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Capitolo 1 Fisiologia e modellistica dei muscoli scheletrici Capitolo 1 Fisiologia e modellistica dei muscoli scheletrici 1.1 Introduzione I muscoli scheletrici sono saldamente connessi all’impalcatura scheletrica ed hanno il compito di generare, attraverso il meccanismo della contrazione di cui sono dotati, sia il movimento che la stabilità. Nel seguito si cercherà di fornire una sintetica ma completa trattazione sulla struttura muscolare dal punto di vista fisiologico ed i meccanismi attraverso i quali il segnale neurale produce forza meccanica: in particolare vedremo come questa sia legata alla lunghezza ed alla velocità del muscolo. Per quanto riguarda le dinamiche neurali, si terrà in considerazione non solo il meccanismo eccitatorio innescato dai motoneuroni alfa e gamma, ma anche il riflesso di stiramento prodotto dai fusi neuromuscolari. 7

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Capitolo 1 Fisiologia e modellistica dei muscoli scheletrici

Capitolo 1

Fisiologia e modellistica dei muscoli scheletrici

1.1 Introduzione

I muscoli scheletrici sono saldamente connessi all’impalcatura scheletrica ed

hanno il compito di generare, attraverso il meccanismo della contrazione di cui

sono dotati, sia il movimento che la stabilità. Nel seguito si cercherà di fornire

una sintetica ma completa trattazione sulla struttura muscolare dal punto di vista

fisiologico ed i meccanismi attraverso i quali il segnale neurale produce forza

meccanica: in particolare vedremo come questa sia legata alla lunghezza ed alla

velocità del muscolo. Per quanto riguarda le dinamiche neurali, si terrà in

considerazione non solo il meccanismo eccitatorio innescato dai motoneuroni alfa

e gamma, ma anche il riflesso di stiramento prodotto dai fusi neuromuscolari.

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1.2 Struttura anatomica e fisiologia dei muscoli scheletrici

Ogni muscolo risulta composto da fibre tenute insieme da tessuto connettivo, il

cui numero dipende dalla grandezza della sezione trasversale del muscolo. Una

singola fibra é formata da una membrana, da molti nuclei sparsi lungo la fibra e da

migliaia di filamenti interni detti miofibrille costituenti il citoplasma. Il tessuto

connettivo suddivide il muscolo in una struttura di gruppi e sottogruppi. La fascia

più esterna è quella che avvolge l’intero muscolo e prende il nome di epimisio. Vi

sono altre fasce che avvolgono gruppi sempre più piccoli e sono il perimisio e

l’endomisio. Fig 1.1

Fig 1.1 Schema della sezione trasversale di un muscolo scheletrico, che ne dimostra l’impalcatura

connettivale. Ep: Epimisio, P: Perimisio, En: Endomisio

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La funzione di tali fasce nei confronti delle fibre muscolari e di :

• Dare loro elasticità

• Proteggerle da traumi

• Tenerle assieme

• Mantenere il tono trofismo muscolare

Ogni singola fibra muscolare ha un diametro da 10 a 100 µm ed è avvolta

dall’endomisio, essa copre l’intera lunghezza del muscolo fino alle sue

intersezioni tendinee. Contiene le proteine contrattili dette miofibrille disposte in

senso longitudinale che sono in grado di contrarsi ad uno stimolo neurale od

elettrico. Ad una analisi microscopica le miofibrille consistono in unità cilindriche

ripetute, chiamate sarcomeri, separati dai dischi Z (figura 1.2). Il sarcomero

dunque rappresenta la più piccola unità contrattile. E’ composta da due distinte

proteine, la miosina (filamento spesso) e l’actina (filamento sottile): quest’ultimi

sono discontinui ed hanno una loro terminazione attaccata al disco Z, mentre gli

altri, i filamenti di miosina, sono posizionati al centro del sarcomero, intervallati

con i filamenti sottili; questa disposizione regolare conferisce il noto aspetto di

striatura del muscolo I due tipi di miofilamenti sono uniti fra loro da legami

chimici, che formano veri e propri ponti molecolari fra le due strutture proteiche

(la miosina e l’actina). La teoria che descrive il meccanismo della contrazione è

stata formulata intorno agli anni ’50 da Huxley e prende il nome di sliding

filament theory. Durante la contrazione le teste globulari della molecola di

miosina si attaccano ai siti recettori dell’actina, formando un ponte, chiamato

cross bridge. Il movimento rotatorio imposto alle teste della miosina trascina il

filamento di actina modificando di fatto la lunghezza complessiva del sarcomero

producendo una forza contrattile. In pratica nessuna delle proteine cambia

lunghezza, il movimento è il risultato dello scorrimento una sull’altro dei

filamenti.

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Fig 1.2 A. Ricostruzione tridimensionale di un settore di una fibra muscolare; mostra i rapporti tra

la membrana ed il sistema tubolare della miofibrille. B. Singola miofibrilla in cui sono evidenziate

la bande chiare e scure.. Ciascun sarcomero è separato dai dischi Z. Le bande scure sono in

corrispondenza delle regioni in cui i filamenti proteinici sono sovrapposti. C. Sezione schematica

di un singolo sarcomero. Il filamento sottile è composta principalmente da actina, mentre il

filamento spesso è una catena di molecole di miosina.

L'attività enzimatica della miosina è inibita in condizioni di riposo ma viene

disinibita quando aumenta la concentrazione di ioni Ca2+ ; questa, infatti, è circa

3x10-7 in condizioni di riposo, ma sale a 10-5 all'inizio del processo di

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contrazione. Il Ca è presente in elevata concentrazione nelle cisterne del reticolo

sarcoplasmatico , seguendo l'elevato gradiente di concentrazione, può spostarsi

all'interno della fibrocellula muscolare, innescando la sequenza di reazioni

chimiche che ne provocano l'accorciamento. Il reticolo sarcoplasmatico, a sua

volta, viene indotto a rilasciare parte del Ca++, sequestrato dal potenziale d'azione

della membrana della fibrocellula muscolare, che può facilmente propagarsi anche

all'interno della cellula attraverso il sistema dei tubuli trasversi. Ogni potenziale

d'azione muscolare è capace di attivare ogni volta il sistema contrattile al massimo

grado. Al termine della depolarizzazione la concentrazione di Ca++, all'interno

cade rapidamente, perché le cisterne del reticolo non rilasciano più Ca++ e perché

i canali longitudinali del reticolo reincorporano attivamente ioni Ca++. Il

processo con cui il potenziale d'azione della fibrocellula muscolare regola e

controlla il comportamento delle proteine contrattili prende il nome di

"accoppiamento elettromeccanico".

La quantità di forza contrattile che un muscolo può produrre dipende molto dalla

sua lunghezza iniziale. Huxley trovò che la relazione forza-lunghezza consiste in

una serie di segmenti lineari a pendenze diverse (figura 1.3) Questo

comportamento è compatibile con la teoria dello sliding filament, che prevede che

la quantità di forza contrattile dovrebbe essere proporzionala linearmente al

numero di cross-bridges. Ciascun segmento corrisponde ad un ben preciso pattern

di sovrapposizione dei filamenti. Questo comportamento in un singolo sarcomero

si riflette sul comportamento dell’intero muscolo. Quello che si misura nello

stiramento complessivo del muscolo è una curva smussata in quanto per una data

lunghezza non tutti i sarcomeri si trovano nello stesso stato.

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Fig 1.3 Quando il muscolo è eccessivamente tirato (a) non vi è possibilità di creare il cross-bridge

e pertanto la forza e nulla. Analogamente a quanto succede (e) nel caso di sovrapposizione si

riducono le teste di miosina che possono trovare siti liberi. Le altre posizioni (b,c,d) producono

forza compatibilmente con il numero di teste miosiniche che riescono ad effettuare il cross-bridge.

1.2.1 Unità motorie, meccanismo di reclutamento e generazione della

forza

Ciascuna fibra muscolare è innervata da un solo motoneurone, ma ciascuno di essi

può innervare più fibre del muscolo scheletrico contemporaneamente. Dato che

tutte le fibre muscolari innervate dal motoneurone si contraggono in risposta allo

stimolo proveniente dall’assone del neurone Liddell e Sherrington introdussero il

concetto di “unita motoria” (UM) per indicare quella combinazione di elementi –il

motoneurone e tutte le fibre che esso innerva- che rappresentano la più piccola

unità funzionale controllabile dal sistema motorio. Il numero di fibre muscolari

innervate da un motoneurone è chiamato rapporto di innervazione . Sebbene

questo vari considerevolmente da un muscolo rispetto ad un altro, esso è

approssimativamente proporzionale alla grandezza del muscolo.Ad esempio i

muscoli extraoculari, che sono molto piccoli, questo rapporto è circa 10, mentre

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nel gastrocnemio può arrivare fino a 2000. Una basso rapporto di innervazione

indica una migliore capacità nel graduare la forza. Le unita motorie possono

essere distinte in tre tipi in base alle fibre muscolari di cui sono composte. La

prima è chiamata fast fatiguable: si contrae rapidamente, ma si esaurisce

rapidamente quando viene stimolata ripetutamente. Queste unità producono alti

valori di forza. Il secondo gruppo, chiamate slow, hanno possibilità di contrarsi

per tempi molto più lunghi, ma la forza che sono in grado di generare è di solo 1-

10% rispetto alle unita fast fatiguable .Il terzo gruppo si pone ad un livello

intermedio tra le due precedenti, ha dei valori di mantenimento di forza più alti

delle prime, e possono produrre più forza delle seconde,vengono chiamate fast

fatigue resistant secondo lo schema presentato in figura 1.4.

Figura 1.4 A E’ mostrata la produzione di forza per un singolo impulso in funzione del tempo,

mentre in B è evidenziato l’andamento tetanico, con una scarica di stimoli a 12Hz. In C è il

muscolo è attivato da uno stimolo tetanico per 330 sec e ripetuto ogni secondo. La forza tetanica

prodotta da ciascuna unita motoria è proporzionale alla lunghezza del segmento.

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E’ stato osservato che i motoneuroni sono attivati dal potenziale sinaptico in un

ordine fissato che rispecchia la velocità di conduzione e quindi il diametro dei

loro assoni. Quando un insieme di motoneuroni sono attivati i corpi cellulari più

piccoli sono attivati per primi e dal segnale più debole in quanto hanno una più

bassa soglia per l’attivazione sinaptica. Quando l’input cresce progressivamente,

anche i motoneuroni più grandi vengono attivati. Questo modo di operare il

reclutamento delle unita motorie è chiamato size principle. Tale comportamento è

stato osservato sperimentalmente in tutti i muscoli sia di animali che di uomini, ed

interviene nei movimenti volontari e riflessi. Quindi il segnale sinaptico attiva

prima le UM slow, poi quelle fast fatigue resistant e per ultime le fast fatiguable .

Questo ordine di reclutamento ha tre importanti conseguenze funzionali: la prima

e che viene semplificata la modulazione della forza. I centri nervosi più alti non si

devono preoccupare di quali unita motorie selezionare per un dato livello di forza

richiesto. Il secondo è che l’incremento di forza generato da successive attivazioni

dei moto neuroni è proporzionale alla soglia di forza alla quale sono reclutati, in

questo modo la precisione della forza prodotta rimane costante per tutti i livelli di

forza. Terzo, le più numerose unita motorie lente sono usate di più e devono

essere adeguatamente supportate da un punto di vista metabolico.

Fig 1.5 Placca neuromuscolare. Va ad attivare un certo numero di sarcomeri, attivando tramite

l’impulso nervoso il rilascio di calcio e la sua propagazione all’interno del reticolo

sarcoplasmatico.

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La contrazione prevede una sequenza di interventi: dal cervello partono gli

impulsi nervosi (fino a circa 50 al secondo ad una velocità da 12 a 120 metri al

secondo) diretti alle corna anteriori del midollo spinale (motoneuroni alfa). Questi

proseguono poi fino alla placca motrice che è posta a contatto delle fibre

muscolari interessate (Figura1.5).

La contrazione muscolare può essere studiata in diverse condizioni: se la

lunghezza del muscolo è mantenuta costante si parla di contrazione isometrica e

viene sviluppata una certa tensione; se il muscolo è libero di accorciarsi si parla di

contrazione isotonica ed il risultato sarà un certo spostamento. La massima forza

contrattile in condizioni isometriche dipende dalla lunghezza alla quale il muscolo

viene mantenuto. Nel caso di contrazione isotonica la velocità di accorciamento è

funzione inversa, ma non lineare, del carico. Se la fibra muscolare viene stimolata

da un singolo potenziale d'azione, applicato al tronco nervoso o al muscolo stesso,

essa risponderà con una singola scossa muscolare.

Fig 1.6 Miogramma isotonico di : 1, scossa muscolare semplice; 2-3, tetano incompleto; 4, tetano

completo. In ascissa sono visualizzati gli stimoli.

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Questa inizierà dopo che il potenziale d'azione, della durata di circa 2 ms, avrà già

completato il suo corso. La durata della singola scossa è diversa per i diversi

muscoli: può durare poche decine di msec nei muscoli rapidi o poche centinaia di

msec nei muscoli lenti. Se un secondo potenziale d'azione segue il primo, prima

che la fibra muscolare si sia rilasciata, la forza di contrazione evocata dal secondo

stimolo si aggiunge a quella preesistente. Se gli impulsi si susseguono ad elevata

frequenza, la forza di contrazione aumenta fino a raggiungere un tetto massimo: si

parla, allora, di contrazione tetanica (figura 1.6).

1.3 Studio della meccanica muscolare : il modello di Hill

Il modello di Hill vuole rappresentare il muscolo attraverso una struttura

macroscopica che ne possa contenere le caratteristiche principali. I sui studi

risalgono al 1927 e da allora il modello è stato preso come riferimento per quasi

ogni studio di modellistica muscolare. L’origine del modello di Hill è

caratterizzata dalle attente e delicate misurazione del comportamento del muscolo

isolato e stimolato massimamente. Gasser e Hill (1924) utilizzarono il muscolo

sartorio di una rana imponendo una variazione molto rapida di forza e lunghezza.

Le loro misurazioni furono tali da indurli a ritenere la risposta transitoria del

muscolo attivato assomigliava a quello di un sistema viscoelastico passivo. Tale

sistema è composto da due elementi elastici ed un elemento viscoso più

l’elemento attivo contrattile come mostrato in figura. Lo studio più importante di

Hill fu quello del 1938 in cui, attraverso misurazioni energetiche di un muscolo,

riuscì a formulare delle equazioni che ebbero un’importanza fondamentale nella

modellistica della meccanica muscolare. L’esperimento cruciale fu lo, come lui

stesso lo definisce, “stiramento rapido isotonico”. Consiste in due fasi separate:

nella prima il muscolo viene tenuto ad una lunghezza fissata (intorno al punto di

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lunghezza media del muscolo) e stimolato massimamente, fino ad ottenere una

forza contrattile Po costante. Nella seconda fase la forza viene diminuita

rapidamente ad un valore P e mantenuta (figura 1.7 a). La variazione di lunghezza

che si ottiene è proporzionale a P e la velocità di accorciamento è tanto più alta

quanto più è la differenza tra Po e P. Figura (1.7 b). Quello che succede è che il

muscolo all’inizio della seconda fase subisce un accorciamento istantaneo di

grandezza L∆− che coincide con il cambio di forza agente sul muscolo; L∆−

aumenta con la differenza di carico imposta PP −0 (Figura 1.7c).

Successivamente il muscolo prosegue nel suo accorciamento a velocità costante.

La velocità di accorciamento è funzione di PP −0 (Figura1.7d).

Figura 1.7 Test effettuato da Hill : rilasciamento rapido isotonico. a) Forza applicata in funzione

del tempo, per tre diversi carichi. b) Lunghezza del muscolo per i tre carichi corrispondenti. c)

After-Load in funzione dell’accorciamento istantaneo. d) After-load in funzione della velocità.

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Hill andò a misurare con un calorimetro il calore liberato dal muscolo nella

seconda fase dell’esperimento.

Due furono le conclusioni sperimentali a cui giunse:

a) Il calore liberato durante l’accorciamento in eccesso rispetto a quello

necessario al mantenimento della forza Po (fase 1) è proporzionale

all’accorciamento indipendentemente dalla forza.

)ˆ( LaH ∆−=∆ Eq 1.1

Dove H∆ è l’incremento del calore addizionale, a è una costante caratteristica

di ogni muscolo che Hill interpretò come “calore di accorciamento”

b) La velocità di rilascio dell’energia (calore più lavoro in eccesso per il

mantenimento) è una funzione lineare della forza applicata al muscolo.

)( PoPbE −=∆ & Eq 1.2

La manipolazione di tali equazioni porta ad una relazione in cui compaiono solo

le variabili meccaniche P e V, rispettivamente forza e velocità di accorciamento.

)()( PoPbVPa −⋅=⋅+ Eq 1.3

Hill propose quindi il suo modello come una combinazione in serie di due

elementi. Possiamo distinguere l’elemento elastico in serie SE”, che consiste in

una molla non lineare, con lunghezza e rigidità determinate dalla forza istantanea

del muscolo (eq 1.4), e l’elemento contrattile CE” caratterizzato da un’unica

relazione, tra la velocità di accorciamento e la forza istantanea (eq 1.5). Questa

separazione dell’elemento contrattile ed elastico del muscolo in due differenti

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entità fenomenologiche connesse in serie è la caratteristica fondamentale del

modello di Hill. Dal punto di vista della teoria del cross-bridge la separazione è

artificiosa, in quanto in realtà la struttura è contemporaneamente elastica e

contrattile ed è distribuita uniformemente nel tessuto contrattile.

Elemento serie SE LPKP ∆⋅−= )( Eq 1.4

Elemento contrattile CE LbVaP

PP &++

−= 00 Eq 1.5

Possiamo provare a dare un’interpretazione dell’equazione ottenuta: la forza P

generata da CE è la somma della forza contrattile interna Po e della forza viscosa

resistiva Pv che dipende in modo non lineare dalla velocità.

Figura 1.8 Relazione Forza velocità dell’elemento CE sia per valori positivi che negativi di della

velocità di accorciamento. Per attivazioni massimali (solid line) non massimali (linea tratteggiata)

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1.4 Fusi neuromuscolari e riflesso di stiramento

I muscoli contengono recettori specializzati che sono in grado di fornire

informazioni circa lo stato del muscolo. Due in particolar modo sono importanti

per il controllo motorio: i fusi muscolari e gli organi tendinei del Golgi. I fusi

muscolari sono strutture allungate situate entro la parte carnosa del muscolo. Gli

organi tendinei del Golgi sonoposti nella giunzione tra le fibre muscolari ed il

tendine; sono connesse in serie ad un gruppo di fibre muscolari. I fusi sono dotati

di fibre muscolari proprie dette fibre intrafusali, in contrapposizione con le fibre

muscolari dette anche fibre extrafusali: come queste ultime anche le fibre

intrafusali hanno una innervazione efferente propria, costituita dagli assoni dei

motoneuroni gamma. La contrazione delle fibre intrafusali è estremamente debole

e non influisce in alcun modo sulla tensione del muscolo: esse hanno la sola

funzione di regolare la sensibilità delle terminazioni sensitive. Queste ultime sono

sensibili alle deformazioni meccaniche (meccanorecettori): lo stimolo adeguato

può essere rappresentato sia dallo stiramento dell’intero muscolo, e quindi anche

del fuso, sia dalla contrazione delle fibre intrafusali, che provoca l’accorciamento

del fuso neuromuscolare. D’altro canto la contrazione delle fibre extrafusali

provoca l’accorciamento del fuso e ne riduce l’eccitabilità: ciò avviene sia durante

la contrazione isotonica che durante la contrazione isometrica. Vi sono due tipi di

fibre intrafusali e due tipi di terminazioni sensitive in ciascun fuso: le fibre a

sacchetto di nuclei e le fibre a catena di nuclei . Esse sono innervate

rispettivamente da motoneuroni gamma dinamici e da motoneuroni gamma statici.

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Fig 1.9 Struttura delle innervazioni afferenti ed efferenti. I motoneuroni alfa e gamma generano il

potenziale per la contrazione. Le fibre afferenti (sulla destra) forniscono informazioni sullo stato

del muscolo. Non vengono elaborate dal cervello, ma si richiudono all’altezza del midolo,

formando quello che viene chiamato l’arco riflesso.

L’insieme delle connessioni afferenti ed efferenti e schematizzato nella figura 1.8

Riassumendo, la risposta delle terminazioni primarie è influenzata dalla velocità

di cambiamento della lunghezza del fuso, mentre quella delle terminazioni

secondarie è dominata dalla lunghezza del fuso. La sensibilità delle terminazioni

primarie è sotto l’influenza sia delle fibre motorie statiche che dinamiche, ma più

delle seconde; la sensibilità delle terminazioni secondarie è sotto l’influenza solo

delle fibre fusimotorie statiche. Il riflesso di stiramento è frutto proprio

dall’architettura assunta dall’innervazione delle fibre intrafusali. Tirando il

tendine, si provoca un’ azione riflessa di accorciamento. Tradizionalmente questo

comportamento viene associato al mantenimento della postura, come meccanismo

stabilizzante della posizione eretta. Parte di questo lavoro cercherà di mostrare

come in realtà il riflesso di stiramento sia insufficiente a produrre stabilità nel

sistema pendolo inverso. Il feedback negativo del riflesso ha sicuramente lo scopo

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di controllare e stabilizzare i movimenti, ma non può da solo contribuire alla

stabilità del sistema. Inoltre i ritardi di propagazione (sia delle fibre afferenti che

efferenti) suggeriscono che un sistema cosi retroazionato non consentirebbe la

stabilizzazione, ma occorrerebbe un controllo di tipo predittivo.

1.4.1 Gli organi tendinei del Golgi

Sono strutture collocate nella giunzione tra il muscolo ed il tendine, dove le fibre

che formano il tendine si connettono alle fibre muscolari. Sono innervati da un

singolo assone afferente del gruppo Ib (quelli più piccoli).

Fig 1.10 Organo tendineo del Golgi. La

posizione in serie alle fibre muscolari lo rende

adatto alla misurazione della forza agente

complessivamente sul muscolo, sia quella

dovuta all’elemento contrattile che quella

generata dallo stiramento del muscolo in

seguito al movimento.

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Lo stiramento del muscolo provoca la deformazione dell’organo tendineo con

l’effetto di produrre un potenziale d’azione nella terminazione nervosa. La

sensibilità è molto elevata e si ha attività non appena il muscolo ha una minima

contrazione, anche una sola unità motoria è sufficiente a produrre un segnale

afferente. La differenza sostanziale tra il comportamento dei due segnali riflessi

sta nella loro posizione strutturale rispetto al meccanismo di allungamento ed

accorciamento. I fusi sono in parallelo alle fibre mentre l’organo tendine in serie,

questo comporta che durante la fase di stiramento gli spindle siano in condizioni

di sparare, ed anche l’organo tendineo. Durante la contrazione i fusi diminuiscono

la loro frequenza di scarica, mentre il tendine si trova sottoposto ad un maggiore

stress con la conseguenza che si ha attività elettrica nell’organo tendineo in misura

maggiore che nel caso dell’accorciamento. Di fatto possiamo considerare che

quest’ultimo misuri in qualche modo la forza di contrazione del muscolo.

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