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Capitolo 6 Capitolo 6 Il RISCHIO NEL GOVERNO Il RISCHIO NEL GOVERNO DELL DELL IMPRESA, TRA SENSO, IMPRESA, TRA SENSO, SUPERAMENTO ED ELUSIONE SUPERAMENTO ED ELUSIONE DEL LIMITE DEL LIMITE

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Capitolo 6Capitolo 6

Il RISCHIO NEL GOVERNO Il RISCHIO NEL GOVERNO DELLDELL’’IMPRESA, TRA SENSO, IMPRESA, TRA SENSO,

SUPERAMENTO ED ELUSIONE SUPERAMENTO ED ELUSIONE DEL LIMITEDEL LIMITE

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Prof. G. M. Golinelli Volume 2 (2011) – Capitolo VI 2

IndiceIndice6.1. Brevi cenni sul concetto di rischio in generale6.2. Impresa, rischio e dinamica di contesto: una lettura storico-evolutiva6.3. Impresa e rischio, tra ottica finanziaria ed ottica industriale o aziendale6.4. Governo e gestione del rischio: uno schema di analisi6.5. Dalla scomposizione e categorizzazione del rischio alla rilevazione ed

identificazione dei rischi6.5.1. Utilità e limiti di una tipica tassonomia dei rischi d’impresa6.5.2. Una tassonomia preferibile ai fini del governo dell’impresa: rischio aleatorio e rischio di non conoscenza

6.6. L’analisi del rischio, tra comprensione e misurazione6.7. Dalla valutazione del rischio alla pianificazione degli interventi6.8. Il trattamento del rischio: opzioni percorribili e criteri di scelta

6.8.1. Principali logiche di intervento sul rischio6.8.2. Rischio e diversificazione di output, input ed attività aziendali6.8.3. Dal risk shifting o hedging interno ed esterno al risk sharing6.8.4. Approcci di precauzione in condizioni d’incertezza, tra misurazione, decisione e cultura del rischio

6.9. Dal trattamento specifico del rischio al capitale allocato: rischi inerenti, rischi residui e loro controllo/monitoraggio

6.10. Il capitale allocato, presidio ultimo del rischio d’impresa, e la sua determinazione6.10.1. Il capitale allocato, tra governo del rischio e go-verno del sistema impresa6.10.2. Verso la determinazione del capitale allocato6.10.3. Dal capitale allocato al valore economico creato dall’impresa6.10.4. Il capitale allocato, tra ricerca dell’adeguata capi-talizzazione, sviluppo del sistema impresa e governo dei rapporti intersistemici

6.11. Considerazioni conclusive

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6.1. Brevi cenni sul concetto di rischio in generale6.1. Brevi cenni sul concetto di rischio in generale• Il rischio è uno dei motivi per cui l’azione di governo non può essere

completamente incardinata nelle ferree specificazioni della scientificazione computazionale

• Per rischio s’intende, in estrema sintesi, l’esposizione di un’entità(un soggetto, un’attività o un obiettivo/risultato) ad eventi/dinamiche possibili, in grado di modificarne più o meno significativamente lo stato

• Determinanti di base del rischio:– sul piano obiettivo:

• non autosufficienza di individui ed organizzazioni (esistenza dell’ambiente e necessità di avere rapporti con un qualche contesto) ed esistenza del tempo che distanzia gli effetti dalle decisioni, i risultati dagli obiettivi

– sul piano soggettivo:• imperfetta informazione, limiti cognitivi e peculiarità concrete dei processi

decisionali, che non sono mai dotati di razionalità assoluta e onnisciente

• Pur pervasivo ed immanente (non si può concretamente raggiungereuna situazione di «rischio zero»), il rischio non è però invariante neltempo né tra soggetti (esistono quindi spazi di manovra per fronteggiarlo)

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6.1. Brevi cenni sul concetto di rischio in generale6.1. Brevi cenni sul concetto di rischio in generale• Il rischio non è un fenomeno oggettivo tangibile, ma un

costrutto, frutto pur sempre di una elaborazione soggettiva, portato della cultura del soggetto percettore. Ne discende l’importanza del punto di vista adottato, che sottende sempre un qualche atteggiamento di fondo verso eventi possibili, non certi

• Tali atteggiamenti possono essere distinti in:–avversione al rischio (concezione negativa del rischio e tendenza

ad evitarlo)–propensione al rischio (concezione anche favorevole del rischio

in vista del conseguimento di un qualche beneficio sperato)ed in:

–passività verso il rischio (tendenza a soggiacere al rischio, senza tentare di modificare la situazione rischiosa)

–attivismo nei confronti del rischio (capacità e/o convinzione circa la possibilità di modificare una situazione rischiosa)

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6.2. Impresa, rischio e dinamica di contesto: una lettura 6.2. Impresa, rischio e dinamica di contesto: una lettura storicostorico--evolutivaevolutiva

• In merito al rischio d’impresa, si sostengono sovente due proposizioni tra loro distinte e solo in parte complementari:– l’impresa è una realtà tipicamente qualificata da una

significativa propensione al rischio– l’impresa è un attore che tenta continuamente di eliminare o

ridurre il rischio sostenuto

• Per capire il legame tra impresa, suo governo e rischio, giova considerare la dinamica dell’impresa nel tempo:– l’esposizione dell’impresa al rischio è generalmente

crescente nel tempo, per via del dinamismo ambientale (aspetti di mercato, tecnologici, sociali ecc.)

– diversa invece può essere la disponibilità dell’istituzione impresa ad assumersi il rischio e le modalità prevalenti adottate per fronteggiarlo

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6.2. Impresa, rischio e dinamica di contesto: una lettura 6.2. Impresa, rischio e dinamica di contesto: una lettura storicostorico--evolutivaevolutiva

• Imprenditore-capitalista (XVIII sec.): forte propensione al rischio (investimenti fissi, produzione anticipata rispetto alla vendita, divisione del lavoro ecc.) rispetto alle previgenti forme di conduzione dell’attivitàeconomica (economia curtense, bottega artigiana, commercio ambulante di vicinato…)

• Imprenditore innovatore (Shumpeter): forte propensione al rischio (ricerca costante di invenzioni ed innovazioni, con ritorni temporanei erosi prima o poi dalla concorrenza)

• Grande impresa industriale fordista: forte propensione al rischio (meccanizzazione, standardizzazione di metodi e tempi, assunzione stabile del fattore lavoro ecc.)

• Con l’affermazione del fordismo (inizio XX sec.), però, la predisposizione al rischio inizia ad affievolirsi. L’avvento del capitalismo managerialeinduce a maggiore prudenza sul versante sia industriale che finanziario, in modo da rendere più sicura la permanenza dell’organo di governo manageriale e non alterare i rapporti con la proprietà, relegata a ruolo di investitore finanziario mediato dai mercati finanziari

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6.2. Impresa, rischio e dinamica di contesto: una lettura 6.2. Impresa, rischio e dinamica di contesto: una lettura storicostorico--evolutivaevolutiva

• Nel capitalismo manageriale come nella successiva transizione al capitalismo finanziario, l’impresa diventa quindi più riluttante al rischio e riesce a competere anche sui mercati internazionali spesso grazie alla «protezione» del rispettivoStato nazionale, sovente mediatore anche nei rapporti traimpresa, lavoratori, sindacati e consumatori

• Negli ultimi decenni, la complessità ambientale è sempre piùampia. Pur oggetto di forti sollecitazioni, l’impresa mantieneun atteggiamento di prevalente riluttanza al rischio, avendogioco sovente facile nel ribaltare il rischio verso altri sistemi. Ciò per diversi motivi:

– declino dello Stato nazionale; inasprimento della competizionesovranazionale; stagnazione nei mercati reali occidentali; sempremaggiore integrazione della finanza su scala mondiale; accorciamento del ciclo di vita dei prodotti; innovazioni tecnologichesempre più frequenti ma meno chiare nei loro esiti; montanteindividualismo nei consumatori e nei lavoratori ecc.

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6.2. Impresa, rischio e dinamica di contesto: una lettura 6.2. Impresa, rischio e dinamica di contesto: una lettura storicostorico--evolutivaevolutiva

• Secondo la teoria sociale o sociologica del rischio, siamo approdati negli ultimi anni alla «società globaledel rischio»

• Si tratta della transizione:– da una società con un assetto a rischio socialmente concentrato in

capo a poche istituzioni (poteri pubblici, impresa, sindacato, Chiesaecc.)

– ad una società con un assetto a rischio socialmente distribuito a livello sempre più individuale, in cui le istituzioni competono con i singoli nel ripartirsi rischi temuti e non desiderati

• L’impresa, in origine istituto con significativa tolleranza e disponibilità verso il rischio, finisce cosìper ridurre la delega di rischi (e potere decisionale) ricevuta dal contesto

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6.3. Impresa e rischio, tra ottica finanziaria ed ottica 6.3. Impresa e rischio, tra ottica finanziaria ed ottica industriale o aziendaleindustriale o aziendale

• Il legame tra impresa e rischio dipende non solo dall’evoluzione del contesto, ma pure dalla cultura dei decisori. Emergono cosìalmeno due fondamentali logiche o visioni del rischio d’impresa:

– industriale (o aziendalistica)– finanziaria

• La visione finanziaria del rischio d’impresa:– sorge storicamente prima di quella industriale– deriva dalla teoria della finanza (prima classica e poi moderna) e

presuppone quindi il punto di vista di un generico investitore, più che di un vero soggetto imprenditoriale

– vede l’impresa come una black box o come un portafoglio d’investimenti(attività reali ed anche finanziarie)

– si basa sulla «legge dei grandi numeri»– sostiene di conseguenza la possibilità di:

• compiuta quantificazione del rischio tramite ricorso a misure statistiche• ridurre il rischio d’impresa tramite diversificazione/moltiplicazione delle

attività aziendali– distinzione tra rischio specifico (che è riducibile) e rischio sistematico

(irriducibile) (vedere il grafico sul testo)

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6.3. Impresa e rischio, tra ottica finanziaria ed ottica 6.3. Impresa e rischio, tra ottica finanziaria ed ottica industriale o aziendaleindustriale o aziendale

• La visione industriale del rischio d’impresa:– concepisce il rischio d’impresa in modo unitario, sistemico, dinamico,

complesso, non del tutto eliminabile né riducibile, solo idealmente pensabile come derivante:

•anzitutto dai rischi: 1) d’investimento in asset di incerto recupero (funzione della domanda da servire); 2) d’esercizio (prezzi e qualità degli input correnti; produttività interna); 3) di mercato (prezzo del prodotto realizzato)

•4) conseguentemente, dal rischio del finanziamento tramite debito e, stante l’odierna volatilità dei mercati finanziari, anche tramite capitale di rischio

– coglie nel rischio l’esito dell’incontro e scontro nel tempo tra il dinamismo ambientale e il ritmato alternarsi di sostanziale invarianza e di modificazioni della struttura d’impresa

– si focalizza non tanto sulla quantificazione dell’esposizione al rischio, quanto sul governo del rischio stesso, il quale implica un’incessante assunzione ovvero veicolazione all’esterno di quelle componenti di rischio ritenute, rispettivamente, più o meno facilmente fronteggiabili dalle competenze incorporate nella struttura aziendale

– pone il rischio come una delle determinanti essenziali della creazione sostenibile di valore nel tempo (rischio come fattore della produzione)

• Le due visioni, entrambe affette da limiti, vanno tra loro integrate. L’adozione soltanto della prima, in ogni caso, snatura funzione e ruolo del sistema impresa

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6.4. Governo e gestione del rischio: uno schema di analisi6.4. Governo e gestione del rischio: uno schema di analisi

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• Lo schema sottende alcune importanti distinzioni:– Governo del rischio (risk governance)

• definire la complessiva propensione al rischio del sistema impresa (strategia del rischio); instillare un’adeguata cultura del rischio nella struttura operativa; preordinare la gestione del rischio in modo che preveda un mix equilibrato (o adatto alla situazione) delle varie fasi e soluzioni; occuparsi direttamente dei casi rischiosi piùconsistenti e preoccupanti (grandi rischi); impegnarsi costantemente nella stima di un indicatore sintetico della rischiosità complessiva aziendale (capitale allocato)

– Gestione del rischio (risk management)• realizzare le singole fasi del processo di fronteggiamento

della singola fattispecie di rischio di volta in volta isolata

• Si distingue pure tra rischio aleatorio e rischio di non conoscenza nonché tra rischio inerente e residuo (sui quali si torna oltre)

6.4. Governo e gestione del rischio: uno schema di analisi6.4. Governo e gestione del rischio: uno schema di analisi

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6.5. Dalla scomposizione e categorizzazione del 6.5. Dalla scomposizione e categorizzazione del rischio alla rilevazione ed identificazione dei rischirischio alla rilevazione ed identificazione dei rischi• La rilevazione è la prima tappa del processo di

fronteggiamento del rischio. Non esistono regole codificate e tassative. La capacità di cogliere un rischio è legata comunque ad aspetti organizzativi (esistenza nell’impresa di un adeguato apparato sensorio) ed inviduali(cultura, attenzione ed esperienza pregressa dei singoli)

• Segue l’identificazione, con cui si tenta di classificare e riconoscere il singolo rischio riconducendolo a fattispecie astratte più o meno codificate. Sono qui utili apposite tassonomie, da intendere comunque come relative, temporanee e mai esaustive

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6.5.1. Utilit6.5.1. Utilitàà e limiti di una tipica tassonomia dei e limiti di una tipica tassonomia dei rischi drischi d’’impresaimpresa

• Moltissime sono classificazioni basate su dicotomie:– rischio solamente negativo (detto puro, cioè foriero solo di

minacce) versus rischio anche positivo (detto speculativo, cioè foriero anche di opportunità)

– rischio negativo in senso assoluto (danni e perdite nette) ovvero in senso relativo (risultati inferiori ad attese e/o obiettivi)

– rischi di condizione versus d’azione– rischio esogeno (fatalità, pericolo non controllabile) versus

rischio anche endogeno (mix di eventi esterni e scelte compiute dall’entità esposta)

– rischi specifici o idiosincratici, sistematici o sistemici– rischi fisico-naturali, sociali, politici, economici, operativi,

cognitivi ecc.– rischi secondo «area gestionale» di origine e/o impatto

(rischi commerciali, di produzione, di scelta finanziaria, legati ai rapporti di fornitura ecc.)

– …

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6.5.1. Utilit6.5.1. Utilitàà e limiti di una tipica tassonomia dei rischi e limiti di una tipica tassonomia dei rischi dd’’impresaimpresa

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6.5.2. Una tassonomia preferibile ai fini del governo dell6.5.2. Una tassonomia preferibile ai fini del governo dell’’impresa: impresa: rischio aleatorio e rischio di non conoscenzarischio aleatorio e rischio di non conoscenza

• Classificazione basata sulla più o meno agevole determinabilità e quantificazione di un rischio:– Rischio aleatorio:

• «rischi di eventi che hanno natura ricorrente e per i quali dunque possono essere formulate leggi statistiche di probabilità sulla base delle frequenze rilevate con l’esperienza»

• il decisore riesce ad individuare gli eventi, a stabilire la loro probabilità di manifestazione e, quindi, a valutare razionalmente le possibili conseguenze del loro verificarsi sui risultati attesi

– Rischio di non conoscenza:• consegue sia ad eventi del tutto ignoti sia ad eventi dei

quali l’organo di governo dell’impresa riesce a stimare le possibilità d’accadimento e le eventuali conseguenze sui risultati attesi, anche perché l’evento stesso può essere interrelato con altri eventi

• rientra quindi sia il rischio di ignoranza in senso stretto, sia il rischio di insufficiente capacità ad analizzare compiutamente il rischio aleatorio

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6.6. L6.6. L’’analisi del rischio, tra comprensione e misurazioneanalisi del rischio, tra comprensione e misurazione• L’analisi del rischio è il momento in cui il singolo tipo di rischio

viene meglio specificato, qualitativamente e/o quantitativamente

• Una formula di riferimento:

– P: possibilità d’accadimento. Può essere stimata come frequenza d’accadimento (se è applicabile la legge dei grandi numeri, ossia dati storici omogenei e ancora validi per il futuro prossimo) o come probabilità frutto di simulazioni più o meno complesse

– I: impatto o gravità (effetto del manifestarsi dell’eventualità)

• Utile principalmente a fini di misurazione• Misura più la volatilità o esposizione al rischio (che è un sintomo

del rischio) che il rischio in sé. Non aiuta molto a comprendere come e perché sussiste il rischio considerato né ad anticipare l’evento critico

I(x)P(x)Risk(x) iii •=

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6.6. L6.6. L’’analisi del rischio, tra comprensione e misurazioneanalisi del rischio, tra comprensione e misurazione• Matrice o mappa del rischio come strumento d’analisi

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6.7. Dalla valutazione del rischio alla pianificazione 6.7. Dalla valutazione del rischio alla pianificazione degli interventidegli interventi

• La valutazione è un esame più complessivo e qualitativo del rischio, che consente di tenere conto di aspetti connessi all’interazione tra rischi diversi e/o non catturabili dalla formula R = P x I

• Una impostazione utile:

– F: le cause o fattori di rischio (esogeni)– N: nessi, cioè motivi (endogeni) che rendono una o più

cause significative rispetto allo specifico soggetto– E: attese o aspettative– T: tolleranze o tollerabilità– A: reattività

xii A ;T ;E ;N ;FRisk(x)−−−++

=

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6.8. Il trattamento del rischio: opzioni percorribili e 6.8. Il trattamento del rischio: opzioni percorribili e criteri di sceltacriteri di scelta

• Il trattamento è il momento, diverso dalla analisi/misurazione, dell’intervento più modificativo rispetto ad un certo rischio

• In una corretta logica del rischio, i trattamenti devono essere tutti previsionali, cioè individuati ed adottati ex ante rispetto all’eventuale verificarsi dell’evento possibile

• I trattamenti (tutti previsionali) del rischio possono però essere preventivi oppure protettivi (detti pure mitigatori o rimediali)

• Visualizzazione di tali fondamentali strategie di trattamento sulla curva di isorischio

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6.8. Il trattamento del rischio: opzioni percorribili e 6.8. Il trattamento del rischio: opzioni percorribili e criteri di sceltacriteri di scelta

• Gli operatori tendono spesso a privilegiare i trattamenti protettivi, piùsemplici da adottare ma talora meno efficaci di quanto si crede. Èinvece opportuna una preferenza condizionata per la prevenzione

• Altri criteri guida:– ricercare più di un trattamento per ciascun tipo di rischio– (nel caso di rischi non finanziari) scegliere trattamenti incidenti non solo sulla

perdita economica, ma pure a monte, sul danno reale– orientarsi su trattamenti che sottendano un atteggiamento non solo reattivo, ma

anche proattivo, rispetto all’evento rischioso– considerare la fattibilità tecnica e la convenienza economica di ciascun

trattamento, evitando però di contrapporre l’adozione del trattamento al suo costo (facendo così, si possono adottare soluzioni a basso costo ma poco efficaci, come nel caso di abuso di polizze assicurative)

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6.8.1. Principali logiche di intervento sul rischio6.8.1. Principali logiche di intervento sul rischio• Principali strategie di fronteggiamento del rischio

(combinazione dei vari trattamenti da adottare): – evitamento del fattore di rischio: completa rinuncia all’attività esposta

al rischio (soluzione spesso impraticabile o troppo punitiva per l’impresa)

– contenimento/riduzione delle possibilità di accadimento (prevenzione)– contenimento/riduzione del danno (protezione):

• trasferimento assicurativo esterno (es. polizze assicurative)• assicurazione interna o auto-assicurazione (fondi passivi per oneri e

rischi)• trasferimento esterno non assicurativo (traslazione del rischio per via

negoziale ad altro soggetto non assicurativo)– accettazione/ritenzione/elusione del rischio: decisione di sopportare il

rischio senza apportargli sostanziali modificazioni, bensìconfigurando condizioni psicologiche che lo rendono sopportabile

• La seconda e terza strategia sono più efficaci e sostenibili a fronte di rischi essenzialmente aleatori. Al crescere del peso dei rischi di non conoscenza, occorrono le altre logiche

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6.8.2. Rischio e diversificazione di 6.8.2. Rischio e diversificazione di outputoutput, , inputinput ed attivited attivitàà aziendaliaziendali

• La diversificazione soprattutto di prodotti, ma anche di input, risorse ed attività operative, è sovente ritenuta una strategia di fronteggiamento dei vari rischi aziendali

• Questa impostazione è coerente soprattutto con la visione finanziaria dell’impresa e del rischio: incrementando volumi, dimensioni e varietà di attività aziendali, si ritiene infatti di ridurre l’incidenza di eventi avversi

• Nel tempo, si è tuttavia osservato che la diversificazione non migliora concretamente e in modo diretto il controllo e la modificazione di un certo rischio, ma cerca di contenere l’esito economico del verificarsi di fatti negativi

• Si tratta quindi di una soluzione che può risultare inefficace (perché le attività aziendali, specie quelle reali, sono tra loro spesso correlate) e che non migliora le capacità di analisi e trattamento del rischio, specie in ottica di prevenzione

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6.8.3. Dal 6.8.3. Dal riskrisk shiftingshifting o o hedginghedging interno ed esterno al interno ed esterno al riskrisk sharingsharing• Risk shifting (modificazione del rischio)

– trasformazione di un tipo di rischio in uno o più altri tipi sostituendo l’attività a rischio con un’altra attività o con una transazione con l’esterno, in genere con sostenimento di un qualche costo aggiuntivo

• se esterno, la trasformazione avviene tramite trasferimento/scambio di rischi

• Risk hedging (copertura del rischio)– differisce dallo shifting solo perché all’attività a rischio (che qui non

viene eliminata per sostituzione) si aggiunge una o più nuove attività o transazioni esterne

• è adatto soprattutto ai rischi finanziari

• L’external risk shifting o hedging evidenzia che i rapporti intersistemici sono sia fonti che soluzioni rispetto al rischio:– rischio intersistemico (ottica diadica)– rischio reputazionale (ottica di contesto)

• Risk sharing (condivisione del rischio)– coalizione di soggetti per affrontare uno stesso rischio prevalentemente di

non conoscenza. Si confida nella reciproca collaborazione e nella capacitàcongiunta di osservazione e anticipazione degli eventi

• spesso è ridotto a pluralità di risk shifting, ma in tal modo perde di validità

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6.8.3. Dal 6.8.3. Dal riskrisk shiftingshifting o o hedginghedging interno ed esterno al interno ed esterno al riskrisk sharingsharing

•Un esempio paradigmatico:–il project financing

• definizione: “il project finance è una tecnica finanziaria in cui il finanziatore valuta soprattutto la redditività di un singolo progetto, sia come fonte di rimborso sia come garanzia dell’esposizione. Il rimborso dell’esposizione dipende principalmente dai flussi finanziari del progetto e dal valore delle attivitàconsiderate come garanzia reale. Qualora il rimborso dipenda sostanzialmente da un utilizzatore finale, con attività diversificate e contrattualmente obbligato al rimborso, l’esposizione – al ricorrere delle condizioni previste in materia di tecniche di attenuazione del rischio di credito – si configura come un credito garantito nei confronti di tale utilizzatore finale”

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• Nel quadro della finanza di progetto o project finance, soluzioni volte al governo dei rischi nella prospettiva dei vari operatori coinvolti (ente pubblico o altra organizzazione committente, promotrice e titolare dell’opera; impresa che realizza il progetto/opera; creditori ed altri finanziatori del progetto; imprese subfornitrici ecc.) sono:

– separazione o segregazione giuridica ed economica del progetto dal promotore e dall’attuatore, mediante la costituzione di una «società veicolo» (purpose vehicle o project company), solitamente a durata limitata e con oggetto esclusivo la realizzazione del progetto

– conferimento in capo alla sola società veicolo dei finanziamenti necessari al progetto– ripartizione dei prestiti alla società veicolo in parti relativamente contenute ed eguali (o

rapportate alla dimensione del finanziatore) tra una pluralità di banche concedenti (credit pooling)

– intervento di un soggetto terzo fiduciario (trustee) che, dall’attivazione dell’opera, riceve direttamente i proventi derivanti dalla commercializzazione dell’output per provvedere al rimborso dei creditori del progetto, che sono così più garantiti

– sigla di una convenzione (master agreement) con il governo del paese ospite (se estero o di incerta stabilità) volta a stabilire impegni precisi e vincolanti di tale amministrazione verso il progetto

– definizione di accordi tra impresa-progetto e fornitori che garantiscono alla prima il rimborso di determinati importi in caso di mancata realizzazione dell’opera o di non conformità delle forniture e conseguente ricorso ad altri approvvigionatori

– definizione di accordi di commercializzazione dell’output del progetto tra impresa-progetto ed acquirenti che garantiscono alla prima il versamento dei ricavi pattuiti anche se l’output non è più richiesto o l’opera non può essere attivata per cause di forza maggiore

6.8.3. Dal 6.8.3. Dal riskrisk shiftingshifting o o hedginghedging interno ed esterno al interno ed esterno al riskrisk sharingsharing

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Prof. G. M. Golinelli Volume 2 (2011) – Capitolo VI 2727

• Di fronte al rischio di non conoscenza:– risk shifting e hedging e persino il risk sharing presentano dei limiti– escludendo l’ipotesi troppo conservativa di evitamento dell’attività a rischio

come quella opposta di atteggiamento spregiudicato verso il rischio, assume rilievo l’elusione dell’incertezza

• Molte sono le proposte su come operare al meglio l’elusione dell’incertezza; certo è che essa viene spesso effettuata dagli individui per assumere un qualche orientamento decisionale a fronte di rischi assai complessi

– la determinazione del capitale allocato rientra in questa strategia e trova i suoi riferimenti teorici essenzialmente nei concetti di «perditamassima possibile (o potenziale)» e di «minimo rimpianto». Similiimpostazioni:

• esprimono gli esiti del futuro incerto in termini di perdite (assolute o relative) anziché di utilità

• suppongono un atteggiamento verso i rischi più remoti ed indefiniticauto e pessimistico, ma non catastrofico

• postulano che gli individui formino opinioni soggettive sulleconseguenze future delle proprie azioni, alla luce delle dinamichecontestuali, sino a desumere distribuzioni di probabilità soggettive per insiemi di eventi possibili più o meno definiti

6.8.4. Approcci di precauzione in condizioni d6.8.4. Approcci di precauzione in condizioni d’’incertezza, tra incertezza, tra misurazione, decisione e cultura del rischiomisurazione, decisione e cultura del rischio

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•Durante lo svolgimento del complessivo processo di fronteggiamento di un certo rischio, questo passa dallo stato inerente (ossia iniziale, prima di un certo trattamento) a quello residuo (ossia conseguente ad un dato trattamento)

•Tale distinzione ha legami con la distinzione tra rischio aleatorio e di non conoscenza, ma è diversa da quella, avendo una valenza essenzialmente procedurale, in quanto aiuta a capire l’efficacia di un trattamento

6.9. 6.9. Dal trattamento specifico del rischio al capitale allocato: riscDal trattamento specifico del rischio al capitale allocato: rischi hi inerenti, rischi residui e loro controllo/monitoraggioinerenti, rischi residui e loro controllo/monitoraggio

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Prof. G. M. Golinelli Volume 2 (2011) – Capitolo VI 2929

• Il capitale allocato (CA):–commisura l’esposizione al rischio nel suo complesso e, dunque,

la quantità di risorse patrimoniali di cui il sistema impresa ha bisogno per fronteggiarla

– indica l’autovalutazione condotta nel sistema impresa per determinare il capitale richiesto per consentire al sistema di condurre la propria normale attività conseguendo gli obiettivi prefissati

–è dunque il quantum di risorse «a pieno rischio» determinato nel presupposto della continuità della dinamica evolutiva dell’impresa (on-going concern) e del sotteso assetto di governo

–viene solitamente quantificato come il surplus di risorse sufficiente a coprire potenziali perdite, ad un dato livello di tolleranza del rischio, in uno specificato orizzonte temporale

6.10. 6.10. Il capitale allocato, presidio ultimo del rischio dIl capitale allocato, presidio ultimo del rischio d’’impresa, e la impresa, e la sua determinazionesua determinazione

6.10.1. 6.10.1. Il capitale allocato, tra governo del rischio e governo del Il capitale allocato, tra governo del rischio e governo del sistema impresasistema impresa

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Prof. G. M. Golinelli Volume 2 (2011) – Capitolo VI 30Prof. G. M. Golinelli Volume 2 (2011) – Capitolo VI 30

6.10.2. Verso la determinazione del capitale 6.10.2. Verso la determinazione del capitale allocatoallocato

• Stima assai difficile, proprio per il fatto che tale costrutto aspira a cogliere la rischiosità aziendale nella sua globalità

• Ampia varietà di impostazioni possibili

• Qualunque sia la procedura di calcolo, l’organo di governo deve essere consapevole che la determinazione di un’entità così complessa e sfuggente non può che essere altamente soggettiva ed approssimativa

• Le varie modalità di stima del capitale allocato di un’entità complessa, come un portafoglio d’investimenti o, appunto, un’impresa, sottendono tutte una comune logica e fanno sostanzialmente riferimento ad affinamenti, revisioni e correzioni del Value at Risk (VaR) o ad impostazioni assai simili

• Elementi necessari alla stima del capitale allocato sono, dunque:– un orizzonte temporale futuro di riferimento– il livello di tolleranza del rischio, spesso stabilito in modo probabilistico in termini di

«intervallo di confidenza»– le categorie di rischio considerate ed aggregate nel calcolo– la considerazione del grado d’interdipendenza e d’interazione tra i vari rischi considerati, al

fine di determinare effetti positivi o negativi connessi a situazioni di diversificazione o concentrazione di rischi più o meno correlati tra di loro

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Prof. G. M. Golinelli Volume 2 (2011) – Capitolo VI 31Prof. G. M. Golinelli Volume 2 (2011) – Capitolo VI 31

6.10.2. Verso la determinazione del capitale 6.10.2. Verso la determinazione del capitale allocatoallocato

Rischi aleatori trattati (riflessi

sui risultati reddituali)

Impatto aggregato totale (espresso come perdita) Media (µ)

Moda

Livello di confidenza α (quantile o percentile i-esi-

mo)

Rischi di non conoscenza da fronteggiare

soprattutto con capitale

Rischi di non conoscenza così vaghi da rendere non fattibile / economico

detenere capitale «fermo»

Capitale allocato

Prob

abili

tà d

i per

dita

der

ivan

te

da v

ari r

isch

i

Perdita attesa (expected loss =

average loss)

Perdita imprevista (unexpected, exceptional loss)

Perdita rovinosa (stress, catastrophic loss)

Perdita estrema (extreme loss)

0

Costi del dissesto finanziario (€)

µ + α × σ

Volatilità

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6.10.2. Verso la determinazione del capitale allocato6.10.2. Verso la determinazione del capitale allocato• Metodi operativi di stima di CA:

– metodi income based: stima del rischio totale d’impresa a partire da risultati periodici (redditi o flussi di cassa)

• metodi top down o sintetici: simulazioni basate sui risultati storici (solo per grandi multinazionali o imprese con sistemi informativi avanzati)

• metodi bottom up o analitici: aggregazione tramite simulazioni dei rischi sottesi alle singole voci di costo e di ricavo presenti nel piano aziendale (vedi Cap. VII)

– metodi asset based (solo bottom up): riespressione del valore delle singole attività e passività aziendali (incluse quelle latenti o intangibili) in modo da esprimere i vari rischi ai quali sono esposte entro un arco temporale non troppo lungo (in genere, 1 anno o poco più) e loro sommatoria, considerando però un abbattimento generale del rischio totale per via di sinergie o correlazioni negative tra i vari rischi

• approccio usato dal Comitato di Basilea in Basilea I, II e III

( )∑=

××=n

1iiiBASILEA Cw%8CA

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Prof. G. M. Golinelli Volume 2 (2011) – Capitolo VI 3333

6.10.3. Dal capitale allocato al valore economico 6.10.3. Dal capitale allocato al valore economico creato dallcreato dall’’impresaimpresa

• Utilizzi del capitale allocato:– indicatori di performance di tipo risk sensitive, come

il RARORAC (Risk Adjusted Return On RiskAdjusted Capital: risultato atteso corretto per il rischio rapportato al capitale corretto per il rischio, ossia al capitale allocato)

CAPRARORAC =

Risultato netto atteso con remunerazione delle entità in rapporto diretto con l’impresa e depurazione dei “rischi aleatori”

Capitale posto a presidio dei rischi non “trattati”singolarmente e difficilmente prevedibili

Riflette il driver competitività e anche la consonanza diadica

Riflette il driver consonanza complessiva di contesto

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Prof. G. M. Golinelli Volume 2 (2011) – Capitolo VI 3434

6.10.4. Il capitale allocato, tra ricerca dell6.10.4. Il capitale allocato, tra ricerca dell’’adeguata adeguata capitalizzazione, sviluppo del sistema impresa e governo capitalizzazione, sviluppo del sistema impresa e governo

dei rapporti intersistemicidei rapporti intersistemici• Utilizzi del capitale allocato: determinazione dell’adeguata

capitalizzazione del sistema impresa (che è dunque basata sul rischio e non sul quoziente q = D/K):

• Se CA>MP = sottocapitalizzazione• Se CA<MP = sovracapitalizzazione (vedi Cap. VIII)

• In presenza di sovracapitalizzazione, si riscontra un eccesso di capitale, detto free o buffer o surplus capital, segnaletico di una «riserva» di risorse patrimoniali prontamente disponibili per l’azione di governo

• Con riguardo al free capital, si può:– mantenerlo costantemente disponibile (cioè inutilizzato) nel tempo per una sua

quota, a titolo di:• almeno parziale «correzione» delle possibili inadeguatezze di stima che sempre

circondano la valutazione del rischio, in specie del rischio residuo o di non conoscenza a base della quantificazione di CA

• supplemento di capitale allocato a fronte di altri rischi al momento non ipotizzabili o volutamente non considerati nel calcolo di CA per problemi metodologici di quantificazione;

– impiegarlo per la restante porzione come surplus di risorse da impiegare al piùpresto in validi ed adeguati progetti di sviluppo, incorporati in un apposito piano industriale volto a consolidare e migliorare le prospettive di sopravvivenza del sistema impresa

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Prof. G. M. Golinelli Volume 2 (2011) – Capitolo VI 35Prof. G. M. Golinelli Volume 2 (2011) – Capitolo VI 35

6.11. Considerazioni conclusive6.11. Considerazioni conclusive• L’attenzione al rischio, nel governo dell’impresa, è

diretta conseguenza dell’aver eletto competitività e consonanza (diadica e di contesto) a driver fondamentali

• Un’azione di governo sensibile al rischio richiedeanzitutto una corretta cultura del rischio, poiché lo stessorischio può essere male interpretato o foriero dicomportamenti inappropriati

• Il rischio ed il suo trattamento non sono aspetti tecnici che riguardano solo la mera operatività del sistema (riskmanagement); essi interessano anzitutto il governo aziendale (risk governance)

• Il capitale allocato rappresenta una visione di massima sintesi del rischio d’impresa, tesa ad orientare l’organo di governo nelle sue difficili decisioni