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FACOLTÀ DI INGEGNERIA
RELAZIONE PER IL CONSEGUIMENTO DEL DIPLOMA UNIVERSITARIO IN
INGEGNERIA MECCANICA
“Progettazione di attrezzature per prova di vibrazione su prodotti SIEMENS VDO s.p.a.”
I TUTORI IL CANDIDATO
_________________________ ___________________Prof. Ing. Enrico Manfredi Emmanuele GiugniDipartimento di Meccanica
_________________________Davide Matteini
Anno Accademico 2003-2004
Sommario
Sommario
In questa relazione è descritto il lavoro di disegno e progettazione di sistemi di supporto
e interfaccia per eseguire prove di vibrazione richieste per la validazione, su un tipico
prodotto della società SIEMENS VDO Automotive s.p.a. Saranno descritti i criteri da
rispettare per eseguire questa progettazione e gli effetti dei carichi vibrazionali su
diverse configurazioni di questi supporti. Dopo alcuni necessari cenni alla teoria delle
vibrazioni (alla base dello sviluppo del progetto), verrà descritto il funzionamento base
del metodo degli Elementi Finiti (F.E.M.), utilizzato grazie ad un software presente in
azienda, e i risultati ottenuti dalle analisi dinamiche relative ai modelli delle attrezzature
di interfaccia progettati. Lo stage effettuato ha permesso sia di ottimizzare una
particolare attrezzatura di supporto (fixture) e rendere più efficaci ed efficienti le prove di
vibrazione su uno specifico prodotto, sia di dare una linea guida per la progettazione di
ulteriori future attrezzature, in modo da renderle più conformi alle esigenze relative
principalmente al peso delle stesse ed evitare l’insorgere di problemi strettamente legati
alle vibrazioni (risonanza e fatica).
AbstractIn this report it is shown the design work about support and interface systems to perform
vibration tests request for validation, concerning a tipical SIEMENS VDO Automotive
s.p.a. product. It will describe respecting criteria to do this design and the vibrational
loads effects on some configuratons of those supports. After some nedeed short
accounts about vibration theory (at the root of project development), it will describe basis
function of Finite Elements method (F.E.M.), used thanks to a company software, and
the obtained results by dinamic analysis relating to projected interface equipment
models. The effected stage allowed to improve a particular interface equipment (fixture)
and get vibration tests more effective and efficient on a specific product, and to give a
directory for design of others future equipments, so as to make them more
corresponding to requirements mainly about weight of them and avoiding problems
tightly caused by vibration (resonance and fatigue).
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Sommario
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Indice
Indice
Sommario_____________________________________________________________2
Indice________________________________________________________________3
1 CAPITOLO 1 : Apparecchiature per prove di vibrazione___________________5
1.1 Introduzione_____________________________________________________5
1.2 Cenni storici_____________________________________________________6
1.3 Prova di vibrazione (Vibration Test)__________________________________7
1.4 Il fuelrail________________________________________________________11
1.5 Lo shaker_______________________________________________________13
1.6 Attrezzature di interfaccia_________________________________________15
2 CAPITOLO 2:Vibrazioni: fenomeni di fatica e risonanza__________________19
2.1 "Vibration tests" richiesti dai clienti_________________________________19
2.2 Fenomeni di fatica________________________________________________22
2.3 Fenomeni di risonanza____________________________________________27
3 CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)___30
3.1 Generalità______________________________________________________30
3.2 Classificazione delle vibrazioni_____________________________________31
3.3 Cenni alla teoria delle vibrazioni____________________________________32
3.4 Introduzione agli Elementi Finiti (FEM)_______________________________35
3.5 Differenze tra P-version e H-version negli Elementi Finiti_______________36
3.6 Funzionalità di Pro-Mechanica_____________________________________383.6.1 Tipologie di analisi_____________________________________________39
3.6.2 Tipologie di modellazione_______________________________________41
3.7 Modello utilizzato________________________________________________44
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Indice
3.8 Analisi Dinamiche negli Elementi Finiti______________________________463.8.1 Analisi modali negli Elementi Finiti_________________________________48
3.8.2 Analisi in Frequenza negli Elementi Finiti___________________________49
4 CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate___________________________52
4.1 Analisi FEM: generalità____________________________________________52
4.2 Attrezzature di supporto (Fixtures): introduzione______________________53
4.3 Attrezzatura originale_____________________________________________554.3.1 Analisi modale – Attrezzatura originale_____________________________57
4.3.2 Analisi in frequenza (100 – 400 Hz) : attrezzatura originale_____________58
4.4 Attrezzatura modificata___________________________________________624.4.1 Analisi modale – Attrezzatura modificata____________________________64
4.4.2 Analisi in frequenza (100 – 400 Hz) : attrezzatura modificata____________65
4.5 Attrezzatura “alleggerita”__________________________________________664.5.1 Analisi modale – Attrezzatura alleggerita____________________________67
4.5.2 Analisi in frequenza (100 – 400 Hz) : attrezzatura alleggerita____________68
4.6 Riepilogo_______________________________________________________70
4.7 Analisi fatica____________________________________________________71
5 CAPITOLO 5: Conclusioni___________________________________________75
5.1 Generalità______________________________________________________75
5.2 Geometria delle attrezzature_______________________________________75
5.3 Analisi agli elementi finiti e analisi a fatica____________________________765.3.1 Analisi modale________________________________________________76
5.3.2 Analisi in frequenza____________________________________________77
5.3.3 Analisi a fatica________________________________________________78
Bibliografia___________________________________________________________80
Ringraziamenti________________________________________________________81
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Indice
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1 CAPITOLO 1 : Apparecchiature per prove di vibrazione
1.1 Introduzione
In ogni azienda, specialmente di tipo meccanico, alla fase di progettazione e a quella di
sviluppo e realizzazione, in genere sono affiancati alcuni tests per verificare la
conformità dei prodotti realizzati, relativamente alle specifiche del cliente e/o a
normative cogenti, in modo da garantirne l'affidabilità e il corretto funzionamento in
condizioni d'esercizio.
Tra i vari tests, o prove, da eseguire su alcuni pezzi campione, possiamo ricordare a
titolo d'esempio i seguenti:
Test di durata (Endurance test)
o Prova di vibrazione (Vibration cycles)
o Cicli di temperatura (Temperature Cycles)
o Cicli di pressione (Pressure Cycles)
Resistenza alla corrosione (Corrosion test)
Prova di tenuta (Leak test)
Shock meccanico
Flow distribution
Una particolare prova di vibrazione (Vibration cycles) sarà oggetto della presente
relazione.
Lo scopo dello stage effettuato presso la SIEMENS VDO Automotive s.p.a., è stato
quello di progettare particolari supporti per effettuare il montaggio di un tipico prodotto
dell'azienda, il fuelrail, sullo shaker presente nello stabilimento per effettuare le prove di
vibrazione richieste dal cliente.
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Indice
Nei seguenti paragrafi, dopo alcuni cenni storici della SIEMENS VDO Automotive s.p.a.,
sarà riportata la descrizione dei principali elementi oggetto del presente studio: prove di
vibrazione (vibration test), il fuelrail, lo shaker e le attrezzature di interfaccia.
1.2 Cenni storici
La prima unità Siemens fu fondata nel 1847 a Berlino da W. V. Siemens e da J. G.
Halske con il nome di “Telegraphenbavanstaldt Siemens & Halske”.
Oggi la Siemens è divenuta una multinazionale che opera in molti campi quali industria,
energia, comunicazione, medicale, componenti semiconduttori, sistemi informatici,
sistemi elettronici e trasporti di cui fa parte la divisione Automotive.
Nel 1987 una decina di dipendenti della Spica di Livorno, società del gruppo Alfa Romeo
e produttrice di componentistica per auto, decidono di creare lo stabilimento dell’attuale
Siemens di Pisa (San Piero a Grado) con il nome VENTEC.
Lo scopo era quello di realizzare un centro per la progettazione e la produzione degli
elettroiniettori per i sistemi di alimentazione degli autoveicoli a benzina.
Nel 1988 la Siemens acquista la BENDIX, un’azienda di cui fa parte lo stabilimento di
Newport News, in Virginia (USA), che produce, inoltre, un tipo di elettroiniettori
alimentato dall’alto (DEKA I).
Nel 1989, la Siemens di Pisa prende la decisione di fermare tutte le attività relative
all’elettroiniettore VENTEC in tutta Italia e lancia un nuovo iniettore bottom-feed, il DEKA
II. Due anni più tardi diventa operativa una Clean Room (ambiente asettico di
produzione) capace di produrre oltre due milioni di elettroiniettori DEKA II l’anno e
iniziano le consegne alle prime grandi industrie automobilistiche: Chrysler e Renault.
Nel 1995 viene ampliato lo stabilimento di S. Piero a Grado per permettere
l’installazione di una nuova linea di montaggio e taratura per iniettori DEKA I capace di
produrre cinque milioni di unità l’anno. La prima grossa fornitura avviene nell’anno
stesso per la casa automobilistica tedesca Mercedes.
Nello stesso anno la Siemens acquisisce lo stabilimento di Fauglia (operativo dal 1997)
per la produzione di componenti e in seguito a richieste dei clienti (in particolare BMW),
viene lanciata la produzione del Fuelrail, collettore contenente benzina in pressione sul
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quale vengono installati gli elettroiniettori, che a loro volta spruzzano nel condotto di
alimentazione del motore.
Nelle due sedi toscane lavorano oggi circa 600 persone e si producono annualmente
circa 13 milioni di iniettori destinati essenzialmente al mercato europeo e, in piccola
parte, a quello asiatico. Circa la metà dei prodotti viene venduta come componenti, la
restante parte viene assemblata direttamente sui collettori di mandata della benzina
(Fuelrails).
Oggi i principali clienti della Siemens VDO Automotive sono le aziende automobilistiche
tedesche BMW, Mercedes, Audi/Volkswagen/Skoda e Opel alle quali si affiancano
numerosi altri clienti a livello mondiale come Ford, Chrysler, Volvo, Renault, Rover,
Daewoo e Kia.
1.3 Prova di vibrazione (Vibration Test)
Attraverso il sistema ruota-sospensione le sollecitazioni causate dalle irregolarità della
strada vengono continuamente trasmesse al telaio e a tutti i sistemi ad esso connessi
(Fig. 1.1).
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Figura 1.1 – Sollecitazioni ruota-sospensione
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Specialmente i sistemi connessi al motore sono esposti a carichi vibrazionali, anche con
i giri del motore al minimo.
Le vibrazioni causano espansioni e compressioni meccaniche alternate all’interno dei
componenti. Questo provoca tensioni meccaniche che potrebbero essere causa di
cricche o rotture: lo stato di tensioni su un particolare meccanico, è rappresentato ad
esempio, attraverso una diversa colorazione delle zone maggiormente sottoposte a
stress (Fig. 1.2), in una rappresentazione ottenuta con un’analisi agli elementi finiti (la
descrizione di questa modalità di analisi è esposta al capitolo 3 della presente
relazione).
Figura 1.2 – Rappresentazione stato tensioni
In caso di risonanza potrebbero presentarsi carichi superiori.
I profili vibrazionali richiesti dai clienti spesso derivano da misurazioni su reali percorsi
stradali con irregolarità come buche, pozzanghere, ecc. Un’analisi statistica delle
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misurazioni produce i profili vibrazionali. In alcuni casi i massimi valori delle
accelerazioni misurate potrebbero essere più elevati dei profili standardizzati richiesti.
Generalmente è utilizzato un generatore di vibrazioni (shaker) di tipo elettrodinamico o
servo-idraulico.
Il controllo delle vibrazioni generate deve essere garantito almeno nel range delle
frequenze richiesto.
In alcuni casi al test vibrazionale dovrebbe essere associato in contemporanea un ciclo
di temperatura, ma generalmente non è possibile eseguirlo a causa della necessità di
particolari attrezzature che garantiscano un elevato grado di sicurezza.
I carichi che agiscono sul campione durante il test devono essere esattamente
riproducibili. Così, attraverso un’attrezzatura di supporto rigida (fixture) il campione per il
test viene montato sulla base dello shaker (vibration table) per riprodurre l’esatto
fissaggio sul motore/manifold (vedi Fig. 1.3 e Fig. 1.4).
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Fuelrail M56
Figura 1.3 – Fuelrail fissato al motore
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Figura 1.4 – Fuelrail fissato alla fixture
I carichi vibrazionali vengono applicati in tutti e tre gli assi relativi al veicolo: orizzontale
longitudinale, orizzontale laterale e verticale. La durata del test è variabile per ogni
cliente, ma generalmente non è inferiore alle otto ore per ciascun asse.
Prima della prova di vibrazione, è raccomandato un controllo completo per possibili
fenomeni di risonanza. Il test di risonanza è eseguito con un’accelerazione di 10 m/s2 tra
la frequenza inferiore e superiore del test. Le risonanze del test-campione non sono
accettabili e richiedono uno speciale trattamento.
L’attrezzatura di supporto (fixture) deve essere completamente libera da fenomeni di
risonanza nel range di frequenze in cui viene effettuata la prova di vibrazione su un
particolare prodotto.
In alcuni casi, durante le prove di vibrazione, si sono evidenziate cricche o addirittura
rotture dei componenti testati (in particolare fuelrails) generalmente causate da
fenomeni di fatica in alcune zone critiche come ad esempio intagli, fori o saldobrasature.
(vedi Fig. 1.5)
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Fuelrail M56
Fixture
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Figura 1.5 – Rottura inlet tube
1.4 Il fuelrail
Il fuelrail assemblato è un condotto in cui passa il carburante in pressione e si compone
dei seguenti elementi (vedi Fig. 1.6):
Fuelrail
Iniettori
Regolatori e sensori
Clip di ritenzione
Il condotto di alimentazione vero e proprio è il fuelrail, gli iniettori ed i regolatori vi sono
agganciati tramite le clip di ritenzione.
Il fuelrail si compone a sua volta di un corpo principale (main tube) su cui sono saldo-
brasate le sedi per l’iniettore (injector cup) e il tubo di immissione (inlet tube) che
garantisce l’afflusso del carburante.
Le staffe (mounting bracket) permettono, tramite imbullonatura, il collegamento al
motore: il medesimo tipo di collegamento deve essere garantito anche sui supporti
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descritti nella presente relazione, per eseguire le prove di vibrazione. È necessario
quindi che il fuelrail sia fissato sui supporti, e di conseguenza sulla piastra dello shaker,
nella stessa posizione in cui si troverà in condizioni di esercizio sul motore, con il
medesimo serraggio delle mounting brackets (o il più simile possibile), la stessa
inclinazione degli iniettori rispetto agli assi principali di riferimento e lo stesso
accoppiamento degli O-Ring della parte inferiore degli iniettori nelle sedi dei supporti.
Il fuelrail può essere realizzato in diversi materiali (plastica, acciaio,etc.) ma in ogni caso
con materiali caratterizzati da una elevata resistenza a corrosione e con una resistenza
meccanica sufficiente a sopportare le sollecitazioni a cui è soggetto. Poiché si tratta di
sistemi ad iniezione indiretta, il fluido che attraversa il fuelrail ha una pressione pari a 5
bar.
Figura 1.6 – Componenti fuelrail assemblato
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Maintube
Injector Mounting bracket
Inlet tube
Injector cupO-ring
Injector clip
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1.5 Lo shaker
L'apparecchiatura utilizzata per eseguire le prove di vibrazione in oggetto è lo shaker
(vedi Fig. 1.7)
Figura 1.7 - Shaker
Precisamente lo shaker utilizzato è il DV5 Series Vibrator della Froude Consine Ltd.
Questo è un generatore di vibrazioni di tipo elettromagnetico ad alte performance
(genera un spinta di 40 kN per un consumo massimo di 33 kW), progettato per
trasmettere oscillazioni di tipo sinusoidale o random, shock e pulsazioni in un ampio
range di frequenze (da 5 a 2400 Hz) e spostamenti (fino a 50.8 mm).
Lo shaker è raffreddato ad aria ed è equipaggiato con un particolare supporto interno
che permette di sopportare elevati carichi. Può essere fornito con molte differenti opzioni
di montaggio e può essere utilizzato con particolari attrezzature ausiliarie per estendere
le sue performance e capacità: in particolare nel caso analizzato è fornito di una slip
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table che permette di trasferire le vibrazioni in direzione dei tre assi di riferimento (in
modo da avere tests completi).
È utilizzabile in accordo con tutte le specifiche dei test di durata internazionali. Sono
inclusi meccanismi di sicurezza per la protezione del personale e prevenire
danneggiamenti meccanici che potrebbero procurare malfunzionamenti.
La costruzione del DV5 Series Vibrator comprende i seguenti sotto-assemblati principali:
Sistema mobile
Sistema di sospensione
Corpo principale con sistema magnetico
Copertura
Sistema elettrico di alimentazione
Sistema di raffreddamento
Sistema di supporto carichi interni (ILS)
Sistemi di sicurezza
La table mobile è costruita con una durissima lega di magnesio in modo da avere
leggerezza, rigidezza e resistenza strutturale. I fori creati nella table permettono il
collegamento a basi di supporto; inoltre la table garantisce un collegamento alle basi di
supporto privo di qualsiasi risonanza.
Il bloccaggio sulla table avviene attraverso viti di fissaggio: diciassette inserti in acciaio,
disposti radialmente sulla piastra, provvedono un collegamento rigido per gli specifici
tests. Normalmente questi inserti sono provvisti di profonde filettature femmina (M10 x
17 mm) ma possono essere sostituiti anche con altri inserti di altre dimensioni e
filettature diverse per scopi particolari.
Nel caso di shock test (shock meccanici) la massima forza applicabile per una
pulsazione del tipo “½ sine” (la principale utilizzata) della durata di 6 ms è pari a 51 kN
con una velocità massima di 1.43 m/s.
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Lo shaker deve poter alloggiare almeno due rails di massa pari a 0.5 kg occupanti un
volume massimo di 0,9 dm3.
Bisogna, inoltre, considerare la presenza di un’attrezzatura in lega leggera del peso
massimo di circa 200 N: questo peso è il vincolo da rispettare nella progettazione delle
attrezzature di interfaccia tra lo shaker ed i fuelrails da sottoporre al test, in modo da non
compromettere il buon funzionamento dello shaker stesso e impedire improvvisi arresti
dell’apparecchiatura a causa dell’eccessiva potenza richiesta.
1.6 Attrezzature di interfaccia
Sono le attrezzature oggetto della progettazione durante l’attività di tirocinio. Sono
elementi di interfaccia per il montaggio dei fuelrails sullo shaker; sono costruite
generalmente in lega leggera (leghe di alluminio) in modo da ridurre la massa stessa
dell’attrezzatura da posizionare sullo shaker.
La geometria delle attrezzature è variabile perché dipendente dalla geometria
dell’assemblato fuelrail + iniettori: possono essere necessari un numero variabile di sedi
a seconda del numero di iniettori montati (3,4 o 6 iniettori: uno per cilindro), può variare
l’inclinazione dell’asse degli iniettori rispetto al motore e quindi il bisogno di progettare
attrezzature che simulino il reale montaggio.
In alcuni casi è possibile inserire gli O-Ring degli iniettori direttamente in alcune sedi
ricavate sulla piastra stessa fissata allo shaker: in questi casi sono necessari solo alcuni
piccoli supporti per il fissaggio delle monting brackets del fuelrail sulla piastra e
garantire l’immobilità dello stesso.
In casi in cui la posizione e la geometria dell’assemblato è più complessa, sono
necessari ulteriori supporti sui quali ottenere le sedi per gli iniettori, e fissare questi
supporti sulla medesima piastra attraverso imbullonatura.
A titolo d’esempio vengono riportate le immagini di alcune configurazioni fuelrail +
supporto/piastra. (Fig. 1.8 e Fig. 1.9)
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Figura 1.8 – Fuelrail + attrezzatura
Figura 1.9 – Fuelrail + attrezzatura
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PiastraSupporto
Fuelrail assemblato
Piastra Supporto
Fuelrail assemblato
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La piastra base è utilizzata per fissare i supporti e i fuelrails con gli iniettori alla base
dello shaker (vibration table) attraverso una serie di fori di riferimento disposti su due
circonferenze concentriche e bloccata con imbullonatura: anche questa piastra base è
costruita in lega leggera di alluminio per ridurre il più possibile la massa da eccitare da
parte dello shaker.
La progettazione e il disegno di alcuni supporti per la prova di vibrazione di un
particolare fuelrail denominato NGR6 (il cui cliente è BMW) prevedevano la modifica di
un’attrezzatura di supporto già esistente in azienda e la progettazione di un’attrezzatura
“alleggerita” per lo stesso fuelrail: in entrambi i casi l’obiettivo da raggiungere era di
ridurre la massa del supporto, non compromettendo, naturalmente, la resistenza e la
rigidezza dello stesso.
La possibilità di modificare il supporto già esistente (Fig. 1.10) è nata dalla ridefinizione
della geometria del fuelrail da parte del cliente durante una delle fasi di progettazione: è
stata modificata la posizione e le dimensioni dell’inlet tube: dalla necessità di avere dei
supporti adeguati che permettessero un posizionamento corretto del fuelrail e che
impedissero il contatto tra l’inlet tube e la piastra base e quindi con dimensioni particolari
soprattutto in “altezza” (con la relativa influenza sulla massa totale del supporto), si è
potuti passare a dei supporti decisamente più “bassi” (Fig. 1.11) mantenendo
ugualmente il corretto posizionamento del fuelrail durante la prova di vibrazione.
17Figura 1.10 – Supporto originale
Indice
Figura 1.11 – Supporto modificato
Tale modifica non ha apportato solo miglioramenti per quanto riguarda l’obiettivo di
ridurre la massa ma anche per evitare eventuali fenomeni di risonanza, come sarà
evidente nel corso di questo studio.
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CAPITOLO 2:Vibrazioni: fenomeni di fatica e risonanza
2 CAPITOLO 2:Vibrazioni: fenomeni di fatica e risonanza
2.1 "Vibration tests" richiesti dai clienti
Le misure di vibrazioni (siano esse di tipo deterministico o casuale – vedi capitolo 3)
possono venire effettuate con modalità e scopi diversi:
1. misura del livello di vibrazione: viene rilevato il livello di vibrazione di un sistema
meccanico e confrontato con uno dato.
2. misura dell'eccitazione: vengono misurate forze o momenti che possono
costituire delle forzanti, cioè azioni che, applicate ad un sistema in grado di
vibrare, lo pongono in vibrazione
3. misura della risposta di un sistema ad un'eccitazione nota (il caso del presente
studio): questo tipo di misura può proporsi di determinare un adeguato modello
matematico del sistema meccanico vibrante,di trovarne le frequenze proprie e i
modi di vibrare, e così via.
Nel caso di prove di vibrazioni richieste dai clienti per eseguire una validazione sul
prodotto, è il cliente stesso a provvedere, in una o più specifiche, i parametri e i valori
che definiscono il/i ciclo/i di vibrazioni a cui sottoporre i pezzi campione.
I profili di vibrazione generalmente utilizzati sono tre:
sine
random
sine on random
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CAPITOLO 2:Vibrazioni: fenomeni di fatica e risonanza
I profilo sine rappresenta un’armonica semplice, è quindi un profilo sinusoidale che
esprime l’andamento dell’accelerazione in un campo di frequenza stabilito dall’utente:
nel caso delle prove di vibrazione il cliente definisce, nella specifica che contiene i test di
validazione del prodotto, i valori da utilizzare per eseguire la prova. In particolare viene
definita una tabella ed un grafico in cui sono riportati il range delle frequenze e le
relative accelerazioni imposte dallo shaker alla vibration table: a titolo d’esempio si
riporta una tabella e un grafico contenuti in una specifica:
Il profilo random è caratterizzato dall’andamento di una funzione chiamata Power
Spectral Density [PSD] che rappresenta statisticamente un segnale aleatorio, in questo
caso, l’andamento dell’accelerazione: quest’ultima non è espressa come nel caso del
profilo sine in m/s2, ma in (m/s2)2/Hz.
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CAPITOLO 2:Vibrazioni: fenomeni di fatica e risonanza
Il profilo random non è quindi esattamente riproducibile, ma possono essere espressi i
valori solo con dati statistici, perché il grafico del profilo effettivamente usato è differente
ad ogni prova effettuata: la rappresentazione dei valori da impostare allo shaker sono
rappresentati da uno schema simile al sottostante:
Avendo una PSD assegnata è possibile avere un campione del profilo simile al
seguente esempio:
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Quindi la PSD assegnata rimane sempre la stessa, ma il campione del profilo
cambia di volta in volta.
CAPITOLO 2:Vibrazioni: fenomeni di fatica e risonanza
Il profilo Sine on Random infine, consiste in una sovrapposizione di due segnali, uno di
tipo sinusoidale, l’altro random che sollecitino contemporaneamente il campione da
testare.
2.2 Fenomeni di fatica
Gli elementi meccanici sono spesso soggetti a sollecitazioni che variano nel tempo in
modo ciclico, cioè a storie di carico nelle quali si possono identificare una successione
di valori massimi e minimi alternati. Si verifica spesso che componenti di macchine si
danneggiano sotto l’azione di tensioni cicliche nonostante i valori massimi siano inferiori
a quelli di rottura: in questi casi si dice che il guasto è avvenuto per fatica. Alcuni autori
sostengono che l’80-90% dei cedimenti di componenti strutturali è dovuto a questo
fenomeno.
Per spiegare il meccanismo fisico del danneggiamento per fatica si deve anzitutto
osservare che i materiali da costruzione non sono mai omogenei e isotropi. Ad esempio,
i metalli sono aggregati di grani cristallini (a loro volta sono aggregati di cristalli, che
sono anisotropi); ulteriori disomogeneità sono dovute alla presenza di vuoti o di
particelle di materiale differente. Anche se non sono presenti intagli, le tensioni risultano
distribuite in modo non uniforme e localmente è facile che superino i limiti dello
snervamento anche se la tensione nominale è molto più bassa. Il cedimento per fatica è
dovuto all’accumulo di danni localizzati causati da deformazioni cicliche in campo
plastico. Tipicamente la rottura avviene dopo diverse migliaia di cicli. Le zone più
svantaggiate sono quelle a tensione più elevata (ad esempio le zone di concentrazione
di tensione) e la superficie esterna. Lo sviluppo del danneggiamento varia in base alle
proprietà di duttilità o fragilità del materiale.
Un cedimento per fatica inizia, quindi, con una piccola frattura, inizialmente difficile da
rilevare con tecniche sperimentali (liquidi penetranti, radiografie). Man mano che la
frattura si sviluppa gli effetti di concentrazione delle tensioni divengono maggiori e la
velocità di accrescimento aumenta sempre più rapidamente in direzione ortogonale alle
isostatiche. La sezione resistente diminuisce in ampiezza e la tensione aumenta sino a
quando non raggiunge il livello di collasso. Il cedimento è caratterizzato da due distinte
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CAPITOLO 2:Vibrazioni: fenomeni di fatica e risonanza
aree di frattura: la prima dovuta al progressivo sviluppo della cricca, che appare quasi
liscia, la seconda dovuta alla frattura finale, che è molto simile alla superficie di frattura
di un materiale fragile rotto in trazione.
I principali fattori che influenzano la vita a fatica sono i seguenti:
Fattori legati all’applicazione del carico
Entità della tensione alternata,
Presenza di una tensione media
Tipo di sollecitazione (normale-tangenziale, sollecitazione mono/bi/tri-assiale)
Gradiente della tensione
Fattori legati alla resistenza e allo stato del materiale
Caratteristiche meccaniche,
Temperatura,
Corrosione,
Tensioni residue.
Fattori legati alla geometria dell’elemento
Forma,
Dimensioni,
Finitura superficiale.
Per determinare la resistenza del materiale sotto l’azione di carichi di fatica, i provini
sono soggetti a forze variabili ciclicamente nel tempo tra un valore massimo e uno
minimo prefissati, contando i cicli necessari per la rottura. Tipicamente si utilizzano
provini standardizzati, a sezione circolare di diametro pari a 7.5 mm, con un ottimo
grado di finitura superficiale, soggetti a flessione pura (taglio nullo) rotante.
La curva interpolante i risultati sperimentali ottenuta è nota come curva di Wholer o
curva tensione-vita. Generalmente essa viene tracciata in coordinate logaritmiche.
L’ordinata del diagramma è chiamata resistenza a fatica f. La definizione di questa
resistenza deve essere sempre accompagnata dal numero di cicli che le corrisponde.
(Fig. 2.1 e 2.2 : diagrammi tipici di un acciaio)
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CAPITOLO 2:Vibrazioni: fenomeni di fatica e risonanza
Nel diagramma di Wöhler si distinguono in genere tre campi:
Campo della resistenza quasi statica (Nf < 103)
Campo della resistenza a fatica finita (103 < Nf < 106)
Campo rettilineo parallelo all’asse N o con lieve pendenza (Nf > 106)
Per Nf < 103 la f raggiunge valori prossimi a quelli di rottura, usualmente si assume che
f sia pari a circa 0.9 r per Nf = 103.
Nel caso di materiali ferrosi e loro leghe il diagramma di Wholer diviene orizzontale al di
sotto di un certo livello di tensione. Nel caso degli acciai nel diagramma logaritmico si
osserva un ginocchio; la resistenza corrispondente a questo punto è chiamata limite di
fatica f ed è il massimo valore della tensione alternata alla quale non si verifica la
rottura. Nel caso degli acciai, il valore di Nf cui corrisponde il limite di resistenza a fatica
è pari a circa 106, per alcuni metalli non ferrosi e loro leghe il grafico non diviene
orizzontale, quindi questi materiali non hanno un limite di durata e si usa il valore
corrispondente a 108 o 5 x 108 cicli.
Nel caso di questo studio verrà utilizzata solamente una lega leggera di alluminio
(Anticorodal), e quindi non avendo un limite di durata, si assume un valore compreso tra
il 30 e il 40% della resistenza a trazione per una vita pari a 108 o 5 x 108 cicli:
l = 0.3 0.4 rt per rt 340 Mpa
l = 140 MPa per rt 340 Mpa
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Figura 2.1 – Diagrammi di Wöhler per un acciaio Figura 2.2
CAPITOLO 2:Vibrazioni: fenomeni di fatica e risonanza
Nel caso di nostro interesse il diagramma di Wöhler è simile al seguente (Fig. 2.3):
Figura 2.3 – Diagramma generale di Wöhler per un alluminio
Il limite di durata l di un elemento di macchina può essere considerevolmente minore
del limite di durata ’l del provino a flessione rotante. La differenza è dovuta a diversi
fattori e può essere valutata impiegando per ciascuno un apposito coefficiente minore di
uno. Il limite di durata può essere, infatti, espresso come:
l = CL CG CS ’ldove:
CL – tipo di tensione
CG – gradiente di tensione
CS – finitura superficiale
La scelta di questi coefficienti e il relativo diagramma di Wöhler per il caso del presente
studio sono riportati nell’ “Analisi a fatica” al cap. 4 § 4.7.
Natuuralmente è necessario anche accennare anche al discorso dell’affidabilità legata al
coefficiente di sicurezza. È nota la possibilità di associare le proprietà delle curve di
distribuzione per la sollecitazione e la resistenza a distribuzioni normali o gaussiane.
25
CAPITOLO 2:Vibrazioni: fenomeni di fatica e risonanza
Noti i valori del valor medio μ e la deviazione standard σ è possibile ottenere la
rappresentazione della funzione normale(Fig. 2.4), dall’equazione:
Figura 2.4 – Distribuzione normale o gaussiana
Con questa funzione è possibile rappresentare su uno stesso diagramma le distribuzioni
della resistenza e della sollecitazione (Fig. 2.5):
La zona di interferenza rappresenta i valori in cui possono verificarsi rotture. Il margine
di sicurezza z è dato da z = x – y, ed è dimostrato che μz = μx – μy e
e μz = -k σz dove k è il numero di deviazioni standard (valori indicativi = -6 +6).
26
μ
Figura 2.5 – Distribuzioni normali di resistenza e sollecitazione
CAPITOLO 2:Vibrazioni: fenomeni di fatica e risonanza
Assumendo che il valore della deviazione standard sul limite di fatica sia pari all’ 8%, è
possibile ricavare la probabilità di rottura associata attraverso le precedenti formule e
diagrammi che riportano l’affidabilità o la percentuale di rotture in relazione al numero di
deviazioni standard.
Anche per i valori relativi alla probabilità di rottura ricavati in queso studio, si rimanda all’
“Analisi a fatica” cap. 4 § 4.7.
2.3 Fenomeni di risonanza
In generale la risposta di un sistema a carichi esterni dipende dalle frequenze naturali e
dallo smorzamento del sistema come pure dalle frequenze e dall’ampiezza delle forze
eccitatrici. Se una frequenza di un’eccitazione armonica coincide con una delle
frequenze naturali del sistema, l’ampiezza della vibrazione potrebbe diventare
estremamente grande. Una simile condizione è conosciuta con il nome di risonanza.
È sempre preferibile evitare o limitare al massimo nel progetto eventuali fenomeni di
risonanza. Per questa ragione è molto importante che il progettista conosca le
frequenze naturali della struttura, i valori delle frequenze, l’ampiezza delle forze
eccitatrici come pure il fattore di smorzamento posseduto dal sistema oscillante. Lo
smorzamento rappresenta tutti i meccanismi che dissipano energia durante l’eccitazione
ed è il principale fattore limitante nell’ampiezza delle oscillazioni durante i fenomeni di
risonanza.
Consideriamo il caso più semplice delle vibrazioni in un sistema ad un solo grado di
libertà (cenni ad un’analisi teorica delle vibrazioni sono riportati al capitolo 3 § 3.3) per
evidenziare la risposta di un sistema ad una forza eccitatrice esterna.
In Fig. 2.3 e in Fig. 2.4 si riportano rispettivamente l’ampiezza di risposta e la fase della
risposta ad una eccitazione sinusoidale in un sistema oscillante ad un grado di libertà.
27
CAPITOLO 2:Vibrazioni: fenomeni di fatica e risonanza
Figura 2.3 – Ampiezza
28
Figura 2.4 - Fase
CAPITOLO 2:Vibrazioni: fenomeni di fatica e risonanza
Dalla Fig. 2.3 possiamo notare come l’ampiezza dell’oscillazione, per piccoli valori di
raggiunge il valore massimo per valori di poco minori di 1; se fosse ,
tenderebbe all’infinito al tendere di ad 1 (condizione di risonanza), fenomeno
pericoloso in ogni sistema oscillante.
29
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
3 CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
3.1 Generalità
Lo studio delle vibrazioni degli organi delle macchine riveste importanza notevole, per gli
effetti che tali moti possono avere sul funzionamento delle macchine e sulla vita degli
organi meccanici.
Non mancano casi nei quali moti vibratori vengono utilizzati per conseguire determinati
scopi di interesse industriale (ad esempio i moti vibratori sono alla base del
funzionamento dei convogliatori vibranti, delle vibrodine, ecc.) come nel caso del
presente studio: le prove di vibrazione richieste e specificate dal cliente hanno lo scopo
di verificare la resistenza meccanica dei prodotti richiesti soprattutto per evidenziare
eventuali fenomeni di risonanza o di fatica.
Nel caso si debbano studiare le vibrazioni di un organo meccanico che non presenti
zone sostanzialmente più deformabili di altre, il procedimento comunemente seguito
consiste nella sostituzione del sistema continuo con un sistema discretizzato secondo il
metodo degli elementi finiti (FEM). La struttura viene rappresentata da un insieme di
elementi continui collegati tra di loro in un certo numero di punti, detti nodi, in
corrispondenza dei quali si impone l’uguaglianza degli spostamenti e l’equilibrio delle
forze trasmesse, valutati per ciascuno degli elementi che afferiscono al nodo. Il metodo
prevede la risoluzione delle equazioni del moto di ciascun elemento e, pertanto, richiede
una notevole mole di calcolo, esigenza peraltro soddisfatta dalle capacità dei moderni
elaboratori elettronici.
L’applicazione del presente metodo (FEM) è descritta al § 3.4 del presente capitolo.
30
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
3.2 Classificazione delle vibrazioni
Le vibrazioni di un sistema si possono suddividere principalmente nelle seguenti
categorie:
Vibrazioni libere: avvengono in assenza di cause eccitatrici; se il sistema possiede
un solo grado di libertà, la vibrazione libera ha una frequenza pari alla frequenza
propria o naturale del sistema stesso; se il sistema possiede n gradi di libertà, la
generica vibrazione libera può essere ricavata come combinazione lineare dei modi
principali di vibrare.
Vibrazioni forzate: avvengono in presenza di forze eccitatrici esterne, definite
forzanti, che agiscono sul sistema; caso tipico è quella di una forzante la cui
dipendenza dal tempo è di tipo sinusoidale. Se la frequenza della forzante coincide
con una delle frequenze naturali del sistema si verifica la cosiddetta condizione di
risonanza per effetto della quale le ampiezze di vibrazione aumentano
considerevolmente. Molti cedimenti meccanici possono essere indotti da questo
fenomeno.
Vibrazioni non smorzate: si hanno quando è possibile trascurare i fenomeni di attrito
e le conseguenti dissipazioni di energia
Vibrazioni smorzate:in questo caso l’effetto degli attriti è rilevante e pertanto deve
essere opportunamente considerato nelle equazioni di moto.
Vibrazioni in campo lineare: sono vibrazioni descritte da equazioni o sistemi di
equazioni differenziali lineari; in questo caso l’approccio analitico è semplice ed
immediato, poiché le tecniche di soluzione sono note; si ricordi che, in campo lineare
vale il principio di sovrapposizione degli effetti.
Vibrazioni deterministiche: sono vibrazioni eccitate da forze il cui andamento
temporale è definito da una legge nota.
Vibrazioni casuali (random): sono vibrazioni che avvengono in presenza di cause
eccitatrici variabili nel tempo in modo non deterministico; ciò significa che il valore
dell’eccitazione ad un generico istante non può essere previsto. In questi casi lo
studio viene effettuato mediante metodi statistici. Esempi di eccitazioni random sono
31
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
la velocità del vento, le asperità di un fondo stradale, il movimento del suolo durante
un terremoto, ecc.
3.3 Cenni alla teoria delle vibrazioni
Esaminiamo il sistema senza smorzamenti di Fig. 3.1
Figura 3.1 – Sistema a 2 gradi di libertà
Scriviamo le equazioni di equilibrio delle masse m1 e m2:
(1)
Poniamo le seguenti per soddisfare le (1):
(2)
dove sono le costanti da determinare. , , e
32
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
Sostituendo le (2) alle (1) imponendo che queste siano soddisfatte per valori non nulli di
otteniamo:
(3)
che ammettono soluzioni non nulle se il determinante dei coefficienti è nullo.
Quest’ultima condizione è soddisfatta per due valori di , ottenuti dopo alcuni
passaggi:
(4)
La (4) sostituita alle (3) permette di individuare i valori di ed
che il rapporto assume in corrispondenza dei valori della
pulsazione. Si ottengono i seguenti risultati:
(5)
Quindi le espressioni:
e
con costanti arbitrarie, sono integrali particolari, relativi ad x1,
delle (1); e che le espressioni:
e
, , e
33
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
con legate ad attraverso le (5), sono integrali particolari,
relativi ad x2, delle (1). Integrali generali, in quanto contengono quattro costanti
arbitrarie, delle (1), sono allora le seguenti espressioni:
(6)
Le quattro costanti arbitrarie possono essere trovate con le
condizioni iniziali conoscendo i valori assunti da ad esempio per t=0.
Dalle (6) risulta che, in generale, le oscillazioni libere delle due masse non sono
sinusoidali, ciascuna oscillazione essendo la risultante di due moti sinusoidali di diversa
pulsazione.
Soltanto in casi particolari, se le condizioni iniziali sono tali che sia
le due masse oscillano sinusoidalmente con la stessa pulsazione. I due modi secondo i
quali le due masse oscillano in tali situazioni si chiamano modi principali, o modi naturali
di oscillazione del sistema. Le corrispondenti pulsazioni sono le pulsazioni principali, o
naturali del sistema; la loro conoscenza è molto importante perché permette di
individuare i valori della pulsazione di forze eccitatrici che possono provocare pericolosi
fenomeni di risonanza.
L’estensione dei risultati trovati per i sistemi a 2 gradi di libertà ai sistemi con n gradi di
libertà è immediata: qui accenneremo solamente l’impostazione della soluzione al
problema.
Le equazioni del moto, in assenza di smorzamento, diventano:
dove è la matrice massa:
, ,
, , e
34
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
E è la matrice rigidezza
E è il vettore delle coordinate delle masse.
Per determinare i modi propri di vibrare del sistema si impone che sia:
Ottenendo in seguito un problema agli autovalori e autovettori.
3.4 Introduzione agli Elementi Finiti (FEM)
Quando si devono studiare sistemi continui – come sono le strutture e gli organi delle
macchine – nella maggior parte dei casi di interesse pratico la forma geometrica e le
condizioni al contorno sono troppo complesse per poter applicare procedimenti analitici:
per analisi sia statiche sia dinamiche si deve allora fare ricorso ad altri metodi, per lo più
basati sull’uso del calcolatore.
Tra tali metodi, ampiamente impiegato è quello degli elementi finiti, che considera il
sistema continuo costituito da elementi “finiti”, cioè di dimensioni finite, anziché di
dimensioni infinitesime, come nel caso dei metodi analitici.
Il metodo degli elementi finiti (FEM) impiega funzioni che descrivono la deformata della
struttura da analizzare, applicate per ciascun tratto della struttura stessa, permettendo
così di studiare anche strutture molto complesse, adottando peraltro funzioni di forma
molto semplici. (Fig. 3.2)
35
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
Il principio è che se le funzioni di forma assunte per i vari elementi sono scelte
opportunamente, la soluzione può convergere a quella esatta per l’intera struttura al
diminuire delle dimensioni degli elementi finiti e alla distribuzione degli stessi (reticolo o
mesh). Durante il processo di risoluzione, vengono soddisfatti l’equilibrio e la
congruenza degli spostamenti ai nodi, così che l’intera struttura si comporta come
un’unica entità.
Il mondo commerciale offre molti pacchetti di programmi basati sugli elementi finiti; il
programma utilizzato nel presente studio è il Pro-Mechanica associato a Pro-Engineer
della società PTC. Nel prossimo paragrafo verrà evidenziata la principale differenza tra il
software agli Elementi Finiti Pro-Mechanica e altri software (vedi Ansys).
3.5 Differenze tra P-version e H-version negli Elementi Finiti
La P-version e la H-version degli Elementi Finiti sono differenti modi di aggiungere gradi
di libertà al modello, così da ridurre l’errore in un’ analisi successiva. La H-version riduce
la dimensione (H) degli elementi, dividendo ciascun elemento già esistente in due o più
elementi senza cambiare il tipo di elementi utilizzato. La P-version aumenta il grado del
più alto polinomio completo interno ad un elemento, con l’aggiunta di nodi all’elemento,
gradi di libertà ai nodi (per esempio gradi di libertà derivati), o entrambi, ma senza
Schema elementi finiti
Figura 3.2 – Schema elementi finiti
36
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
cambiare il numero degli elementi usati. In Fig. 3.3, il successivo stadio del
“raffinamento” della P-version si ottiene con l’aggiunta di gradi di libertà derivati senza
cambiare il numero di nodi.
La teoria convenzionale degli Elementi Finiti garantisce che la sequenza di successive
ridefinizioni della mesh produrranno la convergenza verso risultati più corretti. Il
processo è conosciuto come convergenza H o P a seconda del metodo di aggiunta di
gradi di libertà.
Un software FEM è definito “adaptive” se l’aggiunta di gradi di libertà e rianalisi può
essere ottenuto con un minimo indirizzo dell’utente. Un software è chiamato “self-
adptive” se può automaticamente decidere dove aggiungere ulteriori gradi di libertà
necessari nel modello, preparare un nuovo modello adatto, rianalizzare e ripetere il
processo fino a che non è raggiunto un certo livello di tolleranza della convergenza. La
ridefinizione nell’ “adaptive H-version” continua fino al limite imposto dalle capacità
numeriche del computer. La ridefinizione nell’ “adaptive P-version” continua fino al più
alto grado polinominiale imposto nel software usato.
Pro-Mechanica usa la P-version nel metodo degli Elementi Finiti ed è completamente
adaptive. La P-version definisce gli spostamenti o le temperature all’interno di ciascun
elemento usando elevati ordini polinominiali, a differenza delle funzioni lineari (o talvolta
quadratiche o cubiche) usate convenzionalmente negli Elementi Finiti (H-version).
Un singolo elemento geometrico, perciò, rappresenta uno stato di deformazione o
temperatura più complesso di un singolo elemento finito convenzionale. Mentre l’utilizzo
Figura 3.3 – “Raffinamento” mesh
37
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
di elementi con un ordine polinominiale elevato aumenta le dimensioni delle matrici di
calcolo e conseguentemente è richiesto un maggior numero di calcoli, ha però il
vantaggio che sono necessari pochi elementi con elevato ordine polinominiale per
ottenere la stesso grado di accuratezza. In altre parole, potrebbe essere necessaria
solamente un’analisi per determinare se una soluzione ha raggiunto la convergenza.
Inoltre l’utilizzo di questo tipo di elementi produce risultati più accurati in applicazioni
dove il gradiente degli spostamenti non può essere approssimato con polinomi di grado
ridotto.
3.6 Funzionalità di Pro-Mechanica
Pro-Mechanica è un prodotto CAE (Computer Aided Engineering) che permette di
simulare il comportamento fisico di una parte o un assemblato, per capire e migliorare le
caratteristiche meccaniche di un progetto.
È possibile utilizzare Pro-Mechanica attraverso l’interfaccia di Pro-Engineer, programma
CAD utilizzato per modellare parametricamente il componente da progettare.
Pro-Mechanica permette di calcolare direttamente tensioni, deformazioni, temperature,
frequenze ed altri fattori per simulare il comportamento meccanico del progetto come se
fosse testato in laboratorio o fosse usato in reali condizioni di esercizio.
Il processo da seguire per eseguire le analisi di interesse è il seguente:
Sviluppo del modello
Costruire la parte
Definire il sistema di coordinate
Definire materiale, carichi, superfici di
contatto e parametri
Creare idealizzazioni strutturali del
modello
38
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
3.6.1 Tipologie di analisi
Con Pro-Mechanica è possibile impostare due tipologie di analisi principali:s imulazioni e
ottimizzazioni.
Le simulazioni meccaniche comprendono i seguenti tipi di analisi:
Analisi statica: provvede informazioni su come una parte o un assemblato si
comporta quando è soggetto ad un carico costante
Analisi modale: provvede informazioni sulle frequenze naturali e i modi di vibrare del
modello
Analisi con precarico: provvede informazioni relativamente alle tensioni per strutture
che sono soggette ad un precarico.
Analisi delle deformazioni: provvede informazioni su quanto una parte può resistere
ad un carico senza deformarsi.
Analisi di contatto: provvede informazioni sulle condizioni di tensione in un’area di un
assemblato dove due parti sono in contatto tra loro ma senza una connessione
rigida.
Analisi del modello
Definire un’analisi
Far girare un’analisi
Esaminare i risultati di un’analisi
Definire le modifiche al
modello
Definire i parametri e le variabili di
progetto
Analizzare e modificare la geometria
Ottimizzare il modello
Definire studi di sensibilità e
ottimizzazione
Far girare gli studi
Esaminare i risultati degli studi
Accettare il progetto ottimizzato
39
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
Analisi dinamica: provvede informazioni sui carichi nel modello che variano nel
tempo o nella frequenza, o in condizioni di eccitazione della base. L’analisi dinamica
si suddivide in quattro tipologie:
Risposta dinamica nel tempo: fornisce la risposta della struttura in funzione
del tempo, dato un carico variabile.
Risposta dinamica al variare della frequenza: fornisce la risposta della
struttura in funzione della frequenza, dato un carico variabile.
Vibrazioni random: fornisce la risposta della struttura in funzione della
frequenza data da una PSD
Risposta agli urti: fornisce la risposta della struttura in funzione del tempo data
una condizione generale di shock.
Analisi a fatica: provvede informazioni sul danneggiamento a fatica del modello
quando soggetto a carichi variabili nel tempo.
Analisi termali con stato costante: provvede informazioni sulla temperatura e sulla
distribuzione del flusso di calore nel modello.
Analisi termali in stato transitorio: provvede informazioni relativamente ai cambi di
temperatura e di flusso di calore, partendo da una condizione iniziale, misurate in un
intervallo di tempo.
Le ottimizzazioni permettono di migliorare il proprio progetto, variando alcuni parametri
definiti dall’utente, in modo da verificare i valori delle tensioni, spostamenti o qualunque
altra misura in relazione ai diversi valori assunti dai parametri definiti.
Nel nostro studio, oltre che alle Analisi modali, faremo uso di un particolare tipo di
Analisi dinamica e in particolare di Analisi in frequenza: la trattazione di questo tipo di
analisi è riportata al § 3.8 “Analisi Dinamiche negli Elementi finiti”
Con un’ Analisi dinamica in frequenza, Pro-Mechanica calcola l’ampiezza e la fase degli
spostamenti, delle velocità, delle accelerazioni e delle tensioni nel modello in risposta ad
un carico oscillante a diverse frequenze.
Altri parametri che è possibile misurare con un’analisi in frequenza sono:
40
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
3.6.2 Tipologie di modellazione
Pro-Mechanica permette diversi tipi di modellazione del proprio progetto; in particolare
possiamo distinguere:
Modelli trave (beam)
Modelli guscio (shell)
Modelli solido (solid)
Il modello trave è un’idealizzazione ad una dimensione che rappresenta le strutture
tridimensionali in cui la lunghezza è di gran lunga superiore alle altre due: la trave deve
avere una sezione costante che mantiene le stesse dimensioni tra i due punti di
riferimento della lunghezza. (Fig. 3.4)
Figura 3.4 – Modello trave41
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
Un modello guscio è una parte modellata utilizzando elementi quali triangoli e
quadrilateri. In genere i modelli guscio vengono creati quando lo spessore della parte è
relativamente sottile rispetto alla lunghezza e alla larghezza (come nel caso di un
fuelrail, in cui tutti i componenti sono particolarmente sottili).
Come parametro di riferimento si può utilizzare, secondo il manuale d’uso del Pro-
Mechanica, il rapporto tra la lunghezza e la larghezza e lo spessore della parte, che
deve essere superiore a 10 : 1.
Per soddisfare i criteri previsti da Pro-Mechanica per i modelli guscio è necessario che
lo spessore sia uniforme nell’intera parte o in singole aree della parte. (Fig. 3.5)
Un modello solido è una parte modellata utilizzando elementi solidi quali tetraedri, brick
o cunei. In genere i modelli solidi vengono creati quando la lunghezza della parte è
uguale allo spessore e alla larghezza; lo spessore della parte può variare in modo non
uniforme.
Lo schema sottostante mostra i tre tipi di elemento solido utilizzabili; si nota come il
particolare tipo di elemento sia associabile al numero di facce che lo costituiscono.
Figura 3.5 – Modello guscio
42
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
Nella figura seguente è possibile vedere una generica modellazione con elementi di tipo
solido. (Fig. 3.6)
Figura 3.6 – Modello solido
Schema generale modellazione solida
43
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
3.7 Modello utilizzato
Considerando la geometria dell’attrezzatura da esaminare, è necessario utilizzare il
“modello solidi” (solid), perché la fixture non è caratterizzata da elementi con spessore
relativamente sottile in confronto alle altre dimensioni e non può essere neppure
assimilata ad una trave (beam) perché la sezione trasversale non è costante per tutta la
lunghezza e non è possibile considerarla tale facendo un’ipotesi semplificativa del
modello perché si discosterebbe troppo dalla realtà.
Nella seguente figura (Fig. 3.7) è possibile vedere un esempio di modellazione
automatica in Pro-Mechanica attraverso modelli solidi di una delle configurazioni della
fixture che prenderemo in esame.
Figura 3.7 – Mesh fixture
È evidente come la mesh creata automaticamente in Pro-Mechanica rispetti la necessità
di avere un controllo e una misurazione più accurata nelle possibili zone in cui ci
saranno concentrazioni di tensioni come nel caso dei fori
Un dettaglio della particolarità appena descritta è evidenziato nella seguente figura (Fig. 3.8):
44
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
Figura 3.8 – Particolare della mesh
Oltre alla necessità di definire la mesh per eseguire le analisi ad elementi finiti, deve
essere assegnato un materiale al modello in modo da stabilire le proprietà meccaniche
(carico di rottura, modulo di Young...) e quindi il relativo comportamento sotto l’effetto di
un carico: quindi si è proceduto ad assegnare ai modelli utilizzati il materiale con le
proprietà corrispondenti ad un Alluminio Anticorodal 6082 – T6 (le proprietà sono
riportate al capitolo 4 al § 4.2)
L’ultimo aspetto da tenere presente per la realizzazione di un modello in Pro-Mechanica
è quello relativo alla definizione dei vincoli.
Nel caso considerato, le attrezzature di supporto vengono fissate attraverso
imbullonatura ad una piastra base (quella fissata alla vibration table dello shaker)
attraverso i fori praticati sulla parte inferiore (base) delle fixtures. Quindi il vincolo
utilizzato in Pro-Mechanica che rappresenti lo stesso fissaggio che abbiamo nella realtà,
Mesh “infittita” Mesh “infittita”
45
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
è quello che elimina la possibilità di traslazione nelle tre direzioni (X, Y e Z) delle
superfici interne di ciascun foro presente sulla base. La figura seguente chiarifica la
spiegazione: (Fig. 3.9)
Figura 3.9 - Vincoli
3.8 Analisi Dinamiche negli Elementi Finiti
L’equazione che regola la risposta dinamica di un modello a elementi finiti è data da:
(7)Dove:
[M] = matrice massa
[C] = matrice dello smorzamento
[K] = matrice rigidezza
{y} , {y’} , {y’’} = vettori degli spostamenti, velocità e accelerazioni nodali
{F(t)} = vettore dei carichi applicati
Vincoli alla traslazione
Superfici a cui sono applicati i vincoli
46
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
Nel caso in cui la struttura sia soggetta a un’eccitazione della base (questa è la
situazione che prenderemo in considerazione in questo studio), la sua risposta è
regolata da:
(8)Dove:
{u} , {u’} , {u’’} = vettori dei relativi spostamenti, velocità e accelerazioni nodali
{yg’’(t)} = vettore dell’accelerazione della base
Nella maggior parte dei problemi dinamici le matrici [M], [C] e [K] sono indipendenti dal
tempo e il sistema è lineare. La linearità del sistema consente l’uso del principio di
sovrapposizione.
L’equazione (7), generalmente il modo più conveniente per esprimere l’equilibrio del
modello FEM al tempo t, può essere scritta come:
(9)
dove {FI}=[M]{y’’}, {FD}=[C]{y’} e {FS}=[K]{y} sono l’inerzia, lo smorzamento e le forze
elastiche del nodo.
Queste equazioni esprimono l’equilibrio delle forze agenti su un sistema.
Per capire il tipo di forze in gioco in un’analisi deve essere fatta una distinzione
sull’effetto delle masse in un’analisi statica ed in una dinamica.
In un’analisi statica, quando viene specificato un valore diverso da zero per la densità
del materiale che compare nel sistema, il programma ad elementi finiti genera carichi
nodali che simulano l’effetto della gravità. In modo simile, quando viene specificato un
valore diverso da zero per la densità del materiale e richiediamo al programma di
eseguire un’analisi di tipo dinamico, la matrice massa è generata in modo da simulare
l’effetto dell’inerzia.
Esaminiamo adesso le due tipologie di analisi dinamiche: analisi modali e analisi in
frequenza.
47
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
3.8.1 Analisi modali negli Elementi Finiti
La soluzione del problema delle vibrazioni libere con smorzamento trascurabile,
provvede la proprietà dinamica più importante di una struttura: le frequenze naturali e i
modi di vibrare.
In particolare quando cerchiamo soluzioni diverse da zero nel problema:
(10)
stiamo risolvendo un’analisi modale. Per un sistema a n gradi di libertà, possiamo
assumere che una possibile soluzione sia della forma:
(11)
dove è l’ i-esimo modo di vibrare con la corrispondente pulsazione naturale i e la
fase i. Sostituendo la (11) alla (10) ed eliminando otteniamo:
(12)
che nella risoluzione con il software viene utilizzata in forma matriciale:
(13)
L’obiettivo delle analisi modali è quello di calcolare le i e le corrispondenti {}i che
soddisfano la (12). Una soluzione non banale diversa da zero, richiede che il
determinante dell’equazione (13) sia uguale a zero:
48
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
(14)
La (14) è un’equazione polinominiale di grado N in i2. Questa è conosciuta come
l’equazione caratteristica del sistema. Per ciascuna soluzione i2 (i=1,2,...N)
dell’equazione caratteristica può essere risolta l’equazione (13) per {}i. Nella dinamica,
i è chiamata pulsazione e il corrispondente vettore è la forma modale. La più bassa
pulsazione è definita pulsazione fondamentale.
Se riscriviamo la (12) nella forma:
(15)possiamo descrivere l’interpretazione fisica della forma modale come una deviazione
statica risultante dalle forze alla destra della (15).
3.8.2 Analisi in Frequenza negli Elementi Finiti
Prima descriviamo brevemente un processo relativo all’analisi modale per poter
introdurre la descrizione di un’analisi dinamica in frequenza.
Le equazioni (7) rappresentano un sistema di N equazioni differenziali accoppiate.
L’essere accoppiate implica il problema che non possono essere risolte
indipendentemente l’una dall’altra. Questa difficoltà è aggirata dall’analisi modale con la
proprietà dell’ortogonalità delle forme modali. È dimostrato che la risposta di un sistema
strutturale governato dalle (7) può essere ottenuta come sovrapposizione delle soluzioni
di N equazioni indipendenti. Ciascuna delle equazione indipendenti è l’equazione che
descrive il moto di un sistema ad un grado di libertà che viene risolta passo dopo passo.
Questa procedura per ottenere la risposta di un sistema a molti gradi di libertà ad un
carico dinamico come sovrapposizione delle risposte di N sistemi ad un grado di libertà
è definita sovrapposizione modale nel tempo.
L’analisi in frequenza fornisce la risposta dello stato costante e non del transitorio nel
caso di carichi esterni o eccitazioni della base di tipo armonico. Per questo,
rigorosamente parlando, i risultati ottenuti con la risposta in frequenza non sono
cautelativi per il progetto. Quando, comunque, la durata del transitorio è veramente
49
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
trascurabile nella risposta (questo è il caso del nostro studio) o non è di interesse,
l’utilizzo di analisi in frequenza è appropriato.
Il processo dell’analisi in frequenza è molto simile al processo prima descritto della
sovrapposizione modale nel tempo. Infatti, la risposta in frequenza può essere vista
come una sovrapposizione modale che è limitata al calcolo della risposta nello stato
costante del sistema sottoposto a carichi armonici. È richiesta prima un’analisi modale
della struttura.
La soluzione analitica consiste in questi quattro passi:
1. Formulazione delle equazioni di moto
2. Analisi modale
3. Disaccoppiamento delle equazioni di moto
4. Combinazione delle risposte modali
La fase 1 consiste nell’impostare le equazioni del moto in forma matriciale in modo che il
computer possa ottenere i risultati voluti: vengono quindi definite le matrici massa,
rigidezza e smorzamento.
La fase 2 già descritta in precedenza permette di calcolare le frequenze naturali del
sistema: questa fase è obbligatoria prima di poter procedere a qualunque altra analisi
dinamica.
La fase 3 consiste di eseguire una trasformazione per disaccopiare le equazioni,
facendo uso anche della proprietà di ortogonalità delle forme modali.
L’ultima fase permette di ottenere i valori numerici nell’analisi durante lo stato costante
dell’eccitazione.
Per definire completamente questa tipologia di analisi occorre definire anche il fattore di
smorzamento e il criterio per il calcolo delle tensioni equivalenti:
Il fattore di smorzamento utilizzato per le analisi in questo studio è pari a 0.01 (1%)
considerato come il valore maggiormente utilizzato nelle analisi per sistemi vibranti in
cui non siano presenti opportuni meccanismi che abbiano lo scopo di accrescere lo
smorzamento ad un valore elevato richiesto durante la progettazione ( ad esempio in
50
CAPITOLO 3: Cenni sulla teoria delle vibrazioni e analisi agli Elementi Finiti (FEM)
casi in cui si voglia limitare gli effetti delle vibrazioni prodotte da particolari
apparecchiature: questo non è il nostro caso).
Il criterio utilizzato per il calcolo delle tensioni equivalenti è il von Mises Yield
Criterion in cui si stabilisce che la deformazione plastica inizia quando la tensione
principale in un punto soddisfa la seguente relazione:
Dove y è il valore del carico di snervamento del materiale sottoposto ad un carico
assiale.
51
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
4 CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
4.1 Analisi FEM: generalità
Per effettuare le analisi sulle attrezzature di interfaccia, si è utilizzato il programma agli
elementi finiti Pro – Mechanica in modo da verificare le massime tensioni (secondo il
criterio di von Mises) su tutte le configurazioni durante le prove di vibrazioni.
È stato necessario eseguire in primo luogo un’analisi modale per stabilire le frequenze
naturali e i modi di vibrare delle tre configurazioni utilizzate e in seguito sono state
eseguite le analisi in frequenza.
Le analisi in frequenza simulano una vibrazione con legge di tipo sinusoidale
impostando la tabella seguente con frequenze e relative accelerazioni richieste nella
specifica e impostate sul terminale dello shaker:
Frequenza (Hz) Accelerazioni (m/s2)
100 40
200 160
350 160
400 100
Un grafico corrispondente alla tabella Frequenze – Accelerazioni è presente nelle
specifiche del cliente (in questo caso il cliente è BMW)
52
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
4.2 Attrezzature di supporto (Fixtures): introduzione
La geometria di ogni fixtures utilizzata è dettata principalmente da tre fattori:
Simulare il montaggio sul motore
Ottimizzare la massa della fixture stessa
Evitare fenomeni di risonanza sulla fixture nel range delle frequenze in cui sarà
effettuata la prova di vibrazione
Ogni specifica del cliente descrive la posizione effettiva degli iniettori e del fuelrail che si
avrà sul motore, quindi è necessario progettare le attrezzature di supporto in modo da
rispettare tali requisiti. Ad esempio devono essere previste delle sedi per gli iniettori in
cui sarà garantito il fissaggio attraverso gli O-Ring degli iniettori stessi che
assicureranno una certa “tenuta” con la sede: è possibile vederne un esempio
nell’assemblato in sezione di Fig. 4.1
Grafico utilizzato
53
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
Figura 4.1 – Fissaggio sulla fixture
Dalla Fig. 4.1 è possibile vedere anche come deve essere evitato il contatto degli
iniettori (ad eccezione naturalmente degli O-Ring) con qualunque superficie della fixture,
e come deve essere previsto uno smusso circolare al fine di evitare eventuali
danneggiamenti degli O-Ring in fase di montaggio sull’attrezzatura. Il fissaggio definitivo
sulla fixture è dato dal serraggio delle mounting brackets sulle superfici di appoggio
inclinate su cui sono stati ricavati anche i fori filettati (M6) ai quali saranno fissate le
mounting brackets.
Per quanto riguarda il secondo fattore da considerare e ridurre quindi il più possibile la
massa della fixture, è necessario utilizzare un materiale con densità bassa: di
conseguenza la scelta ricade necessariamente su una lega leggera di alluminio. In
particolare il materiale utilizzato per tutte le fixtures (sia di questa relazione sia in tutti gli
O-ring di tenuta
54
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
altri casi) è Alluminio Anticorodal 6082 – T6: le proprietà meccaniche sono riportate
nella tabella seguente:
Alluminio Anticorodal 6082 – T6
Densità (ρ) 2.7102 kg/dm3
Modulo di Young (E) 68947.6 N/mm2
Carico di rottura a trazione 310 Mpa
Carico di snervamento 275 Mpa
4.3 Attrezzatura originale
Iniziamo analizzando l’attrezzatura originale già utilizzata in passato creando però alcuni
problemi con lo shaker. Si è reso quindi necessario modificare questa attrezzatura di
interfaccia in modo da rendere regolari le prove di vibrazioni da effettuare sui fuelrails
del tipo NGR6.
In Fig. 4.2 e Fig. 4.3 è possibile notare la geometria del supporto utilizzato attraverso un
modello creato con Pro-Engineer.
Figura 4.2 – Originale: vista anteriore
55
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
Figura 4.3 – Originale: vista posteriore
La massa dell’attrezzatura originale (costruita sempre in lega leggera) era di 3.871 kg : massa sicuramente eccessiva, in quanto la prova di vibrazione prevede il controllo di
quattro fuelrails, quindi è necessario montare quattro fixtures sulla piastra di fissaggio
allo shaker, la quale ha una massa di 13.134 kg che sommata alle quattro fixtures,
determina una massa totale pari a 28.618 kgIn Fig. 4.4 è possibile vedere una foto della piastra e dei quattro supporti originali
montati:
Figura 4.4 – Originale: foto56
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
4.3.1 Analisi modale – Attrezzatura originale
In primo luogo è stata eseguita un’analisi modale per ricercare le frequenze naturali e i
modi di vibrare della fixture. Quest’analisi permette di verificare se le frequenze naturali
(specialmente la prima) rientrano nel range delle frequenze in cui viene eseguito il test
di vibrazioni: in caso positivo devono essere evidenziati i pericoli di eventuali fenomeni
di risonanza, come già descritto nel capitolo 2.
Il range delle frequenze in cui è stata impostata la simulazione agli elementi finiti è 100
Hz – 400 Hz. Deve essere tenuto conto che nonostante la prova di vibrazione simulata
in questo range sia la più gravosa, in alcuni casi possono essere richieste alcune prove
con range di frequenze più ampio (tra i 20 Hz e i 1000 Hz) ma con accelerazioni alle
relative frequenze inferiori: questo comporta generalmente una tensione minore rispetto
a quelle ottenute con la prova simulata nel nostro caso, ma le frequenze più alte
potrebbero coincidere eventualmente con le frequenze naturali del supporto e di
conseguenza potrebbero insorgere pericolosi fenomeni di risonanza.
Questi sono i dati ottenuti relativamente ai modi di vibrare dell’attrezzatura originale:
Modi di vibrare Frequenze (Hz)
1 882
2 1078
3 1365
4 2066
5 2510
6 2730
7 3155
8 3612
9 3810
10 4057
11 5036
12 5068
57
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
Come è evidente, le frequenze naturali sono tutte al di sopra dei 400 Hz (limite
superiore del range della nostra prova) e quindi non si presentano fenomeni di
risonanza, ma il primo modo di vibrare (con frequenza naturale = 882 Hz) rientrerebbe
nel range di eventuali altre prove con range più ampio (fino a 1000 Hz). Perciò dopo
l’analisi in frequenza impostata con i valori della specifica richiesta dal cliente (riportata
nel presente capitolo al § 4.1), sarà impostata un’analisi in frequenza con un range che
si estende fino a 1000 Hz per evidenziare quanto influisca il primo modo di vibrare.
4.3.2 Analisi in frequenza (100 – 400 Hz) : attrezzatura originale
L’analisi in frequenza è suddivisa in tre fasi:
Analisi in frequenza con eccitazione in direzione dell’asse X
Analisi in frequenza con eccitazione in direzione dell’asse Y
Analisi in frequenza con eccitazione in direzione dell’asse Z
La sollecitazione in direzione dell’asse X ha fornito i seguenti risultati rappresentati in un
grafico (Fig. 4.5) Tensioni (N/mm2) – Frequenze (Hz):
Figura 4.5 – Originale asse X
58
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
La rappresentazione dello stato delle massime tensioni sul modello alla frequenza di
350 Hz, come è evidente dal grafico 4.5, è riportata nella figura sottostante (Fig. 4.6)
Nella Fig. 4.7 è riportato il particolare della zona maggiormente sollecitata:
Figura 4.6 – Originale: stato tensioni asse X
Figura 4.7 – Originale: stato tensioni particolare59
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
Riportiamo adesso i grafici ottenuti con le sollecitazioni imposte in direzione dell’asse Y
e dell’asse Z: (Fig. 4.8 e Fig. 4.9)
Figura 4.8 – Originale asse Y
Figura 4.9 – Originale asse Z60
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
Come è evidente le tensioni maggiori si ottengono con le sollecitazioni lungo l’asse X:
un risultato simile è stato ottenuto anche con le altre configurazioni (“attrezzatura
modificata” e “attrezzatura alleggerita”), quindi nei seguenti casi saranno riportati solo i
valori ottenuti dalle vibrazioni imposte in direzione dello stesso asse.
Procediamo ora alla considerazione di un’eventuale prova (sempre lungo l’asse X), con
un range esteso fino ai 1000 Hz : ricordiamo che è utilizzato un fattore di smorzamento
= 0.01. Questo è un dato importante perché impedisce l’elevata ampiezza delle
vibrazioni in condizioni di risonanza (intorno agli 882 Hz, la prima frequenza naturale).
Sono state effettuate anche simulazioni con questo range in direzione dell’asse Y e
dell’asse Z, ma come era prevedibile si sono ottenuti valori inferiori.
Riportiamo il solito grafico Tensioni – Frequenze (Fig. 4.10) di una prova ottenuta in un
range 100 – 1000 Hz con accelerazioni oltre i 400 Hz costanti a 100 m/s2: forse questi
valori saranno superiori rispetto a quelli richiesti in particolari specifiche che
probabilmente estenderanno il range fino a 1000 Hz (e oltre) ma utilizzando prove di tipo
Random con accelerazioni decisamente inferiori e meno gravose, quindi il seguente
grafico è a titolo di informazione per evidenziare il possibile pericolo di risonanze e il
mancato rispetto delle istruzioni del cliente (vedi Capitolo 1 § 1.3 pag. 9).
Figura 4.10 – Originale: risonanza
61
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
Avvicinandosi alla prima frequenza naturale, le tensioni salgono rapidamente fino a
toccare il picco di 204 N/mm2 in corrispondenza di 882 Hz.
È necessario quindi che le prossime configurazioni non abbiano frequenze naturali nel
range tra 100 – 1000 Hz, perché oltre a provocare danni in condizioni di risonanza alla
fixture stessa, il pericolo maggiore è che queste elevate sollecitazioni (soprattutto per le
elevate accelerazioni oltre 8000 m/s2 – vedi Fig. 4.11) influiscano negativamente sulla
prova di vibrazione sul Fuelrail testato, provocandone una rottura che non si sarebbe
presentata nelle condizioni previste dalla specifica del cliente.
4.4 Attrezzatura modificata
L’attrezzatura modificata (Fig. 4.12 e Fig. 4.13) è ottenibile tramite una rilavorazione
dell’attrezzatura originale: viene ridotta l’altezza del supporto e in seguito una nuova
lavorazione per avere i fori per le sedi degli iniettori e i fori filettati per il fissaggio delle
brackets. Questa rilavorazione probabilmente non risulta estremamente economica,
come si potrebbe pensare, rispetto ad una costruzione ex-novo, perché le lavorazioni
Figura 4.11 – Originale: accelerazioni in risonanza
62
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
più complesse e quindi più costose, sono proprio quelle delle sedi-iniettori. Quindi nella
realizzazione delle nuove fixtures da utilizzare si terrà conto di questa possibile scelta:
modificare ad un costo leggermente inferiore le fixtures originali (mantenendo invariata
la geometria eccetto l’altezza totale del supporto) o creare ex-novo altre fixtures ad un
costo superiore ma ancora più leggere apportando altre modifiche alla geometria del
modello.
Figura 4.12 – Modificata: vista anteriore
Figura 4.13 – Modificata: vista anteriore
63
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
La massa di una fixture modificata in questo modo è notevolmente inferiore a quella
originale, infatti è pari a 1.855 kg. La medesima configurazione per la prova di
vibrazione (piastra base + 4 fixtures) determina una massa totale di 20.554 kg, inferiore
di circa 8 kg rispetto alla configurazione originale.
4.4.1 Analisi modale – Attrezzatura modificata
Anche in questo caso è stata effettuata un’analisi modale per ricercare le frequenze
naturali del sistema e si sono ottenuti i risultati sottoelencati:
Modi di vibrare Frequenze (Hz)
1 2267
2 2361
3 2465
4 3105
5 3128
6 3620
7 3843
8 4489
9 4948
10 5054
11 5950
12 7013
Come era prevedibile anche da una prima analisi qualitativa (massa inferiore e
geometria modificata), le frequenze naturali sono decisamente superiori a quelle della
prima configurazione, quindi anche se venisse esteso il range nella prova di vibrazione,
sarebbero esclusi eventuali fenomeni di risonanza essendo la prima frequenza naturale
ben oltre i 1000 Hz : in questo modo vengono anche rispettati i parametri richiesti nella
specifica del cliente.
64
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
4.4.2 Analisi in frequenza (100 – 400 Hz) : attrezzatura modificata
Sono state condotte le seguenti simulazioni:
Analisi in frequenza con eccitazione in direzione dell’asse X
Analisi in frequenza con eccitazione in direzione dell’asse Y
Analisi in frequenza con eccitazione in direzione dell’asse Z
Saranno riportati solo i valori ottenuti con eccitazione in direzione dell’asse X perché è la
direzione in cui si hanno le tensioni maggiori (come già accennato nei precedenti
paragrafi).
Riportiamo il solito grafico Tensioni – Frequenze per evidenziare i valori ottenuti con
l’attrezzatura modificata (Fig. 4.14):
Figura 4.14 – Modificata asse X
65
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
La rappresentazione dello stato delle massime tensioni sul modello alla frequenza,
anche in questo caso, di 350 Hz, come è evidente dal grafico 4.14, è riportata nella
figura seguente (Fig. 4.15)
Con questa configurazione le tensioni sono inferiori e quindi non ci saranno sicuramente
problemi per quanto riguarda il fenomeno della fatica, essendo estremamente basso il
valore massimo della tensione equivalente (2.0 N/mm2)
4.5 Attrezzatura “alleggerita”
Consideriamo ora il caso della possibilità di creare ex-novo le fixtures di supporto, in
modo da ridurre maggiormente la massa mantenendo le caratteristiche di resistenza. La
geometria dei nuovi supporti è simile a quella della configurazione considerata al § 4.4
ma con alcune modifiche evidenziate nelle figure seguenti (Fig. 4.16 e Fig. 4.17)
Figura 4.15 – Modificata: stato tensioni asse X
66
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
Con queste modifiche è possibile raggiungere un valore ancora inferiore della massa:
otteniamo così il valore di 1.143 kg.La massa totale della piastra base più le quattro fixtures previste adesso è di 17.706 kg,
quasi 3 kg in meno della configurazione precedente e circa 11 kg in meno della
configurazione originale che causava problemi.
4.5.1 Analisi modale – Attrezzatura alleggerita
Anche in quest’ultimo caso è stata effettuata un’analisi modale per ricercare le
frequenze naturali del sistema e si sono ottenuti i risultati sottoelencati:
Figura 4.16 – Alleggerita: vista anteriore
Figura 4.17 – Alleggerita: vista anteriore
Riduzione spessore base
Riduzione spessore e smusso parte
centrale
Eliminazione 4 nervature
Asportazione di materiale
67
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
Modi di vibrare Frequenze (Hz)
1 1334
2 1345
3 1915
4 2327
5 2425
6 2468
7 2768
8 3419
9 3826
10 4175
11 4215
12 5545
Confrontando questi risultati con quelli ottenuti dall’ “Attrezzatura modificata” si può
notare che i valori delle frequenze naturali sono inferiori (a causa della minore rigidezza
del sistema, essendo state tolte ad esempio le nervature posteriori di rinforzo), ma
siamo sempre al di sopra del range delle prove di vibrazione e notevolmente sopra a
quelle della configurazione originale e quindi sono impossibili eventuali fenomeni di
risonanza durante le prove.
4.5.2 Analisi in frequenza (100 – 400 Hz) : attrezzatura alleggerita
Anche in questo caso sono state eseguite le prove di vibrazione in direzione dei tre assi
(X, Y e Z) con le stesse frequenze e relative accelerazioni.
Saranno riportati solo i valori ottenuti con l’analisi eseguita per la simulazione con
eccitazione in direzione dell’asse X, ma ricordiamo che anche quelli ottenuti con
eccitazione in direzione dell’asse Z si sono rilevati superiori(comunque sempre valori
estremamente bassi) rispetto a quelli della configurazione precedente (probabilmente a
causa della riduzione di spessore della base di fissaggio).
Nelle figure seguenti saranno riportati rispettivamente: grafico Tensioni – Frequenze per
l’asse X (Fig. 4.18) e lo stato tensioni con vibrazioni a 350 Hz in direzione dell’asse X
(Fig. 4.19):
68
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
Figura 4.18 – Alleggerita asse X
Figura 4.19 – Alleggerita: stato tensioni asse X
69
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
Dal grafico e dalla rappresentazione dello stato delle tensioni si nota come si abbiano
valori leggermente superiori della tensione (la massima tensione da 2.0 N/mm2 passa ad
un valore di 2.5 N/mm2) e come questa interessi una superficie maggiore. Ricordiamo
comunque che simili valori sono decisamente ridotti rispetto al carico di snervamento del
materiale.
4.6 Riepilogo
Riepiloghiamo e confrontiamo con la seguente tabella i valori delle tensioni ottenute
dalle analisi dinamiche in frequenza sulle tre configurazioni: “attrezzatura originale”,
“attrezzatura modificata” e “attrezzatura alleggerita”.
Vengono riportati inoltre (per confrontare) i valori prima non riportati, relativi alle tensioni
rilevate durante le analisi con le sollecitazioni in direzioni degli assi Y e Z.
Attrezzatura originale
Attrezzatura modificata
Attrezzatura alleggerita
Prima Frequenza Naturale (Hz) 882 Hz 2267 Hz 1334 Hz
Fenomeni Risonanza (100 – 1000 Hz)
Sì No No
Tensione in Risonanza a 100 m/s2
(N/mm2)204 N/mm2 - -
Tensione X – 350 Hz (N/mm2) 8.3 N/mm2 2.0 N/mm2 2.6 N/mm2
Tensione Y – 350 Hz (N/mm2) 2.3 N/mm2 0.6 N/mm2 0.7 N/mm2
Tensione Z – 350 Hz (N/mm2) 2.5 N/mm2 1.0 N/mm2 1.8 N/mm2
Si quindi nota la necessità di sostituire le fixtures originali con altre in modo da ridurre la
massa ed evitare il pericoloso fenomeno delle risonanze: nel nostro caso la prima
frequenza naturale è quella che influisce maggiormente rispetto alle altre frequenze
naturali: per evidenziare questo aspetto, si riporta il grafico (Fig. 4.20) di un’ipotetica
prova di vibrazione estesa fino a 1500 Hz in cui vengono interessate anche altre due
frequenze naturali (per un totale di tre) e vedere quanto influiscano nei fenomeni di
70
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
risonanza: Pro-Mechanica, calcolando il Mass Partecipation Factor che misura quanto
influisce in percentuale ciascuna frequenza naturale durante un fenomeno oscillatorio,
evidenzia un valore del 62,7 % di questo fattore relativamente alla prima frequenza
naturale. Questo è evidente nel grafico sottostante:
4.7 Analisi fatica
Ricordando le considerazioni fatte al capitolo 2 al § 2.2 “Fenomeni di fatica”, stabiliamo
le modalità per creare il diagramma di Wöhler (o S-N) per confrontare i massimi valori
registrati nelle tre attrezzature con il limite di fatica del materiale, anche se è abbastanza
evidente che i valori ottenuti sono talmente bassi da non costituire un problema per
possibili danneggiamenti o rotture causate da fenomeni di fatica.
Le caratteristiche meccaniche del materiale utilizzato sono riportate nella tabella del §
4.2 di questo capitolo.
Figura 4.20 – Originale: risonanza prime 3 freq. naturali
1° frequenza naturale
2° frequenza naturale
3° frequenza naturale
71
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
Per Nf = 103 è possibile stimare la f pari a circa 0.9 r, quindi f = 0.9 x 310 = 279 Mpa.
Come è stato già accennato nel capitolo 2 il materiale utilizzato (lega di alluminio) non
presenta un ginocchio nel diagramma che possa evidenziare un vero e proprio limite di
fatica, quindi utilizzeremo un limite di riferimento pari a 108 cicli.
Il valore assunto, 40% della resistenza a trazione, per una vita pari a 108 cicli:
’l = 0.4 rt con rt 340 Mpa
equivale a ’l = 136 Mpa essendo rt = 310 Mpa.
Sono da tenere presenti le correzioni da apportare al limite di fatica attraverso i
coefficienti noti presenti nella seguente formula:
l = CL CG CS ’l
Nel nostro caso i coefficienti sono stimati con i seguenti valori:
CL (tipo di tensione) = 1.0
CG (gradiente di tensione) = 0.9
CS (finitura superficiale) = 0.8 (ipotizzato)
Quindi l = 1.0 x 0.9 x 0.8 x 136 = 97 Mpa
Avendo adesso i valori della l a Nf = 103 cicli e la l a Nf = 108 cicli è possibile creare il
diagramma del Wholer che riportiamo alla pagina seguente (Fig. 4.21):
72
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
Figura 4.21 – Diagramma di Wöhler - originale
È evidente che nonostante la curva non presenti un limite di fatica oltre il quale si abbia
un andamento orizzontale, il piccolo valore delle tensioni permette di avere una durata
praticamente “infinita” perché va ben oltre i 109 cicli (valore estremamente elevato
considerato l’utilizzo di queste attrezzature).
È interessante notare invece quanto potesse essere dannoso utilizzare l’attrezzatura
originale a frequenze prossime a quelle di risonanza anche per pochi secondi.
Considerando che la tensione massima che abbiamo sulla fixture in condizione
prossime a quelle di risonanza è superiore ai 200 Mpa, il numero massimo di cicli che
può sopportare è circa 18000, come è evidenziato nel grafico seguente.
279
97
Configurazione originale
73
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
Riferendoci nuovamente alla caso della sollecitazione massima con valori prossimi a 8.3
Mpa, con resistenza a fatica pari a 97 Mpa e assumendo un valore dell’8% relativo alla
deviazione standard per il limite di fatica e del 10% (ipotetico) per la sollecitazione,
otteniamo σz = 7.80 (per dettagli vedi pag. 25,26 capitolo 2 § 2.2 “Fenomeni di fatica”).
Essendo poi μz = μx – μy, quindi μz = 97 – 8.3 = 88.7 otteniamo -k = -11.3 (cioè
-88,7/7,80).
Considerando che con k = -6 l’affidabilità è pari a 99,9999999013 % con un valore pari a
quello ottenuto abbiamo un’affidabilità “quasi” del 100% o, dall’altro punto di vista,
abbiamo una probabilità di rottura quasi pari allo 0%.
Limite di fatica raggiunto
74
CAPITOLO 4:Analisi configurazioni utilizzate
75
CAPITOLO 5:Conclusioni
5 CAPITOLO 5: Conclusioni
5.1 Generalità
La presente relazione ha avuto come oggetto la progettazione di particolari attrezzature
per eseguire le prove di vibrazione sui fuelrails: l’obiettivo da raggiungere era quello di
ottimizzare questi supporti (fixtures) per quanto riguardava la massa, mantenendo i
valori delle tensioni indotte dalle vibrazioni al di sotto delle tensioni di rottura, di
snervamento o di limiti di fatica del materiale.
Per ottenere i valori delle tensioni massime equivalenti durante un intero ciclo di
vibrazioni sono state condotte varie simulazioni facendo uso del software Pro-
Mechanica agli Elementi Finiti.
Il profilo vibrazionale da utilizzare per testare i fuelrails NGR6, era dettato da particolari
specifiche del cliente stesso (BMW), quindi si è utilizzato lo stesso profilo (sine) per
simulare le prove agli elementi finiti per quanto riguardava le fixtures da progettare.
5.2 Geometria delle attrezzature
Le attrezzature necessarie per fissare i fuelrails sullo shaker dovevano avere particolari
caratteristiche geometriche: innanzitutto dovevano garantire il medesimo
posizionamento degli iniettori e dei fuelrails che si sarebbe avuto in reali condizioni di
esercizio dei prodotti quando fissati sul motore; inoltre dovevano presentare sedi per il
fissaggio degli O-Ring inferiori degli iniettori (quelli che garantiscono la tenuta),
ricordando che gli O-Ring erano gli unici elementi che potevano avere contatto con la
fixture; infine dovevano avere particolari caratteristiche di resistenza e rigidezza
nonostante il peso totale delle fixtures montate e della piastra base dovesse rientrare in
un valore dato (circa 200 N). Quest’ultimo requisito non era soddisfatto nel caso della
76
CAPITOLO 5:Conclusioni
configurazione originale, perché la massa della piastra base (la stessa per le tre
configurazioni) sommata alla massa delle quattro fixtures fissate sopra, era pari a
28,618 Kg ( circa 280 N), mentre negli altri due casi avevamo un peso rispettivamente
pari a 201 N (limite) e 173 N.
5.3 Analisi agli elementi finiti e analisi a fatica
Dopo i cenni ad un’analisi teorica delle vibrazioni e dopo la descrizione del metodo degli
Elementi Finiti (in particolare nelle analisi condotte in Pro-Mechanica), sono state
effettuate una serie di analisi su tre configurazioni dei supporti per eseguire i vibration
cycles sullo shaker : la configurazione originale (già utilizzata in azienda), la possibile
configurazione modificata (rilavorazione dell’originale) e la configurazione “alleggerita”
costruita ex-novo.
Le tre attrezzature sono state create utilizzando il modello solido con elementi di tipo
tetraedro, creando prima la geometria in ambiente Pro-Engineer e poi creando la mesh
in ambiente integrato Pro-Mechanica.
Su tutte e tre le attrezzature sono state condotte un’analisi modale e in seguito tre
analisi in frequenza (una per ciascun asse – X, Y, Z).
Registrati i massimi valori delle tensioni si è proceduto ad effettuare un’analisi a fatica
per dimostrare che i valori ottenuti sono talmente bassi da non provocare eventuali
rotture per fatica.
5.3.1 Analisi modale
Attraverso le analisi modali sono stati ricercati i primi 12 modi di vibrare e le relative
frequenze naturali per ciascuna delle tre configurazioni analizzate.
L’analisi modale è necessaria per eseguire le successive analisi in frequenza (viene
chiaramente richiesta anche dal software utilizzato) e permette di identificare eventuali
frequenze naturali che potrebbero provocare fenomeni di risonanza nel caso
rientrassero nel range delle frequenze in cui vengono condotti i tests vibrazionali.
Questo è stato il caso dell’attrezzatura originale: dall’analisi modale è emerso che la
prima frequenza naturale (882 Hz) rientrava nel range di possibili prove di vibrazione
77
CAPITOLO 5:Conclusioni
con un range più esteso (100 – 1000 Hz) rispetto a quello considerato nel nostro caso
(100 – 400 Hz). Le altre due configurazioni delle attrezzature considerate presentavano
frequenze naturali decisamente al di sopra dei 1000 Hz (precisamente la prima
frequenza propria delle altre due attrezzature: 2267 Hz e 1334 Hz) e quindi non
potevano presentare eventuali fenomeni di risonanza, dannosi per l’attrezzatura stessa
(possibili rotture) ma soprattutto perché avrebbero trasmesso accelerazioni troppo
elevate ai fuelrails (provocandone il probabile danneggiamento) invalidando il test
vibrazionale.
5.3.2 Analisi in frequenza
L’analisi in frequenza era suddivisa in tre fasi:
Analisi in frequenza con eccitazione in direzione dell’asse X
Analisi in frequenza con eccitazione in direzione dell’asse Y
Analisi in frequenza con eccitazione in direzione dell’asse Z
In tutte e tre le attrezzature la massima tensione si è ottenuta con l’eccitazione in
direzione dell’asse X.
Le analisi in frequenza simulavano una vibrazione con legge di tipo sinusoidale legata
alle seguenti frequenze e accelerazioni
Frequenza (Hz) Accelerazioni (m/s2)
100 40
200 160
350 160
400 100
78
CAPITOLO 5:Conclusioni
Nel caso dell’attrezzatura originale è stato esteso il range delle frequenze fino a 1000
Hz mantenendo l’accelerazione pari a 100 m/s2. Questo ha permesso di vedere
l’influenza della prima frequenza naturale (882 Hz) nel caso l’attrezzatura venisse
eccitata con questa frequenza: il risultato ottenuto ha dimostrato la pericolosità della
risonanza a questa frequenza ottenendo una tensione pari a 204 N/mm2 (con fattore di
smorzamento = 0.01), valore non accettabile per problemi di fatica che insorgerebbero
dopo pochi minuti mantenendo l’eccitazione a quella frequenza.
Negli altri casi è stata eseguita solamente l’analisi in frequenza standard e sono stati
rilevati valori di tensione massima decisamente bassi (2.0 e 2.5 N/mm2) sempre in
prossimità dei vincoli imposti, in pratica nell’intorno delle zone dove sono presenti gli 8
fori per il fissaggio delle fixtures sulla piastra base.
5.3.3 Analisi a fatica
Solo per avere un riferimento analitico e non solo qualitativo, si è provveduto a
confrontare i valori di tensione massima ottenuti tramite l’analisi in frequenza con la
resistenza limite a fatica del materiale (lega di alluminio), valutata in relazione sia alle
caratteristiche del materiale sia del tipo di carico.
I coefficienti utilizzati per il calcolo sono stati:
Fattore per il gradiente di tensione Cg pari a 0.9
Fattore di carico Cl uguale a 1
Fattore di finitura Cs superficiale 0.8
Materiale: Alluminio Anticorodal 6082 – T6
Coefficiente di sicurezza 2
Con i precedenti coefficienti è stato possibile valutare il digramma S-N (Fig. 5.1)
verificando che la tensione massima in tutte le configurazioni sia inferiore alla resistenza
limite (nel seguente diagramma è riportata solamente la massima tensione ottenuta con
la configurazione originale, le altre sono inferiori a questa).
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CAPITOLO 5:Conclusioni
Figura 5.1: Diagramma S-N
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Bibliografia
Bibliografia
Meccanica applicata alle macchine – Funaioli
Fondamenti della progettazione dei componenti delle macchine – Juvinall
Finite element modeling in engeneering practice – Spyrakos
Finite Elements Analysis – Babuska and B.Szabo
PTC Pro-Mechanica – Global service e Supporto tecnico
Specifiche di validazione prodotto – Cliente BMW
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Bibliografia
RingraziamentiSarebbero molte “poche” le persone da ringraziare per il supporto dato per la stesura di
questa relazione: ricordo il tutor “mister” Matteini della Siemens per le indicazioni e il
materiale provveduto e il prof. Manfredi per i consigli, la guida e la disponibilità nel
seguire questo lavoro; oltre a questi ringrazio tutti i componenti dell’area progettazione
della Siemens per la loro disponibilità e per l’ambiente piacevole che creano attorno ad
ogni stagista.
Dopo i ringraziamenti dovuti a coloro che hanno dato in diversa misura un supporto
tecnico, è doveroso ringraziare coloro che hanno dato (o alcuni che hanno finto di
dare...) un aiuto “pratico” nel periodo di tirocinio (e oltre): ringrazio mamma e babbo per
l’incoraggiamento e il sostegno che mi hanno dato a proseguire gli studi; ringrazio tutti
gli amici (pochi) che mi hanno sopportato e, in qualche modo, aiutato in tutto questo
tempo: vedi Lore per il tennis e i fine settimana in compagnia, Fox per l’aiuto informatico
e bibliotecario e le “piante” delle mie amiche (senza far nomi) per non avere fatto
assolutamente niente.
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