LA SCUOLA FANTASTICA Viaggio nella storia di Parabiago Dalle ...
CAPITOLO 10 - FANTASIA FILOSOFICA E FILOSOFIA FANTASTICA
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CAPITOLO 10 - FANTASIA FILOSOFICA
E FILOSOFIA FANTASTICA
Quando ad un genio artistico sovrappotente si congiunge una vivace disposizione
riflessiva, può accadere che il poeta ponga bastoni nelle ruote al pensatore e viceversa.
Entrambi i casi si verificarono in Dante.
Lo spettacolo più singolare però lo si ha non quando il poeta viene interrotto e
danneggiato dal pensatore, ma piuttosto quando il pensatore riflette sopra le visioni del
poeta, dandogli motivo di svilupparle nell'uno o nell'altro senso, e facendogli da ultimo
prendere l'oro della fantasia per moneta corrente.
Ne conosciamo già un esempio di tale genere. Come filosofo, Dante negava, al
pari di Tommaso, il concetto della materia spirituale. Sostanze intelligibili, come gli
angeli o le anime dei defunti, venivano da lui concepite come immateriali. Invece come
poeta, egli le riveste di un corpo di ombra; ma poi finisce col credere egli stesso
ingenuamente alla realtà di tale corpo poetico e si fa spiegare seriamente da Stazio, quasi
si trattasse di un fatto positivo, il come e il perché del fenomeno. Oppure: egli giunge
peregrinando alle rive del fiume infernale Flegetonte, la cui sorgente non esiste che nella
fantasia del poeta. Ciò nonostante egli domanda della sorgente geografica e si fa
raccontare la saga misteriosa del vecchio di Creta. Vede nell'inferno pareti di roccia
infrante e ponti rotti, e apprende che tale danno venne cagionato dal terremoto del
Golgota. Gli accade di osservare che alcuni spiriti predicono il futuro e che altri non
conoscono neppure il presente, ed ecco si fa spiegare la dottrina della conoscenza nei
trapassati. Insomma non v'è miracolo poetico, intorno al cui fondamento questo
razionalista si scordi di indagare.
Ma qui sta appunto un grande segreto dell'arte sua. Ciò ch'egli crea con la
fantasia, lo considera sul serio anche intellettualmente. Egli va sezionando i suoi sogni
come fossero fatti storici. La sua critica perspicace, lasciandosi imprigionare dalla propria
illusione poetica, imprigiona al tempo stesso i lettori. Il confine fra la realtà empirica e la
poesia scompare...
Fantasia filosofica e filosofia fantastica 115
Non è solo il potere della fantasia, ma è pure la forte impronta filosofica di essa,
che ci fa apparire reale il mondo poetico della Commedia. Anche l'Ariosto e il La
Fontaine ci hanno posto innanzi, con la più vivace evidenza, il mondo meraviglioso delle
loro follie. Ma noi sappiamo bene come dobbiamo comportarci a loro riguardo. Invece
dinanzi al poema di Dante il pubblico medievale dovette seriamente domandarsi se il suo
inferno non fosse di fatto l'Inferno ed il suo purgatorio il vero Purgatorio.
Poiché una cosa era sicura: il suo paradiso era davvero il Paradiso. I dieci cieli
inarcantisi sopra la terra egli non li aveva inventati; l’esistenza e le forme ne erano
scientificamente provate. E tutto l'edificio si fonda su questa base astronomica, sicché la
luce astronomica-teologica del Paradiso getta sulla costruzione dantesca del purgatorio e
dell'inferno il miraggio abbagliante della realtà.
Una sciocca critica positivistica, che non sa afferrare il carattere filosofico,
l'invigorimento scientifico, la sublimazione critica e teologica, il fondamento religioso
della fantasia dantesca, si affatica oggi ancora a cercare in questo o in quell'anfiteatro
romano, in questo o in quel cratere vulcanico, il modello dell'inferno dantesco, e in
questo o in quel colle arrotondato il modello del purgatorio. Questa è ricerca delle fonti
fatta col criterio d'un collezionista di cartoline illustrate!
Basta partire invece dal sistema celeste tolemaico-cristiano per comprendere la
costruzione degli altri due regni perché in quello sta la loro vera origine. Con ciò non si
deve negare che la fantasia del poeta tragga nutrimento anche dalla realtà terrestre
specialmente trasportando nell'aldilà linee e colori del paesaggio italiano. Ma per lo più
tali quadri servono piuttosto alla decorazione che non alla costruzione: l'idea costruttiva
del poema è soprattutto speculativa e teologica, qual doveva essere d'un fantasticare
disciplinato dalla fede e dalla scienza. L'armatura ne venne formata secondo le misure del
simbolismo e del parallelismo; sicché noi possiamo prenderci l'ardire di ricostruire la
concatenazione delle idee del poeta, seguendo il ritmo stesso del suo spirito, ossia la sua
fantasia concettuale. Se una simile ricostruzione non sarà forse esatta, sarà però certo
approssimativa, verosimile, e istruttiva...
Simili edifici ideali sono poesia al servizio di una concezione del mondo
preformata, quindi costruzione cosciente e sistematica di miti; sono, in fondo, ciò che era
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la stessa teologia medievale. Una domanda di questo tipo, qual è l'aspetto dell'Inferno?
non è per Dante un problema poetico, bensì una questione teologica. Egli non gioca con
la fantasia a figurarsi come l'inferno possa apparire; ma deduce e costruisce come - data
l'esattezza dei calcoli, e fatta riserva di errore - esso debba apparire. E’ dunque
assolutamente impossibile distinguere accuratamente caso per caso e tenere distinto
quanto Dante sapesse di aver inventato come poeta da quanto egli credesse di aver
scoperto come teologo. Figlio fedele della Chiesa, egli riteneva per lo meno probabile la
partizione del purgatorio secondo i sette peccati mortali. Avrà egli creduto inverisimile
quella divisione morale dell'inferno, che egli stesso aveva costruita? Ed era per lui
materia di convinzione o di persuasione il fatto delle anime, che si raccolgono alla foce
del Tevere, vicino alla Roma dei Papi, aspettando il loro destino? Chi può decidere ove
graviti il centro di tali simboli, se nella poesia o nella scienza? O si crede forse che Dante
abbia posto per ischerzo i suoi nemici, e persino alcuni dei suoi più cari amici,
nell'inferno? A nessun poema si intese mai dare un fondamento più rigorosamente
scientifico, né più oggettivo; mai un poeta fu così coscienzioso. Noi non conosciamo
nella letteratura mondiale alcun altro lavoro artistico che sia così profondamente
penetrato di filosofia.
Una volta o l'altra però doveva ben destarsi anche in Dante la coscienza critica, la
coscienza cioè che egli stava piantando, a guisa di un giardiniere artista, delle favole
variopinte sul sacro suolo della realtà ultraterrena, per sua natura diafana ed incolore.
Sono noti i passi del poema nei quali egli accenna agli elementi di sogno e di finzione,
all'inconsistenza delle sue figurazioni, e disincanta se stesso e il lettore. Non si dovrà
attendere tuttavia da lui, poeta, che sapesse distinguere sempre e dappertutto quant'egli
credeva per fede o perché dato teologico, da quanto gli porgeva l'invenzione personale o
la tradizione leggendaria. Qual genio poetico può sottrarsi a simile illusione? Benedetta
illusione, del resto. Il poeta pensa d'essere sulla via delle Indie, ed ecco scopre un mondo
nuovo; pensa di descrivere paradiso e inferno quali sono in realtà e crea invece un'epopea
mitica.
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