CAPITOLO I NORME TECNICHE GENERALI

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CAPITOLO I

NORME TECNICHE GENERALI

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Capitolo I – Norme tecniche generali 1

- INDICE -

PREMESSA....................................................................................................................................................... 2 STRUTTURE ..................................................................................................................................................... 2 MURATURE ...................................................................................................................................................... 5 INTONACI.......................................................................................................................................................... 8 INFISSI (Porte, finestre e costruzioni in alluminio) ............................................................................................ 8 IMPIANTI ELETTRICI..................................................................................................................................... 12 IMPIANTO DI SCARICO - RETE FOGNANTE ............................................................................................... 19 IMPIANTO IDRO – SANITARIO...................................................................................................................... 22 IMPIANTI TERMICI ......................................................................................................................................... 23 RENDIMENTO ENERGETICO DEGLI EDIFICI RESIDENZIALI .................................................................... 25

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Capitolo I – Norme tecniche generali 2

PREMESSA La presente relazione tecnica riporta lo sviluppo degli studi tecnici di prima approssimazione connessi alla tipologia e categoria dell’intervento da realizzare, con l’indicazione di massima dei requisiti e delle prestazioni che devono essere riscontrate nell’intervento.

STRUTTURE Le strutture portanti degli edifici per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica dovranno essere preferibilmente del tipo in cemento armato in opera. Normativa di riferimento • D.M. 14/09/2005 MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI Norme tecniche per le

costruzioni • Legge n°64 del 02/02/1974 – Legge Regione Campania n°9/83

RICHIAMI SUI CONGLOMERATI CEMENTIZI I componenti

Il conglomerato cementizio è una miscela di cemento, acqua, aggregati ed additivi, in proporzioni di volta in volta definite a seconda della tipologia di utilizzo, resa omogenea mediante miscelazione meccanica.

Le caratteristiche meccaniche, prestazioni e durabilità del calcestruzzo dipendono sostanzialmente dai seguenti parametri: - tipo di cemento; - dosaggio di cemento; - acqua d’impasto; - rapporto acqua/cemento; - aggregati; - additivi; - aggiunte. Tipo di cemento

In Italia un cemento, per essere commercializzato ed usato nelle opere in cemento armato, deve essere stato preventivamente sottoposto a prove presso l’ICITE e recare dunque stampigliato sulle confezioni il relativo marchio di qualificazione.

Il cemento è un legante idraulico, cioè un materiale che ha la capacità di legare gli elementi solidi più o meno inerti reagendo e combinandosi con l’acqua d’impasto sia all’aria che sotto l’acqua. Dosaggio di cemento

Nella normativa attuale i calcestruzzi armati sono classificati a seconda delle resistenze caratteristiche che esprimono a 28 gg. di stagionatura (secondo le direttive espresse dal D.M. 27 luglio 1985 o della circolare del Ministero LL.PP. 31 ottobre 1986).

Spesso il dosaggio di cemento rappresenta ancora il parametro di maggior utilizzo per la classificazione di un calcestruzzo e per la sua commercializzazione.

Un tempo, per ottenere manufatti di resistenza elevate, si sfruttava soltanto l’aumento di dosaggio di cemento. In effetti, una maggiore quantità di cemento, a parità di altri parametri come rapporto acqua/cemento, lavorabilità ecc., determina un incremento delle caratteristiche meccaniche, pur con qualche limite correlato all’aumento del calore di idratazione (dipendente dal tipo di cemento) che si sviluppa nell’impasto, e legato alle maggiori variazioni dimensionali dovute

al ritiro in fase plastica ed indurita. E’ noto altresì che esiste una correlazione tra il dosaggio limite del cemento e il diametro massimo

degli aggregati, oltre il quale un eventuale surdosaggio non serve ai fini di un incremento di resistenza, ma accresce gli inconvenienti accennati precedentemente.

E’ invece più corretto operare abbassando i rapporti acqua-cemento e migliorando nel contempo la lavorabilità degli impasti con l’utilizzo di opportuni additivi.

Il risultato finale è la realizzazione di un accettabile compromesso tra dosaggio di cemento, rapporto acqua/cemento, additivi ecc. per ottenere il massimo delle prestazioni con il minimo rischio ad un costo economicamente conveniente.

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Acqua d’impasto Nel confezionamento dei conglomerati cementizi, l’acqua d’impasto è molto spesso un

componente a cui si presta erroneamente scarsa attenzione. Al contrario essa riveste notevole importanza per due motivi:

1) di quantità: nel calcestruzzo bisogna introdurre il minor quantitativo possibile di acqua che consenta al cemento di assicurare una struttura legante impermeabile e resistente in grado di tenere insieme gli aggregati;

2) di qualità: poiché quasi tutte le acque disponibili contengono un certo quantitativo di sostanze estranee disciolte o in sospensione, nella scelta dell’acqua d’impasto occorre assicurarsi che tali sostanze non agiscano negativamente sulla qualità del calcestruzzo indurito, sulle caratteristiche dei ferri di armatura, sulla stabilità dimensionale del conglomerato e sulla sua durabilità.

Per il rapporto acqua-cemento (a/c) s’intende il rapporto ponderale tra il contenuto d’acqua e

quello di cemento in un impasto. Tale rapporto è direttamente collegato a:

• resistenze meccaniche; • durabilità del conglomerato; • porosità della pasta cementizia; • resistenza alla carbonatazione; • resistenza ai cicli gelo-disgelo; • resistenza agli aggressivi in genere; • comparsa o meno di fenomeni legati alla segregazione di aggregati ed al “bleeing”; • lavorabilità dell’impasto fresco; • mantenimento della lavorabilità dell’impasto fresco; • tempi di presa e di indurimento; • compattazione e aspetto delle strutture a faccia vista.

Anche se la trattazione specifica dei suddetti punti esula dagli scopi del presente lavoro, è utile sottolineare l’importanza del rapporto a/c se si vogliono ottenere calcestruzzi che in futuro abbiano sempre minor necessità di interventi di ripristino o di riparazione. Aggregati

Pur non entrando, di solito, direttamente in gioco nella fase di presa e di indurimento della pasta cementizia, il ruolo giocato dagli aggregati, così chiamati per la loro natura particellare, nella confezione di un buon calcestruzzo è di fondamentale importanza (se non altro per la loro percentuale ponderale nella massa totale dell’impasto). Gli aggregati sono legati dalla pasta cementizia ed è quindi di estrema importanza pratica l’azione di interfaccia dei primi con la stessa.

Per interfaccia s’intende tutta la superficie di contatto aggregati-pasta di cemento. E’ necessario che tale superficie sia esente da impurità.

Le impurità presenti sulle superfici degli aggregati provocano una duplice azione negativa, a seconda della loro origine. Le particelle fini, come l’argilla, limo ecc. causano un “avvelenamento” di tipo meccanico creando una zona di discontinuità tra aggregati e legante, con conseguenti evidenti svantaggi. Le sostanze organiche (residui di degradazioni vegetali, inquinanti ecc.) provocano un avvelenamento di tipo chimico, interferendo direttamente nel processo di presa ed indurimento.

Gli aggregati devono essere, per quanto possibile, disposti lungo una corretta curva granulometrica, per assicurare il massimo riempimento dei vuoti interstiziali. Tra le caratteristiche chimico-fisiche degli aggregati occorre considerare con attenzione anche il contenuto percentuale di acqua, per una corretta definizione del rapporto a/c, ed i valori di peso specifico assoluto per il calcolo della miscela d’impasto (mix-design).

La granulometria dovrà inoltre essere studiata scegliendo il diametro massimo in funzione della sezione minima del getto, della distanza minima tra i ferri d’armatura e dello spessore del copriferro. Additivi

Gli additivi sono sostanze di diversa composizione chimica, in forma di polveri o di soluzioni acquose, classificati secondo la natura delle modificazioni che apportano agli impasti cementizi. La norma UNI 7101-72 classifica gli additivi aventi, come azione principale, quella di: - fluidificante; superfluidificante; - aerante; - ritardante; accelerante; - antigelo.

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IL CALCESTRUZZO FRESCO ED INDURITO Lavorabilità e modalità di posa in opera

Dopo aver correttamente progettato un calcestruzzo in funzione delle prestazioni richieste ed utilizzato materiali accuratamente selezionati ed adatti allo scopo, occorre considerare con attenzione che la lavorabilità dell’impasto sia adeguata al caso specifico.

Il controllo della lavorabilità è effettuato operando sul rapporto a/c modificando il contenuto di acqua, o meglio, utilizzando un’ampia gamma di additivi disponibili sul mercato.

Particolare attenzione va posta nel controllo del mantenimento nel tempo di tale lavorabilità, mantenimento che consenta eventualmente il trasporto del calcestruzzo dal luogo di confezionamento al luogo di messa in opera senza modifiche delle caratteristiche dell’impasto.

Ricordiamo che le distanze in gioco nei trasporti di calcestruzzo variano dalle poche decine di metri, nel caso degli impianti di prefabbricazione, alle decine di chilometri, nel caso di centrali di betonaggio che servono cantieri ed imprese.

Dopo aver raggiunto la certezza di disporre di un materiale idoneo è necessario che una corretta posa in opera completi tutte le operazioni precedenti. Essa dipende dalla capacità degli operatori e dalla possibilità pratica di ben operare. Ricordiamo ad esempio che il trasporto mediante nastro provoca, anche per spostamenti di pochi metri, fenomeni di segregazione del calcestruzzo notevoli.

Anche la movimentazione tramite pompaggio, se non dispone di un calcestruzzo di lavorabilità adeguata, può essere causa di segregazione. Stagionatura

Sotto l’ampia dizione “stagionatura del calcestruzzo” raggruppiamo l’insieme di tutte quelle operazioni che vengono condotte immediatamente dopo il confezionamento e la messa in opera di un conglomerato cementizio fresco. Tra le operazioni di primaria importanza ricordiamo i trattamenti termici ed il “curing”.

Vengono indicati con il termine “trattamenti termici” tutte quelle fasi lavorative successive alla messa in opera che prevedono l’intervento diretto degli operatori sulla temperatura dell’impasto fresco e quindi sulla cinetica di reazione. Si ricordi che la reazione di idratazione del cemento è una reazione chimica la cui velocità è direttamente influenzata dalla temperatura.

La protezione del calcestruzzo in fase di presa e indurimento viene indicata con il termine anglosassone di “curing” ed è effettuata tradizionalmente mantenendo umida la superficie di calcestruzzo mediante ripetute spruzzature d’acqua. IL SOLAIO

Nel settore edilizio, le strutture da solaio costituiscono una tipologia che ha conosciuto un grande sviluppo specialmente in Italia. E’ sufficiente un esame anche solo morfologico della gamma di prodotti disponibili per rendersi conto che non esiste praticamente problema che non possa essere risolto facilmente a costi accettabili, sia per le grandi luci e per valori elevati dei sovraccarichi, sia per le diversificate richieste dei piccoli interventi o del recupero edilizio.

Al raggiungimento di questa notevole diversificazione tipologica hanno contribuito in modo determinante almeno due fattori: uno di grande tradizione del nostro Paese che privilegia l’impiego del laterizio come materiale strutturale che ha semplificato l’esecuzione, ridotto le masse nelle opere in c.a. e quindi gli sprechi di risorse; l’altro di tecnologia applicata con la diffusione della precompressione, per merito della quale, con l’impiego di materiali ad alte caratteristiche di resistenza e di nuovi sistemi di calcolo, si ottengono maggiori prestazioni ed un sensibile risparmio nelle sezioni.

Parallelamente, i prodotti sono stati accompagnati da uno sviluppo di normativa basato su risultati scientifici, sperimentali ed applicativi. Solai tipo travetti in c.a. precompresso

Tipologie strutturali La produzione normale nel settore dei solai ad armatura pretesa è costituita da elementi

prefabbricati per la realizzazione di solai a travetti con interposti blocchi di laterizio, o di solettoni a travetti accostati.

Interasse i = 50/52/60 cm

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Sono formati con travetti in calcestruzzo armato precompresso aventi sezione a T rovesciata con anima a coda di rondine secondo le seguenti soluzioni strutturali. La superficie perimetrale è notevolmente scabra ai fini dell’aderenza con i getti; mentre la suola è normalmente rivestita da granulato di laterizio.

Vengono accoppiati a blocchi intermedi di laterizio di tipo monoblocco o pluriblocco, appartenenti alle categorie “a” (S38) e “b” (R38) di normativa, allo scopo di fornire un’ampia gamma di soluzioni strutturali correlate alle esigenze costruttive.

Il getto di completamento eseguito nella fase di posa in opera realizza la perfetta monoliticità del solaio. Per il travetto 9/12 è in atto una produzione di serie per pronta consegna con lunghezze da m 1,20 a m 7,60 variabili di 20 cm.

Penetrazione dei travetti sugli appoggi. Nel caso di appoggio su murature o architravi sottosporgenti è sufficiente una penetrazione del travetto di 5 ÷ 10 cm. In presenza di appoggi complanari (travi in spessore o ali di architravi a T), la penetrazione S in cm dovrà essere: - per solaio monotrave S > T/100 - per solaio bitrave S > T/140 dove T è lo sforzo di taglio in Kg/m.

In dipendenza del tipo di appoggio (in particolare per le travi in spessore o ali di architravi a T) è fatto obbligo di disporre idonea armatura aggiuntiva inferiore (spezzoni o staffe) proporzionata per uno sforzo di trazione pari al taglio e adeguatamente ancorata. Ripartizione trasversale. Per solai di luce superiore a 4,5 m, o in presenza di vani irregolari o quando sia

sensibile il comportamento a piastra, è necessario prevedere la realizzazione di una o più nervature di ripartizione, mediante impiego del blocco terminale. L’armatura di dette nervature deve essere costituita da almeno 4 ø 10 e staffe ø 5 poste a distanza non maggiore di 25 cm. Nella soletta collaborante va prevista un’armatura pari almeno a 3 ø 6 al metro in direzione ortogonale ai travetti.

Rompitratta. L’interasse dei rompitratta non deve in nessun caso essere superiore a 2 metri. Anche per le piccole luci occorre sempre almeno un rompitratta intermedio. I ritti devono essere sufficientemente rigidi e opportunamente controventati.

Manovra e posa dei travetti. In fase di sollevamento dei travetti la distanza per gli agganci non deve superare i 3 metri e gli sbalzi laterali i m 1,25. I travetti vanno sempre manovrati con la suola rivolta verso il basso. Per un loro esatto di stanziamento sul piano di posa, basterà disporre un blocco alle estremità di ogni interspazio.

Momenti negativi. L’armatura per i momenti negativi deve essere collocata al lembo superiore del solaio in modo che il suo ricoprimento risulti 1 cm.

Getto del conglomerato. Il laterizio dovrà essere preventivamente bagnato ed il getto ben costipato e vibrato, in modo che il calcestruzzo aderisca con continuità alla superficie del travetto. Si useranno inerti ben assortiti con pezzature non superiori ai 15 mm di diametro. Si consiglia il rapporto acqua/cemento intorno a 0,6. Durante la stagione calda occorrerà tenere la struttura sufficientemente bagnata durante il periodo di presa.

Intonaco all’intradosso. Si raccomanda l’opportunità di eseguire intonaci d’intradosso a gesso o a calce e non con legante cementizio e, comunque sia, con resistenza caratteristica a trazione non superiore a 1 N/mm2 (10 Kg/cm2).

MURATURE

DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONI La muratura è costituita da elementi resistenti aventi generalmente forma parallelepipeda, posti in

opera a strati regolari di spessore costante e collegati tramite malta o altri leganti idonei.

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Gli elementi resistenti possono essere realizzati in laterizio normale e in laterizio alleggerito in pasta. Si dicono blocchi quando il loro volume supera i 7500 cm3.

Si distinguono le seguenti categorie in base alla percentuale di foratura ed all’area media della sezione normale di un foro: - elementi artificiali pieni; - elementi artificiali semipieni; - elementi artificiali forati.

La distanza minima tra un foro ed il perimetro esterno non potrà essere inferiore a cm 1,0 al netto dell’eventuale rigatura, mentre la distanza fra due fori non potrà essere inferiore a cm 0,8 con una tolleranza del 10%. Per elementi da paramento la distanza fra un foro ed il perimetro esterno deve essere di almeno cm 1,5 per elementi lisci e di cm 1,3 per elementi rigati, al netto della rigatura. I fori dovranno essere distribuiti pressoché uniformemente sulla faccia dell’elemento. Prestazioni fono-isolanti delle murature

La grandezza fisica che individua la capacità di attenuazione dei rumori aerei da parte di una parete è il suo potere fonoisolante contraddistinto con l’indice R, espresso in decibel (dB).

Il potere fonoisolante di una parete è sostanzialmente indipendente dal materiale ma è notevolmente influenzato dalla sua massa e dalla sua conformazione in opera. Generalmente col crescere del peso aumenta anche la capacità di attenuare i rumori aerei. Ne deriva che le murature in laterizio, grazie al loro peso che varia normalmente dai 200 ai 300 kg/m2, sono notevolmente avvantaggiate rispetto ad altri materiali più leggeri o meno uniformi (a parità di peso le intelaiature in c.a. presentano notevoli “ponti acustici” a causa della presenza di travi e pilastri). L’isolamento acustico è notevolmente influenzato dalle superfici più permeabili alla propagazione del rumore. E’ il caso delle finestre inserite in una muratura.

Quindi per le pareti esterne bisogna prestare molta cura ai serramenti che sono senz’altro le zone più delicate per l’isolamento acustico, proprio come avviene anche per l’isolamento termico. Nelle tabelle che seguono sono indicati i valori di R per alcune pareti monostrato e pluristrato già definite nelle schematizzazioni delle pagine precedenti. Il potere fonoisolante R è convenzionalmente riferito ad una frequenza del suono di 500 Hertz. LATERIZI ALVEOLATI

Sono blocchi di diverse misure per eseguire murature portanti e non portanti, tamponamenti, divisori, travetti e blocchi per solai. La loro caratteristica principale è che nel laterizio vi sono una miriade di piccole cavità contenenti aria.

ISOLAMENTO TERMICO Le doti termoisolanti di questi laterizi sono dovute principalmente alla presenza, in tutta la massa

del laterizio, di una miriade uniforme di piccole cavità non comunicanti fra loro e contenenti solo aria. Poiché la conduttività del laterizio dipende dalla massa volumica, l’alleggerimento ottenuto con

questi alveoli comporta una sensibile diminuzione della conduttività del materiale, senza che ne sia ridotta, in proporzione, la resistenza meccanica. Con questo sistema di laterizio alveolato si ottengono buone prestazioni termiche e contenuti costi di costruzione.

In commercio vengono forniti diverse classi di blocchi che hanno una percentuale di foratura in base alle loro caratteristiche di resistenza. Sostanzialmente il sistema è suddiviso in quattro classi di blocchi specializzati che hanno prezzi direttamente proporzionali alle loro caratteristiche meccaniche.

Una scelta ragionata degli elementi compiuta sulla base delle richieste statiche delle murature che si devono realizzare, consente quindi di ridurre anche i costi con un sufficiente isolamento termico, atto a soddisfare la relativa legislazione sul risparmio energetico. IL COMPORTAMENTO AL FUOCO

Esistono due categorie di comportamento al fuoco:

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• la reazione al fuoco, intesa come grado di partecipazione di un materiale combustibile al fuoco al quale è sottoposto;

• la resistenza al fuoco (R.E.I.), e cioè l’attitudine di un elemento da costruzione, componente o struttura, a conservare, secondo un programma termico prestabilito e per un tempo determinato, la stabilità (R), la tenuta ai fumi e alle fiamme (E) e l’isolamento termico (I).

L’argilla risponde ai requisiti richiesti dal decreto del Ministero degli interni del 14 gennaio 1985 e quindi ai laterizi va attribuita la classe di reazione al fuoco “0” (nessun contributo all’incendio).

Polistirolo, segatura, sansa di olive, utilizzati per produrre laterizio alveolato, non lasciano traccia di incombusti nel prodotto finito e non ne modificano il comportamento al fuoco.

La resistenza al fuoco del laterizio alveolato è documentata da una numerosa serie di prove su pareti intonacate, realizzate con elementi per tamponamenti e per murature portanti. Le prove, certificate ufficialmente, assegnano classe 180 R.E.I. (la massima prevista in Italia) a pareti per tamponamento già dallo spessore di 15 cm più intonaco e a pareti portanti già dallo spessore di 12 cm più intonaco. IL POTERE FONOISOLANTE

Il laterizio alveolato, impiegato nelle pareti monostrato, fornisce un ottimo isolamento anche alle basse frequenze. E’ quindi ottimale per proteggere dai rumori che hanno notevole contenuto di basse frequenze, come quelli ad esempio del traffico stradale.

Impiegato invece nelle pareti doppie è idoneo per isolare dai suoni che hanno frequenze medio alte, come quelli del parlato proveniente da ambienti contigui. LE CLASSI DI BLOCCHI ALVEOLATI PER MURATURE Blocco 45 - Blocchi per murature portanti, anche in zona sismica.

Questa classe raggruppa gli elementi semipieni per murature portanti. La geometria e le caratteristiche meccaniche dei blocchi rispondono ai decreti ministeriali in vigore. Gli elementi sono idonei per murature in zona sismica di qualsiasi grado e in zona normale. In tutti i casi è possibile realizzare murature monostrato e pluristrato accoppiando blocchi di diverso spessore. La percentuale di foratura degli elementi non supera il 45% e il massa volumica apparente è di circa 800 kg/mc. Blocco 50 - Blocchi per murature portanti in zona non sismica.

A questa classe appartengono gli elementi per murature portanti in zona non sismica e per murature di tamponamento. Nelle murature portanti le attuali normative prescrivono venga effettuato il calcolo di verifica. I blocchi hanno una percentuale di foratura del 50% e un massa volumica apparente di circa 700 kg/mc. Blocco 55 - Blocchi con foratura massima consentita per murature portanti in zona non sismica.

I blocchi di questa classe hanno una percentuale di foratura del 55%, la massima ammessa per murature portanti secondo il D.M. 20/11/1987, e massa volumica apparente di circa 650 kg/mc. Gli elementi quindi sono idonei per murature portanti e per murature di tamponamento. Nelle murature portanti le attuali normative prescrivono il calcolo di verifica. Blocco 60 - Blocchi per murature di tamponamento, controparti e divisori.

I blocchi di questa classe vanno esclusivamente utilizzati per realizzare murature di tamponamento, contropareti nelle murature pluristrato e divisori interni. La percentuale di foratura degli elementi è pari o superiore al 60 per cento fino ad un massimo del 70%. Sono leggeri, infatti il loro massa volumica apparente è indicativamente compreso tra i 600 e i 450 kg/mc. Blocchi per murature (cm 19 – 25 - 30)

Blocco 45 Blocco 50 Blocco 55 Blocco 60

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INTONACI

E’ un rivestimento per murature realizzato mediante strati multipli di malta (già nel I sec. a.C. Vitruvio consiglia di stendere sei strati più un settimo di coloritura). L’obiettivo è quello di ottenere una superficie regolare e piana idonea a ricevere ulteriori strati di finitura quali tinteggiature, verniciature o altri rivestimenti.

Un intonaco civile è composto da tre strati. Il PRIMO STRATO, quello immediatamente aderente al supporto, si chiama rinzaffo ed è il più

ricco di legante: serve a regolarizzare la superficie e fornisce l’aderenza agli strati successivi. Il SECONDO STRATO si chiama arriccio conferisce la tenuta all’aria e all’acqua ed è

sufficientemente elastico per non fessurarsi in presenza di movimenti dello strato precedente. Il TERZO STRATO, che si chiama velo o rasante, ha uno spessore inferiore ai primi e assolve alle

funzioni estetiche e protettive L’intonaco può essere finito (quindi con il velo), al grezzo (uno strato grossolano di arriccio spianato con la cazzuola o con un regolo) o rustico (quando ci si ferma allo strato di rinzaffo spianandolo solo grossolanamente): lo stato grezzo costituisce il supporto per l’applicazione di rivestimenti ceramici.

Gli intonaci più recenti sono impastati a macchina e spruzzati tramite un tubo ad aria compressa: la stratificazione con i premiscelati si semplifica in uno o due strati perché questi prodotti utilizzano miscele di leganti e additivi che ne migliorano l’aderenza e ne riducono la fessurabilità.

Lo spessore complessivo di un intonaco per esterni è di circa 1,5-2,0 cm; lo spessore di un intonaco interno è di 1,0-1,5 cm.

INFISSI (Porte, finestre e costruzioni in alluminio)

GENERALITA’ La serie di profilati per l’edilizia ed i relativi accessori sono stati messi a punto per differenti

possibilità applicative nell’ambito della carpenteria metallica. Esse sono destinate alla trasformazione da parte di aziende specializzate nel settore della carpenteria metallica, della produzione di finestre ecc., le quali abbiano dimestichezza con le regole tecniche riconosciute, in particolare nell’ambito della carpenteria metallica, costruzione di porte, finestre, pareti divisorie e facciate, e per le quali si possa presupporre la conoscenza delle norme DIN pertinenti e le corrispondenti Norme UNI. Norme DIN

Nella produzione e montaggio di elementi strutturali in alluminio si devono considerare in particolare le seguenti norme DIN: • DIN 1050 - Acciaio nell’edilizia • DIN 1055 - Accettazioni del carico nell’edilizia • DIN 1725 - Leghe di alluminio • DIN 1745 - Lamiere e nastri in alluminio • DIN 1748 - Profilati estrusi in alluminio • DIN 4102 - Comportamento al fuoco di materiali per l’edilizia e componenti strutturali • DIN 4108 - Isolamento termico nell’edilizia • DIN 4109 - Isolamento acustico nell’edilizia • DIN 4113 - Alluminio nell’edilizia • DIN 7863 - Profilati di tenuta in elastomeri non cellulari per la costruzione di finestre e facciate • DIN 17611 - Semilavorati in alluminio e leghe di alluminio per lavorazione plastica, ossidati per via

anodica, con spessori dello strato di almeno 10 µm • DIN 17615 - Profilati di precisione in leghe di tipo AIMgSi0,5

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• DIN 18055 - Finestre, permeabilità all’aria, tenuta all’acqua, resistenza al vento e sollecitazione meccanica; requisiti e progettazione

• DIN 18056 - Serramenti, dimensionamento ed esecuzione • DIN 18201 - Tolleranze nell’edilizia, definizioni, tolleranze base, applicazione, prova • DIN 18202 - Tolleranze nell’edilizia - Aperture per finestre e porte • DIN 18357 - VOB, Parte C Applicazione della ferramenta • DIN 18360 - VOB, Parte C Lavori di carpenteria metallica • DIN 18361 - VOB, Parte C Lavori di vetratura • DIN 18364 - VOB, Parte C Lavori di protezione superficiale • DIN 18421 - VOB, Parte C Lavori di isolamento termico • DIN 18516 - Rivestimenti per pareti esterne • DIN 18545 - Ermetizzazione di vetrature con materiali sigillanti • DIN 50939 - Cromatazione dell’alluminio • DIN 50976 - Rivestimenti di componenti, applicati mediante zincatura a caldo. Requisiti delle finestre - Sollecitazione meccanica

Le prevedibili sollecitazioni meccaniche vanno prese in considerazione per ragioni di sicurezza. L’entità di queste sollecitazioni va determinata in base alle norme adottate a livello di ispettorato dei lavori edili (ETB) oppure, in casi speciali, in accordo con il genio civile. Le norme più significative per la determinazione dell’entità delle sollecitazioni sono: • DIN 1055 - Accettazioni del carico nell’edilizia, Parte 1: “Materiali per appoggi, materiali per

l’edilizia ed elementi strutturali, carichi propri ed angoli di attrito” • DIN 1055 - Accettazioni del carico nell’edilizia, Parte 3: “Carichi mobili” • DIN 1055 - Accettazioni del carico nell’edilizia, Parte 4: “Carichi mobili, carichi dovuti al vento,

edifici non sensibili alle vibrazioni” • DIN 18056 - Pareti con finestre. Dimensionamento ed esecuzione.

In tale contesto va osservato che la finestra di norma non è destinata ad assorbire forze dall’edificio. Le previste deformazioni delle parti adiacenti dell’edificio e della finestra vanno dunque prese in considerazione in fase di progettazione. Le forze che agiscono direttamente sulla finestra, quali ad esempio le forze dovute dal vento, devono essere scaricate dalla finestra nell’edificio.

Di norma la sollecitazione dovuta al vento è la sollecitazione principale della finestra ed è dunque determinante ai fini del dimensionamento della struttura del telaio, del vetro e del fissaggio all’edificio. L’entità della sollecitazione va determinata in funzione dell’altezza e della posizione dell’edificio, nel rispetto della normativa. Requisiti in caso di sollecitazione meccanica

Le sollecitazioni meccaniche della finestra, normalmente prevedibili, non devono comportare cambiamenti in grado di modificare durevolmente la funzionalità di una finestra e dei suoi elementi. Non si devono superare le tensioni ammesse dei materiali. Le necessarie dimostrazioni vanno fornite, in forma verificabile, per le parti portanti della finestra e per l’ancoraggio, sempreché, per esperienza, esse non siano sufficientemente dimensionate. Per dimostrazioni di calcolo vanno applicate le sollecitazioni ammesse in base alle rispettive norme sui materiali o in base ai dati del produttore, ovvero: • per l’alluminio la DIN 4113 “Alluminio nell’edilizia” • per l’acciaio la DIN 1050 “Acciaio nell’edilizia” • per il vetro la DIN 18055 “Pareti con finestre” e le prescrizioni del produttore.

Si possono considerare sufficientemente dimensionate quelle finestre la cui configurazione e dimensione rientrano nell’ambito previsto dalle norme o sono circoscritte mediante prova.

L’idoneità all’uso di parti fisse del telaio viene comprovata dimostrando la limitazione della flessione. In caso di impiego di vetro isolante la limitazione della flessione va rispettata seguendo le prescrizioni del produttore. Il rispetto dei valori limite è connesso alla garanzia del produttore del vetro isolante relativamente all’assenza di condensa nell’intercapedine tra le lastre. Tenuta all’acqua e permeabilità all’aria, resistenza al vento

I requisiti relativi alla tenuta all’acqua ed alla permeabilità all’aria si riferiscono alla scanalatura tra il battente ed il telaio. Qualora fosse necessario valutare anche gli altri piani di tenuta, ovvero vetratura e raccordo con il corpo dell’edificio, si dovrà eventualmente procedere variando i requisiti.

I requisiti relativi alla tenuta all’acqua non sono assoluti. Le disposizioni della DIN 18055 sono state stabilite in modo da consentire un superamento dei valori limite in situazioni eccezionali, che possono verificarsi anche annualmente, ed una modesta penetrazione d’acqua all’interno dell’ambiente attraverso la scanalatura. In tale contesto si deve garantire che l’acqua non possa penetrare in misura incontrollata attraverso la costruzione e comportare danni alla finestra o agli elementi strutturali adiacenti.

Nella determinazione dei requisiti di permeabilità all’aria viene a crearsi un conflitto di obiettivi tra gli sforzi volti al risparmio di energia ed il ricambio d’aria degli ambienti. Il ricambio d’aria dovuto ad anermeticità dei giunti della finestra rimane sempre incontrollato poiché la fessura tra i battenti e l’infisso

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non può essere variata facoltativamente. Ne deriva che l’aerazione dovrebbe essere considerata indipendentemente dal giunto della finestra.

Per quanto concerne i requisiti di tenuta all’acqua e di permeabilità all’aria, la DIN 18055 indica quattro gruppi di sollecitazione, approssimativamente analoghi alle reali sollecitazioni cui sono sottoposte le finestre a livello pratico. Applicando il metodo di prova secondo DIN 18055 non esistono nessi diretti tra la tenuta all’acqua e la permeabilità all’aria.

Le disposizioni per i singoli casi vengono determinate, oltre che dall’altezza di montaggio delle finestre, anche dall’ambiente circostante (ad es. se l’edificio è collocato su un poggio).

Qualora le avvertenze della norma non fossero sufficienti, gli uffici meteorologici possono approntare delle documentazioni sulla direzione del vento e sulla frequenza di vento e pioggia, che serviranno quale ausilio decisionale. Isolamento termico e protezione contro l’umidità

Negli ultimi anni sono cambiati i motivi che stanno alla base dei provvedimenti di isolamento termico. Mentre in passato i requisiti minimi stabiliti nelle norme sono stati considerati più da un punto di vista del mantenimento dell’edificio, attualmente si fanno strada in misura crescente gli aspetti relativi al risparmio energetico.

Con il termine “serramenti” si definiscono telai che racchiudono materiale trasparente, ad es. vetro. I tamponamenti, con materiali non trasparenti, di serramenti, inferiori al 50% del tamponamento totale devono soddisfare quanto meno le esigenze indicate nella normativa.

I valori di calcolo del coefficiente di trasmissione del calore per finestre (con vetro normale) possono essere migliorati con l’utilizzo di vetri speciali, ad es. vetri riflettenti, ovvero riempimento con gas dell’intercapedine delle lastre di vetro isolante. Se non vi sono dati specifici forniti dal costruttore si devono supporre, nell’intercapedine delle lastre, i valori dell’aria. Isolamento acustico

Analogamente a quanto avviene per l’isolamento termico, negli ultimi anni sono state riformulate anche le esigenze poste all’isolamento acustico. Per evitare i disturbi derivanti dai rumori si dovrebbe in primo luogo evitarne la formazione e la propagazione. Qualora ciò non fosse possibile, vengono richieste delle misure secondarie, ovvero misure di schermatura di ambienti chiusi. Queste misure di isolamento riguardano anche la finestra.

Il livello interno ammesso dipende dal tipo e dall’utilizzo dell’ambiente e di conseguenza i requisiti della costruzione delle finestre possono variare nell’ambito del medesimo edificio.

Nella determinazione del livello interno si dovrebbero tuttavia considerare anche rumori derivanti da impianti tecnici domestici, onde evitare che, a causa di un’eccessiva schermatura del livello di rumorosità esterna, questi rumori possano rappresentare una fonte di disturbo dal proprio appartamento o da quello adiacente.

Per quanto concerne l’isolamento acustico, una finestra è di norma sufficientemente descritta dall’indicazione del grado di insonorizzazione valutato o della classe di isolamento acustico. Tuttavia in determinati casi si consiglia un confronto tra il livello di rumorosità esistente ed il comportamento della finestra nei diversi campi di frequenza. Vetratura

La vetratura di finestre in alluminio va eseguita a regola d’arte. Si devono sempre rispettare le prescrizioni di montaggio ed i requisiti richiesti dal produttore del vetro isolante, poiché in caso contrario non possono essere riconosciuti eventuali diritti di garanzia e contestazioni riguardanti il vetro.

Se il produttore del vetro isolante non si occupa personalmente della vetratura, dovrà concordare con l’azienda in questione l’esatto tipo ed esecuzione della stessa. Tutte le guarnizioni impiegate per la vetratura devono essere prodotte in elastomeri resistenti all’invecchiamento ed agli agenti atmosferici (APTK/EPDM). Se si impiegano masse sigillanti o ermetizzanti si deve verificarne la compatibilità con la superficie dei profilati verniciati. Montaggio, collegamento con il corpo dell’edificio

Per proteggere temporaneamente gli elementi strutturali durante il periodo di costruzione, in particolare da danneggiamenti meccanici, da conseguenze dovute ad intonaco, malta, cemento, colore ecc., si possono utilizzare nastri adesivi, fogli in plastica o idonee vernici protettive in grado di essere asportate senza lasciare residui. Il commissionario deve accertarsi, prima di iniziare la produzione, che non esistano diversità tra le dimensioni degli elementi da produrre e le dimensioni dell’elemento strutturale.

Il montaggio deve essere esattamente allineato seguendo le marcature applicate ad es. scanalature ed assi verticali. In tale contesto si deve osservare che le forze dell’elemento strutturale vengano trasmesse al corpo dell’edificio in modo tecnicamente corretto mediante opportuni ancoraggi. La distanza dei punti di ancoraggio non deve superare gli 80 cm; ogni lato della parete con finestre deve essere ancorato all’edificio su almeno due punti. Il tipo ed il montaggio dell’ancoraggio vanno stabiliti già in fase di progettazione.

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Capitolo I – Norme tecniche generali 11

L’ancoraggio non deve pregiudicare la portata degli elementi dell’edificio (ad esempio in seguito al raccordo). I collegamenti, gli accoppiamenti ed i fissaggi vanno eseguiti in modo che gli elementi possano dilatarsi, restringersi e spostarsi, liberamente e silenziosamente, in caso di cambiamenti di temperatura.

Per gli architravi di larghezza maggiorata o per tutte le solette a sbalzo, in particolare nel caso di ossature in calcestruzzo o acciaio, si deve tener conto dello scorrimento, del ritiro e della flessione dovuti alla prevista sollecitazione dell’architrave.

Vanno eventualmente previsti elementi compensatori, per lo più nella orizzontale superiore del collegamento alla costruzione.

Tutti gli elementi in acciaio che non sono più accessibili dopo il montaggio, devono essere zincati. I metodi ammessi sono la zincatura a caldo e la zincatura a spruzzo. Le zone saldate di strutture zincate vanno ripassate con zinco a freddo. Eventuali danneggiamenti della protezione contro la corrosione degli elementi in acciaio, avvenuti in fase di montaggio, vanno ritoccati al termine del montaggio base. Gli elementi di collegamento, quali viti, bulloni, rivetti ecc., devono essere sufficientemente protetti contro la corrosione. Se accoppiati all’alluminio devono essere in acciaio inox.

Assemblando l’alluminio con altri materiali metallici si deve escludere la formazione di corrosione da contatto o in fessura adottando opportune misure, quali mano di bitume, pellicole intermedie ecc.

In caso di messa in opera di finestre in alluminio isolate termicamente in intelaiature di montaggio o strutture premontate, si deve prestare attenzione ad un efficace isolamento termico rispetto al corpo della costruzione. Si deve inoltre evitare la penetrazione di umidità e la formazione di condensa nella zona della struttura di base, applicando opportuni fogli.

Gli elementi montati vanno ermetizzati a tenuta d’acqua con masse sigillanti ed eventualmente riempiti con materiali idonei. Protezione superficie, cura e manutenzione

Le parti in alluminio anodizzato devono essere protette dall’azione di malta e cemento che non hanno ancora fatto presa, poiché in caso contrario potrebbero comparire delle decolorazioni dovute a reazioni alcaline, che non possono più essere eliminate. I danneggiamenti meccanici di superfici anodizzate non possono essere riparati. Si consiglia dunque di manipolare con cura le parti in alluminio.

Una certa protezione è offerta da nastri adesivi in plastica, vernici pelabili e vernici trasparenti autodissolventi.

Per conservare l’aspetto decorativo delle facciate in alluminio anodizzato si dovrebbe eseguire una pulizia almeno una volta l’anno. Dalle parti in alluminio si devono asportare depositi di polvere e sporco lavandole con acqua calda addizionata con detergenti neutri che non attacchino l’alluminio. Non vanno impiegati detergenti acidi e alcalini e prodotti meccanici abrasivi.

Per proteggere le parti in alluminio pulite si consiglia un liquido polish con aggiunta di silicone, che una volta asciutto va passato con un panno morbido. Per garantire un duraturo e perfetto funzionamento della ferramenta, occorre oliare ed ingrassare opportunamente le parti mobili. FINESTRE A TAGLIO TERMICO

La serie di finestre e porte a taglio termico con una profondità costruttiva di 60 mm, comprende i seguenti tipi d’apertura: • finestre ad anta e/o anta-anta ribalta; • serramenti per il restauro di edifici d’epoca; • finestre a bilico orizzontale e verticale; • finestre con telaio a scomparsa; • porte e finestre scorrevoli; • scorrevoli a sollevamento; • porte e finestre scorrevoli a parallelo ed a vasistas.

Le aperture ad anta-anta ribalta sono dotate con una guarnizione centrale applicata sulla battuta del telaio, realizzata in APTK con angoli vulcanizzati o come telaio interamente vulcanizzato, che garantisce la tenuta dell’anta contro gli agenti atmosferici.

L’isolamento termico avviene mediante un doppio listello continuo, di 18 mm. I profili soddisfano la norma. Il coefficiente dell’isolamento termico è pari a kf = 2,9 W/m2K utilizzando vetri con intercapedine di 10 - 16 mm.

Per un sistema con queste caratteristiche, le condizioni ideali sono che tutto provenga da un fornitore: • sistema del profilo in alluminio; • isolamento termico; • trattamento delle superfici metalliche; • ferramenta ed accessori.

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Capitolo I – Norme tecniche generali 12

SERRAMENTI SCORREVOLI Questi sistemi di profilati in alluminio sono destinati alla costruzione di porte e finestre scorrevoli

in alluminio, con o senza taglio termico. L’assemblaggio dei profili degli infissi è a 90°, la profondità costruttiva degli infissi per i sistemi

SC 80, SC 90 e SC 90i è pari rispettivamente a 70, 87 e 95 mm. La costruzione avviene in modo razionale grazie alla possibilità della centratura e ad un montaggio

rapido della ferramenta ed accessori, fissati per avvitamento (guide, ganci ecc.). Possono essere realizzati tutti i modelli correnti di finestra e portafinestra scorrevole. I profili sono concepiti in maniera da permettere una combinazione con i profilati complementari

(ZP). Normalmente sono possibili tutte le combinazioni con gli altri sistemi costruttivi per porte e finestre.

IMPIANTI ELETTRICI

SETTORE CIVILE ELENCO PRINCIPALI LEGGI E NORME VIGENTI • D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 - Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. • D.P.R. 19 marzo 1956, n. 302 - Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro integrative di quelle

generali emanate con D.P.R. n. 547/1955. • D.M. 3 aprile 1957 - Attribuzione dei compiti inerenti alle verifiche e controlli ai sensi dell’art. 398 del

D.P.R. 547/1955. • D.M. 22 dicembre 1958 - Luoghi di lavoro per i quali sono prescritte le particolari norme di cui agli artt.

329 e 331 del D.P.R. 547/1955. • D.P.R. 26 maggio 1959 - Determinazione delle Aziende e lavorazioni soggette, ai fini della prevenzione

degli incendi, al controllo del Comando del Corpo dei Vigili del Fuoco. • D.P.R. 29 maggio 1963, n. 1497 - Approvazione del regolamento per gli ascensori ed i montacarichi in

servizio privato. • D.M. 27 settembre 1965 - Determinazione delle attività soggette alle visite prevenzione incendi. • Legge 1° marzo 1968, n. 186 - Disposizioni concernenti la produzione di materiali, apparecchiature,

macchinari, installazioni e impianti elettrici ed elettronici. • D.M. 20 novembre 1968 - Riconoscimento dell’efficacia, ai fini della sicurezza, dell’isolamento

speciale completo di cui devono essere dotati gli utensili e gli apparecchi elettrici mobili senza collegamento elettrico a terra.

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Capitolo I – Norme tecniche generali 13

• Legge 18 ottobre 1977 n. 791 - Attuazione della direttiva CEE n. 73/23 relativa alle garanzie di sicurezza che deve possedere il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro alcuni limiti di tensione.

• Legge 23 dicembre 1978 n. 833 Istituzione del servizio sanitario nazionale. • D.M. 23 luglio 1979 - Designazione degli organismi incaricati di rilasciare certificati e marchi ai sensi

delle legge 18/10/77 n. 791. • D.P.R. 31 luglio 1980 n. 619 - Istituzione dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del

lavoro. • D.M. 1° agosto 1981 - Lista degli organismi, dei modelli dei marchi e dei certificati, in applicazione

della legge 18/10/77 n. 791 sui materiali elettrici. • D.M. 16 febbraio 1982 - Modificazione al D.M. 27/9/65 concernente la determinazione delle attività

soggette alle visite di prevenzione incendi. • D.L. 23 dicembre 1982 - Identificazione delle attività omologative, già svolte dai soppressi ENPI e

ANCC, di competenza dell’istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro. D.L. 23 dicembre 1982 – Autorizzazione alle unità sanitarie locali ad esercitare alcune attività omologate di primo o nuovo impianto in nome e per conto dell’istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro.

• D.M. 4 febbraio 1984 - Modificazioni all’autorizzazione alle USL ad esercitare alcune attività omologate di primo o di nuovo impianto in nome e per conto dell’ISPESL.

• Legge 7 dicembre 1984, n. 818 - Nulla osta provvisorio per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi modifica degli artt. 2 e 3 della legge 4 marzo 1982 n. 66 e Norme integrative dell’ordinamento del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco.

• D.L. 27 marzo 1985 - Modificazioni al D.M. 16 febbraio 1982 contenente l’elenco dei depositi pericolosi soggetti alle visite e controlli di prevenzione incendi.

• D.M. 1° febbraio 1986 - Norme di sicurezza antincendio per la costruzione e l’esercizio di autorimesse e simili.

• D.M. 16 maggio 1987 n. 246 - Norme di sicurezza antincendio per gli edifici di civile abitazione. • D.M. 9 dicembre 1987 n. 587 - Attuazione delle direttive n. 84/529/CEE e n. 1986/312/CEE relative agli

ascensori elettrici. • D.M. 14 giugno 1989 n. 236 - Prescrizioni tecniche a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la

visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche.

• Legge 5 marzo 1990 n. 46 - Norme per la sicurezza degli impianti. • D.P.R. 6 dicembre 1991 n. 447 - Regolamento di attuazione della legge 5 marzo 1990 n. 46 in materia di

sicurezza impianti. • Legge 30 dicembre 1991 n. 428 - Istituzione di elenchi di professionisti abilitati alla effettuazione di

servizi di omologazione e di verifiche periodiche a fini di sicurezza, di apparecchi, macchine impianti e attrezzature.

• D.M. 20 febbraio 1992 - Approvazione del modello di dichiarazione di conformità dell’impianto alla regola d’arte di cui all’art. 7 del regolamento di attuazione della legge 5 marzo 1990 n. 46 recante norme per la sicurezza degli impianti.

• D.M. 11 giugno 1992 - Certificato di riconoscimento dei requisiti tecnico/professionali. • D.P.R. 18 aprile 1994 n. 392 - Autocertificazione. • D.L. 27 agosto 1994 n. 314 - Proroga per l’adeguamento dell’impianto elettrico. • D.L. 19 settembre 1994 n. 626 - Attuazione delle direttive CEE riguardanti la sicurezza e la salute dei

lavoratori sul luogo di lavoro. PRINCIPALI NORME CEI E UNI VIGENTI • CEI 3-23 Segni grafici per schemi - Parte 11 : Schemi e piani d’installazione architettonici e topografici. • CEI 7-6 Controllo della zincatura a caldo per immersione su elementi di materiali ferrosi destinati alle

linee ed impianti elettrici. • CEI 11-1 Impianti di produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica. Norme generali • CEI 11-4 Esecuzione delle linee elettriche esterne • CEI 11-8 Impianti di produzione, trasmissione e distribuzione di energia elettrica. Impianti di terra.

Linee in cavo. • CEI 11-17 Impianti di produzione, trasmissione e distribuzione di energia elettrica. Linee in cavo. • CEI 11-18 Impianti di produzione, trasmissione e distribuzione di energia elettrica. Dimensionamento

degli impianti in relazione alle tensioni. • Guida CEI 11-35 Guida all’esecuzione delle cabine elettriche d’utente. • CEI 12-15 Antenna. Impianti centralizzati • CEI 12-15 V1 Varianti n. 1

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Capitolo I – Norme tecniche generali 14

• CEI 12-43 Impianti di distribuzione via cavo per segnali televisivi e sonori. Parte 1: prescrizioni di sicurezza

• CEI 14-4 Varianti. Trasformatori di potenza. • CEI 16-4 Individuazione dei conduttori isolati e dei conduttori nudi tramite colori. • CEI 17-13/1-2-3-4 Quadri di bassa tensione • CEI EN 60947-1 (CEI 17-44) Apparecchiature a bassa tensione, Parte 2: interruttori automatici. • CEI EN 60947-2 (CEI 17-5) Apparecchiature di bassa tensione. Parte 3: interruttori di manovra e/o

sezionatori. • CEI 20-13 Cavi con isolamento estruso in gomma Vn=130 KV • CEI 20-19 Cavi isolati in gomma Vn 450/750 V • CEI 20-20 Cavi isolati in PVC Vn 450/750 V • CEI 20-21 Calcolo delle portate dei cavi elettrici • CEI 20-22 Prove di incendio su cavi elettrici • CEI 20-27 Cavi per energia e per segnalamento • CEI 20-35 Prove cavi elettrici sottoposti al fuoco • CEI 20-37 Cavi elettrici. Prove sui gas emessi durante la combustione. • CEI 20-40 Guida per l’uso di cavi a bassa tensione • CEI 20-41 Cavi per energia con conduttori piatti adatti per posa fissa sotto tappeto. Tensione nominale

V0 /V=300/500 V • CEI 23-3 (4a edizione) Interruttori automatici delle sovracorrenti per impianti domestici o similari. • CEI 23-5 Prese a spina per usi domestici e similari. • CEI 23-B Tubi protettivi rigidi in PVC e accessori. • CEI 23-9 Apparecchi di comando non automatici per installazione elettrica fissa per uso domestico e

similari. • CEI 23-12 Prese a spina per usi industriali. • CEI 23-16 Prese a spina di tipo complementare per usi domestici e similari. • CEI 23-17 Tubi protettivi pieghevoli autorinvenenti di materiale termoplastico non autoestinguenti. • CEI 23-18 Norme per gli interruttori differenziali (con o senza sganciatori di sovracorrente) per usi

domestici e similari. • CEI 23-19 Canali portacavi in materiale plastico e loro accessori ad uso battiscopa. • CEI 23-31 Sistemi di canali metallici e loro accessori ad uso portacavi e portapparecchi. • CEI 23-32 Sistemi di canali di materiale plastico isolante e loro accessori ad uso portacavi e

portapparecchi per soffitto e parete. • CEI 23-42 , 23-43 , 23-44 e 23-45 Interruttori differenziali senza sganciatori di sovracorrente incorporati

per usi domestici e similari. • CEI 23-49 e 23-51 Quadri di distribuzione per uso domestico e similare. • CEI 23-50 Prese a spina per usi domestici e similari. Parte 1: prescrizioni generali (1a edizione 1995) • CEI 46-4 Cavi, cordoni e fili per telecomunicazioni a bassa frequenza isolati con PVC. Metodi generali

di prova e misura. • CEI 64-8 Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata. • CEI 64-2 + EC Impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione o incendio (attualmente in

revisione). • CEI 64-2/A + V1 + EC Impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione. Appendici • CEI 64-4-+ V1 Impianti elettrici in locali ad uso medico. • Guida CEI 64-12 Guida per l’esecuzione degli impianti di terra negli edifici civili per uso residenziale e

terziario. • Guida CEI 64-13 Guida alla Norma CEI 64-4 • Guida CEI 64-14 Guida alle verifiche degli impianti elettrici utilizzatori. • Guida CEI 64-50 (UNI 9620) Edilizia residenziale. Guida per impianti elettrici utilizzatori ausiliari e

telefonici. • CEI 70-1 Gradi di protezione degli involucri (codice IP). • CEI 79-2 Impianti antieffrazione, antintrusione antifurto e antiaggressione. Norme particolari per le

apparecchiature. • CEI 79-3 Impianti antieffrazione, antintrusione antifurto e antiaggressione. Norme particolari per

antieffrazione, antintrusione. • CEI 81-1 Protezione di strutture contro i fulmini. • Guida CEI 81-2 Guida alla verifica degli impianti di protezione contro i fulmini. • UNI EN 81/1 Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori e montacarichi.

Ascensori elettrici. • UNI EN 81/2 Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori e montacarichi.

Ascensori idraulici.

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Capitolo I – Norme tecniche generali 15

• CEI 92-1 Prescrizioni di sicurezza per apparecchi elettronici e loro accessori collegati alla rete per uso domestico e analogo uso generale.

• CEI 96-2 Trasformatori di isolamento e trasformatori di sicurezza. Prescrizioni. • CEI 103-1 / 12-13-14 Impianti telefonici interni • Tabella CEI-UNEL 35024 Portate di corrente in regime permanente dei cavi bassa tensione (attualmente

in revisione). • Pubblicazione IEC 364-5-523 Portate dei cavi in regime permanente. PUNTO DI CONSEGNA E GRUPPI DI MISURA

Escludendo le forniture in AT e MT i gruppi di misura sono fondamentalmente di due tipi: • il gruppo di misura monofase per piccole utenze che comprende un contatore ed un interruttore

automatico con funzione di limitatore; il limitatore ha lo scopo di impedire un prelievo di potenza superiore alla massima concordata all’atto della stesura del contratto con l’Ente fornitore; essendo tarato in corrente, limita in effetti la potenza apparente, cioè i voltampere, senza alcun riferimento al fattore di potenza; è interesse dell’utente rifasare l’impianto per poter usufruire dell’intera potenza contrattuale;

• il gruppo di misura trifase che è solitamente costituito da un contatore trifase di potenza attiva, da un contatore trifase di potenza reattiva e da un indicatore di massima potenza prelevata; in questo caso il fattore di potenza medio è valutato confrontando il consumo in kWh segnato dal contatore di energia attiva, con il consumo in kVARh segnato dal contatore di energia reattiva.

Utenze trifasi Piccole utenze monofasi

Il gruppo di misura, di proprietà dell’Ente fornitore di energia, è l’ultimo componente dell’impianto di distribuzione urbana; ai suoi morsetti ha origine l’impianto utilizzatore. CIRCUITI DI DISTRIBUZIONE Criteri di dimensionamento

Si definisce circuito ciascuna parte dell’impianto utilizzatore avente unica alimentazione protetta contro le sovracorrenti da uno specifico dispositivo di protezione.

Ne consegue che il numero dei circuiti di un impianto utilizzatore è pari al numero di interruttori automatici divisionali installati nel quadro o nel centralino. Ogni circuito e ogni tratto di circuito facente parte della rete di distribuzione interna deve essere dimensionato in modo da poter convogliare la corrente d’impiego (lB) ad esso pertinente.

La corrente lB pertinente ai circuiti terminali è assunta pari alla corrente nominale dell’apparecchio utilizzatore allacciato.

La corrente IB pertinente ai circuiti dorsali o principali va calcolata tenendo conto della contemporaneità di funzionamento degli utilizzatori serviti.

Per garantire l’integrità e la durata di ciascun tronco di circuito la portata in regime permanente dei conduttori (lZ) non deve essere inferiore alla corrente d’impiego lB.Suddivisione, protezione dei circuiti

Gli impianti utilizzatori più semplici e ritenuti sufficienti per unità abitative fino a 40 mq possono essere costituiti da: • un unico circuito per punti luce e prese di corrente da 10°, • un circuito per prese da 16A.

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Capitolo I – Norme tecniche generali 16

In genere occorrono più circuiti, determinati in base ai criteri fondamentali che seguono. Suddivisione per gruppi funzionali

Ogni circuito alimenta un gruppo funzionalmente omogeneo (prese, centri luce, grossi elettrodomestici, centrale termica, ecc..). Nel caso di abitazioni con superficie compresa tra 40 e 150 mq è consigliabile prevedere almeno: • due circuiti per punti luce e prese di corrente da 10A • un circuito per le prese da 16A.

Oltre i 150 m2 è opportuno aumentare proporzionalmente i circuiti relativi. Suddivisione per zone

Ogni circuito alimenta gli utilizzatori ubicati in una zona (ufficio A, ufficio B, servizi, magazzino, ecc..) Suddivisione per gruppi di potenza

Ogni circuito alimenta un gruppo di utilizzatori che comporta correnti d’impiego di intensità conveniente al fine dello sfruttamento ottimale del rame installato. Per gli utilizzatori con potenza superiore a 3,6 kW occorre prevedere distinte linee di alimentazione.

Ogni circuito deve essere protetto alla sua origine (centralino o quadro) da cortocircuito e, se soggetto, anche dal sovraccarico.

La protezione da cortocircuito si ottiene scegliendo interruttori automatici con potere d’interruzione non inferiore alla corrente presunta di corto circuito valutata al centralino.

La protezione dal sovraccarico si ottiene scegliendo interruttori automatici magnetotermici con corrente nominale non superiore alla portata massima in regime permanente della linea protetta. Colonne montanti

In caso di posa centralizzata dei contatori le colonne montanti fanno parte dell’impianto utilizzatore e devono essere distinte e separate per ciascun utente. Per separazione s’intende la posa in distinte tubazioni ed in distinte scatole rompitratta oppure in un unico condotto con cavi multipolari sotto guaina ed ininterrotti dal locale contatori all’utente.

Le colonne montanti vanno protette all’ingresso nell’unità immobiliare dal sovraccarico e dal cortocircuito. La corrente di cortocircuito all’ingresso dell’unità immobiliare può essere valutata conoscendo la corrente di cortocircuito IccO ai contatori.

In mancanza di dati, escluso il caso di cabina ubicata nello stesso edificio, il potere di interruzione può essere presunto in 4500A per montanti monofase e 6000A per montanti trifase. Dimensionamento dei montanti in funzione della potenza installata

Le sezioni determinate in base alle correnti di impiego corrispondenti ad ogni singola potenza installata, devono essere verificate ai fini della caduta di tensione. CENTRALINO DI DISTRIBUZIONE Funzione degli interruttori

Il centralino di distribuzione ha lo scopo fondamentale di contenere gli apparecchi destinati a svolgere le seguenti funzioni. Sezionamento per manutenzione elettrica

Richiede apparecchi che aprono tutti i poli attivi (fasi e neutro); non si possono effettuare riparazioni su una parte d’impianto sezionato solo con un apparecchio unipolare. Usare per esempio interruttori automatici limitatori differenziali salvavita. Centralino di distribuzione

Sovente negli ambienti residenziali sono richiesti impianti a bassissima tensione (suonerie); impianti ad inserimento programmato o temporizzato (luci esterne, luce scale); impianti telecomandati (relè luce, segnalazioni, ecc.). Gli apparecchi pertinenti a queste funzioni trovano la più logica ubicazione nel centralino che diventa in tali casi il vero e proprio centro di protezione, controllo e comando automatico. Sono così facilitate tutte le operazioni di riparazione e manutenzione dell’impianto elettrico.

In particolare le suonerie complete di trasformatore di sicurezza e le suonerie a doppia funzione (suoneria+ronzatore) sono di particolare interesse ai fini della miniaturizzazione dei centralini e della modernizzazione dell’impianto.

Tutti i centralini di buona costruzione sono di tipo componibile con ampie possibilità di equipaggiamento. I numerosi apparecchi in commercio, che normalmente si fissano ad incastro su guida, coprono tutte le esigenze dei piccoli impianti (case negozi, uffici). Con questi apparecchi si possono centralizzare oltre alle funzioni tipiche fondamentali (sezionamento e protezione dei conduttori e delle persone) anche importantissimi servizi indispensabili nei nuovi impianti: – alimentazione a bassissima tensione per suonerie e segnalazioni ottiche; – temporizzazione di impianti luce scale e similari; – programmazione giornaliera o settimanale. IMPIANTO LUCE

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Capitolo I – Norme tecniche generali 17

Criteri di progettazione e di dimensionamento L’impianto luce è costituito dai punti luce fissi a soffitto ed a parete e dalle prese luce per lampade

da terra e da tavolo. Il più piccolo conduttore installabile secondo le Norme CEI deve avere sezione di 1,5 mm2 alla

quale corrisponde una portata massima in regime permanente di 14A (4 conduttori attivi entro tubi incassati sotto intonaco).

Pertanto ciascuna linea da 1,5 mmq in partenza dal centralino sarà ben protetta da un interruttore da 10A e potrà raggruppare centri luce per complessivi 2000W. Collegamenti

L’impianto luce solitamente si sviluppa su una dorsale che alimenta anche le prese da 10A di uso generico (piccoli apparecchi mobili o portatili).

Si deve ricordare che se il lampadario è metallico deve essere collegato al conduttore giallo-verde di protezione che non deve mai mancare nei centri luce.

La componibilità degli apparecchi ed i morsetti doppi facilitano grandemente la realizzazione dell’impianto prese direttamente derivato dall’impianto dei circuiti luce e viceversa senza l’uso di specifiche scatole e morsetti di derivazione.

Gli apparecchi di comando fondamentali per i circuiti luce e cioè l’interruttore, il deviatore, l’invertitore ed il pulsante sono trattati dalle Norme CEI 23-9/III e pertanto le loro caratteristiche tecniche sono così normalizzate: • tensione di prova 2000 Volt 50Hz graduali per 1 minuto • resistenza di isolamento provata a 500 Volt > 5MΩ• prova di interruzione gravosa: 200 cambiamenti di posizione con il 25% di sovratensione e fattore di potenza 0,3 • prove di funzionamento prolungato: 50.000 cambiamenti di posizione alla corrente ed alla tensione nominale con fattore di potenza 0,6.

Queste caratteristiche garantiscono la piena efficienza anche in condizioni gravose ed una durata media superiore ai 20 anni. Tutti gli apparecchi di comando delle migliori marche superano le caratteristiche tecniche sopra specificate e sono garantiti dal Marchio Italiano di Qualità. I dimmer

I dimmer realizzano il risparmio di energia ma soprattutto consentono di offrire all’utente livelli di illuminamento confortevoli ed adeguati alle diverse necessità. In linea di massima vengono offerte 3 possibilità impiantistiche: • il comando diretto di luminosità mediante dimmer a regolazione continua; • il comando diretto di luminosità mediante dimmer a gradini con deviatore incorporato; • il comando diretto da più punti della luminosità di lampade o della velocità di piccoli ventilatori con il

dimmer a regolazione continua mediante pulsanti. Comandi luminosi

Le lampade incorporate od incorporabili negli apparecchi possono svolgere una duplice funzione: • la lampada di localizzazione illumina il tasto dell’interruttore a luce spenta in modo che sia

individuabile al buio; • la lampada spia si accende invece quando è accesa la lampada comandata ed è quindi essenziale nei

luoghi lontani per non dimenticare accesa la luce. IMPIANTO PRESE ED ALLACCIAMENTO ELETTRODOMESTICI Prese da 10A e da 16A

Il tipo di presa da installare in un determinato punto dell’impianto e le caratteristiche della linea destinata ad alimentarla devono essere determinate in funzione dell’utilizzatore da collegare.

Tenendo presente che tutte le prese conformi alle Norme CEI 23-5 o 23-16 devono essere bipolari con polo di terra e avere gli alveoli schermati, in generale si possono prevedere: – punti presa da 10A per alimentare piccoli elettrodomestici mobili o portatili (macinacaffè, lucidatrice,

rasoio ecc.) od apparati fissi con potenza inferiore ai 1000W (televisore, impianto HI-FI, frigorifero ecc.). La relativa linea con sezione minima di 1,5 mmq può essere comune al circuito luce;

– punti presa da 16A per alimentare elettrodomestici fissi con potenza superiore ai 1000W (lavatrice, cucine con piastre o forni elettrici, lavastoviglie ecc.) Per queste prese occorre riservare una apposita linea con sezione minima di 2,5 mmq.

– punti presa da 10/16A per usi occasionali. In questi casi si deve necessariamente ipotizzare la possibilità di impiego diversificato con utilizzatori di piccola od elevata potenza (trapani, lampade portatili, termoventilatori portatili, saldatrici ecc.). Pertanto è consigliabile installare prese di tipo bipasso alimentate da una linea con sezione minima di 2,5 mmq (può essere la stessa linea delle prese da 16A per gli elettrodomestici fissi).

Anche le spine devono essere a Norme CEI 23-16 cioè munite di calza, per impedire il contatto accidentale durante l’inserzione.

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Capitolo I – Norme tecniche generali 18

Eventuali elettrodomestici con assorbimento unitario superiore ai 3,6 kVA connessi direttamente ad una linea propria, o tramite specifica presa, devono essere alimentati singolarmente da un apposito circuito con sezione minima di 4 mmq. Prese di sicurezza

Le prese di sicurezza con grado di protezione 2, previste dalle Norme CEI 23-16, hanno gli alveoli completamente protetti mediante un apposito diaframma mobile che rende impossibile l’accesso alle parti in tensione e al contatto di terra anche impiegando oggetti filiformi. Esse sono accessibili solo alle proprie spine oppure con adattatori specifici. Collegamenti

Le prese di corrente con doppi morsetti sono particolarmente utili per la grande facilità di collegamento diretto in dorsale senza ricorrere a derivazioni mediante morsetti volanti o scatole specifiche. Le prese di sicurezza interbloccate

Negli ambienti residenziali l’inserzione mediante spina e presa di utilizzatori in cortocircuito rappresenta un notevole pericolo: infatti già correnti dell’ordine di poche centinaia di ampere producono danni ai contatti ed agli isolanti che compromettono la sicurezza. Quando poi, come talvolta avviene, le correnti di cortocircuito raggiungono qualche migliaio dì ampere, il pericolo diventa immediato poiché la proiezione di materiale incandescente e la rottura dell’isolante possono ledere direttamente la mano dell’operatore. Le “prese sicure”, disponibili, risolvono nel modo più semplice, affidabile ed economico questo annoso problema di sicurezza. Si tratta di un complesso che accoppia meccanicamente ed elettricamente in un sol corpo una normale presa di corrente con un interruttore automatico magnetotermico o magnetotermico differenziale di uguale corrente nominale in modo da realizzare contemporaneamente tutte le condizioni di sicurezza e di protezione necessarie: – l’interruttore, connesso a monte della presa, la protegge dalle sovracorrenti fino a 3000 A e non può

essere chiuso se non a spina completamente inserita; – all’atto dell’estrazione della spina l’interruttore si apre automaticamente ancor prima che gli spinotti si

separino dagli alveoli. Con questi provvedimenti l’interruzione della corrente risulta sempre affidata ai contatti

dell’interruttore sicché gli spinotti e gli alveoli non soggetti ad archi di apertura, rimangono sempre perfettamente efficienti. L’impiego delle Prese Sicura è raccomandato soprattutto per gli utilizzatori soggetti a frequenti inserzioni e disinserzioni (piccoli elettrodomestici da cucina, lucidatrici, aspirapolvere, macchine trasportabili da ufficio).

Inoltre per utilizzatori con potenza superiore a 1000W (lavatrici, lavapiatti, scaldacqua, ecc.) rappresenta una risposta ottimale alle prescrizioni dell’art. 311 del D.P.R. 547 27/4/1955. Gli elettrodomestici fissi

I grossi elettrodomestici con potenza superiore a 1000W possono essere allacciati a “prese sicure” interbloccate con Salvavita o con interruttore automatico. In alternativa un salvavita può proteggere il circuito prese dell’intera cucina. Gli elettrodomestici fissi sino a 1000W possono far capo a prese bipolari con terra 2P + T 10A. I piccoli elettrodomestici

I piccoli elettrodomestici mobili o portatili sono tra i più pericolosi in quanto soggetti ad avarie all’isolante per cadute, urti, o abrasioni dei cordoni d’allacciamento. Per prese specificamente destinate ai piccoli elettrodomestici da cucina, da pulizia, da bagno è bene prevedere oltre alla normale protezione con messa a terra o con doppio isolamento sistemi di sicurezza supplementari. La gamma degli apparecchi in commercio prevede per questi casi due dispositivi di sicurezza: il differenziale salvavita componibile ad altissima sensibilità (10 mA) per potenze prelevabili fino a 3500 Watt e le “prese sicure” interbloccate con salvavita.

Si deve tenere presente che questi salvavita periferici non devono sostituire, bensì integrare, il salvavita generale posto nel centralino e coordinato con l’impianto di messa a terra. Le prese per i piccoli elettrodomestici possono far capo a uno o più circuiti terminali a sezione costante da l ,5 o da 2,5 mmq. I SERVIZI ELETTRICI NEI VARI AMBIENTI RESIDENZIALI

Si è voluto indicare la consistenza dell’impianto fondamentale per ciascun locale e suggerire le dotazioni ad alta funzionalità oggi realizzabili con gli apparecchi in commercio.

Si tratta di esempi pratici, coerenti con i contenuti della Guida CEI 64-50, intesi a fornire a progettisti ed installatori validi riferimenti concernenti la quantità e la qualità dei servizi in armonia con le più recenti esigenze di comfort e di sicurezza elettrica della casa. Si è tenuto presente che negli edifici ad uso residenziale sovente coesistono unità immobiliari con destinazione specializzata diversa dall’abitazione; pertanto gli esempi non riguardano solo i tradizionali locali domestici ma anche uffici, negozi, magazzini, autorimesse, bar, ristoranti, ambulatori medici ecc.

Sotto la voce “impianto fondamentale” sono indicati i servizi elettrici appena sufficienti, determinati tenendo come base le raccomandazioni della Guida CEI 64-50, mentre la voce “impianto

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Capitolo I – Norme tecniche generali 19

completo ad alta funzionalità” sintetizza progetti più lungimiranti atti a soddisfare anche l’utente più esigente e più aggiornato.

Quest’ultima scelta, considerata la semplicità d’installazione che deriva dalla modularità e componibilità degli apparecchi, ha costi aggiuntivi molto contenuti: notevoli sono invece i miglioramenti che possono essere offerti in sicurezza e comfort agli utenti dell’impianto: non si tratta quindi di “lussuosi optional” ma di utili innovazioni destinate a diventare in breve tempo di uso comune.

E’ doveroso precisare che né le Norme CEI né le leggi antinfortunistiche trattano questioni riguardanti la consistenza degli impianti nei singoli ambienti e pertanto soluzioni diverse da quelle proposte in queste pagine, non possono essere escluse purché siano rispettati i criteri di sicurezza fondamentali.

IMPIANTO ASCENSORE Norma EN 81

Per gli impianti elettrici riguardanti gli ascensori in uso negli edifici a destinazione residenziale e similare sono attualmente in vigore le seguenti leggi: - D.P.R. 1497/63 - D.M. 587/87

Quest’ultimo decreto fa riferimento alla Norma UNI EN 81 “Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori e montacarichi. - Ascensori elettrici”.

A far tempo dal maggio 1991 l’unica norma di riferimento sarà la UNI EN81 dalla quale sono tratte le regole richiamate in queste pagine.

Non sono trattate le parti, usualmente a carico del fornitore dell’ascensore, che costituiscono l’equipaggiamento elettrico quali il quadro di comando in sala macchine, l’impianto interno di cabina, le pulsantiere di chiamata ai piani, i circuiti riguardanti i commutatori di piano e le manovre di emergenza. Tipi di condutture ammesse

Per la realizzazione degli impianti di seguito descritti sono ammessi solo i seguenti tipi di cavi. Per i circuiti di forza motrice del macchinario sono impiegabili solo cavi con guaina per posa fissa

scelti tra quelli normalizzati CENELEC HD21-S2 ed HD22-S2 (cavi isolati con tensione nominale fino a 450/750V tipo H07RN e similari). I cavi del tipo senza guaina (H07V-V, H07V-R, H07V-K, H05V-V, H05V-K) possono essere impiegati per tutti gli altri circuiti (cioè ad eccezione di quelli di forza motrice) purché siano installati in tubazioni o canalizzazioni protettive.

I cavi rigidi possono essere installati solo in modo fisso, aggraffati a parete o installati entro tubi, canalette od altri sistemi di supporto e protezione equivalente. I cavi flessibili normali possono essere installati solo entro tubi canalette o equivalenti. I cavi flessibili sotto guaina pesante, conformi ai tipi HD22-4 S2 (H07RN-F), possono essere impiegati sia per impianti fissi sia per l’alimentazione degli apparecchi mobili (esclusa la cabina che richiede tipi HD359 e HD360).

Tutte le connessioni devono essere racchiuse in involucri adeguati (quadri, cassette, scatole) e deve essere impedita mediante separazione, la connessione fortuita fra circuiti incompatibili ai fini della sicurezza (specialmente quando esiste il pericolo di invalidare un circuito di blocco).

E’ vietato l’uso del conduttore PEN (neutro e terra comuni).

IMPIANTO DI SCARICO - RETE FOGNANTE

ACQUE REFLUE CIVILI - VASCHE IMHOFF Le vasche prefabbricate in calcestruzzo armato vibrato, devono essere dimensionate in conformità

alle prescrizioni della Gazzetta Ufficiale n. 48 del 21 febbraio 1977 (Norme tecniche della legge Merli 10 maggio 1976).

Queste vasche consentono l’abbattimento fino al 95% dei solidi sedimentabili presenti nel liquame domestico e sono caratterizzate dal fatto di avere compartimenti distinti per il liquame ed il fango. Il comparto superiore comprende la zona per la decantazione del liquame e la zona per la flottazione dei grassi; il comparto inferiore è destinato alla raccolta e alla digestione anaerobica dei fanghi sedimentati, che vengono mineralizzati e resi non putrescibili.

Le vasche Imhoff possono essere dotate, a richiesta, di IDROESTRATTORI che permettono la rimozione dei fanghi digeriti prodotti ed il loro eventuale scarico sulle AREE DI ESSICCAMENTO.

Quando lo scarico delle acque depurate avviene nel sottosuolo, a mezzo subirrigazione o pozzi perdenti, la fognatura interna deve essere equipaggiata con sifoni di cacciata, accessori questi ultimi di nostra produzione. A richiesta possono ancora essere forniti pozzetti prefabbricati di distribuzione, nel caso di installazioni in parallelo, e pozzetti prefabbricati finali di scarico ed ispezione.

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Capitolo I – Norme tecniche generali 20

POZZETTI SEPARATORI DI OLI E GRASSI PER CUCINE I separatori di oli e grassi per cucine devono essere dimensionati per garantire allo scarico gli

standard di qualità richiesti dalla Legge 10 maggio 1976, n. 319 e conformi alle norme DIN 4040. Vengono impiegati per il pretrattamento delle acque di scarico di cucine e più precisamente per

tutti quegli scarichi dove sono presenti oli e grassi di origine animale e vegetale. Lo sostanze grasse devono essere separate vicino alla fonte perché arrecano danni, in quanto

occludono reti di canalizzazioni, si decompongono facilmente e provocano odori nauseabondi. Nei separatori statici i grassi e gli oli vengono separati dall’acqua di scarico secondo il principio

fisico della FLOTTAZIONE, fenomeno naturale che consente alle sostanze grasse, di peso specifico minore dell’acqua, di separarsi affiorando in superficie.

Normalmente vi sono due soluzioni di separatori: • in calcestruzzo prefabbricato; • in polietilene ad alta densità. FITODEPURAZIONE

La fitodepurazione è un sistema di trattamento dei liquami domestici che utilizza la capacità di evapotraspirazione del terreno e della vegetazione, e che consente l’umificazione della sostanza organica nei letti e l’utilizzo degli elementi nutritivi da parte della vegetazione sovrastante e dei microrganismi.

L’impiego dei letti di fitodepurazione, basandosi sul principio di restituire al terreno ciò che gli era stato sottratto, libera l’utilizzatore dall’obbligo di immettere le acque domestiche di rifiuto nella rete fognaria e gli permette di riutilizzarle per l’irrigazione, in un contesto di recupero ambientale, di conservazione dell’energia e di contenimento dei costi.

Il sistema trasforma un rifiuto in una preziosa riserva idrica a basso costo che può essere utilizzata a scopi irrigui. Le acque usate delle abitazioni possono venire smaltite fino allo “scarico zero” evitando allacciamenti fognari. Il sistema si basa su una successione di più letti innovativi che hanno la funzione di depurare ed assorbire recuperando sia l’acqua che la sostanza organica.

Questo metodo si differenzia da altri analoghi per tre fondamentali innovazioni: • ha introdotto la successione di più letti con funzione sequenziale di depurare e di assorbire; • consente una ripartizione della portata in arrivo e l’attraversamento degli strati filtranti (terra vegetale,

sabbia, argilla espansa) in qualsiasi condizione di funzionamento, grazie alle tubazioni di distribuzione e drenaggio;

• ha la capacità di eliminare, al termine del trattamento, qualsiasi tipo di scarico di liquame, consentendo il totale recupero dell’acqua e della sostanza organica in essa contenuta, arrivando allo “scarico zero”.

La fitodepurazione può essere applicata anche per un numero elevato di utenze, in tabella sono esposte le dimensioni per piccoli e medi impianti.

La manutenzione si limita a un’ispezione periodica e i costi di esercizio sono notevolmente ridotti, garantendo una buona continuità di rendimento. Il sistema è un impianto che sostituisce la depurazione e la subirrigazione tradizionale, assicurando la salvaguardia del terreno e della falda.

Il processo di fitodepurazione non richiede consumi di energia e si attua tramite letti assorbenti innovativi contenuti in vasche a tenuta stagna. Nel terreno vegetale sovrastante i letti, vengono poste a dimora piante sempreverdi, avide di acqua, la cui funzione è quella di assorbire ed evaporare il liquame, utilizzando gli elementi nutritivi che si rendono disponibili nel terreno, consentendo di avere una rigogliosa macchia di verde in ogni stagione. Lo schema di flusso di un impianto tipo è il seguente: • separatore statico di oli e grassi; • vasca di decantazione-digestione-chiarificazione; • uno o più letti di fitodepurazione; • uno o più letti di assorbimento; • eventuale vasca di accumulo finale delle acque depurate. DEPURAZIONE BIOLOGICA AD AERAZIONE PROLUNGATA Sistema sotterrabile Generalità

E’ un complesso sotterrabile per la depurazione biologica di liquami di fognatura domestica, per comunità da 20 a 200 abitanti. Il principio si basa sullo sfruttamento del processo a fanghi attivati, del tipo ad “aerazione prolungata”; ciò consente di ottenere una elevata qualità della depurazione e fanghi di supero stabilizzati.

La fornitura di ossigeno è ottenuta mediante insufflazione di aria compressa a bassa pressione, distribuita nella massa liquida tramite diffusori porosi a bolle fini. La chiarificazione si ottiene, quando si è ultimata la fase di aerazione, lasciando sedimentare i fanghi in condizioni statiche per 30 ÷ 40 minuti.

Lo sversamento dell’acqua trattata si effettua mediante pompaggio dello strato superficiale chiarificato.

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Capitolo I – Norme tecniche generali 21

La purezza dell’acqua trattata fa si che essa possa essere sversata in qualsiasi corso d’acqua superficiale o dispersa, in accordo con le norme di legge vigenti. Come funziona

Il principio di funzionamento prevede in ripetizione ciclica di 3 fasi. • Immissione ed aerazione. I liquami all’ingresso entrano nella cisterna per venir sottoposti ad aerazione e

miscelazione con i fanghi attivati dopo opportuna grigliatura atta a bloccare eventuali residui solidi in una zona facilmente ispezionabile. Durante l’immissione, l’elettrosoffiante (generatore di aria compressa a bassa pressione) alimenta di ossigeno, attraverso i diffusori porosi, la massa attiva. L’afflusso dei liquami provoca un progressivo aumento del liquido nella cisterna dove, raggiunto il livello massimo prefissato, ha luogo l’arresto della soffiante e l’avvio della fase di sedimentazione.

• Sedimentazione. Questa fase di quiete del liquido opportunamente regolata da un temporizzatore permette di ottenere in tempi brevi una elevata chiarificazione.

• Scarico. A sedimentazione avvenuta, automaticamente la pompa estrae l’acqua chiarificata fino al livello minimo prestabilito. A questo punto una sonda arresta la pompa e dà l’avvio ad un nuovo ciclo.

• Smaltimento dei fanghi. Per l’estrazione saltuaria dei fanghi di supero viene utilizzata la stessa pompa che effettua lo scarico, attraverso la quale è possibile inviare i fanghi in eccesso ai letti di essiccamento o alle autobotti.

I componenti • Griglia a sbarre verticali, facilmente ispezionabile ed estraibile; • sistema di aerazione: l’elettrosoffiante a canale laterale e dotata di filtro aria; rete di distribuzione

completa delle tubazioni e dei diffusori porosi; • pompa di scarico acqua trattata, sistemata in un apposito scomparto all’interno della cisterna e nel quale

è pure collocato un complesso di sonde di livello che comanda automaticamente il dispositivo di scarico;

• tubazione per l’estrazione dei fanghi di supero; • programmazione automatica dei cicli di funzionamento e quadro elettrico di comando, protetto e cablato

secondo le norme di sicurezza vigenti e alloggiato all’interno di una apposita cabina facilmente accessibile e ispezionabile.

I vantaggi • L’impianto non emana cattivi odori e non produce rumori molesti e, pertanto, può essere installato

anche in prossimità di abitazioni; la cabina, parte emergente dell’impianto, può facilmente essere ambientata nel cortile, nel giardino e in ogni luogo adiacente l’abitazione;

• funzionamento estremamente elastico e in grado di sopportare notevoli variazioni del carico inquinante; • l’installazione non è più gravosa di quella di una normale cisterna per combustibile. Semplicità di conduzione e manutenzione

L’impianto non necessita praticamente di assistenza tranne un periodico controllo e una saltuaria manutenzione delle apparecchiature. Tali semplici operazioni non richiedono personale specializzato. Le protezioni anticorrosione

La cisterna è opportunamente protetta all’esterno e all’interno mediante adeguata verniciatura bituminosa mentre la cabina servizi è in acciaio zincato a caldo. Esclusioni • Pompe, tubazioni, pozzetti di alimentazione e scarico esterni all’impianto; • platea di appoggio, scavi e qualsiasi materiale e magistero riguardante le opere civili. DEPURAZIONE BIOLOGICA AD AERAZIONE PROLUNGATA Sistema WGR (Waste Garde with Recirculation) Il WGR è un complesso modulare per la depurazione biologica di scarichi civili, per comunità di oltre 100 abitanti, che si basa sul processo a fanghi attivati, del tipo “Recycled Extended Aeration”. Ad elevati e costanti livelli di depurazione associa la possibilità di evitare la formazione di fango di supero e compensa carenze o anomalie del processo biologico nel caso di variazione della qualità del liquame influente. L’originalità del sistema WGR consiste nel recupero di tutto il fango in sospensione nel surnatante biologico e nel rinvio dello stesso alla vasca di ossidazione. In tal modo il ciclo biologico si compie fino alla mineralizzazione delle sostanze organiche. Ogni fermentazione anaerobica è impedita dai ripetuti cicli di ossidazione. Il sistema è abbinabile a processi riducenti per la rimozione di oltre il 50% dei nitrati. La fase biologica viene completata con un trattamento chimico-fisico realizzato mediante un sistema di filtrazione a due stadi, coadiuvato da sterilizzazione e flocculazione chimica. Oltre al recupero del fango biologico, si ottiene così un effluente di elevatissima qualità, con tenori minimi di COD, di BOD e pressoché privo di solidi sospesi e di ammoniaca. L’acqua trattata dal sistema WGR è perfettamente idonea all’irrigazione e può essere sversata in qualsiasi corso d’acqua, in accordo con le norme di legge vigenti.

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Capitolo I – Norme tecniche generali 22

Principi del trattamento La fluttuazione e la discontinuità nei valori di rendimento depurativo sono tipiche dei piccoli e

medi impianti convenzionali. Ciò è dovuto ad alterazione del processo biologico e agli effetti negativi del trascinamento del

fango. L’alterazione è dovuta normalmente alle alte portate di punta e alla scarsa sedimentabilità del fango nei momenti in cui esso “si ammala”.

Oltre a ciò può dipendere dalla diminuzione di rendimento e dalla maggior richiesta di biomassa causate da abbassamento della temperatura. Infine anche correnti di convezione provocate da fenomeni fisici possono alterare il processo biologico.

Gli effetti negativi del trascinamento del fango si manifestano: • con l’aumento del BOD dovuto alla maggior quantità di solidi sospesi; • con l’aumento di fosforo e azoto organici contenuti nel fango; • con la diminuzione di biomassa.

Molte di queste alterazioni e di queste disfunzioni si evitano rimuovendo i solidi a valle del trattamento biologico. Se poi, oltre a rimuovere i solidi sospesi, li si rinvia al bacino di aerazione, si ottiene una miscelazione della biomassa con i precipitati metallici e i composti coagulati che accelererà la sedimentazione dei fanghi e manterrà la biomassa al suo livello ottimale. Se, infine, le fluttuazioni del carico organico saranno attutite da una appropriata camera di omogeneizzazione, i valori di rendimento depurativo saranno mantenuti costanti ai massimi livelli.

Il sistema tiene conto di tutto ciò, prevedendo una camera di sollevamento e omogeneizzazione, una vasca di ossidazione, un sistema di filtrazione a doppio stadio con trattamento chimico terziario e un sistema di rinvio alla camera di omogeneizzazione dei fanghi trattenuti dai filtri. Componenti del sistema • Grigliatura automatica • Omogeneizzazione e sollevamento • Ossidazione biologica a fanghi attivi • Controllo di sedimentazione • Trasferimento del surnatante chiarificato • Accumulo del surnatante • Filtrazione a doppio stadio e condizionamento chimico • Rinvio alla camera di omogeneizzazione del fango ritenuto dai filtri • Accumulo dell’acqua depurata • Rimozione di eventuale residuo di cloro e sversamento.

IMPIANTO IDRO – SANITARIO

In questo capitolo faremo riferimento in prevalenza ai tubi e raccordi realizzati in polipropilene poiché hanno avuto in questo ultimo anno un’espansione sul mercato edilizio notevole e riteniamo che nel prossimo futuro il loro utilizzo venga ulteriormente aumentato.

Ciò è dovuto anche ai considerevoli investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo prodotti, ad un costante aggiornamento tecnologico e attrezzati laboratori di controllo qualità di alcune ditte che hanno creduto in questo materiale ed alla sua utilizzazione.

Il suo impiego è particolarmente utilizzato per l’adduzione idrosanitaria. Le caratteristiche chimico-fisiche del polipropilene copolimero impiegato e la giunzione dei vari elementi, mediante polifusione, assicura agli impianti realizzati la perfetta tenuta anche alle più gravose condizioni d’impiego.

La già completa gamma di prodotti è stata ulteriormente arricchita con pezzi esclusivi appositamente progettati e realizzati per risolvere ogni evenienza. Il sempre crescente successo del sistema in Europa come in altri continenti, è quindi il giusto riconoscimento a chi ha scelto come propria filosofia aziendale la ricerca, la qualità e l’innovazione tecnologica. CARATTERISTICHE PRINCIPALI

Il polipropilene PP-R impiegato è un particolare tipo di Copolimero Random ad alto peso molecolare. La particolare struttura molecolare del copolimero e l’aggiunta di speciali additivi assicurano una elevata resistenza meccanica e una lunga durata nel tempo. La leggerezza del materiale, la facile lavorabilità, permettono di realizzare impianti riducendo i tempi di installazione del 30-50%. Elenchiamo i vantaggi più evidenti che appaiono raffrontando i tubi in PP-R con i materiali tradizionali, quali acciaio e rame: • Assenza di corrosione • Assenza di incrostazioni

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Capitolo I – Norme tecniche generali 23

• Dispersioni termiche e condensazione limitata • Resistenza al gelo • Idoneo all’impiego in zone a rischio sismico • Resistenza a correnti vaganti • Minori perdite di carico • Minore rumorosità dell’impianto • Durata nel tempo • Resistenza all’abrasione • Assoluta atossicità RISPARMIO ENERGETICO

In sostituzione degli impianti metallici per la distribuzione di acqua calda, consente di realizzare due distinti tipi di risparmio energetico per l’utenza.

Premesso che le utilizzazioni possono avvenire in regime pseudo stazionario (bagno o doccia e lavatrice che utilizzano acqua calda) o transitorio (lavaggio delle mani o di piccoli oggetti), nel primo caso la minore dispersione termica del materiale riduce le dispersioni passive del 20% circa sul tubo non isolato o, a parità di dispersioni, del 15% lo spessore del materiale isolante.

Nel secondo caso, una minore inerzia termica consente di erogare acqua sufficientemente calda quando il tubo non ha ancora raggiunto condizioni di regime: in questo secondo caso, il risparmio di energia connesso con delle tubazioni in polipropilene è superiore al 10% con punte fino al 20%.

IMPIANTI TERMICI Per questo tipo d’impianto consideriamo prevalentemente i tubi e raccordi realizzati in

polibutilene, poiché stanno ottenendo grande gradimento nei progettisti ed installatori più qualificati ed attenti ai nuovi materiali e tecnologie. Riteniamo che nel prossimo futuro il loro utilizzo venga sempre più privilegiato.

Come già detto nel capitolo precedente per i tubi in polipropilene, ciò è dovuto anche ai considerevoli investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo prodotti, ad un costante aggiornamento tecnologico e attrezzati laboratori di controllo qualità di alcune ditte che hanno creduto in questo materiale ed alla sua utilizzazione.

Le caratteristiche chimico-fisiche del polibutilene impiegato e la giunzione dei vari elementi mediante fusione termica assicurano agli impianti realizzati la perfetta tenuta anche alle più gravose condizioni d’impiego.

La compatibilità con i collettori le valvole e i detentori delle migliori marche rendono il sistema valido e nello stesso tempo universale.

IMPIANTI DI RISCALDAMENTO TRADIZIONALE Il sistema è idoneo alla realizzazione di impianti di riscaldamento tradizionali in quanto tubi e

raccordi sono saldabili fra loro. Con la completa gamma di Gomiti, Tee, Tee ridotte e Riduzioni nessuna

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Capitolo I – Norme tecniche generali 24

tipologia d’impianto è un problema. Inoltre il tubo può essere fornito coibentato all’origine, secondo le vigenti normative per il risparmio energetico consentendo così un notevole risparmio economico.

IMPIANTI DI RISCALDAMENTO A COLLETTORE Essendo i tubi forniti in rotoli nudi o coibentati, risulta molto pratico per questo tipo di

realizzazione degli impianti. Si parte da un normale collettore e si arriva alle valvole e ai detentori senza interruzioni, sfruttando la flessibilità del materiale.

Nelle giunzioni con i vari elementi si utilizzano i raccordi filettati o gli adattatori per tubo in plastica forniti dai vari fabbricanti.

L’uscita del tubo dal muro per l’attacco al radiatore può essere eseguita a seconda degli spazi disponibili utilizzando curve reggi tubo, oppure saldando curve a largo raggio o gomiti.

IMPIANTI DI RISCALDAMENTO A PAVIMENTO Il sistema ben si presta a questa tipologia d’impianto in quanto estremamente flessibile. Sempre più oggi vengono eseguiti impianti a pavimento sia nell’edilizia civile (abitazioni) che in

quella industriale (capannoni, magazzini, hangar) che in quella pubblica (ospedali, chiese, musei, scuole). Vengono inoltre realizzati impianti esterni ai fabbricati per evitare la formazione di ghiaccio (rampe di salita dei garage, piste aeroportuali, campi sportivi ecc.).

Le motivazioni che inducono a preferire per questo tipo di installazione sono le seguenti: • Comfort ambientale • Risparmio energetico • Assenza di polvere in movimento • Minor essiccazione dell’aria • Assenza di radiatori in vista • Isolazione termo-acustica integrata • Silenziosità dell’impianto

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Capitolo I – Norme tecniche generali 25

• Possibilità di riscaldare grandi superfici • Funzionamento reversibile in rinfrescamento

Il principio di funzionamento su cui si basa il riscaldamento a pavimento consiste nella emissione di calore dal suolo verso l’alto. Calore ceduto al pavimento da un reticolo di tubi attraversati da acqua a bassa temperatura (40/45°C). Indispensabile in queste installazioni è la perfetta progettazione dell’impianto.

RENDIMENTO ENERGETICO DEGLI EDIFICI RESIDENZIALI

Gli edifici residenziali dovranno essere progettati e realizzati per ottenere caratteristiche prestazionali elevate dal punto di vista del consumo energetico complessivo.

L’obiettivo dovrà essere quello di arrivare a un indice termico per ogni alloggio compreso fra 50 e 70 KWh/(m2anno). A tal scopo gli alloggi dovranno ottenere con esito positivo la certificazione energetica di cui al DL 192/2005 e s.m.i.

Il consumo energetico annuo può essere drasticamente ridotto non solo con l’utilizzi di spessori di isolamento termico maggiorati per l’ottenimento di minori dispersioni di calore nel periodo invernale ma anche con l’uso di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi sanitari, con un drastico taglio ai consumi elettrici e di metano.

Si evidenzia che il tema del risparmio energetico nell’edilizia è strettamente correlato alle condizioni climatiche del luogo, pertanto una grande attenzione dovrà essere posta anche al consumo energetico dovuto all’uso di climatizzatori elettrici per il raffrescamento estivo. Si invita a considerare l’uso di soluzioni alternative a basso consumo di energia, come la ventilazione controllata, le schermature solari ecc.

Pannelli solari In un impianto solare, due circostanze possono coincidere: la bassa temperatura ambiente e scarsi

flussi di radiazione solare disponibili. (Periodo autunno-inverno). Risulta evidente che, per avere risultati apprezzabili, ridurre al minimo i disperdimenti

dell’impianto diventa accorgimento indispensabile. Consigliamo in definitiva di abbondare negli spessori degli isolamenti di tutte le tubazioni e

raccordi di collegamento. Descrizione

Il pannello solare considerato è del tipo a piastra assorbente piana metallica, con acqua circolante all’interno in una struttura tubolare, con vetro (per effetto serra) sulla parte anteriore e contenitore esterno della piastra completo di isolamento termico.

La struttura è progettata in tubazioni di rame con il sistema a collettori di andata e ritorno, aventi alle estremità quattro attacchi per gli allacciamenti idraulici, collegati verticalmente da una batteria di tubi. La piastra assorbente, in alluminio, è fortemente aggraffata alla struttura tubolare ed avvolge la stessa per tre quarti della circonferenza del tubo. Il sistema garantisce un alto e costante rendimento, notevole affidabilità e durata, bassissime perdite di carico con possibilità di installazione anche a circolazione naturale.

La piastra assorbente in alluminio facente corpo unico, come sopra descritto, con la struttura tubolare in rame, entro la quale avviene la circolazione del fluido riscaldante, a lavorazione ultimata, dopo la prova idraulica di collaudo, viene immersa in bagno di fosfatazione e pretrattata con un fondo epossidico anticorrosivo; successivamente viene applicata una vernice nera opaca a legante poliestere siliconico per uno spessore di 15 micron ad elevato fattore di assorbimento con essiccazione al forno a 150°C.

La coibentazione è realizzata in poliuretano espanso rigido a cellula chiusa di forte spessore (3 cm ) con barriera di vapore in fibra di vetro pressato. L’isolamento anteriore è ottenuto da una lastra di vetro ad alto coefficiente di trasparenza (r = 0,87), montato su telaio in lamiera zincata e successiva verniciatura poliuretanica.

II contenitore in acciaio zincato, subisce, analogamente alla piastra assorbente, un trattamento di fosfatazione e verniciatura poliuretanica con essiccazione al forno. II pannello solare normalmente viene fornito corredato di telaio e bulloni per il fissaggio, il tutto imballato in robusta scatola di cartone.

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Capitolo I – Norme tecniche generali 26