La Bottega Di Spinalba

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La bottega di Spinalba.Nelle piccole comunit con laria si respira anche la tradizione, in maniera inconsapevole, e a pieni polmoni. Anche i ragazzi sembrano presi soltanto dai lorogiochi e dalle beghe della loro et; ma intanto catturano brandelli di conversazione e modi di dire che sanno di antico. Sembrano distratti, ma in realt registrano e memorizzano cose cheriaffiorano successivamente, in momenti impensati.Da adolescente mi era capitato di sentire gente anziana accennare a una puteche di Spinalba. Espressione usata sempre come riferimento a un commercio da quattro soldi; una botteguccia da strapazzo. Qualche volta avevo chiesto un chiarimento, ed avevo avuto spiegazioni vaghe.Si trattava di un negozietto minuscolo, che intorno ai primi anni del novecento, una vedova di poche risorse, teneva in un bugigattolo, nella zona vecchia del paese. E qui esercitava un piccolo commercio di povere cose: qualche sporta di verdura di stagione, pomodori; cartocciate di semi vari: ceci abbrustoliti e conditi con olio e sale; semi di zucca ( le luvine) anchessi tostati; carrube (le sciuscelle), chiochie ed altre cose semplici. Le sciuscelle ad esempio, erano un sostituto naturale della caramella; non roba da cavalli. I ragazzi di tanto in tanto ne sgranocchiavano qualcuna con gusto, dopo averla acquistata per poche lire.Quella espressione era diventata proverbiale ma aveva una circolazione limitata.Pochi ancora la ricordavano e la usavano di tanto in tanto, quando cera da svilire qualcosa.Daltronde piccoli negozi del genere, sono rimasti in auge ancora per anni; come una specie di economia del vicolo. Al tempo della mia adolescenza ancora ne funzionavano diversi, che permettevano di vivacchiare ad un paio di famiglie. Cera quello di Carluccio in posizione strategica sul trivio al centro del paese vecchio. Laltro tenuto da una anziana e burbera paesana , conosciuta come La Bazzoffa, nel tratto finale del corso. Bello il nomignolo curioso di significato incerto: meriterebbe uno studio. Erano il punto di approvvigionamento per i consumi poveri dellepoca. Un poco di verdura ma soprattutto cartocci di semi di zucca o di ceci abbrustoliti con olio e sale. Costavano intorno alle 5 lire e tenevano piacevolmente occupate le mandibole dei ragazzi in anticipo sul chewing gum - per un ora buona.Qualcuno le chiamava, scherzosamente , i stupefacent. Mi diceva un mio coetaneo:- Iems a cumpr i stupefacent !Si comprava da Carluccio un cartoccio di semi abbruscati e si faceva la spola per il vecchio corso rosicchiando e discutendo animatamente.Piccoli commerci rimasti in uso ancora per tutti gli anni 60. Era ancora possibile vedere in quegli anni, certi banchetti che esponevano paccottiglia varia: pettini , assortimento di bottoni, aghi , nastri ed altre cianfrusaglie. Erano spesso oggetto di ironia e di qualche presa in giro. Ricordo un buontempone un sarto noto per ilcorrosivo sarcasmo - che si fermava con qualche amico davanti ad uno di questi banchi e commentava:-Quanto ci sar qui ,di capitale ? Sette o ottocento lire di roba? Non pu andare avanti . Salvemij ! Se ci tassiamo di dieci a testa lo salviamo !Il tempo che galantuomo ha poi ricompensato giustamente questi pionieri del commercio ambulante. Con gli anni hanno messo insieme piccoli patrimoni che hanno permesso alladiscendenza, di accedere a una condizione sociale di rispetto.Ma tornando a Spinalba, sono felicemente incappato recentemente in una sorpresa, che mi ha costretto a riesumare questi ricordi. E ritornata alla luce, dalle nebbie degli anni andati, una notizia scritta ed una bella immagine della Bottega di Spinalba.E riaffiorata miracolosamente nella massa di dati , immagini e suoni che fluttua oramai sulla superficie del pianeta in forma digitale. Nei primi anni del 900 un artista inglese, pittore, fotografo, ed appassionato di arte antica visit le rovine di San Clemente.Viaggi dalla costa verso linterno con una tradotta dellepoca, insieme a una compagnia di reclute dirette verso un campo di addestramento, e popolani con le ceste per il mercato. Nella relazione della visita dedica una parte del resoconto anche al paese poco distante. E qui ricompare Spinalba; in un ritratto in piedi sulla porta del negozio; tra la congerie di derrate esposte in una mirabile confusione affascinante.A memoria della escursione, oltre alle annotazioni e disegni delle rovine della Badia, linglese inser nel libro, anche questa fotografia. Il viaggiatore in questione Frederick Hamilton Jackson(1848-1923) e racconta: Lalba spunt mentre risalivamo la valle del Pescara; arrivammo a Torre de Passeri che era giorno pieno, ed i popolani erano gi in faccende. Sotto la guida di un anziano arrancammo lungo una strada fangosa, fino a raggiungere la Badia; e mentre noi osservavamo lesterno, la nostra guida torn indietro per la chiave. Era stato costruito un ponte temporaneo per passare il fiume, e per lattraversamento cera un pedaggio da pagare, in cima alla discesa. Quando la donna che aveva riscosso il pedaggio vide che tornavamo indietro senza attraversare. ci restitu il denaro ! Dopo qualche tempo luomo ritorn accompagnato dalsignor Calore.... Il villaggio presenta un sacco di aspetti pittoreschi e particolari, come ad esempio negozi caratteristici in cui esposto tutto in vendita in una confusione mirabile, fontane acui le donne vanno per l'acqua, in una teoria continua, con o senza bambini, fabbricatori di maccheroni, ecc . Ma ha lo svantaggio di non avere una locanda dove un Inglese potesse mangiare, e ci siamo dovuti contentare di caff e biscotti, comprati in negozio dove si vendevano cartoline e prodotti coloniali, insieme a numerosi bicchierini di un liquido sospetto che era molto richiesto.Il resoconto termina con un accenno al povero e pittoresco ambiente del paese e con una breve descrizione del negozietto dove, in condizioni precarie e poco igieniche, erano riusciti a rimediare il necessario per rifocillarsi. Tanto caratteristico dovette sembrare allinglese il negozio con la sua confusione, che decise di prendere una bella fotografia della mercanzia esposta con la padrona sulluscio. Sicch tra lefoto e schizzi delle architetture di San Clemente, si trova anche questa che , per quanto mi riguarda, non meno interessante delle rovine secolari.Questa immagine riporta indietro nel tempo. A quando le botteghe di ogni tipo, tenevano una abbondanza di mercanzia sulla strada. Le norme igieniche erano a quei tempi, di l da venire. Per i bottegai, la prima operazione della mattina, consisteva nel liberare lingresso, spostando sulla strada una serie di panchetti e barilotti.Quando mi sono imbattuto nella foto, ho messo subito da parte linteresse storico culturale per una full immersion ( insieme a mia moglie) nellinventario di quella abbondanza di vecchie e care cianfrusaglie. Un piacere unico per una persona della mia et - ritrovare quelle vecchie conoscenze. Una resta di aglio, un quarto di pancetta, un prosciutto ed un capolombo. Un osso di prosciutto scarnificato. Una collana di salsicce di fegato. A terra , insieme a vari sacchi di granaglie, anche il caratteristicobarilotto delle saraghe. L elenco potrebbe continuare e lascio ai compaesani di una certa et, il piacere di completare la ricognizione. Ci sono , ad esempio, strani oggetti che sembrano bamboline diterracotta, appese sulle porte, insieme ad altrodi difficile identificazione. Poi ad uncerto punto,la sorpresa finale.Sulla porta si nota una scritta solo parzialmente coperta. Con laiuto di una lente la scritta rivela chiaramente il nome della padrona : Spinalba Cappola. La quale Spinalba, in posa sull ingresso, guarda incuriosita linglese che la sta immortalando, con la monumentale macchina fotografica del tempo. Si presenta come una simpatica donnetta nel costume dellepoca, con lo sguardo sveglio e dallaspetto gradevole. In compagnia di una ragazzo che probabilmente suo figlio.Hamilton 2.JPGCappola un cognome molto diffuso in quel di TdP, e qualcuno forse sar in grado di ricostruirele parentele. Ho avuto notizia , al riguardo, che un Cappola ultimamente ha messo insieme un libro fotografico, intitolato appunto I Cappola interamente dedicato a questa famiglia. Spero di avergli fornito un pezzo di pregio. Ma sono sicuro comunque che a tutti ed in particolare a gente delle mia et far piacere ritrovare questa scheggia di piccolo mondo antico. Del tempo in cui mio nonno ed altri contadini , attraversavano il paese con il somaro per arrampicarsi sulle coste di Ciappino e Pietrapizzuta, mentre altri nonni pi furbi , come Spinalba, li aspettavano sulla porta del negozio

L.d.m.Gennaio 2013

Marie u pazz.Questa foto pu essere considerata esemplare di come vanno le cose del mondo. Una verit antica e sancita da numerose sentenze ricorda che:Nemo mortalium omnibus horis sapit.Nessun mortale saggio a tutte le ore, dicePlinio il Vecchio. Un grano di pazzia si accompagna a tutte le occasioni della vita, anche a quelle che vogliono apparire pi austere. Loccasione ricordata dalla foto, non fa eccezione.E la visita di un personaggio importante che mise in fermento tutto il circondario. Le espressioni e gli atteggiamenti sono eloquenti; la deferenza scritta sulla faccia di tutti. Siamo nel 1963 e lallora capo del governo, lonorevole Amintore Fanfani, per un caso non fortuito si trov a passare dalle nostre parti. Era il periodo in cui si progettavano le autostrade abruzzesi e cera grande agitazione, tra la Maiella ed il Gran Sasso. Il corteggio composto dal fior fiore della politica moderata dellepoca. Manca, ovviamente, tutto il cot di sinistra.Le fisionomie sono improntate a grande seriet; ma una di esse nasconde dietro le apparenze, il baco della follia. Infiltrata tra i notabili, cerca di non dare nellocchio. Potrebbe anche passare uncapo corrente impegnato nelle dispute per il controllo degli affari. Dispute nelle quali la follia ha sempre giocato un ruolo importante. Le cose del mondo vanno in questo modo insegna Erasmo.Il nostro personaggio la seconda figura da sinistra; con la coppola , parzialmente coperto dalla figura in primo piano. E Marie u pazze. Uno strambo soggetto che allepoca movimentava e divertiva la vita del paese: una specie di giullare.

Marie nghe la coppole.Era conosciuto conil nome di Mario u pazze; ma in realt, era soltanto afflitto da stranezze che non mancavano di un certo metodo, come si suole dire. Oggi sarebbe passato semplicemente per una personalit disturbata.Aveva due grandi passioni: la principale era di tenere informata la comunit: far circolare le notizie dinteresse comune. Il criterio, con il quale Mario decideva quali fossero le notizie importanti, era per tutto suo personale.Confondeva spesso cose di rilievo con pettegolezzi da strapazzo.Era costantemente alle costole dei notabili e raccattava ogni indiscrezione che a suo giudizio - poteva sembrare interessante. Orecchiava, spiava e selezionava, fino a quando non riusciva ad arraffare qualcosa. A quel punto imboccava a passo di carica il vecchio corso paesano. Vociava e strombazzava a dritta e a manca quello che aveva saputo, e di cui in giro si parlava a bassa voce . Salutava rumorosamente chiunque gli si parava davanti e lo chiamava a commentare e a sghignazzare con lui. La gente ascoltava divertita; ma cercava di tenersi alla larga da quella specie di tromba del giudizio.L altra grande passione di Mario erano le bande musicali: in quegli anni lelemento di grande richiamo nelle feste di paese; in particolare in quelle del patrono che si tenevano ai primi di Settembre. In quelle occasioni si assoldavano imponenti complessi pugliesi composti di un robusto organico. Il suono degli ottoni, e i colpi della grancassa lo mandavano in visibilio. Le feste erano le uniche occasioni nellequali poteva soddisfare questa passione.Si era attribuito il ruolo del mazziere. Un mazziere alla buona; senza alamari, senza uniforme e senza mazza; ma non per questo meno spettacolare. Le strade erano pi volte il giorno percorse dalla banda, e Marioaveva un gran da fare; la precedeva sempre impettito e solenne. In quei giorni viveva in simbiosi con la banda: diventava uno di loro; marciava a passo di parata, raggiante di piacere. La sua faccia esprimeva un godimento fisico e si esibiva in una variante del passo delloca. Aveva degli enormi piedi piatti che sollevava a fatica; e marciando li lanciava energicamente all'infuori.Alla fine dei festeggiamenti tornava al trantran di tutti i giorni. Cio alla raccolta e smistamento delle notizie. Quando non era in giro a starnazzare, si metteva ossequioso alle costole di qualcuno : sindaco, parroco , medico condotto, farmacista che fosse; chiunque poteva essere fonte di notizie. Aveva per le autorit una speciale deferenza, e copriva dinsulti tutti quelliche, a torto o a ragione, riteneva non abbastanza rispettosi. I suoi bersagli erano, ovviamente, tutti i soggetti in odore di comunismo.Tuttavia era una figura simpatica. Se fosse vissuto ai giorni nostri, sarebbe stato considerato con maggiore rispetto, grazie alle tante cose dette e scritte in difesa dei matti. E forse avrebbe anche adottato la recente canzone napoletana, che ha contribuito non poco, al recupero di dignit della categoria:I so' pazz, I so' pazze vogl'essere chi vogl'ioscite fored'a casa mia.

Il suo apparire suscitava anche simpatia; nonostante il baccano, e il continuo agitare delle braccia: non aveva mai fatto male a una mosca.Laneddotica paesana raccontava che era stato in America in giovent; ma era stato rispedito in patria quasi subita. Non appena gli Americani si erano resi conto di aver fatto pessimo acquisto. Accertata la sua incapacit di essere impiegato in qualcosa di utile, lo avevano rispedito in Italia. E perch non gli venisse l'idea di tornare negli USA gliavevano anche concesso piccola pensione, il godimento della quale era subordinato alla condizione che non mettese pi piede negli USA. Cos viveva insieme alla madre di questa piccola rendita e allietava le giornate in paese.Si raccontava anche che erastato sposato; ma la convivenza con la moglie era finita presto, per via delle continue e rumorose baruffe che finivano con i piatti sulla strada, e mettevano a rumore mezzo paese.

Negli ultimi anni ebbe la sventura di incappare in un incidente, che glirovin il piacere di marciare in testa alla banda, per il resto dei suoi giorni. Accadde al passaggio a livello, nei pressi della sua abitazione. Un incidente che poteva accadere soltanto in quei tempi; quando i treni erano considerati confidenzialmente,poco pi che giocattoli. I treni in manovra sostavano a lungo anche sul passaggio. In una di queste occasioni, per attraversare volle salire e scendere alla svelta dallaltra parte. Imprudenze del genere erano pratica corrente allepoca. Sfortunatamente il treno ripart. Colto alla sprovvista, pens di aspettare larresto alla stazione poco distante. Quando si accorse che il treno acquistava velocit e proseguiva, tent di saltare a volo. Fini con una gamba sotto le ruote e gli fu amputato un piede.Si riprese dalla disgrazia alla svelta senza perdersi coraggio. Forn una bella prova di stoicismo.Quando certi amici lo andarono a trovare in ospedale, dapprima si sciolse in lacrime, ma quasi subito riacquist il buon umore.Indicando la caviglia fasciata, afferm: - Tanto era pieno di calli!Se in fondo a qualche tiretto ingiallisce una vecchia foto con la banda preceduta da Marie u pazz; spero venga riesumata e pubblicata sul web insieme ad altre vecchie memorie. Sarebbe la migliore rievocazione dei festeggiamenti solenni che si facevano nel secondo dopoguerra. Lintermezzo della Cavalleria Rusticana o limmagine di Mario in testa alla Banda, sono cose che rievocano quelle occasioni pi di ogni altra. Ancor pi delle processioni e absit iniura verbi delle immagini di S. Antonino.ludinic torreseGennaio 2013Il tratturo.

U trattore.La tradizione ancestrale della pastorizia ancora ravvisabile nel territorio del nostro centro,anche se le tracce sono ,oramai, appena percettibili. E'quello che resta del vecchio tratturo. Era uno dei tre principali tratturi che attraversano lAbruzzo, come raccontano le rare pubblicazioni che ripercorrono le vicissitudini di questi antichi corridoi. Quello che dallAquila, passando per Alanno, Bucchianico, Larino, raggiungeva la Puglia.Questo ramo scavalca lAppennino in un tratto relativamente agevole; ad una quota modesta. Nella zona di Rocca Tagliata, prossima alle gole di Tremonti. Attraversa il territorio di comuni pedemontani e scende davanti alla millenaria abbazia di San Clemente, che fungeva, ab immemore, da riferimento ai pastori erranti dallAppennino al Tavoliere.Una vecchia carta del regno di Napoli del 1802-1806 che circola sul WEB questo tracciato messo inevidenza ed un commento informa che fin dal VI secolo era attraversato dalle greggi.

Negli ultimi cinquantanni ha subito una trasformazione notevole. Il tratturo che ricorda a generazione nata intorno al 1940 non esiste pi da tempo. Un bocconealla volta, stato fagocitato da forme di appropriazione pi o meno lecite. I pochi brandelli rimasti non rendono lidea dell'aspetto imponente di un tempo; quando ancora il vate regionale lo definivaun'erbal fiume silente.

Era un ampio prato che scendeva dalla collina di Castiglione verso la Badia. Davanti ad essa si allargava come un fiume alla foce, occupava lo tutto spazio dal Pescara a destra, fino a un vecchio nucleo di case con la fontana, dalla parte opposta.La transumanza nonera del tutto scomparsa a quei tempi, anche se ridotta a passaggi sporadici. Ai ragazzi che giocavano a pallone sul prato, capitava, di tanto in tanto , di assistere constupore all'improvvisa ricomparsa della pastorizia atavica. Un gregge faceva la sua apparizione in cima alla collina, preceduto da un tintinnio di campanacci che diventava sempre pi distinto.Anchio da ragazzo ho assistito spesso a questo insolito spettacolo. Il gregge, dal crinale scendeva pigramente, seguito da pastori che lanciavano richiami gutturali ai cani che abbaiavano, correndo intorno alle pecore.Fischi, latrati, belati che si facevano sempre pi vicini. Alla fine gli ovini facevano una pacifica invasione di campo. Le squadre dovevano interrompere il gioco. I ragazzi trafelati recuperavano il pallone di fortuna che usavano allora, e si facevano da parte. Assistevano meravigliati al passaggio del gregge, che sciamava verso LAdriatico selvaggio. Per quel giorno la partita finiva tra sberleffi e risate. Non poteva essereripresa perch le pecore lasciavano sullerba un tappeto di palline nere: il campo era diventato impraticabile.Limprovvisa ricomparsa di questo Abruzzo atavico, era motivo di stupore. Pi tardi a scuola i maestri ci parlavano della Transumanza edellAbruzzo tradizionale. E qui ovviamente,cadeva a proposito la nota poesia sui pastori di Dannunzio, che tutti conoscevamo a memoria. La sua notoriet andata crescendo negli anni, al punto che potrebbe essere considerata una specie di inno regionale Abruzzese. Prima o poi un nuovo F.P. Tosti lo metter in musica.Il tratturo terminava davanti alla facciata della Badia. Era un ampio pratone, che solo negli anni a seguire, sarebbe stato occupato dalle varie costruzioni. Solo un gruppeto case, quelle pi vecchie facevano da cornice alla ampia distesa di sonante terreno erboso, da secoli incolto e battuto soltanto dalle scorrerie dei ragazzi e dagli zoccoli degli animali.Il tratturo inoltre, era annualmente ancora teatro di un altro avvenimento residuo delle tradizioni arcaiche. Zoccoli pi robusti scorrazzavano sul suo tappeto erboso. Succedeva nel mese di Maggio. Il giorno 24, in occasione di una antica fiera del bestiame. Un avvenimento che in antico doveva richiamare grande afflusso di gente, ma che era gi ridotta, ai miei tempi, a cosa di poco conto. Un centinaio di persone, tra contadini commercianti, mercanteggiavano intorno a qualche branco di maialetti, e varie coppie di buoidalle lunate corna1Secondo la poetica espressione di Carducci, riferita alle ampie corna dei buoi.

. Non mancavano i somari e soprattutto dei cavalli; il nobile animale che ancora aveva ammiratori ed appassionati nelle fasce popolari. Questi rappresentavano lelemento spettacolare, che coloriva e vivacizzava lavvenimento, ed incuriosivano i ragazzi. I cavali richiamavano la presenza degli zingari, dediti per tradizione al loro commercio. Erano numerosi e si riconoscevano dallabbigliamento insolito, il colorito da levantini e dalla strana parlata. La tradizione paesana consigliava di stare in guardia e diffidare di loro. Si sapeva che erano maestri nellarte di imbrogliare il prossimo. Capaci si diceva - di trasformare in un focoso purosangue, un ronzino gi con un piede nel macello. I loro raggiri ai danni deicontadini erano diventati proverbiali. Nello spiazzo centrale esibivano i loro esuberanti cavallini come sulla pista di un circo. Li facevano caracollare e galoppare ed impennare, ed intorno si formava un cerchio di curiosi ammirati.Dopo il 1950, quando le attivit economiche ripresero lena, durante il periodo che va sotto il nome della ricostruzione, al tratturo antico furono inferti gli ultimi colpi. Si lavor alla ricostruzione di un ponte, ed allampliamento del tracciato di una strada provinciale.Non appena gli escavatori rudimentali di allora cominciarono a grattare il terreno, riaffiorarono resti e suppellettili dei secoli trascorsi. Terra sulla quale generazioni numerose si erano succedute nei millenni, conservava quasi a fior di terra restiaffascinanti delle epoche trascorse.Ricordo la ricomparsa di una tomba di epoca Longobarda. Lo scheletro del guerriero contornato dalla armatura e spadone e ricco corredo funebre, tutto corroso dal tempo. I lavori furono sospesi: intervennero le sopraintendenze e si procedette al recupero. Intanto la tomba rest esposta alla vista per pi di un giorno. Un pellegrinaggio si assiepava intorno ai resti del sepolcreto tornato alla luce.Una senso di rispettosa meraviglia si leggeva nella espressione dei visitatori. Guerrieri bardati come nei film storici avevano calcato il nostro tratturo e magari combattuto con lo spadone duemani, sul terreno dove eravamo abituati a vedere solo pacifiche greggi, e scorribande di ragazzi.Circolano ancora numerose foto chericordano quei pomeriggi estivi trascorsi in interminabili partite di pallone, au trattore, come si diceva. Erano incontri che iniziavano nel primo pomeriggio e terminavano al tramonto. Si rientrava smunti e stracchi di uno sfinimento che ancora ricordo molto volentieri. Un piacere per definire il quale , oserei scomodare Dante, per affermare che intender non lo pu, chi non lo prova.Il pallone era il pezzo pi importante del pomeriggio. Era in genere fornito da qualche ragazzo la cui famigliapoteva concedersi questo lusso. E per questo aveva diritto a ruoli e riguardi particolari durante il gioco. Si doveva evitare di farlo arrabbiare perch sarebbe scattato il richiamo immediato del pallone dal campo.A ricordo di uno di questi pomeriggi, propongo una foto ricomparsa recentemente ed inaspettatamente, nella quale insieme ad altri coetanei sono stato ripreso io stesso , intorno al 1959. Suggerisco ai frequentatori del gruppo il Tratturo, come tema di ricerca. Chi vuole inserire qualche altra foto mi pu contattare-Da sinistra verso destra: Sergio Furlone, Ludinic Torrese, Giovanni Sanrocco, Carlo di Leonardo, Torre Valpescara, C' un ragazzo impallato da Carlo, e sfortunatamente non riconoscibile.

l. de melis ludinic torrese

Maggio 2013.