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CAPITOLO 8: LE OPERAZIONI SUL MERCATO DEL DEBITO: CORPORATE BONDS E PRESTITI SINDACATI di M. Geranio e G. Zanotti * 8.1 Introduzione La raccolta di risorse a titolo di debito rappresenta un canale tradizionale per il finanziamento delle imprese. Tuttavia negli ultimi anni si è assistito ad un particolare sviluppo di tale mercato. Più in dettaglio due sono gli strumenti che hanno maggiormente attratto gli operatori: i corporate bonds e i prestiti sindacati. I corporate bonds, precedentemente collocati esclusivamente sull’euromercato e riservati ad emittenti di primaria qualità e con ingenti fabbisogni finanziari, rappresentano un elemento di novità per il mercato europeo. Se in passato erano esclusivamente i grandi gruppi industriali ad emettere obbligazioni, per lo più destinate ai mercati internazionali, negli anni più recenti anche emittenti domestici e di minori dimensioni hanno fatto ricorso ai corporate bond, complici i bassi tassi di interesse e la liquidità presente sui mercati finanziari. Va rilevato peraltro fin da subito che nel contesto generale di sviluppo del mercato dei corporate bonds il mercato italiano ha mostrato nell’ultimo biennio segnali di rallentamento e maggiore selettività, a seguito delle crisi che hanno interessato alcuni prenditori di nota fama. I prestiti sindacati viceversa vantano una più consolidata tradizione come strumenti alternativi alle emissioni eurobbligazionarie. Negli anni più recenti il ricorso a tale strumento si è rafforzato in coincidenza delle numerose operazioni di finanza straordinaria che hanno interessato le imprese europee. Il capitolo è organizzato in due sezioni. La prima, dedicata ai corporate bonds, presenta l’evoluzione del mercato (par 8.2), le modalità di emissione (par 8.3), le caratteristiche tecniche e il pricing (par. 8.4), l’equilibrio economico degli intermediar e la struttura del mercato (par 8.5). La seconda sezione, relativa ai prestiti sindacati, tratta l’evoluzione del mercato (par. 8.6), l’organizzazione del prestito (par. 8.7), la remunerazione degli intermediari (par 8.8) e la struttura tecnica (par. 8.9) 8.2 Evoluzione del mercato dei corporate bonds Negli ultimi anni, ed in particolare a seguito della realizzazione dell’Unione Monetaria Europea, numerose imprese del Vecchio Continente si sono avvicinate al mercato dei corporate bonds quale fonte di finanziamento a titolo di debito alternativa al canale bancario. Un primo dato riguarda le emissioni di imprese private dell’Area Euro effettuate nel mercato internazionale, che come si osserva dalla tabella 8.1 sono complessivamente cresciute di oltre sei volte tra il 1998 e il 2003 (valori al lordo dei rimborsi effettuati). Appare particolarmente degno di nota il passaggio tra i volumi del 1998 e quelli del 1999, in coincidenza dell’avvio dell’Unione Monetaria. Sostanzialmente è proprio dal 1999 che si può parlare di un vero e proprio mercato europeo dei corporate bonds, data la precedente limitatezza dei volumi collocati dalle imprese private, tradizionalmente spiazzate dai titoli di Stato. L’ingresso nell’Unione Monetaria Europea, con la prospettata riduzione del debito pubblico, sembra aver effettivamente creato lo spazio e il contesto necessario allo sviluppo delle emissioni corporate. Tabella 8.1: Emissioni lorde di corporate bonds sul mercato internazionale da parte di imprese non finanziarie dell’Area Euro (in milioni di euro) Paese emittente 1998 1999 2000 2001 2002 2003 Francia 3.816 26.978 24.599 31.440 30.983 38.857 * I paragrafi 8.1, 8.2, 8.3, 8.4 sono di Manuela Geranio. I paragrafi 8.5, 8.6, 8.7, 8.8 sono di Giovanna Zanotti.

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CAPITOLO 8: LE OPERAZIONI SUL MERCATO DEL DEBITO: CORPORATE BONDS E PRESTITI SINDACATI

di M. Geranio e G. Zanotti* 8.1 Introduzione La raccolta di risorse a titolo di debito rappresenta un canale tradizionale per il finanziamento delle imprese. Tuttavia negli ultimi anni si è assistito ad un particolare sviluppo di tale mercato. Più in dettaglio due sono gli strumenti che hanno maggiormente attratto gli operatori: i corporate bonds e i prestiti sindacati. I corporate bonds, precedentemente collocati esclusivamente sull’euromercato e riservati ad emittenti di primaria qualità e con ingenti fabbisogni finanziari, rappresentano un elemento di novità per il mercato europeo. Se in passato erano esclusivamente i grandi gruppi industriali ad emettere obbligazioni, per lo più destinate ai mercati internazionali, negli anni più recenti anche emittenti domestici e di minori dimensioni hanno fatto ricorso ai corporate bond, complici i bassi tassi di interesse e la liquidità presente sui mercati finanziari. Va rilevato peraltro fin da subito che nel contesto generale di sviluppo del mercato dei corporate bonds il mercato italiano ha mostrato nell’ultimo biennio segnali di rallentamento e maggiore selettività, a seguito delle crisi che hanno interessato alcuni prenditori di nota fama. I prestiti sindacati viceversa vantano una più consolidata tradizione come strumenti alternativi alle emissioni eurobbligazionarie. Negli anni più recenti il ricorso a tale strumento si è rafforzato in coincidenza delle numerose operazioni di finanza straordinaria che hanno interessato le imprese europee. Il capitolo è organizzato in due sezioni. La prima, dedicata ai corporate bonds, presenta l’evoluzione del mercato (par 8.2), le modalità di emissione (par 8.3), le caratteristiche tecniche e il pricing (par. 8.4), l’equilibrio economico degli intermediar e la struttura del mercato (par 8.5). La seconda sezione, relativa ai prestiti sindacati, tratta l’evoluzione del mercato (par. 8.6), l’organizzazione del prestito (par. 8.7), la remunerazione degli intermediari (par 8.8) e la struttura tecnica (par. 8.9)

8.2 Evoluzione del mercato dei corporate bonds Negli ultimi anni, ed in particolare a seguito della realizzazione dell’Unione Monetaria Europea, numerose imprese del Vecchio Continente si sono avvicinate al mercato dei corporate bonds quale fonte di finanziamento a titolo di debito alternativa al canale bancario. Un primo dato riguarda le emissioni di imprese private dell’Area Euro effettuate nel mercato internazionale, che come si osserva dalla tabella 8.1 sono complessivamente cresciute di oltre sei volte tra il 1998 e il 2003 (valori al lordo dei rimborsi effettuati). Appare particolarmente degno di nota il passaggio tra i volumi del 1998 e quelli del 1999, in coincidenza dell’avvio dell’Unione Monetaria. Sostanzialmente è proprio dal 1999 che si può parlare di un vero e proprio mercato europeo dei corporate bonds, data la precedente limitatezza dei volumi collocati dalle imprese private, tradizionalmente spiazzate dai titoli di Stato. L’ingresso nell’Unione Monetaria Europea, con la prospettata riduzione del debito pubblico, sembra aver effettivamente creato lo spazio e il contesto necessario allo sviluppo delle emissioni corporate. Tabella 8.1: Emissioni lorde di corporate bonds sul mercato internazionale da parte di imprese non finanziarie dell’Area Euro (in milioni di euro) Paese emittente 1998 1999 2000 2001 2002 2003 Francia 3.816 26.978 24.599 31.440 30.983 38.857 * I paragrafi 8.1, 8.2, 8.3, 8.4 sono di Manuela Geranio. I paragrafi 8.5, 8.6, 8.7, 8.8 sono di Giovanna Zanotti.

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Germania 4.980 21.451 45.283 55.269 52.903 49.249 Italia 4.041 24.519 13.598 25.153 14.634 13.811 Area dell’Euro 20.959 98.321 143.881 146.871 117.521 128.078 Fonte: Relazione Banca d’Italia per il 2003 Confrontando i dati per Paese si osserva che il fenomeno ha assunto caratteristiche simili nel periodo 1999-2001, mentre nel biennio 2002-2003 le imprese italiane hanno rallentato il proprio ritmo di emissione, complici i fallimenti di alcuni emittenti (in particolare il default Cirio del dicembre 2002 – vedi box 8.1). A conferma di tale interpretazione si può osservare la tabella 8.2, che riporta i valori delle emissioni nette delle imprese italiane a confronto con quelle di banche e altre imprese finanziarie (tra cui imprese di private equity e società veicolo per le cartolarizzazioni). Tabella 8. 2: emissioni nette di obbligazioni di banche e imprese italiane (in milioni di euro) Voci 2001 2002 2003 Banche 33.917 33.239 31.156 Altre imprese finanziarie 36.031 29.209 29.026 Imprese non finanziarie (corporate bonds) 7.007 6.133 3.629 Totale 76.955 68.581 63.811 Fonte: Relazione Banca d’Italia per il 2003 Per una migliore comprensione della situazione italiana, la contrazione delle emissioni nette registrata nel 2003 (-41%) va analizzata distinguendo tra emittenti investment grade e high yield. Al primo gruppo è imputabile l’80% della suddetta riduzione di volumi, a seguito di una più contenuta raccolta effettuata dai dieci maggiori prenditori. Tuttavia in termini di rendimento i titoli italiani investment grade non sembrano essere stati penalizzati rispetto a titoli esteri con caratteristiche analoghe: gli spread tra titoli italiani a tasso fisso in euro con rating BBB e i corrispondenti titoli esteri sono prossimi allo 0,01%1. Anche il successivo default di Parmalat (vedi box 8.1), occorso nel dicembre 2003, non ha inciso significativamente sulle condizioni di raccolta dei prenditori di elevato merito creditizio: nei primi mesi del 2004 sono stati collocati prestiti da Telecom, Eni, Italenergia e Autostrade, per un importo complessivo in linea con gli anni precedenti. A ulteriore conferma dell’assenza di un impatto sostanziale dei casi Cirio e Parmalat sull’emissione dei corporate bond in Italia si veda il grafico 8.1. Grafico 8.1: Emissioni di corporate bonds in Italia (marzo 2000-marzo 2004)

1 Cfr. Banca d’Italia, Bollettino Economico n.42, marzo 2004.

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Quanto ai titoli con rating basso o assente, responsabili della contrazione nei volumi del 2003 per il restante 20%, si rileva un’effettiva maggiore difficoltà da parte degli emittenti di piccole dimensioni ad accedere al mercato obbligazionario. Nel 2003 solo 5 società hanno emesso prestiti obbligazionari inferiori ai 300 milioni di euro complessivi, contro una media annua di 13 società nel quadriennio precedente. Sempre nello stesso anno si è ridotto a 3 il numero delle emissioni prive di rating, contro una media annua precedente di 18, mentre al momento non si segnala nessuna emissione priva di rating per il 2004. I titoli sono stati penalizzati anche sul mercato secondario: a titolo di esempio si riporta che nel periodo dicembre 2003-febbraio 2004 si è osservato un incremento dei rendimenti nell’ordine del 3%, non condiviso da titoli di imprese straniere con analoghe caratteristiche. In pratica quindi il default dei bond Cirio ha avuto la principale ripercussione sul mercato dei c.d. “mini-corporate”2: dal 1998 al 2002 circa 50 emittenti corporate italiani avevano emesso obbligazioni, di dimensione ridotta rispetto agli standard di mercato (100-200 milioni contro i 500 milioni medi standard) e senza rating ufficiale. Si trattava di un mercato per molti aspetti inefficiente, ma nel contempo si trattava dell’unica via praticabile per far accedere un ampia platea di emittenti italiani al mercato obbligazionario, data la dimensione media contenuta delle imprese italiane. Al contempo tali emissioni permettevano alle banche di ridurre la propria esposizione creditizia nei confronti di imprese dalle prospettive non sempre particolarmente brillanti. Ciò anche in considerazione del fatto che tali titoli venivano, ove possibile, collocati presso investitori individuali, generalmente meno abili nella valutazione del merito creditizio degli emittenti. L’impatto esercitato dal default Cirio è quindi da apprezzarsi più in termini qualitativi che quantitativi. In sostanza ne sono rimasti colpiti gli emittenti di piccole e medie dimensioni, da un lato, e i piccoli risparmiatori dall’altro. Questi ultimi, abituati ai rendimenti a due cifre dei titoli azionari pre-bolla internet, dal 2000 in poi avevano progressivamente convertito il proprio risparmio indirizzandolo specialmente verso i mercati obbligazionari. In tale operazione avevano spesso sottovalutato il rischio aziendale insito nelle obbligazioni corporate, complici talora alcuni intermediari creditizi desiderosi di trattenere la clientela e al contempo ridurre le proprie esposizioni nei confronti degli emittenti di scarsa qualità. Con la fine del mercato dei “mini corporate”, anche il ruolo assunto dagli investitori individuali, peraltro già contenuto3, si è evidentemente ridimensionato. I fallimenti Cirio e Parmalat hanno peraltro prodotto un focoso (e doveroso) dibattito sulla necessità di riformulare le regole che governano la tutela del risparmio, sfociato nella presentazione di un disegno di legge che peraltro al momento giace ancora in Parlamento, complice l’eccessiva ampiezza degli obiettivi che il legislatore intende raggiungere con tale provvedimento. In particolare, la ridefinizione delle competenze di vigilanza, tematica complessa e di indubbia valenza politica, rischia di ritardare l’entrata in vigore di quelle regole di trasparenza minime che potrebbero agevolmente ridare fiducia al mercato e facilitare la raccolta obbligazionaria delle imprese minori. Un intervento normativo a tutela del risparmio è peraltro necessario anche alla luce delle novità introdotte nel diritto societario4. 2 Cfr Intervento di Lorenzo Stanca, di UBM, al convegno Corporate Bonds presso l’Università di Verona, 2 luglio 2004. 3 Rielaborando i dati diffusi dalla Banca d’Italia per il 2003 i corporate bonds detenuti direttamente pesano per meno del 2% nella composizione del portafoglio di risparmio delle famiglie italiane. 4 Cfr Decreto legislativo 17 gennaio 2003 n.6. Si ricorda in particolare che dal 1 gennaio 2004 sono state semplificate le procedure per l’emissione di obbligazioni (se la legge o lo statuto non dispongono diversamente l’emissione è deliberata dagli amministratori - art. 2410 del codice civile) e che il limite quantitativo per tali emissioni è stato ampliato al doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato, salva la possibilità di eccedere tale limite per i titoli destinati al collocamento presso investitori istituzionali o emessi da società quotate.

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Box 8.1: I default nel mercato italiano dei Corporate Bonds: Cirio e Parmalat Cirio venne acquistata nel 1994 dal finanziere romano Sergio Cragnotti che vi costruì attorno una vera e propria ragnatela di società finanziarie estere, molte domiciliate in paradisi fiscali, senza viceversa prestare particolare attenzione alla gestione industriale. Negli anni successivi la Cragnotti&Partners acquisì diverse altre società, tra cui la Del Monte e la SS Lazio. A partire dal 1996 alcuni dei soci finanziari del gruppo Cragnotti (tra cui Società di Banche Svizzere, Credit Lyonnais, Sirti), fiutando i rischi del caso, decisero di defilarsi, obbligando il finanziere romano ad indebitarsi pesantemente nei confronti del sistema bancario per riacquistare le loro quote. La necessità di ripianare l’esposizione creditizia motivò a sua volta le emissioni obbligazionarie collocate a partire dal 1999. Teoricamente i titoli, privi di rating, dovevano essere collocati esclusivamente presso investitori istituzionali. Di fatto il limitato taglio delle emissioni (1000 e 10000 euro) e la possibilità per gli investitori individuali di richiedere esplicitamente l’acquisto dei titoli allo sportello permise a molte banche collocatrici di distribuire i bond ai piccoli risparmiatori, facilitando il rientro delle propri crediti verso il gruppo Cirio. Negli anni successivi le perdite operative accumulate e le numerose acquisizioni effettuate contribuirono a rendere sempre più critico l’equilibrio dell’impresa, pur se la scarsa trasparenza dei bilanci non aiutava nemmeno gli analisti finanziari a stimare adeguatamente l’effettiva gravità della situazione. Questa precipitò a fine ottobre 2002, quando la controllata lussemburghese di Cirio non fu in grado di rimborsare un’emissione di bond di 150 milioni di euro in scadenza. L’8 novembre 2002 il Trustee che rappresentava gli obbligazionisti dichiarò l’insolvenza di Cirio, provocando di lì a poco il cross default su tutte e 7 le emissioni di obbligazioni Cirio in circolazione per un totale di 1,1 miliardi di euro. L’iniziale piano di ristrutturazione del debito, mirante a trasformare i bond in titoli azionari, non venne accettato dagli obbligazionisti. Di qui la messa in liquidazione della Cirio Finanziaria Spa del 30 luglio 2003 e l’assoggettamento delle attività operative ad amministrazione straordinaria. A tutt’oggi i possessori dei bond Cirio non hanno alcuna indicazione circa l’entità dei rimborsi eventuali che riceveranno a conclusione della liquidazione. Numerosi risparmiatori si sono peraltro rivolti alle banche collocatrici contestando la scarsa trasparenza e le irregolarità nelle procedure di vendita dei titoli allo sportello. Gli istituti di credito dal canto loro hanno risposto in maniera diversificata, prevedendo accertamenti individuali che solo in alcuni casi hanno portato al risarcimento della clientela. Ben più rilevante in termini dimensionali e di sorpresa per il mercato è stato il caso di Parmalat. Il default della società di Collecchio, quotata in Borsa e considerata tra le maggiori multinazionali italiane, ha infatti coinvolto oltre 100.000 risparmiatori e inciso pesantemente sulla credibilità delle istituzioni a tutela del risparmio nel nostro Paese. Fondata dalla famiglia Tanzi per commercializzare a livello locale salumi, all’inizio degli anni Sessanta Parmalat comincia a diversificare la propria attività, includendo la commercializzazione di latte e passate di pomodoro. E’ in particolare la commercializzazione del latte a lunga conservazione in cartoni a determinare una svolta epocale per l’azienda, che acquisisce una dimensione sempre più nazionale. Negli anni settanta il portafoglio prodotti si amplia ulteriormente e fioriscono le prime attività di marketing volte a consolidare il marchio dell’impresa. Gli anni ottanta testimoniano un’ulteriore ampliamento della gamma produttiva e l’inizio dell’espansione sui mercati esteri attraverso acquisizioni. Alla fine del decennio il gruppo appare in realtà già in una fase critica dal punto di vista industriale, con scarsi margini e deludente posizionamento. Tuttavia la Parmalat riesce a quotarsi in borsa e, a partire dalla metà degli anni Novanta, emette bond ed eurobond per raccogliere risorse finanziarie utili a proseguire le acquisizioni internazionali. Il mercato accoglie positivamente tali emissioni, suffragato da dati di bilancio che si riveleranno successivamente falsificati. Di fatto le perdite croniche derivanti non solo dalle controllate estere di Parmalat ma anche da altre attività accessorie della famiglia Tanzi (turismo e calcio) venivano coperte tramite l'aumento fittizio dell'attivo delle società finanziarie dal gruppo, collocate in paradisi fiscali (e dunque difficilmente controllabili). Tra queste la Bonlat, costituita alle Cayman Island nel 1999, presso la quale a fine 2002 i documenti (falsi) certificavano l’esistenza di una liquidità di quasi 4 miliardi di euro, che in teoria sarebbe servita a garantire le emissioni obbligazionarie in circolazione. Queste ultime erano infatti velocemente cresciute, fino ad un numero di 16, per un controvalore di 7,9 milardi di euro. E’ proprio sul finire del 2002 che il mercato avanza qualche perplessità sullo stato di salute di Parmalat, per quanto nonostante l’abbontante liquidità presente sui conti esteri la società continuava a proporre nuovi prestiti obbligazionari. La società si giustificò con la necessità di allungare le scadenze dei titoli in circolazione e il prossimo utilizzo della liquidità per nuove acquisizioni. Di fatto la crisi di liquidità del gruppo era ormai senza ritorno e promuoveva falsificazioni nella contabilità sempre più ardite. Nel 2003 si realizza un ulteriore tentativo di mantenere la fiducia del mercato attribuendo all’immobilizzo dei capitali nel fondo Epicurum l’esigenza di nuove iniezioni di cassa, ma il mercato è ormai scettico nei confronti del gruppo, il cui titolo in borsa perde velocemente valore. Nel dicembre dello stesso anno, a seguito del mancato rimborso di un bond da 150

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milioni di euro, l’associazione consumatori presenta un esposto a Consob, che finalmente innesca il crollo del castello di carte del gruppo Parmalat. Se il caso Cirio ha evidenziato il problema della scarsa trasparenza nel collocamento delle emissioni obbligazionarie high yield e i sottili conflitti di interesse che contrappongono le istituzioni creditizie ai risparmiatori, il crack Parmalat ha dato manifestazione concreta di quanto nei fatti i meccanismi di controllo societari siano carenti nel nostro Paese. Si sottolinea infatti che Parmalat , in qualità di società quotata, era obbligata alle massime forme di trasparenza previste nell’ordinamento italiano. In sostanza né il collegio sindacale, né la presenza di amministratori indipendenti, né l’attività delle società di revisione, né la supervisione di Consob e Banca D’Italia sono servite a denunciare comportamenti criminali e collusivi perpetrati per anni a danno dei risparmiatori. Chiarite le peculiarità del contesto italiano, torniamo ad alcune considerazioni sul più ampio mercato europeo. I valori assoluti delle emissioni domestiche dell’area euro appaiono certamente ancora molto contenuti rispetto ai mercati storicamente più evoluti, quali in particolare quello statunitense (che pesa per circa il 50% dei mercati domestici mondiali) e quello giapponese. Si veda a tale proposito la tabella 8.3. Tabella 8.3: Consistenze sul mercato domestico dei corporate bonds per nazionalità dell’emittente (in miliardi di U$) Paese emittente dic-01 dic-02 dic-03

Valore % Valore % Valore %

Francia 151 4% 176 4% 237 5%

Germania 36 1% 59 1% 109 2%

Italia 72 2% 125 3% 195 4%

Paesi Bassi 54 1% 58 1% 65 1%

Gran Bretagna 221 5% 289 6% 382 8%

Giappone 613 15% 683 15% 770 15%

Stati Uniti 2441 59% 2422 54% 2490 49%

Altri paesi 564 14% 665 15% 837 16%

Totale 4.152 100% 4.477 100% 5.085 100% Fonte: rielaborazione su dati BIS

Viceversa sui mercati internazionali il divario è meno accentuato, complici le minori dimensioni assolute di tale segmento e la maggiore presenza di emittenti europei nel mercato degli eurobond, come rivela la tabella 8.4. Tabella 8.4: Consistenze sul mercato internazionale dei corporate bonds per nazionalità dell’emittente (in miliardi di U$) Paese emittente Dicembre 2002 Dicembre 2003 Giugno 2004

Valore % Valore % Valore %

Francia 193 15% 251 17% 235 16%

Germania 54 4% 76 5% 80 5%

Italia 31 2% 44 3% 55 4%

Paesi Bassi 58 5% 67 4% 60 4%

Gran Bretagna 177 14% 207 14% 206 14%

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Giappone 50 4% 52 3% 58 4%

Stati Uniti 365 29% 404 27% 392 26%

Altri paesi 205 16% 252 17% 259 17%

Centri Off-Shore 20 2% 23 2% 24 2%

Paesi emergenti 114 9% 123 8% 127 8%

Totale 1.267 100% 1.499 100% 1.496 100% Fonte: rielaborazione su dati BIS

Tra gli emittenti europei si segnalano per la rilevanza acquisita in termini dimensionali i Jumbo Pfandbriefe, prestiti obbligazionari supportati da garanzie ipotecarie con una dimensione minima di 500 milioni di euro, una struttura a cedola fissa e almeno tre market makers. Il mercato tedesco dei Jumbo Pfandbrief, creato nel 1995 dall’associazione delle German Mortgage Bank, è cresciuto molto rapidamente fino a raggiungere la dimensione di 257 miliardi di euro nel 2003. Tale esempio è stato successivamente seguito anche dagli intermediari francesi, belgi e spagnoli. In termini più qualitativi, il mercato europeo appare progressivamente più integrato e trasparente. Gli investitori procedono ormai a valutare l’area Euro come un unico mercato, con la conseguente intensificazione della concorrenza tra gli emittenti. L’integrazione è sicuramente facilitata dallo sviluppo della tecnologia, ed in particolare dalla creazione di piattaforme di negoziazione elettroniche che facilitano il cross-trading, riducono i costi di transazione e di accesso alle informazioni. Un ulteriore effetto atteso dalle applicazioni tecnologiche è la riduzione della distinzione tra mercato all’ingrosso e mercato rivolto all’investitore finale, nei casi in cui questi acquista la possibilità di accedere direttamente alle negoziazioni. L’integrazione del mercato europeo è ravvisabile anche sul fronte dei servizi offerti dagli intermediari per il collocamento dei titoli. In tale segmento la competizione è aumentata, le procedure e le commissioni si vanno ormai uniformando tra loro e si avvicinano agli standard statunitensi. Permangono peraltro alcune barriere alla realizzazione di un unico mercato europeo del reddito fisso, tra cui l’assenza di una completa armonizzazione legale, l’incompatibilità dei sistemi di clearing e settlement, e alcune differenze nelle modalità di emissione domestiche. In prospettiva la nuova Direttiva sul prospetto unico, che si propone di creare un passaporto unico per gli emittenti dell’area Europea, fornendo agli stessi la possibilità di collocare strumenti finanziari in diversi Stati con un unico prospetto, dovrebbe facilitare il superamento di alcune tra le suddette barriere, facilitando ulteriormente lo sviluppo e l’integrazione del mercato europeo dei corporate bonds. Quanto alla situazione del mercato secondario, costituito prevalentemente da scambi bilaterali tra investitori e dealers, per quanto tipicamente i titoli corporate sono acquistati da investitori istituzionali interessati a mantenerli in portafoglio, la liquidità per i corporate bonds europei è cresciuta. Parallelamente è aumentata anche la disponibilità di indici e benchmark sul mercato dei corporate bonds. Venendo infine ad alcune considerazioni valide a livello mondiale, la tendenza di maggiore rilevanza è il ridimensionamento della preminenza dei titoli pubblici nel comparto del reddito fisso, sia per la riduzione delle emissioni pubbliche che per l’evoluzione delle emissioni private. Di fatto si vanno sempre più affermando alcuni strumenti di debito non pubblici che mirano a sostituire le tipiche funzioni convenzionalmente assegnate ai titoli di stato (benchmark per il pricing, sottostante di prodotti derivati, utilizzo in garanzia). Di qui un mutamento della competizione, in quanto i principali emittenti statunitensi ed europei, interessati a conquistare un ruolo primario sul mercato obbligazionario utilizzano modalità di emissione sempre più simili a quelle tipiche dei titoli pubblici, con collocamenti regolari e di elevato ammontare.

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Conseguentemente i gestori stanno modificando l’allocazione del loro portafoglio, investendo una quota crescente di liquidità sui titoli corporate di più elevato rating e liquidità5. La crescente attenzione al mercato dei corporate bond è infine conseguenza anche di alcune crisi finanziarie verificatesi sul finire degli anni ‘90. In particolare l’esperienza delle crisi asiatiche ha evidenziato i limiti nell’utilizzo dei titoli pubblici a copertura di posizioni in titoli corporate, portando all’attenzione del mercato il tema del rischio di credito e della creazione di strumenti derivati che ne facilitino la gestione. Il grafico 8.2 riporta la suddivisione per valuta del mercato mondiale dei corporate bond. Vale la pena sottolineare il peso preponderante assunto recentemente dall’euro, complice il rafforzamento della moneta unica rispetto al dollaro, che fino a pochi anni fa rappresentava la principale valuta di emissione. Peraltro gli emittenti statunitensi di elevato rating hanno rallentato nel 2004 i propri collocamenti, in presenza di uno scenario economico incerto e in previsione di un irrigidimento della politica monetaria. Viceversa sono cresciute le emissioni ad opera di imprese con basso merito creditizio, appartenenti sia a paesi industrializzati (tra cui in particolare il Giappone) che ad economie emergenti, con l’obiettivo di approfittare di tassi di interesse al momento ancora contenuti6. Come in passato, il settore più attivo nella raccolta è stato quello delle telecomunicazioni. L’incerto scenario di mercato ha inoltre favorito la crescita delle emissioni a tasso variabile (pari al 40% circa del totale). Grafico 8.2: ripartizione del mercato mondiale dei corporate bonds per valuta

$40%

Altri5%Yen

4%

Euro44% Lst

7%

Fonte: BIS 2004

8.2 Modalità di emissione

5 Per citare alcuni esempi si ricordano i bond emessi da agenzie governative statunitensi come Fannie Mae o Freddie Mac e per l’Europa i Pfandbriefe tedeschi. 6 Tra le operazioni di maggiori dimensioni si ricorda il collocamento di Seat Pagine Gialle di 1.3 miliardi di Euro a 10 anni a tasso fisso dell’aprile 2004.

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Il termine corporate bond identifica una particolare tipologia di obbligazione, in quanto sottolinea che l’emittente del titolo è un’impresa privata del settore non finanziario. Fino a pochi anni fa tale termine era più spesso sostituito dalla parola eurobbligazione, in quanto nella maggior parte dei casi i prestiti obbligazionari venivano emessi e collocati prevalentemente, se non esclusivamente, al di fuori del paese della valuta in cui erano denominati. Per fare un esempio, per molte imprese italiane era più conveniente emettere il proprio prestito in lire sulla piazza di Londra che in Italia, perché potevano beneficiare di un risparmio di costi7 rispetto al mercato nazionale. Tale pratica permane tuttora ed è generalmente riservata ad operazioni di elevato ammontare e standing. La novità più recente consiste semmai nel fatto che l’avvento dell’euro e la creazione di un mercato comune hanno allargato l’arena di riferimento per le emissioni domestiche delle imprese appartenenti all’Unione, facilitando anche ad emittenti di minori dimensioni l’accesso diretto al mercato. Al momento attuale pertanto un investitore può trovarsi di fronte a tre tipologie di corporate bonds: Tabella 4: tipologie di corporate bond Tipologia di obbligazione

Provenienza emittente

Valuta per gli investitori

Luogo di emissione

Esempio

Obbligazione domestica

Domestica Domestica Quello della valuta

Impresa italiana emette titoli in euro in Italia

Obbligazione estera

Estero Domestica Quello della valuta

Impresa italiana emette titoli in Euro in Germania

Eurobbligazione Indifferente Indifferente Estero rispetto alla valuta

Impresa italiana emette titoli in Euro a Londra

Le modalità di emissione possibili sono due: il public placement e il private placement. Il public placement consiste in un’offerta al pubblico indistinto e richiede la predisposizione di un prospetto informativo da sottoporre alle autorità che regolano l’accesso al mercato finanziario e tutelano gli investitori. Il grado di dettaglio e le procedure necessarie per ottenere l’autorizzazione all’emissione sono frequentemente onerose e complesse. Non conoscendo a priori gli investitori che acquisteranno i titoli per completare l’offerta è necessario esercitare uno sforzo di marketing ingente, coinvolgendo un sindacato bancario piuttosto vasto. Il collocamento pubblico è poi tipicamente finalizzato alla quotazione del titolo su un mercato ufficiale. Da tutte queste caratteristiche si evince come i costi e i tempi di realizzazione di tali offerte siano generalmente elevati. Viceversa il private placement consiste nel collocamento dei titoli presso investitori istituzionali generalmente già conosciuti all’emittente. La maggior parte dei prestiti obbligazionari sono collocati attraverso questa modalità in quanto costi e i tempi sono più ridotti rispetto al collocamento pubblico. In tale categoria rientrano le operazioni di euromercato e i titoli registrati secondo la Rule 144a. Nel caso dell’euromercato i requisiti informativi sono di fatto stabiliti dalle consuetudini di mercato e più precisamente da un’associazione di istituzioni finanziarie nota come International Securities Managers Association (ISMA). I tempi e i costi di conclusione delle operazioni sono pertanto più contenuti. Si ricorda che per offrire titoli di euromercato denominati in dollari sulla piazza statunitense è necessario sia trascorso un periodo (seasoning period) di almeno 30 giorni dalla conclusione del mercato primario. Anche la Rule 144a, introdotta dalle autorità americane ne 1990 in risposta ai vantaggi offerti dall’euromercato, ha conosciuto un progressivo successo tra gli emittenti domestici e esteri. Tale

7 L’euromercato, ovvero l’insieme delle transazioni finanziarie denominate in una valuta diversa da quella avente corso legale nel paese ove avviene la negoziazione, permette tradizionalmente un risparmio di costi grazie alla minore regolamentazione e a maggiori volumi delle transazioni.

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provvedimento esonera infatti gli emittenti che intendano collocare i propri titoli presso Qualified Institutional Buyer8 negli Stati Uniti dal rispetto della normativa della SEC sulla disclosure informativa e sulla protezione dell’investitore in quanto le emissioni non sono rivolte al pubblico mercato ma ad investitori professionisti. Anche in questo caso quindi costi e tempi di conclusione del collocamento si riducono notevolmente rispetto ad un’operazione pubblica. L’affermazione del collocamento privato è anche una diretta conseguenza del crescente ruolo assunto dagli investitori istituzionali quali clienti determinanti per il successo di un’emissione. Gli stessi investitori istituzionali sono peraltro responsabili, insieme all’aumentata concorrenza per i servizi di collocamento, dell’evoluzione verificatasi nelle procedure operative per il collocamento dei titoli di seguito descritta. 8.2.1 Il collocamento tradizionale o open priced Tradizionalmente i prestiti obbligazionari sono emessi e collocati attraverso l’intervento di un sindacato di sottoscrizione. In particolare nei casi in cui l’emissione è rivolta al pubblico indistinto vi è la necessità di un intenso sforzo di marketing, da cui la suddivisione dell’attività di collocamento e garanzia tra un gruppo più o meno numeroso di banche. Il sindacato tipicamente si compone di una lead manager, che riceve il mandato direttamente dall’emittente e che a sua volta provvede a contattare altre istituzioni che collaborino nell’organizzazione dell’operazione (management group). Parallelamente vengono contattati altri intermediari potenzialmente interessati a partecipare in qualità di underwriters, ovvero di sottoscrittori, e/o di sellers, responsabili unicamente della vendita dei titoli presso gli investitori. Le banche ricevono una offering circular che riepiloga le principali caratteristiche dell’operazione e hanno circa una settimana di tempo per decidere se aderire all’operazione, in quale ruolo e per quale quantità di titoli. Tali manifestazioni di interesse vengono inserite in un syndacate book utile a valutare lo stato della domanda e a effettuare le prime allocazioni di titoli in prossimità della chiusura della fase di sindacazione. Il prezzo definitivo di collocamento viene fissato dalla lead manager durante l’ offering day che sancisce l’apertura del mercato primario. Il collocamento si definisce pertanto open-priced in quanto all’assegnazione del mandato l’emittente non può conoscere il costo complessivo della raccolta, che sarà quantificabile solo all’avvio vero e proprio del collocamento. A partire dall’offering day, i membri del sindacato dispongono di un periodo variabile, in genere non superiore ai quindici giorni, per effettuare il collocamento alle condizioni di prezzo prefissate. Il mercato primario termina quindi con il closing day. Le banche seller possono retrocedere eventuali titoli rimasti invenduti alle banche sottoscrittrici, che li acquistano pro quota secondo quanto previsto nell’underwriting agreement. In tale data si dichiara ufficialmente chiusa l’operazione di emissione, viene effettuata la cerimonia della consegna dei corrispettivi e si può procedere alla pubblicazione del tombstone. Il sindacato viene quindi sciolto e da quel momento prendono avvio le negoziazioni sul mercato secondario. Per un riepilogo delle suddette fasi si veda la figura 2. Figura 2: l’iter di un collocamento open priced

8 E’ considerato un QIB ogni investitore istituzionale registrato che gestisca un patrimonio di almeno 100 milioni di dollari

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8.2.2 Il gray market Gli intermediari potenzialmente interessati ad aderire all’operazione in qualità di underwriters e di sellers sono in una duplice condizione di incertezza in quanto durante il periodo di sottoscrizione il prezzo definitivo non è ancora conosciuto e d’altro canto, una volta fissato il prezzo, durante la fase di mercato primario potrebbero verificarsi movimenti sfavorevoli dei tassi che renderebbero difficoltosa la conclusione del collocamento. In risposta a tale incertezza alla fine degli anni Settanta cominciarono a diffondersi una serie di negoziazioni over the counter, oggi chiamate gray market o premercato, finalizzate allo scambio di titoli di prossima emissione. In pratica il gray market prende avvio lo stesso giorno di annuncio di una nuova emissione e dura fino alla conclusione del mercato primario. I prezzi vengono espressi in termini di sconto rispetto a quello che sarà il prezzo di emissione deciso dall’emittente. Ad esempio se il titolo XY è quotato sul gray market a -1,25, significa che una volta conosciuto il prezzo di collocamento definitivo la negoziazione sul gray market sarà conclusa applicando il suddetto sconto al prezzo (es. se il prezzo finale fosse 99, le negoziazioni di gray market sarebbero regolate a 97,75). L’esistenza del gray market permette di avere un primo riscontro circa il gradimento espresso dal mercato sul titolo in emissione e di fatto frequentemente i prezzi registrati nel premercato influenzano il pricing definitivo del titolo. Tuttavia il mercato grigio comporta anche aspetti sfavorevoli in quanto facilita comportamenti opportunistici degli intermediari partecipanti al sindacato di collocamento a danno degli altri membri del sindacato stesso. Le istituzioni partecipanti al sindacato, desiderose di guadagnare commissioni di underwriting e selling, possono infatti decidere di svendere sul mercato grigio i titoli che avrebbero dovuto collocare sul mercato primario. Per i sellers l’opportunità è interessante in quanto la vendita sul mercato grigio comporta sicuramente un minor sforzo commerciale e distributivo rispetto al mercato degli investitori finali, permettendo al contempo di guadagnare le stesse commissioni di vendita. Agli underwriters inoltre il mercato grigio permette di ridurre il rischio di un mancato completamento dell’offerta. Dal punto di vista economico lo scambio è vantaggioso finché le commissioni incassate per la partecipazione al sindacato sono maggiori dello sconto richiesto sul mercato grigio (ad esempio, percependo commissioni pari all’1,50% e dovendo concedere al mercato grigio uno sconto dell’1,25%, rimarrebbe comunque all’intermediario una commissione di 0,25% che moltiplicata per volumi ingenti può significare un ricavo decisamente consistente in rapporto agli sforzi sostenuti per ottenerlo). A seguito di tale comportamento al termine del mercato primario la banca lead manager si vede obbligata ad intervenire sul mercato secondario per stabilizzare il prezzo. Ciò in quanto se nel mercato primario il titolo è stato collocato ad un prezzo fisso, mentre nel mercato grigio le contrattazioni sono libere e avvengono a livelli più bassi, nelle prime fasi di mercato secondario, quando il prezzo diventa libero di fluttuare, ci si può attendere un crollo delle quotazioni. Per sollevare le sorti dell’emissione e salvaguardare la propria reputazione la lead manager si trova

Attribuzione del mandato alla lead manager Avvio della predisposizione della documentazione

SUBSCRIPTION PERIOD Costruzione del sindacato di sottoscrizione e del selling group

OFFERING DAY Fissazione del prezzo Avvio del mercato primario

CLOSING DAY Conclusione del collocamento Consegna dei titoli e del netto ricavo Avvio del mercato secondario

T=0 T=30 gg T=7-10 gg T=15 gg

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quindi costretta a mettere in atto operazioni di acquisto di titoli al fine contrastare la tendenza al ribasso delle quotazioni di mercato.

8.2.3 Le successive innovazioni nelle procedure di collocamento I problemi di gestione del sindacato, unitamente all’insoddisfazione degli emittenti per i rischi e i costi che la procedura open-priced comporta, hanno condotto alla progressiva modifica delle procedure di collocamento. Inizialmente si è passati alle emissioni pre-priced, per le quali le condizioni a cui si effettua l’emissione vengono rese note prima della costituzione del sindacato e rimangono valide fino al termine della fase di mercato primario. Le emissioni pre-priced pongono il rischio circa l’andamento del mercato sul sindacato. Per minimizzare tale rischio diviene quindi rilevante per gli intermediari riuscire a chiudere il collocamento in tempi più brevi rispetto al passato. Del resto l’accresciuto ruolo degli investitori istituzionali permette di focalizzare maggiormente l’attività di marketing, riducendo o in alcuni casi eliminando il ruolo del selling group. Tale innovazione non è stata però sufficiente a eliminare i comportamenti opportunistici da parte di alcuni membri del sindacato, che “scaricano” i titoli sul gray market fin tanto che le commissioni percepite sono superiori allo sconto concesso al gray market e non paiono essere colpiti da altri meccanismi sanzionatori, basati sulla reputazione. Ciò è ricollegabile anche all’evoluzione della domanda, in quanto un numero sempre più rilevante di investitori istituzionali si rivolge direttamente al gray market per acquistare i titoli di futura emissione a un prezzo più conveniente, appropriandosi di fatto di parte delle commissioni del sindacato. Un successivo passaggio obbligato è stato dunque la riduzione delle commissioni per il sindacato, a fronte di prezzi di emissione sempre più competitivi a favore degli investitori. Di lì a breve si è andata diffondendo la pratica del bought deal, secondo la quale la banca leader procede ad acquistare l‘intera emissione per poi incaricarsi in assoluta indipendenza del successivo collocamento. Tale procedura risulta particolarmente gradita agli emittenti in quanto permette di chiudere rapidamente il collocamento e minimizzarne i costi. Quanto agli intermediari, per poter chiudere un bought deal diventa essenziale la capacità di assunzione di rischi da parte di una sola banca, in quanto il rischio potenziale associato al fallimento dell’operazione ricadrebbe interamente sulla banca stessa. Proprio per questa ragione i bought deal sono riservati solamente ad operazioni di emissione effettuate da parte di prenditori primari. Ulteriore premessa necessaria al successo di tali operazioni è l’esistenza di relazioni con i più importanti investitori istituzionali con i quali dialogare per la fissazione del prezzo di offerta e per il successivo collocamento dei titoli. Attualmente la pratica di collocamento più diffusa è il cosiddetto fixed-price reoffering. In sostanza i potenziali lead manager sono costantemente in contatto con il mercato degli investitori per monitorarne bisogni e struttura del portafoglio. Quando ritengono di aver colto una qualche opportunità interessante, identificano un emittente a cui offrire l’operazione e in contemporanea sondano le condizioni a cui gli investitori sarebbero disposti ad operare. Se l’istituzione finanziaria si aggiudica effettivamente il mandato, non le resta altro che “rioffrire”, questa volta ufficialmente, i titoli agli investitori preventivamente consultati. La tecnica è detta fixed-price poiché le condizioni a cui i titoli vengono riofferti tendono ad essere molto vicine, se non addirittura identiche, a quelle informalmente indicate nelle fasi di marketing svolte in precedenza. In pratica dunque il collocamento precede l’ottenimento del mandato, riducendo di fatto il rischio di mancato collocamento. Ulteriori sviluppi relativi alle modalità di collocamento sono da considerarsi la tecnica dell’over allotment e il pot system. Nel primo caso la banca lead manager in sostanza colloca in sede di mercato primario un numero di titoli superiore a quelli effettivamente disponibili, salvo poi riacquistarli sul mercato secondario per adempiere alla consegna. In questo modo la banca intende ridurre il rischio e il costo della stabilizzazione dei prezzi sul mercato secondario, senza impegnare quote eccessive del proprio capitale. Il pot system consiste invece in un book centrale, gestito dalla banca lead manager, cui affluiscono tutti gli ordini raccolti da ciascun componente del sindacato di collocamento. In questo modo la

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banca capofila può agevolmente controllare l’assegnazione dei titoli ai vari investitori, al fine di realizzare una distribuzione il più possibile stabile ed equilibrata, tale in particolare da impedire un immediato riflusso di titoli in vendita sul mercato secondario. A differenza del bough deal, in questo caso la lead manager non è costretta ad acquistare a fermo l’intera emissione, da cui un minor impegno di capitale proprio. Non a caso tale tecnica è stata impiegata prevalentemente in collocamenti di ampie dimensioni e per prenditori di basso merito creditizio. Il pot system è gradito anche all’emittente in quanto permette al medesimo di conoscere fin da subito l’allocazione finale dei titoli. Chi non apprezza particolarmente tale metodologia sono invece i membri del sindacato di collocamento, data l’elevata trasparenza cui sono sottoposti e in particolare l’obbligo a rendere noto l’elenco dei propri clienti alla lead manager. 8.3. Caratteristiche tecniche e pricing dei titoli Dal punto di vista tecnico, i corporate bonds sono emessi con una scadenza generalmente di medio termine (5-10 anni), anche se negli ultimi tempi sono comparse emissioni a più breve scadenza, e possono essere di tre tipi:

- straight bonds, ovvero titoli a tasso fisso - floating rate notes, ovvero titoli a tasso variabile - convertible bonds, ovvero obbligazioni convertibili

Il rimborso può essere effettuato integralmente alla scadenza o nell’ultimo periodo di vita del prestito in base a un preordinato piano di ammortamento, che generalmente prevede l’estrazione dei titoli da rimborsare in ciascuna scadenza. Solo in presenza della clausola call il rimborso può essere anticipato dall’emittente. Tale clausola permette in sostanza all’emittente di non rinunciare a migliori condizioni di finanziamento che possano concretizzarsi sul mercato durante la vita del prestito obbligazionario. Esercitando la clausola di fatto l’emittente potrà ripagare immediatamente il debito ed emetterne uno nuovo alle mutate condizioni del mercato. Dal punto di vista dell’investitore ciò rappresenta un potenziale danno e proprio per questo motivo il rendimento dei titoli callable è generalmente superiore a quello di titoli analoghi non callable. Il packaging del titolo è generalmente studiato avendo in mente quali sono le aspettative e i bisogni degli investitori, dato un obiettivo di minimizzazione dei costi da parte del prenditore. Pertanto non è raro che un’emissione venga veicolata in una valuta differente da quella necessaria all’emittente per approfittare di condizioni particolarmente vantaggiose sul mercato, salvo poi swappare il netto ricavo nella valuta desiderata. Come già ricordato la tendenza attuale è quella di proporre strutture tecniche piuttosto standard e ricorrenti, al fine di facilitarne la valutazione e la liquidità sul mercato. Anche per questo motivo è raro incontrare strutture complesse nei titoli obbligazionari emessi da imprese non finanziarie9. Con riferimento al pricing dei corporate bonds a livello teorico una nuova emissione potrebbe essere prezzata aggiungendo alla curva dei tassi privi di rischio uno spread per i rischi di credito, liquidità, ecc. Di fatto si osserva che gli emittenti tendono a prezzare le nuove emissioni basandosi sui rendimenti offerti da titoli simili già in circolazione sul mercato secondario. Per identificare titoli simili si tiene conto di fattori quali il credit rating, il settore, le dimensioni dell’offerta, la valuta e la struttura contrattuale. Si costruisce quindi una curva dei tassi con il/i titoli identificati dalla quale si otterrà il riferimento per il pricing. In assenza di un numero sufficiente di titoli comparabili o semplicemente per valutare l’attendibilità del prezzo ottenuto i collocatori verificano poi presso i principali potenziali investitori quale rendimento questi ultimi si attenderebbero da titoli con tali caratteristiche e arrivano a stabilire il prezzo definitivo.

9 Si ricorda invece che negli anni più recenti le emissioni obbligazionarie degli istituti di credito hanno privilegiato i titoli strutturati, utilizzando forme tecniche sempre più articolate e complesse

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Durante la fase di collocamento il titolo viene tipicamente quotato con riferimento a un benchmark di mercato. Più precisamente in genere si indica uno spread da aggiungere a un tasso guida, in quanto il periodo di collocamento può durare fino a due settimane per gli emittenti meno conosciuti e in tale periodo i tassi di mercato potrebbero oscillare anche vistosamente. A tale proposito nella pratica si osserva un consistente abbandono dell’utilizzo dei benchmark basati sui titoli di stato a vantaggio dell’utilizzo della curva swap, che esprime le aspettative circa Libor e Euribor. Anche gli investitori apprezzano maggiormente tale metodologia in quanto permette di comparare più facilmente i rendimenti di titoli in valute diverse e facilita anche l’impiego di credit derivatives. La valutazione del merito creditizio rappresenta sicuramente l’aspetto di maggiore complessità in un corporate bond. La maggiorparte dei corporate bond10 sono valutati da una società di rating come Standard& Poor’s, Moody’s o Fitch (vedi figura 3). Tipicamente si distinguono i titoli investment grade, che possiedono un rating BBB o superiore dagli investimenti high yield o junk bonds. Questi ultimi sono considerati titoli speculativi perché emessi da società di recente costituzione o con problemi finanziari, oppure perché l’emittente appartiene ad un settore particolarmente volatile o segue strategie particolarmente aggressive. Figura 3: i credit rating più diffusi

Credit Risk Moody's Standard & Poor's Fitch IBCA, Duff & Phelps

INVESTMENT GRADE

Highest qualità Aaa AAA AAA

High quality (very strong) Aa AA AA

Upper medium grade (strong) A A A

Medium grade Baa BBB BBB

NOT INVESTMENT GRADE

Lower medium grade (somewhat speculative) Ba BB BB

Low grade (speculative) B B B

Poor quality (may default) Caa CCC CCC

Most speculative Ca CC CC

No interest being paid or bankruptcy petition filed C C C

In default C D D

Chiaramente il rendimento richiesto ai titoli high yield è superiore a quello degli investment grade. La tabella 5 riporta un esempio della variabilità dei rendimenti in funzione del merito creditizio. Tabella 5: Evoluzione dei rendimenti sui corporate bond Anno Rating AAA AA A BAA Media 1996 7,4 7,5 7,7 8,1 7,7 1998 6,5 6,8 6,9 7,2 6,9 2000 7,6 7,8 8,1 8,4 8,0 2002 6,5 6,9 7,2 7,8 7,1 2004 5,7 6,0 6,2 6,5 6,1 Fonte: Moody’s Investor Centre, 2004 10 In realtà nel caso italiano sono ancora numerosi gli emittenti che non possiedono un rating ufficiale. Anche per questo a detta degli operatori il mercato italiano non appare ancora del tutto efficiente e trasparente. In particolare gli investitori in molti casi sembrano prestare maggiore attenzione alla notorietà dell’emittente piuttosto che alla qualità vera e propria del credito.

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La qualità del credito nel mercato europeo e in quello italiano in particolare è tipicamente inferiore a quella riscontrata mediamente sul mercato statunitense, a causa del ridotto numero di emittenti e della prevalenza, negli anni più recenti, di emissioni finalizzate al finanziamento di operazioni di finanza straordinaria e di investimenti di lungo termine (es. telecomunicazioni). La tabella 8.7 riporta le prime venti emissioni di titoli obbligazionari per controvalore effettuate nel periodo 1999-2004. Gli emittenti individuati sono tutte società di grande dimensione, già conosciute agli investitori, cui si sono rivolte ripetutamente nel periodo considerato, offrendo titoli prevalentemente a tasso fisso, pur se non mancano esempi di emissioni convertibili. Tabella 8.7: Le maggiori emissioni di corporate bond delle imprese italiane nel periodo gennaio 1999 – settembre 2004

Società Emittente

Data di emissione Tipo

titolo* Valuta di

emissione

Contr ovalore emissione in

milioni di euro

Durata (anni) TRES

all’emissione

Tecnost International Finance NV 3/6/99 FRN EUR 7.943 5 Nd Tecnost International Finance NV 19/7/99 FX EUR 4.500 5 5,4250

Autostrade SpA 28/5/04 FX EUR 2.750 10 5,1070

Sogerim SA 10/4/01 FX EUR 3.000 5 6,1400

Autostrade SpA 28/5/04 FRN EUR 2.000 7 Nd

Telecom Italia Capital 21/10/03 FX US$ 2.000 10 5,3528

Olivetti Finance NV 10/1/03 FX EUR 1.750 5 5,8899

Sogerim SA 10/4/01 FX EUR 2.000 10 7,1125

Tecnost International Finance NV 19/7/99 FX EUR 1.750 10 6,2250

Enel Investment Holding BV 23/5/01 FX EUR 2.000 3 5,0250

Olivetti International NV 25/1/99 FX EUR 1.500 10 5,0500

ENI SpA 16/4/03 FX EUR 1.500 10 4,6426

Telecom Italia SpA 13/1/04 FX EUR 1.250 15 5,4674

Lighthouse International Co SA 8/4/04 FX EUR 1.300 10 8,1590

Tecnost International Finance NV 3/6/99 FRN EUR 1.500 5 Nd

Telecom Italia SpA 16/6/04 FX STG 850 15 6,4973

Fiat Finance & Trade Ltd SA 10/5/01 FX EUR 1.700 5 5,9025

Telecom Italia SpA 7/12/01 FRN EUR 1.500 3,5 Nd Telecom Italia SpA 13/1/04 FRN EUR 1.000 3,75 Nd

Telecom Italia SpA 28/9/04 FX US$ 1.250 10 5,0574 Fonte: nostra elaborazione su dati Bondware *: FX: titoli a tasso fisso; FRN: floating rate notes ovvero titoli a tasso variabile

8.4 L’equilibrio economico degli intermediari e la struttura del mercato Per gli intermediari finanziari che assistono un collocamento obbligazionario la principale fonte di redditività assicurata deriva dalle commissioni pagate dall’emittente. Generalmente tali commissioni si distinguono in quattro componenti:

- la management fee, destinata al management group che ha montato l’operazione, nella quale si distingue il praecipium, destinato alla lead manager

- la underwriting fee, finalizzata a remunerare gli intermediari impegnatisi alla sottoscrizione

- la selling fee per l’eventuale gruppo di sellers

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- il residual pool, pari alla differenza tra la commissione complessivamente pattuita e le precedenti; tale residuo viene generalmente attribuito al gruppo dei managers

Alle istituzioni che svolgono più di una funzione (es. manager, sottoscrittore e venditore) verrà corrisposta una commissione cumulativa. Come già ricordato, il passaggio dalla procedura tradizionale al fixed-price reoffering, l’intensificarsi della concorrenza e il maggiore potere contrattuale degli investitori istituzionali hanno determinato una progressiva riduzione delle commissioni. Di qui un deciso incentivo al contenimento del numero di intermediari partecipanti ai sindacati, al fine di mantenere una redditività soddisfacente. Un’ulteriore intermediario che compare successivamente alla conclusione del prestito è la banca agente, incaricata dei compiti amministrativi relativi al pagamento delle cedole, al rimborso del prestito, ecc. Tale attività è remunerata con una commissione annuale pagata direttamente dall’emittente detta agency fee. Quanto alla struttura competitiva del mercato, la tabella 6 mostra come merchant e investment bank e le banche universali siano le istituzioni più attive nel comparto delle emissioni obbligazionarie. Il successo di queste istituzioni è spiegato da diversi fattori. Infatti per eccellere in questo mercato è necessario possedere delle competenze tecniche adeguate per soddisfare le necessità dei prenditori e, al tempo stesso, una profonda conoscenza dei bisogni degli investitori. Un bagaglio tecnico di questo tipo è tipico delle banche di investimento; raramente le banche commerciali, che sono adeguatamente attrezzate per trattare con gli emittenti, dispongono invece di relazioni consolidate con il mondo dei grandi investitori. In secondo luogo si ricorda la necessaria capacità di assumere rischio, rappresentata dall’entità del capitale proprio, tipicamente più elevato nelle investment e merchant bank rispetto ad altre tipologie di intermediari. Tabella 6: Top bookrunners per le emissioni obbligazionarie in Euro nel 2004 Ranking Istituzione Controvalore

(milioni di €) Numero emissioni

% del mercato (controvalore)

1 Deutsche Bank 5.068 38 10% 2 BNP Paribas 4.852 28 9% 3 Citigroup 4.715 24 9% 4 Barclays Capital 3.904 26 7% 5 JP Morgan 3.511 24 7% 6 Credit Suisse First Boston 3.149 22 6% 7 Société Générale 2.733 16 5% 8 HSBC 2.658 16 5% 9 Dresdner K. Wasserstein 2.504 10 5% 10 Merril Lynch 1.979 9 4% Totale top 10 35.073 213 67% Totale mercato 52.552 nd 100% Fonte: Datalogic(dati al 4/6/2004)

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8.5 Il mercato dei prestiti sindacati I prestiti sindacati sono forme di finanziamento caratterizzate dal fatto che due o più banche si

accordano per concedere a un debitore, congiuntamente, e nell’ambito di un unico contratto, un finanziamento. Ciò che differenzia i prestiti sindacati rispetto ai prestiti tradizionali è dunque il fatto che un gruppo di banche, un sindacato, coopera, con ruoli differenti nella strutturazione dell’operazione e nell’erogazione di un prestito regolato da un unico contratto.

Il mercato dei prestiti sindacati è nato intorno agli inizi degli anni sessanta come soluzione alle

esigenze di finanziamento di grandi prenditori che, non riuscendo a soddisfare il loro fabbisogno di indebitamento nel mercato domestico, iniziarono a guardare con interesse alla possibilità di ottenere finanziamenti sui mercati internazionali. Questi mercati erano dominati dalla presenza di importanti investment banks prive di una diretta capacità di sottoscrizione e di finanziamento ma con estese reti di relazioni. In tale contesto i prestiti sindacati si prospettarono come la soluzione ottimale in grado di consentire al debitore di raggiungere il suo obiettivo (raccogliere finanziamenti) e alle investment banks di giocare un ruolo importante nel finanziamento (sfruttare la propria rete di relazioni per coinvolgere un certo numero di commercial bank, con effettiva capacità di erogazione, in un programma di finanziamento congiunto). L’idea alla base dei prestiti sindacati era dunque molto semplice: suddividere, sotto il coordinamento di una banca leader, un prestito che nessuna banca da sola avrebbe erogato nella sua totalità, in un certo numero di quote sottoscritte da più banche.

Dalla sua nascita il mercato dei prestiti sindacati ha conosciuto un significativo sviluppo. Nel

1995 i prestiti sindacati negoziati sui mercati finanziari internazionali erano pari a 310,8 miliardi di dollari. Nel 2000, anno in cui i prestiti sindacati sono stati utilizzati per finanziare un buon numero delle numerose operazioni di fusione e acquisizione verificatesi soprattutto nel settore delle telecomunicazioni, il volume dei prestiti sindacati ha toccato una quota pari a 1464,9 miliardi di dollari per poi subire una fisiologica riduzione nel corso del 2001 a seguito del rallentamento del contesto macroeconomico.

Tabella 7: prestiti sindacati per nazionalità del prenditore (miliardi di dollari) 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

Tutti 501,9 703,3 839,3 1080,6 905,3 1025,8 1464,9 1376,3

Francia 6,6 20,5 23,3 39,3 18,8 33,7 72,6 48,5 Germania 1,1 13,3 8,6 13,6 13,4 47,6 42,4 35,7 Italia 5,2 15,4 5,4 9,8 6,1 15,8 35,2 34,2 Giappone 4,9 4,7 9,5 9 12,9 15,8 21,5 26 United Kingdom 25 55,4 66,3 97,6 81,1 93,4 128 103,6 United States 320,3 393 490,7 617,2 579,1 625,8 808,2 845,9 Fonte: BIRS

Obiettivo di questo paragrafo è quello di mettere in luce quali sono le caratteristiche tecniche

dei prestiti sindacati e quali sono le motivazioni che inducono prenditori da un lato e intermediari dall’altro a partecipare al mercato dei prestiti sindacati.

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8.5.1 I vantaggi dal punto di vista dei debitori

Per quali motivi un’impresa che deve raccogliere un finanziamento dovrebbe optare per un prestito sindacato? Il modo più semplice per rispondere a questa domanda è quello di confrontare vantaggi e svantaggi dei prestiti sindacati rispetto a forme di finanziamento alternative.

Si immagini un’impresa che debba decidere come finanziarsi. Una prima possibile modalità di

finanziamento è il ricorso a un tradizionale prestito bilaterale, un prestito erogato da una delle banche di riferimento dell’impresa. Una simile soluzione comporta evidenti vantaggi in termini di velocità e relativa certezza del finanziamento. Tuttavia, il finanziamento per importi ingenti da parte di una sola istituzione può risultare o molto costoso, a causa dell’elevato rischio di controparte cui la banca si espone o addirittura, nei casi di richieste di prestito particolarmente gravose, superare la capacità di finanziamento della singola banca.

Un’alternativa al prestito erogato da una sola banca, è la richiesta di finanziamento ad un

gruppo di banche di riferimento. Tale soluzione se da un lato consente di superare il limite della capacità di finanziamento della singola banca e dell’eccessivo rischio di controparte, dall’altro presenta dei notevoli svantaggi in termini di velocità e di costo del finanziamento. Il debitore infatti deve intraprendere un processo di negoziazione del prestito con tutte le banche contattate con conseguenze negative in termini di costi e tempi.

Il prestito sindacato consente di ottenere lo stesso risultato, in termini di importo erogato, di un prestito richiesto a più banche tra loro indipendenti ma, nel contempo, permette significativi risparmi in termini di costi e tempo. In un prestito sindacato infatti, il compito di individuare le possibili banche interessate al finanziamento e di discutere con loro le modalità tecniche del finanziamento non ricade sul debitore ma sulla banca che ha ottenuto il mandato all’organizzazione dell’operazione (la banca arranger). Così, i prestiti sindacati possono essere una scelta ideale nel caso di finanziamenti di importi ingenti in quanto offrono al debitore la possibilità di ottenere prestiti di dimensioni elevate in tempi molto rapidi e a condizioni estremamente flessibili e vantaggiose anche da un punto di vista economico. I prestiti sindacati inoltre tendono a rafforzare il legame tra debitore e gruppo delle sue banche di riferimento che, nella maggior parte dei casi, sono chiamate a partecipare al prestito sindacato.

Altra possibile alternativa ai prestiti sindacati è il ricorso alle emissioni obbligazionarie viste

nel precedente paragrafo . Quali sono i fattori che possono spiegare la propensione di un debitore verso una delle due forme di finanziamento? In primo luogo è necessario chiarire che, in alcuni casi, la scelta tra i due strumenti non è di fatto praticabile. Il mercato delle emissioni obbligazionarie non è accessibile a tutti i prenditori ma solo ai prenditori di rating primario (investment grade) o a quelli che hanno una certa fama sul mercato (emissioni senza rating ma di emittenti con brand). I costi e gli oneri di un’emissione obbligazionaria si giustificano solo al di sopra di una certa soglia (50 milioni di dollari) ma per finanziamenti di dimensioni molto rilevanti (500 milioni di dollari) può diventare difficile collocare tra il pubblico degli investitori l’intero ammontare delle obbligazioni. Nei casi in cui a un debitore siano accessibili entrambi gli strumenti la scelta tra l’uno e l’altro è funzione delle condizioni del mercato e delle esigenze del prenditore. Quanto a quest’ultimo punto, se un debitore ricerca una soluzione estremamente flessibile e personalizzata i prestiti sindacati sono probabilmente la soluzione migliore in quanto il prenditore può negoziare con il sindacato di banche le condizioni a lui più favorevoli. Viceversa, le emissioni obbligazionarie sono tendenzialmente standardizzate e le loro caratteristiche tecniche sono dettate più dalla domanda del mercato che dalle esigenze del prenditore. Dall’altro lato le obbligazioni possono essere emesse per durate mediamente più lunghe rispetto ai prestiti sindacati e consentono quindi al debitore una maggiore diluizione degli impegni.

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Da ultimo nella scelta dello strumento è necessario considerare le condizioni del mercato e, in particolare, la liquidità disponibile. In fasi di mercato caratterizzate da un’elevata liquidità e dalla propensione degli investitori verso la sottoscrizione di titoli obbligazionari, i titoli obbligazionari possono consentire un risparmio in termini di costo del finanziamento. Viceversa, in fasi di mercato caratterizzate da bassa liquidità, i prestiti sindacati possono diventare l’alternativa più conveniente. Da ultimo ai prestiti sindacati può essere ricondotto, rispetto ai titoli obbligazionari un maggior anonimato della transazione. Le considerazioni qui richiamate sono riassunte nella tabella 8.

Tabella 8 : vantaggi e svantaggi di diverse alterna tive di finanziamento Prestito Bilaterale � Velocità di erogazione

� Importi limitati � Condizioni spesso molto standard

Prestito da un gruppo di banche � Possibilità di ottenere importi elevati � Duplicazione dei costi e dei tempi � Finanziamenti a condizioni molto standard

Prestito sindacato � Possibilità di ottenere importi elevati � Riduzione dei costi � Velocità e certezza dell’erogazione � Elevata flessibilità � Rafforzamento dei legami con le banche di riferimento

Emissione obbligazionaria � Possibilità di ottenere importi elevati � Standardizzazione � Scadenze elevate

8.5.2 I vantaggi dal punto di vista delle banche

Passando ad analizzare i vantaggi dal punto di vista delle banche, i benefici della costituzione e

della partecipazione a un prestito sindacato possono essere ricondotti alla possibilità di :

� partecipare attivamente alle operazioni di finanziamento dei propri clienti anche quando queste sono dettate da esigenze di internazionalizzazione o di crescita attraverso acquisizione e richiedono importi superiori a quelli erogabili dalla singola banca;

� partecipare a operazioni sui mercati finanziari internazionali; � limitare i rischi di comportamenti opportunistici da parte del debitore; � diversificare gli impegni per settore, paese e valuta.

Cerchiamo di esaminare più in dettaglio questi benefici iniziando proprio dall’ultimo. La

composizione dei prestiti sindacati è in genere piuttosto variegata. E’ comune, ad esempio, che un’impresa spagnola che si rivolge a una banca londinese per strutturare un prestito sindacato si ritrovi ad essere di fatto finanziata da banche inglesi, americane, italiane, tedesche, giapponesi…Ciò significa che anche una piccola/media banca, attraverso la partecipazione a un prestito sindacato, può arrivare a finanziare imprese appartenenti a paesi diversi dal suo mercato tradizionale con effetti positivi in termini di diversificazione per paese, per settore e per valuta.

Per molte banche medio/piccole la partecipazione a prestiti sindacati rappresenta una

possibilità quasi unica per acquisire una certa visibilità sui mercati finanziari internazionali (con i benefici in termini di reputazione a ciò associati) o per continuare a finanziare clienti il cui business e le cui esigenze di finanziamento stanno crescendo.

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Quanto alla possibilità di limitare i rischi di comportamenti opportunistici, essa deriva da due fattori: la distribuzione delle informazioni nel sindacato e la clausola di cross default. In un prestito sindacato tutte le informazioni inerenti la qualità del debitore, l’ammontare complessivamente erogato e la sua capacità di tenere fede agli impegni contratti sono messe a disposizione di tutti i membri del sindacato che conoscono l’ammontare totale del finanziamento erogato e le banche impegnate nel prestito. Le banche partecipanti a un prestito sindacato si trovano quindi in possesso di un set informativo maggiore della banche che finanziano individualmente un certo prenditore e che, raramente, hanno una conoscenza esatta di quali altre banche e per quali importi stiano effettivamente finanziando il debitore in questione. Il maggiore bagaglio informativo consente di ridurre i rischi di comportamenti opportunistici e, di conseguenza, il costo del finanziamento. Quanto alla clausola di cross-default, essa allude al fatto che in un prestito sindacato il prenditore di fondi è obbligato a rimborsare il sindacato nel suo complesso. Ciò significa che egli non può arbitrariamente scegliere di rimborsare le banche più importanti e invece non onorare il contratto nei confronti delle banche più deboli e meno esperte nei mercati internazionali in quanto, l’insolvenza nei confronti di una banca del sindacato, comporta l’insolvenza nei confronti dell’intero sindacato che potrebbe richiedere l’immediato rimborso di tutto il prestito.

8.6 L’organizzazione di un prestito sindacato L’organizzazione di un prestito sindacato si articola in tre fasi:

� la fase pre-mandato; � la fase post-mandato; � la fase post-firma.

8.6.1 La fase pre-mandato La prima fase, la fase pre-mandato, si apre con l’individuazione dei bisogni del prenditore e si

conclude con la scelta della banca arranger cui affidare il compito di costituire il sindacato che si impegnerà nell’erogazione del prestito.

La scelta della banca arranger avviene tipicamente attraverso la selezione di un certo numero

di banche a cui il debitore chiede di presentare un’offerta relativamente alle condizioni cui sono disposte a concedere il prestito. La preselezione delle banche può essere effettuata secondo due criteri:

� Relationship banking; � Speciality banking.

Nel primo caso è invitato a presentare le offerte il gruppo di banche di primario standing con

cui il prenditore intrattiene usuali rapporti. Nel secondo caso sono preselezionate le banche che presentano una specifica esperienza nel finanziamento di un determinato settore cui il debitore appartiene (ad esempio banche specializzate nel finanziamento del settore areonautico o del settore energetico…) oppure le banche che hanno elaborato e offerto strutture tecniche di prestito particolarmente interessanti e che hanno una riconosciuta competenza nelle operazioni di prestito sindacato. In ogni caso, dal momento che le notizie relative all’apertura di un processo di sindacazione circolano nel mercato, è probabile che il debitore si veda recapitare, oltre alle offerte richieste, anche offerte pervenienti da banche non invitate. Queste offerte, pervenute ma non richieste, raramente vengono prese in considerazione ma sono spesso utilizzate dal debitore come base nella contrattazione con le banche ufficialmente invitate.

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Accanto ai due criteri sopra richiamati, esistono altre due modalità di selezione della banca arranger molto meno utilizzati nel mercato. La queue ovvero la scelta a rotazione di una banca all’interno di un gruppo selezionato e l’open bidding ovvero l’apertura dell’asta a tutte le banche interessate. Il primo criterio viene tipicamente utilizzato dalle istituzioni sovranazionali (interessate a mantenere buoni rapporti con le diverse banche). L’open biddding sta progressivamente scomparendo dal mercato in quanto, un’offerta aperta a tutte le banche rischia di rendere estremamente complesso e lungo il processo di selezione. Nel caso in cui un debitore richieda un open bidding sono spesso le stesse banche che si accordano tra di loro per formare gruppi di offerta e ridurre così il numero delle offerte da considerare.

Un’ultima precisazione in merito al processo di selezione dell’arranger riguarda il fatto che, in

realtà, capita più spesso che sia la banca potenziale arranger a contattare il prenditore piuttosto che il prenditore a contattare la banca. Infatti all’interno dell’area corporate delle investment banks esistono dipartimenti il cui compito è specificatamente quello di trovare e contattare potenziali clienti cui offrire i prodotti ritenuti più opportuni. In ogni caso, anche se contattato da una specifica banca, quasi mai il prenditore si accontenta di una sola offerta ma piuttosto, una volta contattato da una specifica investment banks, apre una negoziazione anche con altre banche. La fase di assegnazione del mandato è infatti caratterizzata da un’estrema concorrenza tra le banche potenziali arranger.

Una volta invitata a partecipare all’asta, una banca può decidere di agire in modo indipendente

e presentare la sua offerta (sole bidding) oppure costituire un gruppo di banche in grado di formulare un’offerta unica (multi-bank bidding) e disposte a condividere e gli oneri di completamente dell’operazione. Dal punto di vista di una banca potenziale arranger il sole bidding è decisamente più interessante. In un multi-bank bidding, prima della presentazione della proposta, devono essere discusse e condivise da tutte le banche partecipanti le caratteristiche dell’offerta da presentare al debitore. Nel sole bidding il potenziale arranger agisce in modo del tutto autonomo. Non solo, uno dei punti più critici nella formazione di un sindacato è l’assegnazione dei ruoli all’interno del sindacato (book-runner, preparazione dell’information memorandum, agent bank…). In un multi bank bidding i dettagli relativi all’assegnazione dei ruoli vengono discussi prima della presentazione dell’offerta e sono spesso fonte di forti contrasti tra banche. In un sole bidding la banca vincitrice può, da sola, e con l’autorità derivante dall’essere l’unica banca che ha vinto il mandato decidere come e a chi assegnare i diversi compiti. Anche da un punto di vista della remunerazione e, quindi, della suddivisione delle commissioni, il sole bidding risulta più conveniente. Nel sole bidding l’arranger può decidere come allocare le fee in modo indipendente; nel multibank bidding deve negoziare ex-ante la struttura delle commissioni. Nonostante i vantaggi del sole bidding, vi sono delle situazioni in cui la presentazione di un’offerta multibank è inevitabile. Se un prenditore intende raccogliere un ingente ammontare con clausola di sottoscrizione fully underwritten, ovvero con l’impegno della banca vincitrice del mandato a erogare l’intero ammontare richiesto indipendentemente dal suo successo nel coinvolgimento di altre banche nella formazione di un sindacato, per qualsiasi banca risulterebbe molto difficile impegnarsi in un sole bidding perché il rischio di non riuscire poi a rivendere quote del prestito sul mercato a altre banche sarebbe troppo grande.

Definita la strategia, sole bidding o multibank bidding, viene presentata l’offerta. In essa sono

tipicamente indicate le proposte della banca, o del gruppo di banche, in termini di struttura tecnica dell’operazione: durata, pricing, commissioni, clausole di sottoscrizione, esistenza o meno di un cap, modalità di rimborso del capitale, schemi di drawdown…. Le caratteristiche tecniche di un prestito sindacato verranno analizzate successivamente. E’ però utile anticipare la descrizione delle possibili clausole di sottoscrizione del prestito sindacato che possono essere: � prestito fully underwritten in cui la/le banche arranger si impegnano a garantire l’erogazione

dell’ammontare richiesto dal debitore indipendentemente dal successo nella costituzione del sindacato;

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� prestito partially underwritten in cui le banche arranger si impegnano a erogare una certa percentuale del finanziamento complessivamente richiesto;

� best effort in cui le banche non assumono alcun impegno circa la quantità di prestito effettivamente erogata ma essa è funzione dell’esito più o meno positivo della fase di sindacazione. Nella tabella 9 sono elencati vantaggi e svantaggi del prestito fully underwritten rispetto al

prestito best effort. Come si nota, la clausola di sottoscrizione totale da la debitore certezza circa l’ammontare delle risorse di cui potrà disporre e sposta il rischio di reputazione sulle banche leader dell’operazione. Considerazioni opposte valgono invece per i prestiti sindacati best effort. Essi, a fronte dei minori costi derivanti sia dal venir meno delle commissioni di sottoscrizione sia dal segnale di “qualità” dell’emissione che il mercato tende ad associare ai prestiti sindacati best effort, sottopongono il debitore a una maggiore incertezza circa l’ammontare che sarà effettivamente raccolto e i tempi della raccolta.

Tabella 9 : confronto tra le clausole di sottoscriz ione Ottenute le proposte, il debitore deve scegliere quella più consona alle sue esigenze. La tabella

10 mostra i risultati ottenuti da un’indagine svolta da Euromoney relativamente ai criteri che i prenditori di fondi considerano più rilevanti nel selezionare la banca cui affidare il mandato. Agli intervistati veniva richiesto di dare un punteggio a diversi possibili criteri di scelta in modo tale che il punteggio complessivamente assegnato fosse pari a dieci. Dalla tabella emerge come il fattore più importante nella scelta dell’arranger sia il prezzo offerto con delle differenze in relazione al paese di appartenenza del prenditore. I prenditori sudamericani, caratterizzati da un notevole livello di rischio attribuiscono un’importanza relativa significativa alla capacità di sottoscrizione dell’arranger e, quindi, alla sua capacità di assicurare la conclusione della transazione. I prenditori europei sono invece più attenti agli aspetti relativi alla capacità tecnica di strutturazione dell’operazione e alla capacità di produrre soluzioni nuove e articolate. La tabella 11 riporta la classifica dei primi dieci arranger nel mercato dei prestiti sindacati europeo.

Underwritten

4Elevati costi dovuti alla presensza di commissioni di sottoscrizione

Best Efforts

4 Non ci sono costi di sottoscrizione

Percepito dal mercato come un segnale di qualità dell’emissione

4Certezza sull’ammontare e sui tempi di raccolta

4 I rischi del collocamento ricadono interamente sulle banche

4I rischi del processo di sindacazione e di collocamento ricadono anche sul debitore

4L’ammontare complessivamente rcaccolto può essere inferiore alle necessità

Van

tagg

i S

vant

aggi

4

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Tabella 10: I criteri di scelta della banca arranger Prenditore Prezzo

offerto Capacità di

sottoscrizione Standing

banca Capacità tecnica

Totale

Europeo A 5 1 2 2 10

Europeo B 5 1 1 3 10 Latino Americano 4 3 2 1 10 Asiatico 6 2 1 1 10 Totale punti 20 7 6 7 40 % del totale 50% 17,5% 15% 17,5% 100% Fonte: Euromoney

Tabella 11: Top arranger nel mercati dei prestiti sindacati in Europa Ranking Banca Ammontare

mil-US$ Numero Quota di

mercato 1

Barclays 33.452,42 156 7,82%

2 Citigroup Inc 30.063,08 142 7,03% 3

Deutsche Bank AG 26.063,08 116 6,10%

4 JP Morgan 22.671,20 102 5,30% 5 Royal Bank of Scotland\ 21.311,23 155 4,98% 6

HSBC 17.781,21 105 4,16%

7 Dresdener Kleinwort 17.232,94 84 4,03% 8 BNP Paribas 17.010,64 97 3,98% 9 WestLB 13.370,30 95 3,13% 10 ABN AMRO Bank PLC 13.246,75 85 3,10%

Fonte Euromey (30/04/2002) La fase pre-mandato si conclude con la scelta della banca arranger e la firma del loan agreemet

che rappresenta l’atto formale con cui la banca vincitrice ottiene il mandato. Si distingue in genere tra direct loan syndicate e participation syndicate. Il direct loan syndicate è il risultato del multi-bank bidding: il loan agreement viene firmato dal prenditore e dal gruppo di banche precostituito che, sotto la forma di un unico contratto, si impegna alla concessione del prestito. Nel participation syndicate invece il loan agreement viene sottoscritto dal prenditore e dalla banca arranger che, solo in un momento successivo, provvederà a costituire il sindacato. Le banche del sindacato non hanno in questo caso alcun contatto diretto con il prenditore.

Figura 4: Direct loan syndicate

Sindacato

Banca 1

Loan agreement

Banca 2

Banca 3

Debitore

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Figura 5: Participation syndicate

8.6.2 La fase post mandato Una volta ottenuto il mandato la banca (il gruppo di banche) vincitrice, divenuta arranger, da

inizio alla vera e propria fase di syndication ovvero di costituzione del sindacato di banche impegnato nel finanziamento. Il primo passo consiste nella preparazione dell’information memorandum ovvero del documento attraverso cui l’arranger diffonde alle altre banche le informazioni relative alle caratteristiche tecniche del prestito (ammontare, durata, condizioni) e allo status del prenditore (prospettive del settore in cui opera, strategia di sviluppo, situazione finanziaria passata e recente..). Se il mandato è stato vinto da una banca sola l’information memorandum viene preparato dall’arranger stesso e, una volta autorizzato dal debitore, distribuito alle potenziali banche partecipanti. Se il mandato è stato vinto da un sindacato di banche l’information memorandum viene redatto dalla banca a ciò delegata dal sindacato, fatto circolare tra le varie banche che devono accordarsi sul contenuto, e, quindi, diffuso alle potenziali banche partecipanti.

Nella scelta delle banche cui inviare l’information memorandum la banca arranger deve

innanzitutto tenere in considerazioni le preferenze del debitore che spesso richiede che siano invitate a partecipare al sindacato le sue banche di riferimento. In secondo luogo la banca arranger deve decidere quante e quali banche contattare. Per quanto riguarda il primo aspetto maggiore è il numero delle banche contattate maggiore la probabilità di successo ma maggiori anche gli sforzi di coordinamento. La decisione effettiva viene di volta in volta presa sulla base di considerazioni relative da un lato alla specificità del debitore e della transazione (merito di credito, solidità finanziaria, prospettive del settore cui il debitore appartiene, numero e forza dei rapporti con le banche di riferimento, dimensione del prestito richiesto…) dall’altro alle condizioni di mercato ( liquidità del mercato, generale interesse delle banche …). Per quanto riguarda il secondo aspetto, si tratta di decidere se invitare prevalentemente banche di primario standing e con esperienza nel mercato dei prestiti sindacati oppure banche di dimensioni e esperienza minore. La partecipazione al sindacato di banche del primo tipo tende ad aumentare le probabilità di successo, attribuisce maggiore lustro e pubblicità all’operazione ma comporta il riconoscimento a queste banche di un ruolo rilevante (spesso quello di lead manager) e di un livello commissionale maggiore. Dall’altro lato, il coinvolgimento di tante banche di medie/piccole dimensioni permette all’arranger di godere di un maggiore livello di autonomia e di conservare per se maggiori livelli commissionali ma può avere risvolti negativi in termini di coordinamento, pubblicità e visibilità dell’operazione.

Banca Arranger

Banca 1

Loan agreement Banca 2 Banca 3

Debitore

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In genere, tende a prevalere il primo approccio. Il rapporto tra le banche leader nel mercato dei prestiti sindacati, altamente competitivo nella fase pre-mandato, tende infatti a trasformarsi in un rapporto cooperativo e di reciprocità nella fase post-mandato. Questo significa che, una volta assegnato il mandato, la banca arranger tenderà ad invitare al prestito tutte le altre banche leader riconoscendo loro un ruolo primario (lead manager o senior lead manager) aspettandosi poi una reciprocità dell’invito al successivo prestito sindacato vinto da un altro arranger.

All’interno del sindacato, gli intermediari possono ricoprire quattro diversi ruoli a volte sovrapponibili: � Arranger: è la funzione svolta dalla banca che ottiene il mandato e che organizza l’operazione.

Nel caso in cui il mandato sia vinto da un gruppo di banche si parla di co-arranger. Il numero di banche che sono in grado di svolgere tutte le attività di un sindacato (dalla costruzione del sindacato, alla definizione delle caratteristiche tecniche e del prezzo dell’operazione) e, quindi, di divenire arranger, è relativamente limitato. Il ruolo di co-arrangers può essere attribuito anche alle banche di primario standing che sono invitate a partecipare al sindacato. Essere co-arranger implica, da un lato, l’impegno ad affiancare l’arranger nella conclusione dell’operazione e, dall’altro, il riconoscimento di un maggior livello commissionale;

� Lead manager: si tratta o del gruppo di banche di primaria importanza, ma spesso senza specifiche competenze nel mercato dei prestiti sindacati, cui viene riconosciuto un ruolo particolare al fine di facilitarne la partecipazione al prestito o del gruppo di banche che si impegnano a condividere l'impegno di sottoscrizione con la banca arranger. A volte la distinzione tra co-arrangers e lead manager riguarda esclusivamente l’impegno di sottoscrizione assunto: alle banche che assumono un maggiore impegno (in termini di ammontare sottoscritto) viene dato il ruolo di arrenger a quelle con un impegno più contenuto quello di lead managers;

� Banche underwriter: sono le banche che si assumono l’impegno di sottoscrizione nei prestiti fully o partially underwritten. L’arranger è sempre anche underwiter in quanto l’eventuale disimpegno dell’arranger dalla sottoscrizione viene percepito dal mercato come un segnale negativo circa la qualità dell’emissione.

� Banche partecipanti, costituisce, in genere, il gruppo più numeroso e raggruppa l’insieme di banche il cui impegno si esaurisce nell’erogazione di una quota del prestito.

Sulla base del numero di banche in ogni ruolo possono essere individuate tre strutture tipiche dei prestiti sindacati: la struttura a piramide (la più frequente), la struttura a piramide inversa e la struttura a diamante.

Figura 6: La struttura di un prestito sindacato

Diamante

Co-Arrangers/Underwriters

Lead Managers

Banche Partecipanti

Arranger (s)

Piramide

Arranger (s)

Piramide inversa

Lead Managers

Joint Arrangers

Co - Arrangers

Participants

Lead Manager

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Accanto ai ruoli sopra richiamati è necessario ricordare un’ulteriore ruolo determinante nei prestiti sindacati: quello dell’agent bank. L’agent bank (o facility agent) è la banca che, una volta avvenuta l’erogazione del prestito, si occupa dell’effettiva gestione del prestito . Tra i compiti dell’agent bank rientrano la definizione del tasso di interesse effettivo da applicare nel calcolo degli interessi11, la verifica del fatto che il debitore adempia in modo regolare al pagamento degli interessi e di tutte le altre spese del sindacato…Il ruolo dell’agent bank è molto importante. Alcune banche, nel decidere se partecipare o meno a un prestito sindacato prendono in considerazione anche la figura dell’agent bank e considerano di primaria importanza il fatto che la banca agente abbia una comprovata esperienza e si impegni lei stessa ad erogare parte del finanziamento. Di fatto, molto spesso, è l’arranger stesso che assume le funzioni di agent bank.

Analizzati i possibili ruoli delle banche nel sindacato, si può ora ritornare al processo di

formazione del sindacato. Distribuito l’information memorandum, la formazione del sindacato e l’erogazione effettiva del prestito avviene secondo le modalità tipiche anche dei collocamenti azionari e obbligazionari. Viene organizzato il roadshow ovvero il ciclo di incontri con le potenziali banche partecipanti in cui da un lato il debitore presenta la sua attività, i suoi recenti risultati finanziari, le previsioni inerenti la sua attività e la capacità di ripagare il debito dall’altro l’arranger illustra le caratteristiche tecniche dell’operazione. Nella preparazione del roadshow, l’arranger oltre a occuparsi della parte strettamente tecnica, deve anche assistere il debitore e consigliarlo sia sui contenuti che sulla forma della presentazione. La pratica del roadshow è molto utile sia per i debitori che per le banche potenziali partecipanti. Per i debitori il roadshow rappresenta un’opportunità per presentarsi. Per le banche il roadshow è lo strumento attraverso cui cercare di capire l’effettivo interesse del mercato per l’operazione e per definire compiutamente il pricing dell’operazione e il costo di eventuali impegni di sottoscrizione.

Terminato il roadshow inizia il book-running ovvero la fase di vendita del prestito alle banche

contattate. Una banca viene incaricata di svolgere le funzioni di book-runner e di raccogliere e registrare le adesioni al prestito sindacato. All’interno del sindacato il ruolo di book-runner è percepito come un ruolo importante che comporta un alto livello di capacità tecniche e organizzative dal momento che il book runner deve essere in grado di mantenere rapporti regolari con tutti i potenziali partecipanti e risolvere in breve tempo qualsiasi problema possa emergere.

Al termine della fase di vendita capita molto raramente che la quantità di prestito sottoscritta

dalle banche coincida con l’ammontare di prestito offerto. E’ più probabile che si verifichi un caso di oversubscription oppure di undersubscription. Nel primo caso l’ammontare sottoscritto è maggiore dell’ammontare offerto. Le cause dell’oversubscription possono essere molteplici, da un pricing troppo generoso, alla diffusione di notizie positive sull’emittente, al coinvolgimento di un numero eccessivo di banche. In ogni caso se le sottoscrizioni superano l’offerta disponibile, l’arranger può o procedere al riparto oppure, se il debitore è interessato, aumentare la quantità di titoli offerti. Più problematico è il caso in cui l’ammontare sottoscritto è inferiore all’ammontare offerto (undersubscription). In questo secondo caso le responsibilità dell’arranger variano in funzione della clausola di sottoscrizione del prestito. Nel caso di prestito best effort, l’arranger non ha alcuna responsabilità nei confronti del debitore che si troverà a raccogliere una quantità inferiore a quella stimata. Nel caso invece di collocamento con sottoscrizione totale o parziale, l’arranger, e l’eventuale gruppo di banche underwriter, dovrà invece sottoscrivere la quota di prestito rimasta invenduta.

La fase post mandato si conclude con l’effettiva allocazione del prestito alle varie banche, la

cerimonia di firma e la pubblicazione del tombstone, ovvero dell’annuncio pubblicitario dell’operazione, in cui sono indicati gli estremi dell’operazione e, distinti per ruoli, i nomi delle banche coinvolte. 11 I prestiti sindacati sono infatti erogati a tasso variabile. Sulla problematica della definizione del tasso di interesse variabile si tornerà nella descrizione delle caratteristiche tecniche dei prestiti.

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La figura 7 riassume le varie fasi di costituzione del sindacato e erogazione del prestito.

L’intero processo ha, in genere, ha una durata compresa tra le sei e le otto settimane. Figura 7: La concessione di un prestito sindacato Fase W1 W2 W3 W4 W5 W6 Assegnazione del mandato

� Assegnazione mandato � Definizione term loan � Invio lettere di invito

Formazione del sindacato

� Primi contatti con le banche invitate

� Prima presentazione dell’operazione

Preparazione documenti

� Raccolta interesse banche subordinatamente all’esame documenti

� Definizione documentazione tra Arrenger e Borrower

� Invio Documentazione � Roadshow

Raccolta impegni

� Bookrunning � Verifica sottoscrizioni � Allocazione finale definitiva

Chiusura � Cerimonia chiusura � Pubblicazione Tombstone

8.6.3 La fase post -firma Terminata la cerimonia di chiusura il prestito entra in vita e ha inizio la terza fase. Nella fase

post-firma diviene di importanza primaria il ruolo dell’agent bank che deve assicurare che il debitore agisca secondo i termini concordati.

8.7 La remunerazione degli intermediari Nei precedenti paragrafi è stato descritto il processo di organizzazione di un prestito sindacato

e il ruolo che i vari intermediari hanno al suo interno. Il diverso ruolo determina sia gli impegni richiesti che le commissioni dovute a ogni singola banca.

In un prestito sindacato si distinguono tre tipologie di commissioni: � Management fee; � Commitment fee; � Agency fee.

La management fee è la commisssione che il debitore paga all’arranger (arrangers) a

riconoscimento dei costi da questi sostenuti nell’organizzazione dell’operazione. Si tratta di una flat fee, ovvero di una commissione determinata come una certa percentuale fissa (in genere variabile tra lo 0,25% e il 2% del valore del finanziamento) pagata al momento dell’erogazione del prestito.

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La management fee è a sua volta scomponibile in: � praecipium; � underwriting fee; � participation fee;b � residual pool.

Il praecipium è la quota della management fee destinata a remunerare l’arranger per il suo lavoro di organizzazione del sindacato. Le underwting fees sono le commissioni riconosciute alle banche che si impegnano nella sottoscrizione del prestito. In un prestito best effort queste commissioni non sono presenti. Le participation fee sono le commissioni che spettano a tutte le banche che forniscono una certa quota del prestito. Le underwriting e le participation fee sono definite come una percentuale dell’impegno assunto. Quindi alle banche disposte a un maggior impegno di sottoscrizione o che forniscono quote maggiori del prestito sono riconosciute percentuali di commissioni più elevate. Il residual pool è dato dall’eventuale quota della management fee in eccesso rispetto al praecipium e alle commissioni di partecipazione e sottoscrizione. Il residual pool è suddiviso tra le banche arranger. La tabella 12 mostra un esempio di management fee.

Tabella 12: Le commissioni di un prestito sindacato

Ammontare prestito 500.000.000 euro

Management fee 2,4% Praecipium 35 b.p Underwriting fee 100 b.p Participation fee � Banche che sottoscrivono ammontare superiore a 500.000 euro � Banche che sottoscrivono un ammontare tra 100.000 e 500.000 � Banche che sottoscrivono un ammontare inferiore a 100.000

50 bp 20 bp 15 bp

Residual pool 20 bp La commitment fee è la commissione dovuta dal prenditore alle banche in relazione alla quota

di fido concesso ma non utilizzato. Come si vedrà meglio più avanti, i prestiti sindacati lasciano al prenditore discrezionalità nella scelta della quantità di fido ottenuto da utilizzare. Ciò significa che un’impresa, che ha ottenuto un finanziamento per 100 milioni, potrebbe decidere in un dato anno di utilizzarne solo lo 80%. La commitement fee è la commissione che l’impresa deve pagare sul 20% non utilizzato a remunerazione dell’impegno che in ogni caso le banche hanno assunto di mantenere a disposizione dell’impresa il 100% dell’ammontare richiesto.

L’agency fee infine è la remunerazione che spetta alla banca agente per il lavoro di

amministrazione del prestito. Viene in genere pagata come una quota fissa annuale. La seconda fonte di reddito dei prestiti sindacati è costituita dagli interessi che le banche

ricevono sulla quota di prestito utilizzato. Gli interessi dei prestiti sindacati sono determinati in funzione di un certo tasso di riferimento (in genere Libor o Euribor) più uno spread che è funzione delle caratteristiche specifiche dell’emittente, della complessità e della dimensione dell’operazione e della criticità delle condizioni di mercato. Tanto migliore il rischio di credito dell’emittente, tanto minore la complessità dell’operazione e la dimensione sia del prestito che del sindacato e tanto migliori sono le condizioni del mercato in termini di liquidità disponibile tanto minore è lo spread (figura 8).

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Rat

ing

del

deb

itore

Sia lo spread che il parametro di riferimento possono costituire oggetto di intenso dibattito nelle fasi di determinazione delle caratteristiche tecniche del prestito. Può infatti capitare che non tutte le banche del sindacato condividano la stessa valutazione l prenditore o della rischiosità del prestito. In tali situazioni il processo di negoziazione relativo ai punti di spread da applicare per evitare da un lato di presentare un’offerta poco competitiva dall’altro di rendere poco conveniente la partecipazione di altre banche può essere piuttosto laborioso. Per quanto riguarda il tasso di riferimento, si tratta invece di una “difficoltà puramente tecnica”. Il tasso di riferimento (euribor, libor…) non è infatti unico per tutte le banche del sindacato. Si tratta allora di definire quale tasso concretamente utilizzare. Il problema viene in genere risolto selezionando, all’interno delle banche del sindacato, un gruppo di banche (tre o quattro), le reference bank, e considerando come tasso effettivo da applicare al debitore per il calcolo degli interessi il tasso medio delle reference bank. L’operazione di calcolo del tasso effettivo da applicare e di comunicazione di tale tasso al debitore è fatta dall’agent bank.

Figura 8: I fattori che determinano il pricing dei prestiti sindacati

8.8 La struttura tecnica del prestito sindacato Per concludere la trattazione dei prestiti sindacati è necessario esaminare le principali

caratteristiche tecniche dei prestiti sindacati con riferimento a: � piano di utilizzo e di rimborso; � ammontare; � durata; � valuta di denominazione; � costi; � altre clausole.

Neg

ativ

o P

osi

tivo

Tip

olo

gia

se

ttore

Dim

ensi

on

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rest

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Du

rata

Dim

ensi

on

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Esp

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ban

cari

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Op

eraz

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i eq

uiv

alen

ti su

l m

erca

to

Ciclico

Aciclico

> 20 mld euro

< 2 mld euro

5 anni

364 giorni

elevata

ridotta

molti Piccolo

Grande Pochi

Debole

Elevato

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Per quanto riguarda il piano di utilizzo e di rimborso esiste un’ampia gamma di strutture raggruppabili in due macrocategorie: i term loan e i revolving credit. Nei term loan esiste una separazione tra fase di utilizzo dei fondi e fase di rimborso. Nella fase di utilizzo, il grace period, il prenditore si limita a pagare gli interessi sulla quota di capitale utilizzata senza alcun impegno in termini di restituzione del capitale. La restituzione del capitale ha inizio solo al termine del grace period quando inizia la fase di rimborso in cui il prenditore non può più utilizzare il prestito ma deve impegnarsi a rimborsare il capitale secondo le modalità stabili nel loan agreement. La struttura tipica di un term loan è quella rappresentata in figura 9 Figura 9: Le dinamiche di utilizzo e rimborso in un term loan

t0 tn

ts Una particolare tipologia di term loan sono i bullet loan che si caratterizzano per il fatto che il

capitale viene erogato interamente subito dopo la firma del loan agreement e viene poi interamente rimborsato alla scadenza del prestito.

Nei revolving credit invece non esiste alcuna separazione tra fase di utilizzo e di rimborso. Il

prenditore gode di un’assoluta discrezionalità nel decidere quando e in quale percentuale utilizzare e rimborsare il capitale ricevuto a prestito purché alla scadenza tutto il capitale sia stato rimborsato. I revolving credit rispetto ai term loan presentano una maggiore flessibilità pagata però in termini di maggiori oneri commissionali o spread.

Figura 10: Le dinamiche di utilizzo e di rimborso di un revolving credit

t0 ts Per quanto la durata (figura 11), i prestiti sindacati sono uno strumento di finanziamento

tradizionalmente a medio-lungo termine con durata variabile tra i quattro e gli otto anni. Recentemente si è diffuso l’uso dei prestiti sindacati anche per brevi durate. In questi casi al prestito sindacato sono quasi sempre associate opzioni che consentono di estendere la durata del prestito oltre la sua vita naturale.

Grace period

Fase di rimborso

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Figura 11: Prestiti sindacati per durata

La valuta di denominazione tipica dei prestiti sindacati è il dollaro e, più recentemente l’euro

(figura 12). Tuttavia è molto difficile trarre una conclusione definitiva sulla valuta dei prestiti sindacati dal momento che molti di essi contengono la clausola multicurrency che consente al prenditore di modificare la valuta di denominazione del prestito nel corso della vita del prestito stesso. Quindi prestiti che nascono denominati in dollari possono trasformarsi in euro o in yen.

Figura 12: prestiti sindacati per valuta

Della struttura dei costi infine si è già detto trattando della remunerazione degli intermediari.

Prestiti sindacati per valuta di denominazione

0%

20%

40%

60%

80%

100%

1997 1998 1999 2000 2001

EUR USD GBP SWF NOKSKR SPP FRF JPY Other

250

0

50

100

150

200

Fino a 1anno

>1-3anni

>3-5anni

>5-10anni

>10anni

(US

$ bi

llion

s)

Volume 2000 Volume 2001