capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

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Capitolo 4 Piattaforme e siti didattici “Felix qui potuit rerum cognoscere causas” (Virgilio) (Beato chi poté conoscere la causa delle cose) Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 1

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Capitolo 4

Piattaforme e siti didattici

“Felix qui potuit rerum cognoscere causas” (Virgilio)

(Beato chi poté conoscere la causa delle cose)

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 1

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1. Introduzione

Partiamo in questo capitolo da un modello di conoscenza nato in ambienti aziendali

giapponesi, Nonaka e Takeuchi sono i due studiosi che lo hanno diffuso e scritto per

rendere evidenti le complesse dinamiche sociali che sono le fondamenta della

creazione, nel senso di nuova interpretazione, accrescimento e scambio di conoscenza

delle organizzazioni1.

Il motivo per cui è stato scritto lo rende adatto anche ad analizzare l’apprendimento

collaborativo con modalità e-learning quindi con gli strumenti del web 2.0.

Si parte da un concetto che abbiamo già ribadito, cioè apprendere insieme attraverso

esperienze comuni crea dei vantaggi. I due autori parlano di conoscenza tacita o

sapere implicito, una conoscenza non

codificata ne contenuta in testi o

manuali ma solo nella testa degli

individui, nella loro esperienza

lavorativa per cui si può collegare alla

comprensione di contesti in azione.

Il processo che genera conoscenza è

un processo dinamico che combina e converte la conoscenza tacita in conoscenza

implicita, sintetizzato in T <--> E.

La conoscenza tacita è conoscenza personale, fa parte del vissuto di ciascuna

persona, nelle abitudini, nell’esperienza per lo più si apprende con l’osservazione e

con il corpo. La conoscenza esplicita invece è quella formalizzata, che si può

scrivere, verbalizzare.

In un ottica costruttivista l’ambiente di apprendimento costituisce lo spazio in cui

avviene l’interazione sociale fra i due tipi di conoscenza che generano in questo

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1 Nonaka I., Takeuchi H., The Knowledge Creating Company, University Press, Oxford 1995; tr. it. TheKnowledge Creating Company, Guerini e Associati, Milano 1997.

Figura 1 Il modello di Nonaka e Takeuchi

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modo conoscenza collettiva dando vita a nuovi saperi. L’ambiente stesso può venire

modificato dai partecipanti per un maggiore controllo o adattamento alle necessità di

acquisizione di nuova conoscenza.

Come si evince dalla figura 1, i processi di trasformazione della conoscenza sono

quattro e avvengono in una specie di circolo ermeneutico attraverso la

socializzazione, l’esteriorizzazione, la combinazione e l’interiorizzazione.

Quando ciò avviene sotto forma di modelli condivisi, con processi di interazione,

tale tipo di conoscenza diventa un bene per tutti. Il soggetto allora si situa in un

processo dinamico partecipando attivamente al processo di apprendimento del gruppo

con il quale lo condivide e contribuisce alla creazione di nuova conoscenza.

L’ apprendimento cooperativo crea, in questo modo, un’interdipendenza positiva. Il

gruppo è come una squadra, il destino di un membro è strettamente correlato a quello

degli altri. C’è l’intima convinzione di lavorare tutti ad un progetto comune e di poter

dare un contributo utile in prima persona alla conoscenza collettiva, quindi la

sensazione e percezione di utilità del proprio contributo.

Se dunque tutti i soggetti intervenenti lavorano in modo collaborativo per creare una

conoscenza tacita comune si passa da un apprendimento collaborativo ad uno

cooperativo, avendo il primo la caratteristica di un apprendimento individuale con

interazione di gruppo, il secondo è dato da un lavoro di gruppo con un fine comune.

Tutto ciò va contestualizzato nell’ambiente scuola, sia dal punto di vista di

cooperazione tra docenti per una costruzione di un’istituzione scolastica che funzioni

nel suo complesso e nel miglioramento globale delle strategie didattiche, sia dal

punto di vista dei discenti nella modalità del lavoro di gruppo.

L’apprendimento situato ha necessità anche di un ambiente adattabile, le nostre aule

scolastiche lo sono molto poco, ci sono indicazioni di setting di aule scolastiche che

lo fanno comprendere in modo chiaro e che in altri paesi europei sono già realtà.

L’aula scolastica è un insieme, non certo una stanza, di ambienti funzionali ai vari

momenti didattici, in Italia ci sta provando un gruppo di lavoro del CERMIT (Centro

di Ricerca sull’educazione ai Media all’Informazione e alla Tecnologia) guidato dal

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prof. Rivoltella. La lezione frontale perde la sua predominanza per lasciare spazio a

spazi di gruppo e di laboratorio contemporaneamente contenuti nello spazio/aula. Più

o meno simile dovrebbero essere le aule degli insegnanti, mentre ora o non esistono

del tutto o sono solo un insieme di vecchi armadietti e la programmazione didattica

non può che avvenire con metodi precedenti alla rivoluzione informatica.

Una specie di domotica applicata alla didattica, “Un ambiente che diventa

apprendimento” esso stesso come sostiene Marco Orsi, in un articolo/intervista,

un’architettura che rielabora e rivaluta in maniera olistica il rapporto tra bambino e

ambiente e l’involucro diviene esso stesso materia educativa e orientativa2, un

progetto “Senza zaino” attuato in alcune realtà

scolastiche.

Se tale aula è lontana dall’essere “edificata” non lo

è invece un al t ro t ipo di ambiente di

apprendimento, virtuale ma non tanto3, che è

ormai collaudato per l’apprendimento degli adulti

in long life learning, utilizzato da un numero

sempre crescente di insegnanti per la propria formazione ma anche per creare

ambienti di apprendimento per i propri studenti, sono le piattaforme didattiche.

La piattaforma didattica è un ambiente educativo esplicitamente progettato per

lasciare il controllo al soggetto che apprende, non solo il soggetto che apprende ma

tutte le figure che vi interagiscono, autori, tutor, amministratori, ecc.

Tenendo a mente l’indicazione dateci dal modello della conoscenza tacita4 di

Nonaka e Takeuchi analizziamo, nei paragrafi seguenti, in breve l’apporto di

piattaforme e siti dinamici alla costruzione di sapere a contenuto didattico.

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2 Mura MG., Un ambiente che diventa apprendimento, sul sito http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1284, consultato a ottobre ʼ09.

3 Vedremo perchè nel secondo paragrafo.

4 Il termine “conoscenza tacita era stato utilizzato già dal filosofo Michael Polanyi nel testo The Tacit Dimension, del 1966, partendo dallʼaffermazione “noi sappiamo più di quanto sappiamo dire”.

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2. Un’attività collaborativa e continua

Il processo di creazione di nuova conoscenza non è naturalmente un processo

automatico. Perché esso si avvii c’è bisogno di consistenti motivazioni allo scambio

di conoscenza che muove dalle persone coinvolte ma anche il gruppo e

l’organizzazione.

Organizzando piattaforme, forum web, mailing list, si sono lentamente affermate

nuove forme organizzative capaci di permettere ai lavoratori, di qualsiasi settore, di

poter condividere la propria conoscenza sia esplicita, sia tacita, aumentando così la

propria disponibilità all’apprendimento continuo5 ed al cambiamento. Queste hanno

assunto la denominazione di "Comunità di pratica", che abbreviamo in CdP6.

Lasciando da parte l’iter storico e aziendale (la prima si è affermata nella Xerox

Corporation fra i suoi tecnici per risolvere problemi di manutenzione delle

fotocopiatrici) dove le CdP sono sorte come “dei recipienti spontanei nei quali gruppi

di persone "versano" conoscenze e competenze al fine di ottimizzare l'attività, lo

scopo o l'impresa comune”7, noi ci occupiamo qui del contesto didattico/scolastico

dove, de facto anche qui come nelle aziende, possono portare un’evoluzione di una

modalità organizzativa atta a migliorare l’apporto del singolo docente nella sua

professione e il miglioramento dell’istituzione scuola.

Al centro della CdP vi è il singolo, lavoratore della scuola o discente, che può

trovare un confronto e un sostegno nelle diverse fasi di attuazione di un percorso

attuativo di programmazione e progettazione da un lato e di apprendimento dall’altro.

Comunicazione, confronto, collaborazione e cooperazione sono i verbi che

contraddistinguono le motivazioni della nascita, dello sviluppo e magari

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5 Ribadisco qui che lʼapprendimento continuo o “long life learning” è un problema sottovalutato nel nostro paese e di cui, invece, molti adulti ne sentono la necessità e ne fanno richieste anche esplicite che vanno dallʼinformatica alle lingue straniere, sarebbero da valutare diverse ipotesi di attivare corsi per adulti nelle scuole.

6 Abbrevieremo sempre così CdP, in inglese invece “Communities of Practice” si abbrevia CoPs.

7 D. Macheda, Che cosa sono e come funzionano le comunità di pratica, gennaio 2002, in questo sito si può trovare una breve storia delle CdP http://www.catepol.net/percezione-degli-utenti-e-valore-aggiunto-delle-comunita-professionali-online-il-caso-elearningtouchit/, (consultato a settembre 09) inoltre lʼarticolo di Macheda si trova online in PDF scaricabile.

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dell’inviluppo e fine di una CdP, come tutte le attività umane, pur lasciando, nel caso

di chiusura, un di più delle competenze acquisite ai partecipanti.

Questo sostegno si può trovare anche nel Gruppo di lavoro e nel Team di progetto

ma, è dimostrato, con risultati molto più limitati sia nel tempo sia nella qualità.

Le CdP aggiungono valore all'organizzazione e all'individuo in diversi modi:

• identificano e prospettano nuove aree di sviluppo e nuove strategie;

• contribuiscono a risolvere velocemente i problemi (ogni membro sa a chi chiedere

aiuto per focalizzare il problema e risolverlo);

• rappresentano un forum ideale per condividere e diffondere le buone pratiche8;

• sviluppano e migliorano le competenze professionali di ogni lavoratore sul

modello del mondo artigiano, dove l'apprendista impara dal suo maestro il mestiere,

in questo contesto però si è a turno apprendista e maestro9.

Per promuovere una CdP è necessario attuare un percorso che tenga conto di alcune

fasi essenziali, riassumibili in tre punti, che sono:

1. individuare le persone che siano potenzialmente interessate, con l’esperienza, o

in possesso di abilità a cui è finalizzata tale cooperazione;

2. preparare la piattaforma web adatta (ne indicheremo alcune);

3. porsi il problema della valutazione della CdP e che essa venga fatta tenendo

conto del reale contributo all’organizzazione.

Le comunità virtuali, che in tal modo si formano10, non sono affatto virtuali secondo

l’opinione di Pierre Levy. Le relazioni che s’instaurano attraverso chat, newsgroup o

forum, sono relazioni forti e responsabili, guidate da regole precise di netiquette che

garantiscono coesione e riconoscimento fra i membri.

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8 Buone pratiche è un termine molto in voga nei convegni o corsi di aggiornamento per insegnanti ma poco applicati nella realtà per la difficoltà di concretizzare gruppi di lavoro che aumenterebbero il tempo scuola a dismisura in relazione poi ad effettivi e duraturi risultati. Diffondere buone pratiche è comunque un imperativo delle istituzioni scolastiche.

9 Ivi nota n° 6.

10 Chiunque ne ha avuto esperienza può dare atto di queste affermazioni.

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Normalmente nel web vige il principio di reciprocità e gli individui sono disposti a

condividere le loro conoscenze ricevendo informazioni e buona reputazione e,

secondo Levy, le comunità virtuali esplorano nuove forme di opinione pubblica. Le

comunità virtuali non sono irreali e la loro esistenza è protesa verso l’attualizzazione

delle relazioni e delle conoscenze, verso l’intelligenza collettiva11.

Le CdP sono sostanzialmente gruppi informali di persone che condividono una

pratica. L’associazione del concetto di pratica e di comunità si basa su tre dimensioni

principali:

✓ il mutuo impegno di relazione e interrelazioni;

✓un’impresa comune, detta anche dominio, comune interesse;

✓un repertorio condiviso in modo consapevole col tempo e interazione continua.

Dunque non concetti ma processi che si concretizzano a partire dalle relazioni fra gli

individui e al loro modo di intenderle con alla base il comune impegno cognitivo ed

emotivo. È avere un’impresa comune, condividere un compito, un progetto da

affrontare insieme con gli stessi obiettivi. È il punto di arrivo che riflette la piena

complessità di tale mutuo impegno12.

Questi elementi formano la CdP, non il sito o la piattaforma in sé e nemmeno il fare

lo stesso lavoro o percorso di studi. È solo sviluppando parallelamente queste tre

dimensioni principali che “uno coltiva la CdP”13.

CdP dunque possono assumere varie tipologie riassumibili in tre: aziendali,

professionali e di apprendimento.

Per quanto riguarda il lato docente rientra nella tipologia professionale e l’abbiamo

già delineata sopra, se ve ne fosse bisogno, aggiungiamo che una CdP di progetto e/o

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11 Intervista del 1997 da http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/f/ferri.htm,consultato ad ottobre 09, ivi cap 3.

12 Questa descrizione delle CdP sono prese dal pensiero di Jean Lave e Etienne Wenger, questʼultimo autore di più testi sulla tematica tra cui E. Wenger, Comunità di pratica. Apprendimento, significato e identità, Ed Cortina Raffaello, Milano, 2006.

13 Per E. Wenger inoltre “Imparare è una questione di appartenenza ad una comunità tanto quanto un processo intellettivo, coinvolge tanto il cuore quanto la testa.” Ulteriori precisazioni si possono trovare sul sito http://www.ewenger.com/theory/index.htm,consultato a ottobre ʼ09, in inglese, alcuni testi sono in via di traduzione.

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programmazione e di buone pratiche didattiche sarebbe un valore aggiunto necessario

ed attuale per le problematiche della scuola odierna.

Dal lato discente, la CdP calata nell’aspetto didattico, è un caso particolare. La

classe, o le classi, sono immaginate e divengono vere e proprie CdP dove tutti

possono giocare diversi ruoli e responsabilità, scambiandosele. La classe non risulta

più incentrata sulla figura dell’insegnante come unico depositario della conoscenza

così come gli studenti non sono più solo recettori passivi di informazioni ma ciascun

membro è considerato una fonte per ottenere informazioni e ciascuno condivide

secondo le proprie conoscenze.

Grazie al lavoro di gruppo si ha come risultato un aumento complessivo delle

conoscenze e ogni studente è facilitato nello sviluppo delle proprie attitudini

personali.

Inoltre lo sviluppo delle CdP è basato sul modello di riferimento delle comunità

scientifiche di ricerca e valorizzano gli aspetti metacognitivi favorendo

l’acquisizione, da parte degli studenti, di abilità cognitive. Tale modello è basata su

quattro passaggi che sono:

II. modelling, l’apprendista osserva il maestro che mostra come fare e poi lo imita;

III. coaching, il maestro/insegannte assiste e agevola il lavoro;

IV. scaffolding, il maestro fornisce un sostegno come stimoli e risorse;

V. fading, il maestro diminuisce progressivamente il supporto fornito per lasciare,

poco per volta, maggiore autonomia a chi apprende.

Nella CdP sono inoltre favoriti forme di peer tutoring e reciprocal teaching. Temi

peraltro già ampiamente trattati nei precedenti capitoli.

Unica contestazione possibile è riferibile all’età degli alunni della primaria e

secondaria inferiore, mentre non ve ne sono per la secondaria superiore.

Il problema, perlomeno dalla terza primaria, credo non sussista se si fa un percorso

con la classe di conoscenza della piattaforma, che si può implementare nella forma di

base per poi arricchirla man mano che l’ambiente diventa familiare, per arrivare poi

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ad un utilizzo personale, pur se limitato, autonomo.

Un difficoltà reale è invece trasmettere l’importanza di una tale attività ai genitori

che si dovranno occupare di dotare di un computer con connessione i propri figli,

come dimostrato anche dal questionario analizzato nel secondo capitolo.

Far comprendere cioè che in questo modo il computer non è più solo una semplice

(o complessa a seconda dei punti di vista) fonte d’informazione ma diviene supporto

dell’ambiente di collaborazione favorendo la costruzione collaborativa di conoscenza

e scambio cooperativo all’interno del gruppo. Far comprendere inoltre che internet è

un ambiente ottimo per attività comunitarie poichè nasce come mezzo di relazione,

ha una struttura decentrata non gerarchica, valorizza la partecipazione e le

conoscenze “sparse” in rete tendono a riaggregarsi intorno ad interessi condivisi.

Naturalmente con la presenza dell’adulto che però diviene, piano piano, un primo

inter pares. Un ultimo rinforzo all’importanza delle CdP, viene dalla knowledge

building community, ovvero dalla conoscenza che costruisce la comunità.

Ponendo sempre al centro la dimensione sociale dell’apprendimento, Bereiter e

Scardamalia focalizzandosi sulle modalità di costruzione della conoscenza

riprendono il modello di Karl Popper distinguendo tra:

✓ mondo 1, dove si verificano i fenomeni della realtà fisica;

✓ mondo 2, il livello nel quale la conoscenza esiste nella mente degli individui;

✓ mondo 3, dove la conoscenza è intesa come oggetto sociale e culturale.

I due autori sostengono che tale modello, proprio della comunità scientifica, è

applicabile all’ambiente educativo proponendo un cambiamento radicale del ruolo

della scuola con un passaggio da struttura che promuove apprendimento ad

organizzazione che produce conoscenza, per dirla in termini di mondo, una scuola

che passa dal mondo 2 al mondo 3!

Per questo passaggio è necessario un ambiente di apprendimento in cui tale

conoscenza possa essere rappresentata in modo evidente, quindi nella rete di

computer, nel web, dove è sempre e immediatamente accessibile.

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Concludo questo paragrafo con la presentazione di due esperienze concrete di CdP

attuate nello stile web 2.0 e create con lo stesso tipo di piattaforma Ning.

Ning14 è un'applicazione web multilingua, ideata da Marc Andreessen, permette di

creare siti web sociali o reti sociali (social network) senza avere nessuna cognizione

di programmazione.

Da wikipedia:

Ning permette all’utente di controllare le funzionalità applicative ed estetiche del sistema, le procedure di registrazione, l’inserimento dei contenuti, la moderazione e così via. Ha un sistema di amministrazione flessibile, ed utilizza sistemi di sicurezza ed autenticazione/autorizzazione. Appositi moduli permettono agli utenti di inserire immagini, foto e file musicali. Ha una discreta integrazione con Flickr, Facebook e MySpace con supporto di

strumenti caratteristici del web 2.0 quali RSSe blog. Una difetto è rappresentato dalla mancanza di strumenti quali il wiki e il calendario.15

Alcuni social network, facebook in modo particolare, sono

molto diffusi anche tra insegnanti che ritrovano o vengono

ritrovati da ex alunni, ed è un ottima cosa, ma rimangono

generalisti, un pò vetrina un pò base di appoggio.

Se si vuole attuare un percorso specifico, mantenendo

anche la piacevolezza dello strumento, ritengo che la scelta

attuata da alcuni insegnanti in questo campo vada nella

giusta direzione. Lo scrivente ha progettato la creazione di

un social network, con altri colleghe/i che hanno già dato

la loro adesione chi come cofondatore chi come

partecipante, sullo specifico del Podcast didattico che sarà

intitolato “La voce di Calliope” che ad ora è aperto solo in prova con diverso titolo16.

Una è “Religione 2.0”, l’altra “La scuola che funziona”.

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14 Il sito ufficiale è http://www.ning.com/.

15 Dal sito http://it.wikipedia.org/wiki/Ning, consultato ad ottobre ʼ09.

16 Lʼindirizzo web è per ora http://framapaopodcast.ning.com.

Figura 2 Ecco come si presentano le azioni di

attività della pagina personale allʼinterno di Ning

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✓ Religione 2.017

È una comunità di pratica, fondatore l’ins. Luca Paolini, su una disciplina specifica,

in alcuni casi controversa, che sente il bisogno di un confronto su tematiche

strettamente correlate alla specificità didattica e contemporaneamente all’aspetto

giuridico e all’attualità della disciplina.

I suoi membri sono suddivisi per grado di scuola e per Diocesi di appartenenza, dato

il loro essere insegnanti a questo doppio legame tra Stato e Diocesi di appartenenza

(con qualche confusione a volte fra Ufficio scolastico di appartenenza e Diocesi che

non ricade nello stesso territorio).

Credo di poter affermare che, a parte alcune discussioni troppo incentrate su

specifiche problematiche ecclesiali, ci sia un buon apporto tra i membri che tende a

favorire la costruzione collaborativa di conoscenza e lo scambio cooperativo nello

specifico didattico della disciplina e nel suo aspetto sociale e religioso.

Vi è un altro elemento fondamentale, l’attenzione alla didattica applicata alle TIC e

al web 2.0 nello specifico con un aumento dell’expertise, in questa direzione, molto

valido ed avanzato tanto da progettare un ircamp, sullo stile dei barcamp18, in

presenza per aumentare la coesione e cooperazione tra i membri.

✓La scuola che funziona19

Già il titolo ci dà l’idea della chiara identità data dal fondatore, l’ins. Gianni

Marconato, a questa CdP. Raccoglie insegnanti, ma anche altri professionisti, che non

si accontentano dei luoghi comuni che da un pò di anni a questa parte coinvolgono

l’opinione sulla scuola pubblica, ma ancor più che non si accontentano, per un loro

forte impegno quotidiano nella ricerca del miglior approccio didattico con e senza

TIC.

Maggiormente “con” le TIC perchè si insegna ai nativi digitali ma sicuramente

mettendo sempre alla base la motivazione didattica, che spinge all’innovazione, alla

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17 Sito web http://ircduepuntozero.ning.com/, consultato a settembre ʼ09.

18 BarCamp è una rete internazionale di non conferenze aperte i cui contenuti sono proposti dai partecipanti stessi.

19 Sito web http://lascuolachefunziona.ning.com/, consultato ad ottobre ʼ09.

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ricerca del miglior approccio in relazione al “Giovannino” che ho davanti20.

A differenza di religione 2.0, la scuola che funziona non si concentra su una

disciplina o aspetto specifico ma raccoglie insegnanti di vari ordini di scuole e

diverse discipline concentrandosi in particolar modo sul rapporto trittico fra didattica/

innovazione/tic.

Cerca di avere una visione a tutto campo del mondo scuola e delle sue

problematiche. Come nel primo ogni membro può aprire nuove discussioni, che

danno vita ad altrettanti forum, aggiungere post, aggiungere eventi, inviare messaggi,

personalizzare la propria pagina, il proprio blog interno, e il fondatore può decidere

se gli aderenti possono aprire dei sottogruppi.

È il sottotitolo che dichiara palesemente gli intenti cioè “Pratiche di insegnanti che

migliorano la scuola italiana”, le buone pratiche affrontate e fondate nell’ottica della

costruzione collaborativa di conoscenza e dello scambio cooperativo già descritto.

Non è una dichiarazione fondata sul vanto ma su oggettivo interesse e su una base di

expertise non indifferente di anni e di continui aggiornamenti. È non solo una

dichiarazione di intenti ma un’affermazione basata sulla realtà.

Non è certo l’unico modo, ve ne sono altri, di cui alcuni già citati come maestro

Alberto21 con blog targati web 2.0 e segnalazione continua di tool web 2.0 o di

maestro Roberto22 che punta sia su contenuti didattici sia su software didattico free.

Naturalmente sono molto completi entrambi, qui ho solo descritto la loro specificità.

Diversa è la scelta e la funzionalità ed è questa la forza del web 2.0, siti e blog aperti

ed interattivi sono indirizzati ad un pubblico più ampio di cui la maggioranza fruisce

diciamo “in modalità download”, con attività limitate alla comunicazione ai

commenti e confronto. La piattaforma o il social network invece hanno un target più

limitato e ciascuno partecipa sia in modalità “upload” sia “download”.

Entrambe sono in pieno percorso costruttivista del web 2.0.

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 12

20 Da un vecchio detto “Se vuoi insegnare il latino devi conoscere Giovannino”.

21 Sito e blog dellʼins. Alberto Piccini, http://www.albertopiccini.it/, consultato a settembre ʼ09.

22 Sito e blog dellʼins. Roberto Sconicchini, http://www.robertosconocchini.it/, consultato ad ottobre ʼ09.

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✓L’intervista

Premesso che ho contattato tutti gli autori di blog, siti e social network citati da cui

ho ricevuto l’autorizzazione ad inserirli in questo testo, tutti mi hanno risposto con

disponibilità e spirito di collaborazione per cui di questo li ringrazio23, ho anche

effettuato ai creatori dei due social network appena citati un’intervista. Pongo qui

l’intervista con una sintesi delle risposte:

1) Perchè creare un social network e impostarlo sullo stile della CdP?

2) Da quanto tempo è aperto il tuo social network, come è l’andamento dei membri, come giudichi la loro partecipazione?

3) Ha favorito la costruzione collaborativa di conoscenza e lo scambio cooperativo all’interno del gruppo dei partecipanti?

4) Vi è spazio all’innovazione e alla sperimentazione?

Ecco le risposte.

Luca Paolini, fondatore di IRC 2.0 (IRC sta per Insegnamento Religione Cattolica)

ha così risposto alle domande poste sopra.

1.Irc 2.0 nasce come un vero e proprio Social Network, al pari di Facebook e

Twitter ma dedicato agli insegnanti di religione che vogliono utilizzare i nuovi media

nella loro didattica. Si appoggia alla piattaforma Ning (molto diffusa nel mondo

anglosassone). Come tutti i SN la prerogativa di Irc 2,0 è quella di connettere i suoi

membri ed offrire loro una serie di strumenti utili per la comunicazione,24.... Irc 2.0 è

dunque una comunità di pratica de facto, perché forse a differenza dei social network

più diffusi, i suoi membri hanno in comune un unico obiettivo, migliorare la loro

prassi didattica attraverso la socializzazione di esperienze, materiali ecc…

2.Il SN è aperto da un anno, esattamente dal dicembre 2008. Il numero dei membri è

andato sempre crescendo anche se la partecipazione è saltuaria come era prevedibile.

Alcuni membri si sono iscritti e non sono più tornati, altri tornano di quando in

quando, altri ancora sono assidui e quotidianamente intervengono, inseriscono

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 13

23 Da queste richieste alcuni mi hanno inserito fra i loro contatti, chiaramente accettati, fra i vari tool social dichiarando il proprio interesse nel proseguire confronto e collaborazione con i mezzi del web 2.0.

24 Ho eliminato lʼelenco dei tool perchè già considerati, ivi pag. 10.

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materiali, dialogano tra loro. Per alcuni Irc 2.0 è un luogo dove segnalare iniziative

personali, siti, blog, eventi ecc… Ne sfruttano dunque le potenzialità senza però

instaurare un vero e proprio dialogo con i partecipanti. Insieme all’esperienza del SN,

proprio per favorire l’aggregazione intorno a questo progetto, è nata l’idea di creare

momenti reali di incontro, come l’Ircamp (Barcamp per irc), in cui membri

intervengono per portare il loro contributo “de visu”.

3.Sicuramente, specialmente per la scuola primaria e dell’infanzia ha favorito un

consistente scambio di materiali, la creazione collaborativa di prodotti cartacei e

multimediali. Ma anche il sostegno a problematiche di tipo legale, didattico,

scolastico inteso come il rapporto con altri colleghi di altre discipline e con i dirigenti

scolastici. Insomma una piazza virtuale dove incontrarsi e discutere su tutto ciò che

gira intorno al mondo irc. Alcuni membri sono partiti da Irc 2.0 per approdare poi alla

creazione di un loro blog in cui esprimere al meglio la propria personalità, i propri

interessi, il proprio modo di fare didattica.

4.Ogni membro è libero di creare gruppi all’interno del SN in cui sperimentare e

innovare. Non ci sono però al momento, né da parte mia, né da parte di altri, progetti

e idee comuni da portare avanti in modo sperimentale e con il monitoraggio

collaborativo. Ci sono piuttosto idee e materiali sparsi che vengono sperimentati nella

didattica quotidiana.

Gianni Marconato fondatore di La scuola che funziona ha così risposto alle

medesime domande.

1. La scuola che funziona nasce come un Social Network specifico per insegnanti,

una comunità di pratica con un intento dichiarato sia nel sottotitolo che nella testata

introduttiva che recita testualmente: “Perchè un "nuovo" ambiente on-line sulla

scuola con tutti quelli che già ci sono? Perchè questa è una iniziativa non

"istituzionale" ma "di chi la scuola la fa per davvero". Per il piacere e l'orgoglio di

fare buona scuola. Senza essere la foglia di fico di nessuno.”. Esperienze di

miglioramento dell'insegnamento e dell'apprendimento. Condivisione di esperienze e

di risorse. Confronto su temi critici.. Si appoggia alla piattaforma Ning... .

2. Il SN aperto in primavera, è rimasto inattivo per vari motivi poi concretamente ha Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 14

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ripreso le attività a metà settembre ‘09. Il numero dei membri è cresciuto molto in

fretta, in meno di due mesi si è superato il centinaio di persone. La partecipazione,

come in gran parte dei social network, si differenzia essendoci persone più attive, con

una frequenza quasi quotidiana, altre che partecipano sempre costantemente ma in

modo meno attivo, altri ancora in modo più saltuario. L'idea è: valorizzare, fuori dalle

sedi istituzionali, il lavoro di tanti bravi insegnanti che fanno funzionare la scuola

italiana a dispetto del disinteresse politico. O, nonostante l'ostilità di tanti politici

"contemporanei" alla scuola pubblica. Vorrei, quindi, dare un compito molto concreto

a questo ambiente che si articola in due mosse: 1). raccogliere, anche in forma di link,

quante più possibili pratiche di buona scuola, 2) far conoscere il più possibile questo

ambiente insistendo sullo slogan "La scuola che funziona" per una operazione

politica (nel senso alto del termine) di valorizzazione di tanto lavoro oscuro

3.Sicuramente, come detto al punto 1 della precedente risposta l’intento è quello

della massima diffusione di chi lavorando in un sistema chiamato scuola, istituzione

pubblica, non ci metta solo la buona volontà ma anche la propria capacità di ripensare

criticamente, condividendolo, il proprio percorso metodologico didattico attraverso

questo mezzo che facilita un confronto solo qualche anno fa sicuramente più difficile.

Questo lo si evince anche dalle varie tipologie di discussione impostate nel forum.

Per cui sono convinto che favorisca sempre la costruzione collaborativa di

conoscenza.

4. Questo avviene attraverso segnalazioni di risorse online e di scambio sul loro

possibile utilizzo nella didattica, nella sezione eventi, che riguardano convegni,

incontri di formazione, corsi di formazione, ecc, infine e nello specifico nella sezione

Pratiche di innovazione. Questa sezione è specifica per la conoscenza e per il

confronto su tematiche che coinvolgono l’innovazione nella didattica sia dal punto di

vista delle ITC sia dal punto di vista prettamente didattico.

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 15

Page 16: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

3. Piattaforme e siti, aperti e chiusi

Nelle comunità via web, abbiamo detto, tutti i partecipanti devono avere pari diritti,

tutte le opinioni rispettate e dev’essere lasciato spazio ad innovazione e imprevisti.

Le comunità sono uno dei pilastri della rete web perchè piano piano portano a

scoprire quali sono i valori importanti in esse, il dialogo, lo scambio, l’interattività.

Concetti espressi con un linguaggio semplice ed efficace da Giancarlo Livraghi nel

suo testo “L’umanità di internet”25 che nella sua tesi concorda con Wenger sulla “non

virtualità” delle CdP giungendo a dire che parole come ciberspazio, virtuale e

multimediale sono da abolire dal linguaggio riguardante il web perchè non

corrispondono e non spiegano tale realtà.

Cosa indichi la parola sito internet, quasi sempre abbreviata in sito, è ormai noto a

tutti. È un insieme di pagine web correlate, ovvero una struttura ipertestuale di

documenti accessibili con un browser tramite World Wide Web su rete internet26.

Non ci occupiamo delle diverse possibili categorie di siti ma solo, in breve, di due

tipologie: chiusi o statici, aperti o dinamici.

Sono innumerevoli ormai siti che si occupano di didattica, sono sia siti classici che

chiameremo chiusi o statici27 , nel senso che l’utente finale28 può accedervi in

modalità lettura ed eventualmente scaricando testi o software didattico. tali siti

vengono aggiornati una tantum da una o più persone.

I siti aperti o dinamici sono invece siti ad alta interazione in cui l’utente finale in

qualche modo partecipa più o meno attivamente, in modo simile succede anche per i

blog (come abbiamo visto), inviando mail, commenti e anche modificando il

contenuto con proprie pubblicazioni col sistema di editor grafici (già descritti per i

blog nel cap. 3).

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 16

25 G. Livraghi, Lʼumanità di internet, Hops 2001. Il testo è comunque reperibile completamente sul web allʼindirizzo http://www.gandalf.it/uman/index.htm, consultato a settembre ʼ09. Consigliata la lettura a chi pone lʼaccento sul significato di mondo virtuale, come esclusione dalla realtà, a cui indirizzerebbe il web.

26 Da Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Sito_web,consultata a settembre ʻ09.

27 Statici o dinamici è la terminologia usata ufficialmente, ho aggiunto chiusi o aperti per rendere più evidente anche la diversa ricaduta didattica.

28 Sia docente o discente.

Page 17: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

Digitando “siti didattici” con qualsiasi motore di ricerca avremo un lungo elenco

anche se solo alcuni ricorrono sempre e questo, abbiamo visto, è indice di buon

posizionamento nel motore di ricerca e quindi anche di qualità (non per il numero di

visite in sé ma per la citazione in altri siti e blog che ne confermano la qualità,

passaparola....).

Imbarazzo della scelta all’inizio ma poi si affina la ricerca si salva sui preferiti quelli

scelti per contenuto, qualità ed interesse ed è facilissimo ritornare alle consultazioni.

Anche in questo campo ne nascono sempre di nuovi e sempre con maggior attenzione

al paradigma del web 2.0. Non ci soffermeremo quindi sui siti, anche chi è ancora

legato a carta e penna non ha comunque problemi di “navigare un sito”, analizzeremo

in breve, invece, il tema delle piattaforme nate per l’e-learning e quali di queste

possono essere “sfruttate” a livello didattico.

Da tenere presente che vengono in aiuto anche diversi portali29 in cui vengono

immessi i link dei siti didattici suddivisi per grado di scuola e discipline.

Per piattaforma e-learning30, d’ora in poi solo piattaforma, si intende un sistema che

permette di implementare, cioè rendere operante, strutturare e gestire delle attività

formative nel web.

Le principali funzionalità che deve avere una piattaforma sono essenzialmente tre:

a.gestione degli utenti;

b.gestione dei contenuti;

c.amministrazione del processo di formazione.

La piattaforma oggi può usufruire di alcune tipologie di sistemi software di gestione

dei contenuti, essi sono il CMS (content management system), il LMS ( learning

management system) e infine il LCMS (learning content management system)31.

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 17

29 Per portale web si intende un sito che si propone di essere una porta per siti tematici, un esempio per la scuola primaria http://www.atuttascuola.it/materiale/scuole_elementari/portali_didattici_per_scuole_ele.htm, consultato ad ottobre ʼ09.

30 Per approfondimento si può consultare il Vademecum del CNIPA oppure il sito http://www.tecnoteca.it/tesi/e_learning/strumentiedambientiasostegno/infrastrutturatecnologica, consultato ad ottobre ʼ09.

31 Rimando a Wikipedia e siti specializzati o forum, anche in italiano, per un primo approccio documentale su questi sistemi.

Page 18: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

L’architettura delle piattaforme così strutturate si presentano come un insieme di

moduli di apprendimento32 tra loro connessi, la modularità dà così buone garanzia di

flessibilità e non obsolescenza per i continui aggiornamenti che rispondono alle

esigenze degli utenti.

I motivi che spingono l’amministratore di piattaforma a sceglierne un tipo piuttosto

che un altro sono dettati dai modelli formativi, che sono sostanzialmente tre: in

autoistruzione, collaborativo e laboratoriale. La scelta inoltre è basata sul tipo di

strumenti corrispondenti al modello con i requisiti di qualità funzionali, di supporto e

amministrazione dei vari corsi.

Esistono poi i tool d’interazione che già conosciamo come chat, videochat, forum,

bacheca e file sharing33.

Ultima cosa da tenere presente e che, laddove risulta possibile, attualmente si cerca

spesso di organizzare corsi di tipo “blended” cioè corsi che pur online abbiano

almeno un incontro iniziale, uno in itinere ed uno finale in presenza.

I tipi di piattaforma web che si conoscono sono molti ma si ribadisce sempre che la scelta fa fatta in base alle necessità didattiche ed alle risorse economiche tenendo presente che molte risorse sono completamente open. Sulla home page di una piattaforma scolastica di un istituto tecnico superiore si può leggere la scelta ben esplicita:

“Le ragioni di una scelta. Esistono diverse piattaforme open source per la gestione di corsi on line, ma Moodle offre il vantaggio di favorire una didattica costruttivista.”34

Ecco alcuni tipi di piattaforma commerciali:

Saba Learning Enterprise, Lotus Learning Space, WebCT Campus Edition, Docent

Enterprise, Click2learn Aspen35.

Quelli open source più conosciute invece sono:

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 18

32 Tra cui anche quella del nostro corso SDEFAD sito http://sdefol.uniroma3.it/.

33 Per file sharing sʼintende la possibilità data ai corsisti di condividere file e materiali documentali attraverso le azioni di upload e download.

34 I.I.S. Alaimo, Lentini, (Sr); indirizzo internet http://lnx.itcwelcome.it/moodle/, consultato a settembre ʼ09.

35 Come sempre elenco non esaustivo delle principali piattaforme di -e-learning commerciali, i siti si trovano facilmente digitando il nome con un motore di ricerca, aggiungendo se necessario e-learning.

Page 19: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

Moodle, Docebo/Spaghetti learning, ADA, Dokeos/Claroline, Movable Type.

Tra queste le più utilizzate sono probabilmente Docebo e Moodle, per questo

inseriamo una brevissima presentazione delle loro caratteristiche.

✓Docebo36

È creato e sviluppato integralmente dal team interno della società Docebo. Il

successo di Docebo è attribuibile anche alla sua “universalità” che dà la possibilità di

personalizzare il modello didattico alle esigenze dei referenti e permette ad una

piattaforma evoluta e flessibile, ma soprattutto semplice, di essere configurabile per

diversi ambienti: dalle aziende, all’università a pubblici uffici, alla scuola. Il software

è facilmente configurabile e gestibile.

Docebo è un'azienda italiana che fa capo ad un network internazionale composto da

docenti universitari e consulenti informatici. La piattaforma, chiamata inizialmente

Spaghetti learning per sottolinearne il carattere e il know-how completamente italiani

(dal 2004 la piattaforma si chiama Docebo), è considerato uno dei migliori LMS open

source a livello mondiale.

✓Moodle37

È un Content Managment System chiamato anche “Course Management System”,

progettata per aiutare insegnanti ed educatori a creare e gestire corsi on-line con

ampie possibilità di interazione tra studente e docente. È scritto in PHP. La sua

licenza libera e la sua progettazione modulare consentono alla comunità di sviluppare

di continuo funzionalità aggiuntive. È forse la più usata (cfr. nota n° 33) adatta

all’operatività della didattica costruttivista.

Le funzionalità di Moodle spaziano dalla creazione e all'organizzazione di corsi e

lezioni on-line a strumenti per la comunità, come: forum, gestione dei contenuti, quiz,

blog, wiki, chat, glossari. Moodle è progettato in modo modulare e per questo è

possibile ad esempio il supporto di più lingue o l'installazione di temi grafici diversi

da quello predefinito.

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 19

36 Indirizzo web http://www.docebo.org/doceboCms/, consultato ad ottobre ʼ09.

37 Indirizzo web http://moodle.org/?lang=it_utf8, consultato ad ottobre ʼ09.

Page 20: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

Esistono poi molti tipi di CMS di personal publishing, simili alla piattaforma ma che

non consentono l’implementazione di un corso pur avendo un’interattività molto alta,

tra questi ricordo wordpress, già indicata, e joomla38 che è definita dagli sviluppatori

un progetto e non un prodotto.

Aggiungo qui Google group39. Non una vera

piattaforma ma uno spazio online disponibile

gratuitamente per chi possiede un account, o si accredita. Tale spazio permette di

aggregarsi a gruppi già esistenti o di crearne di propri scegliendo a priori il tipo di

categoria fra quelle indicate (esiste la categoria scuola/università) per dichiarare di

cosa si occupa il nostro gruppo e facilitarne la ricerca (in pratica è un primo

metadato).

Facile da fare ed esplicativa la schermata iniziale per ciò che si può fare. Utile per

portare avanti un progetto o una programmazione didattica condivisa di team di

interclasse o d’istituto. Può divenire un repository di materiale documentale, sapendo

che vengono tracciati i vari interventi sul singolo documento di cui si può così avere

una case story dalla prima bozza alla stesura finale del lavoro collaborativo.

In breve questa descrizione dà un’idea di piattaforma e spazi online similari, ora

altrettanto brevemente vedremo alcune diverse tipologie di utilizzo didattico di

piattaforme che partono da situazioni istituzionali e non, da singole iniziative di

docenti, avendo sempre come prerogativa la partecipazione dei docenti e

l’innovamento della didattica.

Tra questi @pprendere digitale, @pprendere in rete Microsoft, eTwinning,

Think.com.

Figura 3: la presentazione e le azioni per iniziare lʼattività di creazione di

un gruppo con google group

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 20

38 Sito http://www.joomla.it/presentazione-joomla.html, consultato a settembre ʼ09.

39 Indirizzo web http://groups.google.it/.

Page 21: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

✓@pprendere digitale40

È un progetto partito nel 2005 sviluppato dal MIUR-DGSI in collaborazione con

altri enti statali e regionali e collaborazione dell’AIE41, si prefiggeva di:

“... sperimentare un ambiente di apprendimento on line e contenuti digitali a supporto della didattica tradizionale nelle classi prime della Scuola secondaria di primo grado, per le discipline di italiano (competenze linguistiche) matematica e scienze, al fine di favorire l’ingresso dell’innovazione nei processi di insegnamento-apprendimento e di realizzare un’esperienza guida nell’introduzione delle TIC..”.

Tale ambiente è ospitato sulla piattaforma Puntoedu Apprendere digitale42 Obiettivi

dichiarati del progetto sono l’integrazione della didattica e lo studio fra medium

cartaceo e contenuti digitali come i learning object, realizzare dei percorsi didattici

per alcune discipline come matematica, scienze e italiano, offrire una formazione ai

docenti coinvolti per portarli ad integrare nella didattica quotidiana l’utilizzo dei vari

medium.

Favorire inoltre l’interazione e la cooperazione fra studenti, realizzare una

community fra le scuole partecipanti (circa 150 classi), diffondere le TIC e

personalizzare il percorso educativo degli studenti e le competenze dei docenti.

Diverse le linee guida ma particolare rilevanza è data alla pluralità dei modelli

didattici, all’importanza dei gruppi ai fini dell’apprendimento e la condivisione del

processo educativo. L’applicazione dei contenuti al processo avviene attraverso i

learning object43.

L’ultimo aggiornamento sul sito dell’innovazione tecnologica del MIUR risulta

essere però del 2006.

✓@pprendere in rete44

Apprendere in rete è un servizio offerto dalla Microsoft per tutti i docenti e studenti

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 21

40 I n d i r i z z o w e b h t t p : / / w w w . p u b b l i c a . i s t r u z i o n e . i t / i n n o v a z i o n e / p r o g e t t i /prot3533_05apprendere_digitale.shtml ,consultato a ottobre ʼ09.

41 AIE: Associazione italiana editori, http://www.aie.it/.

42 Indirizzo web http://puntoeduft.indire.it/digitaleins/index.php. Consultato ad ottobre ʼ09.

43 Di cui darò conto nel paragrafo seguente.

44 Sito web http://www.apprendereinrete.it/default.aspx, consultato a settembre ʼ09.

Page 22: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

(una parte più limitata) che desiderano iscriversi. Per accedervi e registrarsi bisogna

avere un account di windows live (quello di messenger per intenderci) poi si entra a

far parte della community.

Nella home page vi è chiara la dichiarazione di intenti sintetizzabile in quattro punti

che sono: il valore di appartenere ad un gruppo, la classe virtuale e non solo frontale,

strumenti tecnologici a disposizione, piattaforma wiki.

Vi è certo un occhio di riguardo a strumenti targati microsoft, con lezioni online per

approfondirne l’uso, ma senza trascurare l’apertura come il

wiki. Dopo il login si presenta la home con a destra una

colonna di azioni possibili molto semplice, come si evince

dalla figura. Le attività principali sono tre, sempre sullo spirito

di buone pratiche e collaborazione, inoltre ci si può iscrivere al

gruppo autori per pubblicare e condividere (poi scaricabili da

chi fa parte della community) lavori che si ritengono

significativi e partecipare al concorso “Docente dell'anno”, l'iniziativa di Apprendere

in rete promossa in collaborazione con ANP45 per proposte innovative attuate anche

in via sperimentale.

✓eTwinning46

Abbiamo già parlato di eTwinning nel precedente capitolo qui includiamo questo

spazio, in ambito indire per l’Italia, come piattaforma pensata ed utilizzata con un

obiettivo specifico, la ricerca di scuole partner di altri stati europei per attuare un

gemellaggio tramite un progetto comune e scegliendo una lingua tra quelle

comunitarie. Tra i fondatori si annovera Santi Scimeca che continua a contribuire al

miglioramento del portale, alle sue attività oltre a Spring Day for Europe e altre

attività della comunità europea47.

È stato rinnovato da poco (settembre 2009) il desktop per avvicinarlo alla tipologia

web 2.0 ma senza allontanarsi dall’intento preciso di diffondere una conoscenza

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 22

45 ANP: Associazione Nazionale Presidi.

46 Sito web http://etwinning.indire.it/, consultato a ottobre ʼ09.

47 Sito web http://www.springday2009.net/ww/en/pub/spring2009/homepage.htm consultato a ottobre ʼ09.

Page 23: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

reciproca di alunni di varie nazioni europee attraverso il gemellaggio elettronico

senza escludere altre possibilità (da qui può nascere anche l’idea del progetto

Comenius).

Cliccando su “inizia da qui” della home page si aprirà una pagina con tre sezioni,

webzine, insegnanti, regioni. Ognuna dà ampia spiegazione, con PDF scaricabili, di

ciò che si può fare per scoprire eTwinning. Inoltre poco più sotto vi sono altri tre

elementi (1,2,3) in ordine: virtual tour in eTwinning, registrazione e attivazione di un

progetto.

Percorso esplicativo e completo. Per accedervi è necessario avere l’account di posta

elettronica con ...@istruzione. Rimando al cap 3 per dettagli già esplicati, una volta

all’interno. L’iniziativa è nata a Bruxelles qualche anno fa, ha ora molte scuole

aderenti e proponendo la propria idea (il consiglio è di inserirla se non in inglese

perlomeno in spagnolo o francese per avere più chance sulla sua lettura) troverete

senz’altro altre scuole di diversi paesi con cui costruire e condividere un bel percorso.

Ogni paese europeo ha un suo responsabile che vaglia e da l’ok al progetto che se,

portato avanti, ottiene un riconoscimento chiamato “label europeo” per classi ed

insegnanti partecipanti.

✓Think.com48

Think.com fa ora parte di ThinkQuest, una piattaforma di apprendimento in cui

insegnanti e studenti creano progetti didattici, partecipano a un concorso per la

creazione di siti Web e sfogliano una libreria di progetti degli studenti stessi. È un

ambiente protetto e gratuito della Oracle Education Foundation che offre alle scuole

materne, elementari e medie un ambiente sicuro completamente gratuito. ThinkQuest

è una comunità protetta da password, controllata dagli insegnanti e non prevede la

presenza di materiale pubblicitario.

In questo caso l’iscrizione non è personale ma dell’Istituto scolastico di

appartenenza, bisogna compilare un form che va completato con l’approvazione del

dirigente scolastico con tutti i dati e dev’essere nominato un insegnante referente che

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 23

48 Sito web http://www.thinkquest.org/it/, consultato ad ottobre ʼ09.

Page 24: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

per la Oracle diventa Amministratore Think.com e che avrà tra i suoi compiti

l’impostazione della scuola, la gestione del contenuto inserito dalla scuola, la

gestione degli account sia degli altri insegnanti sia degli studenti49, infine dare

supporto di base agli utenti.

La scuola sigla un accordo con i termini di utilizzo e compila un modello di

proposta di partecipazione, infine i genitori devono firmare un modulo di consenso.

Forse un pò macchinoso ma viene messa in primo piano la sicurezza. Il principio

qui non è solo quello della condivisione delle buone pratiche da parte degli insegnanti

ma di uno scambio attivo anche per i discenti.

✓Learning design

Avere dei contenitori significa anche pensare a come progettare il contenuto ed il

processo del contenuto tenendo presente il principio della riusabilità, altrimenti

sarebbe come usare carta e penna in modo più sofisticato ma anche più faticoso. Per

Learning Design, LD, s’intende quindi il modo d’impostare un’attività didattica

online. Il requisito principale per lo sviluppo di una specifica LD è quello di fornire

una cornice dentro cui usare e integrare le specifiche esistenti e che possa

rappresentare in modo formale il processo di insegnamento/apprendimento in una

UOL50, sulla base di diversi modelli pedagogici, inclusi i più avanzati.

Una specifica UOL deve soddisfare i seguenti requisiti:

• Completezza, Espressività pedagogica, Personalizzazione, Compatibilità,

Riusabilità, Formalizzazione, Riproducibilità.

Discorso complesso e specifico ancora poco affrontato dai docenti anche perchè a

livello professionale riguarda figure diverse, comunque un lesson plan in ogni scuola

aiuterebbe ad avere un andamento meno “singhiozzante” anche di fronte ad

imprevisti.

Qui naturalmente si parla, letteralmente, di disegno didattico come definizione della

struttura didattica, l’applicazione di un modello pedagogico che specifica come

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 24

49 Un lavoro che aumenta in proporzione al numero di docenti e alunni iscritti.

50 Unit Of Learning.

Page 25: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

insegnare e come apprendere per raggiungere gli obiettivi prefissati.

Anche per questo esistono applicativi, e si discute sugli standard, tra cui alcuni si

stanno diffondendo come Reload51 e LAMS52. Questi tool hanno oggi lo standard

SCORM53 che è in pratica una raccolta di specifiche tecniche che consente lo

scambio di contenuti digitali indipendentemente dalla piattaforma utilizzata.

Il primo è essenziale in quanto a tool ed obbliga a pensare al disegno didattico quasi

in modo puro, il secondo ha un interfaccia più familiare ma che comunque impegna a

pensare al disegno didattico da dare all’unità di apprendimento che si sta costruendo.

Per Lams è nata pure una community italiana54, fatta di docenti, che si sta

impegnando nella traduzione e nella costruzione di tutorial esplicativi.

Lavorare con tool di LD significa attuare della UOL con una descrizione narrativa,

una descrizione dettagliata dell’attività e strutturare le attività che dovrà fare l’alunno.

È un esercizio di riflessione critica che risulta utile per un’impostazione didattica

complessiva oltre al fatto di attuare percorsi da inserire in piattaforma (ci dev’essere

compatibilità).

Piccolo consiglio se si fosse attirati dalla sperimentazione di uno di questi tool

partite da un progetto già attuato e provate a ricostruirlo col suo design.

Progettare un corso e-learning non è impresa semplice ci vuole un insieme di figure

o di persone con un minimo di esperienza ed accortezza, ciò che è certo è che le

scuole, da sole o in rete, devono assolutamente predisporsi ad accogliere tale

struttura/percorso in un futuro più vicino che prossimo.

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 25

51 Indirizzo web http://www.reload.ac.uk/, consultato a ottobre ʼ09.

52 Indirizzo web http://www.lamsinternational.com/, oppure http://www.lamsfoundation.org/ consultati ad ottobre ʼ09.

53 SCORM: "Shareable Content Object Reference Model" (Modello di Riferimento per gli Oggetti di Contenuto Condivisibili), da wikipedia.

54 Sito http://www.lamscommunity.org/register/?return_url=%2fdotlrn%2findex poi cliccare in fondo su Lams in italian, consultato a ottobre ʼ09.

Page 26: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

4. Learning Object

« Un learning object è ogni risorsa digitale che può essere riutilizzata per supportare l’apprendimento. » (D. A. Wiley)

I learning object, acronimo LO, possono essere considerati degli oggetti digitali e

non (anche se per qualche autore solo digitali) che perseguono un obiettivo formativo

specifico. Essi possono essere utilizzabili sia da docenti che da alunni in modo

indipendente senza bisogno di seguire una sequenza predefinita.

Il LO è una unità di istruzione riutilizzabile, inoltre costituiscono particolari tipi di

risorse di apprendimento autoconsistenti che rappresentano un’unità minima

costituita da asset, cioè elementi minimi come una breve pagina di testo,

un’immagine, un video, dei test, ecc. Tale unità minima dev’essere dotata di

modularità, reperibilità, riusabilità e interoperabilità, che ne consente la possibilità di

impiego in contesti diversi.

Per l’uso in contesti diversi sono necessari alcuni accorgimenti che si chiamano

rispetto di standard, già citati, come LMS per farli funzionare su diverse piattaforme

e SCORM che dà le regole di impacchettamento e d’ordine di fruizione dei singoli

LO. Per costruire un LO si parte da uno storyboard55 che in genere varia a seconda

del grado di scuola e della disciplina a cui è indirizzato rimanendo uguale o simile

per tutti i LO della disciplina per lo stesso grado di scuola. Lo storyboard può essere

inserito in un scenario reso graficamente per rendere l’ambiente familiare.

Sviluppa un argomento che si conclude con esso attraverso un obiettivo preciso,

degli esercizi di rinforzo e un feedback.

Il valore aggiunto di un LO risiede nella funzione di supportare, facilitare e favorire

la comprensione profonda, l’apprendimento significativo e lo sviluppo di abilità e

competenze. Vi è qui il problema della cornice pedagogico/didattica di riferimento

dove il singolo, o serie, LO assume significato e si configura come strumento e mezzo

di raggiungimento di un chiaro obiettivo formativo. Se come abbiamo visto i LO

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 26

55 In questo caso per storyboard si intende una visualizzazione su carta dello sviluppo del LO.

Page 27: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

offrono vantaggi dal punto di vista pratico come riusabilità, flessibilità e risparmio di

tempo che lo renderanno un vero strumento didattico, ancora una volta il docente con

la sua progettualità rimane l’insostituibile registra del processo formativo pur facendo

diminuire come tempo e centralità la lezione frontale.

Rimane un dato di fatto, composto di struttura e mentalità, che risulta radicato nei

vari istituti scolastici e necessita di essere riformulato per una didattica

complessivamente diversa dall’attuale, sono i laboratori di informatica centralizzati.

Sia come struttura che come mentalità devono essere decentralizzati. Le tecnologie

si devono trovare in ogni aula insieme alla lavagna, ai libri, ai quaderni (vedere un

setting di aula di un qualsiasi paese europeo), ai gessi...

Così i discenti vivranno con i LO un’esperienza didattica diversa e aggiuntiva e,

qualsiasi lezione frontale o meno, diverrebbe quell’unità completa e complessa che

giunge più facilmente all’apprendimento significativo e complesso che necessita

oggi. Una decina di anni fa V. Midoro, ricercatore del CNR presso l’ITD di Genova,

aveva rilasciato un’intervista su queste tematiche intitolata “A scuola con il computer

nell’astuccio”, forse oggi siamo finalmente vicini a tale ipotesi56 .

Esempi se ne possono fare tanti ma se una qualsiasi lezione di geografia, su regione

o nazione, frontale con i libri di testo fosse supportata contestualmente con un LO

che ingloba Google Earth e fatto vedere col videoproiettore collegato ad leggero

netbook oppure sulla LIM e non con un “pellegrinaggio” all’aula informatica

sperando sia libera e soprattutto funzionante, avrebbe tutt’altre ricadute.

Oppure decide voi! Una visita virtuale a uno dei più famosi musei del mondo perchè

entra contestualmente nel periodo storico e in un’opera che fa parte dell’unità

didattica. Ciò è possibile solo se si capisce che lavagna elettronica e netbook, leggeri

e sempre meno costosi, collegati ad internet sono contestuali al processo della

didattica costruttivista dentro l’aula per un apporto significativo e non da orpello

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 27

56 Lʼintervista sul sito http://www.mediamente.rai.it/biblioteca/biblio.asp?id=230&tab=bio, visto a ottobre ʼ09.

Page 28: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

delle TIC non più NTIC.

Rimane solo da aggiungere una cosa e cioè dove si trovano i LO, per ora oggetti

misteriosi per la stragrande maggioranza di noi insegnanti. Molti si trovano in

repository in rete e sono facilmente reperibili per tipologia se nella loro costruzione si

sono rispettati gli standard inserendo anche i metadati, infatti qualcuno li chiama

anche LOM cioè Learning Object Metadata.

In Italia se ne sono occupati sin’ora Puntoedu di Indire prima col progetto

@pprendere digitale ora con Digiscuola57, alcuni IPRASE58 provinciali (per esempio

quello di Trento59), l’Università di Trieste60, l’Università della Tuscia61 attraverso un

master di e-learning, e in ultimo un catalogo completo in Innovascuola62 progetto al

secondo anno di attività che ha distribuito un buon numero di lavagne elettroniche a

diverse scuole ed ora sta arricchendo il catalogo di LO.

Per quanto riguarda enti pubblici. Enel energia63 (con LO specifici sull’energia e i

suoi cambiamenti nel tempo) e in modo specifico e didattico la Garamond64 casa

editrice didattica multimediale, Erickson65 e pochi altri tra cui alcuni docenti. Elenco,

come sempre, non esaustivo poichè è un campo in fervente evoluzione. Cliccando

sugli indirizzi messi in nota si apriranno delle demo da visionare per comprendere

meglio cosa sia un LO. Anche lo scrivente è stato chiamato, per conto del progetto

Innovascuola, a produrre alcuni LO di storia e geografia per la scuola primaria.

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 28

57 http://puntoeduri.indire.it/digiscuola/offerta_lo/lo/164/ ,uno dei tanti esempi, visitato a ottobre ʼ09.

58 IPRASE: Istituto Provinciale di Ricerca Aggiornamento Sperimentazione Educativi.

59 http://www.iprase.tn.it/prodotti/software_didattico/giochi/italiano/gioco.asp?id=890, visitato a ottobre ʼ09.

60 http://www2.units.it/~nirital/texel/studit/wbhome.htm, visitato a ottobre ʼ09.

61 http://webdev2.caspur.it/masterunitus/index.php?pagina=13, consultato a ottobre ʼ09; lʼUnituscia nel suo Master in e-learning aderisce al movimento internazionale Open Access, cioè libera circolazione del sapere e delle conoscenze come valore essenziale per una società avanzata.

62 http://www.innovascuola.gov.it/,cliccare poi su ordine di scuola e tipo di prodotto. Consultato a ottobre ʼ09.

63 http://archimedes.infm.it/energia2/, consultato a settembre ʼ09.

64 http://www.garamond.it/index.php?pagina=287, consultato a settembre ʼ09. Allʼindirizzo ci sono due demo cliccare su “Il lessico della storia” LO per la scuola secondaria di primo grado, più simile a quelli della primaria di cui verrà inserita una demo poichè, per tale grado di scuola, si son cominciati a produrre a settembre 2009.

65 http://formare.erickson.it/pubbl.html, con testi di tipo metodologico non di produzione. Visto a ottobre ʼ09.

Page 29: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

5. Tipi di software66

Concludo questo capitolo con un paragrafo molto sintetico sulle tipologie di

software poichè abbiamo parlato di software proprietario, open source e libero, o

free. Parto da un accenno al saggio di Eric S. Raymond intitolato “La cattedrale e il

bazaar”67 in cui l’autore paragona metaforicamente il software proprietario alla

cattedrale e quello open source al bazaar intendendo in questo modo sia la diversa

concezione che vi è alla base sia il miglioramento in itinere del software, uno più

chiuso e dogmatico, l’altro aperto alla cooperazione dei co-sviluppatori che sono gli

utenti finali, sia nella sua nascita (anche se più difficile) sia nel suo sviluppo.

✓Software proprietario

Con questo termine s’intende parlare del software che ha limitazioni sul suo

utilizzo, modifica e riproduzione e restrizioni date, per l’appunto, dal proprietario e

ottenute principalmente con mezzi tecnici (codice sorgente nascosto) e mezzi legali

(licenze e copyright). Alcuni esempi di software proprietario sono tra i sistemi

operativi Windows, Mac Os, Unix, tra gli applicativi Microsoft Office, Adobe

Photoshop, Real Player, ecc.

Esistono alcune versioni di software proprietario date in shareware, libero per un

periodo di prova limitato nel tempo (di solito 30 giorni) e altre date in freeware, cioè

disponibile gratuitamente.

✓Software open source

Open source, sorgente aperta, è un software che permette e favorisce il libero studio

e l’apporto di modifiche migliorative sia da programmatori indipendenti che da

utilizzatori finali in grado di farlo. Ciò è possibile grazie alla concessione di apposite

licenze d’uso. La collaborazione così attivata, grazie ad internet, permette al prodotto

finale di raggiungere una complessità maggiore rispetto a quella ottenibile da un

singolo gruppo di lavoro.

Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 29

66 Per un approfondimento http://it.wikipedia.org/wiki/Software, visitato a settembre ʼ09.

67 Si può trovare il testo completo in italiano sul sito http://www.apogeonline.com/openpress/cathedral, consultato a settembre ʼ09.

Page 30: capitolo 4 siti e piattaforme didattiche

Tra i più diffusi troviamo Firefox, browser web, OpenOffice, Gimp (per le

immagini), VLC (per l’audio), ecc. Per i sistemi operativi ci sono varie versioni di

Linux, gli autori di questi software hanno contribuito in modo notevole allo sviluppo

del movimento open source che è oggi una comunità molto attiva con migliaia di

progetti in corso d’opera.

Un errore molto diffuso, software open source non significa gratis, anche se l’utente

finale lo può scaricare gratuitamente, la comunità di sviluppatori si sostiene con la

donazione di piccoli contributi degli utenti finali, con la diffusione e pubblicazione su

riviste specializzate. Alla stessa filosofia si ispira il movimento “open

content” (contenuti aperti) in cui ad essere disponibili liberamente sono i contenuti,

wikipedia è il sito “Euvre libre” più conosciuto.

✓Software libero (free)

È un software pubblicato con una licenza che permette a chiunque di utilizzarlo e

vengono incoraggiate le modifiche ma anche, cosa che lo differenzia dall’open

source, la sua redistribuzione libera.

Buona parte del software libero viene distribuito con la licenza GNU GPL (GNU

General Public License) e si basa su quattro libertà: libertà di eseguire il programma

per qualsiasi scopo (chiamata "libertà 0"), libertà di studiare il programma e

modificarlo ("libertà 1"), libertà di copiare il programma in modo da aiutare il

prossimo ("libertà 2"), libertà di migliorare il programma e di distribuirne

pubblicamente i miglioramenti, in modo che tutta la comunità ne tragga beneficio

("libertà 3"). Anche il software MediaWiki è distribuito con tale licenza.

✓Software shareware

È un software proprietario dato in versione libera o dimostrativa, o demonstration (da

cui demo), aperta e funzionante per un periodo limitato di tempo oppure con

restrizioni varie (per esempio non permette di salvare) che serve però a far capire

all’utente finale se sia adatto o meno alle proprie necessità.

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