adonis, che, lasciatopassare poco più di un mese per vedere sel'atmosfera si placava, stabilì la propria resi-denza a Frascati in un vasto e lussuoso vil-lino.

Il suo comportamento nella nuova residen-za è quasi una sfida, ma è calcolata con pun-tiglio perché Adonis vuole compiendere cosac'è sotto a tanto fervore. Conduce un tenoredi vita sfacciatamente lussuoso, possiede dueautovetture, si muove continuamente ed aper-tamente da una città all'altra, riceve visite.

Il 25 gennaio 1957 la Questura di Roma,previa regolare autorizzazione dell'Autoritàgiudiziaria, effettua una perquisizione nellavilla di Adonis, con esito, ovviamente, deltutto negativo.

Nell'agosto 1957 Adonis cambia ancora re-sidenza e si trasferisce nella villa « La Colli-netta » di Grottaferrata. Accentua la sua in-differenza per le misure di controllo cui èsottoposto, si assenta spesso e tenta un pri-mo assaggio per valutare le reazioni, recan-

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dosi nella capitale, per la quale è in vigoreil divieto di rientrarvi.

Nel novembre 1957 Adonis si fa notare inRoma in compagnia di un cittadino america-no, Salvo John, giunto in aereo dagli Usa edindicato da quella polizia come trafficantedi stupefacenti. Non cura neppure di mime-tizzarsi o di sfuggire alle attenzioni cui è sot-toposto e per 15 giorni con il Salvo fa laspola tra Roma e Grottaferrata, frequentan-do locali notturni e ristoranti di lusso.

Il 30 novembre altra perquisizione nellavilla di Grottaferrata, ancora una volta conesito negativo. Però gli rinnovano la diffida(la prima intanto è già scaduta) e questa vol-ta il divieto di soggiorno viene esteso alla in-tera provincia di Roma.

Intanto in quello stesso mese si sono con-clusi i vertici mafiosi di Palermo e di Apala-chin. Secondo il rapporto FBI del 3 gennaio1966 subito dopo l'ultimo vertice del 14 no-vembre '57 Camillo Galante viene inviato inItalia per informare gli associati e tra essiJoe Adonis delle deliberazioni adottate.

Quel novembre 1957 è decisivo per la nuo-va strategia che la organizzazione mafiosaha deciso di adottare: ripensamenti, tergi-versazioni, o, peggio, disobbedienze non sonopiù possibili, né tollerabili.

Joe Bonventre, vice capo della « famigliaBonaamo », che ha partecipato a tatti i sum-mit mafiosi, inspiegabiiLmente ed in circo-stanze sospette dice l'ispettore Shanley dellapolizia americana, ha lasciato ili territoriodegli Stati Uniti subito dopo la riunione diApalachin, e si è 'trasferito in Italia. Ali 'giudi-ce istruitole Vignerà il Bonventire confermeràdi aver lasciato clandestinamente gli USA,pur essendo munito di regolare passaporto,ma non spiegherà le ragioni di questo com-portamento. Ma, dirà il giudice nella senten-za, esse devono ricercarsi « nel quadro deiprogrammi delittuosi che l'organizzazione di" Cosa Nostra " intendeva svolgere in Siciliaed allo scopo di affiancare il Carotalo nellaesecuzione dei programmi stessi ».

Anche la collocazione e l'azione di Joe Ado-nis si definisce — sicuramente insieme aquella di Lucky Luciano che alla nuova stra-tegia finalmente chinerà la testa — e nel di-cembre 1957 lascia definitivamente Roma e

il Lazio e raggiunge St. Vincent in Valle diAosta .prendendo alloggio nel lussuoso HotelBillie insieme alla moglie e al suo segretario,D'Amico Edmondo. Da allora per circa 10 an-ni gli organi di polizìa italiani si dimentiche-ranno di lui.

Eppure il nuovo « impero » dell'« organiz-zazione » almeno lino agli inizi degli anni '70ruoterà attorno a Joe Adonis che sarà l'epi-centro di una rete organizzativa del contrab-bando, con ramificazioni in tutti i paesi eu-europei. Gay Talese, un giornalista del NewYork Times che scriverà un libro sulla « fa-miglia » Bonanno (« Onora il padre ») affer-ma che Adonis organizzò e diresse il trafficodella droga ed il contrabbando di tutto ciòche era contrabbandabile in tutto il NordEuropa e nell'area del Mediterraneo.

Anche la Polizia italiana e specificatamen-te quella milanese quando rimetterà gli oc-chi su Adonis troverà tracce consistenti diqueste molteplici attività. Nell'indagine cheil Sottocomitaito dalla nostra Commissione diinchiesta ha compiuto a Milano fu accertatoche per anni la sorveglianza su Adonis inquella città era tutto un superficialismo bu-rocratico: dove viveva, i night clubs che fre-quentava, le donnine ecc. Niente di consisten-te e di serio perché né a Milano né a Romasi aveva l'idea di una strategia in atto dell'or-ganizzazione mafiosa con una forza espansi-va della criminalità organizzata che prestoavrebbe prodotto i suoi effetti negativi emolto spesso sanguinar! nella società, turban-done profondamente la civile convivenza.

Qualche disfunzione si ritroverà nell'azio-oe dell'Autorità giudiziaria anch'essa total-mente all'oscuro e scarsamente sensibilizza-ta dalla pericolosità criminale di un'organiz-zazione che ormai ha pervaso il sottofondo diMilano e del suo hinterland e di cui presto,agli inizi degli anni '70, si vedranno le ter-ribili conseguenze per l'ordine democratico ela stessa salvaguardia delle istituzioni.

Nel carso dell'indagine •milanese il Sottoco-mitato della nostra Commissione tentò di ri-cercare le cause di tanto superficiale lassi-smo, o quanto meno di capire perché fossesfuggito ad organi di polizia che pure rivela-vano un'eccezionale preparazione per com-battere il crimine, le ragioni che portarono a

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sottovalutare il fenomeno della proliferazio-ne delle cellule mafiose. La realtà era chenon fu colta, per mancanza di sforzo mentale,per provincialismo, la parte rilevante che laorganizzazione mafiosa giocava nel mondodella criminalità organizzata. Si puntava piùal delitto, per scoprirne gli autori ed il mo-vente, che non alle cause originarie ed inter-ne che lo avevano permesso o diretto. Unaserie di comparti stagno tra organi operantinello stesso quadrante della criminalità (Ma-gistratura e all'interno di essa tra giudice egiudice, Polizia e all'interno di essa tra unsettore e l'altro) impediva ed ancora impedi-sce la conoscenza globale di un soggetto o ladinamica di un delitto che, specialmente peri più gravi e soprattutto per quelli che deri-vano dal contrabbando e da traffici clande-stini, è quasi sempre in rapporto ad una orga-nizzazione criminale, modernamente attrez-zata, efficientemente equipaggiata con mezzitecnici e grandi capitali.

Uno degli esempi più eloquenti di questedisfunzioni fu l'arresto di Gerlando Albertinel dicembre 1971 e la sua scarcerazione perconcessione della libertà provvisoria nel mar-zo successivo. Certamente il delitto di con-rtrabbamdo 'di sigarette, pier cui l'Alberti fu ar-restiate, in sé non eira tale da prolungare unacarcerazione preventiva, ma se il magistratoinquirente avesse conosciuto il ruolo che Al-berti aveva all'interno dell'organizzazionemafiosa avrebbe meglio valutato la pericolo-sita sociale del soggetto e probabilmente nonsarebbe pervenuto alle stesse conclusioni perconcedere la libertà provvisoria.

Anche per Joe Adonis si può ritenere deltutto occasionale il fatto che la polizia mila-nese si interessi di lui nel 1968-69. Nel corsodel sopralluogo conoscitivo effettuato a Mi-lano, il relatore ha potuto accertare come,appunto in quegli anni, il Capo della poliziaVicari avesse invitato la Polizia milanese a« togliere di mezzo » Adonis. Fu necessarioallora cercare seri elementi da fornire al Ma-gistrato per proporre il soggiorno obbligatoe quindi la macchina si mise in moto, guar-dando, anzi sbirciando all'interno di unmondo che si rivelò ricco di sorprese, cheavremo modo di descrivere nel prossimo ca-pitolo.

5. — Frank Garofalo è .un altro dementoimportante della complessa strategia dellanuova organizzazione mafiosa deliberata daisummit di Palermo e degli USA ai quali hapartecipato. Non è ai vertici del « sindacato »americano, ma è vice capo della « famiglia »Bonanno e di lui Valachi dirà « era tuttauna cosa con il Bonanno ». Nell'ambito dellacollaborazione con le altre « famiglie » diCosa Nastra intrattiene rapporti con TomLucchese, capo dell'omonima « famiglia » econ William Tocco, « della famiglia » di JoePriziola di Detroit. Un « uomo di rispetto »,insomma, un esecutore di prima linea in di-retto contatto con il vertice e quindi capacedi assommare in sé la riservatezza e la du-rezza, l'azione con la (riflessione. A metà deglianni cinquanta compie numerosi viaggi inItalia: ali 10 agosto 1955 è a Palermo, prendealloggio al iPalaoe Hotel dii Mondello e qui viincontra un nato contrabbandiere francese,Pascal Molinelli. Si ricorderà che in quell'an-no il conitoabbando, specie dei tabacchi, hasubito duri colpi da parte della Finanza. Leperdite contrabbandiere sono sitate elevate econtrasti interni tira le bande hanno .provoca-to parecchi morti. L'organizzazione, perciò,non può fare passare sotto silenzio avveni-menti che denotano .un. grave stato di deterio-ramento nella direzione e nella conduzionedelle operazioni. Tanto pdù che i capitali im-piegati diventano sempre più imponenti 'equindi non devono essere esposti a rischi chesi possono evitare.

L'accorrere dagli USA di Garofalo, perchétratti con il capo del contrabbando còrso, èuno dei segni più evidenti del declino dellafunzione di Luciano e della svolta quantitati-va che le operazioni di contrabbando stessostanno assumendo con il superamento dellacrisi europea conseguente al conflitto mon-diale.

Garofalo è ancora a Palermo dall'I al 3 ot-tobre di quello stesso anno insieme a Quara-sano Raffaele, noto contrabbandiere interna-zionale, segnalato dal riapparto McGledilancome trafficante di stupefacenti.

Nel luglio 1957 Frank Garofalo abbandonavolontariamente gli USA e si stabilisce defini-tivamente a Palermo. Nel quadro delle dislo-cazioni degli elementi direttivi della nuovaorganizzazione dei traffici illeciti, quella di

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Garofalo è la più delicata e difficile, perchési troverà al centro delle cosche mafiose sici-liane e dei problemi che al loro interno conti-nuamente si riproducono con contrasti e lot-te che spesse volte assumono caratteie di ve-re e proprie guerre intestine. Il suo compitoprincipale sarà quello di non esserne invi-schiato, di lasciare alle singole cosche queimargini di operatività che ciascuno ha avutoassegnati in settori che sono estranei al con-trabbando e ai traffici intemazionali, cer-cando di evitare o di risolvere le conteseed i contrasti. Perciò svolgerà negli anni suc-cessivi alla adozione della nuova strategia(1957) intensa attività di coordinamento e dimediazione. « Dopo il convegno dell'albergodelle Palme » scrive il giùdice istruttore Vi-gneri nella sua sentenza « ha mantenuto si-no ad epoca recente (1965) continui collega-men>ti con l'organizzazione di « Cosa Nostra »negli Stati Uniti e con gli esponenti dellamafia isolana ad essa associata, medianteincontrò personali, scambio di notizie percorrispondenza e a mezzo telefono e tramitecorrieri, ai quaili ha anche dato incarico dieffettuare consegne negli Stati Uniti ».

Il Garofalo tesse le trame della nuova stra-tegia con rigorosa meticolosità su due pre-dominanti direttive: 1) un nucleo di organiz-zazione propria che potesse giocare il ruolo,con forza autonoma, di intervenire nell'ope-ra di mediazione tra le cosche senza doverneeventualmente subire l'indisciplina o addirit-tura il ricatto; 2) il primo assaggio o impian-to di un movimento di capitali che parte dafonte straniera (Svizzera) e si distribuisceattraverso canali sicuri, sia in Italia chefuori.

Sul primo punto mobilita pochissimi uo-mini, due o tre, avendo come stretto collabo-ratore Joe Imperiale, del quale abbiamo trat-tato per i rapporti avuti con Angelo LaBarbera e che recentemente (dicembre '74) èstato assassinato a Palermo, nella probabileviolenta e sanguinosa ripresa di lotta fra co-sche rivali che nel solo dicembre '74 ha pro-vocato sei morti. E proprio nell'ufficio di JoeImperiale vennero sequestrati il 2 agosto1965 due potenti motori marini fuoribordo,marca Mesrcury « destinati — sorive la Poli-zia nel suo rapporto — alla utilizzazione di

motoscafi veloci per l'esercizio del contrab-bando lungo le coste siciliane ». I due motorierano intestati ad una prestanome, una pove-ra donna iscritta nell'elenco dei poveri al Co-mune, alla quale appartenevano fittkiamenteanche i mezzi cui i motori erano destinati,un motoscafo veloce distrutto da un incen-dio, sei carati di un motopeschereccio deno-minato « Erme te Solinas », implicati in ope-razioni di contrabbando.

Altri collaboratori di Garofalo sono tuttinomi abbastanza noti nel traffico internazio-nale della droga: Joseph Cerrito, partecipan-te al convegno di Apalachin che nel 1961 pro-veniente dagli USA fa un lungo giro per la pe-nisola partendo da Milano ove era arrivatoil 23 settembre, toccando Genova, Roma e Pa-lermo e quindi rientrando a Milano per ripar-tire per gli USA il 15 novembre 1961, Marti-nez Vincenzo che il 21 agosto 1960 è accoltoall'aeroporto di Palermo dal Garofalo insie-me a Gaetano Badadamenti, un nome che siaffermerà nella « terza » generazione mafio-sa; Diego Plaia, un amico di Totò Greco,« l'ingegnere », altra stella nascente del firma-mento mafioso. Il Martinez è un giornalistadel « Progresso Italo-Americano » di NewYork, che ha già lavorato al consolato italia-no e che dal 1955 compirà un viaggio ogni an-no USA-Italia fino a stabilirsi definitivamen-te nel nostro Paese. Collaterale all'organizza-zione, diciamo diretta e propria, c'è il rappor-to di collaborazione e di mediazione che, pe-rò non aiwieine mai con le singole coschee i capi di esse, ma con il vertice massimo,a cui Garofalo può accedere, come è nei suoicompiti e nelle sue funzioni quale vice della« famiglia Bomanno ».

I rapporti sono particolarmente intensi efrequenti nei primi periodi di avvio dellanuova organizzazione: vede Genco Russo, ilriluttante « capo dei capi » della mafia sici-liana, dal 10 al 12 ottobre e dal 22 al 31 di-cembre 1959 a Palermo. Quest'ultimo periododi fine d'anno è molto importante per l'orga-nizzazione perché a Palermo è arrivato pureL'iicky Luciano: fairà diversi viaggi a Milano,tra cui quello del 2 ottobre 1961 seguito qual-che mese dopo, il 14 dicembre, da un sog-giorno a S. Remo dove intanto si è stabilito

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uno dei più fidati collaboratori di Joe Ado-nis.

Si tratta, evidentemente, di un sottile lavo-ro di collegamento tra i vertici dell'organizza-zione e la base operativa ed al quale si ricol-lega l'altro punto da noi indicato, quello deicanali economici, sul quale proprio con ilGarofalo si riesce ad intravedere un primospiraglio, che purtroppo non si allargheràmolto nel corso delle ulteriori indagini con-dotto sia da parte degli organi di Polizia chedella nostra Commissione d'inchiesta e cherimane, come vedremo, il problema nodaleper una lotta efficace e seria alla delinquen-za organizzata.

Il Garofalo ebbe dei contatti con un agen-te di borsa di Roma per intrattenere rapporticon il Credito Svizzero ed altre banche elve-tiche. La causale apparente — sulla partetestimoniò al giudice istrottore Vigneri ilpredetto agente di borsa — doveva esserecostituita dal deposito presso la Banca Elve-tica di titoli e denaro di proprietà del Garo-falo. Ma questa ipotesi, che sicuramente puòritenersi di comodo, contrasta con il rappor-to sempre più diretto che egli volle tenerecon la banca riuscendo a stabilire dei contat-ti con il signor Primaveri Ugo, residente aLugano e padre del direttore dell'Istituto diCredito Svizzero.

Una semplice ipotesi di deposito non avreb-be richiesto questo intenso lavoro di « rela-zioni » che è tipico nello stile mafioso men-tre esse dovevano servire all'ulteriore garan-zia di complice silenzio per i movimenti deicapitali che dovevano passare attraverso lebanche elvetiche.

Garofalo non fu il solo, come vedremo, nelperiodo successivo al 1957, ad utilizzare tuttii moderni mezzi di comunicazione per per-correre in lungo ed in largo, con continuitàed attivismo, tutta la Penisola. Era l'iniziodi quella proliferazione mafiosa in tutto ilPaese che sarebbe stata una caratteristicadella « terza mafia » del decennio che iniziacon il 1965, e che sarebbe andata ben al dilà, come mezzi e come metodi, di come for-se l'avevano concepita gli strateghi del cri-mine nei vertici mafiosi.

Il Sottocoinitato .prima e la Commissioned'inchiesta dopo si sono posti il problema

se questa emergente strategia mafiosa pote-va essere combattuta fin dal suo sorgere equale atteggiamento adottarono le forze dellasicurezza pubblica.

Nei fatti già narrati ed in quelli che suc-cessivamente descriveremo e già implicitauna risposta: i nostri organi di sicurezza nonebbero neppure il segno che qualche cosa dinuovo si muovesse nell'ambito dell'organizza-zione mafiosa, almeno fino agli inizi degli an-ni 60, quando sotto la spinta dell'azione dellanostra Commissione e della sensibilizzazionedell'opinione pubblica non si iniziò un piùcoerente disegno di lotta alla mafia, che mo-bilitò uomini nuovi e più preparati e mezzimoderni quali prima mai si erano visti in do-tazione ai reparti impegnati su questo diffici-le fronte della lotta alla delinquenza. Ebbe-ro così inizio i primi processi di mafia cheapprodarono a risultati scarsi, ma imposeroil problema come uno di quelli più importan-ti per il disinquinamento della nostra vita ci-vile e delle istituzioni.

La grande libertà di movimento di cui frui-rono tutti gli elementi mafiosi, piccoli e gran-di, fino al 1964-65, la facilità degli spostamen-ti senza controllo alcuno, l'ignoranza totaledella presenza di alcuni grandi bosses, inposizioni diverse nella penisola provano chemancò agli apparati responsabili pubblicinon solo un preciso piano d'azione, ma unaqualsiasi idea di quello che significava là de-linquenza organizzata di tipo mafioso, del-le conseguenze che comportava sul piano so-cio-economico, degli effetti dirompenti cheavrebbe, nel tempo, provocato nella tuteladell'ordine democratico.

Si può anche ammettere, ad onore del vero,che è più facile capire un disegno strategico,anche delinquenziale, e il modo del suo di-spiegarsi, dopo che esso è stato realizzato,mentre è molto più difficile intuirlo nel mo-mento della sua preparazione.

Però se gli organi della sicurezza pubblicaavessero coordinato i dati di cui pure eranoin possesso, ma senza alcun ordine o nesso, seavessero meglio valutato la personalità di al-cuni soggetti, se avessero utilizzato mezzi le-gittimi, che pure avevano a loro disposizione,di controllo e di prevenzione, non sarebbestato difficile entrare nella « logica mafiosa »,

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che non è mai gratuita, e comprendere il per-ché di tanto movimento.

6. — Luciano aveva resistito al nuovo pianodi Cosa Nostra per la riorganizzazione delcontrabbando e dei traffici illeciti internazio-nali fino al vertice di Palermo, poi si era pie-gato, ma non fino al punto di rinunciare allasua posizione di preminenza ai vertici dellaorganizzazione. La « famiglia » Bonanno cheera stata promotrice della nuova fase di rior-ganizzazione aveva dislocato in Italia i suoidue « vice » Bonventre e Garofalo: ciò pre-supponeva che la posizione di Luciano nonveniva intaccata. L'ostacolo .poteva essererappresentato da Joe Adonis, ma la sua dislo-cazione nel Nord, dopo il vertice di Palermo,dovette costituire un compromesso con laposizione di Luciano che rimaneva a Napoli.

Comunque la situazione si modificava per-ché da unico ed assoluto responsabile, qualeera stato fino al 1957, Luciano passava al ruo-lo di corresponsabilità ai massimi livelli, checomportava per lui una revisione del vecchioschema di azione.

Nella nuova condizione doveva necessaria-mente trattare ed operare con « altri » chenon erano i suoi uomini, come sempre eraavvenuto in precedenza. Questo presuppone-va che restava scoperto nella zona « cusci-netto », il che non era compatibile con la suaposizione di capo. Provvide, quindi, a copri-re questo spazio con uomini propri la cuiazione Io isolava dalle operazioni dirette ditraffico e il ruolo fu coperto da Vitaliti Rosa-rio e Santo Sorge.

VitaiK'ti, definito 'dalla sentenza del giudi-ce Vigneri « uomo di fiducia di LucaniaSalvatore », era arrivato in Italia dagli USAnel novembre 1958 come turista, si era ferma-to a Taormina fino all'aprile 1959 ed era ri-partito per gli Stati Uniti. Nello stesso anno,a dicembre, ritorna a Taormina e vi si stabi-lisce in via definitiva. La scelta e la disloca-zione è congeniale alla strategia di Lucianoche ancora una volta preferisce tenersi allalarga dalle « zone calde » mafiose e piazza ilsuo uomo nella parte della Sicilia orientaleche non sconosce il fenomeno mafioso.

Ciò lo sottrae non solo a quella sorveglian-za che è più attenta per gli origami di polizia

delle zone mafiose, ma ai rapporti con le co-sche locali non sempre armonici rispetti agliobiettivi fissati da Luciano che sono i soli chelo interessano.

« Le visite del Lucania al Vitaliti » scri-ve il giudice Vigneri -nella sentenza istrut-toria « si erano ripetute con una certa con-tinuità fino al gennaio 1962 ed in occasionedi esse il Lucania era entrato in rapporti an-che con il taorminese Scimone Francesco,che era solito effettuare frequenti viaggi ma-rittimi tra l'Italia ed il Nord America qualeorchestrale delle navi della American ExportLines. Pochi giorni dopo un incontro avvenu-to in Taormina tra il Lucania, il Vitaliti e loScimone, costui nel 1962 era stato sorpreso inSpagna assieme al cittadino statunitense Ru-bino Henry ed ai sedicenti Pollente John,Mattiaci Gabriel e Lo Schiavo Anthony, cheerano risultati essere invece i gangsters ame-ricani Mauro Vimcent, Maneri Salvatore, Ca-ruso Frank, collegati al Lucania e ricercatidalla polizia USA per traffico di narcotici ».

Lo Scimone, nel gioco di Luciano, fu unapedina molto più importante di quanto nonfacesse presumere la sua posizione di orche-strale navigante e quindi di possibile corrie-re della droga. Se così fosse stato, Lucianocertamente non lo avrebbe incontrato, némai avrebbe consentito ad un « gregario » dital genere di intrattenersi con lui, in rapportiamichevoli.

Dei molti incontri che i bosses ebbero neiprimi anni di avvio della nuova struttura del-l'organizzazione per bilanciare i reciproci in-teressi — anche se il loro accertamento av-venne a posteriori nel 1963-64, attraverso icartellini delle presenze alberghiere — alcunierano informativi, altri di sostanza più rile-vante. Per i primi Luciano si avvaleva dellepersone di sua fiducia; perciò ritroviamo loScimone all'hotel Agip di Catania il 10 gen-naio 1960 insieme con Genco Russo che, co-me abbiamo ricordato, si era già incontratodal 22 al 31 dicembre 1959 con Lxiciano e Ga-rofalo a Palermo.

Di maggiore rilievo è il rapporto di Lucia-no con Santo Sorge ed è in relazione con lanuova struttura dell'organizzazione mafiosa.Ora che non è più Luciano a tenere da solole file, egli ha bisogno di un uomo di asso-

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luta fiducia che lo rappresenti all'internodel sindacato nei momenti decisionali piùdelicati, quello dei profitti, del movimentodei capitali, degli investimenti. E Sorge èl'uomo adatto non perché sia della « fami-glia » di Luciano, e non lo è come vedremo,ma perché all'interno del sindacato ha sem-pre svolto queste funzioni a garanzia di tut-ti, così come l'aveva concepito e voluto Lu-ciano all'atto della sua faticosa e difficilecostituzione.

Valachi dice: « Conosco Sorge e so cheegli fa parte dell'organizzazione di Cosa No-stra. Mi consta personalmente che egli ave-va l'incarico di andare e venire dall'Americain Italia e viceversa, espletando degli inca-richi che io non conosco. Non sono mai riu-scito a capire a quale famiglia appartenesse.Egli era intimo amico di tutti i bosses di" Cosa Nostra " ».

La situazione è resa abbastanza bene, vistadall'interno dell'organizzazione, anche se congli occhi di un « gregario » o « soldato » qua-le era Valachi. La stessa valutazione del restosi ritrova nei rapporta della polizia statuni-tense. Il Commissario Shanley dichiarava:« Egli (Sorge) ha rapporti sospetti con i capidi Cosa Nostra, ma non è stato possibileinquadrarlo in alcuna " famiglia ". Viene so-spettato di mantenere i collegamenti traCosa Nostra e gli elementi residenti in Ita-lia, ma non è stato mai possibile provarlocon certezza ».

Il tenente Sailemo della polizia di NewYork dichiarava: « Sorge ha avuto strettirapporti di interessi, di cui però non è statopossibile precisare l'esatta natura, con lafamiglia Genovese, ed in particolare con ilLuciano, quando era vivente. Non mi è statopossibile inquadrare esattamente il Sorgedin una dalle " famiglie " di " Cosa Nostra ";egli è interessato a " Cosa Nostra " in genere,per la quale e nell'interesse della quarte in-trattiene pubbliche relazioni. Egli infatti cer-ca idi entrare in contatto con esponenti dellavita pubblica americana e italiana; ha cerca-ito di favorire attività economiche in Sicilia ».

Il vertice dell'albergo delle Palme, proprioperché si incentrava su materie per le qualiil Sorge tesseva le fila, quali i movimenti dicapitali, gli investimenti, ed i rapporti ester-

ni, ebbe inizio solo con il suo arrivo, cioèil 12 ottobre, mentre da qualche giorno Bo-nanno, Bonventre e Galante aspettavano al-l'autostello ACI di Castellammare del Golfo.« Proprio nell'anno 1957 — dirà nella suasentenza il giudice Vigneri — ili Sorge ini-zia in Italia una intensa attività economico-finanziaria nell'ordine di centinaia di migliaiadi dollari ». Vedremo a parte come una gros-sa parte di queste attività fu dedicata ai mo-vimenti di capitali da e per gli Stati Uniti;qui conviene notare come il ruolo più impor-tante del Sorge nei primi anni dell'organiz-zazione, cioè dal 1957, sia stato quello di me-diatore all'interno tra « Cosa Nostra » e ma-fia sicuila, milurtitante quest'ultima nel suocomplesso, con il vecchio Genoo Russo, adimbarcarsi nell'affare della droga, ed al-l'esterno per i collegamenti internazionalicon gli 'uomini ohe nion erano più solo quellidi Luciano.

Subito dopo il vertice palermitano, preci-samente dal 5 'al 10 dicembre 1957, Sorge èall'albergo Regina di Roma dove tra gli altririceve prima Uzio Giuseppe un trafficante in-ternazionale di droga e Genco Russo, che an-cora opera come « capo » riconosciuto datutta la mafia siciliana, ed al quale ha fattobalenare un progetto che al vecchio boss in-teressa, in quel periodo, molto di più che itraffici internazionali: la possibilità di costi-tuire una società per ottenere dalla Regionesiciliana permessi di ricerche petrolifere esostanziosi finanziamenti.

Nel 1960 è già collegato con una rete inter-nazionale di considerevole rilievo e nel marzodi quello stesso anno da Roma intrattienerapporti telefonici, telegrafici ed epistolaricon persone residenti a Tunisi e a Berlino esono solo i dati accertati, sempre a poste-riori, in occasione delle indagini di poliziadel 1964.

« Rivelatore dei legami » scrive il giudiceVigneri « che hanno sempre collegato ilSorge all'ambiente dei trafficanti internazio-nali di droga è il fatto che il suo indirizzovenne rinvenuto in possesso di Litrico Aga-tìno, ricercato dal FBI quale autore dell'omi-cidio del trafficante di stupefacenti AlbertAgueci, ucciso in territorio americano nel-l'anno 1961 ».

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Senato della Repubblica 377 — Camera dei Deputati

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7. — La nuova struttura organizzativa deitraffici clandestini internazionali darà pro-babilmente un ruolo anche a Frank Coppolae gli consentirà di perfezionare l'imponenteaffare speculativo di Pomezia che l'avventuraincauta del baule con l'eroina ha fermato.

Coppola non partecipa al summit di Paler-mo, non perché è rappresentato da Vito Vi-tale (don Vitone) che è stato suo procuratorenell'acquisto di 50 ettari di Tor S. Lorenzo,ma perché non ha titoli né veste. È solo daqualche anno in libertà dopo aver scontatola pena e già questo lo rende « non adatto »alla partecipazione perché attirerebbe troppol'attenzione degli argani idi polizia; è più pro-babile che don Vitone rappresenti diretta-mente gli interessi della potente « famiglia »John Priziola di Detroit. Si aggiunga che du-rante la latitanza Coppola era stato denun-ciato per un sequestro di persona — una spe-cialità in cui si perfezionerà, come vedremo,la « quarta mafia » — quello del possidenteD'Alia Antonio e per l'omicidio di De Lisi Ga-spare. Charles Siragusa in un rapporto alsuo diretto superiore, Mir Auslingar, scriveràriferendosi a questi fatti: « durante la lati-tanza Coppola commise un assassinio e unrapimento ». Insomma, Coppola era statotroppo bersagliato non solo per poter deco-rosamente essere presente al vertice paler-mitano, ma per potersi muovere appena perqualche iniziativa anche modesta.

La vicenda dell'acquisto dei terreni è oscu-ra fin dal suo sorgere. Coppola dirà al giu-dice istnittorc Vigneri che aveva acquistatoil terreno prima di partire per gli StatiUniti, pagandolo in contanti 12 milioni.

In realtà dall'atto di acquisto del 2 settem-bre 1949 risulta che la Società CooperativaAgricola per azioni « Divixi Padre » a respoxirsabilità limitata, presieduta dal dottor TrioloAntonino, nativo di Vita, un piccolo centro diprovincia di Trapani che conterà molto nel-la storia mafiosa e specialmente nel trafficodegli stupefacenti, « assegna in piena e liberaproprietà al socio signor Coppola FrancescoPaolo » il fondo facente parte della tenutadi proprietà sociàle~e~che il prezzo dell'as-

segnazione è stabilito in lire 500 mila e« la Cooperativa assegnante dichiara di averavuto in precedenza questo atto dal socioassegnatario ».

La Cooperativa maschera un'operazione ti-picamente mafiosa che in Sicilia sarà utiliz-zata sovente verso gli inizi degli anni cin-quanta per sottrarre parte della grande pro-prietà fondiaria alle norme della legge di ri-forma agraria, e che non viene disdegnata daigrandi proprietari terrieri anche fuori dellaSicilia.

La Cooperativa « Divin Padre » (risulta co-stituita in data 11 giugno 1945 con l'oggettosociale di acquisto, assunzione in enfiteusi,conduzione di terreni da lottizzare e da ce-dere ai propri soci. Ma in effetti essa serveper sottrarre una cospicua parte di terrenidell'agro di Pomezia di proprietà della du-chessa Maria Sforza Cesarmi Torlonia allenorme della riforma agraria ed alle leggiche dal 1945 sono approvate per il riscattodei contadini e dei braccianti dal servaggioagrario. Con quattro distinti atti di venditadel 26 e 27 marzo 1947 la duchessa Torloniatrasferisce alla Cooperativa ben 2103 ettaridi terreno per un valore dichiarato di lire18.944.000. I soci fondatori proprietari dellasocietà in origine sono cinque, ai quali sene aggiungono altri 14 con l'assemblea del25 maggio 1947, successiva cioè ailll'acquisi-zione dei terreni.

Non è stato possibile definire esattamentela data di associazione del Coppola e deglialtri suoi « compaesani » che con lui vi en-treranno, perché manca la relativa documen-tazione presso la cancelleria commercialedel tribunale di Roma e manca il libro deisoci che neppure l'attuale liquidatore sa doverinvenire. La Guardia di finanza per inca-rico del Sottocomitato d'inchiesta della no-stra Commissione ha potuto ottenere alcunidati, di qualche interesse, attraverso la con-sultazione dei registri immobiliari.

Prima del Coppola, una schiera di citta-dini trapanesi, in gran parte nativi di Vita— un comune che rientra nell'orbita dellacosca mafiosa di Partinico — acquista nel

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Senato della Repubblica — 378 Camera dei Deputati

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1948, dopo essere divenuti soci, consistentiappczzamenti di terreno:

Ettari(circa)

Accardi Alessio nato a Vita e domici-liato a Trapani 12

Agueci Luciano nato e domiciliato aVita 12

Messina Salvatore nato e domiciliatoa Trapani 30

Fona Vito nato e domiciliato a Trapani 30

Genovese Rocco nato e domiciliatoa Trapani 25

Genovese Antonio nato e domiciliatoa Trapani 25

Lo Presti Giuseppe nato a Marsalaresidente a Roma 60

Pecoraro Filippo nato a Frizzi resi-dente a Roma 50

Occhipinti Silvestre nato a Vita resi-dente a New York 25

Agueci Leonardo nato a Vita ed iviresidente 12

Adamo Giacomo nato a Vita e domi-ciliato a Trapani 22

Adamo Leonardo nato a Vita e domi-ciliato a Trapani 22

Triolo Antonino nato a Vita e resi-dente a Roma 150

È difficile definire a distanza di tanti annie senza la raccolta di elementi di giudizio,che ormai il tempo ha disperso, quale contro-partita offriva Frank Coppola nel 1949 adun affare che aveva « beneficato » tante per-sone di comune provenienza. Probabilmentedoveva essere di « protezione », comunqueè certo che non è occasionale o casuale chemolti « compaesani » si ritrovano nel me-desimo affare insieme con il Coppola. « Sa-lemi e Vita — scrive i'1 questore di Trapanidottor Immordino, in un suo rapporto allaCommissione del 30 agosto 1973 — sonostate sempre ritenute roccaforti della mafiatradizionale, da dove si dipartono ramifica-zioni che interessano i vicini centri di S. Nin-

fa, Salaparuta, Castelvetrano, Campobello,Marsala, Castellammare del Golfo. Fra i" personaggi " più emblematici il gruppo an-novera tra gli altri: Crimi Leonardo e Pai-meri Giuseppe, Zizzo Salvatore e Maragio-glio Sianone, Robimo Calogero (figlio del fa-migerato capomafia " giustiziato " a NewYork), Mancuso Giuseppe, Di Prima Vito eAlberto Agueci (assassinato in Canada) edil fratello Vdto, considerato tuttora boss dei-ila droga in Canada ».

Due fatti singolari caratterizzano l'attivitàdel Coppola successiva alla nuova strutturadell'organizzazione qua! è stata delineatadai vertici del 1957: da una parte il suo li-mitato inserimento nel grande « giro » deitraffici internazionali e dall'altro il bloccoper oltre un decennio delle sue attività spe-culative sulle aree nell'agro di Pomezia, do-po il « colpo » magistrale dell'acquisto del1949.

Sul primo punto Coppola ebbe una ripresadi contatti con le cosche di Alcamo-Partinicoed una riunione tra mafiosi si svolse in Alca-mo il 14 aprile 1959 alla quale oltre al Cop-pola parteciparono Don Vitone, Rimi Vincen-zo, Bertolino Giuseppe, i fratelli Mancuso,Corso Giuseppe, genero di Don Ciccio, e Man-giapane Giuseppe. Nell'ottobre 1960 nellavilla di Pomezia sono segnalate riunioni dimafiosi e i più notati sono Totò Greco ePlaia Diego, due nomi di rispetto, ma nonassurti ancora a livelli di vertice. Il primoè in rapporti con i Magaddino, la potentecosca di Castellammare legata all'omonima« famiglia » di Buffalo (USA), il secondo,molto forte nel contrabbando dei tabacchi,aspetta ancora il momento giusto per attin-gere il vertice dell'organizzazione. Nel 1961Don Ciccio farà parecchi viaggi Roma-Pa-lermo, tra cui quello del 17 ottobre in com-pagnia di un notissimo corriere della droga,D'Anna Calogero, il che è significativo perqualificare il permanere nel giro dei vecchiinteressi, come del resto fu comprovato dal-la perquisizione eseguita nella sua casa diPomezia il 4 settembre 1963 con il ritrova-mento dell'indirizzo su una agenda del nototrafficante francese di stupefacenti AlbertiniDominique. Tuttavia questa attività si svolgea livelli intermedi, senza mai elevarsi, nep-pure nei periodi più intensi del 1960-61 quan-

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do gli incontri con i « vice » tipo Bonventre,Garofalo, Vitaliti, erano normale amministra-zione giornaliera, al di sopra degli aspirantibosses. Lo stesso contatto con i « gregari »quale può considerarsi il D'Anna è un segnodel limite in cui opera il Coppola.

Tutto ciò conferma l'opinione che DonCiccio non è mai stato elemento di verticenell'organizzazione manosa e che fino al 1962nei suoi confronti era operante una speciedi « limite » al di là del quale non potevaandare. La sua funzione era quella di « ap-poggio » in relazione alla sua ubicazione ter-ritoriale e di « collegamento » in rapportoalla sua esperienza e alle sue conoscenze.

Anche l'altro elemento, quello della stasiall'azione speculativa di Pomezia, non puòche avere un logico collegamento con il pre-cedente « limite » operativo. È singolare econtrario ad ogni conseguente comportamen-to, il fatto che fino al 1962 il patrimonio im-mobiliare di Pomezia sia stato praticamen-te tenuto bloccato, malgrado il periodo cheva dalla metà degli anni '50 e gli inizi del'60 fosse di pieno « boom » speculativo edi-lizio con l'accumulazione di profitti enormi.

Ed è altresì singolare che proprio dal 1962,cioè dopo la morte di Luciano, avvenuta nelgennaio di quell'anno, Frank Coppola iniziala sua attività di imprenditore edile mano-vrando somme ingenti ed accumulando in-genti profitti. Non solo, ma la stessa suaattività all'interno dell'organizzazione siespande e si consolida, tanto che proprio nel1962 inizia la spola in aereo Roma-Palermoe nell'aprile 1963 lo ritroviamo addiritturaall'Hotel Excelsior di Catania, un luogo eduna città che per essere estranei alle conta-minazioni mafiose, almeno in quel periodo,si prestano ad incantai discreti e (riservati ailivelli massimi.

Nel maggio 1962 vende mq 28.578 del ter-reno di Pomezia incassando 72.873.000, il 18novembre effettua altra vendita per il prez-zo (dichiarato) di lire 18 milioni, mentre il5 giugno di quello stesso anno acquista mq5.507 di terreno edificabile versando il prez-zo di lire 16.540.000.

Sempre nel 1962 propone al comune diPomezia un piano di lottizzazione di mq19.250 e con delibera del 14 gennaio 1963n. 15 quel Consiglio comunale approva il

piano ed autorizza la costruzione di 11 fab-bricati per complessivi 517 appartamenti e33 negozi. I lavori di costruzione sono affi-dati alla società Reina Marchese e compa-gni che nel frattempo il Coppola aveva co-stituito insieme con Marchese Salvatore e ilgenero Giuseppe Corso.

Mancano negli incarti della Commissionee non è stato possibile ail Sottocomitato diindagine acquisire elementi per comprendereattraverso quale meccanismo e quali rappor-ti un uomo dal passato e dal presente diFrank Coppola si sia potuto inserire in unprocesso economico e di sviluppo, che sep-pure generalizzato all'intero paese, seppureinquinato ovunque da corruttele e scempiche hanno deturpato le contrade d'Italia, tut-tavia per quel caso specifico, per i legittimisospetti che doveva suscitare, per una natu-rale difesa verso inquinamenti mafiosi, estra-nei alla tradizione dei luoghi, doveva consi-gliare prudenza e cautela alle pubbliche au-torità amministrative. Non accadde niente,ma a Pomezia come a Palermo prevalse la« rispettabilità » del boss, la sua apparentetranquillità, la longa manus del suo « po-tere »; l'autorità a Pomezia come a Palermo,fu sollecita, più che verso qualunque altrocittadino, a soddisfare le richieste del bossmafioso.

8. — AMa fine dal 1958 la .ristrutturazionedell'organizzazione mafiosa può ritenersicompletata. Essa ha avuto come centro pro-motore e conduttore « Cosa Nostra » e dalsuo interno la « famiglia » di Joe Bananascon l'assenso degli altri bosses del sindacato.

In tutta l'operazione la mafia siciliana haavuto un ruolo di appoggio e di collabora-zione nel quale ha fatto pesare, seppure nonin condizioni determinanti, la tradizione deicomportamenti ed una certa unità operativache ha trovato il suo epicentro in GencoRusso. In tutte le trattative e gli incontri ches>i sono susseguiti, qualche volta a ritmo fre-netico, dal 1957 al 1962 l'unico a trattare èstato il vecchio « boss », ciò che gli ha con-sentito di rafforzare la sua posizione all'in-terno della mafia siciliana con il riconosci-mento della sua autorità e la indiscussa vali-dità delle decisioni adottate. E questo cade-va quanto mai opportuno in un periodo par-

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Senato della Repubblica — 380 — Camera dei Deputati

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ticolarmente delicato e difficile per il som-movimento che all'interno delle singole co-sche si era venuto determinando con il sor-gere di nuove « leve » che avevano soppian-tato e qualche volta abbattuto sanguinosa-mente i vecchi notabili del feudo. I Greco,il Leggio, i La Barbera, Torretta, Buscetta,Badalamenti, Alberti sono tutti rimasti al-l'ombra del vecchio patriarca; operano giàin posizioni abbastanza rilevanti ma non han-no forza di decisioni autonome, perché sevogliono puntare alle grandi operazioni,uscendo dagli angusti limiti provinciali incui per tradizione sono emarginate le co-sche hanno bisogno dei capitali di « CosaNostra » e dei relativi canali per utilizzarlie « riciclarli ».

Questa profonda e radicale trasformazio-ne della mafia avrà grande influenza nellafase successiva agli eventi del 1963, quandosi affermeranno i nuovi « capi » in posizionesemi-autonoma rispetto ai vertici di « CosaNostra » e comunque in posizione dominanteall'interno della mafia siciliana, con obiet-tivi che ormai trascendono i vecchi interessilocali, anche se una parte considerevole adessi resterà legata.

Il dato più saliente di questa prima fasedell'organizzazione è la facilità del trapian-to delle prime « cellule » mafiose fuori deltradizionale ambiente siciliano.

Come esse attecchiscono ed operano in unintreccio complesso di relazioni sociali edeconomiche, senza usufruire del tessuto diomertà e di silenzi che è stato elemento do-minante del potere mafioso e senza neppurequelle protezioni politico-amministrative chepure sono state decisive nel passaggio dallaprima alla seconda mafia, cioè da quella delfeudo a quella del periodo della speculazioneedilizia, rimane un elemento in gran partesconosciuto perché ignoto allora rimase ilpiano strategico dell'organizzazione alle forzedella sicurezza pubblica e quindi non si fece-ro controlli e raccolta di dati sufficienti chepotessero consentire una valutazione attentae specifica.

È certo, però, che l'aziome dei nuovi in-sediajtd si sviluppò con rapidità ed efficaciaed è quindi naturale dedurre ohe essa ebbesì .come presupposto una « rispettabilità »che .derivava dalla forza economica propria,

ma questa soda inon sarebbe stata sufficien-te senza l'aggancio a qualche elemento del« potere » sia economico che amministrati-vo che localmente .fungesse da garante o dabattistrada.

Se Frank Coppola appena pochi mesi do-po ài suo arrivo in Sicilia .riesce ad esseresocio di una cooperativa, non in Sicilia, manei Lazio, che subito gli assegnerà un patri-monio imporaenite di terreno, da cui ricave-rà enormi profitti con da successiva specu-lazione edilizia, ciò -non può essere acca-duto senza una connessione con le forze co-munque (legate al « potere », senza un'azionedi conruziianie e quindi di acquisizione di si-curi interveniti 'decisionali che intanto gliconsentivano di realizzare i piami di specu-lazione e dopo lo coprivano nella sottile epiù difficile operazione 'legata ai (traffici il-leciti. E come sarebbe stato possibile perJoe Adonis disporre, in una città come Mi-lano, sicuramente immune e refrattaria alleimposizioni mafiose e alle paure che essegenerano, di un notevole « potere » di inter-vento in settori economici, e dispiegare au-torità ida « padrino » òsa. altri settori, senzaavene intrecciato relazioni che comunque locollegavano a forze reali della società?

Il Commissario Edwards della polizia dìDetroit elencava, negli USA, quattro fattoriprincipali., che costituiscono altrettanti pi-lastri (nella struttura dell'organizzaziane cri-minale di .tipo mafioso, e questa non sol-tanto in Detroit, ma — precisava — aneli'in-tera Nazione. Essi sono: 1) la connivenza ei'àmsensdìbiliità dell'area di. opinione pubblicanella quale opera l'organizzazione mafiosa;2) l'assassinio come arma infallibile per in-cutere timore al sottobosco di tutta l'orga-nizzazione criminale e delia 'malavita; 3) l'in-fluenza politica; 4) i mezzi di corruzione dicui i criminali sii servono ampiamente nelsubornane gli ufficiali di polizia, ed altripubblici ufficiali in genere.

Questi elementi sono certamente caratte-rizzati nell'area tradizionale di azione dellamafia sia 'in USA che in Sicilia, ma anchenel (trapianto di cellule mafiose in altre zo-ne del Paese, essi, con le dovute modifica-zioni ai tempi in cui verranno applicati ealle condizioni reaii dei luoghi ove dovran-

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no .assimilarli, hanno avuto una buona so-lidità.

Nell'indagine che il Sottocomitato dellanostra Commissione d'iinchiesta ha compiu-to sono affiorata episodi die hanno gettatoun fascio di luce sul come e perché cellulemafiose, alcune, anche piccale e modeste, ab-biano potuto agire ed operare in un conte-sto sociale, economico ed anche politico chenon era ricettivo alla loro azione.

In .uno dei sequestri più clamorosi .di eroi-na avvenuto a Padova nel 1973 si accertòche attorno ai due soggiornanti obbligati cheerano .riusciti a mimetizzarsi egregiamentenella zona — tanto da ottenere delle auto-rizzazioni amministrative per una ditta —si muovevano poi un maggiore dell'esercitoe un aito funzionario del'la provimcda di Por-denone che servivano, forse inconsapevol-mente, di copertura agl'azione ed ai movi-menta dei due mafiosi, proprio al di là diogni sospetto.

La sentenza del giudice istnittorc di Pa-lermo relativa al cosiddetto processo 'dei i 14ricorda « la facilità con la quale (Badala-menti Gaetano) pur essendo sottoposto adsoggiorno obbligato, poteva muoversi e .man-tenere contatti con gli altri affiliati », gra-ziile anche a conoscenze o compiacenzeesterne.

Un rapporto .dei carabinieri su Badala-menti, del quaile parleremo, (riferisce che du-rante .il soggiorno obbligato a Macherio, ilmafioso riceveva visite del dottar Gargeagià funzionario della Questura di Milano, diun certo signor PeUeriti funzionario dellaprefettura di Milano, di .un tale Don Cìccio,o Don Sisto, funzionario al servizdio del Mi-nistero dell'Interno e di tale Cusumano emoglie, forse un magistrato in servizio.

Un episodio singolare di metodi utilizza-ti per trapiantare attività mafiose in zoneimmuni è quello ricordato dal giudice istrut-tore Vigneri media sua sentenza e che riguar-da Vitatói Rosario, ili « cuscinetto » di Lu-ciano che, come si ricorderà, aveva 'fissatola sua residenza a Taormina.

Il mafioso si trovò incaricato, in una zo-na esente da radici ed attività mafiose, adesercitare .una tipica « prestazione » da « pa-drino », quella cioè di mediare su alcuni con-

trasti di interessi tra individui, ed offrireprotezione ad un altro che aveva subito dan-neggiamentji nelle sue campagne, assicuran-do che la bontà e l'efficacia dell'interventoavrebbe anche richiesto, se necessario, l'in-tervento di « due generali » da Palermo. Unprete, il reverendo Cacopardo, testimoniò al-lo stesso giudice che il VitaMti riceveva vi-sita di amici americani e che aveva impor-tanti relazioni, 'che « andavano dal LucaniaSalvatore al vicario generale del CardinaleSpeMmann ».

La stessa situazione di Luciano è sorpren-dente e non può trovare altra logica giusti-ficazione, a parte la mancanza di coordina-zione nelle indagini, se non in motivi o mo-menti di collusione con certi poteri delloStato.

Luciano non è uno qualunque e dal 1952ha addosso due segugi della forza e dellacapacità dii Charles Siragusa e dell capitanoOliva della Guardia di finanza, che ne cono-scono la pericolosità, il curriculum e le man-sioni che svolge in Italia nei traffici illeciti.

Il suo fascicolo in Questura è scarno, leinformazioni quasi inesistenti, le condizionieconomiche sconosciute, ma che poi si muo-va tanto liberamente spostandosi da una cit-tà all'altra senza adottare la benché minimaprecauzione, prendendo alloggio nei più lus-suosi alberghi e incontrandovi persone chequanto meno dovevano .suscitare sospetti,tutto ciò appare inconciliabile con .un mini-mo di sorveglianza che si sarebbe potutoadattare. Il 28 novembre 1958 Luciano ar-riva a 'Catania e prende alloggio pressol'Hotel Excelsior. Ebbene fin dal 15 dellostesso mese si .trova nello stesso albergoViitaliti e questo non salo non suscita alcunsospetto negli organi locali di polizia, ma èignorato anche da quelli cui più specifica-tamente spetterebbe una maggiore cautelasul controllo del boss mafioso. Dal 18 al 25maggio 1959 si trovano a Palermo oortetnpo-raneamente Luciano e Genco Russo, nonoel medesimo albergo, ma dn due 'distanti al-berghi vicini, il Sole e il Centrale. Una occa-sione come questa avrebbe dovuto mobili-tane un imponente e discreto apparato d!isorveglianza per avere informazioni sicuree di prima mano: il fatto non viene neppu-re avvertito.