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Capitolo 6 Sesta lezione 6.1 Introduzione Nel capitolo 2 abbiamo introdotto le equazioni differenziali del primo or- dine come controparti formali dei sistemi dinamici caratterizzati da un solo livello. In questo capitolo vedremo per prima cosa le equazioni differenziali del se- condo ordine ed esamineremo in che modo possono essere messe in relazione con le equazioni differenziali del primo ordine. In particolare vedremo come ad una equazione differenziale del secondo ordine corrispondano due equa- zioni differenziali del primo ordine e come la corrispondenza sia tale che in entrambi i casi l’equazione caratteristica sia la stessa in modo che gli autova- lori e gli autovettori nei due casi siano gli stessi per cui la loro conoscenza ` e tutto ci` o di cui abbiamo bisogno per risolvere le nostre equazioni in entrambe le forme. Come conseguenza ci si pu` o aspettare che la controparte di una equazione differenziale del secondo ordine sia un sistema dinamico contenente due li- velli. Delle equazioni differenziali del secondo ordine presenteremo alcune tecniche di soluzione. Fatto questo passeremo ad introdurre i sistemi lineari di due equazioni differenziali del primo ordine. Di questi sistemi daremo due tec- niche di soluzione una delle quali ci dar` a un modo per presentare in modo formale la relazione che esiste fra le equazioni del secondo ordine e i sistemi di due equazioni differenziali del primo ordine. I sistemi di due equazioni differenziali del primo ordine rappresentano la con- troparte formale dei modelli caratterizzati due livelli che interagiscono in vari modi. Il capitolo si chiude con alcuni cenni ai sistemi di pi` u di due equazioni dif- 255

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Capitolo 6

Sesta lezione

6.1 Introduzione

Nel capitolo 2 abbiamo introdotto le equazioni differenziali del primo or-dine come controparti formali dei sistemi dinamici caratterizzati da un sololivello.In questo capitolo vedremo per prima cosa le equazioni differenziali del se-condo ordine ed esamineremo in che modo possono essere messe in relazionecon le equazioni differenziali del primo ordine. In particolare vedremo comead una equazione differenziale del secondo ordine corrispondano due equa-zioni differenziali del primo ordine e come la corrispondenza sia tale che inentrambi i casi l’equazione caratteristica sia la stessa in modo che gli autova-lori e gli autovettori nei due casi siano gli stessi per cui la loro conoscenza etutto cio di cui abbiamo bisogno per risolvere le nostre equazioni in entrambele forme.Come conseguenza ci si puo aspettare che la controparte di una equazionedifferenziale del secondo ordine sia un sistema dinamico contenente due li-velli.Delle equazioni differenziali del secondo ordine presenteremo alcune tecnichedi soluzione. Fatto questo passeremo ad introdurre i sistemi lineari di dueequazioni differenziali del primo ordine. Di questi sistemi daremo due tec-niche di soluzione una delle quali ci dara un modo per presentare in modoformale la relazione che esiste fra le equazioni del secondo ordine e i sistemidi due equazioni differenziali del primo ordine.I sistemi di due equazioni differenziali del primo ordine rappresentano la con-troparte formale dei modelli caratterizzati due livelli che interagiscono in varimodi.Il capitolo si chiude con alcuni cenni ai sistemi di piu di due equazioni dif-

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6.2 Capitolo 6

ferenziali del primo ordine e alle loro relazioni con modelli contenenti piu didue livelli.Si fa notare che la trattazione e limitata al caso di sistemi lineari per cuiesclude la trattazione di tutti quei casi in cui le variabili coinvolte compaionoin termini che contengono, sotto qualche forma, il prodotto fra le variabili.Questo esclude che si possano usare le tecniche che illustreremo in questasezione per la soluzione diretta dei sistemi di equazioni differenziali descrit-tive dei modelli che abbiamo esaminato nei capitoli 4 e 5 a meno di ricorrerea tecniche di approssimazione che fanno uso di espansioni in serie di Taylorlimitate al primo ordine. In questo modo, tuttavia, si definiscono gli anda-menti nel tempo degli scostamenti da una condizione di equilibrio piuttostoche gli andamenti nel tempo delle variabili di cui si sono fissate le condizionidi equilibrio. Con questa avvertenza in mente si possono utilizzare le tecni-che che vedremo in questo capitolo anche in questi casi, come del resto si egia fatto negli esempi del capitolo 4.Si fa notare, infine, che:

- in una equazione differenziale del primo ordine compare, nel caso piugenerale, una variabile con la sua velocita di variazione;

- in una equazione differenziale del secondo ordine compare, nel caso piugenerale, una variabile con la sua velocita di variazione e con la suaaccelerazione.

6.2 Equazioni differenziali del secondo ordi-

ne, la teoria

Una equazione differenziale del secondo ordine ha, nel caso piu generale,la forma seguente:

F (t, u, u, u) = 0 (6.1)

La (6.1) stabilisce una relazione fra:

- la variabile indipendente t;

- la funzione incognita u(t);

- la sua derivata prima u;

- la sua derivata seconda u.

In merito alla (6.1) si ha che:

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6.2 Capitolo 6

- una funzione u(t) e una soluzione se:

(a) u(t) e continua ∀t ∈ [a, b],

(b) se ∀t ∈ [a, b] sono continue tutte le derivate fino a quella di ordine2 della u(t),

(c) se la u(t) verifica tale uguaglianza;

- la soluzione e completamente specificata se si hanno 2 condizioniiniziali, una per la funzione e una per la sua derivata prima;

- se tali valori iniziali mancano la soluzione contiene tante costantiarbitrarie quante sono le condizioni mancanti.

In genere la (6.1) viene di solito esplicitata nella forma seguente:

u(t) + a(t)u(t) + b(t)u(t) = f(t) (6.2)

per la quale si hanno le identiche condizioni di continuita per le derivate dellau(t) e per la u(t) stessa estese anche alla f(t) e nella quale i coefficienti a(t)e b(t) sono funzioni continue del tempo.Nella (6.2) compaiono due coefficienti variabili nel tempo e una funzione f(t)che rappresenta una sollecitazione esterna ovvero un contributo esogeno alladefinizione della soluzione della nostra equazione differenziale e quindi allaevoluzione nel tempo della sua soluzione u(t).Sulla falsariga di quanto visto per le equazioni differenziali del primo ordinela soluzione generale u(t) della (2.8) puo essere espressa come:

u(t) = uo(t) + up(t) (6.3)

ovvero come somma:

- della soluzione uo(t) dell’equazione omogenea associata alla (6.2);

- di una soluzione particolare up(t) della (6.2).

Per equazione omogenea associata alla (2.8) si intende la seguente equazionedifferenziale:

u(t) + a(t)u(t) + b(t)u(t) = 0 (6.4)

La soluzione generale espressa dalla (6.3) contiene due costanti arbitrarie che(come vedremo in seguito) derivano dalla soluzione della (6.4). Perche siapossibile ottenere una soluzione particolare e necessario specificare tali co-stanti arbitrarie. Per fare cio e necessario conoscere due condizioni iniziali

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6.2 Capitolo 6

che in genere sono rappresentate dai valori u(t0) e u(t0) per un qualche va-lore t0 della variabile indipendente t sebbene di solito si ponga t0 = 0. Inalternativa si possono usare i due valori u(t0) e u(t1) oppure i due valoriu(t0) e u(t1) per due valori distinti t0 e t1 della variabile indipendente t. Nelprimo caso si parla propriamente di condizioni iniziali. In questo caso siha un teorema di esistenza e unicita che ci assicura che, date le ipotesi fatte,il nostro problema ha una soluzione e tale soluzione e unica, almeno in unintorno finito del punto (t0, u(t0)). Nel secondo caso si parla piu propriamen-te di condizioni al contorno. In questo caso non si dispone di un siffattoteorema per cui, data una soluzione generale e due condizioni al contorno, enecessario verificare caso per caso che una soluzione particolare che soddisfale condizioni al contorno date esiste ed e unica.Nel caso piu semplice (e anche l’unico che esamineremo in dettaglio nellepresenti note) la (6.2) assume la forma seguente nella quale i coefficienti a eb sono costanti:

u(t) + au(t) + bu(t) = f(t) (6.5)

Daremo ulteriori dettagli in merito al caso generale nella sezione 6.9.Il primo passo per risolvere la (6.5) consiste nel calcolare la soluzione uo(t).Per fare cio e necessario risolvere la seguente equazione omogenea associata:

u(t) + au(t) + bu(t) = 0 (6.6)

Per la soluzione della (6.6) ci si ispira a quanto visto per le equazionidifferenziali del primo ordine nella forma:

u(t) + Au(t) = 0 (6.7)

Anche in questo caso, quindi, si cerca una soluzione avente la forma seguente:

u(t) = eλt (6.8)

con λ parametro costante (ovvero indipendente da t) incognito da determina-re. Sostituendo la (6.8) nella (6.6) con semplici calcoli si arriva alla seguenteequazione di secondo grado nell’incognita λ, detta equazione numerica

associata o equazione caratteristica:

λ2 + aλ+ b = 0 (6.9)

Per inciso si fa notare come si arrivi alla stessa equazione anche partendodalla seguente funzione:

u(t) = keλt (6.10)

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6.2 Capitolo 6

con k costante arbitraria.La (6.9) ha, come noto, due soluzioni λ1 e λ2 (i cui valori numerici devonoancora essere determinati) per cui la si puo riscrivere nella forma seguente:

(λ− λ1)(λ− λ2) = 0 (6.11)

che puo essere riscritta come:

λ2 − (λ1 + λ2)λ+ λ1λ2 = 0 (6.12)

Dal confronto fra la (6.9) e la (6.12) si ha:

λ1 + λ2 = −a

λ1λ2 = b

per cui la costante a nella (6.9) coincide con la somma cambiata di segnodelle due radici della (6.9) stessa mentre la costante b contiene il prodotto ditali radici.In generale le radici λ1 e λ2 possono essere complesse coniugate ovveropossono avere la forma seguente (con i2 = −1):

λ1 = w + iz

λ2 = w − iz

(con w, z ∈ R) in modo che sia:

λ1 + λ2 = 2w

λ1λ2 = w2 + z2 > 0

Date queste premesse si possono fare le seguenti considerazioni:

(1) se b < 0 le radici sono di sicuro reali (perche se fossero complesseconiugate il loro prodotto, ovvero b, sarebbe positivo) ed hanno segnodiscorde ovvero una e positiva e una e negativa;

(2) se b = 0 e a 6= 0 allora una delle due radici e nulla e l’altra coincidecon −a;

(3) se b > 0 le radici sono o di segno concorde (ovvero sono tutte e due opositive o negative in funzione del segno di a) oppure sono complesseconiugate.

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6.2 Capitolo 6

Nel caso (3) se le radici sono complesse coniugate si ha λ1 + λ2 = 2w = −aovvero:

w = −a

2(6.13)

per cui si ha:

- se a > 0 si ha w < 0 e quindi le due radici hanno parte reale negativaovvero sono caratterizzate da una parte oscillatoria e da un inviluppodato da un esponenziale decrescente,

- se a < 0 si ha w > 0 e quindi le due radici hanno parte reale positivaovvero sono caratterizzate da una parte oscillatoria e da un inviluppodato da un esponenziale crescente.

Dall’algebra si sa che la (6.9) ha le soluzioni seguenti:

λ1 =−a +

√a2 − 4b

2(6.14)

λ2 =−a−

√a2 − 4b

2(6.15)

Da tali espressioni e immediato verificare che si ha:

λ1 + λ2 = −a

λ1λ2 = b

Se come discriminante della (6.9) si definisce l’espressione seguente:

∆ = a2 − 4b (6.16)

si hanno i casi seguenti:

∆ > 0 per cui le due radici λ1 e λ2 sono reali e distinte;

∆ = 0 per cui le due radici λ1 e λ2 sono reali e coincidenti;

∆ < 0 per cui le due radici λ1 e λ2 sono complesse coniugate.

Partendo dalla (6.9) si puo eseguire una analisi del segno delle sue radicibasandoci sulle permanenze e sulle variazioni di segno dei coefficienti a e bper le quali si hanno i casi specificati nella Tabella 6.1. In questa tabella 1vindica una variazione di segno, 1p una permanenza di segno per i coefficientia e b mentre 2v indica due variazioni di segno e 2p due permanenze di segnoper gli stessi due coefficienti.Come regola generale si ha che:

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6.2 Capitolo 6

a vs. b + −+ 2p 1p,1v− 2v 1v,1p

Tabella 6.1: Permanenze e variazioni

- ad ogni variazione corrisponde una radice positiva o di parte realepositiva;

- ad ogni permanenza corrisponde una radice negativa o di parte realenegativa.

Le suddette regole riguardano anche la parte reale delle radici complesseconiugate λ1 = w + iz e λ2 = w − iz dal momento che sia la loro somma siail loro prodotto sono numeri reali.

Esempio 6.2.1 L’equazione λ2 − 3λ + 2 = 0 ha due variazioni, una da +a − e una da − a +, per cui ammette due radici positive (o di parte realepositiva). E facile vedere che le radici cercate sono λ1 = 1 e λ2 = 2 in modoche sia λ1 + λ2 = 3 = −(−3) e λ1λ2 = 2.

Esempio 6.2.2 L’equazione λ2 + 3λ+ 2 = 0 ha due permanenze, una da +a + e una da + a +, per cui ammette due radici negative (o di parte realenegativa). E facile vedere che le radici cercate sono λ1 = −1 e λ2 = −2 inmodo che sia λ1 + λ2 = −3 e λ1λ2 = 2.

Esempio 6.2.3 L’equazione λ2 − 2λ + 2 = 0 ha due variazioni, una da +a − e una da − a +, per cui ammette due radici positive (o di parte realepositiva). E facile vedere che le radici cercate sono λ1 = 1 − i e λ2 = 1 + iin modo che sia λ1 + λ2 = 2 = −(−2) e λ1λ2 = 2. Per ricavarle si osservache, assumendo che sia λ1 = w + iz e λ2 = w − iz, deve essere:

λ1 + λ2 = 2w = 2 da cui w = 1

λ1λ2 = w2 + z2 = 2 da cui z = 1

Esempio 6.2.4 L’equazione λ2 + 2λ+ 2 = 0 ha due permanenze, una da +a + e una da + a +, per cui ammette due radici negative (o di parte realenegativa). E facile vedere che le radici cercate sono λ1 = −1+i e λ2 = −1−iin modo che sia λ1 + λ2 = −2 e λ1λ2 = 2. Per ricavarle si puo ragionarecome nell’esempio precedente.

Ricapitolando si ha che per la (6.9) si hanno i seguenti casi:

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(1) due radici reali e distinte;

(2) due radici reali e coincidenti;

(3) due radici complesse coniugate.

Nel caso (1) le due radici sono λ1 6= λ2 e solo una delle due puo essere nulla(altrimenti si ricade nel caso (2)). In questo caso si ha:

λ1 = w1

λ2 = w2

con w1 6= w2 (altrimenti si ricade nel caso (2)).Nel caso (2) si ha λ1 = λ2 = h ∈ R in modo che sia:

a = −2h

b = h2

In questo modo l’equazione caratteristica ha la forma seguente:

λ2 − 2hλ+ h2 = 0 (6.17)

che puo essere riscritta come.

(λ− h)2 = 0 (6.18)

da cui le due radici coincidenti.Nel caso (3) le due radici hanno la forma seguente:

λ1 = w + iz

λ2 = w − iz

con z 6= 0 (altrimenti si ricade nel caso (2)) mentre puo essere w = 0, comeaccade se come equazione caratteristica si ha:

λ2 + a = 0 (6.19)

(con a > 0) che ha radici:

λ1 = +i√a

λ2 = −i√a

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6.2 Capitolo 6

Da queste considerazioni sulle radici della (6.9) si deve ora passare allesoluzioni della (6.6) che viene riscritta qui di seguito per comodita:

u(t) + au(t) + bu(t) = 0 (6.20)

Al proposito si fa notare quanto segue.

- Se siamo nel caso (1) la soluzione generale dell’equazione omogenea(6.20) ha la forma seguente:

u(t) = C1eλ1t + C2e

λ2t (6.21)

nella quale i valori delle costanti C1 e C2 sono ricavati dalla conoscenzadi due condizioni iniziali. Si noti che se una delle due radici e nullanella (6.21) compare un termine costante.

- Se siamo nel caso (2) (per cui si ha λ1 = λ2) la soluzione generaledell’equazione omogenea (6.20) ha la forma seguente:

u(t) = C1eλ1t + C2te

λ1t (6.22)

nella quale i valori delle costanti C1 e C2 sono ricavati dalla conoscenzadi due condizioni iniziali. Si noti la presenza dei termini eλ1t e teλ1t

che sono linearmente indipendenti e costituiscono una base dello spaziodelle funzioni in questo caso particolare mentre nel caso precedente talebase e rappresentata dalle funzioni eλ1t e eλ2t.

- Se siamo nel caso (3) (in modo che sia λ1 = w + iz e λ2 = w −iz) la soluzione generale dell’equazione omogenea (6.20) ha la formaseguente1:

u(t) = C1ewtcos(zt) + C2e

wtsen(zt) = ewt(C1cos(zt) + C2sen(zt))(6.23)

nella quale i valori delle costanti C1 e C2 sono, di nuovo, ricavati dallaconoscenza di due condizioni iniziali.In questo caso si hanno i due sottocasi seguenti:

- se w 6= 0 nella (6.23) compare un termine inviluppo ewt che molti-plica la somma di due termini periodici (rappresentata dal termine(C1cos(zt) + C2sen(zt)) e tale inviluppo puo essere crescente (sew > 0) o decrescente (se w < 0);

1Come vedremo meglio in seguito, per arrivare a questa forma della soluzione si sfrutta

la seguente relazione: eit = cost+ isent.

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6.3 Capitolo 6

- se w = 0 nella (6.23) compare solo la somma di due termini pe-riodici (rappresentata dal termine (C1cos(zt) +C2sen(zt)) in mo-do che la soluzione sia di tipo periodico e di ampiezza massimacotante.

Nella sezione 6.3 presenteremo un po’ di esempi di equazioni differenzialidel secondo ordine (insieme ad alcuni esercizi) per risolvere i quali useremoquanto visto finora. Prima di chiudere con questa parte piu teorica ci premedi sottolineare come, in molti casi, a noi basti condurre un’analisi di tipoqualitativo nel senso che, ad esempio:

- se riusciamo a capire che le radici sono reali e negative questo fatto cibasta per prevedere che la soluzione e di tipo esponenziale decrescente;

- se riusciamo a capire che le radici sono reali e almeno una positiva que-sto fatto ci basta per prevedere che la soluzione e di tipo esponenzialecrescente;

- se riusciamo a capire che le radici sono complesse coniugate di par-te reale negativa questo ci basta a capire che la soluzione e di tipooscillatorio decrescente o smorzato;

- se riusciamo a capire che le radici sono complesse coniugate di parte rea-le positiva questo ci basta a capire che la soluzione e di tipo oscillatoriodi ampiezza crescente.

Si fa infine notare come il procedimento visto diffusamente in questa sezionemiri alla determinazione della soluzione di un’equazione differenziale omoge-nea associata ad una equazione differenziale del secondo ordine quale la (6.5)alla quale va poi sommata la soluzione particolare dell’equazione differenzialedel secondo ordine data.L’analisi delle tecniche generali per la determinazione di una soluzione par-ticolare della (6.5) al variare della f(t) esula dall’ambito delle presenti note.Nella sezione 6.3 ci limiteremo, pertanto, ad esaminare alcuni semplici esempidi determinazione della soluzione particolare di una equazione differenzialenon omogenea del secondo ordine. Per ulteriori dettagli ed esempi si rimandaai testi di Analisi quali [9].

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6.3 Capitolo 6

6.3 Equazioni differenziali del secondo ordi-

ne, esempi ed esercizi

Esempio 6.3.1 Sia data la seguente equazione differenziale del secondoordine:

u(t) + 3u(t) + 2u(t) = 0 (6.24)

Se ne determini la soluzione date le seguenti condizioni iniziali:

(1) u(0) = 1

(2) u(0) = 0

L’equazione caratteristica associata alla (6.24) e la seguente:

λ2 + 3λ+ 2 = 0 (6.25)

La (6.25) ha due permanenze ovvero due radici negative la cui somma deveessere −3 e il cui prodotto deve essere 2. Le radici cercate sono pertantoλ1 = −1 e λ2 = −2 in modo che la soluzione generale della (6.25) sia laseguente:

u(t) = C1e−t + C2e

−2t (6.26)

Per applicare le condizioni iniziali si deve calcolare la derivata prima dellau(t) ovvero:

u(t) = −C1e−t − 2C2e

−2t (6.27)

Utilizzando le condizioni iniziali si ricavano le seguenti equazioni nelleincognite C1 e C2:

C1 + C2 = 1

−C1 − 2C2 = 0

dalle quali si ricava facilmente che deve essere:

C1 = 2

C2 = −1

per cui la soluzione particolare dell’equazione differenziale data e la seguente:

u(t) = 2e−t − e−2t (6.28)

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6.3 Capitolo 6

Esercizio 6.3.1 Sia data la seguente equazione differenziale del secondoordine:

u(t) + au(t) + bu(t) = 0 (6.29)

Si fissino dei valori per i coefficienti a e b in modo per l’equazionecaratteristica corrispondente si verifichino i casi seguenti:

(1) l’equazione caratteristica ha due radici reali coincidenti negative;

(2) l’equazione caratteristica ha una radice nulla ed una negativa;

(3) l’equazione caratteristica ha due radici reali una negativa ed unapositiva;

(4) l’equazione caratteristica ha due radici complesse coniugate di partereale negativa.

Per ognuno di tali casi si indichi qualitativamente il corrispondenteandamento della X(t).

Esempio 6.3.2 Sia data la seguente equazione differenziale non omogeneadel secondo ordine:

u(t) + 3u(t) + 2u(t) = t2 + t (6.30)

Se ne determini la soluzione generale.La soluzione generale u(t) della (6.30) e ottenuta come somma della soluzioneuo(t) dell’equazione omogenea associata e di una soluzione particolare up(t)della (6.30).Dall’esempio 6.3.1 si ha:

uo(t) = C1e−t + C2e

−2t (6.31)

Si fa notare che a questo livello non si possono usare le condizioni iniziali peril calcolo delle costanti C1 e C2 dato che tali condizioni iniziali riguardano lau(t) e non la uo(t).Per quanto riguarda la soluzione particolare up(t), data la forma del secondomembro della (6.30), la si cerca con la seguente struttura:

up = kt2 + ht+ l (6.32)

con k, h ed l costanti da determinare. Dalla (6.32) si calcolano facilmente,nell’ordine:

up = 2kt + h (6.33)

up = 2k (6.34)

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6.3 Capitolo 6

Sostituendo tali espressioni nella (6.30) ed usando il principio di identita deipolinomi (in base al quale due polinomi sono dentici se lo sono i coefficientidelle potenze di pari grado) si ottiene k = 1/2, h = −1 e l = 1 in modo chesia:

up(t) =1

2t2 − t+ 1 (6.35)

In conclusione la soluzione generale della (6.30) ha la forma seguente:

u(t) = uo(t) + up(t) = C1e−t + C2e

−2t +1

2t2 − t+ 1 (6.36)

nella quale le costanti C1 e C2 sono ricavate dalla conoscenza di duecondizioni iniziali.

Esercizio 6.3.2 Sia data la seguente equazione differenziale non omogeneadel secondo ordine:

u(t)− u(t)− 6u(t) = 2t2 − t+ 3 (6.37)

Se ne determini la soluzione generale.

Esempio 6.3.3 Sia data la seguente equazione differenziale del secondoordine:

u(t) + 3u(t) = 0 (6.38)

Se ne determini la soluzione date le seguenti condizioni iniziali:

(1) u(0) = 0

(2) u(0) = 1

L’equazione caratteristica associata alla (6.38) e la seguente:

λ2 + 3λ = 0 (6.39)

E immediato vedere che la (6.39) ha le seguenti radici: λ1 = 0 e λ2 = −3 inmodo che la soluzione generale della (6.38) sia la seguente:

u(t) = C1 + C2e−3t (6.40)

Per applicare le condizioni iniziali si deve calcolare la derivata prima dellau(t) ovvero:

u(t) = −3C2e−3t (6.41)

Utilizzando le condizioni iniziali si ricavano le seguenti equazioni nelleincognite C1 e C2:

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6.3 Capitolo 6

C1 + C2 = 0

−3C2 = 1

dalle quali si ricava facilmente che deve essere:

C1 = 1/3

C2 = −1/3

per cui la soluzione particolare dell’equazione differenziale data e la seguente:

u(t) =1

3− 1

3e−3t (6.42)

Esempio 6.3.4 Sia data la seguente equazione differenziale del secondoordine:

u(t)− 2u(t) + u(t) = 0 (6.43)

Se ne determini la soluzione date le seguenti condizioni iniziali:

(1) u(0) = 1

(2) u(0) = 0

L’equazione caratteristica associata alla (6.43) e la seguente:

λ2 − 2λ+ 1 = 0 (6.44)

che ammette due radici reali coincidenti λ1 = λ2 = 1. La soluzione generaledella (6.43) e pertanto la seguente:

u(t) = C1et + C2te

t (6.45)

Dalle condizioni iniziali e immediato ricavare C1 = 1 e C2 = −1 per cui lasoluzione particolare della (6.43) e la seguente:

u(t) = et − tet (6.46)

Esempio 6.3.5 Sia data la seguente equazione differenziale del secondoordine:

u(t) + 2u(t) + 5u(t) = 0 (6.47)

Se ne determini la soluzione. L’equazione caratteristica della (6.47) e laseguente:

λ2 + 2λ+ 5 = 0 (6.48)

Da un esame della (6.48) si ha che le sue radici λ1 e λ2 devono soddisfare leseguenti relazioni:

268

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6.3 Capitolo 6

λ1 + λ2 = −2

λ1λ2 = 5

Assumendo che tali radici siano complesse coniugate (ovvero che siano dellaforma λ1 = w + iz e λ2 = w − iz) si ha che deve essere:

2w = −2 da cui w = −1

w2 + z2 = 5 da cui z = 2

Le due radici hanno pertanto i seguenti valori:

λ1 = −1 + 2i

λ1 = −1− 2i

in modo che la soluzione generale della (6.47) sia:

u(t) = C1e−tcos(2t) + C2e

−tsen(2t) (6.49)

che puo essere scritta anche nella forma seguente:

u(t) = e−t(C1cos(2t) + C2sen(2t)) (6.50)

nelle quali i valori delle due costanti C1 e C2 sono ricavati sulla base di duecondizioni iniziali.Dalla (6.50) si vede come la parte reale (ovvero −1) delle radici λ1 e λ2

determini l’inviluppo della soluzione mentre la parte immaginaria (ovvero2) determina la frequenza delle oscillazioni periodiche. Dal momento che laparte reale e negativa si ha un inviluppo decrescente. Si fa notare che:

- se la parte reale e nulla si ha un inviluppo di ampiezza costante;

- se la parte reale e positiva si ha un inviluppo di ampiezza crescente.

Esempio 6.3.6 Si determini la soluzione generale della seguente equazionedifferenziale:

u = et + 1 (6.51)

Primo modo: si determina la soluzione u(t) come somma di una soluzioneparticolare up(t) e della soluzione uo(t) dell’equazione omogenea associata:

u = 0 (6.52)

Con due integrazioni successive della (6.52) e facile determinare la seguenteespressione:

uo(t) = kt+ h (6.53)

269

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6.3 Capitolo 6

con k, h ∈ R costanti arbitrarie che dipendono da due condizioni iniziali. Perla up(t) la si assume della forma:

up(t) = et + λt2 (6.54)

perche si vuole avere un termine di tipo esponenziale oltre alla possibilita diderivare due volte in modo da avere un termine costante. Dalla (6.54) conuna doppia derivazione si ha:

u = et + 2λ (6.55)

per cui (confrontando la (6.55) con la (6.51)) si ha λ = 1/2 in modo che sia:

up(t) = et +t2

2(6.56)

In conclusione si ha:

u(t) = up(t) + uo(t) = et +t2

2+ kt+ h (6.57)

Secondo modo: si usa una variabile ausiliaria w in modo da scrivere leseguenti relazioni:

u = w

u = w

w = et + 1 equivalente alla (6.51)

Integrando una volta l’ultima equazione si ottiene:

w = et + t+ k (6.58)

Ricordando la prima delle suddette relazioni si ha:

u = et + t + k (6.59)

in modo che, con una ulteriore integrazione, si ha:

u = et +t2

2+ kt+ h (6.60)

In questo caso si e usata la tecnica che vedremo piu in dettaglio nella sezione6.4 per trasformare una equazione differenziale del secondo ordine in due

270

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6.3 Capitolo 6

equazioni differenziali del primo ordine.Terzo modo: e il modo diretto, non sempre utilizzabile. Si parte dalla:

u = et + 1 (6.61)

Integrando una prima volta si ottiene:

u = et + t + k (6.62)

e integrando di nuovo si ottiene.

u = et +t2

2+ kt+ h (6.63)

Si fa notare che, in questo terzo modo, il procedimento nasconde al suo in-terno l’applicazione del secondo modo. A rigore si dovrebbe scrivere la (6.61)nella forma seguente:

d

dt(du

dt) = et + 1 (6.64)

da cui si ha:

d(du

dt) = (et + 1)dt (6.65)

per cui la prima integrazione ci porta a:

du

dt= et + t+ k (6.66)

ovvero:du = (et + t+ k)dt (6.67)

dalla quale, con una ultima integrazione, si ottiene la (6.63).

Esercizio 6.3.3 Si risolva la seguente equazione differenziale omogenea delsecondo ordine:

u+ 4u = 0 (6.68)

con le seguenti condizioni iniziali:

u(0) = 1

u(0) = 2

Esercizio 6.3.4 Si risolva la seguente equazione differenziale omogenea delsecondo ordine:

u+ 3u+ 2u = 0 (6.69)

con le seguenti condizioni iniziali:

271

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6.4 Capitolo 6

u(0) = 1

u(0) = 0

Esercizio 6.3.5 Sapendo che l’equazione caratteristica associata ad unaequazione differenziale omogenea del secondo ordine ha le seguenti radici:

λ1 = 1

λ2 = −2

si scriva l’equazione differenziale omogenea del secondo ordine corrispondentesotto il vincolo che il coefficiente del termine u sia uguale a +1.

A questo punto, considerata la natura e gli scopi delle presenti note, si ritieneinutile proseguire presentando ulteriori esempi ed esercizi sia pure focalizzatialla presentazione di tecniche di soluzione di equazioni differenziali del se-condo ordine di tipo non omogeneo.In ogni modo, per ulteriori dettagli di tipo generale, si rimanda alla sezione6.9 e alle altre sezioni conclusive del presente capitolo.

6.4 Da una equazione differenziale del secon-

do ordine a due del primo ordine

A questo punto si vuole affrontare e risolvere il seguente problema. Datauna equazione differenziale di tipo omogeneo del secondo ordine quale laseguente:

u+ au+ bu = 0 (6.70)

la si vuole ricondurre ad un sistema equivalente di due equazioni differenzialidel primo ordine. L’equivalenza consiste nel fatto che:

- la (6.70) e il sistema che costruiamo hanno la stessa equazionecaratteristica;

- le due soluzioni del sistema che costruiamo sono tali che una coincidecon la soluzione della (6.70) e l’altra con la sua derivata prima.

Come noto alla (6.70) e associata la seguente equazione caratteristica:

λ2 + aλ+ b = 0 (6.71)

dalla cui soluzione deriva la soluzione della (6.70).Per operare la trasformazione voluta della (6.70) si procede nel seguentemodo:

272

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6.5 Capitolo 6

(1) si introduce una funzione ausiliaria w tale che sia u = w,

(2) in questo modo si ha u = w,

(3) come conseguenza della (1) e della (2) si puo riscrivere la (6.70) nellaforma seguente:

w + aw + bu = 0 (6.72)

Utilizzando le relazioni precedenti, la (6.70) si trasforma nel seguente sistemadi due equazioni differenziali del primo ordine:

{

u = +ww = −bu −aw

(6.73)

che, in forma matriciale, assume la struttura seguente, con le ovviecorrispondenze:

(

uw

)

=

(

0 1−b −a

)(

uw

)

= A

(

uw

)

(6.74)

Come noto (al proposito vedi anche la sezione 6.6) per risolvere la (6.74) sideve risolvere la seguente equazione:

det(A− λI) = 0 (6.75)

ovvero:

det

(

−λ 1−b −a− λ

)

= 0 (6.76)

dalla quale si ricava la seguente equazione di secondo grado nell’incognita λ:

λ2 + aλ+ b = 0 (6.77)

che, come richiesto, coincide con la (6.71). Una volta ricavati i valori di λsi possono ricavare gli andamenti di u e w ovvero della soluzione u(t) della(6.70) e della sua derivata prima w(t). Si fa notare che per risolvere la (6.70)servono due condizioni iniziali (ad esempio sulla u(t) e sulla u(t)) mentre perrisolvere la (6.74) servono una condizione sulla u(t) e una sulla w(t) (e quindisulla u(t)) ovvero servono le stesse informazioni.

6.5 Equazioni differenziali del secondo ordi-

ne, stabilita e stabilita asintotica

A questo punto sappiamo come risolvere l’equazione differenzialeseguente:

u+ au+ bu = 0 (6.78)

273

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6.5 Capitolo 6

ovvero sappiamo ricavare una soluzione u(t) completamente specificata sesono note due condizioni iniziali, ad esempio u(0) e u(0).Oltre alla determinazione della soluzione della (6.78) siamo interessati alladefinizione delle condizioni di equilibrio di questa equazione differenziale. Lecondizioni di equilibrio si hanno in assenza di variazioni ovvero se e:

u = 0

u = 0

per cui, dalla (6.78), si ha:

u(t) = 0 ∀t

in modo che sia anche u(0) = 0. In questo caso si considera la perturbazioneǫ(t) dalla condizione di equilibrio in modo da avere:

u(t) = ǫ(t) + u(0) = ǫ(t) (6.79)

in modo che la soluzione u(t) della (6.78) coincida con l’evoluzione nel tempodella perturbazione ǫ(t) dallo stato di equilibrio.Si hanno i seguenti casi:

- se ǫ(t) → k, con k piccolo, per t → +∞ la condizione di equilibrio edetta essere stabile;

- se ǫ(t) → 0 per t → +∞ allora la condizione di equilibrio e detta essereasintoticamente stabile;

- se ǫ(t) → ±∞ per t → +∞ allora la condizione di equilibrio e dettaessere instabile;

- se ǫ(t) oscilla attorno alla condizione di equilibrio si puo parlare diequilibrio indifferente e lo stesso vale nel primo caso ovvero in tuttiquei casi in cui l’evoluzione di una variabile u(t) si arresta su un valorediverso sia dal valore iniziale sia dal valore di equilibrio u(t) = 0.

Si noti che il valore iniziale e il valore di equilibrio possono coincidere nelqual caso non si ha alcuna evoluzione. Questo non ha, tuttavia, nulla a chevedere con la stabilita asintotica o meno di un equilibrio che dipendono dauna perturbazione dallo stato di equilibrio.Come abbiamo visto la (6.78) equivale al seguente sistema di equazionidifferenziali del primo ordine:

{

u = +ww = −bu −aw

(6.80)

274

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6.5 Capitolo 6

In questo caso si ha una condizione di equilibrio se sono soddisfatte le seguenticondizioni:

u = 0 da cui deriva, per la prima delle (6.80), w = 0

w = 0 da cui deriva, per la precedente e per la seconda delle (6.80),u = 0.

In questo caso le due equazioni (6.80) sono all’equilibrio se si ha sia u = 0(ovvero velocita nulla) sia w = u = 0 (ovvero accelerazione nulla). Questecondizioni coincidono con quelle che abbiamo visto per la (6.78).In questo caso si introducono:

- una perturbazione ǫ della u dall’equilibrio in modo che sia u(t) = ǫ(t)e u(t) = ǫ(t),

- una perturbazione η della w dall’equilibrio in modo che sia w(t) = η(t)e w(t) = η(t).

In questo modo le (6.80) assumono la forma seguente:{

ǫ = +ηη = −bǫ −aη

(6.81)

cosı che le soluzioni u e w coincidono con e perturbazioni dalla condizione diequilibrio (u∗, w∗) = (0, 0).In questo caso si ha una condizione di equilibrio se si ha sia ǫ = 0 sia η = 0in modo che si ha:

- una stabilita asintotica se ǫ(t) → 0 e η(t) → 0 per t → +∞;

- una condizione di instabilita se ǫ(t) → ±∞ o η(t) → ±∞ per t →+∞;

- una condizione di stabilita o di equilibrio indifferente negli altri casi fracui quelli esaminati nel caso precedente.

Esempio 6.5.1 Nel caso dell’esempio 6.3.4 si e visto che l’equazionedifferenziale omogenea seguente:

u(t)− 2u(t) + u(t) = 0 (6.82)

con le condizioni iniziali date (ovvero u(0) = 1 e u(0) = 0) ha la seguentesoluzione:

u(t) = et − tet = (1− t)et (6.83)

Come noto, la (6.82), come condizione di equilibrio, ha le condizioni seguenti:

275

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6.5 Capitolo 6

u(t) = 0

u(t) = 0

dalle quali discende u(t) = 0 per cui la condizione u(0) = 1 rappresenta unaperturbazione della condizione di equilibrio. Dato che che dalla (6.83) si ha:

limt−→+∞u(t) = −∞ (6.84)

si ha che la condizione di equilibrio per la (6.82) e di tipo instabile. Al-le stesse conclusioni si perviene se si trasforma la (6.82) in due equazionidifferenziali del primo ordine sulle quali si ripete l’analisi.

Esempio 6.5.2 Supponiamo di avere la seguente equazione differenziale:

u+ u = 0 (6.85)

con le seguenti condizioni iniziali:

u(0) = 0

u(0) = 1

Per la (6.85) la condizione di equilibrio e la seguente:

u(t) = 0

u(t) = 0

da cui discende u(t) = k = 0 per la prima condizione iniziale. Le condizio-ni iniziali date rappresentano, quindi, una perturbazione della condizione diequilibrio.L’equazione caratteristica ha la forma seguente:

λ2 + λ = 0 (6.86)

ed ha come radici:

λ1 = 0

λ2 = −1

per cui si ha:

u(t) = C1 + C2e−t

u(t) = −C2e−t

276

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6.5 Capitolo 6

Applicando le condizioni iniziali si ottiene:

C1 = 1

C2 = −1

ovvero:u(t) = 1− e−t (6.87)

u(t) = e−t (6.88)

Essendo u(∞) = 1 la condizione di equilibrio puo essere definita come di tipoindifferente.Per capire il motivo di questa caratterizzazione si puo considerare il seguentecaso piu generale ovvero la stessa equazione differenziale:

u+ u = 0 (6.89)

pero con le seguenti condizioni iniziali:

u(0) = k

u(0) = h

con h 6= 0 e k 6= 0. In questo caso, utilizzando lo stesso procedimento, siottiene:

C1 = k + h

C2 = −h

in modo che sia:u(t) = (h+ k)− he−t (6.90)

e:u(t) = he−t (6.91)

La (6.89) ha la seguente condizione di equilibrio:

u(t) = 0

u(t) = 0

da cui discende u(t) = k 6= 0 per la prima condizione iniziale.La condizione iniziale u(0) = h rappresenta, pertanto, una perturbazionedella condizione di equilibrio. Dal momento che si ha:

u(∞) = h + k

277

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6.5 Capitolo 6

u(∞) = 0

si puo dedurre che la condizione di equilibrio e di tipo stabile solo se eh = 0 altrimenti e di tipo indifferente dal momento che, a seguito di unaperturbazione, la soluzione di equilibrio si modifica di conseguenza.Facciamo ora le stesse considerazioni ma dopo aver trasformato la (6.89) inun sistema equivalente di due equazioni differenziali del primo ordine. Perprima cosa si introduce una funzione ausiliaria w in modo che sia:

u = w

u = w

in modo da riscrivere la (6.89) nella forma seguente:

{

u = +ww = −w

(6.92)

con le condizioni iniziali:

u(0) = k

u(0) = w(0) = h

La condizione di equilibrio, in questo caso, e la seguente:

u(t) = 0 e w(t) = 0 da cui discende w(t) = 0

u(t) = k dalla prima condizione iniziale.

In questo caso si ha:

A =

(

0 10 −1

)

(6.93)

Per risolvere le (6.92) si imposta l’equazione caratteristica, la si risolve perdeterminare gli autovalori, si calcolavo gli autovettori corrispondenti e si scri-ve la soluzione come combinazione lineare di questi elementi. Per prima cosasi imposta la seguente equazione:

det(A− λI) = 0 (6.94)

dalla quale si ottiene la seguente equazione caratteristica:

λ(λ+ 1) = 0 (6.95)

che la le seguenti radici:

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6.5 Capitolo 6

λ1 = 0

λ2 = −1

A questo punto si deve ricavare l’autovettore V1 associato all’autovalore λ1 =0. Per fare cio devo risolvere la seguente equazione:

AV1 = 0 (6.96)

Dato che la matrice A non e invertibile la (6.96) ha di sicuro una soluzionenon nulla quale la seguente:

V1 =

(

10

)

(6.97)

Se si ripete lo stesso ragionamento per l’autovalore λ2 = −1, dal momentoche la matrice A−I non e invertibile, si ottiene il secondo autovettore cercatoovvero V2, linearmente indipendente rispetto al precedente, che puo avere laforma seguente (non si ha, infatti, nessuna unicita della soluzione):

V2 =

(

1−1

)

(6.98)

In questo modo si ottiene la seguente soluzione, combinazione lineare di tuttigli elementi trovati:

(

u(t)v(t)

)

= C1

(

10

)

+ C2

(

1−1

)

e−t (6.99)

Leggendo la (6.99) per righe si ottengono le seguenti espressioni:

u(t) = C1 + C2e−t (6.100)

w(t) = −C2e−t (6.101)

Utilizzando le condizioni iniziali, con semplici calcoli, si arriva alle seguentiespressioni:

u(t) = (h+ k)− he−t (6.102)

w(t) = he−t (6.103)

per le quali valgono le considerazioni gia fatte a proposito della (6.90) e della(6.91) a riprova della equivalenza dei due approcci.

Esempio 6.5.3 Supponiamo di avere la seguente equazione differenziale:

u+ au+ bu = 0 (6.104)

con a 6= 0 e b 6= 0 e con le seguenti condizioni iniziali;

279

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6.6 Capitolo 6

u(0) = k

u(0) = h

con h ∗ k 6= 0.Per la (6.104) la condizione di equilibrio e la seguente:

u(t) = 0

u(t) = 0

da cui deriva u(t) = 0. Le condizioni iniziali sono, pertanto, delle pertur-bazioni dalla condizione di equilibrio. Alla (6.104) corrisponde la seguenteequazione caratteristica:

λ2 + aλ+ b = 0 (6.105)

Nel caso in cui la (6.105) abbia due radici λ1 e λ2 reali e distinte entrambenon nulle (dato che si e assunto che sia a 6= 0 e b 6= 0) e facile vedere che:

- se λ1 < 0 e λ2 < 0 la condizione di equilibrio e asintoticamente

stabile;

- in tutti gli altri casi si ha una condizione di equilibrio instabile.

Se la (6.105) ha due radici complesse coniugate

λ1 = α + iβ

λ2 = α− iβ

(con β 6= 0) e facile vedere che:

- se α < 0 la condizione di equilibrio e asintoticamente stabile;

- se α > 0 la condizione di equilibrio e instabile;

- se α = 0 la condizione di equilibrio e detta essere di equilibrio in-

differente. Daremo una ulteriore giustificazione intuitiva di questadizione nell’esempio 6.7.1.

280

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6.6 Capitolo 6

6.6 Due equazioni differenziali del primo

ordine

6.6.1 Introduzione

Nella sezione 6.4 abbiamo visto che una equazione differenziale del se-condo ordine e equivalente ad un sistema di due equazioni differenziali delprimo ordine e abbiamo visto un metodo pratico per passare dalla prima alsecondo. Lo abbiamo poi visto all’opera negli esempi della sezione 6.5.E immediato capire che percorrendo il metodo in direzione inversa si puopassare da un sistema di due equazioni differenziali del primo ordine di queltipo ad una equazione differenziale del secondo ordine. Nella presente sezio-ne vedremo questo passaggio nel caso piu generale ovvero nel caso di dueequazioni differenziali del primo ordine quali le seguenti:

{

u1 = a11u1 + a12u2 (a)u2 = a21u1 + a22u2 (b)

(6.106)

Piu in dettaglio ci proponiamo di presentare due approcci per la soluzionedelle (6.106) che diremo:

(1) approccio diretto,

(2) approccio indiretto.

Nell’approccio diretto si mira alla determinazione di una soluzione delle(6.106) sotto forma di una coppia di funzioni u1(t) e u2(t) che soddisfano siale equazioni differenziali sia le condizioni iniziali.Nell’approccio indiretto si riducono le (6.106) ad una equazione differen-ziale del secondo ordine, ad esempio nella u2. A questo punto si risolve taleequazione in modo da determinare una espressione per la u2(t). Una voltaottenuta una espressione per la u2(t) si puo usare la (b) delle (6.106) perricavare una espressione per la u1(t) nella forma seguente:

u1 =u2 − a22u2

a21(6.107)

Simili considerazioni valgono, mutatis mutandis, se si parte da una equazionedifferenziale del secondo ordine nella u1.Prima di passare alla presentazione dei due approcci prendiamo in conside-razione alcuni casi particolari delle (6.106) che possono essere di un qualcheinteresse. Per ciascuno di questi casi si indicano i coefficienti che hanno va-lore nullo mentre gli altri sono assunti avere valori diversi da zero.Come primo caso si esamina il seguente. Se si ha a12 = 0 e a21 = 0 le (6.106)(a) e (b) sono fra di loro indipendenti in modo che:

281

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6.6 Capitolo 6

- per la (a) si abbia u1(t) = u1(0)ea11t,

- per la (b) si abbia u2(t) = u2(0)ea22t.

Come secondo caso si esamina il seguente. Se si ha a12 = 0 si puo risolverela (6.106) (a) in modo da avere:

u1(t) = u1(0)ea11t

e da ottenere una espressione della u2 come soluzione della seguente equazionedifferenziale del primo ordine:

u2 = a21u1(0)ea11t + a22u2 (6.108)

Come terzo e ultimo caso si esamina il seguente. Se si ha a21 = 0 si puorisolvere la (6.106) (b) in modo da avere:

u2(t) = u2(0)ea22t

e da ottenere una espressione della u1 come soluzione della seguente equazionedifferenziale del primo ordine:

u1 = a11u1 + a12u2(0)ea22t (6.109)

6.6.2 Approccio diretto

In questo caso si vuole un metodo per risolvere direttamente le equazioni(6.110), sulla falsariga di quanto fatto per una singola equazione differenzialedel primo ordine.

{

u1 = a11u1 + a12u2 (a)u2 = a21u1 + a22u2 (b)

(6.110)

Le (6.110) possono essere riscritte nella seguente forma matriciale:

(

u1

u2

)

=

(

a11 a12a21 a22

)(

u1

u2

)

(6.111)

ovvero, con le ovvie corrispondenze, nella forma sintetica seguente:

U = AU (6.112)

Per ricavare una soluzione delle (6.110) si puo procedere in modo simile aquanto fatto per le equazioni differenziali del primo ordine ovvero si cercanodelle soluzioni aventi la seguente struttura:

u1(t) = eλtv1

282

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6.6 Capitolo 6

u2(t) = eλtv2

con λ e sia v1 e v2 parametri da determinare. Le due suddette relazionipossono essere scritte sinteticamente, con le ovvie corrispondenze, nella formaseguente:

U(t) = V eλt (6.113)

Sostituendo le espressioni suddette nelle (6.110) si determinano facilmente leseguenti eguaglianze:

{

λeλtv1 = a11eλtv1 + a12e

λtv2λeλtv2 = a21e

λtv1 + a22eλtv2

(6.114)

che, notando che si ha eλt 6= 0, possono essere riscritte nella forma seguente:

{

(a11 − λ)v1 + a12v2 = 0a21v1 + (a22 − λ)v2 = 0

(6.115)

oppure, in forma sintetica:

(A− λI)V = 0 (6.116)

Dall’algebra lineare si hanno le seguenti proprieta:

- se la matrice (A−λI) e invertibile (ovvero ha determinante non nullo)allora l’unica soluzione della (6.116) e il vettore nullo V = 0 con v1 = 0e v2 = 0;

- perche la (6.116) abbia come soluzione un vettore V 6= 0 la matrice(A− λI) deve essere non invertibile ovvero deve essere

det(A− λI) = 0 (6.117)

Risolvendo la (6.117) si ottiene la seguente equazione di secondo gradonell’incognita λ:

(a11 − λ)(a22 − λ)− a12a21 = 0 (6.118)

che puo essere riscritta nella forma seguente:

λ2 − (a11 + a22)λ+ (a11a22 − a12a21) = 0 (6.119)

Se si pone:

tr(A) = (a11 + a22) che definisce la traccia della matrice A ovvero lasomma degli elementi sulla sua diagonale principale

283

Page 30: Capitolo 6 Sesta lezionegroups.di.unipi.it/~lcioni/MA20132014/cap6.pdfCapitolo 6 Sesta lezione 6.1 Introduzione Nel capitolo 2 abbiamo introdotto le equazioni differenziali del primo

6.6 Capitolo 6

det(A) = (a11a22 − a12a21) che definisce il determinante della matriceA

si puo riscrivere la (6.119) nella forma seguente:

λ2 − tr(A)λ+ det(A) = 0 (6.120)

A questo punto e necessario risolvere la (6.120) in modo da determinare duevalori λ1 e λ2. Il procedimento esposto qui di seguito e valido se e λ1 6= λ2.Vedremo nel seguito come si puo procedere nel caso in cui sia λ1 = λ2. Perciascuno di tali valori e necessario risolvere la (6.116) ovvero e necessariorisolvere i due seguenti problemi:

(A− λ1I)V1 = 0 (6.121)

(A− λ2I)V2 = 0 (6.122)

in modo da determinare gli autovettori V1 e V2 con:

V1 =

(

v11v21

)

(6.123)

V2 =

(

v12v22

)

(6.124)

Una volta determinati tali autovettori e possibile determinare la soluzionecercata nella forma seguente:

U(t) = C1eλ1tV1 + C2e

λ2tV2 (6.125)

nella quale si ha:

U(t) =

(

u1(t)u2(t)

)

(6.126)

mentre i valori delle due costanti arbitrarie C1 e C2 dipendono da due con-dizioni iniziali. Diamo qui di seguito un esempio di applicazione di questoapproccio rimandando alla sezione 6.7 per ulteriori esempi.Lo stesso esempio verra utilizzato per illustrare l’applicazione dell’approccioindiretto che presentiamo nella sezione 6.6.3 (vedi l’esempio (6.6.2)).

Esempio 6.6.1 Consideriamo il seguente sistema di equazioni differenzialidel primo ordine:

{

u1 = u1 + u2

u2 = u1 − u2(6.127)

284

Page 31: Capitolo 6 Sesta lezionegroups.di.unipi.it/~lcioni/MA20132014/cap6.pdfCapitolo 6 Sesta lezione 6.1 Introduzione Nel capitolo 2 abbiamo introdotto le equazioni differenziali del primo

6.6 Capitolo 6

Scrivendo la (6.117) in questo caso con:

A =

(

1 11 −1

)

(6.128)

si ottiene facilmente la seguente equazione caratteristica:

λ2 − 2 = 0 (6.129)

per la quale si ottengono facilmente le soluzioni:

λ1 =√2

λ2 = −√2

Scrivendo la (6.121) in questo caso si ha:

(

1−√2 1

1 −1 −√2

)(

v11v21

)

=

(

00

)

(6.130)

dalla quale si ottiene, con semplici calcoli:

V1 =

(

1√2− 1

)

(6.131)

Analogamente, scrivendo la (6.122) in questo caso si ha:

V2 =

(

1

−√2− 1

)

(6.132)

In questo modo si ottiene la seguente soluzione generale del sistema dato didue equazioni differenziali del primo ordine:

(

u1(t)u2(t)

)

= C1

(

1√2− 1

)

e√2t + C2

(

1

−√2− 1

)

e−√2t (6.133)

Come consueto i valori delle costanti C1 e C2 dipendono da due condizioniiniziali.

In modo piu formale si ha che per la (6.117) si hanno i tre casi seguenti legatial tipo degli autovalori della matrice A:

(1) ha due radici reali e distinte;

(2) ha due radici reali coincidenti;

285

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6.6 Capitolo 6

(3) ha due radici complesse coniugate.

Si ricorda che A e la matrice quadrata (e precisamente di tipo 2x2) deicoefficienti assunti costanti del seguente sistema di due equazioni differenzialiomogenee del primo ordine:

U(t) = AU(t) (6.134)

con:

U(t) = (u1(t), u2(t))

U(t) = (u1(t), u2(t))

Nel caso (1) se si indicano con λ1 e λ2 le due radici ovvero i due autovalorisi ha che la soluzione generale della (6.134) ha la forma seguente:

U(t) = C1V1eλ1t + C2V2e

λ2t (6.135)

nella quale C1 e C2 sono due costanti arbitrarie i cui valori dipendono da duecondizioni iniziali e V1 e V2 sono gli autovettori corrispondenti agli autovaloriλ1 e λ1.Nel caso (2) in cui si ha λ1 = λ2 = λ si hanno due possibili sotto-casi:

- se la matrice A ha due autovettori V1 e V2 linearmente indipendenti(ovvero tali che non si possa trovare un valore a ∈ R tale che siaV1 = aV2) allora la soluzione generale della (6.134) ha la forma seguente:

U(t) = C1V1eλ1t + C2V2e

λ2t (6.136)

come nel caso degli autovalori distinti;

- se la matrice A ha un solo autovettore V (ovvero non riesco a trovare unaltro autovettore linearmente indipendente da V ) allora, dato che, perscrivere la soluzione, mi serve una coppia di vettori, cerco un vettoreW che soddisfi la seguente eguaglianza:

(A− λI)W = V (6.137)

in modo che la soluzione generale della (6.134) abbia la forma seguente:

U(t) = C1V1eλt + C2(W + tV )eλt (6.138)

Nel caso (3) si hanno due autovalori complessi e coniugati aventi la formaseguente:

286

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6.6 Capitolo 6

λ1 = α + iβ

λ2 = α− iβ

In questo caso i due autovettori V1 e V2 possono essere scritti nelle formeseguenti:

V1 = Re(V1) + iIm(V1)

V2 = Re(V2)− iIm(V2)

(nelle quali Re(x) indica la parte reale di x e Im(x) indica la parteimmaginaria di x) ovvero, con le ovvie corrispondenze, nella forma seguente:

V = W1 ± iW2

in modo che la soluzione generale della (6.134) abbia la forma seguente:

U(t) = C1eαt(W1cos(βt)−W2sen(βt)) + C2e

αt(W1sen(βt)−W2cos(βt))(6.139)

Nella sezione 6.7 sono forniti alcuni esempi illustrativi dei tre casi suddetti.

6.6.3 Approccio indiretto

In questo caso si considerano le due equazioni differenziali (6.106) che siriscrivono qui di seguito per comodita:

{

u1 = a11u1 + a12u2 (a)u2 = a21u1 + a22u2 (b)

(6.140)

Per ipotesi si assumono tutti i coefficienti aij 6= 0 per i, j ∈ {1, 2}.Come primo passo si puo derivare la prima equazione ottenendo:

u1 = a11u1 + a12u2 (6.141)

che puo essere risolta rispetto a u2 in modo da ottenere:

u2 =u1 − a11u1

a12(6.142)

Dalla prima equazione si ottiene:

u2 =u1 − a11u1

a12(6.143)

287

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6.6 Capitolo 6

Sostituendo la (6.142) e la (6.143) nella (6.140) (b) si ottiene:

u1 − a11u1

a12= a21u1 + a22

u1 − a11u1

a12(6.144)

dalla quale, infine, si ottiene la seguente equazione differenziale del secondoordine nella u1:

u1 − u1(a11 + a22) + u1(a11a22 − a12a21) = 0 (6.145)

la cui equazione caratteristica coincide con la (6.119).Risolvendo la (6.145) con tecniche note si ricava una espressione della u1(t)che puo essere usata nella (6.143) per ottenere una espressione della u2(t).

Esempio 6.6.2 Consideriamo il seguente sistema di equazioni differenzialidel primo ordine:

{

u1 = u1 + u2 (a)u2 = u1 − u2 (b)

(6.146)

Derivando la prima equazione si ottiene:

u1 = u1 + u2 (6.147)

dalla quale si ottiene:u2 = u1 − u1 (6.148)

Dalla prima equazione si ha:

u2 = u1 − u1 (6.149)

Sostituendo la (6.148) e la (6.149) nella (6.146)(b) con semplici passaggi siottiene la seguente equazione differenziale del secondo ordine nella u1:

u1 − 2u1 = 0 (6.150)

L’equazione caratteristica corrispondente alla (6.150) e la seguente:

λ2 − 2 = 0 (6.151)

in modo che sia:

λ1 =√2

λ2 = −√2

288

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6.7 Capitolo 6

Da tali valori si ottiene la seguente espressione per la u1(t):

u1(t) = C1e√2t + C2e

−√2t (6.152)

Utilizzando la (6.146) (a) riscritta nella forma seguente:

u2 = u1 − u1 (6.153)

si ottiene la seguente espressione per u2(t):

u2(t) = C1(√2− 1)e

√2t − C2(

√2 + 1)e−

√2t (6.154)

Nella (6.152) e nella (6.154) i valori delle costanti C1 e C2 dipendono da duecondizioni iniziali, una sulla u1(t) e una sulla u2(t).

6.7 Due equazioni differenziali del primo

ordine, alcuni modelli

In questa sezione vedremo alcuni esempi di coppie di equazioni differen-ziali del primo ordine per le quali si applica l’approccio diretto in modo dafornire esempi applicativi di quanto presentato nella parte finale della sezione6.6.2.

Esempio 6.7.1 Supponiamo di avere le seguenti equazioni differenziali delprimo ordine:

{

x = −y (a)y = x (b)

(6.155)

In questo caso si ha:

A =

(

0 −11 0

)

(6.156)

Se si imposta e risolve la seguente equazione:

det(A− λI) = 0 (6.157)

si ottiene la seguente equazione caratteristica del secondo grado nell’incognitaλ:

λ2 + 1 = 0 (6.158)

per la quale si hanno le seguenti radici (o autovalori):

λ1 = i

289

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6.7 Capitolo 6

λ2 = −i

Si fa notare che il calcolo degli autovalori e stato fatto imponendo che lamatrice A − λI sia non invertibile e questo fatto ci permette di impostarele equazioni per il calcolo degli autovettori con la certezza di determinareautovettori non nulli.A questo punto si vuole l’autovettore V1 associato all’autovalore λ1 = i. Perfare cio si deve risolvere la seguente equazione:

AV1 = +iV1 (6.159)

E facile vedere che per V1 si puo ricavare il valore seguente:

V1 =

(

1−i

)

=

(

10

)

+ i

(

0−1

)

(6.160)

Si vuole ora l’autovettore V2 associato all’autovalore λ2 = −i. Per fare ciosi deve risolvere la seguente equazione:

AV2 = −iV2 (6.161)

E facile vedere che per V2 si puo ricavare il valore seguente:

V2 =

(

1i

)

=

(

10

)

− i

(

0−1

)

(6.162)

In questo modo gli autovettori sono scrivibili nella forma seguente:

V = W1 ± iW2 =

(

10

)

± i

(

0−1

)

(6.163)

Questo fatto ci permette di scrivere la soluzione cercata come avente lastruttura seguente:

(

xy

)

= C1(W1cost−W2sent) + C2(W1sent +W2cost) (6.164)

dalla quale si ricavano facilmente le espressioni seguenti:

x(t) = C1cost+ C2sent (6.165)

y(t) = C1sent− C2cost (6.166)

Elevando al quadrato la (6.165) e la (6.166) e sommandole membro a membrosi ottiene:

x2(t) + y2(t) = C21 + C2

2 (6.167)

290

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6.7 Capitolo 6

ovvero l’equazione di una circonferenza di centro l’origine e raggio:

ρ =√

C21 + C2

2 (6.168)

Considerando che la condizione di equilibrio per le (6.155) e la condizione x =0 e y = 0 la (6.167) descrive l’orbita percorsa attorno al punto di equilibrio dalpunto di coordinate x(t), y(t) al variare della variabile indipendente t in tuttii casi in cui tale condizione viene perturbata in modo che sia C1+C2 6= 0. Inquesto modo si ha una condizione di equilibrio che puo essere detta di tipoindifferente poiche la distanza dell’orbita dal punto di equilibrio e costante.Se per le (6.155) si impongono le seguenti condizioni iniziali:

x(0) = 1

y(0) = 0

si ricavano i seguenti valori per le costanti arbitrarie:

C1 = 1

C2 = 0

in modo da ottenere:x(t) = cost (6.169)

y(t) = sent (6.170)

e quindi:x2(t) + y2(t) = 1 (6.171)

ovvero l’equazione di una circonferenza di centro l’origine e raggio unitario.

Esempio 6.7.2 Supponiamo di avere le seguenti equazioni differenziali delprimo ordine:

{

x = −5x+ 2y (a)y = 2x− 2y (b)

(6.172)

In questo caso si ha:

A =

(

−5 22 −2

)

(6.173)

Se si imposta e risolve la seguente equazione:

det(A− λI) = 0 (6.174)

si ottiene la seguente equazione caratteristica di secondo grado nell’incognitaλ:

λ2 + 7λ+ 6 = 0 (6.175)

La (6.175) ha due permanenze ovvero due radici λ1 e λ2 negative e tali che:

291

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6.7 Capitolo 6

λ1 + λ2 = −7

λ1λ2 = 6

per cui e facile derivare i seguenti valori:

λ1 = −1

λ2 = −6

Per il calcolo degli autovettori si devono risolvere la seguente equazione:

AV1 = λ1V1 (6.176)

che, ad esempio, ci da:

V1 =

(

12

)

(6.177)

e la seguente equazione:AV2 = λ2V2 (6.178)

che, ad esempio, ci da:

V2 =

(

2−1

)

(6.179)

Come deve essere i due autovettori, associati a due autovalori distinti, sonolinearmente indipendenti. Inoltre ogni coppia autovalore-autovettore produceun pezzo della soluzione. Nel caso presente i due pezzi sono i seguenti:

u1(t) = eλ1tV1 (6.180)

u2(t) = eλ2tV2 (6.181)

in modo che la soluzione generale sia data dalla combinazione lineare di talipezzi costituenti ovvero in modo che sia:

U(t) = C1u1(t) + C2u2(t) = C1eλ1tV1 + C2e

λ2tV2 (6.182)

con U(t) = (x(t), y(t)) e con C1 e C2 costanti arbitrarie i cui valori dipendonoda due condizioni iniziali note.

Esempio 6.7.3 Supponiamo di avere le seguenti equazioni differenziali delprimo ordine:

{

y = y + z (a)z = y + z (b)

(6.183)

292

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6.7 Capitolo 6

In questo caso si ha:

A =

(

1 11 1

)

(6.184)

Se si imposta la seguente equazione:

det(A− λI) = 0 (6.185)

si ottiene la seguente equazione caratteristica:

λ2 − 2λ = 0 (6.186)

le cui radici (autovalori) sono:

λ1 = 0

λ2 = 2

Usando tecniche ormai note si ottengono due dei possibili autovettori:

V1 =

(

1−1

)

(6.187)

V2 =

(

11

)

(6.188)

in modo che sia:U(t) = C1V1 + C2e

λ2tV2 (6.189)

con U(t) = (y(t), z(t)) e con C1 e C2 costanti arbitrarie i cui valori dipendonoda due condizioni iniziali.Dalla (6.189) si ottengono le seguenti espressioni:

y(t) = C1 + C2e2t (6.190)

z(t) = −C1 + C2e2t (6.191)

Le (6.183) come condizione di equilibrio hanno y + z = 0 ovvero, se y e zsono vincolate ad assumere valori non negativi, y(t) = 0 e z(t) = 0. Perintrodurre una perturbazione nella condizione di equilibrio si assegnano leseguenti condizioni iniziali:

y(0) = 1

z(0) = 1

che ci permettono di ricavare i seguenti valori delle costanti arbitrarie C1 eC2:

293

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6.7 Capitolo 6

C1 = 0

C2 = 1

in modo che sia:y(t) = e2t (6.192)

z(t) = e2t (6.193)

Da tali relazioni discende l’instabilita della condizione di equilibrio. E facilevedere come dalle (6.183) si passi alla seguente equazione differenziale delsecondo ordine:

y − 2y = 0 (6.194)

Per ottenerla si confrontano le equazioni (a) e (b) in modo da ottenere z = yche si usa nella versione derivata della (a) in modo da ricavare y = y+ y dacui la (6.194). Alla (6.194) e associata una equazione caratteristica identicaalla (6.186). Si fa notare che, noti gli autovalori, e possibile scrivere l’equa-zione caratteristica che ha tali autovalori come radici e da questa l’equazionedifferenziale del secondo ordine corrispondente se si impone che il coefficientedel termine y sia uguale a +1.

Esempio 6.7.4 Supponiamo di avere le seguenti equazioni differenziali delprimo ordine:

{

y = y + z (a)z = −y + z (b)

(6.195)

In questo caso si ha:

A =

(

1 1−1 1

)

(6.196)

Le (6.195) hanno una condizione di equilibrio possibile solo se si ha y(t) = 0e z(t) = 0. Se si imposta la seguente equazione:

det(A− λI) = 0 (6.197)

si ottiene la seguente equazione caratteristica:

λ2 − 2λ+ 2 = 0 (6.198)

che ha le seguenti radici (autovalori):

λ1 = 1 + i

λ2 = 1− i

294

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6.7 Capitolo 6

A questo punto per λ1 si vuole un autovettore V1 tale che sia:

AV1 = λ1V1 (6.199)

E facile vedere che si ha:

V1 =

(

1i

)

(6.200)

che deve essere combinato insieme al termine e(1+i)t. Per farlo si procede nelmodo seguente:

e(1+i)t

(

1i

)

= eteit(

1i

)

= et(cost+ isent)

(

1i

)

(6.201)

Se espando e separo le parti reali dalle parti immaginarie ottengo:

e(1+i)t

(

1i

)

=

(

etcost+ ietsenteticost− etsent

)

=

(

etcost−etsent

)

+i

(

etsentetcost

)

= V1+iV2

(6.202)In modo analogo per λ2 si vuole un autovettore V2 tale che sia:

AV2 = λ2V2 (6.203)

E facile vedere che si ha:

V2 =

(

1−i

)

(6.204)

che deve essere combinato insieme al termine e(1−i)t.Se procedo in modo simile a quanto fatto per il primo autovalore ottengo:

e(1−i)t

(

1−i

)

=

(

etcost−etsent

)

− i

(

etsentetcost

)

= V1 − iV2 (6.205)

In questo modo si ha:U(t) = C1V1 + C2V2 (6.206)

con U(t) = (x(t), y(t)). Dalla (6.206) si ricavano facilmente le seguentirelazioni:

y(t) = C1etcost+ C2e

tsent (6.207)

z(t) = −C1etsent+ C2e

tcost (6.208)

dalle quali si ha che la condizione di equilibrio indicata e stabile solo se si haC1 = C2 = 0.

295

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6.7 Capitolo 6

Esempio 6.7.5 Supponiamo di avere le seguenti equazioni differenziali delprimo ordine:

{

y = ay + z (a)z = az (b)

(6.209)

In questo caso si ha:

A =

(

a 10 a

)

(6.210)

Vediamo due modi per risolvere le (6.209). Il primo fa uso dell’approcciodiretto e lo presentiamo perche ci permette di chiarire un aspetto delicatodella teoria mentre il secondo sfrutta l’indipendenza fra l’equazione (b) e l’e-quazione (a) che ci permette di risolvere l’equazione (b) in modo da usaretale soluzione per risolvere, in un secondo passo, l’equazione (a).Secondo l’approccio diretto si imposta la seguente equazione:

det(A− λI) = 0 (6.211)

dalla quale si deriva la seguente equazione caratteristica:

(a− λ)2 = 0 (6.212)

dalla quale si ottiene una radice doppia (ovvero di molteplicita algebrica paria 2) λ = a. Per il calcolo dell’autovettore corrispondente cerco un vettoreV = (v1, v2) tale che sia:

AV = λV (6.213)

Dalla (6.213) si ottengono le seguenti relazioni:

av1 + v2 = av1

av2 = av2

dalle quali si ricava v2 = 0 e v1 qualunque per cui una possibile scelta e laseguente:

V =

(

10

)

(6.214)

Poiche dalla (6.213) non si puo ricavare un altro vettore linearmente indipen-dente da V si ha che la molteplicita geometrica dell’autovalore λ e pari a 1.Dal momento che, comunque, serve un altro vettore linearmente indipendenteda V per trovarlo cerco un vettore W tale che sia:

(A− aI)W = V (6.215)

296

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6.7 Capitolo 6

Con facili calcoli si determina:

W =

(

01

)

(6.216)

Si fa notare che se la ricerca di un vettore linearmente indipendente da V hasuccesso si procede come nel caso delle radici reali e distinte.La soluzione cercata e pertanto la seguente:

U(t) = C1eatV + C2e

at(W + tV ) (6.217)

con U(t) = (y(t), z(t)). Dalla (6.217) si ricavano facilmente le espressioniseguenti:

y(t) = C1eat + C2te

at (6.218)

z(t) = C2eat (6.219)

Per le (6.209) la condizione di equilibrio e la seguente:

z = 0 da cui deriva (per la (b) z = 0

y = 0 da cui deriva (per la condizione precedente) y = 0

Se si impongono le seguenti condizioni iniziali come perturbazioni dallacondizione di equilibrio:

z(0) = 1

y(0) = 1

si ottengono facilmente i seguenti valori per le costanti C1 e C2:

C1 = 1

C2 = 1

in modo che si ricavano le espressioni seguenti:

y(t) = eat + teat (6.220)

z(t) = eat (6.221)

Da tali relazioni si vede che la condizione di equilibrio:

- e asintoticamente stabile se si ha a < 0,

- e instabile se si ha a ≥ 0

297

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6.7 Capitolo 6

Vediamo ora un altro modo per risolvere le (6.209). A questo scopo si sfruttail fatto che la (b) e indipendente dalla (a) per cui la si puo risolvere perottenere la seguente soluzione:

z(t) = z(0)eat (6.222)

Se si sostituisce la (6.222) nella (a) si ottiene la seguente espressione:

y = ay + z(0)eat (6.223)

Per risolvere la (6.223) si puo applicare il metodo del fattore integrale molti-plicando la (6.223) membro a membro per e−at. In questo modo si ottiene laseguente espressione:

d

dt(ye−at) = e−atz(0)eat = z(0) (6.224)

dalla quale si deriva facilmente:

ye−at − y(0) = z(0)t (6.225)

e infine:y = y(0)eat + z(0)teat (6.226)

Se alla (6.222) e alla (6.226) si impongono le stesse condizioni iniziali:

z(0) = 1

y(0) = 1

si ottengono di nuovo la (6.220) e la (6.221).

Si fa notare che nei casi in cui l’equazione caratteristica scrivibile sulla basedella matrice A ha due radici reali coincidenti λ1 = λ2 = λ (ovvero si ha unautovalore di molteplicita algebrica pari a 2) si hanno i due casi seguenti:

- se si riesce a calcolare due vettori V1 e V2 linearmente indipendenti taliche sia AV1 = λV1 e AV2 = λV2 allora si procede come nel caso di dueautovalori reali distinti;

- se non si riesce a calcolare due vettori V1 e V2 linearmente indipendentiallora si cerca un vettore W tale che sia (A− λI)W = V in modo chela soluzione cercata sia espressa nella forma seguente:

U(t) = C1eλtV + C2e

λt(W + tV ) (6.227)

298

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6.7 Capitolo 6

Esempio 6.7.6 Supponiamo di avere le seguenti equazioni differenziali delprimo ordine:

{

x = y (a)y = −4x (b)

(6.228)

In questo caso si ha:

A =

(

0 1−4 0

)

(6.229)

In questo caso se si imposta la seguente equazione:

det(A− λI) = 0 (6.230)

si ottiene la seguente equazione di secondo grado nell’incognita λ:

λ2 − 4 = 0 (6.231)

dalla quale si ricavano i seguenti autovalori:

λ1 = 2i

λ2 = −2i

Se si risolve la seguente equazione AV1 = 2iV1 si ottiene facilmente:

V1 =

(

12i

)

=

(

10

)

+ i

(

02

)

(6.232)

Se si risolve la seguente equazione AV2 = −2iV2 si ottiene facilmente:

V2 =

(

1−2i

)

=

(

10

)

− i

(

02

)

(6.233)

In questo caso gli autovettori sono scrivibili nella forma seguente, con le ovviecorrispondenze:

V =

(

1−2i

)

=

(

10

)

± i

(

02

)

= W1 ± iW2 (6.234)

in modo che la soluzione generale della (6.228) abbia la forma seguente:

U(t) = C1(W1cos2t−W2sen2t) + C2(W1sen2t +W2cos2t) (6.235)

con U(t) = (x(t), y(t)) dalla quale si ricavano le espressioni seguenti:

x(t) = C1cos2t+ C2sen2t (6.236)

299

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6.8 Capitolo 6

y(t) = −2C1sen2t+ 2C2cos2t (6.237)

Se si eleva la (6.236) al quadrato, la si moltiplica membro e membro per 4 ela si somma membro a membro alla (6.237) elevata, a sua volta, al quadratosi ottiene l’espressione seguente:

4x2 + y2 = 4(C21 + C2

2) = 4ρ2 (6.238)

ovvero:x2

ρ2+

y2

4ρ2= 1 (6.239)

La (6.239) rappresenta l’equazione di un’ellisse di semiassi ρ e 2ρ ovveroun’orbita chiusa attorno al punto di equilibrio 0, 0 che e l’unico punto diequilibrio per le (6.228). Anche in questo caso, quindi, si parla di equilibrioindifferente.

6.8 Due equazioni differenziali del primo

ordine: stabilita e stabilita asintotica

Nella presente sezione si riesaminano i concetti di stabilita e di stabilitaasintotica nel caso di due equazioni differenziali non lineari, nella fattispeciesi riesaminano i sistemi di due equazioni differenziali del primo ordine delmodello di Lotka-Volterra semplificato e del modello di Samuelson ma anchequelli di un caso generale di due equazioni che devono essere specificate comestruttura per descrivere le interazioni di interesse.

6.8.1 Il modello di Lotka-Volterra semplificato

Il modello di Lotka-Volterra semplificato, che e stato presentato e discussonella sezione 4.5, si basa sulle seguenti equazioni differenziali:

X = FX(X, Y ) = X(a− γY ) (6.240)

Y = FY (X, Y ) = Y (δX − b) (6.241)

nelle quali i coefficienti strettamente positivi a, b, α, δ hanno i significati noti.In questo caso si hanno le seguenti condizioni di equilibrio:

(1) X∗1 = 0, Y ∗

1 = 0

(2) X∗2 = b/δ = mY , Y

∗2 = a/γ = mX

300

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6.8 Capitolo 6

Per analizzare di che tipo sia ciascuna delle due condizioni di equilibrio siintroducono degli scostamenti ǫ e η da una condizione di equilibrio generica(X∗, Y ∗) in modo da scrivere:

X = X∗ + ǫ ovvero ǫ = X −X∗

Y = Y ∗ + η ovvero η = Y − Y ∗

come scostamento dall’equilibrio. Sulla base di tali relazioni si ha:

X = ǫ

Y = η

Dal momento che si vuole che anche la X e la Y suddette siano soluzionidelle equazioni differenziali date devono essere verificate le seguenti equazionidifferenziali:

X = ǫ = FX(X∗ + ǫ, Y ∗ + η) (6.242)

Y = η = FY (X∗ + ǫ, Y ∗ + η) (6.243)

Se si approssimano la FX e la FY con due espansioni in serie di Taylor limiateal primo ordine si ottengono le seguenti espressioni;

ǫ = FX(X∗, Y ∗) + ǫ

∂FX(X, Y )

∂X |X∗,Y ∗

+ η∂FX(X, Y )

∂Y |X∗,Y ∗

(6.244)

η = FY (X∗, Y ∗) + ǫ

∂FY (X, Y )

∂X |X∗,Y ∗

+ η∂FY (X, Y )

∂Y |X∗,Y ∗

(6.245)

ovvero, poiche si ha FX(X∗, Y ∗) = 0 e FY (X

∗, Y ∗) = 0 per definizione diequilibrio:

ǫ = ǫ∂FX(X, Y )

∂X |X∗,Y ∗

+ η∂FX(X, Y )

∂Y |X∗,Y ∗

(6.246)

η = ǫ∂FY (X, Y )

∂X |X∗,Y ∗

+ η∂FY (X, Y )

∂Y |X∗,Y ∗

(6.247)

Nel nostro caso si ricavano facilmente le espressioni delle derivate parzialiche compaiono nella (6.246) e nella (6.247) che pertanto assumono la formaseguente:

ǫ = (a− γY ∗)ǫ− γX∗η (6.248)

η = δY ∗ǫ+ (δX∗ − b)η (6.249)

E facile verificare come la condizione di equilibrio X∗1 = 0, Y ∗

1 = 0 sia di tipoinstabile. Se, invece, si considera la condizione di equilibrio X∗

2 = b/δ = mY ,Y ∗2 = a/γ = mX si ha:

ǫ = −γb

δX∗η (6.250)

301

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6.8 Capitolo 6

η =δa

γǫ (6.251)

Per risolvere tali equazioni differenziali le si puo ricondurre ad una equazionedifferenziale del secondo ordine. In questo caso se si deriva la prima delledue rispetto al tempo e si usa la seconda si ottiene la seguente equazionedifferenziale del secondo ordine nella variabile ǫ:

ǫ+ ω2ǫ = 0 (6.252)

nella quale si e posto ω =√ab. Alla (6.252) corrisponde la seguente equazione

caratteristica:λ2 + ω2 = 0 (6.253)

che ha come radici:

λ1 = iω

λ2 = −iω

in modo che sia:ǫ = ρ1cosωt+ ρ2senωt (6.254)

con ρ1 e ρ2 costanti arbitrarie che dipendono da condizioni iniziali arbitrarie(trattandosi di uno scostamento da una condizione di equilibrio).Da questa espressione e dalla (6.250) si ottiene:

η =δω

γb(ρ1senωt− ρ2cosωt) = A(ρ1senωt− ρ2cosωt) (6.255)

La (6.254) e la (6.255) definiscono le funzioni ǫ e η che esprimono gliscostamenti nel tempo dalla condizione di equilibrio X∗

2 = b/δ = mY ,Y ∗2 = a/γ = mX . E facile vedere come tali funzioni non ammettono li-

mite per t → +∞ per cui non si puo concludere nulla in merito alla stabilitaasintotica di questa condizione di equilibrio.Dal momento che le costanti ρ1 e ρ2 possono assumere valori arbitrari si puoporre ρ1 6= 0 e ρ2 = 0 in modo da ottenere:

ǫ = ρ1cosωt (6.256)

η = Aρ1senωt (6.257)

ovvero:ǫ2

ρ21+

η2

Aρ21= 1 (6.258)

302

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6.8 Capitolo 6

La (6.258) rappresenta una ellisse di semiassi ρ1 e√Aρ1 attorno al punto di

equilibrio per le perturbazioni (ǫ∗, η∗) = (0, 0) per cui si puo affermare chequesta condizione di equilibrio e una condizione indifferente dato che descrivel’orbita che le perturbazioni dalla condizione di equilibrio X∗

2 = b/δ = mY ,Y ∗2 = a/γ = mX percorrono attorno alla condizione di equilibrio per le equa-

zioni (6.248) e (6.249). E facile vedere come si arrivi a conclusioni simili nelcaso duale in cui si ha ρ1 = 0 e ρ2 6= 0 e nel caso generale in cui si ha ρ1 6= 0e ρ2 6= 0.Che il punto (ǫ∗, η∗) = (0, 0) sia una condizione di equilibrio per le per-turbazioni ǫ e η lo si ricava immediatamente da una analisi delle equazionidifferenziali (6.250) e (6.251).In definitiva, considerando l’approssimazione lineare del primo ordine, siottengono i seguenti andamenti della X(t) e della Y (t):

X(t) = X∗ + ǫ = mY + ρ1cosωt (6.259)

Y (t) = Y ∗ + η = mX + Aρ1senωt (6.260)

6.8.2 Il caso generale

Nel caso generale se si hanno due equazioni differenziali di tipo non lineareaventi la struttura seguente:

X = FX(X, Y ) (6.261)

Y = FY (X, Y ) (6.262)

se ne puo ricavare una condizione di equilibrio X∗, Y ∗ tale che sia:

FX(X∗, Y ∗) = 0 (6.263)

FY (X∗, Y ∗) = 0 (6.264)

In questo caso l’analisi della stabilita di questa condizione di equilibrio puoessere fatta in termini di due perturbazioni simultanee ǫ e η che determinanouna soluzione:

X = X∗ + ǫ

Y = Y ∗ + η

allo scopo di analizzare la stabilita della soluzione (ǫ∗, η∗) = (0, 0). In questocaso si esamina il sistema linearizzato utilizzando uno sviluppo in serie diTaylor arrestato al primo ordine in modo che sia:

ǫ = ǫ∂FX(X, Y )

∂X |X∗,Y ∗

+ η∂FX(X, Y )

∂Y |X∗,Y ∗

(6.265)

303

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6.8 Capitolo 6

η = ǫ∂FY (X, Y )

∂X |X∗,Y ∗

+ η∂FY (X, Y )

∂Y |X∗,Y ∗

(6.266)

In questo caso si ha che il punto (X∗, Y ∗) e asintoticamente stabile per ilsistema dato se il punto (ǫ∗, η∗) = (0, 0) e asintoticamente stabile per ilsistema linearizzato rappresentato dalla (6.265) e dalla (6.266) mentre se ilpunto (X∗, Y ∗) non e asintoticamente stabile per il sistema dato allora ilpunto (ǫ∗, η∗) = (0, 0) non e asintoticamente stabile per il sistema linea-rizzato. Piu formalmente si ha che una condizione di equilibrio (X∗, Y ∗) sidice essere asintoticamente stabile per un sistema dinamico se data unaqualunque soluzione (X(t), Y (t)) sono verificate le seguenti condizioni:

(1) la soluzione (X(t), Y (t)) e stabile ovvero si mantiene vicina alla condi-zione di equilibrio (X∗, Y ∗) se la condizione iniziale (X(0), Y (0)) e suf-ficientemente vicina alla condizione di equilibrio (X∗, Y ∗) ovvero ricadenel cosiddetto bacino di attrazione di questa;

(2) la seguente condizione e verificata:

limt→+∞(X(t), Y (t)) = (X∗, Y ∗) (6.267)

Perche la soluzione (ǫ∗, η∗) = (0, 0) del sistema linearizzato sia asintotica-

mente stabile per il sistema linearizzato nella X e nella Y e necessario esufficiente che siano soddisfatte le seguenti condizioni:

limt→+∞ǫ(t) = 0 (6.268)

limt→+∞η(t) = 0 (6.269)

Nel caso del sistema linearizzato rappresentato dalla (6.265) e dalla (6.266)la stabilita della soluzione (ǫ∗, η∗) = (0, 0) dipende dagli autovalori dellamatrice:

A =

(

∂FX(X,Y )∂X |X∗,Y ∗

∂FX(X,Y )∂Y |X∗,Y ∗

∂FY (X,Y )∂X |X∗,Y ∗

∂FY (X,Y )∂Y |X∗,Y ∗

)

(6.270)

Gli autovalori della matrice A sono i valori λ1 λ2 della variabile λ soluzionidella seguente equazione:

det(A− λI) = 0 (6.271)

Se si ha:

λ1 = γ1 + iω

λ2 = γ1 − iω

si ha che:

304

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6.8 Capitolo 6

- se γ1 < 0 e γ2 < 0 allora la soluzione (ǫ∗, η∗) e asintoticamente stabileper cui lo e anche la condizione di equilibrio (X∗, Y ∗) in modo che siabbia X → X∗ e Y → Y ∗ per t → +∞;

- se γ1 ≥ 0 o γ2 ≥ 0 (con γ1 + γ2 6= 0) allora la soluzione (ǫ∗, η∗) einstabile per cui la soluzione (X, Y ) si allontana dalla condizione diequilibrio (X∗, Y ∗);

- se γ1 = 0 e γ2 = 0 allora non si puo dire nulla in merito alla stabilitaasintotica o alla instabilita della soluzione (ǫ∗, η∗) e si puo solo verificareo la stabilita oppure l’esistenza o meno di una condizione di equilibrioindifferente.

Si fa notare che perche il sistema seguente:

(

ǫη

)

= A

(

ǫη

)

(6.272)

ammetta come sua soluzione di equilibrio la soluzione nulla

(

ǫη

)

=

(

00

)

(6.273)

la matrice A deve essere invertibile ovvero deve avere un determinantenon nullo. E immediato verificare come questa condizione sia soddisfat-ta, ad esempio, per le condizioni di equilibrio del modello di Lotka-Volterrasemplificato.

6.8.3 Il modello di Samuelson

Nel caso del modello di Samuelson si ha una popolazione di prede X euna di predatori Y le cui interazioni sono governate dalla seguenti equazionidifferenziali:

X = FX(X, Y ) = (a− αX − γY )X (6.274)

Y = FY (X, Y ) = (bX − β)Y (6.275)

nelle quali i parametri a, b, α, β e γ assumono valori strettamente positivi ehanno i significati visti nella sezione 4.3.1.Come abbiamo fatto per il modello di Lotka-Volterra semplificato (vedi lasezione 6.8.1) come primo passo si vogliono individuare le condizioni di equi-librio per le equazioni (6.274) e (6.275) e come secondo passo si vuole esami-nare il tipo di ciascuna condizione di equilibrio.Le condizioni di equilibrio sono le seguenti:

305

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6.8 Capitolo 6

(1) X∗1 = 0 Y ∗

1 = 0

(2) X∗2 = a

α= mX Y ∗

2 = 0

(3) X∗3 = β

b= mY Y ∗

3 = ab−αβ

γb= α

γ(mX −mY )

Dalla terza condizione di equilibrio si ricava il vincolo:

ab− αβ ≥ 0 (6.276)

che equivale al seguente:mX ≥ mY (6.277)

e che deriva dal fatto che deve ovviamente essere Y ∗3 ≥ 0.

A questo punto si deve calcolare la seguente matrice:

A =

(

∂FX(X,Y )∂X |X∗,Y ∗

∂FX(X,Y )∂Y |X∗,Y ∗

∂FY (X,Y )∂X |X∗,Y ∗

∂FY (X,Y )∂Y |X∗,Y ∗

)

(6.278)

Dal momento che si ha:

FX(X, Y ) = (a− αX − γY )X (6.279)

FY (X, Y ) = (bX − β)Y (6.280)

la matrice A risulta avere la struttura seguente:

A =

(

a− 2αX∗ − γY ∗ −γX∗

bY ∗ bX∗ − β

)

(6.281)

A questo punto si deve valutare la matrice A come A∗ in ognuno dei punti diequilibrio per ciascuno dei quali si calcolano gli autovalori ovvero le soluzionidella seguente equazione nell’incognita λ:

det(A∗ − λI) = 0 (6.282)

in modo da poter stabilire di che tipo sia ciascuna delle tre condizione diequilibrio.Nel caso della condizione:

(1) X∗1 = 0 Y ∗

1 = 0

si ha:

A =

(

a 00 −β

)

(6.283)

in modo che gli autovalori siano:

306

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6.8 Capitolo 6

λ1 = a > 0

λ2 = −β < 0

In questo caso la condizione di equilibrio e di tipo instabile.Nel caso della condizione:

(2) X∗2 = a

α= mX Y ∗

1 = 0

si ha:

A =

(

−a −γ aα

0 b aα− β

)

(6.284)

in modo che gli autovalori siano soluzioni della seguente equazione:

(−a− λ)(ba

α− β − λ) = 0 (6.285)

ovvero hanno i valori seguenti:

λ1 = −a < 0

λ2 = b aα− β = b( a

α− β

b) = b(mX −mY )

per cui questa condizione di equilibrio e asintoticamente stabile se e solose si ha mX < mY .Nel caso della condizione:

(3) X∗3 = β

b= mY Y ∗

3 = ab−αβ

γb= α

γ(mX −mY )

si ha:

A =

( −αβ

b−γ β

b

bαγ( aα− β

b) 0

)

(6.286)

in modo che gli autovalori siano soluzioni della seguente equazione:

λ2 + λαβ

b+ aβ − α

β2

b= 0 (6.287)

con il vincolo che sia:ab− αβ ≥ 0 (6.288)

ovvero:a

α− β

b≥ 0 (6.289)

I due autovalori hanno la seguente struttura:

λ1,2 = −αβ

2b±

√∆

2(6.290)

con:

∆ = α2β2

b2− 4

β

α(a

α− β

b) (6.291)

Si hanno i seguenti tre casi possibili:

307

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6.9 Capitolo 6

(1) ∆ < 0

(2) ∆ = 0

(3) ∆ > 0

Nel caso (1) dalla (6.290) si hanno due autovalori complessi coniugati diparte reale negativa per cui questa condizione di equilibrio in questo caso easintoticamente stabile.Nel caso (2) dalla (6.290) si hanno due radici reali negative e coincidentiper cui questa condizione di equilibrio in questo caso e asintoticamente

stabile.Nel caso (3) si hanno le condizioni seguenti:

λ1 + λ2 = −αβ

b< 0

λ1 ∗ λ2 = aβ − αβ2

b= β

b(ab− αβ) ≥ 0 per la (6.288).

Se si ha λ1 ∗ λ2 > 0 i due autovalori sono di segno concorde e negativi (perla prima condizione) per cui questa condizione di equilibrio in questo caso easintoticamente stabile. Questa condizione si verifica se si ha ab−αβ > 0ovvero se si ha a

α− β

b> 0 ovvero mX > mY .

Se si ha λ1 ∗ λ2 = 0 ovvero si ha mX = mY si ha un autovalore nullo euno reale e negativo per cui non si puo dire nulla sulla stabilita asintotica diquesta condizione di equilibrio in questo caso se non che puo trattarsi di unacondizione di equilibrio stabile o indifferente.

6.9 Ulteriori dettagli sulle equazioni differen-

ziali del secondo ordine

Supponiamo di avere la seguente equazione differenziale del secondoordine:

y = t (6.292)

La (6.292) definisce una accelerazione crescente nel tempo per cui e intuitivoprevedere che la y(t) non possa tendere ad un valore finito per t → +∞.Per risolvere la (6.292) si puo procedere in due modi:

(1) con una doppia integrazione diretta,

(2) determinandone la soluzione generale come somma della soluzione del-l’equazione omogenea associata e di una soluzione particolare della(6.292).

308

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6.9 Capitolo 6

Seguendo il primo modo si ha, in successione:

y =t2

2+ C1 (6.293)

y =t3

6+ C1t + C2 (6.294)

Seguendo il secondo modo si ha:

y(t) = yo(t) + yp(t) (6.295)

nella quale la yo(t) e soluzione della seguente equazione differenzialeomogenea:

y = 0 (6.296)

per cui ha la forma seguente:

yo(t) = C1t+ C2 (6.297)

con C1 e C2 costanti arbitrarie dipendenti dalle condizioni iniziali.Data la forma della (6.292) come yp(t) si puo prendere una soluzione aventela forma seguente:

yp(t) = kt3 (6.298)

Sostituendo nella (6.292) si ha:

y = 6kt = t (6.299)

dalla quale si ricava k = 1/6 per cui la soluzione particolare cercata e laseguente:

yp(t) =1

6t3 (6.300)

in modo tale che sia:

y(t) = yo(t) + yp(t) =t3

6+ C1t+ C2 (6.301)

come soluzione generale dell’equazione differenziale data coincidente con la(6.294).Considerazioni analoghe possono essere fatte se la nostra equazionedifferenziale del secondo ordine ha la forma seguente:

y = f(t) (6.302)

309

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6.9 Capitolo 6

a patto di essere in grado di integrare la funzione f(t). In questo caso siottiene:

y(t) =

(

f(t)dt)dt+ C1t+ C2 (6.303)

Supponiamo invece che la nostra equazione differenziale del secondo ordineabbia la forma seguente:

y = f(t, y, y) (6.304)

e analizziamo i due casi seguenti nei quali l’equazione differenziale del secondoordine puo essere ricondotta ad una equazione del primo ordine:

(1) la funzione f non dipende da y;

(2) la funzione f non dipende da t.

Nel caso (1) si ha:y = f(t, y) (6.305)

In questo caso si puo procedere introducendo una variabile ausiliaria z inmodo che sia y = z e quindi y = z. In questo modo la (6.305) assume laforma seguente:

z = f(t, z) (6.306)

ovvero l’equazione differenziale originaria del secondo ordine in y si e trasfor-mata in una equazione differenziale del primo ordine in z all cui risoluzione sipossono applicare i metodi visti nel capitolo 2. Un volta ricavata la soluzionez = φ(t, C1) e possibile ricavare la soluzione cercata y con ulteriore passo diintegrazione in modo da ottenere:

y =

φ(t, C1)dt+ C2 (6.307)

Come notato nel capitolo 2 la (6.306) puo essere risolta con il metodo delfattore integrale a patto che si sappiano calcolare i necessari integrali. Sequesto non e possibile la z viene ricavata in forma implicita e questo ciimpedisce di ricavare una espressione per la y (il cui calcolo, in ogni caso,richiede il calcolo di un integrale).

Esercizio 6.9.1 Si applichi il metodo presentato nei paragrafi precedenti perrisolvere la seguente equazione differenziale del secondo ordine:

y +y

t= t (6.308)

310

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6.10 Capitolo 6

Nel caso (2) si ha:y = f(y, y) (6.309)

In questo caso si puo procedere introducendo una funzione incognita comestruttura della variabile y in modo da porre:

y = p = p(y) (6.310)

e quindi:

y = p =dp(y)

dt(6.311)

Se si considera la seguente catena di uguaglianze:

dp(y)

dt=

dp

dy

y

dt=

dp

dyy =

dp

dyp (6.312)

si ha:

y =dp

dt=

dp

dyp (6.313)

In questo modo la (6.309) assume la forma seguente:

dp

dyp = f(y, p) (6.314)

ovvero assume la forma di una equazione differenziale del primo ordine nellavariabile p vista come funzione della y. Con i metodi visti nel capitolo 2 sipuo ricavare la p come:

p = φ(y, C1) (6.315)

in modo da poter riscrivere la (6.310) nella forma seguente:

dy

dt= p = φ(y, C1) (6.316)

da cui e possibile ricavare:dy

φ(y, C1)= dt (6.317)

e infine:∫

dy

φ(y, C1)= t+ C2 (6.318)

In questo caso i passi difficili sono rappresentati dal calcolo della funzione pe poi dal calcolo dell’integrale a primo membro della (6.318).

Esercizio 6.9.2 Si applichi il metodo presentato nei paragrafi precedenti perrisolvere la seguente equazione differenziale del secondo ordine:

2yy + y2 = 0 (6.319)

311

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6.10 Capitolo 6

6.10 Oltre il numero due

Fino a questo punto abbiamo esaminato equazioni differenziali del secon-do ordine e sistemi di due equazioni differenziali del primo ordine. Abbiamoanche esaminato le relazioni esistenti fra le prime e i secondi in modo dacapire come entrambe siano associabili a modelli in cui sono presenti duelivelli.Dagli esempi fatti nelle sezioni precedenti e dall’analisi teorica svolta fino aquesto punto dovrebbe essere chiaro che:

(1) da una equazione differenziale del secondo ordine si passa sempre a dueequazioni differenziali del primo ordine;

(2) il passaggio inverso e possibile solo se almeno una delle due equazionidifferenziali del primo ordine dipende dall’altra;

(3) una equazione differenziale del secondo ordine e il corrispondente si-stema di due equazioni del primo ordine sono equivalenti nel sensoche:

(3a) la soluzione dell’equazione differenziale del secondo ordine coinci-de con una delle soluzioni delle equazioni differenziali del primoordine,

(3b) la soluzione dell’altra equazione differenziale del primo ordine e inrelazione con la derivata della soluzione dell’equazione differenzialedel secondo ordine.

Il passo successivo e quello di passare ad una equazione differenziale del terzoordine quale la seguente:

...u (t) + a(t)u(t) + b(t)u(t) + c(t)u(t) = f(t) (6.320)

per la quale valgono le considerazioni fatte per le equazioni differenziali delsecondo ordine. Anche in questo caso la funzione f(t) rappresenta una sol-lecitazione esterna i cui effetti si sommano (per la linearita) all’andamentodella u(t) in assenza di detta sollecitazione ovvero in autonomia. Come sie visto nel caso delle equazioni differenziali del secondo ordine il caso piusemplicee quello in cui i coefficienti a, b e c sono delle costanti che non dipen-dono dal tempo e, contemporaneamente, la sollecitazione esterna e assentein modo che la (6.320) assuma la forma seguente:

...u (t) + au(t) + bu(t) + cu(t) = 0 (6.321)

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6.10 Capitolo 6

Nella (6.321) le derivate del primo e del secondo ordine sono ancora assimi-labili, rispettivamente, ad una velocita e ad una accelerazione riferite allavariabile u(t) mentre alla derivata terza non si riesce ad attribuire un corri-spondente significato fisico. La soluzione generale della (6.321) dipende datre costanti arbitrarie per cui il calcolo di una soluzione completamente spe-cificata della (6.321) richiede che si abbiano tre condizioni iniziali ovvero chesi conoscano i valori u(0), u(0) e u(0).Per risolvere la (6.321) si hanno, similmente a quanto visto per le equazionidifferenziali del secondo ordine, si hanno due approcci:

(1) approccio diretto

(2) approccio indiretto

Secondo l’approccio diretto si cerca una soluzione della (6.321) mediantela soluzione dell’equazione caratteristica associata che ha la forma seguente:

λ3 + aλ2 + bλ + c = 0 (6.322)

Il procedimento di soluzione prevede che si calcolino le soluzioni della (6.322),ovvero gli autovalori, in base alle quali si ricavano gli autovettori in modo dadeterminare la soluzione u(t) come combinazione lineare degli autovettori edi termini esponenziali dipendenti dagli autovalori.Analogamente a quanto visto nel caso delle equazioni caratteristiche associatealle equazioni differenziali del secondo ordine nel caso della (6.322) si possonoindividuare i casi seguenti:

(1) una radice reale e due complesse coniugate;

(2) tre radici reali

(2a) distinte,

(2b) due coincidenti e una distinta,

(2c) tre coincidenti.

In ogni caso l’elemento qualificante e il segno della parte reale di tali radici. Setale segno e negativo si hanno soluzioni decrescenti o con oscillazioni smorzatenel tempo mentre se tale segno e positivo si hanno soluzioni crescenti o conoscillazioni crescenti nel tempo.Un caso particolare degno di nota si ha se c = 0. In questo caso la (6.321)assume la forma seguente:

...u (t) + au(t) + bu(t) = 0 (6.323)

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6.10 Capitolo 6

che si presta ad una riduzione di ordine se si introduce una variabile ausiliariau = w, In questo modo la (6.323) assume la forma seguente:

w(t) + aw(t) + bw(t) = 0 (6.324)

dalla quale si ricava prima l’espressione della w(t) con le tecniche viste per leequazioni differenziali del secondo ordine e poi, con una integrazione, quelladella u(t).Secondo l’approccio indiretto si deve riscrivere l’equazione data comeun sistema di tre equazioni differenziali del primo ordine. Se si riprendel’equazione data:

...u (t) + au(t) + bu(t) + cu(t) = 0 (6.325)

questo approccio richiede che si introducano le seguenti variabili ausiliarie:

u = v

u = v = w

...u = w

Le variabili ausiliarie ci permettono di trasformare la (6.325) nel seguentesistema di equazioni differenziali del primo ordine:

u = v (a)v = w (b)

w = −cu− bv − aw (c)(6.326)

che puo essere riscritto nella forma seguente, con le ovvie corrispondenze:

U = AU (6.327)

dove la matrice A ha la struttura seguente:

A =

0 1 00 0 1−c −b −a

(6.328)

Se ora si imposta la seguente equazione nell’incognita λ:

det(A− λI) = 0 (6.329)

con semplici calcoli si arriva ad una equazione nell’incognita λ identica alla(6.322).Anche in questo caso si ha quindi una corrispondenza fra una equazione

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6.11 Capitolo 6

differenziale del terzo ordine e tre equazioni differenziali del primo ordineanaloga a quella che abbiamo visto esistere fra le equazioni differenziali delsecondo ordine e i sistemi di due equazioni differenziali del primo ordine.Se, d’altra parte, si hanno tre equazioni differenziali del primo ordine (aciascuna delle quali puo essere fatto corrispondere un modello Vensim conun solo livello) si hanno i casi seguenti:

- le tre equazioni sono fra di loro indipendenti,

- due equazioni sono legate fra di loro mentre la terza e indipendentedalle altre due,

- le tre equazioni sono fra di loro dipendenti.

Nel primo caso si hanno tre modelli senza interazioni reciproche per cui non epossibile combinare in alcun modo le tre equazioni, nel secondo caso solo duedelle tre equazioni possono essere combinate fra di loro in modo da definireuna equazione differenziale del secondo ordine mentre nel terzo caso si ottieneuna equazione differenziale del terzo ordine combinando in modo opportunole tre equazioni date. Si ritiene degno di nota il fatto che in genere si usa latrasformazione da una equazione differenziale del terzo ordine in un sistemadi tre equazioni differenziali del primo ordine (in modo da determinare unmodello Vensim sul quale eseguire delle simulazioni) mentre la trasformazioneinversa non viene quasi mai utilizzata.Discorsi analoghi valgono nel caso di una equazione differenziale di ordinen alla quale corrisponde, con la tecnica vista, un sistema di n equazionidel primo ordine. Va da se che in questo caso l’equazione caratteristica e diordine n ed ha n radici. Anche in questo caso le radici sono o reali o complesseconiugate a coppie in modo che le radici reali o le parti reali determinano gliandamenti o gli inviluppi e le parti immaginarie determinino gli andamentioscillatori.

6.11 Modelli ed equazioni differenziali: com-

menti conclusivi

Nel capitolo 2 abbiamo visto le equazioni differenziali del primo ordine. Inquesto caso abbiamo visto che esiste una tecnica generale, ovvero il metododel fattore integrale, che ci permette di risolvere equazioni differenziali delprimo ordine aventi la forma seguente:

L(t) + a(t)L(t) = f(t) (6.330)

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6.11 Capitolo 6

con valore iniziale L(0) e nella quale a(t) e f(t) dipendono solo dal tempo t.Nel capitolo 2 si e visto che:

(1) se f(t) = 0 la (6.330) descrive un sistema privo di sollecitazioni esternecon una condizione di equilibrio L(t) = 0 che puo essere di tipo stabile,asintoticamente stabile o instabile;

(2) una funzione f(t) 6= 0 rappresenta una sollecitazione esterna a talesistema i cui effetti si sovrappongono a quelli che si hanno in assenzadi detta sollecitazione;

(3) se nel caso in cui sia f(t) = 0 la (6.330) non puo mostrare andamenti ditipo oscillatorio ma tali andamenti possono essere imposti dall’esternoutilizzando una forma opportuna alla f(t) 6= 0 in modo da forzare ladinamica del sistema nei modi voluti;

(4) se la variabile L(t) puo essere associata ad un livello si ha che la L(t)individua il flusso associato a tale livello per cui la (6.330) puo essereassociata ad un modello contenente un solo livello la cui equazione dibilancio ha la forma seguente:

L(t) = −a(t)L(t) + f(t) (6.331)

e la cui struttura e di facile determinazione mentre l’esecuzione dellesimulazioni richiede la conoscenza esplicita della struttura delle funzionia(t) e f(t).

Le cose non cambiano molto se si ha un certo numero di equazioni diffe-renziali aventi la stessa struttura della (6.330). In questi casi le equazionidifferenziali sono fra di loro indipendenti in modo che possano essere risolteuna indipendentemente dalle altre. Le cose iniziano a complicarsi se le varieequazioni non sono fra di loro indipendenti ma mostrano un certo numero dilegami che definiscono le dipendenze fra le equazioni.Nelle altre sezioni di questo capitolo abbiamo visto diffusamente cosa accadenel caso di due equazioni differenziali del primo ordine. Se, ad esempio, sihanno le due equazioni differenziali seguenti:

L1(t) + a1(t)L1(t) = f1(t) (6.332)

L2(t) + a2(t)L2(t) = f2(t) (6.333)

si possono avere i casi seguenti:

- se f1 dipende solo da L2 e f2 dipende solo da L1 le due equazionipossono essere messe in corrispondenza con una equazione differenzialelineare del secondo ordine;

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6.11 Capitolo 6

- tali dipendenze possono coinvolgere rispettivamente anche L1 e L2 inmodi additivi (in modo da preservare la linearita) oppure moltiplicativi(in modo che la linearita non sia mantenuta);

- se le equazioni non sono lineari le tecniche viste non sono utilizzabilie un modo possibile di ricavare una soluzione e quello di ricorrere atecniche di linearizzazione.

Nel caso delle equazioni del secondo ordine non omogenee in genere non esisteun metodo tipo quello del fattore integrale per le equazioni differenziali delprimo ordine. Considerazioni analoghe valgono per equazioni differenziali diordine superiore al secondo. Data la natura e lo scopo delle presenti notenon approfondiremo oltre la trattazione di questi argomenti rimandando aitesti di Analisi Matematica per ulteriori approfondimenti.

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