Capitolo 6 – MISURE INCLINOMETRICHE 6.1...

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6.1 Capitolo 6 – MISURE INCLINOMETRICHE 6.1 INTRODUZIONE Nel 2002 nei fori di sondaggio sono state installate tubazioni inclinometriche, di lunghezza compresa tra 12 e 30 m, per lettura con sonda rimovibile. L'ubicazione delle postazioni inclinometriche è riportata in Figura 6.1. Il monitoraggio inclinometrico, così come quello piezometrico, non è stato né continuo né contemporaneo per tutte le postazioni (Figura 6.2). E’ possibile tuttavia individuare due distinti “periodi di analisi” della durata di 13 giorni (8-21 Aprile 2003 e 15-28 Marzo 2004) per i quali si dispone di letture per un numero adeguato di postazioni ed è possibile definire il valore della velocità di spostamento lungo la “superficie” di scorrimento (velocità valutate dividendo lo spostamento cumulato al tetto della zona di scorrimento per il tempo intercorso tra due letture successive). In Appendice B sono riportate le deformate dei tubi inclinometrici. Le letture originali, contenenti numerosi errori per lo più grossolani e sistematici per deriva del fuori zero (questi ultimi dovuti ad un cattivo funzionamento della sonda) hanno richiesto numerose correzioni al fine di poter impiegare la lettura per considerazioni quantitative sui caratteri cinematici dei movimenti. 6.2 ANALISI DELLE MISURE Le letture inclinometriche indicano che le deformazioni di taglio sono concentrate all’interno di una zona di scorrimento che generalmente ha spessore minore del paio di metri. Fa eccezione la postazione I20, che presenta una zona di scorrimento di 3,5 m di spessore, al di sopra della quale sono presenti ulteriori deformazioni di taglio. Spostamenti superficiali sono presenti, nelle zone più acclivi, fino a profondità di circa 2 m dal piano campagna. L’inclinometro 1 mostra che, tra la prima lettura e quella di zero, il tratto di tubo tra 4 e 9 m di profondità ha subito deformazioni compatibili con una condizione di carico per compressione

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6.1

Capitolo 6 – MISURE INCLINOMETRICHE

6.1 INTRODUZIONE

Nel 2002 nei fori di sondaggio sono state installate tubazioni inclinometriche, di lunghezza

compresa tra 12 e 30 m, per lettura con sonda rimovibile. L'ubicazione delle postazioni

inclinometriche è riportata in Figura 6.1.

Il monitoraggio inclinometrico, così come quello piezometrico, non è stato né continuo né

contemporaneo per tutte le postazioni (Figura 6.2). E’ possibile tuttavia individuare due distinti

“periodi di analisi” della durata di 13 giorni (8-21 Aprile 2003 e 15-28 Marzo 2004) per i quali si

dispone di letture per un numero adeguato di postazioni ed è possibile definire il valore della

velocità di spostamento lungo la “superficie” di scorrimento (velocità valutate dividendo lo

spostamento cumulato al tetto della zona di scorrimento per il tempo intercorso tra due letture

successive).

In Appendice B sono riportate le deformate dei tubi inclinometrici. Le letture originali,

contenenti numerosi errori per lo più grossolani e sistematici per deriva del fuori zero (questi

ultimi dovuti ad un cattivo funzionamento della sonda) hanno richiesto numerose correzioni al

fine di poter impiegare la lettura per considerazioni quantitative sui caratteri cinematici dei

movimenti.

6.2 ANALISI DELLE MISURE

Le letture inclinometriche indicano che le deformazioni di taglio sono concentrate all’interno di

una zona di scorrimento che generalmente ha spessore minore del paio di metri. Fa eccezione la

postazione I20, che presenta una zona di scorrimento di 3,5 m di spessore, al di sopra della quale

sono presenti ulteriori deformazioni di taglio.

Spostamenti superficiali sono presenti, nelle zone più acclivi, fino a profondità di circa 2 m dal

piano campagna.

L’inclinometro 1 mostra che, tra la prima lettura e quella di zero, il tratto di tubo tra 4 e 9 m di

profondità ha subito deformazioni compatibili con una condizione di carico per compressione

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6.2

lungo il proprio asse, senza che siano intervenute ulteriori deformazioni tra la prima lettura e

quelle successive. Rimane incerta la causa di una siffatta deformazione.

La tubazione della postazione I6 non si intesta nel substrato stabile, e la base del tubo rimane

all’interno della zona di scorrimento; ciononostante è stato possibile elaborare le misure,

ottenendo informazioni sull’andamento delle deformazioni nel tempo e sulla profondità del tetto

della zona di scorrimento. Poiché il tubo non è intestato nel substrato stabile, gli spostamenti

calcolati sono minori di quelli reali.

L'inclinometro I3, lungo 27 m, in entrambi i periodi di misure non ha fornito indicazioni di

spostamenti, pur essendo ubicato in una zona in cui erano attesi movimenti relativamente

profondi sulla base dei dati forniti dagli inclinometri circostanti e di considerazioni di ordine

geomorfologico.

All’inclinometro I3 è stata affiancata, nell’estate del 2004, una nuova tubazione inclinometrica

(denominata I3bis), lunga 37 m. Un nuovo foro di sondaggio è stato inoltre realizzato nell’area di

espansione dell’abitato di Montemartano (postazione I21), anch’esso attrezzato con tubazione

inclinometrica (lunghezza 34 m).

I nuovi inclinometri (I3bis e I21), tenuti sotto osservazione per circa tre mesi (Settembre –

Dicembre 2004) in un periodo di piogge particolarmente intense e continue, non hanno fornito

indicazioni di spostamenti. Successivamente non sono state eseguite misure e nell'inverno 2004-

2005 il tubo inclinometrico 3bis è stato danneggiato e reso inutilizzabile.

Si deve però sottolineare che nella postazione I3bis la roccia costituente il substrato, nel tratto di

perforazione tra 27 e 39 m, è risultata allentata e intensamente fratturata, tanto che per assicurare

la stabilità del foro è stata messa in opera una tubazione di rivestimento. Il foro di sondaggio

arrestatosi a 39 m per il raggiungimento della coppia massima consentita dall’attrezzatura di

perforazione, rimasto senza rivestimento negli ultimi metri (da 35 a 39 m), si è chiuso a 37 m.

Nel caso della postazione inclinometrica I4 sono presenti due diverse zone di scorrimento, una

profonda, più sottile, lungo la quale si registrano gli spostamenti maggiori, ed una più

superficiale, di spessore maggiore, caratterizzata da spostamenti minori. La zona di scorrimento

profonda della tubazione I4 è quella in cui sono stati registrati gli spostamenti massimi tra tutti i

tubi inclinometrici.

Nella Tabella 6.1 sono riportati la profondità e l'unità stratigrafica all’interno del quale si

sviluppa la zona di scorrimento.

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6.3

Postazione

inclinometrica Profondità della

zona di scorrimento

(m)

Spessore della zona di

scorrimento (m)

Unità stratigrafica all’interno della quale si sviluppa la zona di scorrimento

I1 15,5-16 0,5 Contatto tra materiale di frana e substrato allentato I2 22-22,5 0,5 Substrato allentato I4 7-10,5 3,5 Materiale di frana I4 16-18,5 2,5 Materiale di frana I5 7-8 1 Contatto tra materiale di frana e substrato allentato

I6 (*) 21,5-? (*) > 1,5 (*) Materiale di sedimentazione I8 17,5-18,5 1,0 Substrato allentato I9 11,11,5 0,5 Substrato allentato

I20 3,5-7 3,5 Contatto tra materiale di frana e substrato allentato

Tabella 6.1 – Profondità, spessore e unità stratigrafica all’interno del quale si sviluppa la zona di scorrimento. Nei casi in cui la tubazione inclinometrica non è intestata nel substrato stabile è riportata la profondità del tetto della zona di scorrimento. In questo caso il dato è evidenziato con un asterisco (*).

6.3 DIREZIONI E VELOCITA’ DI SPOSTAMENTO

Lungo il versante è possibile individuare due settori caratterizzati da valori medi diversi

dell’azimuth del vettore spostamento (Figura 6.3 e Tabella 6.2).

Postazione inclinometrica Azimuth del vettore

spostamento (°) I1 74 I2 62

I4 (zona di scorrimento superficiale) 84 I4 (zona di scorrimento profonda) 61

I5 91 I6 69 I8 93 I9 88

I20 64 Tabella 6.2 – Azimuth (angolo misurato dal Nord, positivo in senso orario) del vettore spostamento per le

postazioni inclinometriche presenti lungo il versante.

Il settore Nord comprende le postazioni I1, I6, I20, I2 ed I4; l’azimuth del vettore spostamento è

compreso tra 61° e 74°; ricadono in quest’area anche le postazioni I3bis e I21, che non hanno

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6.4

indicato spostamenti, e la postazione I5, ubicata a Nord-Ovest in una zona laterale ed arretrata

delle coltri di frana, caratterizzata dal valore medio dell’azimuth degli spostamenti pari a 91°.

Il settore Sud comprende le postazioni I8 ed I9, i cui azimuth del vettore spostamento sono pari a

88° e 93° rispettivamente.

Per i due settori il vettore degli spostamenti è diretto verso i rispettivi minimi morfologici,

presenti a Nord e a Sud del rilievo del Colle Rosso.

Le velocità di spostamento sono riportate nella Tabella 6.3.

Postazione inclinometrica Velocità nel primo periodo di analisi

(mm/mese)

Velocità nel secondo periodo di analisi

(mm/mese) I1 assenza di letture 0,2 I2 1,0 assenza di letture

I4 (zona di scorrimento superficiale) < 0,1 2,4 I4 (zona di scorrimento profonda) 1,3 24,5

I5 < 0,1 7,8 I6 < 0,1 10,6 I8 fermo 2,7 I9 0,3 assenza di letture

I20 5,6 21,7

Tabella 6.3 – Velocità degli spostamenti nel periodo 8-21 Aprile 2003 e nel periodo 15-28 Marzo 2004.

Le velocità calcolate nel primo periodo di analisi sono piuttosto ridotte, con eccezione di quella

relativa alla tubazione I20; nel secondo periodo sono maggiori, e risultano diverse da postazione

a postazione.

6.4 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Il monitoraggio inclinometrico ha evidenziato che le deformazioni di taglio sono concentrate

all’interno di una zona di scorrimento che generalmente ha spessore minore di un paio di metri.

Le velocità di spostamento nei due periodi di osservazione sono piuttosto diverse, variando da

frazioni di mm/mese a valori dell’ordine di qualche decina di mm/mese. Tenuto conto del breve

periodo di osservazione nei due anni di controlli, non è possibile definire l’ordine di grandezza

della velocità di spostamento media annuale, che comunque dovrebbe risultare contenuta entro

valori dell’ordine di qualche cm/anno.

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6.5

Le informazioni sui movimenti in atto che è possibile trarre dall’analisi delle misure

inclinometriche non consentono una completa ricostruzione della geometria dei corpi di frana.

La mancanza di indicazioni di spostamento nella parte centrale del versante, dove le tubazioni

inclinometriche I21 ed I3 bis non hanno fornito segni di movimento fino alla profondità

corrispondente alla loro lunghezza, non consente di stabilire se l’intero versante sia interessato

da un unico movimento profondo o se la parte superiore e quella inferiore del pendio,

morfologicamente più acclivi, siano interessate da movimenti aventi estensione e profondità

limitate e cinematismi differenti l’uno dall’altro.

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0 100 200 mN

Figura 6.1 - Ubicazione delle postazioni inclinometriche.

I 20

I 2I 5I 1

I 6

I 3I 3 bis

I 21

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G

data di installazione del tubo inclinometricodata di installazione del tubo inclinometrico successiva a questa data, ma non nota con precisionedata della lettura di zerodata di letturadata di lettura contenente errori troppo grandi per essere correttidata in cui il tubo è stato trovato inagibile

Figura 6.2 - Monitoraggio inclinometrico.

DD

6

Incl

inom

etro

2002

13

1615

89

SSS20

OO NN

1

542

AFG M2003G G M L A SSS OO NN DD G F M A SS

2004LM G G A NO D F M

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0 100 200 mN

Figura 6.3 - Misure inclinometriche: azimuth del vettore spostamento.

I 20

I 2I 5

I 1

I 6

I 21

I 3I 3 bis

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7.1

Capitolo 7 – RICOSTRUZIONE DEI CARATTERI GEOMETRICI E

CINEMATICI DEL FENOMENO FRANOSO

7.1 INTRODUZIONE

Nel caso di versanti che hanno avuto un’evoluzione complessa, la definizione dei caratteri

geometrici e cinematici dei movimenti risulta tanto più incerta quanto minore è la densità

spaziale delle postazioni di misura e quanto meno sono evidenti in superficie i segni morfologici

del fenomeno. Nel caso del pendio in esame le postazioni inclinometriche, sebbene numerose,

non consentono una definizione univoca e certa dei caratteri geometrici dei fenomeni di

instabilità in atto a causa dell’estensione areale del versante.

Le analisi condotte nel Capitolo 4 hanno però permesso di definire con sufficiente certezza la

perimetrazione dell’area di interesse per lo studio dei movimenti delle coperture detritiche e di

frana ed hanno permesso di identificare, nelle grande linee, le zone interessate da movimenti in

atto.

Queste informazioni, integrate con i dati del monitoraggio inclinometrico mutuamente correlati

tra loro, sono state utilizzate per definire la possibile geometria dei corpi di frana, che possono

essere tra loro contigui o anche sovrapposti, e conseguentemente per prospettare differenti

scenari per i movimenti in atto nel versante.

7.2 DEFINIZIONE DELLA POSSIBILE GEOMETRIA DEI CORPI DI

FRANA

Come evidenziato nel paragrafo 6.3, il versante può essere suddiviso in due settori caratterizzati

da valori diversi dell’azimuth del vettore spostamento ricavato dalle misure inclinometriche

(Figura 6.3 e Tabella 6.2). Per ciascuno dei due settori il vettore degli spostamenti è diretto verso

il rispettivo minimo morfologico, a Nord e a Sud del rilievo del Colle Rosso.

Di seguito per ciascuno dei due settori sono analizzate le misure inclinometriche alla luce delle

informazioni morfologiche e presentate le possibili superfici di scorrimento.

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7.2

7.2.1 Settore Nord

Come visto nei capitoli precedenti, per le zone V e per la parte della zona VII ricadente nel

settore Nord (Figure 4.1 e 6.3) non si dispone di dati certi sulla esistenza di movimenti in atto.

In particolare per la zona V, ritenuta non realistica l’ipotesi di basamento affiorante per

considerazioni di carattere geomorfologico e stratigrafico (sondaggi S6 ed S21), possono

formularsi le seguenti ipotesi sullo stato di attività del fenomeno franoso:

a) fenomeno franoso quiescente: i movimenti in questa zona si attivano solo per eventi meteorici

particolarmente gravosi, in grado di produrre forti incrementi dei livelli piezometrici nel

sottosuolo. Ciò non si sarebbe verificato durante i periodi per i quali si dispone di misure di

spostamento. Sono a favore di questa ipotesi la generale assenza di dissesti rilevanti negli edifici

esistenti e l’assenza di indicazioni di movimenti in corrispondenza dell’inclinometro I21 fino alla

profondità di 34 m. Contrastano con questa ipotesi i movimenti segnalati dall’inclinometro I6,

posto al margine occidentale della zona in esame, che individua una zona di scorrimento alla sua

base ma non raggiunge il terreno fermo sottostante.

b) fenomeno franoso attivo: sono a favore di questa ipotesi le indicazioni fornite

dall’inclinometro I6 e la direzione dei movimenti da questo indicata, che è quella comune

all’intero settore Nord. Va notato che, a differenza delle altre postazioni inclinometriche,

l’inclinometro I6 è stato tenuto sotto controllo fino a Marzo 2005 (Figura 6.2). La zona di

scorrimento dovrebbe passare al di sotto della base della tubazione I21. La generale assenza di

dissesti ai fabbricati potrebbe essere spiegata tenendo conto di un comportamento

sostanzialmente rigido della zolla di materiale in movimento.

Nella parte della zona VII ricadente nel settore Nord risulta più difficile valutare lo stato di

attività dell'eventuale fenomeno franoso per l’esistenza di una sola postazione inclinometrica (I3

bis) e per la sostanziale assenza di manufatti e di indicazioni morfologiche di movimenti in atto.

A riguardo possono essere formulate le seguenti:

a) zona stabile per la presenza di “alti” del basamento; questa presenza, che sulla base dei dati

disponibili non può essere esclusa a priori, appare tuttavia poco probabile in relazione alla forma

ondulata del versante, che contrasta con quella regolare dell’adiacente zona I, dove affiora il

basamento. Il sondaggio S3 bis, che ha attraversato materiali di frana fino a circa 25 m di

profondità, potrebbe ricadere in una zona dove il basamento è relativamente profondo.

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7.3

b) fenomeno franoso quiescente: si può ipotizzare l’esistenza di una “superficie” di scorrimento

preesistente che interessi il tratto finale della tubazione inclinometrica I3 bis dove durante la

perforazione il foro si è richiuso.

c) fenomeno franoso attivo: si può ipotizzare l’esistenza di una “superficie” di scorrimento al di

sotto della base della tubazione inclinometrica I3 bis.

Sulla base delle ipotesi formulate sulle condizioni di stabilità, possono essere ipotizzate diverse

geometrie dei corpi di frana. Nel caso in cui le zone risultino effettivamente stabili, è chiaro che i

movimenti sarebbero relegati alla parte sommatale e a quella inferiore del versante. Nelle

condizioni di stabilità marginale o di movimento in atto si può invece ipotizzare la presenza di

un unico corpo di frana sviluppato lungo l’intero settore Nord.

In quanto segue la geometria dei corpi di frana sarà caratterizzata dalla estensione areale

riportata in Figura 7.1 e dalla superficie di scorrimento.

Superficie di scorrimento “A”

Si considera una superficie di scorrimento unica (Figure 7.1, 7.2 e 7.3) che interessa l’intero

settore, sviluppata per la maggior parte nel substrato allentato; essa è intercettata dalle tubazioni

inclinometriche I6, I4 (zona di scorrimento più profonda) e I20, mentre passa al di sotto della

base delle tubazioni inclinometriche I1, I2, I21 e I3bis; la superficie considerata non è quindi in

grado di giustificare gli spostamenti evidenziati dalle postazioni inclinometriche I1 e I2.

Lo spostamento in corrispondenza della postazione I5 diretto in modo non conforme a quello

delle postazioni inclinometriche ad essa più prossime potrebbe essere dovuto ad un richiamo

operato dal corpo di frana principale.

Superficie di scorrimento “B”

Lo scorrimento evidenziato in corrispondenza della postazione I2 potrebbe essere spiegato

assumendo che il corpo di frana corrispondente alla superficie di scorrimento “A” sia suddiviso

in blocchi. La superficie di scorrimento che viene intercettata dalla postazione I2 (superficie di

scorrimento “B”) potrebbe intercettare il piano di campagna poco a monte della postazione stessa

(Figura 7.1), in accordo con la morfologia locale (Figura 7.4), e raccordarsi in profondità alla

superficie di scorrimento “A”.

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7.4

Superficie di scorrimento “C”

Come visto, alla base del versante sono presenti zone depresse, ondulazioni ed irregolarità della

superficie del terreno, caratteristiche morfologiche che denotano in modo evidente l’esistenza di

movimenti superficiali e profondi in atto.

Immediatamente a monte è presente un salto morfologico alla cui base, come detto al paragrafo

4.2, si estende un terrazzo di frana (Figura 7.1).

Le letture inclinometriche indicano in corrispondenza della verticale I4 la presenza di due zone

di scorrimento distinte (Appendice B): quella più superficiale sembra indicare la presenza di una

superficie di scorrimento (superficie di scorrimento “C”) che ben si raccorda con la morfologia a

monte e con la superficie di scorrimento “A” (Figura 7.4).

Superficie di scorrimento “D”

Se si ipotizza la presenza di una superficie di scorrimento che interessi contemporaneamente le

postazioni I1 e I2, questa dovrebbe delimitare un corpo di frana il cui fianco destro dovrebbe

passare a Nord della tubazione I3bis (in quanto la tubazione I3bis non ha subito deformazioni) e

a Nord dell’area di espansione del centro abitato (Figura 7.1).

Tale ipotesi appare però poco probabile in relazione alla profondità della zona di scorrimento

nella postazione I2 (tra 22 e 22,5 m): infatti questa postazione è molto prossima al fianco destro

del corpo di frana, e pertanto non si giustifica una profondità di scorrimento così elevata.

Superficie di scorrimento “E”

L’ipotesi di una superficie di scorrimento che intercetti le postazioni I1 e I20, ma non la

postazione I2 (Figure 7.1 e 7.5), appare poco probabile in relazione alla direzione del vettore

spostamento della postazione I1.

Superficie di scorrimento “F”

Nell’ipotesi che la superficie di scorrimento intercettata dalla postazione I1 non venga

intercettata da altre postazioni inclinometriche, essa potrebbe corrispondere ad un movimento

che interessa unicamente le coperture presenti nella parte sommitale del versante, venendo a

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7.5

giorno sostanzialmente in corrispondenza del tratto di strada provinciale (Figura 7.6). Tale

movimento rimane comunque indefinito nei suoi contorni planimetrici, anche perché non vi sono

segni morfologici evidenti dell’uscita a valle della superficie di scorrimento.

7.2.2 Settore Sud

Superficie di scorrimento “G”

La morfologia in corrispondenza della postazione I8 è particolarmente complessa: tuttavia è

evidente la presenza di una zona pianeggiante poco a valle della postazione stessa, che, in

accordo con le indicazioni stratigrafiche generali, potrebbe corrispondere ad un affioramento del

substrato.

Nell’ipotesi che la superficie di scorrimento intercettata dalla postazione 8 venga a giorno in

corrispondenza di tale zona pianeggiante, essa potrebbe limitare un movimento sostanzialmente

locale (Figura 7.1), il cui coronamento non raggiunge l’area di espansione del centro abitato; a

destra il movimento potrebbe essere delimitato dal fosso che limita a Sud le coperture detritiche

e di frana, mentre il fianco sinistro potrebbe correre lungo la strada provinciale ed essere

responsabile dei dissesti che la pavimentazione della strada presenta qualche decina di metri a

monte della postazione I8. Occorre però notare che l’azimuth del vettore scorrimento è ruotato di

almeno 15° in senso antiorario rispetto alla direzione che dovrebbe avere il movimento

ipotizzato. In base a tale osservazione l’ipotesi formulata è da ritenere poco probabile.

Superficie di scorrimento “H”

Il vettore spostamento in corrispondenza della postazione I8 e I9 indica che il movimento è

diretto verso il minimo morfologico presente a Sud del rilievo del Colle Rosso.

Se si ipotizza una superficie di scorrimento che intersechi le tubazioni inclinometriche I8 e I9,

venendo a giorno alla base del salto morfologico posto immediatamente a valle dell’inclinometro

I9, si individua un corpo di frana la cui estensione areale è riportata in Figura 7.1. La superficie

di scorrimento “H” si sviluppa prevalentemente all’interno del substrato allentato (Figura 7.7).

Superficie di scorrimento “I”

In alternativa alla ipotesi di superficie di scorrimento “H”, si può anche ipotizzare che la

superficie di scorrimento intercettata dalla postazione I9 abbia coronamento ubicato una ventina

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7.6

di metri a monte della sede stradale, e limiti uno scoscendimento di tipo rotazionale avente

carattere locale (Figura 7.1).

7.3 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

L’area è globalmente suddivisibile in due settori (Nord e Sud): per tutte le postazioni

inclinometriche ubicate all’interno di un settore, il vettore spostamento è diretto verso il

principale minimo morfologico.

La profondità e la velocità dei movimenti sono differenti da zona a zona.

I movimenti più importanti sono tutti compresi all’interno del settore Nord. In base alle

considerazioni svolte non si può escludere la presenza di una superficie di scorrimento unica che

interessi l’intero settore da monte fino a valle. Il corpo di frana ad essa corrispondente potrebbe

essere smembrato in più blocchi, dotati di diversa mobilità e mutuamente interagenti tra loro.

Oltre a questo movimento, che potrebbe anche corrispondere ad un meccanismo di frana per

scorrimenti multipli, sono presenti movimenti più superficiali, probabilmente interagenti con il

movimento profondo. In alternativa a tale ipotesi è possibile che il settore Nord sia stabile nella

sua parte centrale e che movimenti interessino unicamente la sua parte sommatale ed inferiore.

Anche il settore Sud potrebbe essere sede di movimenti aventi profondità e caratteri cinematici

differenziati, che risultano maggiormente evidenti dove la morfologia è più acclive.

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I 20

I 2I 5

I 1

I 6

I 3 bis

A'

0 100 200 m

N

Figura 7.1 - Estensione in superficie dei corpi di frana individuati dalle differenti superficie di scorrimento considerate; la lettera riportata accanto al limite di ciascun corpo di frana corrisponde alla denominazione della superficie di scorrimento associata. Nella

Figura sono inoltre riportate le postazioni inclinometriche con direzione del vettore spostamento e le tracce delle sezioni considerate.

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Sorgenti p.c. 620 m s.l.m.

postazione 1p.c. 594 m s.l.m.

postazione 2 p.c. 564 m s.l.m.

postazione 4p.c. 494 m s.l.m.

postazione 3 p.c. 553 m s.l.m.

Quo

ta (

m s

.l.m

.)

postazione 6p.c. 586 m s.l.m.

postazione 3 (proiettata)p.c. 553 m s.l.m.

postazione 4p.c. 494 m s.l.m.

(Est)(Ovest)

Quo

ta (

m s

.l.m

.)

Figura 7.2 - Settore Nord, superficie di scorrimento "A".

(Ovest) (Est)

(m)

(m)

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Figura 7.3 - Settore Nord, superficie di scorrimento "A".

(Sud)

postazione 6p.c. 586 m s.l.m.

Edificio (Nord)

postazione 1p.c. 594 m s.l.m.

Quo

ta (

m s

.l.m

.)

postazione 2 (proiettata)p.c. 564 m s.l.m.(Sud) postazione 21

p.c. 574 m s.l.m.

Abitato storico di Montemartano

(Nord)

Nuovo nucleo abitativo

Quo

ta (

m s

.l.m

.)

(m)

(m)

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Sorgenti p.c. 620 m s.l.m.

postazione 1p.c. 594 m s.l.m.

postazione 2 p.c. 564 m s.l.m.

postazione 4p.c. 494 m s.l.m.

postazione 3 p.c. 553 m s.l.m.

Quo

ta (

m s

.l.m

.)

Figura 7.4 - Settore Nord, superfici di scorrimento "A", "B" e "C".

(Ovest) (Est)

superficie di scorrimento "A"

superficie di scorrimento "B"

superficie di scorrimento "C"

(m)

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Sorgenti p.c. 620 m s.l.m.

postazione 1p.c. 594 m s.l.m.

postazione 2 p.c. 564 m s.l.m.

Quo

ta (

m s

.l.m

.)

Figura 7.5 - Settore Nord, superficie di scorrimento "E".

(Ovest) (Est)

(m)

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Sorgenti p.c. 620 m s.l.m.

postazione 1p.c. 594 m s.l.m.

postazione 2 p.c. 564 m s.l.m.

Quo

ta (

m s

.l.m

.)

Figura 7.6 - Settore Nord, superficie di scorrimento "F".

(Ovest) (Est)

(m)

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(Ovest)

postazione 9pc: 506 mslm

postazione 8 (proiettata)p.c. 538 m s.l.m.

(Est)

postazione 6 (proiettata)p.c. 586 m s.l.m.

Figura 7.7 - Settore Sud, superficie di scorrimento "H".

Quo

ta (

m s

.l.m

.)

superficie di scorrimento "H"

(m)

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8.1

Capitolo 8 – ANALISI DELLE PRECIPITAZIONI METEORICHE

8.1 INTRODUZIONE

Com’è noto, gli eventi meteorici, attraverso la loro influenza sul regime delle acque sotterranee,

rivestono un ruolo fondamentale per la stabilità dei versanti.

Nel caso dei movimenti lenti di versante è stata notata una sostanziale dipendenza della velocità

di scorrimento dal regime di precipitazione sia annuale che pluriennale (Bertini et al., 1986); tale

dipendenza non sempre è univoca, e le relazioni tra precipitazione, regime idraulico sotterraneo e

velocità di spostamento possono essere analizzate e meglio comprese qualora sia stato chiarito il

regime delle acque sotterranee e il meccanismo che governa il fenomeno franoso in studio.

Le correlazioni si basano sul confronto tra una grandezza idrologica opportunamente definita e

l’andamento temporale dei livelli piezometrici e delle velocità di spostamento nelle varie zone

del versante (Gervrau et al., 1991).

L’analisi delle serie storiche delle altezze giornaliere di pioggia consentono di riconoscere i

periodi di maggior precipitazione e di correlarli con i movimenti superficiali, ma mal si presta

per spiegare l’andamento temporale dei livelli piezometrici nel caso di piezometri installati in

profondità in terreni di bassa permeabilità.

Più utile è l’“altezza di pioggia giornaliera cumulata su N giorni”; essa è, per ogni giorno, la

somma delle altezze di pioggia giornaliera del giorno considerato e degli N–1 giorni precedenti.

∑−=

=i

Nijj

cumulataNi pP ,

Nella definizione della grandezza viene attribuito peso unitario a tutte le altezze di pioggia

giornaliere del periodo di N giorni considerato.

L’altezza di pioggia cumulata su N giorni, poiché tiene conto di tutta la pioggia caduta negli N

giorni precedenti, è uno strumento che può essere utilizzato per tener conto dei tempi di

filtrazione necessari per la modifica delle condizioni idrauliche in profondità.

Il numero N di giorni su cui cumulare le altezze di pioggia giornaliera non è un dato a priori, e va

individuato per tentativi (Tommasi et al., 2006): esso è il valore in corrispondenza del quale

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8.2

l’andamento delle altezze di pioggia giornaliere cumulate sugli N giorni risulta in fase con

l’andamento dei livelli piezometrici.

Al crescere del numero N di giorni, i picchi delle piogge giornaliere cumulate su N giorni

diminuiscono di numero e crescono in durata; a brevi periodi di accumulo corrispondono invece

frequenti picchi della grandezza. L’adozione di un ridotto numero di giorni N è idonea nei casi in

cui le variazioni del regime idraulico nel sottosuolo sono piuttosto rapide, mentre periodi di

accumulo lunghi ben si prestano per i casi in cui la variazione del regime idraulico avviene con

variazioni più regolari, che si verificano su un arco temporale più lungo.

L’altezza di pioggia giornaliera cumulata su N giorni è stata utilizzata da Tommasi et al.(2006)

per mostrare la relazione tra regime delle precipitazioni, livelli piezometrici e velocità di

spostamento per la frana di Porta Cassia ad Orvieto (Figura 8.1). Il versante in oggetto è

costituito da argille fortemente sovraconsolidate fessurate, la cui porzione sommitale è

ammorbidita ed alterata, alla quale si sovrappone una coltre di detrito di frana formato da

materiali vulcanici ed argillosi rimaneggiati. La superficie di scorrimento interessa sia il detrito

che la sottostante porzione ammorbidita ed alterata della formazione argillosa; i livelli

piezometrici nel basamento sono caratterizzati da variazioni stagionali e di lungo termine

piuttosto ridotte; l’adozione di un numero N di giorni pari a 180 ben si adatta per descrivere la

variazione temporale dei livelli piezometrici, indicando che la ricarica ed il deflusso delle acqua

sotterranee avvengono su periodi di tempo piuttosto lunghi (sei mesi, ciclo stagionale).

La Figura 8.1 mostra come gli eccessi delle piogge giornaliere cumulate su 180 giorni rispetto

alle piogge giornaliere medie (sugli ultimi 50 anni) cumulate su 180 giorni siano molto ben

correlati con gli incrementi del livello piezometrico e delle la velocità di scorrimento.

La correlazione tra livelli piezometrici e precipitazioni può essere approntata anche attribuendo

un peso diverso alle precipitazioni più prossime e più lontane rispetto al giorno in cui la

grandezza idrologica viene calcolata (“altezze di pioggia giornaliera cumulate ponderate”); in

questo caso è necessario scegliere a priori il numero e la durata degli intervalli; se a ciascuna

delle k somme parziali viene attribuito un peso bk, la grandezza idrologica viene definita

(Pouget, 1993), ad esempio considerando tre intervalli di 10 giorni consecutivi ciascuno, come:

∑ ∑ ∑−=

−=

−=

++=i

ij

i

ij

i

ijjjj

ponderatacumulatai pbpbpbP

10

11

20

21

30321

,30,

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8.3

I coefficienti bk possono essere scelti arbitrariamente, oppure possono essere calcolati mediante

opportune procedure di regressione (Figura 8.2).

La scelta dei valori dei coefficienti bk permette di attribuire peso maggiore alle precipitazioni

temporalmente più lontane dal giorno considerato, oppure a quelle più vicine: generalmente il

primo caso trova applicazione nei pendii in cui la variazione del regime idraulico sotterraneo

avviene su periodi lunghi, mentre il secondo nel caso di variazioni rapide. In particolare, minore

è il valore dei coefficienti moltiplicativi delle precipitazioni più lontane dal giorno considerato,

più rapida risulta l’attenuazione dei picchi della grandezza idrologica calcolata.

Un particolare tipo di piogge giornaliere cumulate ponderate è la “pioggia antecedente”, in cui il

peso viene dato alle singole piogge giornaliere, considerando meno influenti le piogge

giornaliere del periodo considerato (la cui durata t è scelta a priori) progressivamente più lontane

al giorno considerato. Essa ha un’espressione del tipo:

∑−=

=i

tijjj

eantecedentti paP ,

L’altezza di precipitazione mensile, somma delle altezze di pioggia di ciascuno dei giorni del

mese considerato, considerando come indipendenti le precipitazioni che avvengono a cavallo

della fine di ciascun mese e l’inizio del mese successivo, rappresenta un dato più difficilmente

interpretabile rispetto alle piogge giornaliere, soprattutto in relazione ai problemi inerenti la

stabilità e la mobilità dei versanti. Ciononostante è una grandezza a cui può essere utile far

ricorso per stabilire l’omogeneità climatica di un’area, il che consente di assumere come

rappresentative, in mancanza di registrazioni locali per alcuni periodi, le misure di un’altra

stazione pluviometrica.

Novotny e Rybar (1996) evidenziano come attraverso l’analisi delle precipitazioni mensili e dei

loro eccessi rispetto alle loro medie calcolate su quindici anni sia possibile individuare variazioni

climatiche di lungo periodo, e come queste si traducano, per terreni poco permeabili, in una

analoga variazione del regime idraulico in profondità (Figura 8.3).

L’analisi delle serie storiche delle piogge mensili permette, anche in assenza di variazioni

climatiche che avvengono su base pluriennale quali quelle evidenziate da Novotny e Rybar

(1996), di riconoscere in epoche storiche i periodi di maggiore precipitazione, per i quali è lecito

aspettarsi condizioni idrauliche nel sottosuolo particolarmente gravose.

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8.4

Infine, l’analisi delle serie storiche delle precipitazioni annuali e dei loro eccessi rispetto al

valore medio consente di individuare variazioni climatiche di lunghissimo periodo (Figura 8.4).

Nei successivi paragrafi vengono presentati i risultati dell’analisi delle precipitazioni nell’area in

studio per la definizione di una correlazione tra regime meteorico e livelli piezometrici. E’

inoltre condotta una analisi delle precipitazioni registrate nelle principali stazioni pluviometriche

adiacenti Montemartano, al fine di poter individuare un contesto climatico al quale fare

riferimento per i periodi per i quali non si dispone di registrazioni locali.

8.2 ANALISI DELLE PRECIPITAZIONI SU SCALA REGIONALE

Dal punto di vista delle condizioni climatiche regionali, l’area in esame rispecchia la situazione

generale della Valle Umbra; ciò è stato verificato quantitativamente confrontando i dati delle

principali stazioni pluviometriche della Valle Umbra con quelli della stazione CNR-IRPI di

Montemartano, che ha funzionato dal 1988.

Le stazioni pluviometriche del Servizio Idrografico di Stato a cui si è fatto riferimento sono

quelle di Spoleto, San Silvestro e Montefalco (Figura 8.5). San Silvestro e Spoleto si trovano ad

E-SE di Montemartano, rispettivamente a circa 8 e 14 km in linea d’aria, mentre Montefalco si

trova a circa 13 km a N-NE.

Il confronto tra le altezze di pioggia annuali nelle quattro stazioni prese in considerazione negli

anni dal 1988 al 2005 è riportato in Figura 8.6.

La stazione di San Silvestro è entrata in funzione nel 1994. La stazione di Spoleto non ha

funzionato nel 1998. La stazione di Montemartano nel 1994 e nel 2005 ha funzionato solo per un

numero limitato di mesi.

La Figura 8.6 mostra che nel periodo dal 1988 al 2005 le precipitazioni annuali sono simili per le

quattro stazioni, pur esistendo delle differenze. In particolare, nel 1996 e nel 2002 la

precipitazione annuale a Montemartano è risultata notevolmente minore di quella delle altre

stazioni, mentre nel 1997 si osserva un comportamento opposto.

Dall'esame delle precipitazioni mensili (Figure 8.7/A, B, C) si osserva che, come in molte altre

zone dell’Appennino Centrale, durante l’anno sono presenti due periodi di precipitazione

intensa: uno in primavera (Aprile-Maggio, talvolta Marzo-Aprile) e l’altro in autunno (Ottobre-

Novembre).

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8.5

Le precipitazioni sono minime nei mesi estivi; le piogge registrate a Montemartano nei mesi di

Agosto e Settembre sono tipicamente minori rispetto a quelle registrate negli altri siti.

8.3 ANALISI DELLE PRECIPITAZIONI SU SCALA LOCALE

(STAZIONE DI MONTEMARTANO)

Le precipitazioni annuali a Montemartano dal 2000 al 2003 risultano minori rispetto alla media

nell’intero periodo di misure (1988-2005), pari a 831 mm/anno (Figura 8.6).

In Figura 8.8 sono riportate le precipitazioni giornaliere e giornaliere cumulate nel periodo per il

quale si dispone delle misure piezometriche. Il monitoraggio dei livelli piezometrici, come visto,

non è stato eseguito con continuità e non si dispone pertanto delle misure dalla metà di Giugno

2003 ai primi di Febbraio 2004.

Una forte variazione del regime delle precipitazioni è osservabile a partire dal mese di Aprile

2004: le piogge diventano più continue e intense.

Le precipitazioni nei tre anni precedenti l’inizio delle misure sono riportate in Figura 8.9; si

conferma che gli anni dal 2000 al 2003 sono stati anni di scarsa precipitazione, privi di eventi

meteorici intensi e continui per un numero discreto di giorni consecutivi.

Se si mettono a confronto i periodi di maggiore precipitazione (dai primi di Ottobre di un anno

alla fine di Gennaio dell’anno successivo) degli anni 2002, 2003 e 2004, si osserva che: le

piogge da Ottobre 2002 a Gennaio 2003 risultano lievemente più abbondanti rispetto a quelle da

Ottobre 2003 a Gennaio 2004, mentre nel primo periodo risultano più uniformemente distribuite,

nel secondo risultano concentrate in pochi giorni consecutivi a fine Ottobre e a fine Novembre.

Le precipitazioni giornaliere nel periodo da Ottobre 2004 a Gennaio 2005 risultano più intense e

distribuite con regolarità nell’intero intervallo di tempo considerato (Figura 8.8).

Per analizzare l’andamento dei livelli piezometrici nel periodo di indagine sono stati calcolati i

valori cumulati su N giorni (N = 15, 30, 45, 60 e 90) delle precipitazioni giornaliere e i loro

eccessi rispetto alle altezze di pioggia giornaliere medie nel periodo dal 1988 al 2005 cumulate

sullo stesso numero di giorni (Figura 8.10/A). Come verrà mostrato nel capitolo 9, per il caso in

studio esiste una buona correlazione tra il valore dell’altezza di pioggia giornaliera cumulata su

30 giorni ed i livelli piezometrici.

L’analisi è stata svolta sia in relazione alla pioggia lorda che in relazione alle piogge efficaci

(Figura 8.10/B).

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8.6

Con il termine “piogge efficaci” si indica la differenza tra le precipitazioni e le perdite per

evapotraspirazione; i modelli più semplici per la stima dell’evapotraspirazione sono la formula di

Turc, che valuta l’evapotraspirazione reale su base annuale, e la formula di Thornthwaite, che

valuta l’evapotraspirazione potenziale (ossia la perdita dovuta ad uno sviluppo ottimale della

vegetazione) su base mensile.

Per poter calcolare la precipitazione giornaliera efficace cumulata su N giorni si è ricorsi ad una

approssimazione: una volta valutata l’evapotraspirazione potenziale mensile con la formula di

Thornthwaite, a ciascun giorno del mese è stata attribuita una perdita pari ad 1/30 della perdita

mensile stimata; l’altezza di precipitazione giornaliera efficace è stata assunta pari alla differenza

tra le precipitazione giornaliera lorda e la perdita giornaliera per evapotraspirazione calcolata

quando la differenza risultava positiva, mentre è stato assunto un valore nullo della altezza di

precipitazione giornaliera efficace quando tale differenza risultava negativa. Questo tipo di

analisi annulla spesso, in climi temperati, l’effetto dei picchi di piovosità nei mesi primaverili ed

estivi; nel caso in studio, caratterizzato da temperature medie e precipitazioni minime durante i

mesi estivi, tenere conto delle perdite per evapotraspirazione non sembra influire in maniera

significativa sugli andamenti delle precipitazioni giornaliere cumulate su N giorni né sui loro

eccessi. Nelle considerazioni che seguono si farà pertanto riferimento alle precipitazioni lorde.

8.4 ANALISI STORICA DELLE PRECIPITAZIONI

Scopo dell’analisi è quello di indicare se esiste una relazione tra il regime meteorico e la storia

dei dissesti dei manufatti e delle infrastrutture esistenti nell’area in esame.

Per condurre l’analisi storica delle precipitazioni si è fatto riferimento ai dati della stazione

pluviometrica di Spoleto, funzionante a partire dalla metà del secolo scorso e sufficientemente

vicina all’area in esame e con regime delle piogge sostanzialmente simile a quello della stazione

di Montemartano negli anni di funzionamento di quest'ultima.

Sono state in primo luogo considerate le precipitazioni annuali dal 1952 al 2005 (Figura 8.11).

E’ possibile individuare due periodi distinti, ciascuno avente durata maggiore di cinque anni, nei

quali le piogge annuali risultano di regola maggiori rispetto alla media delle piogge annuali

nell’intero periodo di osservazione: si tratta degli anni dal 1958 al 1969 e subordinatamente dal

1976 al 1984. Anche il biennio 2004-2005 presenta precipitazioni superiori alla media.

L'interpolazione dei dati delle piogge annuali mediante un polinomio di decimo grado consente

di mettere in vista gli andamenti nel lungo periodo, caratterizzato da piogge più intense negli

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8.7

anni sessanta e settanta e meno intense negli anni ottanta e novanta rispetto al valore medio di

circa 1000 mm/anno.

Per avere una idea più precisa di quelli che possono essere stati, in tempi storici, gli eventi

meteorici che potrebbero aver dato origine a variazioni significative del regime delle acque

sotterranee, sono state analizzate in dettaglio le piogge mensili.

La Figura 8.12 mostra l’andamento delle piogge mensili e dei loro eccessi rispetto al valore

della pioggia media di ciascun mese valutata sull’intero periodo 1952-2005. Questo tipo di

analisi mostra in maniera chiara sia l’entità degli eccessi sia il periodo dell’anno in cui si sono

verificati e la loro eventuale continuità su più mesi successivi.

Nelle Tabelle 8.1 e 8.2 sono riportati, rispettivamente, i mesi in cui la precipitazione mensile è

risulta particolarmente intensa, maggiore di 240 mm/mese, e i mesi nei quali l’eccesso di

precipitazione è risultato maggiore del 150% rispetto al valore medio dello stesso mese negli

ultimi cinquanta anni. La scelta di tali valori critici è stata fatta su base qualitativa tenendo conto

dell'andamento generale delle piogge mensili nel cinquantennio considerato.

Dicembre 1952

Dicembre 1959

Settembre 1960

Ottobre 1961

Novembre 1962

Ottobre 1964

Dicembre 1964

Agosto 1965

Settembre 1965

Dicembre 1968

Febbraio 1969

Novembre 1980

Novembre 1987

Settembre 1996

Novembre 2005

Tabella 8.1 – Mesi con altezza di pioggia mensile maggiore di 240 mm/mese.

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8.8

Dicembre 1952

Febbraio 1955

Settembre 1960

Novembre 1962

Ottobre 1964

Agosto 1965

Settembre 1965

Dicembre 1968

Febbraio 1969

Luglio 1976

Febbraio 1986

Luglio 1986

Luglio 2002

Agosto 2002

Tabella 8.2 – Mesi con altezza di pioggia mensile eccedente più del 150% il valore medio del mese nel periodo 1952-2005.

La analisi delle piogge giornaliere cumulate su 30 giorni è stata quindi condotta per gli anni

1952, 1960, 1962, 1964, 1965, 1968, 1969 in cui gli indici in precedenza considerati sono stati

entrambi superati. L’analisi è riportata nelle Figure 8.13 e 8.14, nelle quali sono stati evidenziati

gli eccessi rispetto alla pioggia giornaliera media a Montemartano dal 1988 al 2005 cumulata su

30 giorni. Contestualmente nelle suddette Figure è stata indicata l’altezza di precipitazione

giornaliera cumulata su 30 giorni massima nel periodo del monitoraggio dei livelli piezometrici.

Le Figure evidenziano come negli anni sessanta l'altezza di pioggia giornaliera cumulata su 30

giorni sia stata per periodi lunghi (fino a 60 giorni) anche il doppio della pioggia giornaliera

cumulata su 30 giorni a Montemartano nel periodo di monitoraggio.

Da queste considerazioni emerge che, in assenza di dati strumentali, gli anni sessanta

rappresentano un periodo in cui possono essersi verificate più significative riattivazioni o

accelerazioni dei movimenti di versante considerati.

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8.9

8.5 ANALISI DI FREQUENZA

E’ stata condotta l’analisi della frequenza delle precipitazioni giornaliere cumulate su 30 giorni

registrate alla stazione di Montemartano a partire dal 1988.

Come è noto, la prima fase di una analisi di frequenza consiste nell’operazione di inferenza

statistica, attraverso la quale dall’esame quantitativo delle manifestazioni del fenomeno, in

numero limitato e finito, si estraggono leggi che rappresentano il comportamento dell’intera

popolazione da cui il campione è stato estratto; l’inferenza consente cioè di passare dalla

frequenza empirica di non superamento, definita a posteriori sulla base degli eventi estremi

osservati, ad una funzione di distribuzione di probabilità, definita a priori, che descrive la

variabile casuale che ha generato l’insieme degli eventi osservati (Chow, 1988).

L’inferenza richiede che venga selezionato un campione i cui elementi siano omogenei (cioè non

esistano modifiche strutturali che alterino la popolazione, quali, ad esempio, lo spostamento del

pluviometro o la costruzione di una struttura a tergo che possa deviare le precipitazioni raccolte

dallo strumento) e indipendenti (cioè gli elementi del campione siano prodotti da eventi

meteorici distinti).

Per controllare l’omogeneità è stato condotto il test statistico “della doppia massa” mettendo a

confronto le precipitazioni mensili dal 1988 al 2005 delle stazioni di Montemartano e di Spoleto.

Anche se l’impiego delle precipitazioni mensili al posto di quelle giornaliere cumulate su 30

giorni non è una procedura rigorosa, essa rappresenta un metodo speditivo ampiamente

accettabile ai fini dell’analisi che si vuole condurre in questa sede. Come si nota dalla Figura

8.15, il test dà risultato positivo con elevato valore (0,9982) del coefficiente di correlazione.

L’indipendenza viene assicurata campionando la serie storica della pioggia giornaliera cumulata

su 30 giorni su intervalli temporali di 33 giorni (pari cioè a trenta giorni più il 10%); in questo

modo si può ritenere che l’evento meteorico che ha generato un dato valore della serie storica sia

sicuramente esaurito nel momento in cui viene estratto il successivo valore dalla serie.

Sono state considerate tre possibili distribuzioni di probabilità, scelte tra quelle usualmente

utilizzate nello studio statistico delle variabili idrologiche: la distribuzione normale, la

distribuzione di Gumbel e la distribuzione di Frechet (Chow, 1988).

Dopo aver stimato sulla base delle misure i coefficienti che descrivono le espressioni analitiche

di tali distribuzioni, sono state calcolate le probabilità cumulate di non superamento dei valori

del campione (Figura 8.16) ed è stata controllata a posteriori la bontà con cui la legge

probabilistica adottata approssima la distribuzione di frequenza cumulata del campione

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8.10

del campione (Figura 8.16) ed è stata controllata a posteriori la bontà con cui la legge

probabilistica adottata approssima la distribuzione di frequenza cumulata del campione

utilizzando il test di Kolmogorov-Smirnov con intervallo di rigetto pari al 5% (intervallo di

significatività pari al 95%).

La distribuzione normale e quella di Gumbel verificano il test di adattamento nell’intervallo di

significatività adottato, mentre la distribuzione di Frechet non lo verifica. Assunte pertanto come

idonee a rappresentare il comportamento della variabile casuale la distribuzione normale e quella

di Gumbel, sono stati calcolati i valori del tempo di ritorno delle precipitazioni giornaliere

cumulate su 30 giorni. I risultati sono espressi in forma grafica nelle Figure 8.17 e 8.18. In

particolare dalle figure risulta che il tempo di ritorno di un valore dell'altezza di pioggia

giornaliera cumulata lorda su 30 giorni pari a 200 mm (valore massimo nel periodo dei controlli

piezometrici, Figura 8.10/A) è di poco superiore a un anno.

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Figura 8.1 – Andamento nel tempo dei livelli piezometrici e dei loro eccessi rispetto ai valori medi stagionali, delle velocità e dello spostamento lungo la superficie di scorrimento e delle piogge giornaliere cumulate su 180 giorni. Le aree nere rappresentano pioggia cumulata in eccesso rispetto a quella calcolata

con le piogge giornaliere medie degli ultimi 50 anni (da Tommasi et al., 2006).

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Figura 8.2 – Confronto tra i valori misurati e calcolati della pressione neutra (da Pouget, 1993). L’Autore calcola i pesi a partire da una regressione lineare che minimizza gli scarti tra il valore della pressione neutra

giornaliera misurata e la grandezza

100

1

10

11

20

21

30321 cETPpbpbpbaP

i

ij

i

ij

i

ijjjj ++++= ∑ ∑ ∑

−=

−=

−=

.

Tale grandezza include l’effetto delle precipitazioni tra 1 e 10, 11 e 20, e 21 e 30 giorni precedenti il giorno cui la grandezza viene attribuita. I coefficienti “b”, oltre ad essere dei pesi per le precipitazioni, hanno la funzione di trasformare opportunamente le unità di misura. La costante additiva “a” ha lo scopo di traslare verticalmente la grandezza P e sovrapporla alle pressioni neutre. Nella definizione della grandezza viene inoltre considerato l’effetto dell’altezza di precipitazione persa per evapotraspirazione negli ultimi 100 giorni.

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Figura 8.3 – Influenza delle precipitazioni e dell’evapotraspirazione sul regime idraulico (da Novotny e

Rybar, 1996).

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Figura 8.4 – Correlazione tra precipitazioni e fenomeni franosi (da Sangrey et al., 1984).

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Sovrascorrimento Faglie normali

VITERBO

AREZZO

URBINO

N

Montefalco

Spoleto

RIETI

TERNI

PERUGIA

San SilvestroMontemartano

Figura 8.5 - Principali stazioni pluviometriche nell'area di studio.

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Figura 8.6 - Confronto tra le precipitazioni annuali nelle quattro stazioni pluviometriche considerate per gli anni 1988-2005.

400

Alte

zze

annu

ali d

i pio

ggia

(m

m/a

nno)

1988

0

200

Precipitazione annuale alla stazione di Montemartano media nel periodo 1988-2005 (circa 830 mm/mese)

19981993

Spoleto

S. Silvestro

Montefalco

Montemartano

19901989 19921991 19961994 1995 1997 200320011999 2000 2002 20052004

1200

1000

600

800

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Figura 8.7/A, B - Precipitazioni mensili dal 1988 al 1993 (A) e dal 1994 al 1999 (B) nelle quattro stazioni pluviometriche considerate.

Montemartano

S. Silvestro

Montefalco

Spoleto

L1988

L1992

L1990

Alt

ezze

men

sili

di p

iog

gia

(m

m/m

ese)

240

Alt

ezze

men

sili

di p

iog

gia

(m

m/m

ese)

280

MG

40

80

0F

160

200

120

240

MA G

M

80

G

40

0F

160

200

120

MA G

Alt

ezze

men

sili

di p

iog

gia

(m

m/m

ese)

M

40

G

280

0F

160

200

80

120

MA G

280

240

M

M

NSA O G D F

NSA O G D F

MA LG 1993

SA NO

MA LG 1991

SA NO

D

D

MNSA O G D F MA LG 1989

SA NO D

A

G 1994G L A NS O D SMMF A

1995LG A NO DG F M A M

240

120

0

80

40

200

160

280

AFG M A1996G M L OS N D FG AM

1997G M AL OS N D

240

120

0

80

40

200

160

280

G AM1998G M AL NOS D SMMF A

1999LG A NO DFG

240

120

0

80

40

200

160

280

B

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Figura 8.7/C - Precipitazioni mensili dal 2000 al 2005 nelle quattro stazioni pluviometriche considerate.

AFG M A2000G M L OS N D FG AM

2001G M AL OS N D

240

120

0

80

40

200

160

280

Alt

ezze

men

sili

di p

iog

gia

(m

m/m

ese)

G AM2002G M AL NOS D SMMF A

2003LG A NO DFG

240

120

0

80

40

200

160

280

Alt

ezze

men

sili

di p

iog

gia

(m

m/m

ese)

G AM2004G M AL NOS D SMMF A

2005LG A NO DFG

240

120

0

80

40

200

160

280

Alt

ezze

men

sili

di p

iog

gia

(m

m/m

ese)

C

Montefalco

S. Silvestro

Spoleto

Montemartano

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Figura 8.8 - Precipitazioni giornaliere e giornaliere cumulate registrate alla stazione di Montemartano nel periodo per il quale si dispone di misure piezometriche.

NO MFD G LG G MA2004

O NSSA MFD G 2005

MN2002

FD G 2003

LG G A M SSAS O

06-02-2004

F

10-06-2003

Periodi di monitoraggio dei livelli piezometrici

G

16-12-2002

2002N D F M A M G G L

2003A SS DO N G O

2004G G AM M AL SS

08-03-2005

2005DN FG M

500

Alt

ezze

di p

iog

gia

gio

rnal

iera

cu

mu

late

(m

m)

200

0

100

300

400

800

600

700

D2002

S O N AAAFG M G G 2003

M L DOSS N FG M2004G G M AL SS O DN

2005G F M

Alt

ezze

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra (

mm

)

0

30

1020

5040

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Figura 8.9 - Precipitazioni giornaliere e giornaliere cumulate registrate alla stazione di Montemartano nel periodo 2000-2002.

AAFG M G G 2000

M L DOSS N AAFG M G G 2001

M L DOSS N AAFG M G G 2002

M L DOSS N

Alt

ezze

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra (

mm

)

30

1020

5040

NO DMFG 2000

LG G A M SSA NO DMFG 2001

LG G A M SSA NO DMFG 2002

LG G A M SSA

500

Alt

ezze

di p

iog

gia

gio

rnal

iera

cu

mu

late

(m

m)

200

0

100

300

400

800

600

700

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Figura 8.10/A - Precipitazioni giornaliere registrate alla stazione di Montemartano cumulate su 15, 30, 45, 60 e 90 giorni. La curva grigia rappresenta la precipitazione

giornaliera media nel periodo 1988-2005 cumulata sullo stesso numero di giorni. In nero vengono evidenziati gli eccessi di precipitazione rispetto alla media.

D

Alt

ezze

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra

cum

ula

ta s

u 1

5 g

iorn

i(m

m)

8040

S NO

120

2003G D MF MA LG G SSA NO G D MF

2004MA LG G OSSA N FG M

160

20052002

0

D

120

2002O NS

04080

F MD G G G LA M2003

O NA SS F MD G G G LA M2004

NA SS O

160

MG F2005

200240

Alt

ezze

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra

cum

ula

ta s

u 3

0 g

iorn

i(m

m)

12080400

240200160

2003G G MAG D MFS NO

2002NOSSA

2004MA LG G G D MFSSA NOL FG MD

2005

280

Alt

ezze

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra

cum

ula

ta s

u 4

5 g

iorn

i(m

m)

12080400

240200160

2003G G MAG D MFS NO

2002NOSSA

2004MA LG G G D MFSSA NOL FG MD

2005

280

360320

Alt

ezze

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra

cum

ula

ta s

u 6

0 g

iorn

i(m

m)

G O NS D0

2002

120

4080

160200240

D MG FO N F MD G G G LA M A SS O NL A SSF M A M G G 20042003 2005

320280

400360

Alt

ezze

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra

cum

ula

ta s

u 9

0 g

iorn

i(m

m)

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Figura 8.10/B - Precipitazioni giornaliere registrate alla stazione di Montemartano cumulate su 15, 30, 45, 60 e 90 giorni al netto della

evapotraspirazione potenziale. La curva grigia rappresenta la precipitazione giornaliera media nel periodo 1988-2005 cumulata sullo stesso numero di giorni.

In nero vengono evidenziati gli eccessi di precipitazione rispetto alla media, anch'essa calcolata al netto dell'evapotraspirazione potenziale.

D

Alt

ezze

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra

cum

ula

ta s

u 1

5 g

iorn

ial

net

to d

ella

ev

apo

tras

pir

azio

ne

po

ten

zial

e(m

m)

8040

S NO

120

2003G D MF MA LG G SSA NO G D MF

2004MA LG G OSSA N FG M

160

20052002

0

D

120

2002O NS

04080

F MD G G G LA M2003

O NA SS F MD G G G LA M2004

NA SS O

160

MG F2005

200240

12080400

240200160

2003G G MAG D MFS NO

2002NOSSA

2004MA LG G G D MFSSA NOL FG MD

2005

280

12080400

240200160

2003G G MAG D MFS NO

2002NOSSA

2004MA LG G G D MFSSA NOL FG MD

2005

280

360320

G O NS D0

2002

120

4080

160200240

D MG FO N F MD G G G LA M A SS O NL A SSF M A M G G 20042003 2005

320280

400360

2003G G MAG D MFS NO

2002NOSSA

2004MA LG G G D MFSSA NOL FG MD

2005

Alt

ezze

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra

cum

ula

ta s

u 3

0 g

iorn

ial

net

to d

ella

ev

apo

tras

pir

azio

ne

po

ten

zial

e(m

m)

Alt

ezze

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra

cum

ula

ta s

u 4

5 g

iorn

ial

net

to d

ella

ev

apo

tras

pir

azio

ne

po

ten

zial

e(m

m)

Alt

ezze

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra

cum

ula

ta s

u 6

0 g

iorn

ial

net

to d

ella

ev

apo

tras

pir

azio

ne

po

ten

zial

e(m

m)

Alt

ezze

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra

cum

ula

ta s

u 9

0 g

iorn

ial

net

to d

ella

ev

apo

tras

pir

azio

ne

po

ten

zial

e(m

m)

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1000

Alte

zze

annu

ali d

i pio

ggia

(m

m/a

nno)

400

0

200

600

800

1200

1400

1600

1997199419931992 19961995 200520042003200220011998 1999 200019891988 199119901978 1979 198419821980 1981 1983 19861985 19871968 1969 197419721970 1971 1973 19761975 19771958 1959 196419621960 1961 1963 19661965 196719541952 1953 19561955 1957

Valore medio nel periodo 1952-2005 Polinomio interpolatore (decimo grado)

Figura 8.11 - Precipitazioni annuali alla stazione di Spoleto nel periodo 1952-2005.

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240

120

0

80

40

200

160

280

Alt

ezze

men

sili

di p

iog

gia

(m

m/m

ese)

320

360

400

440

480

1952 1953 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 197319721971 197619751974 197919781977

Alt

ezze

men

sili

di p

iog

gia

(m

m/m

ese)

240

40

80

0

160

200

120

360

320

280

400

440

480

1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 199519881987 199119901989 199419931992 199819971996 200120001999 2002 200520042003

Figura 8.12 - Precipitazioni mensili alla stazione di Spoleto negli anni 1952-2005. La curvagrigia rappresenta la precipitazione mensile media nel periodo 1952-2005. In nero sono

evidenziati gli eccessi rispetto alla media.

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12080400

240200160

280320360400440480

1962G G MAG MF DSSA NOL

Figure 8.13 - Precipitazioni giornaliere registrate alla stazione di Spoleto cumulate su 30 giorni. La curva grigia

rappresenta la precipitazione giornaliera media nel periodo1988-2005 registrata alla stazione di Montemartano

cumulata sullo stesso numero di giorni. In nero vengono evidenziati gli eccessi di precipitazione rispetto alla media.

piogge giornaliere cumulate su 30 giorni massime a Montemartano nel periodo 2002-2005

Alt

ezze

di p

iog

gia

gio

rnal

iera

cum

ula

ta s

u 3

0 g

iorn

i (m

m)

12080400

240200160

280320360400440480

1952G G MAG MF DSSA NOL

Alt

ezze

di p

iog

gia

gio

rnal

iera

cum

ula

ta s

u 3

0 g

iorn

i (m

m)

12080400

240200160

280320360400440480

1960G G MAG MF DSSA NOL

Alt

ezze

di p

iog

gia

gio

rnal

iera

cum

ula

ta s

u 3

0 g

iorn

i (m

m)

piogge giornaliere cumulate su 30 giorni massime a Montemartano nel periodo 2002-2005

piogge giornaliere cumulate su 30 giorni massime a Montemartano nel periodo 2002-2005

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1964G G MAG MF NOSSA

1965MA LG G G D MFSSA NOL D

12080400

240200160

280320360400440480

1968G G MAG MF NOSSA

1969MA LG G G D MFSSA NOL D

12080400

240200160

280320360400440480

Alt

ezze

di p

iog

gia

gio

rnal

iera

cum

ula

ta s

u 3

0 g

iorn

i (m

m)

Alt

ezze

di p

iog

gia

gio

rnal

iera

cum

ula

ta s

u 3

0 g

iorn

i (m

m)

Figure 8.14 - Precipitazioni giornaliere registrate alla stazione di Spoleto cumulate su 30 giorni. La curva grigia

rappresenta la precipitazione giornaliera media nel periodo1988-2005 registrata alla stazione di Montemartano

cumulata sullo stesso numero di giorni. In nero vengono evidenziati gli eccessi di precipitazione rispetto alla media.

piogge giornaliere cumulate su 30 giorni massime a Montemartano nel periodo 2002-2005

piogge giornaliere cumulate su 30 giorni massime a Montemartano nel periodo 2002-2005

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Figura 8.15 - Test della doppia massa applicato alle precipitazioni mensili registrate a Spoleto ed a Montemartano dal 1988 al 2005.

Figura 8.16 - Frequenza cumulata di non superamento dei valori della precipitazione giornaliera cumulata su

30 giorni (stazione di Montemartano) e corrispondente probabilità cumulata per le diverse distribuzioni di probabilità considerate.

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Figura 8.17 - Tempo di ritorno dei valori di precipitazione giornaliera cumulata su 30 giorni (dettaglio tra 0 e 200 mm).

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Figura 8.18 -Tempo di ritorno dei valori di precipitazione giornaliera cumulata su 30 giorni (dettaglio tra

200 e 350 mm).

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9.1

Capitolo 9 - CIRCOLAZIONE IDRICA NEL VERSANTE

9.1 INTRODUZIONE

La definizione di un modello che riproduca i processi idraulici che avvengono in un pendio in

conseguenza dell’alimentazione operata dalle precipitazioni meteoriche richiede l’acquisizione

di numerose informazioni riguardanti la successione stratigrafica ed il suo assetto strutturale, le

proprietà idrauliche dei terreni, i caratteri climatici e le condizioni idrauliche al contorno: occorre

quindi esaminare tutti quei fattori - idrologici, climatici, idrogeologici ed antropici - che

concorrono a definire il regime della circolazione delle acque sotterranee nella situazione

considerata (Sciotti, 1997).

Nel caso in esame, tra i fattori idrogeologici esiste una situazione particolare rappresentata dalle

sorgenti ubicate lungo il contatto tra il versante roccioso della dorsale dei Monti Martani e il

versante interessato dai movimenti franosi delle coperture detritiche e di frana. Tali sorgenti,

come verrà precisato nel seguito, influiscono sulla circolazione idrica nel versante e pertanto le

loro caratteristiche (tipo di sorgente, portata e sue variazioni stagionali) sono state analizzate con

particolare attenzione.

Il capitolo è suddiviso in più parti. Nella prima parte sono presentati i risultati del monitoraggio

dei livelli piezometrici, analizzati in relazione al regime delle precipitazioni (paragrafi 9.2 e 9.3).

Nella seconda parte sono state studiate le proprietà idrauliche delle coperture detritiche e di frana

e delle formazioni marnoso-calcaree della Successione Umbro-Marchigiana (paragrafo 9.4).

Nella terza parte vengono caratterizzate dal punto di vista idrogeologico le sorgenti presenti alla

sommità del versante in studio (paragrafo 9.5).

Infine, nella quarta parte, sono presentati i risultati delle analisi numeriche di filtrazione per lo

studio della circolazione idrica nel versante. Lo scopo è stato quello di individuare in che

maniera l’infiltrazione delle acque meteoriche lungo il versante contribuisca a determinare,

insieme alle acque provenienti dagli acquiferi che alimentano le sorgenti, i moti di filtrazione che

hanno sede nel pendio.

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9.2

9.2 ANALISI DEI LIVELLI PIEZOMETRICI

Nell’area di studio sono state installate 18 celle Casagrande in corrispondenza di 13 postazioni di

misura. L'ubicazione delle postazioni e la profondità delle celle è riportata in Figura 9.1.

Le misure piezometriche sono state eseguite con frequenza variabile, generalmente dell’ordine di

tre misure per mese. La campagna di misure non è stata continua, per cui si dispone di due

distinti periodi di controllo: da Dicembre 2002 a Giugno 2003 e da Febbraio 2004 a Marzo 2005.

I due periodi cadono in anni caratterizzati da precipitazioni piuttosto diverse: il 2003 è stato un

anno di scarse precipitazioni, successivo a tre anni con piogge annuali inferiori alla media e

progressivamente decrescenti; il 2004 è stato invece un anno caratterizzato da precipitazioni

superiori alla media annuale nel periodo 1988-2005 (Figura 9.2).

Se, per entrambi periodi di misura, si confrontano i livelli piezometrici nell'arco di tempo in cui

si ha continuità delle letture (da inizio Febbraio a fine Maggio) si osserva innanzitutto che nel

primo periodo (Figura 9.3) i livelli sono costanti o decrescenti e nettamente inferiori a quelli

misurati nel secondo, in accordo con il regime annuale delle precipitazioni meteoriche.

Nelle Figure 9.4/A/B/C/D sono state raggruppate le celle per le quali l’andamento temporale dei

livelli piezometrici risulta simile. Va rilevato che le celle della postazione di indagine P1,

installate alla profondità di 6 e 9 m dalla superficie del suolo nella parte sommitale del versante,

non hanno mai segnalato presenza di acqua.

Le Figure 9.4/A/B/C/D mostrano che nel versante esistono condizioni idrauliche differenziate.

Sostanzialmente è possibile identificare tre parti a differente comportamento idraulico: una parte

sommitale, comprendente le postazioni P5, P1 e P20; una parte centrale, comprendente le

postazioni P2, P3 e P8; una parte alla base del versante, comprendente le postazioni P4 e P9.

Se si confrontano ancora i livelli piezometrici nel periodo che va dall’inizio di Febbraio alla fine

di Maggio dei due anni di monitoraggio, si osserva che le celle ubicate a piccola profondità nei

materiali di frana nella parte sommitale del versante sono caratterizzate da una variazione

stagionale e da una variazione da un anno al successivo limitate (Figura 9.4/A).

La cella della postazione P6, pur essendo ubicata nella parte sommitale del versante, mostra una

variazione dei livelli simile a molte celle ubicate nella parte centrale del versante.

Le celle ubicate nei materiali di frana nella fascia centrale del versante (celle P2A e P8, Figura

9.4/B) sono caratterizzate da sensibile variazioni dei livelli piezometrici in entrambi i periodi (in

particolare nella prima decade di Marzo del secondo periodo si rileva un repentino aumento), e

da una variazione dal 2003 al 2004 maggiore del metro. Stesso andamento è mostrato dalla cella

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9.3

P2C, ubicata nel substrato (formazione del Bisciaro) e dalla cella della postazione P6. Un

comportamento anomalo mostra, per il primo periodo, la cella 3A, ubicata nel detrito di falda.

Le celle più profonde delle postazioni P20 e P3 (Figura 9.4/C) mostrano nel secondo periodo un

andamento caratterizzato da forti variazioni, che avvengono però in ritardo rispetto a quelle che

si osservano nelle celle superficiali.

Le due celle alla base del versante (Figura 9.4/D) sono caratterizzate da uno stesso tipo di

risposta, con piccole variazioni in ciascuno dei due periodi e variazioni da un anno al successivo.

Il livello piezometrico è prossimo al piano campagna per la cella P4.

Se si confrontano le Figure 9.4/B e 9.4/C si osserva che il massimo dei livelli piezometrici è

raggiunto negli stessi giorni (primi di Maggio 2004).

La differenza di comportamento tra le celle che presentano un repentino aumento nella prima

decade di Marzo (Figura 9.4/B) e quelle che non presentano tale aumento (mentre nello stesso

periodo segnalano livelli piezometrici sostanzialmente costanti e successivamente un incremento

dei livelli fino al valore massimo della prima decade di Maggio, Figura 9.4/C) non sembra

direttamente riferibile alla profondità delle celle o alla unità stratigrafica all’interno della quale si

trova ciascuna cella (Tabella 9.1).

Cella Profondità (m) Unità

stratigrafica Parte del versante

P20A 5 Materiale di frana Sommitale P5 6,5 Materiale di frana Sommitale

P3A 6,5 Detrito di falda Centrale P8 9,5 Substrato allentato Centrale

P2A 17 Materiale di frana Centrale P6 18 Materiale di frana Sommitale

P2C 23 Substrato allentato Centrale P20B 10 Materiale di frana Sommitale P3B 15,5 Materiale di frana Centrale P4 9,5 Materiale di frana Inferiore P9 12 Substrato allentato Inferiore

Tabella 9.1 – Profondità delle celle Casagrande e unità stratigrafica nella quale sono installate.

9.3 RELAZIONI TRA PIOGGE, PRESSIONI NEUTRE E SPOSTAMENTI

DEL TERRENO

Come già riferito nel capitolo 6, il monitoraggio inclinometrico non è stato continuo né

contemporaneo per tutte le postazioni, e per valutare le velocità di spostamento è stato necessario

fare riferimento a due distinti periodi di analisi per i quali si disponesse di letture per un numero

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9.4

adeguato di postazioni (8-21 Aprile 2003 e 15-28 Marzo 2004). Come evidenziato nella Tabella

6.2 le velocità di spostamento nel primo periodo sono piuttosto basse, mentre nel secondo sono

maggiori e risultano differenziate da postazione a postazione.

La Figura 9.3 mostra che la miglior corrispondenza tra l’andamento dei livelli piezometrici e

quello della precipitazione giornaliera cumulata su N giorni si ottiene per N=30. La scelta di un

numero di giorni minore comporta un andamento troppo frastagliato delle piogge cumulate su N

giorni e quindi la difficoltà di individuare qualsiasi correlazione, mentre la scelta di un intervallo

maggiore di 30 giorni sposta eccessivamente verso destra i picchi della precipitazione cumulata

su N giorni rispetto a quelli dei livelli piezometrici (andamenti non più in fase).

La fase di diminuzione dei livelli piezometrici di tutte le celle, sia nel primo che nel secondo

anno di misure, è contemporanea alle piogge giornaliere cumulate su 30 giorni; ciò indica, per

tutte le celle, una forte similitudine di comportamento in fase di deflusso.

Le precipitazioni giornaliere cumulate su 30 giorni nel primo periodo di analisi (Figura 9.5) sono

nettamente minori rispetto alla media degli ultimi diciotto anni (periodo di funzionamento del

pluviometro di Montemartano) per il primo periodo di analisi, mentre nel secondo periodo sono

più prossime a tale valore (rimanendo comunque inferiori ad esso); il valore assoluto nei due

periodi è praticamente lo stesso.

E' invece differente l’andamento nei 45 giorni precedenti ciascuno dei due periodi considerati

(Figura 9.5): le precipitazioni giornaliere cumulate su 30 giorni nei 45 giorni precedenti il

periodo dall’8 al 21 Aprile 2003 risultano sostanzialmente costanti (comprese tra 40 e 60 mm) e

dovute agli eventi meteorici di fine Gennaio 2003 (essendo scarsa e distribuita in singoli eventi

la precipitazione di Febbraio e Marzo 2003), mentre le precipitazioni giornaliere cumulate su 30

giorni nei 45 giorni precedenti il periodo dal 15 al 28 Marzo 2004 risultano crescenti, essendo

più intensa e distribuita su più giorni consecutivi la precipitazione di Febbraio e della prima metà

di Marzo 2004.

Come visto, benché i due periodi siano caratterizzati da precipitazioni giornaliere cumulate su 30

giorni confrontabili e minori dei valori medi nel periodo 1988-2005, i livelli piezometrici

misurati in alcune celle sono differenti nei due periodi; per molte celle i livelli piezometrici nel

primo periodo risultano minori (Figure 9.4/A/B/C/D).

In base alle suddette considerazioni appare logico ricercare il tempo di ritorno del valore minimo

(40 mm) e massimo (60 mm) dell'altezza di pioggia giornaliera cumulata su 30 giorni nei periodi

esaminati. Esso risulta pari a circa 40 giorni (Figura 8.17). Ciò significa che anche in anni di

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9.5

scarse precipitazioni si verificano movimenti e che questi, forse con l'esclusione del periodo

estivo, dovrebbero avere carattere di sostanziale "continuità".

9.4 CONDUCIBILITA’ IDRAULICA DEI TERRENI E DELLE ROCCE

Nel mese di Luglio 2004, durante la perforazione del sondaggio 3 bis, sono state condotte due

prove di conducibilità idraulica in foro di tipo Lefranc a carico variabile, per i tratti di foro da 14

a 15 m e da 21 a 22 m di profondità; durante il mese di Giugno 2005 sono state eseguite prove di

permeabilità in piezometro nelle sei celle che risultavano al momento ancora funzionanti.

Tali prove, nonostante il loro carattere puntuale, costituiscono l’unico tipo di informazione

significativa sulla conducibilità idraulica dei terreni indagati, per i quali le prove di conducibilità

idraulica in laboratorio non sarebbero assolutamente rappresentative del comportamento a scala

naturale per via della eterogeneità che caratterizza il materiale.

Non si dispone invece di misure di conducibilità idraulica delle formazioni che costituiscono la

dorsale dei Monti Martani ed il substrato del versante costituito dalle coperture detritiche e di

frana.

Per raccogliere informazioni sulla conducibilità idraulica di questi materiali, e soprattutto per

avere un confronto tra i valori relativi alle diverse formazioni e valutare la variabilità all’interno

di ciascuna formazione, si è fatto riferimento a studi eseguiti in zone con caratteristiche

geologiche simili.

9.4.1 Prove di conducibilità idraulica in foro (Lefranc)

Le prove di conducibilità idraulica in foro di tipo Lefranc sono state eseguite a carico variabile

(prove “a caduta”) nei tratti di foro da 14 a 15 m e da 21 a 22 m di profondità del sondaggio S3

bis e hanno interessato i materiali di frana nella parte centrale del versante.

Esse sono state interpretate assimilando il tratto di foro a un filtro cilindrico in terreno uniforme,

omogeneo ed isotropo nei riguardi della conducibilità idraulica; per il coefficiente di forma è

stata adottata l’espressione di Hvorslev (1951).

I valori del coefficiente di conducibilità idraulica del materiale tra 14 e 15 m di profondità e tra

21 e 22 m è riportato nella Tabella 9.2.

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9.6

9.4.2 Prove di conducibilità idraulica in piezometro

Le prove sono state condotte a carico variabile (prove “a caduta”), ed elaborate nell’ipotesi di

filtro cilindrico in terreno uniforme, omogeneo e isotropo nei riguardi della conducibilità

idraulica. Per la definizione del coefficiente di forma è stata adottata l’espressione fornita dalle

norme NAVFAC P-418 dello U.S. Army Corps of Engineers.

L’andamento dell'abbassamento del livello dell'acqua nel tempo è riportato nella Figura 9.6. In

Tabella 9.2 sono riassunti i risultati delle prove.

I valori del coefficiente di conducibilità idraulica risultano piuttosto variabili: il valore minimo si

ha per il materiale in cui è installata la cella P20/A, che si trova all’interno della zona di

scorrimento evidenziata dall’inclinometro I20. Il valore massimo si ha per il materiale in cui è

installata la cella P3/A.

Tipo di prova Strumento Profondità

(m) Tipo di terreno Parte del

versante Coefficiente di conducibilità

idraulica (m/s)

14-15 Materiale di frana Centrale 1,2x10-8 Conducibilità idraulica in foro (S3bis)

21-22 Materiale di frana Centrale 4,2x10-7

P 5 6,5 Materiale di frana Sommitale 1,5x10-7 P 20/A 5,0 Materiale di frana

(zona di scorrimento) Sommitale 2,6x10-9

P 2/A 17,0 Materiale di frana Centrale 9,0x10-7 P 6 18,0 Materiale di frana Sommitale 7,2x10-7 P 3/A 6,5 Detrito di falda Centrale 1,7x10-6

Conducibilità idraulica in piezometro

P 4 9,5 Materiale di frana Inferiore 2,6x10-8

Tabella 9.2 - Valori del coefficiente di conducibilità idraulica ottenuti con prove a carico variabile in foro e in piezometro.

9.4.3 Conducibilità idraulica delle formazioni marnoso-calcaree della Successione Umbro-

Marchigiana

L’analisi della conducibilità idraulica delle formazioni costituenti il substrato è consistita nella

rielaborazione dei risultati di 127 prove Lugeon condotte su 27 fori di sondaggio fatte eseguire

dall’Ente Bonifica ed Irrigazione di Arezzo negli anni settanta per la realizzazione di un

serbatoio artificiale nel bacino del torrente Assino, in località Celle nel Comune di Gubbio (PG).

Nell’area affiorano le formazioni dalla Scaglia Bianca alla Marnoso-Arenacea; queste sono

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9.7

interessate da una tettonica a pieghe con asse in direzione Appenninica e da disgiunzioni di varia

importanza (Olivero, 1976).

Le prove Lugeon sono state condotte a tre gradini di pressione (1, 3 e 5 atmosfere) su tratti di

foro di lunghezza 5 m, per la durata di 20-30 minuti, dopo aver ottenuto la stabilizzazione. Di

queste sono state considerate solo le prove condotte al di sotto della superficie libera della falda

idrica, escludendo comunque quelle per le quali il diagramma portata-pressione indicava regime

turbolento, fatturazione idraulica o svuotamento delle fessure.

La descrizione delle formazioni nel bacino del torrente Assino è riportata nella Tabella 9.3.

Formazione Descrizione Scaglia Rossa Calcari stratificati, più o meno marnosi, ai quali localmente si associano

frequenti intercalazioni argilloso-marnose sottili ed a volte discontinue. Noduli e lenti di selce rossa sono variamente distribuiti. La potenza degli strati varia da qualche centimetro a 30-40 cm. Il colore degli strati è variabile dal rosso acceso al rosato. Verso il letto della serie, al passaggio alla Scaglia Bianca, si associano livelli uniformemente bianco-giallastri o a chiazze irregolari di questo colore. Verso il tetto, analogamente, al passaggio con la sovrastante Scaglia Cinerea, si alternano livelli, uniformi o a chiazze, grigi e rosati. In generale, passando dal letto al tetto gli orizzonti di Scaglia Rossa più marnosi diventano progressivamente più frequenti, accanto ai livelli più decisamente calcarei.

Scaglia Cinerea Calcari marnosi e marne calcaree, con intercalazioni argilloso-marnose spesso fogliettate. Il colore è grigio o grigio-verde. Livelli rosati si riscontrano verso il letto della serie, al passaggio verso la Scaglia Rossa. Lo spessore degli strati varia da qualche decimetro, nella parte bassa della formazione, a pochi centimetri nella parte alta. Nell’ambito del singolo strato le marne presentano generalmente una fitta suddivisione in scaglie, che appare in grande evidenza solo in superficie per effetto delle alternanze di umidità e secchezza, mentre nei campioni prelevati in profondità esiste in forma latente e si rivela solo a distanze di tempo, con il disseccamento. In affioramento, nella parte alta della formazione, caratterizzata da strati più sottili, tale suddivisione è così spinta da mascherare a volte la stratificazione. In generale il contenuto argilloso va aumentando sia in media dal letto al tetto della formazione, sia nel particolare dal letto al tetto dei singoli strati, i quali terminano spesso con un livelletto schiettamente argilloso.

Bisciaro Alternanze di calcari, calcari marnosi e marne di colore grigiastro. Lo spessore degli strati calcarei è di circa 50-60 cm verso il letto della formazione e diminuisce gradatamente verso il tetto. Contemporaneamente si ha un aumento progressivo dello spessore delle marne intercalate. Tra gli strati calcareo-marnosi sono presenti livelli di selce nera.

Schlier Marne fogliettate, talora un po’ scistose, con contenuto argilloso aumentante verso l’alto. Il colore è grigiastro. La stratificazione è poco netta.

Tabella 9.3 – Formazioni della Successione Umbro-Marchigiana dalla Scaglia Rossa allo Schlier nel bacino del torrente Assino (Olivero, 1976).

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9.8

Anche queste prove hanno fornito valori del coefficiente di conducibilità idraulica piuttosto

variabili. I risultati sono riassunti nella Tabella 9.4, espressi come numero di prove che

forniscono un valore della conducibilità idraulica che ricade nella classe considerata, in rapporto

al numero di prove condotte nella stessa formazione nello stesso intervallo di profondità.

Formazione della Scaglia Rossa (12 valori)

Classe Profondità

A B C D E F G H I

5 m – 15 m 1 / 6 5 / 6 15 m – 25 m 2 / 5 3 / 5 25 m –35 m 1/1 35 m – 55 m

Formazione della Scaglia Cinerea (15 valori)

Classe Profondità

A B C D E F G H I

5 m – 15 m 1 / 1 15 m – 25 m 3 / 4 1 / 4 25 m –35 m 2 / 4 2 / 4 35 m – 55 m 6 / 6

Formazione del Bisciaro (14 valori)

Classe Profondità

A B C D E F G H I

5 m – 15 m 1 /1 15 m – 25 m 2 / 2 25 m –35 m 1 / 6 3 / 6 2 / 6 35 m – 55 m 1 / 5 3 /5 1 / 5

Formazione dello Schlier (12 valori)

Classe Profondità

A B C D E F G H I

5 m – 15 m 3 / 3 15 m – 25 m 1 / 2 1 / 2 25 m –35 m 3 / 4 1 / 4 35 m – 55 m 1 / 3 2 /3

Tabella 9.4 – Risultati delle prove Lugeon eseguite per la realizzazione del serbatoio artificiale nel bacino del torrente Assino: numero di prove che forniscono un valore della conducibilità idraulica che ricade nella classe considerata, in rapporto al numero di prove condotte nella stessa formazione e nello

stesso intervallo di profondità.

Le classi di conducibilità idraulica a cui si è fatto riferimento sono riportate nella Tabella 9.5.

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9.9

Classe di

conducibilità idraulica

Intervallo di valori del coefficiente di conducibilità idraulica k

A k < 1x10-9 m/s B 1x10-9 m/s < k < 5x10-9 m/s C 5x10-9 m/s < k < 1x10-8 m/s D 1x10-8 m/s < k < 5x10-8 m/s E 5x10-8 m/s < k < 1x10-7 m/s F 1x10-7 m/s < k < 5x10-7 m/s G 5x10-7 m/s < k < 1x10-6 m/s H 1x10-6 m/s < k < 5x10-6 m/s I k > 5x10-6 m/s

Tabella 9.5 – Classi di conducibilità idraulica considerate.

La Scaglia Rossa ha coefficiente di conducibilità idraulica corrispondente prevalentemente alle

classi F e G.

Il coefficiente di conducibilità idraulica della formazione della Scaglia Cinerea sembra ricadere

sostanzialmente nella classe C per profondità maggiori di 15 m.

I valori del coefficiente di conducibilità idraulica del Bisciaro ricadono prevalentemente nelle

classi F e G, ma si osserva una forte variabilità di tale coefficiente; ciò può essere posto in

relazione con la litologia del materiale nel tratto di prova: maggiormente marnoso-calcareo

oppure calcareo-marnoso. Questo fattore sembra prevalere sulla diminuzione della conducibilità

idraulica che si ha per effetto della maggiore profondità. A conferma di quanto, l’esame delle

stratigrafie di sondaggio indica che valori minori del coefficiente di conducibilità idraulica

corrispondano a tratti più marnoso-argillosi.

Lo Schlier sembra essere caratterizzato da valori che ricadono nelle classi F e G per profondità

comprese tra 15 e 35 m. Valori lievemente minori, corrispondenti alle classi E ed F, si hanno per

profondità maggiori di 35 m. Al di sotto dei 15 m di profondità si osservano valori del

coefficiente di conducibilità idraulica maggiori rispetto alle prove superficiali; ciò potrebbe

essere attribuito a processi di ammorbidimento e alterazione del materiale prossimo alla

superficie.

I risultati delle prove di permeabilità condotte nel bacino del torrente Assino possono essere

messi a confronto con quelli delle prove in piezometro e Lefranc eseguite a Montemartano: i

materiali di frana nella parte centrale del versante ricadono nelle classi di conducibilità idraulica

D, F e G, nella quale ricadono 12 dei 14 valori corrispondenti alla formazione del Bisciaro nel

bacino del torrente Assino. La prova di conducibilità idraulica condotta nella cella P3A

suggerisce che il detrito di falda nella fascia centrale del versante possa essere caratterizzate da

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9.10

valori maggiori della conducibilità idraulica (classe H). Ai materiali di frana nella parte

sommitale del versante corrispondono valori del coefficiente di conducibilità idraulica compresi

nelle classi F e G. Il coefficiente di conducibilità idraulica del materiale all’intorno della cella

P20A, posizionata all’interno della zona di scorrimento, è compreso nella classe di conducibilità

idraulica B, la quale sembra caratterizzare i primi 5 m di profondità della formazione della

Scaglia Cinerea nel bacino del torrente Assino. Infine, al materiale di frana nella parte inferiore

del versante corrisponde un valore piuttosto ridotto del coefficiente di conducibilità idraulica,

che risulta compreso nella classe D; è da notare che la cella è installata all’interno della zona di

scorrimento più superficiale presente in corrispondenza di questa postazione.

9.5 CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELLE SORGENTI DI

MONTEMARTANO

A Sud-Ovest del nucleo storico dell'abitato di Montemartano, tra 620 e 630 m s.l.m., esistono

alcune emergenze idriche, in parte captate e destinate ad uso potabile (Figura 9.7).

Le sorgenti si localizzano al contatto tra la formazione della Scaglia Rossa (di litologia calcarea e

calcareo-marnosa) e le formazioni della Scaglia Variegata e Cinerea, prevalentemente marnose e

marnoso-calcaree, molto meno permeabili. Le sorgenti sono classificabili su base geologica

come "sorgenti di sbarramento per soglia di conducibilità idraulica sottoposta" (Figura 9.8).

Gli studi idrogeologici sulle sorgenti di Montemartano (Cattuto, 1991) assumono che la soglia di

conducibilità idraulica sia costituita da un “piano di sovrascorrimento” inclinato circa 10°-15°

verso l’interno dell’ammasso roccioso al contatto tra le formazioni della Scaglia Rossa

(serbatoio) e della Scaglia Variegata (a cui soggiace la Scaglia Cinerea).

La via di deflusso più importante si trova in corrispondenza della intersezione tra il

sovrascorrimento e la faglia di Montemartano, che invece impedisce il deflusso delle acque

sotterranee verso Nord (Cattuto, 1991).

L’opera di presa realizzata inizialmente (la data di costruzione non è nota, ma in base alle

fotografie aeree si ritiene sia antecedente al 1954) consisteva in un manufatto in muratura

(bottino di presa) addossato alla parete rocciosa in prossimità della emergenza principale. Esso

ha subito nel corso degli anni un progressivo distacco dalla parete rocciosa in conseguenza dei

movimenti della coltre detritica su cui era fondato (Figura 9.9).

In corrispondenza del bottino di presa, nel 1991 sono stati realizzati tre sondaggi verticali di

lunghezza compresa tra 5 e 14 m (sondaggi S1, S2 e S3 in Figura 9.9) e uno orizzontale lungo 88

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9.11

m (sondaggio SO). Tali sondaggi hanno permesso di chiarire la situazione stratigrafica locale:

l’opera di presa e il serbatoio di accumulo originari risultavano fondati su una colte detritica di

spessore massimo dell’ordine della decina di metri, in movimento lento sul sottostante substrato.

Lo spessore complessivo delle formazioni della Scaglia Variegata e Cinerea nella zona

dell’opera di presa sembra non eccedere la ventina di metri.

Il serbatoio di accumulo, anch’esso fondato sulla coltre detritica, presentava segni di dissesto agli

inizi degli anni novanta, tanto che nel 1996 ne hanno resa necessaria la ricostruzione. La

presenza di vie di circolazione, attraverso le quali si infiltravano nel sottosuolo le acque di

superficie, ha comportato alla fine degli anni novanta la realizzazione di una nuova opera di

captazione.

La nuova opera di presa è costituita da una camera all’interno dell’ammasso a cui si accede

attraverso un cunicolo (Figura 9.10) realizzato a quota di qualche metro inferiore a quella

dell'originario bottino; il cunicolo si compone di una serie di conci tubolari di acciaio aventi

diametro pari a 2,5 m e spessore 30 mm, per una lunghezza complessiva di circa 16 m. Dalla

camera, profonda 6 m, sono state realizzate due file di dreni tubolari finestrati, in acciaio zincato,

di lunghezza compresa tra 40 a 60 m, una orientata verso l’interno dell’ammasso e l’altra verso

l’alto (documentazione A.S.E.M. Azienda Servizi Energetici Municipalizzati - Spoleto).

In occasione di un sopralluogo effettuato nel 2004 è risultato che dai dreni tubolari orientati in

direzione suborizzontale non scaturiva acqua, mentre risultavano funzionanti quelli verticali.

Uno dei conci del cunicolo di accesso alla camera di presa era ovalizzato e ruotato rispetto agli

altri.

Le misure di portata hanno riguardato la sorgente le cui opere di captazione sono state descritte

in quanto precede. Le misure di portata da Novembre 2004 a Dicembre 2005 sono riportate nella

Figura 9.11.

L’indice di variabilità R di Meinzer (Ippolito et al., 1975), definito come rapporto tra la massima

differenza di portata nel corso di un anno idrologico e la portata media nello stesso periodo, è

pari al 145 %; la sorgente è pertanto classificabile come "perenne" e "variabile" (R > 100%).

Poiché non si dispone di misure di portata per un congruo numero di anni consecutivi, non è

possibile calcolare una portata media pluriennale; qualora fosse possibile ritenere le portate

misurate come caratteristiche del regime pluriennale della sorgente, questa apparterrebbe al

quarto gruppo (portata media pluriennale compresa tra 10 e 100 l/s) della classificazione

quantitativa di Meinzer (Ippolito et al., 1975). Alcuni dati storici sembrano giustificare tale

attribuzione (Figura 9.11).

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9.12

L’elevato valore dell’indice di variabilità annuale (145 %) e l’andamento temporale delle portate,

che si caratterizza per la presenza di due distinti massimi, uno a Gennaio 2005 e uno nel periodo

Aprile-Maggio 2005, suggerisce che il serbatoio che alimenta la sorgente è dotato di una capacità

di immagazzinamento ridotta e quindi di scarsa capacità regolatrice, con portate erogate che

seguono l’andamento stagionale delle precipitazioni. Se si interpreta il tratto di esaurimento da

Maggio a Novembre 2005 con l’espressione esponenziale di Mallet (Q = Q0 e-at) si valuta un

volume d’acqua immagazzinato nella porzione di acquifero che alimenta la sorgente dell’ordine

dei 150.000 m3.

9.6 ANALISI NUMERICHE DELLA CIRCOLAZIONE IDRICA NEL

VERSANTE

9.6.1 Modello assunto

Le analisi sono consistite in una serie di simulazioni numeriche dei moti di filtrazione in

condizioni di stato stazionario.

La filtrazione è stata studiata in condizioni bidimensionali, considerando la sezione A-A’ (Figura

7.1): tale sezione, centrale rispetto al pendio e diretta verso il minimo morfologico presente a

Nord del Colle Rosso, risulta la più idonea per lo studio della circolazione idrica, in quanto

interessa un discreto numero di postazioni piezometriche (P1, P2, P3 e P4) e passa in

corrispondenza dell’opera di presa delle sorgenti, dove sono disponibili ulteriori informazioni

stratigrafiche di dettaglio.

Il dominio di filtrazione (Figura 9.12/a) è stato definito facendo riferimento al modello geologico

semplificato presentato nel capitolo 3, la cui principale incertezza riguarda l’estensione delle

formazioni in profondità e verso l’interno della dorsale. Alla formazione del Bisciaro è stato

attribuito uno spessore di 50 m in corrispondenza della parte centrale del versante: a monte le

formazioni del Bisciaro, della Scaglia Cinerea e della Scaglia Variegata sono ripiegate su se

stesse (Figura 3.8), e la formazione del Bisciaro, corrispondente al nucleo della piega, potrebbe

di conseguenza avere spessori apparentemente maggiori.

La Scaglia Cinerea affiora in serie rovesciata in corrispondenza delle sorgenti: i sondaggi

realizzati in corrispondenza dell’opera di presa indicano che essa presenta, a contatto con la

formazione del Bisciaro, spessore ridotto (Figura 9.9). L’inclinazione del contatto tra la Scaglia

Rossa e le Scaglie Variegata e Cinerea è stato assunta pari a 15° (tratto BC in Figura 9.12/b). Il

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9.13

dominio di filtrazione si estende 100 m verso l’interno della montagna (contorno verticale AB).

Il contorno AB rappresenta una possibile schematizzazione del contatto tra le formazioni della

Scaglia Cinerea e del Bisciaro.

Il contorno di valle del dominio di filtrazione (DE) è stato assunto in corrispondenza della zona

pianeggiate presente alla base del versante. Esso è spinto fino a 35 m di profondità.

Il contorno inferiore (AE) è inclinato 5° rispetto all’orizzontale. Tale inclinazione coincide con

l’inclinazione del piano campagna in molte parti del versante e con l’inclinazione media del tetto

del substrato (formazioni del Bisciaro e dello Schlier) nella parte centrale del pendio.

Tenuto conto delle unità stratigrafiche definite al paragrafo 5.6 e delle classi di conducibilità

idraulica introdotte nel paragrafo 9.4.3. sono state definite le “unità idrogeologiche”. Esse

corrispondono alle unità stratigrafiche con alcuni accorpamenti (Tabella 9.6).

Ciascuna unità idrogeologica è stata modellata come materiale omogeneo e isotropo nei riguardi

della conducibilità idraulica; a ciascuna unità è stato attribuito il valore centrale della classe di

conducibilità idraulica maggiormente rappresentativa.

Unità idrogeologica

Classe di conducibilità

idraulica

Intervallo di valori del coefficiente di

conducibilità idraulica (m/s)

1 Formazione della Scaglia Cinerea

C 5x10-9 – 1x10-8

2 Formazioni del Bisciaro e dello Schlier

F 1x10-7 – 5x10-7

3 Coperture (materiale di frana e detrito di falda) nella parte superiore del versante

F

1x10-7 – 5x10-7

4 Materiali di frana nella parte centrale del versante

G

5x10-7 – 1x10-6

5 Materiale di frana nella parte inferiore del versante

D

1x10-8 – 5x10-8

6 Detrito di falda nella parte centrale ed inferiore del versante

H 1x10-6 – 5x10-6

Tabella 9.6 – Classi di conducibilità idraulica attribuite ai terreni nelle analisi semplificate della

filtrazione.

Come si nota dalla Tabella 9.6, il materiale di frana e il detrito di falda presenti nella parte

sommitale del versante sono stati considerati come un’unica unità idrogeologica ed è stato loro

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9.14

attribuito il valore medio della classe di conducibilità idraulica ottenuto dalla prova condotta

nella cella piezometrica P5.

La formazione della Scaglia Rossa non è stata considerata all’interno del dominio di filtrazione:

il valore della cadente piezometrica all’interno di tale formazione è infatti certamente ridotto (al

massimo pari a qualche per cento) nei cento metri per i quali il dominio di filtrazione è stato

protratto verso l’interno della dorsale. La situazione idrogeologica responsabile della presenza

delle sorgenti (ubicate in corrispondenza del punto C) può essere quindi riprodotta nel modello

adottando una opportuna condizione idraulica al contorno lungo i tratti BC e AB. Tale

assunzione appare senza dubbio accettabile in relazione allo scopo per il quale le simulazioni

numeriche sono state condotte.

La discretizzazione del dominio di filtrazione in elementi finiti è riportata in Figura 9.12/b.

Come è noto, in condizioni di stato stazionario la rete idrodinamica non dipende dal valore

assoluto del coefficiente di conducibilità idraulica attribuito ai diversi materiali presenti, ma dal

rapporto reciproco tra i diversi valori; in Figura 9.12/a i valori del coefficiente di conducibilità

idraulica sono espressi pertanto in termini relativi. Dalla figura si rileva che, in conseguenza

dell’approccio esposto, al substrato ed alle coltri di frana sono stati attribuiti valori della

conducibilità idraulica confrontabili, mentre alla formazione della Scaglia Cinerea è stata

attribuita una conducibilità idraulica minore di due ordini di grandezza rispetto a quella dei

materiali sopra considerati; conducibilità idraulica minore di un ordine di grandezza è stata

attribuita ai materiali di frana alla base del versante, mentre al detrito di falda nella parte centrale

ed inferiore del pendio è stato attribuito un valore maggiore di un ordine di grandezza.

9.6.2 Analisi eseguite

Sono state condotte due serie di analisi utilizzando il codice di calcolo agli elementi finiti

SEEP/W di GeoStudio 2004 (GEO-SLOPE International, 2004): nella prima serie è stato

considerato il caso di moto non confinato che si instaurerebbe in assenza di apporti idrici dovuti

alle precipitazioni che si infiltrano lungo il versante; nella seconda serie è stato considerato il

caso di precipitazioni cospicue, in grado di mantenere la presenza di un film di acqua lungo il

profilo del versante.

Per ciascuna serie di analisi sono stati considerati più modelli, differenti tra loro per le condizioni

al contorno assunte lungo BA e DE. Per tutti i modelli il contorno AE (bordo inferiore della

regione di flusso) è stato assunto impermeabile (Figura 9.12).

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9.15

Come già detto, le sorgenti si manifestano in corrispondenza del punto C per intersezione della

superficie piezometrica con il profilo del versante: per via del basso valore della cadente

piezometrica in prossimità dell’emergenza, lungo il contorno BC è stato imposto un valore

costante del carico idraulico, pari proprio all’altezza geometrica del punto C.

Per quanto riguarda i contorni verticali che limitano la regione di flusso a monte (AB) ed a valle

(DE) sono state prese in considerazioni più ipotesi ed attribuite conseguentemente differenti

combinazioni di condizioni al contorno (Tabella 9.7): in particolare, nei modelli M1 e M3 il

contorno AB è stato assunto impermeabile, ipotizzando che la circolazione idrica nel dominio in

studio sia alimentata dall’acquifero a monte soltanto attraverso il contorno BC. Nei modelli M2 e

M4 al contorno AB è stata attribuita la condizione al contorno assegnata lungo BC.

Anche lungo DE sono state considerate due differenti condizioni al contorno: nei modelli M1 e

M2 il contorno è stato considerato impermeabile, mentre nei modelli M3 e M4 è stata ipotizzata

una distribuzione idrostatica delle pressioni neutre.

Modelli

M1 M2 M3 M4 Tratto AB

Q = 0 H = H( C ) Q = 0 H = H( C )

Tratto ED

Q = 0 Q = 0 H = H( E ) H = H( E )

Tabella 9.7 – Condizioni al contorno assunte nell’analisi.

H = carico idraulico; Q = portata.

Sono stati infine considerati altre due classi di modelli (modelli M5 e M6) per i quali è stato

opportunamente prolungato verso valle il dominio di filtrazione e lungo il nuovo bordo verticale

della regione di flusso è stata ipotizzata una distribuzione idrostatica delle pressioni neutre;

queste due classi sono state introdotte per evitare di dover attribuire a priori (ossia come dato di

ingresso dell’analisi) la distribuzione di pressione neutra lungo il contorno DE.

I modelli M5 assumono lungo AB la stessa condizione al contorno dei modelli M1 e M3, mentre

i modelli M6 assumono quella dei modelli M2 e M4.

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9.16

9.6.3 Risultati delle analisi

I risultati delle analisi di filtrazione sono riportati nelle Figure 9.13 per i modelli M1 ed M4,

espressi in termini di linee equipotenziali; per i modelli M2, M3, M5 ed M6 si ottengono risultati

sostanzialmente analoghi a quelli riportati nelle suddette Figure. La variazione di carico idraulico

da una linea equipotenziale alla successiva è pari a 2 m. Per comodità sono rappresentate anche

alcune linee di flusso.

Per tutte le analisi condotte la regione a conducibilità idraulica ridotta in corrispondenza del

contorno BC è sede di gradienti idraulici molto elevati, diretti sostanzialmente verso il basso per

effetto della maggiore conducibilità idraulica del terreno sottostante.

Nella prima serie di analisi (apporto idrico unicamente dall’acquifero che alimenta le sorgenti,

Figura 9.13/A) è presente un cuneo di terreno in condizioni di parziale saturazione al di sotto

della regione a conducibilità idraulica ridotta.

Queste modellazioni possono spiegare perché le due celle piezometriche della postazione P1,

installate alla profondità di 6 e 9 m, non hanno misurato alcun livello piezometrico durante

l’intero periodo di monitoraggio.

L’effetto dovuto alla presenza di uno o più strati di conducibilità idraulica ridotta alla sommità di

un versante è stato studiato da Rulon et al. (1985) in condizioni di stato stazionario e moto di

filtrazione non confinato (Figure 9.14 ed 9.15). L’analisi svolta dagli Autori evidenzia che si

possono formare falde sospese e superfici di filtrazione multiple e che le loro caratteristiche

dipendano dalla posizione degli strati e dal rapporto tra la conducibilità idraulica dei materiali

costituenti il versante.

Nella seconda serie di analisi (apporto idrico dall’acquifero che alimenta le sorgenti e dalle

precipitazioni meteoriche che si infiltrano lungo il profilo del versante, Figura 9.13/B),

indipendentemente dalle condizioni al contorno assunte lungo i bordi verticali della regione di

flusso, le ondulazioni del profilo del versante e la distribuzione assunta della conducibilità

idraulica possono generare reti idrodinamiche caratterizzate da sistemi di flusso secondari che si

formano all’interno del sistema di flusso principale (Freeze e Witherspoon, 1966). Nell’insieme

sono individuabili tre sistemi di flusso secondari, uno nella parte sommitale del versante e gli

altri due nella porzione centrale ed inferiore del versante stesso.

In corrispondenza della postazione piezometrica P2 il moto di filtrazione ha direzione

sostanzialmente orizzontale ed entrambe le celle piezometriche ricevono alimentazione dalla

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9.17

stessa area. Ciò è in accordo con le misure piezometriche che forniscono lo stesso livello

piezometrico per entrambe le celle della postazione (Figura 9.4/B).

La parte centrale del pendio tra la postazione P2 e la postazione P3 costituisce una zona

particolare, in quanto si concentrano in superficie le linee di flusso dell’intera circolazione

proveniente dalla parte superiore del versante (Figure 9.13).

Infine (Figure 9.13), la presenza di una zona, alla base del versante, avente conducibilità

idraulica minore di quella del materiale circostante produce, come già evidenziato da Patton e

Hendron (1974), gradienti idraulici localmente diretti verso l’alto nella circolazione idrica più

superficiale, mentre la circolazione idrica profonda si sviluppa al di sotto di tale zona, senza

venirne sostanzialmente influenzata (Figura 9.16).

9.7 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

L’intervallo di variazione della conducibilità idraulica delle unità idrogeologiche corrispondenti

alle coperture varia da 1x10-8 a 5x10-6 m/s, campo che corrisponde a materiali quali sabbie fini,

limi, terreni con granulometria mista da sabbia ad argilla. Tali valori, relativamente elevati,

possono essere messi in relazione con il numero N di giorni, relativamente ridotto (N = 30), per

il quale l’andamento dei livelli piezometrici appare in fase con le altezze giornaliere di

precipitazione cumulate su N giorni. Nel caso della frana di Porta Cassia a Orvieto (Tommasi et

al., 2004), dove il valore della conducibilità idraulica dei materiali costituenti il corpo di frana è

dell’ordine di 10-9 - 10-10 m/s, l’andamento dei livelli piezometrici in profondità appare in fase con

le precipitazioni giornaliere cumulate su 120-180 giorni.

Con l’eccezione della parte sommitale del versante, l’ipotesi di persistenza di un film di acqua

lungo il piano campagna in conseguenza di precipitazioni eccezionalmente cospicue, pur non

corrispondendo a una situazione riscontrata nel periodo delle misure, non rappresenta una

condizione del tutto dissimile dai livelli piezometrici massimi misurati (metà di Maggio 2004).

Le analisi numeriche della circolazione idrica nel versante hanno permesso di individuare la

presenza di due sistemi di flusso interagenti, ma caratterizzati da bilanci idrici distinti: il primo,

che ha sede prevalentemente nel substrato, è alimentato dall’acquifero da cui dipendono le

sorgenti; il secondo riceve alimentazione dalle precipitazioni che si infiltrano lungo il versante e

può interessare sia le coperture che la parte sommitale del substrato. Questo secondo sistema di

flusso è caratterizzato da percorsi di filtrazione di lunghezza limitata in conseguenza della

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9.18

morfologia del versante, che favorisce la formazione di zone di accumulo delle acque superficiali

nelle aree più depresse.

La sostanziale “continuità” dei movimenti, evidenziata dal tempo di ritorno piuttosto breve degli

eventi meteorici che sono stati sufficienti ad attivare i movimenti, può essere spiegata

considerando che la circolazione idrica dovuta agli apporti dell’acquifero che alimenta le

sorgenti è tale da determinare nel versante un campo di pressioni neutre prossimo a quello critico

(attivazione dei movimenti). In queste condizioni apporti meteorici anche di entità limitata

possono innescare i movimenti.

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Figura 9.1 - Ubicazione delle postazioni piezometriche con indicazione della profondità delle celle.

0 100 200 m

P 5

N

A: -5 mB: -10 m

P 20

A: -17 mC: -23 m

P 2-6,5 m

P 1

-18 mP 6

-9,5 mP 4

-9,5 mP 8

-12 mP 9

P 3A: -6,5 mB: -15,5 m P 11

-5 m

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2000199919981995 1996 19971988 1989 1990 1991 1992 1993 2001 2002 2003 20041994

800

Alt

ezze

an

nu

ali d

i pio

gg

ia

(mm

/an

no

) 600

400

200 0

1000

1200

2005

Figura 9.2 - Precipitazioni annuali registrate a Montemartanodal 1988 al 2004 e valore medio della precipitazione annuale.

valore medio

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Figura 9.3 - Correlazione tra la variazione nel tempo dei livellipiezometrici (A) e la precipitazione giornaliera registrata a Montemartano

cumulata su 15 (B), 30 (C), 45 (D) e 60 (E) giorni.

-5

0

-10

-15

-5

0

-10

-15

-5

0

-10

-15

-5

0

-10

-15

AF M G MG N D AF M A2004G M L OS N DG OS N D G A

2003G L SAF M G MG N D AF M A

2004G M L OS N DG OS N D G A

2003G L SFG AM2003G G M AL OSS DN FG AM G S

2004LG M A NO D

2005MFAF M G MG N D AF M A

2004G M L OS N DG OS N D G A

2003G L SAF M G MG N D AF M A

2004G M L OS N DG OS N D G A

2003G L SFG AM2003G G M AL OSS DN FG AM G S

2004LG M A NO D

2005MFAF M G MG N D AF M A

2004G M L OS N DG OS N D G A

2003G L SAF M G MG N D AF M A

2004G M L OS N DG OS N D G A

2003G L SFG AM2003G G M AL OSS DN FG AM G S

2004LG M A NO D

2005MFAF M G MG N D AF M A

2004G M L OS N DG OS N D G A

2003G L SAF M G MG N D AF M A

2004G M L OS N DG OS N D G A

2003G L SFG AM2003G G M AL OSS DN FG AM G S

2004LG M A NO D

2005MF

A

12080400

240200160

2003G G MAG D MFS NO

2002NOSSA

2004MA LG G G D MFSSA NOL FG MD

2005

280D

12080400

240200160

2003G G MAG D MFS NO

2002NOSSA

2004MA LG G G D MFSSA NOL FG MD

2005

280

360320

E

D

120

2002O NS

04080

F MD G G G LA M2003

O NA SS F MD G G G LA M2004

NA SS O

160

MG F2005

200240

C

D

Alt

ezze

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra

cum

ula

ta s

u 1

5 g

iorn

i (m

m)

8040

S NO

120

2003G D MF MA LG G SSA NO G D MF

2004MA LG G OSSA N FG M

160

20052002

0

B

Alt

ezze

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra

cum

ula

ta s

u 3

0 g

iorn

i (m

m)

Alt

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iorn

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m)

Alt

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u 6

0 g

iorn

i (m

m)

Liv

elli

pie

zom

etri

ci (

m)

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AF M G MG N D AF M A2004G M L OS N DG OS N D G A

2003G L S

-5

0

-10

-15

-20

AF M G MG N D AF M A2004G M L OS N DG OS N D G A

2003G L SFG AM2003G G M AL OSS DN FG AM G S

2004LG M A NO D

2005MF

P5 : -6,5 m

P20 cella A: -5 m

Figura 9.4/A - Livelli piezometrici forniti dalle celle installate nei materiali di frana della partesommitale del versante (celle P1, P5 e P20A).

P1 cella A: -6 m

P1 cella B: -9 m

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P8 : -9,5 m

P6 : -18 m

P3 cella A: -6,5 m

P2 cella C: -23 m

P2 cella A: -17 m

DDNN

0

-20

-15

-5

-10

G FG FG F M AM AM A G G 2003G 2003G G 2003G MMM L AL AL A SS OSS OSS O N DDN DN G FG FG F M AM AM A G

2004G 2004G 2004

MMM ALL AL A OSS OS O DN DN DN M2005FG G G

Figura 9.4/B - Livelli piezometrici forniti dalle celle installate nei materiali di frana (P2A, P6), nel substrato allentato (P2C, P8), e nel detrito di falda (P3A) della parte centrale del versante.

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AF M G MG N D AF M A2004G M L OS N DG OS N D G A

2003G L S

-5

0

-10

-15

-20

AF M G MG N D AF M A2004G M L OS N DG OS N D G A

2003G L SFG AM2003G G M AL OSS DN FG AM G S

2004LG M A NO D

2005MF

P20 cella B: -10 m

P3 cella B: -15,5 m

Figura 9.4/C - Livelli piezometrici forniti dalle celle P20B e P3B installate nella parte centrale del versante.

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P4 : -9,5 m

P9 : -12 m

DDNN

0

-20

-15

-5

-10

G FG FG F M AM AM A G G 2003G 2003G G 2003G MMM L AL AL A SS OSS OSS O N DDN DN G FG FG F M AM AM A G

2004G 2004G 2004

MMM ALL AL A OSS OS O DN DN DN M2005FG G G

Figura 9.4/D - Livelli piezometrici forniti dalle celle installate alla base del versante nelle coperture (P4) e nel substrato allentato (P9).

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Figura 9.5 - Confronto tra le precipitazioni nei due periodi (8-21 Aprile 2003 e 15-28 Marzo 2004) nei quali sono state

valutate le velocità di spostamento.

D

120

Alt

ezza

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra

cum

ula

ta s

u 3

0 g

iorn

i(m

m)

2002O NS

04080

F MD G G G LA M2003

O NA SS F MD G G G LA M2004

NA SS O

160

MG F2005

200240

NO MFD G LG G MA2004

O NSSA MFD G 2005

MN2002

FD G 2003

LG G A M SSAS O

500

Alt

ezza

di p

iog

gia

gio

rnal

iera

cu

mu

lata

(m

m)

200

0

100

300

400

800

600

700

D2002

S O N AAAFG M G G 2003

M L DOSS N FG M2004G G M AL SS O DN

2005G F M

Alt

ezza

di p

iog

gia

g

iorn

alie

ra (

mm

)

0

30

1020

5040

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Figura 9.6 - Prove di permeabilità in piezometro.

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0 100 200 mN

Figura 9.7 - Ubicazione delle sorgenti di Montemartano.

Sorgente non captata

Sorgente captata

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Figura 9.8 – Sorgenti per soglia di conducibilità idraulica (SP) sottoposta in corrispondenza di un piano di

sovrascorrimento (da Ippolito et al., 1975).

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Bisciaro

Scaglia Cinerea

Scaglia Variegata

Scaglia Rossa

Coltre detritica

Materiale argilloso

SS 1

SS 2SS OSS 3

vecchia opera di presa

serbatoio

600

Quo

ta (

m s

.l.m

.)

650

50 100 150Progressive (m)

Figura 9.9 - Sondaggi e ricostruzione litostratigrafica in corrispondenza dell'opera di presa (da Cattuto, 1991, ridisegnata).

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Figura 9.10 - Attuale opera di captazione delle sorgenti di Montemartano (da documentazione A.S.E.M., Azienda Servizi Energetici Municipalizzati, Spoleto).

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Figura 9.11 - Portate erogate dalla sorgente di Montemartano da Novembre 2004 a Dicembre 2005 (A.S.E.M., Azienda Servizi Energetici Municipalizzati, Spoleto);

1: Dicembre 1990; 2: 25 Gennaio 1991; 3: 15 Settembre 1991; 4: Agosto 1993; 5: Portata minima 1972.(Cattuto, 1991; Canfarini, 1993).

1

2

3

4

5

N D

2004G F M A M G L

2005A S O N D

Po

rtat

a (l

/s)

0

10

20

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A

B

E

Figura 9.12 - a) Dominio di filtrazione assunto nelle analisi semplificate con indicazione del valore relativo di conducibilità idraulica attribuito a ciascuna unità idrogeologica; b) discretizzazione in elementi finiti del dominio di filtrazione.

k = 0,03k = 1

k = 1k = 3k = 0,1

k = 10Scaglia Rossa

Scaglia CinereaBisciaro e Schlier

Coltri di frana (parte centrale)

Coperture (parte sommitale)

Coltri detritiche

Coltri di frana (parte inferiore)

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Post

azio

ne

piez

omet

rica

3

Post

azio

ne

piez

omet

rica

2

Post

azio

ne

piez

omet

rica

1

Post

azio

ne

piez

omet

rica

4

Figura 9.13/A - Andamento dei livelli piezometrici nel caso di assenza di approti idrici lungo il profilo del versante.a) Alimentazione unicamente lungo BC (modello M1); b) Alimentazione lungo BC e AB (modello M4).

A

B

E

A

B

EPo

staz

ione

pi

ezom

etric

a 3

Post

azio

ne

piez

omet

rica

2

Post

azio

ne

piez

omet

rica

1

Post

azio

ne

piez

omet

rica

4

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Figura 9.13/B - Andamento dei livelli piezometrici nel caso di alimantazione dall'acquifero da cuidipendono le sorgenti e di persistenza di un film di acqua lungo il profilo del versante. a) Alimentazione lungo BC e lungo il piano campagna (modello M1); b) Alimentazione lungoi contorni BC e AB e lungo il

piano campagna (modello M4).

E

A

B

E

Post

azio

ne

piez

omet

rica

3

Post

azio

ne

piez

omet

rica

2

Post

azio

ne

piez

omet

rica

1

Post

azio

ne

piez

omet

rica

4

A

B

EPo

staz

ione

pi

ezom

etric

a 3

Post

azio

ne

piez

omet

rica

2

Post

azio

ne

piez

omet

rica

1

Post

azio

ne

piez

omet

rica

4

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Figura 9.14 – Effetto di un singolo strato orizzontale di permeabilità ridotta sulla estensione dei cunei di

terreno non saturo (da Rulon et al., 1985).

Figura 9.15 – Effetto della permeabilità degli strati rispetto a quella del materiale circostante (da Rulon et

al., 1985).

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Figura 9.16 – Regime idraulico in presenza di coltri di copertura di ridotta permeabilità al piede (da Patton e

Hendron, 1974).

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10.1

Capitolo 10 - CONDIZIONI DI STABILITA’ DEL VERSANTE

10.1 INTRODUZIONE

Le frane attive lente sono diffuse specialmente in aree costituite da argille consistenti, ma altri

movimenti di versante possono rientrare in tale categoria; tra questi i movimenti franosi

profondi, i fenomeni di instabilità complessi che interessano gli ammassi rocciosi e le frane nei

terreni granulari (Picarelli e Russo, 2004). Il caso di studio per molti aspetti può rientrare tra i

fenomeni sopra elencati.

Secondo gli Autori citati, nella maggior parte delle frane che si muovono lentamente, le forze

motrici non variano globalmente con il movimento, mentre le forze resistenti variano nel tempo

principalmente in conseguenza della fluttuazione stagionale delle pressioni neutre. Il

bilanciamento, tra forze motrici essenzialmente costanti e forze resistenti variabili, determina il

movimento, che è il risultato di deformazioni interne alla massa e scorrimenti lungo la zona di

taglio: le deformazioni interne al corpo di frana sono elasto-visco-plastiche dipendenti da

variazioni delle tensioni efficaci e dal tempo, mentre gli scorrimenti alla base del corpo di frana

sono essenzialmente visco-plastici.

I suddetti Autori ritengono inoltre che il campo di tensione all'interno dei corpi di frana e le sue

continue e non uniformi variazioni nel tempo e nello spazio siano probabilmente il fattore chiave

per spiegare il movimento dei pendii: se il livello di tensione varia continuamente e il

coefficiente di sicurezza locale raggiunge valori differenti da quello globale (coefficiente di

sicurezza convenzionale), si producono deformazioni locali ed eventualmente scorrimenti, anche

se il coefficiente di sicurezza globale è maggiore di uno. La riattivazione può iniziare in una

parte del pendio ed estendersi ad altre parti attraverso un processo che implica una progressiva

diminuzione delle velocità di spostamento man mano che ci si allontana dalla zona ove il

coefficiente di sicurezza locale raggiunge valore unitario. Probabilmente, una completa

riattivazione non è usuale se non in condizioni di tensioni eccezionali.

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10.2

10.2 MODELLO "CONCETTUALE" DEL PROCESSO DI MOVIMENTO

DEL VERSANTE IN STUDIO

Nei capitoli precedenti si è visto che:

1. il fenomeno di instabilità del versante è costituito da più corpi di frana, che possono essere

tra loro contigui e anche sovrapposti (Figura 7.1);

2. i corpi di frana, esistenti nelle parti sommitale e inferiore del settore Nord e nel settore Sud,

sono stati interessati da movimenti lenti con velocità di spostamento diverse nei due periodi

di analisi (Tabella 6.6 e Figura 6.1);

3. le velocità di spostamento nel secondo periodo di analisi, caratterizzato da livelli

piezometrici maggiori di quelli del primo periodo (Figure 9.4/A/B/C/D), sono risultate di un

ordine di grandezza maggiori di quelle registrate nel primo periodo;

4. nella zona V e nella parte della zona VII ricadente nel settore Nord (Figure 4.1 e 6.3) non si

dispone di dati certi sulla esistenza di movimenti in atto e il fenomeno franoso è stato

ipotizzato "quiescente" o "attivo", con superficie di scorrimento che si sviluppa al di sotto

della base degli strumenti che non hanno fornito indicazione di spostamenti.

Sulla base dei dati e delle ipotesi sopra richiamate, il fenomeno franoso risulta complesso ed

articolato per la presenza di più superfici di scorrimento.

Al riguardo si può porre la domanda se il modello meccanico del processo di movimento

dell'intero versante nel settore Nord possa essere ricondotto a quello proposto da Picarelli e

Russo (2004). Dal punto di vista qualitativo la risposta non può essere che affermativa perché,

tenuto conto delle caratteristiche stratigrafiche, morfologiche e di circolazione idrica nel

versante, è altamente verosimile che il livello di tensione non sia costante lungo la superficie di

scorrimento e che conseguentemente si producano deformazioni locali ed eventualmente

scorrimenti senza la completa mobilizzazione del corpo di frana.

Questo comportamento tuttavia non può essere sostanziato con analisi numeriche dello stato

tensionale e deformativo per le difficoltà già viste nella definizione del modello della filtrazione

nel pendio e soprattutto per l'impossibilità di definire in modo completo e aderente alla realtà le

proprietà meccaniche dei terreni costituenti il sottosuolo. Di conseguenza non può essere

verificata, tramite un modello numerico, la rispondenza meccanica del modello "concettuale"

scaturito dai dati forniti dai controlli, dalle osservazioni morfologiche e da alcune ragionevoli

ipotesi.

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10.3

Considerazioni di tipo meccanico possono essere svolte, per il caso di studio, valutando la

resistenza al taglio operativa (in corrispondenza dei livelli piezometrici misurati) nei diversi stati

di attività del fenomeno franoso, nell’ipotesi che le mobilizzazioni si siano verificate per

raggiungimento dell’equilibrio limite per gli interi corpi di frana individuati.

10.3 RESISTENZA AL TAGLIO MOBILITATA IN CONDIZIONI DI

EQUILIBRIO LIMITE

10.3.1 Modello assunto

Quando si intende analizzare mediante i metodi dell’equilibrio limite un fenomeno di instabilità

che comporta la mobilizzazione differenziale delle varie parti del corpo di frana, ad esempio nel

caso di scorrimenti multipli, occorre analizzare separatamente le diverse parti mobilizzate

contemporaneamente; il confronto dei valori del coefficiente di sicurezza ottenuti permette di

verificare se, per assegnate condizioni idrauliche e caratteristiche di resistenza dei materiali, per

tutti i corpi di frana considerati siano ipotizzabili condizioni di equilibrio limite.

Nel caso in esame le analisi sono riferite al corpo di frana posto nel settore Nord ed esteso

all’intero versante nelle diverse fasi di mobilizzazione delle parti che lo compongono.

Le analisi sono state condotte in riferimento alla sezione V-V’, passante per le postazioni I6 e I4

(Figura 10.1) orientata in direzione parallela ai vettori spostamento. Il metodo di verifica adottato

è quello di Morgenstern e Price (1965). Nelle analisi sono state considerate tre distinte superfici

di scorrimento, denominate “A”, “B” e “C” nel Capitolo 7 (Figure 10.2/A/B/C).

La sezione di verifica è centrale rispetto al corpo di frana considerato: ciò permette di ridurre al

minimo l’influenza degli effetti tridimensionali e rende l’analisi bidimensionale maggiormente

significativa.

Nelle analisi sono state considerate come variabili l’angolo di resistenza al taglio in condizioni

residue e le pressioni neutre lungo la superficie di scorrimento assunta e per ciascuna analisi è

stato ricavato il valore del coefficiente di sicurezza.

Nelle analisi sono state prese in considerazione tre differenti condizioni idrauliche, derivate a

partire dalle misure piezometriche delle celle P6, P3B e P4 (Tabella 10.1 e Figure 10.2):

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10.4

-linea piezometrica “1”: sono state considerate le misure piezometriche del periodo 8-21 Aprile

2003, durante il quale si osservano (Tabella 10.2) velocità di spostamento non nulle nella parte

inferiore del versante e velocità di spostamento praticamente nulle nella parte superiore del

versante stesso.

-linea piezometrica “2”: sono state considerate le misure piezometriche del periodo 15-28 Marzo

2004, durante il quale si osservano velocità di spostamento superiori a 10 mm/mese in

corrispondenza sia della postazione I4 che della postazione I6 (Tabella 10.2).

-linea piezometrica “3”: sono state considerate le pressioni neutre derivate dalle misure

piezometriche della metà di Maggio 2004, quando sono stati registrati i livelli piezometrici

massimi durante l’intero periodo di controlli.

Cella piezometrica

Livello piezometrico

medio nel periodo 8-21 Aprile 2003

(m)

Livello piezometrico

medio nel periodo 15-28 Marzo 2004 (m)

Livello piezometrico

medio nel periodo 10-20 Maggio 2004 (m)

P6 -7,5 -6 -5,5

P3B -4,25 -3,25 -1,5

P4 -2,1 -0,85 -0,5

Tabella 10.1 – Profondità del livello d’acqua in piezometro misurato nelle postazioni presenti lungo la sezione V-V’ nei tre periodi considerati.

Superficie di scorrimento

Postazione inclinometrica

Velocità nel periodo 8-21 Aprile

2003 (mm/mese)

Velocità nel periodo 15-28 Marzo 2004 (mm/mese)

“C” I4 0,8 15,9

“A” I4 1,3 24,5

“A” I6 < 0,1 (*) 10,6 (*)

“B” I2 1,0 Assenza di letture

Tabella 10.2 – Velocità di scorrimento nei due periodi di misura. L’asterisco (*) ricorda che non essendo la tubazione inclinometrica I6 intestata nel substrato stabile (la base del tubo rimane all’interno della zona

di scorrimento), gli spostamenti misurati sono minori di quelli reali.

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10.5

Per valutare se le linee piezomeriche considerate nelle analisi potessero essere effettivamente

rappresentative delle pressioni neutre agenti lungo la superficie di scorrimento “A”, sono state

eseguite simulazioni numeriche della filtrazione, analoghe a quelle descritte nel Capitolo 9,

ipotizzando la persistenza di una lama d’acqua lungo il piano campagna.

Nella Figura 10.3 sono confrontate le pressioni neutre agenti lungo la superficie di scorrimento

“A” nel caso di linea piezometrica coincidente con il piano campagna con quelle ottenute con la

simulazione numerica della filtrazione. Utilizzando l’approccio della linea piezometrica si

ottengono, nel tratto centrale della superficie di scorrimento “A”, pressioni neutre quasi sempre

maggiori rispetto a quelle ottenute considerando il moto di filtrazione, mentre si hanno

sostanzialmente gli stessi valori per il tratto superiore ed inferiore. L’approccio della linea

piezometrica sembra in ogni caso fornire una buona stima delle pressioni neutre lungo la

superficie di scorrimento “A” rispetto alle pressioni che si otterrebbero attraverso l’analisi dei

moti di filtrazione.

Nella Figura 10.4 sono confrontate le pressioni neutre agenti lungo la superficie di scorrimento

“A” ottenute considerando le tre linee piezometriche utilizzate per le verifiche di stabilità e la

linea piezometrica coincidente con il piano campagna.

Il confronto sembra indicare che, ai fini dell’analisi che si intende condurre ed alla luce dei limiti

intrinseci che la caratterizzano, l’adozione delle linee piezometriche appare una ragionevole

ipotesi di lavoro.

10.3.2 Risultati delle analisi

Le analisi condotte considerando la linea piezometrica “1” forniscono in condizioni di equilibrio

limite un valore dell’angolo di attrito mobilitato lungo la superficie di scorrimento “C” pari a 14°

(Figura 10.5).

L’angolo di resistenza al taglio mobilitato in condizioni di equilibrio limite lungo la superficie di

scorrimento “B” per i livelli piezometrici massimi (linea piezometrica “3”) è pari a 14,5°.

L’angolo di attrito mediamente mobilitato lungo la superficie di scorrimento “A” in condizioni di

equilibrio limite considerando la linea piezometrica “2” è pari a circa 13,5° (Figura 10.6).

Il ristretto intervallo di variazione dell’angolo di resistenza al taglio mobilitato in condizioni di

equilibrio limite (un grado) indica che valori molto simili della resistenza sono in grado di

giustificare l’instabilità lungo la superficie di scorrimento “C” in corrispondenza dei livelli

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10.6

piezometrici di Aprile 2003 e lungo la superficie di scorrimento “A” in corrispondenza dei livelli

di Marzo 2004. Anche considerando la superficie di scorrimento “B”, per la quale non si dispone

di misure di spostamento in corrispondenza dei livelli piezometrici del 2004, i valori dell’angolo

di resistenza al taglio mobilitato in condizioni di equilibrio limite risultano confrontabili.

Le analisi lungo la superficie di scorrimento “A” mostrano che assumendo il valore 13,5° come

angolo di resistenza al taglio in condizioni residue lungo la superficie di scorrimento “A”, il

coefficiente di sicurezza si incrementa del 3,5% con riferimento ai livelli piezometrici di Aprile

2003. Tale incremento può giustificare i ridotti valori della velocità di scorrimento lungo la

superficie “A” osservati nel periodo suddetto. Per il livelli piezometrici massimi, misurati nel

mese di Maggio 2004 (linea piezometrica 3), il coefficiente di sicurezza si riduce di circa il 4%.

Per quanto riguarda le analisi lungo la superficie di scorrimento “C”, assunto 14° come angolo di

resistenza al taglio in condizioni residue del materiale, il coefficiente di sicurezza si riduce del

9% adottando i livelli piezometrici di Marzo 2004 (linea piezometrica 2). Tale riduzione appare

eccessiva in relazione alle velocità di spostamento misurate in tale periodo (15,9 mm/mese);

circostanze analoghe, riscontrate nella frana di Vallcebre (Pirenei orientali), sono attribuite da

Corominas et al. (2005) al fatto che le analisi di stabilità condotte non tengono conto delle forze

viscose, la cui entità dipende dalla velocità di scorrimento; tali forze agiscono, lungo la

superficie di scorrimento, in verso opposto al moto.

10.4 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Tenuto conto della complessità delle caratteristiche stratigrafiche e morfologiche e della

circolazione idrica nel sottosuolo, è molto probabile che lungo le superfici di scorrimento il

livello di tensione non sia costante e possano verificarsi conseguentemente deformazioni locali e

scorrimenti senza la completa mobilizzazione dei corpi di frana.

Per il caso di studio le analisi di stabilità hanno permesso di analizzare la risposta del modello

alla variazione delle pressioni neutre lungo le superfici di scorrimento assunte, in condizioni di

livello di tensione costante lungo esse e nell’ipotesi di completa mobilizzazione dei corpi di

frana. Esse rappresentano l’unico strumento di analisi in grado di consentire di svolgere

considerazioni di tipo meccanico sul fenomeno franoso, permettendo un confronto con la

resistenza dei terreni misurata in laboratorio.

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10.7

Le analisi mostrano che l’angolo di attrito mobilitato in condizioni di equilibrio limite varia

all’interno di un intervallo di valori molto ristretto, e pertanto sono in grado di giustificare

l’instabilità lungo la superficie di scorrimento “C” in corrispondenza dei livelli piezometrici di

Aprile 2003 e lungo la superficie di scorrimento “A” in corrispondenza dei livelli di Marzo 2004,

in accordo con le velocità di spostamento misurate.

I valori dell'angolo di resistenza al taglio mobilitata lungo la superficie di scorrimento sono

piuttosto bassi e ricadono in un campo tipico della resistenza al taglio in condizioni residue di

molte argille consistenti.

E’ ben noto che la resistenza al taglio mobilitata lungo la superficie di scorrimento in condizioni

di equilibrio limite può in molti casi risultare maggiore della resistenza residua misurata in

laboratorio, in quanto nel problema al finito la superficie di scorrimento presenta ondulazioni ed

irregolarità che nel provino non sono riprodotte (Urciuoli, 1997).

Per il caso di studio, a meno di fatti dipendenti dalla geometria della superficie di scorrimento, il

confronto tra la resistenza al taglio mobilitata lungo la superficie di scorrimento e la resistenza al

taglio misurata sul provino in condizioni residue è reso ulteriormente incerto per via

dell’ampiezza dell’intervallo di variazione delle determinazioni di laboratorio.

Anche se per i motivi sopra espressi non è possibile ottenere dalle misure di laboratorio dati

attendibili per oggettivare le condizioni di stabilità del pendio, risulta comunque che il valore

calcolato attraverso le analisi a ritroso ricade all’interno dell’intervallo dei valori misurati in

laboratorio.

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postazione 6p.c. 586 m s.l.m.

postazione 3 (proiettata)p.c. 553 m s.l.m.

postazione 4p.c. 494 m s.l.m.

(Est)(Ovest)

Quo

ta (

m s

.l.m

.)

Figura 10.1 - Modello stratigrafico adottato; 1a: formazione del Bisciaro; 1b: formazione dello Schlier; 2a: materiale di frana (parte sommitale del versante); 2b: materiale di frana (parte centrale del versante); 2c:

materiale di frana (parte inferiore del versante); 3a: detrito di falda (parte sommitale del versante); 3b: detrito di falda (parte centrale ed inferiore del versante).

(m)

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Quo

ta (

m s

.l.m

.)

postazione 3 (proiettata)

postazione 4

postazione 6

superficie di scorrimento "A"

superficie di scorrimento "C"

linea piezometrica 1

superficie di scorrimento "B"

Figura 10.2/A - Superfici di scorrimento "A", "B" e "C" adottate nell'analisi. Linea piezometrica 1.

(m)

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(Ovest)

Quo

ta (

m s

.l.m

.)

postazione 3 (proiettata)

postazione 4

postazione 6

superficie di scorrimento "A"

superficie di scorrimento "C"

linea piezometrica 2

superficie di scorrimento "B"

Figura 10.2/B - Superfici di scorrimento "A", "B" e "C" adottate nell'analisi. Linea piezometrica 2.

(m)

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Quo

ta (

m s

.l.m

.)

postazione 3 (proiettata)

postazione 4

postazione 6

superficie di scorrimento "A"

superficie di scorrimento "C"

linea piezometrica 3

superficie di scorrimento "B"

Figura 10.2/C - Superfici di scorrimento "A", "B" e "C" adottate nell'analisi. Linea piezometrica 3.

(m)

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Figura 10.3 – Pressioni neutre agenti lungo la superficie di scorrimento “A”.

Figura 10.4 – Pressioni neutre agenti lungo la superficie di scorrimento “A”.

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Figura 10.5 – Analisi delle condizioni di stabilità lungo la superficie di scorrimento “C”.

Figura 10.6 – Analisi delle condizioni di stabilità lungo la superficie di scorrimento “B”.

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Figura 10.7 – Analisi delle condizioni di stabilità lungo la superficie di scorrimento “A”.

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11.1

Capitolo 11 - CONCLUSIONI

La tesi ha inteso offrire un contributo alla conoscenza e alla caratterizzazione geotecnica dei

movimenti lenti e profondi che interessano vaste aree pedemontane dell’Appennino Centrale.

Nell’area di studio la parte inferiore del versante roccioso è costituita dai terreni calcareo-

marnosi e marnoso-calcarei della Successione Umbro-Marchigiana in serie rovesciata, in

contatto tramite un piano di sovrascorrimento con i terreni marnosi e marnoso-calcarei più

recenti, che costituiscono il substrato del pendio in esame; quest’ultimo è costituito da coperture

detritiche e di frana formate da una matrice sabbiosa-limosa-argillosa spesso alterata che al suo

interno contiene frammenti lapidei più o meno consistenti e zolle di materiale che mantengono la

struttura originaria.

Per il caso in esame l’analisi geotecnica classica presenta limiti per via della difficoltà di

condurre analisi numeriche in grado di cogliere completamente la meccanica del fenomeno.

E’ stato comunque possibile delineare un modello concettuale in grado di rendere conto dei

caratteri essenziali dei movimenti in atto. A tale scopo sono stati utilizzati in chiave geotecnica

strumenti di analisi diversi, mutuamente integrati tra loro, per definire le caratteristiche del

complesso fenomeno franoso preso in considerazione.

Nel seguito si riassumono le principali conclusioni alle quali si è giunti con la ricerca.

Ricostruzione dei caratteri geometrici dei corpi di frana

La definizione della possibile geometria dei corpi di frana è stata ottenuta integrando i dati

ricavati dall’analisi geomorfologica e dei dissesti dei manufatti con quelli forniti dal

monitoraggio inclinometrico.

L’analisi geomorfologica è stata condotta mediante rilievi di campagna ed esame stereoscopico

dei fotogrammi aerei; essa ha consentito di riconoscere forme di instabilità antiche nel versante e

nel tratto inferiore della dorsale rocciosa.

L’esame dei dissesti dei manufatti ha permesso di individuare campi di spostamento e

riconoscere le zone di maggiore attività dei movimenti (sommità e parte inferiore del versante).

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11.2

Le analisi condotte hanno consentito di definire i limiti dell’area instabile e hanno costituito un

valido supporto alle misure inclinometriche, permettendo di definire la possibile geometria dei

corpi di frana, che in aree così estese possono essere tra loro contigui o anche sovrapposti.

Caratterizzazione geotecnica dei terreni costituenti i corpi di frana

Le prove di laboratorio hanno messo in evidenza la disomogeneità del materiale costituente i

corpi di frana, esaltata dalle ridotte dimensioni dei provini.

Le prove in sito, interessando un volume maggiore di terreno, hanno fornito risultati meno

dispersi rispetto alle prove di laboratorio, e hanno consentito di definire un modello geotecnico

di sottosuolo; le unità stratigrafiche, definite sulla base dell’esame delle carote dei sondaggi,

hanno assunto conseguentemente il significato di unità geotecniche di riferimento.

Analisi delle precipitazioni meteoriche

E’ stata riconosciuta una correlazione tra i livelli piezometrici e l’altezza di precipitazione

giornaliera lorda cumulata su 30 giorni. L’analisi statistica ha permesso di individuare i tempi di

ritorno degli eventi meteorici cui corrispondono mobilizzazioni dei corpi di frana: i movimenti

possono attivarsi più volte durante l’anno, anche in corrispondenza di precipitazioni non

eccezionali.

Analisi della circolazione idrica nel versante

E’ stato possibile definire un modello di filtrazione riferito a condizioni meteoriche estreme

(assenza prolungata di apporti meteorici lungo il versante; lama d’acqua persistente sulla

superficie del terreno), che è risultato in grado di cogliere alcuni comportamenti generali della

circolazione idrica nel versante. Le analisi numeriche hanno permesso di individuare la presenza

di due sistemi di flusso interagenti e caratterizzati da bilanci idrici distinti: il primo sistema ha

sede prevalentemente nel substrato ed è alimentato dall’acquifero da cui dipendono le sorgenti; il

secondo riceve alimentazione dalle precipitazioni che si infiltrano lungo il versante e può

interessare sia le coperture che la parte sommitale del substrato.

Il ridotto tempo di ritorno degli eventi meteorici che attivano i movimenti può essere spiegata

considerando che la circolazione idrica dovuta agli apporti dell’acquifero che alimenta le

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11.3

sorgenti è tale da determinare nel versante un campo di pressioni neutre prossimo a quello

critico, che viene raggiunto per effetto di apporti meteorici anche di entità limitata.

Condizioni di stabilità del versante

Per il caso di studio è stato possibile svolgere considerazioni di tipo meccanico attraverso il

ricorso ai metodi dell’equilibrio limite, valutando la resistenza al taglio operativa (in

corrispondenza dei livelli piezometrici misurati) nei diversi stati di attività del fenomeno franoso,

nell’ipotesi che le mobilizzazioni si siano verificate per raggiungimento dell’equilibrio limite per

gli interi corpi di frana individuati.

I valori dell’angolo di resistenza al taglio mobilitato lungo la superficie di scorrimento sono

piuttosto ridotti e ricadono in un campo tipico della resistenza al taglio in condizioni residue

offerta da molte argille (13,5°-14,5°).

Tenuto conto delle caratteristiche stratigrafiche, morfologiche e di circolazione idrica nel

versante, è d’altra parte altamente verosimile che il livello di tensione non sia costante lungo la

superficie di scorrimento e che conseguentemente possano prodursi deformazioni locali ed

eventualmente scorrimenti senza la completa mobilizzazione dell’intero corpo di frana. Per

l’impossibilità di definire in modo completo e aderente alla realtà le proprietà meccaniche dei

terreni, non è stato possibile svolgere analisi numeriche dello stato tensionale e deformativo del

versante in grado di oggettivare tali considerazioni. Per confermare o escludere che l’intero

versante sia in movimento sarebbe necessario disporre di misure di spostamento in superficie e

in profondità nel substrato.

Lo studio è stato condotto cercando non solo di comprendere il fenomeno in esame ma anche di

fornire un contribuito metodologico alla caratterizzazione di fenomeni franosi che raramente

sono stati studiati dal punto di vista geotecnico. L’approccio metodologico utilizzato è basato

sulla integrazione dei risultati di strumenti di analisi differenti, quali l’analisi geologico-

strutturale e geomorfologica dell’area di frana e delle zone circostanti, il rilievo dei dissesti

attuali delle strutture e delle infrastrutture presenti e la raccolta di informazioni storiche sulla

loro evoluzione, il monitoraggio inclinometrico e piezometrico, la raccolta di dati quantitativi in

grado di descrivere le condizioni idrogeologiche dell’area, la caratterizzazione geotecnica in

laboratorio ed in sito dei terreni costituenti il sottosuolo, l’esecuzione di modellazioni

geotecniche in grado di mettere in evidenza le principali caratteristiche del complesso fenomeno

di instabilità studiato.

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A1

APPENDICE A - Elementi e dati forniti dall'analisi geomorfologica locale e

dei dissesti dei manufatti

L'area presa in esame è stata suddivisa in zone ciascuna contrassegnata da un numero romano;

all'interno di ciascuna zona, le singole aree o manufatti presi in esame ("punti") sono individuati

mediante numeri arabi (Figura A.1).

I fotogrammi aerei più antichi (Tabella 4.1) risalgono al 1954. All’epoca il pendio era

scarsamente abitato: tutti gli edifici erano concentrati intorno all’antico borgo medioevale. La

rete stradale, non asfaltata, comprendeva il tratto di Strada Provinciale tra Milano e

Montemartano e quello da Montemartano verso il Colle Rosso.

ZONA I – Area a Nord del versante di studio comprendente il nucleo antico dell'abitato di

Montemartano

57 Monoclinale con immersione 80°, lungo la quale affiorano le formazioni del Bisciaro e

dello Schlier. L’inclinazione della superficie topografica è compresa tra 10° e 14°. Le

forme del rilievo indicano che la zona non è stata interessata in passato da movimenti

franosi rilevanti e che attualmente può considerarsi stabile.

58 Zona del nucleo storico dell’abitato di Montemartano. Gli edifici non presentano

dissesti; la torre in muratura del centro storico (XII secolo), che presentava nel 2004

lesioni sul lato Ovest, è stata recentemente restaurata.

ZONA II – Area a SW del versante di studio corrispondente alla parte basale del versante

orientale della dorsale dei Monti Martani

53 Opera di presa delle sorgenti di Montemartano - Nelle fotografie aeree del 1954 non è

visibile alcuna opera di presa. Queste opere sono invece visibili nelle foto aeree del

1977. L’originaria opera di presa ha subito nel tempo gravi dissesti, che ne hanno resa

necessaria la sostituzione. La nuova opera di captazione è costituita da una camera

all’interno dell’ammasso roccioso. Al fondo della camera partono due file di dreni

tubolari finestrati; in occasione di un sopralluogo effettuato nel 2004 è risultato che dai

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A2

dreni tubolari orientati in direzione suborizzontale non scaturiva acqua, mentre

risultavano funzionanti quelli verticali. Uno dei conci del cunicolo di accesso alla

camera di presa si presentava ovalizzato e ruotato rispetto agli altri. Il serbatoio di

accumulo presente poco più a valle, agli inizi degli anni novanta presentava gravi segni

di dissesto, che nel 1996 ne hanno reso necessaria la ricostruzione.

45 Nella pavimentazione sono presenti due fessure, a 45° rispetto all’asse stradale, distanti

due metri l’una dall’altra; la scarpata stradale lato monte, nel tratto interessato dalle

lesioni, è formata da detrito calcareo in matrice fina di colore rossastro. La scarpata

sembra smossa e il suo ciglio è aggettante.

46 Provenendo da Sud, al termine della contro-curva, la sede stradale risulta ribassata di

0,5–1,0 m; il dislivello è stato colmato ripristinando ripetutamente la sede stradale. Il

movimento ha interessato il guard-rail e l'antica protezione stradale, divelta e ruotata

verso il basso; l’abbassamento corrisponde alla zona dove termina un muro di pietrame

che sostiene la parte di valle della sede stradale.

47 Due fessure della pavimentazione poco visibili a circa 1 m l’una dall’altra, ortogonali

all’asse stradale.

48 Fessure della pavimentazione aperte di qualche cm su pavimentazione recente, una in

corrispondenza della curva ed una in corrispondenza della strada di accesso all'edificio

30 (Ottobre 2005). A Maggio 2006 l'apertura delle fessure si era ampliata e il tratto di

strada tra le fessure appariva ribassato di 5-10 cm.

49 Rilassamento della parte di valle della sede stradale con una fessura aperta di qualche

cm su pavimentazione recente.

30 Edificio ruotato - Secondo i proprietari, l'edificio fu costruita circa 28 anni fa (1972);

nel 1995 fu realizzato un consolidamento mediante pali (lunghi 8-9 m, diametro 400

mm) sui lati Est e Nord; circa 8 anni fa è stata costruita una trave di cemento armato

lungo tutto il perimetro dell’edificio intestata sotto il vecchio cordolo di fondazione dei

muri esterni. Il lato Sud dell'edificio non presenta lesioni, mentre il resto dell’edificio è

fortemente lesionato, distorto e ruotato. L’esame stereoscopico dei fotogrammi aerei ha

evidenziato che il tratto di strada tra i punti 48 e 49 è attraversato da uno

scoscendimento, riconoscibile anche nelle fotografie aeree più antiche. L’edifico appare

costruito sul terrazzo di frana dello scoscendimento. La superficie di scorrimento della

frana sembra venire a giorno a una ottantina di metri a valle della sede stradale, in

corrispondenza di un’area pianeggiante.

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A3

ZONA III – Area a Sud del versante di studio

L’area è coltivata nella parte sommitale ed è destinata a pascolo nella parte inferiore. Essa è

costituita da coperture detritiche e di frana, di spessore compreso tra 5 e 15 m, soggette a

fenomeni di instabilità. Nel tratto più acclive è riconoscibile il coronamento di un antico

scoscendimento di grandi dimensioni.Un fosso piuttosto inciso separa questa zona dalla zona

VII, che non appare in continuità morfologica con la zona in esame.

ZONA IV – Parte sommitale del versante di studio

24 Ad Ottobre 2005, lesioni sul muro di cinta dell'edificio presentavano apertura di circa

15 cm, maggiore di quella rilevata l'anno precedente.

25 La piccola rampa di accesso al fabbricato, nel 2002 presentava numerose fessure della

pavimentazione che segnavano il passaggio tra la zona in movimento a Sud e quella

stabile a Nord (area di imposta del fabbricato). Successivamente la pavimentazione è

stata ripristinata; ad Ottobre 2005 una nuova fessura si era formata. L’esterno

dell’edificio non sembra presentare lesioni.

ZONA V – Parte sommitale del versante di studio comprendente l'area di espansione

dell'abitato di Montemartano

Dalle foto aeree risulta che nel 1954 l'area di espansione dell’abitato non era stata ancora

edificata. Nel 1977 erano stati realizzati soltanto due edifici ed era stata completata la rete viaria.

Nel 1985 la zona risultava completamente edificata.

Gli edifici dell'area di espansione non mostrano all’esterno tracce di dissesti né lesioni. Anche i

muri di cinta dei vari lotti di terreno edificato non presentano dissesti.

15 Fa eccezione l’edificio posto nel punto 15 oggetto di lavori di “Riparazione danni e

miglioramento sismico, DIA 21/06/2004, autorizzazione per zona sismica 121507 del

20/09/2004”. Il muro ad angolo appare lesionato verticalmente, con apertura di circa 1

cm. I danni sono stati attribuiti al terremoto di Massa Martana (Maggio 1997).

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A4

ZONA VI – Ristretta fascia del versante compresa tra il nucleo antico e l'area di

espansione dell'abitato di Montemartano

Nel 1954 la zona all’ingresso dell’abitato storico di Montemartano si presentava come un'area

caratterizzata da pendenze elevate rispetto a quelle delle zone adiacenti.

21 Edificio scolastico demolito: la scuola elementare fu costruita agli inizi degli anni ‘60

ed è stata in esercizio per circa 6-7 anni secondo l'IRPI di Perugia; successivamente in

seguito a gravi danni strutturali fu demolita (non si dispone di informazioni più

dettagliate in quanto il fascicolo riguardante il fabbricato non è stato rintracciato presso

il Comune di Spoleto).

Nel piazzale dove insisteva l’edificio scolastico, la pavimentazione di marmette

realizzata prima del 2003 non presenta fessurazioni.

La fontana-lavatoio, realizzata con muratura di mattoni, prima dei lavori di

sistemazione eseguiti nel 2004, risultava fortemente dissestata.

14-16 Sede stradale a monte dell’area dell’edificio scolastico demolito: in 14 l’asfalto

presenta due avvallamenti profondi 10–15 cm attraversati da una fessura della

pavimentazione; la fessura inizia al bordo della strada lato monte, prosegue fino alla

mezzeria della strada dove c’è il primo avvallamento, e poi si estende (rete di fessure)

fino al secondo avvallamento.

In 16, fessure con orientamento parallelo a quelle rilevate in 14 attraversano tutta la

sede stradale (apertura variabile da qualche mm ad un cm).

17 Ingresso alla parte antica dell’abitato .

Il muro di calcestruzzo esistente sul lato di monte della strada si è aperto in

corrispondenza di un giunto; il tratto posto a Sud si è allontanato da quello a Nord di

circa 40 cm, è avanzato di circa 30 cm e si è abbassato di circa 10 cm; lungo il tratto

rettilineo dello stesso muro, verso l’interno del paese prima della curva della strada,

presenta due lesioni ad andamento verticale: una con apertura di circa 5 cm posta in

corrispondenza di una colonnina dell’Enel e l’altra, più a monte, con apertura di circa 1

cm.

Il proprietario dell’edificio 18 ricorda che il muro è stato costruito una ventina di anni

fa (nei primi anni '70 secondo l'IRPI di Perugia).

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A5

In corrispondenza del muro traslato e lesionato, il manto stradale presenta lesioni con

apertura di circa 1–2 cm a distanza di circa 1 m l’una dall’altra.

A monte del muro esiste un locale adibito ad officina (punto 18), che è posto in

corrispondenza dell’apertura del muro. Il locale ha lo spigolo Est lesionato e ribassato

nella parte inferiore. Una trave di calcestruzzo, posta all’ingresso del locale, risulta

ribassata.

In adiacenza al suddetto locale, verso Sud, esiste un altro locale coperto da una tettoia,

parzialmente chiuso su due lati, il cui pavimento di calcestruzzo presenta lesioni con

apertura e rigetto di qualche cm. Verso monte il locale è delimitato da un muro di

blocchetti di tufo che risulta dissestato. Secondo il proprietario il locale è in continuo

movimento.

A monte del locale 18 esiste un prefabbricato in lamiera (realizzato circa 15 anni fa) il

cui basamento, costituito da blocchetti di tufo, è disarticolato e ribassato.

56 La pavimentazione esterna all’edificio sul lato di valle risulta distaccata e ribassata

rispetto all’edificio stesso. Anche il muro che sostiene un piccolo giardino è ruotato e

dissestato. La sede stradale a valle degli edifici presenta fessure longitudinali aperte

qualche millimetro, che terminano in corrispondenza dell’edificio ubicato più ad Est.

ZONA VII – Parte centrale del versante di studio

La zona è segnata da marcate ondulazioni ad ampio raggio della superficie del terreno che nelle

grandi linee individuano fasce di versante ad andamento pianeggiante alternate a fasce di

versante piuttosto acclivi.

22 Zona umida, con piante acquatiche.

23 L'edificio, una volta adibito a stalla, è stato ristrutturato nel 1986 e non presenta né

rotazioni, né lesioni sulle facciate. Lo spigolo verso Nord della recinzione muraria del

giardino è fortemente lesionato sui due lati, con lesioni aventi apertura di 2–3 cm.

50 L'edificio, costruito nel 1986, è un fabbricato a due piani destinato a ristorante. Le

strutture esterne non mostrano tracce di lesioni.

51 Il fabbricato, costruito dopo il 1985, non presenta tracce di lesioni.

54 Avvallamento di qualche centimetro al centro della S.P.; la parte Sud della sede

stradale, che appare ribassata, è stata asfaltata più volte. Sono presenti alcune fessure

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A6

ravvicinate, disposte a 45° rispetto all’asse stradale, aperte qualche millimetro; esse

diventano longitudinali in corrispondenza del limite Nord della sede stradale.

55 Avvallamento di qualche centimetro della pavimentazione della S.P., con fessura

trasversale che interessa l’intera sede stradale. L’apertura della fessura della

pavimentazione a Settembre 2006 risultava pari a 1-2 cm. A Est dell’avvallamento sono

presenti ulteriori fessure, longitudinali rispetto all’asse stradale, aperte qualche

millimetro, più fitte in corrispondenza del limite Sud della sede stradale.

52 Le fessure del manto di asfalto della S.P., parallele al ciglio di valle della strada, sono da

attribuire alla acclività della scarpata del rilevato su cui è in buona parte impostata la sede

stradale.

43 Dissesto della S.P.: fessure a 45° rispetto all’asse stradale a distanza di circa 1 m l’una

dall’altra con avvallamento di circa 10 cm.

44 Altre lesioni del manto, parallele al ciglio di valle della strada o inclinate di circa 45°.

41 Tratto più dissestato della S.P.: fessure del manto stradale sui due lati della carreggiata

che delimitano un avvallamento di circa 20 cm che si estende alla zona recintata, dove

c’è un allineamento di lesioni parallele alla strada; nell’ultimo tratto il manto è

fortemente dissestato (fessure con apertura anche di 5 cm).

42 Dove inizia la scarpata stradale esistono altre fessure, che potrebbero corrispondere al

ciglio del movimento: avvallamento della sede stradale di circa 10 cm con fessure

orientate a 45° rispetto all’asse stradale.

1-2-3 Le osservazioni di campagna non hanno mostrato alcuna evidenza morfologica degli

scoscendimenti rilevati nelle foto aeree del 1954. Nel 1977 i coronamenti degli

scoscendimenti erano ancora evidenti, ma apparivano parzialmente rimodellati.

2 La zona di coronamento dello scoscendimento, evidente nelle foto aeree del 1954, è stata

rimodellata con riporti di terreno e attualmente sono evidenti solo forme di erosione

superficiale e lineare.

I movimenti della sede stradale sono compresi tra i punti 42 e 43 e si estendono a monte ad una

zona arcuata che dista dalla sede stradale al massimo di una ventina di metri. Il tutto sembra

attribuibile ad uno scoscendimento di media profondità (circa 10 m).

Nel 2003 il tratto di strada dissestato non era asfaltato. La pavimentazione è stata ripristinata nel

2004 e di nuovo nel 2006.

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A7

In passato la condotta idrica interrata, alimentata dalle sorgenti di Montemartano, passava in

prossimità del punto 2 (Figura A.2). In seguito a movimenti del terreno il tracciato della condotta

è stato spostato verso Nord.

La fascia di terreno acclive, posta al limite Est della zona in esame, potrebbe corrispondere alla

scarpata di frana degli scoscendimenti esistenti a valle, ma potrebbe anche costituire la parte

frontale di uno scoscendimento formato da grosse zolle di terreno rimosse dalla sede originaria

in seguito a franamenti avvenuti in condizioni geomorfologiche diverse da quelle attuali.

ZONA VIII – Parte inferiore settentrionale del versante di studio

4 Campo arato di recente (Ottobre 2005) con ampie ondulazioni a valle della postazione

4.

5 Vigna con blande ondulazioni.

6 Pascolo con ondulazioni blande, ma lunghe. Poco a Nord della postazione 4 esiste una

pozza con acqua alla profondità di 1,5 m dal p.c.

7 Piante acquatiche, che arrivano fino alla vigna, ricadente in 9.

8 Forte depressione del terreno; verso valle si notano ampie ondulazioni del terreno che

arrivano fino alla base del versante.

9 Appezzamento di terreno pianeggiante adibito a pascolo con piccole ondulazioni.

10 Nella parte 7 probabile ciglio di frana.

11 È ancora evidente nelle grandi linee la morfologia di frana individuata tramite

fotografie aeree.

12 -7-10 Zona non coltivata da tempo, soggetta ad evidenti movimenti a carattere

apparentemente superficiale, ma che potrebbero essere anche abbastanza profondi. Si

riconoscono in superficie piccole scarpate di frana (altezza 1,0–1,5 m), zone depresse,

irregolarità della superficie del terreno e tracce di fenditure nel terreno parzialmente

aperte. Questa zona termina in corrispondenza della spianata esistente a valle.

13 Appezzamento di terreno adibito pascolo con blande ondulazioni.

61 Fascia di terreno pianeggiante che si sviluppa alla base del fronte acclive in

corrispondenza del quale termina la zona VII; nel tratto centrale di questo limite è

presente una piccola scarpata di frana.

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A8

ZONA IX – Parte inferiore meridionale del versante di studio

Dalle foto aeree del 1977 risulta che la zona è caratterizzata da ondulazioni piuttosto accentuate e

da movimenti in atto e dalla presenza di un fosso all’interno del quale è presente vegetazione.

Tale fosso delimita il fianco destro di uno scoscendimento il cui coronamento si estende a monte

della S.P.

Nel 1985 il suddetto fosso appare di forma diversa; la vegetazione arbustiva che si vedeva nelle

fotografie del 1977 è ora presente solo in parte; è ancora possibile identificare i fianchi del

movimento franoso che interessava la sede stradale.

Nel 1996 il terreno appare interessato da movimenti come nelle fotografie aeree precedenti, ma

non c’è più traccia del fosso individuato nei fotogrammi del 1977.

Dalle fotografie aeree del 2003 risulta che la superficie del terreno è molto più regolare di quanto

visibile nelle fotografie precedenti. Non si identificano i fianchi del movimento che interessa la

sede stradale.

Le osservazioni di campagna hanno permesso di riconoscere che nella zona sono stati attuati

interventi di rimodellamento della superficie del terreno e di piantumazione di essenze arboree.

L'analisi delle foto aeree ha permesso di riconoscere che la zona è sempre stata interessata da

movimenti franosi piuttosto attivi, verosimilmente di profondità non molto elevata, del tipo

colata e scoscendimento-colata. Attualmente la zona appare stabile.

ZONA X – Area ad Est del versante di studio comprendente il Colle Rosso

59 Edificio rurale gravemente lesionato ed abbandonato (“Casa Lazzi”). L’edificio si trova

al ciglio di una scarpata molto ripida soggetta a evidenti fenomeni di instabilità. Alla

sommità della scarpata corre la strada Provinciale, che presenta fessure longitudinali

aperte qualche millimetro piuttosto fitte e continue, maggiormente aperte in

corrispondenza del lato Sud.

60 Rilievo del “Colle Rosso” è costituito da un affioramento del substrato (formazione

dello Schlier) che isola a Nord e a Sud due minimi morfologici distinti. Sulla sommità

del colle è presente un accumulo di frana molto antico costituito da strati di Scaglia

Rossa.

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Figura A1 - Suddivisione in zone dell'area presa in esame ed ubicazione dei punti corrispondenti a osservazioni locali.

0 100 200 m

N

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0 100 200 mN

Figura A2 - Acquedotto di Torregrossa; tracciato attuale (tratto continuo) e tracciato abbandonato (tratto discontinuo).

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B1

APPENDICE B - Deformate dei tubi inclinometrici

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0 100 200 mN

Figura B1 - Ubicazione delle postazioni inclinometriche.

I 20

I 2I 5I 1

I 6

I 3I 3 bis

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Figura B2 - Inclinometro 1.

12 Lettura 0: 10/10/2003

Lettura 1: 06/02/2004Lettura 2: 09/04/2004

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Figura B3 - Inclinometro 2.

Lettura 0: 25/02/2003Lettura 1: 22/03/2003Lettura 2: 27/04/2003Lettura 3: 23/05/2003Lettura 4: 15/07/2003

1

2

4

3

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Figura B4 - Inclinometro 4.

Lettura 0: 13/02/2003Lettura 1: 03/03/2003Lettura 2: 25/03/2003Lettura 3: 24/04/2003Lettura 4: 26/05/2003Lettura 5: 13/03/2004Lettura 6: 09/04/2004Lettura 7: 07/05/2004

14 5 6 7

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Figura B5 - Inclinometro 5.

Lettura 0: 08/02/2003Lettura 1: 16/02/2003Lettura 2: 06/03/2003Lettura 3: 08/04/2003Lettura 4: 06/05/2003Lettura 5: 06/02/2004Lettura 6: 29/03/2004Lettura 7: 22/04/2004

7

6541

3

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Figura B6 - Inclinometro 6.

Lettura 0: 14/02/2003Lettura 1: 03/03/2003Lettura 2: 25/03/2003Lettura 3: 27/04/2003Lettura 4: 23/05/2003Lettura 5: 06/02/2004Lettura 6: 28/03/2004Lettura 7: 22/04/2004Lettura 8: 28/05/2004Lettura 9: 29/06/2004Lettura 10: 30/09/2004Lettura 11: 24/11/2004Lettura 12: 16/12/2004Lettura 13: 08/03/2005

14

5

6

9

10

12 13

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Figura B7 - Inclinometro 8.

Lettura 0: 03/03/2003Lettura 1: 25/03/2003Lettura 2: 27/04/2003Lettura 3: 23/05/2003Lettura 4: 15/02/2004Lettura 5: 28/03/2004Lettura 6: 22/04/2004Lettura 7: 28/05/2004

23

47

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Figura B8 - Inclinometro 9.

Lettura 0: 13/02/2003Lettura 1: 03/03/2003Lettura 2: 25/03/2003Lettura 3: 27/04/2003Lettura 4: 23/05/2003

41

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Figura B9 - Inclinometro 20.

Lettura 0: 08/04/2003Lettura 1: 24/04/2003Lettura 2: 26/05/2003Lettura 3: 20/06/2003Lettura 4: 13/03/2004Lettura 5: 09/04/2004Lettura 6: 07/05/2004Lettura 7: 29/06/2004

1

3 4

56 7

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RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare il mio tutore Prof. Beniamino D’Elia, l’Ing. Paolo Tommasi e il Prof.

Giuseppe Lanzo per avermi dato l’opportunità di lavorare su un tema interessante e per i consigli

forniti durante questi anni, dalla fase di impostazione del lavoro fino alla revisione del testo.

Ringrazio inoltre il Prof. Luciano Picarelli per i suggerimenti forniti in fase di revisione del

testo.

Si ringraziano l’Alta Scuola (Centro di Alta Specializzazione e Centro Studi per la

Manutenzione e Conservazione dei Centri Storici in Territori Instabili) ed il comune di Spoleto

per aver messo a disposizione i dati delle campagne di indagine eseguite a Montemartano.

Un ringraziamento particolare va al Prof. Sergio Olivero per aver messo a disposizione i

risultati delle prove di conducibilità idraulica realizzate per la realizzazione del serbatoio del

torrente Assino.

Un ringraziamento sentito va a chi mi ha dato serenità per questi tre anni e a tutti gli amici

vicini che continuano a credere in me.