Capitolo 1 LE ORIGINI DEL CINEMA · sfoderare le meraviglie della lanterna magica del gesuita...

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UNITRE - Milano Scuola Sup. di Cinematografia 2013 - 2014 Capitolo 1 LE ORIGINI DEL CINEMA 1.1 Gli antenati del cinema Iniziamo questa serie di capitoli leggendo un paragrafo del libro di Virgilio Tosi “ Il cinema prima del cinema”: “Salta subito all’occhio il tentativo quasi unanime degli storici di dare alle origini del cinema un retroterra, degli antenati nel passato della cultura umana, quasi avessero timore di presentare il fenomeno cinema come semplice prodotto della messa a punto di una tecnologia. Insomma una ricerca di antiche patenti di nobiltà, come per riscattare i primi anni di spettacolo cinematografico svoltosi fondamentalmente nel salone di un caffè e nei baracconi delle fiere. Facile è ricordare la “camera obscura” di Giambattista Della Porta il precedente disegno di un apparecchio simile di Leonardo da Vinci o gli studi di Leon Battista Alberti, U. De Giovanni Tecnica e linguaggio cinematografico-televisivo pag. 5 di 97 La "camera obscura" di Giambattista Della Porta Il macchinario di Leonardo Leon Battista Alberti (1404 – 1472)

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Capitolo 1

LE ORIGINI DEL CINEMA

1.1 Gli antenati del cinemaIniziamo questa serie di capitoli leggendo un paragrafo del libro di Virgilio Tosi “Il cinema prima delcinema”:

“Salta subito all’occhio il tentativo quasi unanime degli storici di dare alle origini del cinema unretroterra, degli antenati nel passato della cultura umana, quasi avessero timore di presentare ilfenomeno cinema come semplice prodotto della messa a punto di una tecnologia.

Insomma una ricerca di antiche patenti di nobiltà, come per riscattare i primi anni di spettacolocinematografico svoltosi fondamentalmente nel salone di un caffè e nei baracconi delle fiere.

Facile è ricordare la “camera obscura” di GiambattistaDella Porta

il precedente disegno di un apparecchio simile diLeonardo da Vinci o gli studi di Leon Battista Alberti,

U. De Giovanni Tecnica e linguaggio cinematografico-televisivo pag. 5 di 97

La "camera obscura" diGiambattista Della Porta

Il macchinario di Leonardo

Leon Battista Alberti (1404 – 1472)

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sfoderare le meraviglie della lanterna magica del gesuitaAthanasius Kircher,

anche se tutti questi attraenti richiami hanno ben poco ache fare con il cinema.

Ma i più temerari vanno ben più in là citando gli affreschi di Giotto,

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Athanasius Kircher (1602 – 1680)

Lanterna Magica – Principio di funzionamento

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i bassorilievi della colonna Traiana,

le figurazioni dei vasi greci,

i geroglifici dei papiri egizi,

come “bisogno di cinema” espresso con i limitati mezzi che si avevano a disposizione.

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Poi ci sono gli ideologizzanti, quelli che vanno a cercare nei testi classici della letteratura antical’espressione poetica, la prefigurazione del cinema.

Arrivano così le citazioni di Platone e di Lucrezio:

Lucrezio nel libro IV del DeRerum Natura, e

Platone nel libro VII dellaRepubblica avrebbero giàdescritto molti secoli fa lospettacolo cinematografico.

Vi sono poi gli “altamirani”, ovverossia i sostenitori dell’idea che l’ossessione di inventare il cinemaperseguitasse l’umanità fin dall’epoca preistorica, quando uno sconosciuto artista incise e colorò nelsoffitto della Grotta di Altamira, in Spagna, un quadrupede in corsa, raffigurandolo con otto zampe perdare un’idea, sia pur approssimata, della dinamica del movimento.”

Come abbiamo letto la fantasia dell’uomo non conosce limiti.

Ora cerchiamo di scoprire come, con i nostri sensi, percepiamo il mondo che ci circonda.

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Platone (428 a.C. - 348 a.C.)

“De Rerum Natura” di Lucrezio (96 a. C. – 55 a. C.)

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1.2 L’occhioNoi percepiamo le immagini attraverso gli occhi e le elaboriamo con il nostro cervello.

L’occhio umano è un sistema che proietta le immagini su di una superficie sensibile, la retina, che nefa una prima elaborazione e trasmette le informazioni al cervello.

Qui i dati vengono ulteriormente elaborati e si forma l’immagine definitiva.

Descritto così, il sistema ottico assomiglia molto a quello di una macchina fotografica.

In realtà non è così, poiché bisogna prendere in considerazione il fenomeno detto percezione visiva.

Ognuno di noi ha un buco nel proprio campo visivo, uno perocchio, e le informazioni ottiche che arrivano al nostrocervello non sono complete.

Attraverso un processo chiamato “riempimento” il nostrocervello riesce a costruire la parte di immagine che manca,deducendola da ciò che si vede intorno.

Si è scoperto che la parte di corteccia visiva che corrispondeal punto cieco è attiva durante il processo di “riempimento”,anche se direttamente non riceve alcuna informazione dallaretina.

Altro fenomeno interessante della vista umana èl’adattamento alle diverse condizioni di illuminazione, adesempio quando si passa da un ambiente ben illuminato adun ambiente completamente buio.

Questo adattamento non è immediato, quindi si avrà unaelaborazione graduale dell’ambiente.

Come già scritto in precedenza, già nella retina avvengonole prime elaborazioni, prima che le informazioni passino alcervello.

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Le cellule fotosensibili hanno il compito di filtrare e mixaregran parte dei fotoni per evitare che arrivino al cervello delleimmagini piene di rumori, immagini lampeggianti otremolanti.

Per avere una immagine completa dell’ambiente, al cervelloservono poche informazioni in confronto a quante ne arrivanosulla retina.

Il fenomeno di persistenza dell’immagine sulla retina lo possiamo verificare con un piccoloesperimento.

Prendiamo una torcia elettrica, l’accendiamo ed entriamo in una stanza buia.

Tenendo ferma la torcia nella mano vedremo un solo punto di illuminazione, ossia la luce che escedalla torcia stessa.

Se però noi con un movimento circolare la giriamo velocemente, non la vedremo più come unsingolo punto ma, in virtù del fenomeno della persistenza dell’immagine sulla retina, il nostrocervello percepirà una linea continua circolare e noi avremo la sensazione di vedere un cerchioluminoso.

1.3 La lanterna magica

La lanterna magica che vediamo in questo schema è un apparecchio che ricorda da lontano i nostriproiettori di diapositive. Vediamo come è composta.

Abbiamo un vetro riflettente M,uno specchio, in cui si riflette laluce che è contenuta nellalampada posizionata sopra ilcamino. Il camino serve a fareuscire il calore della lampada.

La luce prodotta dalla fiammaviene riflessa verso L, una lenteconvergente che ha il compitodi dirigere i raggi luminosi suA/B, che è un’immaginedipinta su vetro.

Questa immagine dipinta su vetro viene focalizzata su M, il sistema lenticolare ossia l’obiettivo, ilquale ha il compito di proiettare l’immagine dipinta invertita. Infatti B/A sono capovolti rispettoA/B presenti sull’immagine dipinta su vetro.

L’obiettivo ha la capacità di proiettare questa immagine dipinta su uno schermo di mediedimensioni.

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Cellule fotosensibili

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Nel 1800 le lanterne magiche apparvero neiteatri, esse venivano usate per proiettare delleimmagini dipinte su vetro prima dellerappresentazioni teatrali e ciò costituiva perquei tempi una grande curiosità.

Immagini dipinte su vetro per proiezione da lanterna magica

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1.4 Il fenachistoscopio e lo zootropio

Il fenachistoscopio fu il primo strumento inventato dall’uomo che sfruttava il fenomeno dellapersistenza delle immagini sulla retina.

Esso consisteva in una ruota fissata ad un manico e in grado di ruotare su se stessa.

Sulla ruota, ad intervalli regolari, venivano praticate delle fessure attraverso cui poter guardare e sullato opposto a quello da cui si guardava venivano disegnate delle immagini, anche queste adintervalli regolari.

Il movimento regolare della ruota e gli spazi creavano in questo caso l’illusione del movimento.

Nel 1883 venne inventato lo zootropio; si trattava di un perfezionamento del fenachistoscopio.

Invece di essere stampate su un disco, le immagini venivano dipinte su di una striscia di carta eosservate poi direttamente dalle fessure intagliate sul lato del cilindro.

Queste strisce di carta erano poste all’interno di un tamburo di cartone o di metallo.

Abbiamo visto alcune delle prime macchine che facevano vedere all’uomo dei soggetti inmovimento, ossia figure che venivano dipinte su lastre di vetro oppure su fogli di carta.

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1.5 La fotografia

Nel 1826 J. Nicèphore Niépce inventò la fotografia, realizzando laprima immagine disegnata dalla luce.

Niépce stese uno strato di bitume di giudea suun supporto di peltro ed espose la lastra cosìottenuta per otto ore in camera oscura.

Quella a lato è la più datata fra le fotosopravvissute.

Nel 1839 ci furono due importanti invenzioni che svilupparono ulteriormente la fotografia.

Furono sviluppati i primi dagherrotipi che consistevano in lastre di rame a cui veniva applicato perelettrolisi uno strato d’argento.

Questo strato veniva sensibilizzato alla lucecon i vapori di iodio.

La lastra doveva essere esposta entro un’oradalla sua sensibilizzazione. Il tempo diesposizione era composto da un periodo chevariava dai 10 ai 15 minuti.

Come possiamo osservare, i tempi diesposizione rispetto alla prima fotografia diNiépce si erano sensibilmente ridotti.

L’immagine così ottenuta, ossia ildagherrotipo, non era riproducibile e dovevaessere osservata sotto un angolo particolareper riflettere la luce in modo opportuno.

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N.B. Questa immagine di una nudo di donna apparecome fosse a colori, ma in realtà il colore della sua pelleè dovuto al rame della lastra del dagherrotipo.

J. Nicèphore Niépce (1765 – 1833)

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Sette mesi dopo l’invenzione del dagherrotipo da parte di LouisDaguerre, nel 1839 William Fox Henry Talbot presentò alla RoyalSociety il suo procedimento fotografico che permetteva lariproduzione delle immagini, basato sulla carta ai sali d’argento.

Si trattava fondamentalmente di un processo negativo–positivo incui sia il negativo che la stampa positiva erano costituite da unacarta impregnata di cloruro d’argento.

Con la carta ai sali d’argento di Talbot, l’immagine della macchinafotografica si impressionava in negativo; bastava fotografarenuovamente il negativo di carta per invertire l’immaginetrasformandola così in positivo.

Questa soluzione permetteva di fare diverse copie in positivo dellostesso negativo.

Questa è la prima stampa ricavata da unnegativo su carta sensibile: si tratta diuna scopa posizionata sull’uscio di unarimessa.

Talbot la scelse come copertina di “ThePencil of Nature”, la prima rivistafotografica della storia.

A fianco un gruppo di pionieri della fotografiaal lavoro.

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William F. H. Talbot (1801-1877)

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Pioniere della fotografia in movimento, nel 1868 l’inglese Eadweard Muybridge fotografò con successo un cavallo in corsa utilizzando 24 fotocamere sistemate parallelamente lungo il tracciato.

Ogni singola macchina veniva azionatada un filo nel momento in cui venivacolpito dagli zoccoli del cavallo.

La sequenza di fotografie chiamate “The Horse in Motion”mostrò come gli zoccoli si sollevassero dal terrenocontemporaneamente.

A ds. un altro studio di Muybridge eseguito aSan Francisco nel 1879, riferito al salto inalto, e l'autore che saluta l'atleta.

Nel 1882 il fisiologo francese Étienne-Jules Marey, da sempre interessato allo studio dellalocomozione umana e animale, costruì un apparecchio derivato dal revolver fotografico di Jansen, ilfucile fotografico.

Nella rivista “La Nature” del 22 Aprile 1882, Marey descrissecosì la propria invenzione:

“Sono riuscito a costruire un apparecchio con le dimensioni di unfucile da caccia che fotografa 12 volte al secondo l’oggetto mirato. Ogni immagine richiede come tempodi posa solo 1/720 di secondo. La canna di questo fucile è un tubo che contiene un obiettivo fotografico.Quando si tira il grilletto il meccanismo si mette in moto. La durata delle azioni riprese con taleapparecchio è ancora molto breve; il meccanismo a scatti intervallati è stato migliorato ma contro illimite fisico della lastra circolare non si può fare nulla.” Marey concludeva dicendo: “Bisogna trovareun supporto diverso per la registrazione delle immagini.”

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1.6 Il prassinoscopio

Nel 1877 Charles-Émile Reynaud inventò il prassinoscopio.

La macchina era costituita da un cilindrorotante su cui erano disegnate le figure, alcentro del quale era collocato un prismaformato da piccoli specchi.

In tale modo le singole immagini, riflessenegli specchietti e illuminate dall’alto dauna lampada che era schermata (adifferenza dei precedenti apparecchi cheabbiamo visto), acquisivano maggiorenitidezza e luminosità e si fondevanoperfettamente le une con le altre così dacostituire una successione ininterrotta delmovimento previsto.

Le scenografie venivano dipinte su di uncristallo trasparente posto davanti allamacchina, che lasciava intra-vederel’immagine del personaggio animato.

Essendo il prassinoscopio un cilindrocontenente un numero finito di immaginidisegnate al suo interno, il movimento deipersonaggi era limitato e ripetitivo e costituivauna sorta di ciclo ricorrente.

Per questo motivo erano adatti a questo tipo di piccolo spettacolo dei movimenti come balletti oesercizi acrobatici, dove appunto le varie fasi dinamiche si potevano ripetere con una certa cadenzaritmica.

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Prassinoscopio da proiezione

Charles-Émile Reynaud (1844-1918)

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1.7 George Eastman

Nel 1888 George Eastman, fondatore della Kodak, inventò un apparecchio che impressionava rullidi carta sensibile. L’anno successivo, introdusse il rullo di celluloide trasparente.

Ma esistevano ancora dei problemi: il rullo che scorrevaininterrottamente nella macchina da presa o proiettoregenerava immagini confuse.

Bisognava trovare un meccanismo capace di fermareripetutamente il rullo della pellicola, in modo da consentireun’esposizione di una frazione di secondo di un fotogramma,per poi coprirlo con un otturatore finché il fotogrammasuccessivo non fosse in posizione per essere a sua voltaimpressionato.

Questo meccanismo chiamato “ad intermittenza” era già presente dal 1842 con l’invenzione dellamacchina per cucire. Come abbiamo visto, lo sviluppo del materiale sensibile aveva fatto passi dagigante mentre l’invenzione di nuove macchine per la ripresa era più lenta.

1.8 Il teatro ottico

Nel 1888 il già citato Charles-Émile Reynaud, inventore del prassinoscopio, sviluppa unaevoluzione di quest'ultimo adatta alle proiezioni pubbliche e la brevetta col nome di teatro ottico.Viene così ad aprirsi l'era dello spettacolo popolare di massa.

La nuova invenzione era basata sullostesso principio tecnico del prassino-scopio, ma aggiornata ed ampliatasulla base delle più recenti scopertescientifiche.

La macchina - a retro-proiezione -utilizzava al posto del cilindro unapellicola trasparente di lunghezzaindefinita, dotata di fori al margine perconsentire lo scorrimento davanti allafonte luminosa per mezzo diparticolari ruote dentate.

Proprio in quell’anno erano state introdotte le pellicole flessibili di celluloide di Eastman. Grazieall’introduzione della pellicola trasparente era possibile disegnare una vera e propria storia animatacon vari personaggi, diversi ambienti e un numero abbastanza alto di azioni diverse.U. De Giovanni Tecnica e linguaggio cinematografico-televisivo pag. 17 di 97

a sn: George Eastman (1854-1932)

Teatro ottico di Reynaud

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1.9 Il Kinetografo e il Kinetoscopio

Abbiamo detto che nel 1892 si effettuavano delle proiezioni pubbliche con lunghi nastri dipinti amano. Questo era stato possibile perché nel 1891, Thomas Alva Edison e il suo assistente WilliamKennedy Dickson inventarono il Kinetografo e il Kinetoscopio.

Dickson tagliò la pellicola di Eastman in nastrilarghi un pollice, circa 35 mm, e fece quattroperforazioni su entrambi i lati di ognifotogramma in modo che le ruote dentatepotessero trascinare la pellicola attraverso lamacchina da presa, il Kinetografo, per poiessere visualizzate attraverso il Kinetoscopio.

Vediamo ora come funzionavano questiapparecchi.

Il Kinetografo o cinetografo era un apparecchioche consentiva la ripresa del movimento reale supellicola.

L’apparecchio consisteva in una cassa entro cuila pellicola scorreva in modo uniformetrascinata da un rocchetto dentato.

I film potevano essere guardati poi attraverso ilKinetoscopio o cinetoscopio, strumento per lavisione delle immagini in movimento.

Con tale sistema gli spettatori potevano osservare singolarmente in sale pubbliche i primi soggetti,della durata di circa 30 secondi.

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Il buon funzionamento del sistema era dato dallaperforazione della pellicola che garantiva laregolarità dei suoi spostamenti.

È questo uno dei principi tecnici più importanti perlo sviluppo futuro delle proiezioni di immagini inmovimento.

Il numero dei fori e la loro disposizione nello spaziodel fotogramma sono ancora oggi quelli indicati daEdison e dal suo assistente Dickson.

Grazie alla perforazione della pellicola la riproduzione dei movimenti avveniva senza slittamenti.

1.10 I Lumière e il cinematografo

Nel 1894 i fratelli Lumière inventarono il cinematografo.

La macchina da presa utilizzava una pellicola 35mm e un meccanismo ad intermittenza ispiratoa quello della macchina da cucire.

Questo apparecchio, una volta realizzate le copiepositive, poteva anche stampare, quindi venivamontato davanti ad una lanterna magica ediventava una parte del proiettore.

Interessante sapere che i Lumière girarono i loro film alla velocità di 16fotogrammi al secondo e questo parametro rimase la velocità media deifilm di tutto il mondo per circa 25 anni.

La prima proiezione pubblica di un film dei fratelli Lumière avvenne il 28 dicembre 1895 in unseminterrato del Grand Cafè di Parigi, al n° 14 di Boulevard des Capucines.

Le prime loroproiezionifurono dei verisuccessi.

Si trattava difilmati delladurata di unminuto.

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Auguste (1862-1954) e Louis (1864-1948) Lumière

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1.11 Il ricciolo di Latham

L’invenzione del cinema poteva considerarsi oramai completata.

Sussisteva però ancora un problema: il moto intermittente della pellicola (necessario a presentare ilsingolo fotogramma alla proiezione) creava rispettivamente degli strappi e delle ritenute ai due rullidella pellicola, così che la maggior parte delle macchine da presa poteva usare solo un tratto dipellicola della durata di circa tre minuti perché se il rullo era troppo pesante la pellicola si rompeva.

Occorreva trovare un modo per far coesistere senzadanni il moto continuo dei rulli e quello intermittentedella pellicola. neutralizzando gli effetti negativi suquest'ultima.

Woodwille Latham ideò e brevettò una soluzione ingrado di neutralizzare il fenomeno: il cosiddettoLatham loop o ricciolo, che permetteva di girare eproiettare film molto più lunghi di una manciata diminuti.

Guardiamo più in dettaglio cos’è il ricciolo.

La pellicola vergine (a) contenuta nel caricatore viene trascinata dalla ruota dentata sulla primabobina. Poi scende sul piano di pressione (g) dove l’obiettivo va a concentrare i suoi raggi luminosi eviene portata nella seconda bobina che la spinge verso il caricatore che raccoglie la pellicolaimpressionata. (i)

Nel suo percorso, pre-cisamente dopo il pas-saggio sul piano di pres-sione, la pellicola ha untratto lasco (h - l), non ècioè tesa ma ha unacerta 'abbondanza'compiuta attraverso unacurva che corrispondeal termine inglese loop;questo è il ricciolo.

Questa soluzione permette di usare bobine con pellicole più lunghe e quindi più pesanti, evitando lafrequente rottura della pellicola e permettendo così la realizzazione di filmati di media durata.

Particolarmente significativa fu la contesa sul brevetto del ricciolo di Latham. Solo quando nel 1912l'antitrust dichiarò nullo questo brevetto, l'industria cinematografica degli Stati Uniti potéfinalmente cominciare la sua ascesa per la conquista del mercato internazionale.

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