CAPITOLO 1 (Willy Morgan vol.2)

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© 2011 Edizioni Lapis Tutti i diritti riservati Edizioni Lapis Via Francesco Ferrara, 50 00191 Roma tel: +39.06.3295935 www.edizionilapis.it e-mail: [email protected] ISBN: 978-88-7874-215-4 Finito di stampare nel mese di luglio 2011 presso Tipolitografia Petruzzi Corrado & C. Zona Industriale Regnano 06011 Città di Castello (PG) Nicola Brunialti illustrazioni di Ramon Rosanas

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Il primo capitolo del romanzo di Nicola Brunialti "Willy Morgan e l'isola dei cinque anelli".

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© 2011 Edizioni LapisTutti i diritti riservati

Edizioni LapisVia Francesco Ferrara, 50

00191 Romatel: +39.06.3295935www.edizionilapis.it

e-mail: [email protected]

ISBN: 978-88-7874-215-4

Finito di stampare nel mese di luglio 2011presso Tipolitografia Petruzzi Corrado & C.

Zona Industriale Regnano06011 Città di Castello (PG)

Nicola Brunialti

illustrazioni di Ramon Rosanas

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N on appena aprì la porta della taverna, venne

colpita da una folata di aria gelida. «Colpa del

vento da nord» disse qualcuno là vicino.

Sally Clark infilò le mani in tasca e si strinse nel

giubbotto. Accanto a lei, la principessa Sally, chiusa in

un lungo cappotto azzurro, camminava veloce

canticchiando.

Sally era arrivata quel giorno stesso a Memoralia per

incontrare la sua amica immaginaria. Come qualche

mese prima aveva fatto il suo amico Willy, dopo aver

creato il suo “disogno”, il disegno di un sogno, ci si era

buttata dentro ripetendo la frase magica:

Spiringuacchio, spiringuacchio porta via ogni

spauracchio!

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WMtrascinata dall’entusiasmo della sua amica. E aveva

addirittura bevuto due o tre boccali di uno squisito sidro

di miele offertole dall’oste, un fruscolo grassottello con

una lunga barba bianca.

Ora che il concerto era finito, il pubblico se ne

tornava alla spicciolata verso casa.

«Passiamo di qua» disse la principessa imboccando

un vicolo. «Arriveremo prima a palazzo».

Da quando il perfido Kringutt era stato sconfitto, lei

e Big Willy, il nuovo re di Ulan Batok, vivevano in quella

che una volta era stata la dimora del Grande Rospo,

proprio al centro della città.

Percorso il vicolo, le due ragazze si ritrovarono in una

piazza con una grande fontana al centro decorata con

quattro grifoni di marmo dai cui becchi zampillava

acqua cristallina e tutto intorno un’incredibile

successione di costruzioni, sognate nelle più svariate

epoche storiche da una moltitudine di immaginatori.

Sally rimase a bocca aperta davanti a quella

fantasmagoria di architetture: c’erano case in stile

medioevale accanto ad antichi templi orientali, enormi

tepee indiani vicino ad altissimi grattacieli di vetro.

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Ad attenderla nel mondo degli amici immaginari,

aveva trovato la Principessa Sally che, sebbene dopo il

matrimonio con Big Willy fosse diventata regina,

preferiva ancora farsi chiamare principessa.

Neanche il tempo di arrivare, che la sua amica

immaginaria l’aveva portata alla Taverna del Druido

per assistere a un concerto.

Il locale era gremito di personaggi più assurdi, frutto

della fantasia di tanti “immaginatori”: maiali col

panciotto, orsacchiotti di gelatina alla fragola e alla

menta, supereroi con il mantello, donne con due teste,

alieni con le antenne e due o forse tre principi azzurri.

Ma soprattutto, c’erano loro, i musicisti: tre

piccolissimi uomini vestiti da gnomi che avevano

suonato per più di due ore meravigliose ballate irlandesi,

accompagnando il canto con arpa, violino e tamburelli.

La regina le aveva raccontato che appartenevano alla

tribù dei Fruscoli, così come molti degli avventori di

quel locale.

Sally inizialmente si era sentita un po’ in imbarazzo in

mezzo a quella folla così bizzarra, ma presto aveva

superato la timidezza e si era lanciata nelle danze,

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WM«Aspetta di conoscere gli altri!».

«Non vedo l’ora di incontrare Bugsy, Dondolonde e

Teddy Balloon! Willy mi ha parlato così tanto di loro!».

«Li incontrerai stasera stessa! Ci aspettano per cena

al castello!».

La regina non fece a tempo a finire la frase che

qualcuno, nascosto nell’ombra, la assalì da dietro,

tappandole la bocca con la mano.

La stessa sorte toccò a Sally, che venne imbavagliata

e legata come la sua amica.

Poi, senza nemmeno dar loro il tempo di capire cosa

stesse accadendo, gli aggressori se le caricarono sulle

spalle e si dileguarono velocemente fra le stradine buie

della città.

Al castello, intanto, la cena era pronta.

Era stato Pomponio, il tonno maggiordomo, a

occuparsi personalmente dei preparativi: doveva

essere tutto perfetto per l’arrivo dell’immaginatrice e

ora la grande sala dei banchetti era addobbata a festa.

Grandi mazzi di fiori dai mille colori erano sparsi qua

e là in vasi di cristallo e la tavola appariva imbandita con

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C’era persino un igloo eschimese appollaiato su un

albero.

«Allora, ti è piaciuto il concerto?» le chiese la sua

amica.

«Molto!» rispose Sally, continuando a guardarsi

attorno sbalordita.

«Ho visto come ballavi, sai! Soprattutto con Sir

William Spencer, il cavaliere!».

«Non riuscivo più a togliermelo di torno! Era così

ridicolo con quell’armatura di ferro! E continuava a

pestarmi i piedi! Comunque, a te non è andata

meglio…» aggiunse, riferendosi a un grosso orango

con la cravatta che aveva avvicinato la regina a metà

serata.

«Be’, dire che balla come una scimmia è poco!»

rispose lei e tutte e due cominciarono a ridere di gusto.

«Che te ne sembra di Ulan Batok?» le chiese ancora

la sua amica «Te lo immaginavi così?».

«A dire il vero mi sento un po’ stordita… Willy mi

aveva raccontato del vostro mondo ma ora che sono

qui è tutto ancora più incredibile! Credo sia il posto più

meraviglioso in cui io sia mai stata! E tutti questi amici

immaginari poi…».

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WMNessuna, oh mio sire!

Non so più che cosa dire…

Gli invitati già arrivati,

sono tutti preoccupati!

rispose il tonno in rima, come faceva sempre.

«Manda subito delle guardie alla Taverna del

Druido! Avrebbero dovuto essere qui mezz’ora fa!».

Mica dormo sugli allori!

Ho mandato già i migliori.

E voi non state a preoccuparvi,

su, scacciate i brutti tarli!

Si saranno un po’ attardate

a parlare con le fate,

o a scambiare due parole

coi folletti delle aiole!

«Speriamo sia come dici tu, amico mio! Ma io non

mi sento tranquillo.

Troppi abitanti di Ulan Batok sono scomparsi negli

ultimi mesi, non vorrei fosse successo qualcosa…».

In effetti da qualche tempo, una serie di misteriose

sparizioni stava turbando la tranquilla vita del regno.

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le più gustose leccornie che il mondo degli amici

immaginari potesse offrire: tortellini alla doppia panna,

fettine panate larghe un metro, pavoni in salmì ripieni

di cinghiale marinato, uova di struzzo alla coque,

patatine strafritte, funghi porcelli, pesci gatto persiano.

E per finire enormi bignè di crema pasticciona.

Mancava solo il tappeto rosso ma non ne era stato

trovato uno lungo abbastanza da ricoprire i cento

gradini che portavano all’ingresso principale.

Tutti gli invitati erano già arrivati: c’era Bugsy, il T-Rex,

che indossava un papillon per l’occasione; c’era

Dondolonde, lo scimpanzé, arrampicato sulla testa del

dinosauro come al solito; c’era Teddy Balloon,

l’orsacchiotto di peluche e c’era Capitan Mistero col

mantello perfettamente stirato. E poi c’erano Lady

Pantera in compagnia del suo barboncino a otto zampe,

Trogolo, Eccì, Ciccio Cannella, Kughy, Parapillo e tanti

altri membri del Fronte di Resistenza Immaginaria

ansiosi di conoscere la creatrice della loro amata regina.

E infine, ovviamente c’era Big Willy che, angosciato

per il ritardo delle due ospiti d’onore, camminava avanti

e indietro nella sala del trono.

«Hai qualche novità?» chiese a Pomponio che era

appena entrato nel salone.

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WMsenza scorta, ma Sally lo aveva rassicurato dicendo che

in fondo non aveva nulla da temere dagli abitanti del

suo regno: lei e Big Willy erano amati da tutti e nessuno

le avrebbe fatto del male.

“Speriamo tu abbia ragione, amore mio…” pensava

fra sé e sé il re, proprio mentre i suoi emissari

rientravano nel castello superando al galoppo il

gigantesco ponte levatoio.

Le guardie son tornate

o mio caro mecenate!

annunciò Pomponio, guardando fuori da una

finestra.

«Falle entrare subito!» gli ordinò Big Willy.

Il maggiordomo corse ad aprire la porta della sala,

per quanto le pinne che aveva al posto dei piedi gli

permettessero di correre.

Una decina di soldati fecero il loro ingresso,

trascinandosi dietro delle pesanti armature di ferro da

cavaliere medievale.

A guidarli c’era il saggio Brennan, il minuscolo capo

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Gli amici immaginari svanivano nel nulla senza

lasciare alcuna traccia.

All’inizio si era pensato che il problema fosse legato

al succo di arcobaleno: forse le persone scomparse non

ne avevano preso abbastanza, o forse avevano smesso

del tutto di berlo.

Ma le indagini condotte dalla Polizia Immaginaria,

avevano presto escluso questa possibilità.

Il problema, dunque, doveva essere un altro:

qualcuno o qualcosa stava portando via gli abitanti di

Memoralia!

Un terrore strisciante si era subito diffuso per il

regno e si erano moltiplicati gli avvistamenti di esseri

mostruosi: qualcuno parlava di misteriose ombre che

uscivano la notte dai tombini e di terribili folletti dalla

testa di serpente che attaccavano in gruppo le povere

vittime. Altri giuravano di aver visto un’intera famiglia di

vampiri aggirarsi fra i vicoli più bui.

Nessuna delle ipotesi aveva trovato conferma ma

questo non aveva impedito alla popolazione di sentirsi

in grave pericolo, tanto che ormai tutti limitavano al

massimo le uscite, soprattutto nelle ore notturne.

Lo stesso Big Willy aveva sconsigliato alla sua

consorte di recarsi al concerto alla Taverna del Druido

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WMsormontati da una croce con uno dei bracci più

lunghi… Cosa rappresenterà?» si chiese Big Willy,

rigirandosi il gioiello fra le dita.

Pomponio sbarrò gli occhi.

«Cos’hai?» gli domandò il sovrano, vedendolo

impallidire improvvisamente.

Niente, mio signore,

solo un colpo di calore…

«Ti conosco troppo bene, amico mio per non

accorgermi che stai mentendo! Tu conosci questo

simbolo, vero?».

Il fidato maggiordomo abbassò la testa e chiuse gli

occhi. Poi fece un lungo respiro e rivelò quello che

sapeva.

Il mio cuor ebbe un arresto

a veder quel simbolo funesto!

Quello è il marchio della guerra

della mia, lontana terra…

«Vuoi dire che quest’anello viene da Atlantide?»

chiese Big Willy sorpreso.

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della tribù dei Fruscoli, che da quando il perfido Kringutt

era stato sconfitto, aveva abbandonato il suo bosco per

diventare comandante dell’esercito di Memoralia.

«Le avete trovate?» gridò Big Willy correndogli

incontro.

«No, mio signore» rispose l’altro desolato. «Abbiamo

cercato ovunque e interrogato diversi testimoni: tutti

affermano di aver visto la regina e la sua immaginatrice

allontanarsi dalla taverna subito dopo la fine del

concerto. Sembravano tranquille…».

«Deve essere capitato loro qualcosa lungo il tragitto

verso il castello» sospirò il re.

«Però abbiamo trovato questa» aggiunse Brennan.

Il piccolo fruscolo, alto poco più di una bottiglia,

faticò non poco a trascinare davanti al re quella che era

certamente la corona della principessa Sally.

«Dov’era?» esclamò Big Willy.

«A terra, nella Piazza dei Grifoni. Ma la cosa strana è

che incastrato sulla corona c’era questo» continuò

l’altro, spingendo verso il trono un anello d’argento.

«Se la regina e la sua immaginatrice sono state rapite,

potrebbe appartenere a uno dei rapitori».

«C’è uno strano stemma sopra: una serie di cerchi

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WMNord e Polo Sud di quel mondo fantastico, un luogo

desolato e ricoperto di ghiacci, abitato esclusivamente

da feroci creature delle nevi, simili agli Yeti.

Una volta superato il Polo Nud, le navi dovevano

affrontare il passaggio fra le mitiche Colonne d’Ercole,

uno stretto lembo di mare aperto fra i ghiacci, percorso

dalle più pericolose correnti marine che mente umana

potesse immaginare.

L’isola era talmente lontana che non c’erano

praticamente contatti con il resto del regno. Chi voleva

raggiungerla doveva imbarcarsi su una delle navi

mercantili che salpavano due volte l’anno o su una

delle poche macchine volanti che riuscivano a viaggiare

senza fare rifornimento per una settimana intera, visto

che il mare era così esteso da non permettere soste

intermedie.

Su tutte le carte geografiche di Ulan Batok, Atlantide

appariva come una gigantesca isola formata da cinque

anelli concentrici, tre di terra e due d’acqua.

Al centro, in cima alla montagna di Atlante, c’era il

palazzo del re, un enorme edificio simile a un tempio

classico, pieno di colonne colorate, porticati di marmo

e statue d’oro.

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Purtroppo sì, mio grande sire,

questo è quello che ho da dire:

cinque anelli ha Poseidonia,

grande più di Babilonia.

Capitale di quel regno,

di cui questo è proprio il segno.

E sul suo più alto scranno

c’è Poseidone, il gran tiranno!

Tutti sapevano che Pomponio veniva dal regno di

Atlantide, il mitico continente creato da Platone, uno

dei più grandi “immaginatori” della storia, quattrocento

anni prima di Cristo.

Per secoli studiosi e archeologi di tutto il mondo

l’avevano cercata invano, scandagliando gli oceani più

profondi o scalando le vette più alte.

Nessuno avrebbe mai potuto sospettare che in realtà

Atlantide esistesse solo nel mondo degli amici

immaginari, ai confini del regno di Ulan Batok, là dove

l’Oceano Diluviano finiva in gigantesche cascate a

strapiombo sul nulla, le Cascate dell’oblio.

Per arrivarci si doveva oltrepassare il terrificante Polo

Nud, l’impossibile convergenza geografica fra Polo

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M entre tutti erano riuniti nel castello a

discutere su cosa fare, Sally Clark e la

Principessa Sally vennero caricate a bordo di un carro

pieno di amici immaginari, anche loro catturati e legati

come salami.

Un brusio generale cominciò a diffondersi tra i

prigionieri non appena riconobbero la regina.

Fra di loro c’era Sir William Spencer, il cavaliere che

aveva danzato poco prima con Sally alla taverna.

Giaceva a terra, come un sacco vuoto, con gli occhi

chiusi e il respiro affannoso.

I lividi che aveva sul volto e il sangue che gli colava

dal naso raccontavano di come avesse lottato a lungo,

prima di soccombere ai suoi aggressori.

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Le case degli abitanti, invece, erano costruite sugli

anelli successivi, vicine alle botteghe degli artigiani, che

arrivavano fino al grande porto, all’ingresso del quale si

ergeva il Colosso di Poseidone, l’imponente statua che

ritraeva il re di Atlandite.

Tutte le navi che arrivavano sull’isola dovevano

passarvi sotto.

La macchine volanti invece, atterravano su un

enorme spiazzo, un gigantesco scudo che il dio teneva

alzato sulla testa.

Proprio da quell’aeroporto sopraelevato era partito

Pomponio una notte di tanti anni prima per fuggire

dalla sua terra.

Nessuno nel Fronte di Resistenza Immaginaria

conosceva il perché della sua fuga. Ma molti l’avevano

sentito piangere, chiuso nella sua stanza, accanto a

quella di Big Willy.