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- 1 - Capitolo quinto ACCIAI DA BONIFICA Il termine italiano bonifica trova corrispondenza soltan- to nella lingua tedesca nel termine vergütun, mentre nella lingua anglosassone e francese corrisponde rispettivamente alle perifrasi quenching and tempering e trempé et revenu. Sono acciai da bonifica gli acciai speciali da costruzione destinati al trattamento termico di bonifica, cioè alla tempra martensitica seguita da rinvenimento d’addolcimento, gene- ralmente eseguito a temperatura compresa tra 540 e 680°C, secondo l’acciaio e l’impiego. Data la necessità d’ottenere un buon compromesso tra elevate caratteristiche resistenziali e tenacità, questi acciai contengono sempre carbonio in concentrazione medio alta (0,20÷0,60 %) ed eventualmente uno o più elementi di lega che aumentano la temprabilità e la tenacità. L’unificazione europea suddivide gli acciai da bonifica in tre gruppi: 1. acciai da bonifica speciali, considerati dalla norma UNI EN 10083-1, che descrive 9 acciai non legati al C, 1 acciaio legato al Mn, 5 acciai legati al Cr, 4 acciai lega- ti al CrMo, 3 acciai legati al CrNiMo, 1 acciaio legato al NiCrMo, 1 acciaio legato al CrV; 2. acciai da bonifica non legati di qualità, considerati dal- la norma UNI EN 10083-2, che descrive gli stessi 9 acciai non legati al carbonio appartenenti al primo gruppo, ma per i quali non sono prescritte caratteristi- che di tenacità, di temprabilità e di purezza; 3. acciai da bonifica al boro, considerati dalla norma UNI EN 10083-3, che descrive: 3 acciai legati al MnB; 3 acciai legati al MnCrB. Tutti sono impiegati in ogni settore industriale e soprat- tutto nell’industria meccanica per la costruzione di compo- nenti anche fortemente sollecitati, sottoposti a carichi statici e/o dinamici, quali alberi d’ogni tipo, semiassi, aste, bielle, bulloni, organi di collegamento e supporti, leve, ecc. Gli acciai al carbonio furono usati fin dall’età del ferro ed ancor oggi possiedono alcune proprietà insuperabili, tut- tavia il loro uso nella moderna tecnologia è limitato a causa di due mediocri caratteristiche: la bassa temprabilità, che consente la trasformazione martensitica soltanto nei pezzi di piccole dimensioni; la modesta tenacità se paragonata a quella degli acciai legati di pari durezza. Perciò, gli acciai al carbonio trovano normale applicazione per la costruzione di pezzi di piccole dimensioni e di forma semplice, cioè quando il rischio di deformazione e rottura per tempra in acqua non desta particolari preoccupazioni, o quando non è richiesta un’elevata resistenza e tenacità su tutta la sezione del pezzo. Al contrario gli acciai da bonifica legati sono comune- mente impiegati quando sono necessarie elevate caratteri- stiche meccaniche (carico di rottura, limite di snervamento, durezza), unitamente a buona riserva plastica (allungamen- to e contrazione) ed elevata tenacità (resilienza). Inoltre so- stituiscono favorevolmente gli acciai al carbonio quando è richiesto uno spegnimento di tempra meno drastico, cioè in olio o in bagno di sali, per contenere le deformazioni. I primi acciai legati furono introdotti verso la fine del diciannovesimo secolo, con formulazioni che prevedevano una cospicua alligazione, necessaria per garantire una suffi- ciente affidabilità nella maggior parte delle applicazioni. Essi potevano subire i più drastici trattamenti termici o mal- trattamenti, pur conservando ottime caratteristiche. Tutta- via l’eccesso d’elementi di lega non poté esser tollerato a lungo per motivi economici. D’altra parte, il progresso tec- nologico nella fabbricazione dell’acciaio (deossidazione, purezza e controllo del grano austenitico), i miglioramenti dei trattamenti termici, le nuove conoscenze della meccani- ca della frattura che resero più affidabile la progettazione ed il grande sviluppo dei sistemi di controllo e collaudo (soprattutto delle prove non distruttive) consentirono l’uso d’acciai meno legati anche nelle applicazioni più severe, con risultati più che soddisfacenti in termini d’affidabilità e sicurezza. Le più rilevanti variazioni nell’alligazione degli acciai da bonifica avvennero naturalmente in periodi diversi, quando le misure di controllo istituite dai governi nazionali accelerarono i mutamenti che sarebbero avvenuti molto più lentamente in tempi normali. Per esempio, nella figura 5.01 è riportato l’andamento del contenuto medio di nichel negli acciai da bonifica nel periodo tra il 1900 ed il 1955. 1900 1920 1940 1960 4,0 3,0 2,0 1,0 0 Contenuto medio di Nichel (% p.p.) Anno Figura 5.01. Andamento del contenuto medio di nichel negli ac- ciai da bonifica dal 1900 al 1955. 1900 1920 1940 1960 100 80 60 40 20 0 Produzione percentuale acciai da bonifica Anno Cr Ni Mo V B Figura 5.02. Produzione percentuale di acciai da bonifica varia- mente legati dal 1900 al 1955.

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Capitolo quinto ACCIAI DA BONIFICA Il termine italiano bonifica trova corrispondenza soltan-to nella lingua tedesca nel termine vergütun, mentre nella lingua anglosassone e francese corrisponde rispettivamente alle perifrasi quenching and tempering e trempé et revenu. Sono acciai da bonifica gli acciai speciali da costruzione destinati al trattamento termico di bonifica, cioè alla tempra martensitica seguita da rinvenimento d’addolcimento, gene-ralmente eseguito a temperatura compresa tra 540 e 680°C, secondo l’acciaio e l’impiego. Data la necessità d’ottenere un buon compromesso tra elevate caratteristiche resistenziali e tenacità, questi acciai contengono sempre carbonio in concentrazione medio alta (0,20÷0,60 %) ed eventualmente uno o più elementi di lega che aumentano la temprabilità e la tenacità. L’unificazione europea suddivide gli acciai da bonifica in tre gruppi: 1. acciai da bonifica speciali, considerati dalla norma UNI

EN 10083-1, che descrive 9 acciai non legati al C, 1 acciaio legato al Mn, 5 acciai legati al Cr, 4 acciai lega-ti al CrMo, 3 acciai legati al CrNiMo, 1 acciaio legato al NiCrMo, 1 acciaio legato al CrV;

2. acciai da bonifica non legati di qualità, considerati dal-la norma UNI EN 10083-2, che descrive gli stessi 9 acciai non legati al carbonio appartenenti al primo gruppo, ma per i quali non sono prescritte caratteristi-che di tenacità, di temprabilità e di purezza;

3. acciai da bonifica al boro, considerati dalla norma UNI EN 10083-3, che descrive: • 3 acciai legati al MnB; • 3 acciai legati al MnCrB.

Tutti sono impiegati in ogni settore industriale e soprat-tutto nell’industria meccanica per la costruzione di compo-nenti anche fortemente sollecitati, sottoposti a carichi statici e/o dinamici, quali alberi d’ogni tipo, semiassi, aste, bielle, bulloni, organi di collegamento e supporti, leve, ecc. Gli acciai al carbonio furono usati fin dall’età del ferro ed ancor oggi possiedono alcune proprietà insuperabili, tut-tavia il loro uso nella moderna tecnologia è limitato a causa di due mediocri caratteristiche: • la bassa temprabilità, che consente la trasformazione

martensitica soltanto nei pezzi di piccole dimensioni; • la modesta tenacità se paragonata a quella degli acciai

legati di pari durezza. Perciò, gli acciai al carbonio trovano normale applicazione per la costruzione di pezzi di piccole dimensioni e di forma semplice, cioè quando il rischio di deformazione e rottura per tempra in acqua non desta particolari preoccupazioni, o quando non è richiesta un’elevata resistenza e tenacità su tutta la sezione del pezzo. Al contrario gli acciai da bonifica legati sono comune-mente impiegati quando sono necessarie elevate caratteri-stiche meccaniche (carico di rottura, limite di snervamento, durezza), unitamente a buona riserva plastica (allungamen-to e contrazione) ed elevata tenacità (resilienza). Inoltre so-stituiscono favorevolmente gli acciai al carbonio quando è richiesto uno spegnimento di tempra meno drastico, cioè in olio o in bagno di sali, per contenere le deformazioni. I primi acciai legati furono introdotti verso la fine del diciannovesimo secolo, con formulazioni che prevedevano

una cospicua alligazione, necessaria per garantire una suffi-ciente affidabilità nella maggior parte delle applicazioni. Essi potevano subire i più drastici trattamenti termici o mal-trattamenti, pur conservando ottime caratteristiche. Tutta-via l’eccesso d’elementi di lega non poté esser tollerato a lungo per motivi economici. D’altra parte, il progresso tec-nologico nella fabbricazione dell’acciaio (deossidazione, purezza e controllo del grano austenitico), i miglioramenti dei trattamenti termici, le nuove conoscenze della meccani-ca della frattura che resero più affidabile la progettazione ed il grande sviluppo dei sistemi di controllo e collaudo (soprattutto delle prove non distruttive) consentirono l’uso d’acciai meno legati anche nelle applicazioni più severe, con risultati più che soddisfacenti in termini d’affidabilità e sicurezza. Le più rilevanti variazioni nell’alligazione degli acciai da bonifica avvennero naturalmente in periodi diversi, quando le misure di controllo istituite dai governi nazionali accelerarono i mutamenti che sarebbero avvenuti molto più lentamente in tempi normali. Per esempio, nella figura 5.01 è riportato l’andamento del contenuto medio di nichel negli acciai da bonifica nel periodo tra il 1900 ed il 1955.

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Anno Figura 5.01. Andamento del contenuto medio di nichel negli ac-ciai da bonifica dal 1900 al 1955.

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Figura 5.02. Produzione percentuale di acciai da bonifica varia-mente legati dal 1900 al 1955.

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Le figure 5.02, 5.03 e 5.04 danno, invece, l’andamento del-le concentrazioni medie d’altri elementi di lega nello stesso periodo.

1900 1920 1940 1960

4,0

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Figura 5.03. Andamento del contenuto medio di Ni, Cr, Mo e V nella produzione mondiale degli acciai da costruzione dal 1900 al 1955.

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Figura 5.04. Quantità percentuale dei vari acciai da costruzione legati, riferita alla produzione totale negli USA dal 1900 al 1955. Attualmente gli acciai da bonifica più usati sono quelli legati al CrNiMo o NiCrMo. Questi elementi di lega, op-portunamente dosati, conferiscono all’acciaio la necessaria temprabilità, elevate caratteristiche meccaniche e la tenacità richiesta. PROPRIETÀ DEGLI ACCIAI DA BONIFICA Gli acciai da bonifica sono usati per componenti sogget-ti ad alte sollecitazioni meccaniche, generate da forze di flessione, tensione, compressione, torsione e taglio. La capacità di resistere alle sollecitazioni statiche di-pende dalle caratteristiche resistenziali dell’acciaio (quali: la durezza, la resistenza a trazione, a compressione, a fles-sione, a torsione, al taglio e allo snervamento) e anche dalla tenacità, per evitare fratture da fragilità. Per i pezzi destinati alla trasmissione di potenza è spes-so richiesta anche una buona resistenza all’usura e alle sol-lecitazioni cicliche o dinamiche. Queste ultime possono portare alla frattura anche con intensità inferiori alla resi-stenza a trazione statica o allo snervamento (fratture di fati-ca). Per tale ragione il progettista deve sempre considerare queste sollecitazioni, che possono manifestarsi con varie intensità e/o direzioni. La fatica è la principale causa del cedimento dei com-ponenti meccanici; infatti la percentuale delle fratture di fatica è circa l’80÷95 % di tutte le fratture censite. Soltanto raramente le fratture di fatica possono essere imputate a di-

fetti del materiale o ad errori di produzione (vedi paragrafo dedicato alla fatica), perchè la resistenza a fatica dipende in larga misura dal progetto, dalla forma e dalla finitura dei pezzi. Le proprietà degli acciai da bonifica sono strettamente legate alla microstruttura, che dipende dalla composizione chimica e dal trattamento termico. Per caratterizzare un acciaio allo stato bonificato si usa-no i risultati delle prove di trazione e di resilienza. Tuttavia, solo i valori della resistenza a trazione e del carico unitario di snervamento possono essere utili per la progettazione, visto che i valori della resilienza e della riserva plastica non sono direttamente impiegabili nei calcoli per il dimensio-namento dei pezzi, benché indichino, ma solamente, se le proprietà attese dell’acciaio scelto sono state ottenute. I va-lori della resilienza possono dare indicazioni sulla possibili-tà di sollecitare dinamicamente i pezzi, soprattutto dove e-sistono esperienze su applicazioni simili. Solo quando la progettazione è basata sulla teoria della meccanica della frattura, la tenacità, valutata tramite i risul-tati delle prove mirate a determinare i valori critici della sollecitazione che destabilizza una cricca di fatica in condi-zioni di sollecitazione piana (KIC o JIC – norme UNI 7969 o UNI EN ISO 12737), può essere usata per il dimensiona-mento dei pezzi. In tal caso è indispensabile usare materiali sottoposti a prove non distruttive, che garantiscano l’assenza di difetti maggiori di una dimensione definita.

Negli acciai da bonifica, la struttura totalmente marten-sitica dopo tempra possiede la più alta durezza e resistenza a trazione, che dipendono dal contenuto di carbonio (figura 5.05) e sono sostanzialmente indipendenti dagli elementi di lega.

0 0,20 0,40 0,60 0,80Carbonio % p.p.

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Dur

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Figura 5.05. Massima durezza della martensite ottenibile in fun-zione del contenuto di carbonio (da W. Gerber). Le strutture miste, che contengono martensite, bainite, ferrite e perlite, secondo i casi, possiedono una minore du-rezza e resistenza a trazione, che non dipendono interamen-te dalla percentuale di carbonio e dalla martensite, ma dalla durezza e resistenza e dalla percentuale volumetrica dei sin-goli componenti strutturali. I risultati di molte prove, elaborati statisticamente, mo-strano una discreta correlazione tra la resistenza a trazione o la durezza di certe strutture e la composizione chimica dell’acciaio. L’azoto non combinato presente negli acciai legati da nitrurazione fa aumentare la durezza di tutti i tipi di struttu-re (figura 5.06).

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La resistenza allo snervamento delle strutture ferritico perlitiche può essere aumentata tramite aggiunta di elementi quali il vanadio e niobio che favoriscono l’indurimento per precipitazione anche se aggiunti in concentrazione molto bassa (0,05÷0,1 %).

0,2 0,4 0,6 0,8% C + N

1100

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Figura 5.06. Effetto della somma del contenuto di C e N sulla du-rezza e resistenza a trazione di acciai legati da nitrurazione (da K. Vetter). Campo di composizione degli acciai esaminati: 0,19÷0,53 % C, 0,04÷0,44 % Si, 0,26÷0,95 % Mn, 0,04÷0,24 % Cr, 0,001÷0,017 % Al e 0,10÷0,17 % N. A) Provette Ø 10 mm temprate da 850 °C in olio. Struttura: Perlite + bainite + marten-site; B) Provette Ø 20÷50 mm laminate a caldo. Struttura: Ferrite + perlite. Gli acciai da bonifica sono sempre sottoposti al tratta-mento di rinvenimento d’addolcimento dopo tempra mar-tensitica, che si prefigge di trasformare la martensite tetra-gonale in sorbite: una struttura costituita da un’omogenea dispersione di carburi finissimi nella matrice ferritica. La sorbite è tanto più dura e resistente quanto più fini sono i carburi dispersi nella ferrite ed è tanto più tenace, a parità di durezza, quanto più omogenea è la distribuzione e la fi-nezza dei carburi. Essa costituisce, di solito, il migliore compromesso tra le caratteristiche meccaniche tensili e la tenacità. Come s’è detto, la sorbite è il risultato dell’evoluzione della martensite al rinvenimento e perciò necessita della trasformazione martensitica durante la tempra per potersi formare. Dunque, le caratteristiche meccaniche finali dell’acciaio bonificato dipenderanno dalla quantità di mar-tensite ottenuta a piena tempra, oltre che dalla temperatura di rinvenimento, da cui dipendono le dimensioni e la di-spersione dei carburi. Ogni acciaio da bonifica possiede una caratteristica cur-va di rinvenimento, cioè la variazione della durezza o delle caratteristiche meccaniche misurate a temperatura ambiente dopo il riscaldamento alla temperatura di rinvenimento per una durata sufficiente (vedi schede tecniche dei singoli ac-ciai in allegato). Escludendo casi particolari, la temperatura del rinveni-mento d’addolcimento dovrebbe essere sempre maggiore di 550 °C, per evitare il rischio d’infragilimento, cui sono sen-sibili quasi tutti gli acciai da bonifica che non contengono molibdeno. Taluni acciai sono così sensibili a questo feno-meno che necessitano dello spegnimento in acqua od in olio dopo rinvenimento a temperatura superiore ai 550 °C; ciò perché il raffreddamento all’aria, necessariamente lento at-traverso l’intervallo di temperatura critico (450÷550 °C), sarebbe sufficiente per innescare il fenomeno. Sebbene l’infragilimento da rinvenimento sia noto da molti decenni, nessuna teoria ha permesso di chiarirlo definitivamente. La più accreditata ritiene che dipenda da sub microprecipita-

zioni a bordo grano. Il tempo e la temperatura (figura 5.07), nonché la composizione e la grossezza del grano austeniti-co dell’acciaio, sono i parametri che lo influenzano mag-giormente. Gli acciai più sensibili all’infragilimento da rin-venimento sono quelli legati al Cr, al Mn ed al CrMn; un po’ meno quelli legati al CrNi. Non pare siano sensibili gli acciai al carbonio e quelli legati al Mo, od al W, per i quali l’infragilimento avviene soltanto dopo permanenze lunghis-sime (100÷1000 ore) a temperatura nell’intervallo critico. Anche per questa ragione gli acciai al NiCrMo hanno avuto grande diffusione ed indiscusso successo.

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Figura 5.07. Rappresentazione schematica del processo d’infragilimento da rinvenimento. Come s’è detto, la resistenza a trazione degli acciai da bonifica allo stato bonificato (condizioni d’impiego) dipen-de dal rinvenimento d’addolcimento, che dovrebbe genera-re una significativa riduzione della durezza dello stato tem-prato. La temperatura di rinvenimento di bonifica non dovreb-be essere troppo bassa, specialmente per gli acciai con bas-sa temprabilità, per garantire una buona trasformazione del-la martensite tetragonale in sorbite e dovrebbe essere scelta accortamente per non incorrere nei fenomeni d’infragili-mento, che si manifestano negli intervalli 250÷350 °C (per la precipitazione di cementite o di carburi al bordo delle placche di martensite cubica) e 450÷550 °C (infragilimento da rinvenimento) in numerosi acciai da bonifica.

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Figura 5.08. Effetto della temperatura di rinvenimento dopo tem-pra sulla durezza dell’acciaio 42CrMo4 (da K. Vetter). La figura 5.08 mostra la dipendenza della durezza dalla temperatura di rinvenimento di una provetta Jominy d’acciaio 42CrMo4. Come si nota, la struttura martensitica (zona prossima all’estremità temprata) subisce la maggior diminuzione di durezza col rinvenimento, tanto che rinve-nendo a temperatura sufficientemente elevata si può rende-re omogenea la durezza di tutta la sezione trasversale di un pezzo. Il Si, il Mn e gli elementi carburigeni Mo, V e Cr, osta-colano la riduzione della durezza durante il rinvenimento. Molti autori danno formule matematiche che correlano le condizioni di rinvenimento, la composizione chimica dell’acciaio e la durezza o la resistenza a trazione ottenuta dopo rinvenimento.

0 100 200 300 400 500 600

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Figura 5.09. Influenza del contenuto di Si sulla variazione della resistenza a trazione e carichi unitari di snervamento di acciai da bonifica UHS, con la temperatura di rinvenimento (da K. Vetter). Composizione e stato degli acciai: 41SiNiCrMoV7 (Si = 1,7 %), temprato da 900 °C in olio e rinvenuto 2 ore; 38NiCrMoV7 (Si < 0,4 %) temprato da 850 °C in olio e rinvenuto per 2 ore.

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41SiNiCrMoV738NiCrMoV7

Figura 5.10. Influenza del contenuto di Si sulla variazione della resilienza KDVM di acciai da bonifica UHS, con la temperatura di rinvenimento (da K. Vetter). 41SiNiCrMoV7 (Si = 1,7 %), tempra-

to da 900 °C in olio e rinvenuto 2 ore; 38NiCrMoV7 (Si < 0,4 %) temprato da 850 °C in olio e rinvenuto per 2 ore. La resistenza allo snervamento Rp0,2 ed il limite elastico degli acciai da bonifica dipendono dalla struttura ottenuta dopo tempra e dalla temperatura di rinvenimento. I valori di entrambe le caratteristiche sono relativamente bassi per la martensite non rinvenuta e raggiungono il massimo valore dopo rinvenimento a 250÷300 °C (figure 5.09 e 5.10). Dopo rinvenimento ad ogni temperatura, le strutture mi-ste a piena tempra, che contengono bainite inferiore con ferrite e perlite o una certa quantità d’austenite residua, possiedono un minor rapporto Re/Rm o Rp0,2/Rm di quelle martensitiche. La figura 5.11 mostra la relazione tra il rap-porto R p0,2/Rm e il grado d’indurimento, espresso come dif-ferenza tra la massima durezza raggiungibile dall’acciaio a piena tempra martensitica e la durezza HRC a piena tempra con struttura mista (durezza attuale).

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Differenza tra durezza massima ottenibilee durezza attuale HRC

Figura 5.11. Relazione tra il rapporto Rp0,2/Rm e il grado d’indurimento espresso come differenza tra durezza massima rag-giungibile e durezza HRC attuale (da SAE Handbook). Cinetica di trasformazione dell’austenite e temprabilità Sebbene l’argomento sia stato ampiamente trattato nei capitoli terzo, quarto e quinto del primo volume e nel capi-tolo quarto di questo volume, riteniamo opportuno ricorda-re i concetti fondamentali della trasformazione anisoterma dell’austenite. A tal scopo servono i diagrammi CCT, che consentono di prevedere quale struttura s’otterrà raffred-dando l’acciaio con una data velocità di spegnimento dalla corretta temperatura d’austenitizzazione. Le tre curve di raffreddamento tracciate in figura 5.12 rappresentano i casi più frequenti nella tempra degli acciai da bonifica e precisamente: • curva 1: rappresenta il raffreddamento lento che condu-

ce a trasformazioni perlitico ferritiche, tipico delle ricot-ture o della normalizzazione;

• curva 2: rappresenta la velocità di raffreddamento tipica dei casi di tempra incompleta, cioè che portano a strut-ture miste ferritico bainitiche con quantità variabili di martensite;

• curva 3: rappresenta il caso della tempra martensitica totale, cioè ottenuta con una velocità di raffreddamento superiore alla critica di tempra.

La conoscenza della cinetica di trasformazione isoter-mica dell’austenite consentì l’introduzione di nuovi tratta-menti termici, quali la ricottura e la bonifica isotermica e la

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tempra bainitica. Inoltre fu possibile la tempra scalare mar-tensitica o tempra interrotta, che permise d’ottenere una no-tevole riduzione delle deformazioni e dei rischi di rottura, anche nei mezzi di spegnimento più drastici, e l’uso d’acciai sempre meno legati.

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Figura 5.12. Diagramma di trasformazione dell’austenite al raf-freddamento continuo (CCT) d’un acciaio mediamente legato da bonifica, con tracciate le tre curve di raffreddamento caratteristi-che. (1) ricottura o normalizzazione; (2) tempra martensitica in-completa; (3) tempra martensitica totale. Gli acciai al carbonio possiedono scarsa temprabilità, cioè necessitano d’una velocità di spegnimento assai eleva-ta per consentire la trasformazione martensitica. L’aggiunta d’elementi di lega aumenta la temprabilità e sposta a destra le curve CCT, riducendo progressivamente la velocità criti-ca di tempra. Dunque ogni acciaio deve essere temprato in un adatto mezzo di spegnimento, sempre meno drastico (nell’ordine: acqua, olio, bagno termale, aria) al crescere della concentrazione degli elementi di lega ed in funzione della specifica temprabilità e delle dimensioni del pezzo da temprare. La temprabilità degli acciai da bonifica si misura con la prova Jominy, descritta nel capitolo quinto del primo volu-me, cui si rimanda.

0 0,20 0,40 0,60 0,80Carbonio % p.p.

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Figura 5.13. Relazione tra durezza HRC e percentuale di carbo-nio degli acciai da bonifica, in funzione della quantità di marten-site ottenuta a piena tempra. La durezza dell’acciaio temprato dipende dal contenuto di carbonio e dalla quantità di martensite ottenuta (figura 5.13). Come si nota, oltre lo 0,6 % di carbonio, la durezza non varia sensibilmente, specialmente quando la trasforma-

zione martensitica è totale. Per questa ragione gli acciai da bonifica sono tutti ipoeutettoidici, con tenore di carbonio non superiore allo 0,60 %. Le figure 5.14, 5.15 e 5.16 rappresentano schematica-mente l’influenza del mezzo temprante, della composizione chimica e delle dimensioni del pezzo sulla penetrazione di tempra negli acciai da bonifica.

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Aria

Superficie esterna

Figura 5.14. Variazione della durezza HRC in funzione della di-stanza dalla superficie di un barrotto d’acciaio da bonifica tem-prato in mezzi di spegnimento diversi.

0 10 20 30 40 50 40 30 20 10 0

Supe

rfic

ie e

ster

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Supe

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e

Distanza dalla superficie (mm)

1

2

3

Figura 5.15. Variazione della durezza in funzione della distanza dalla superficie di barrotti di diversi acciai da bonifica temprati in olio. (1) acciai fortemente temprabili; (2) acciai mediamente temprabili; (3) acciai poco temprabili od al carbonio.

Tempra in olio

Tempra in acqua

Figura 5.16. Variazione della penetrazione di tempra in funzione del diametro del barrotto a parità di composizione dell’acciaio e del tipo di mezzo di spegnimento. Nella scelta del tipo d’acciaio, tenuto conto della di-mensione del pezzo e delle caratteristiche meccaniche che si desiderano ottenere dopo tempra (e di conseguenza dopo bonifica), è di fondamentale importanza la temprabilità, cioè l’attitudine alla trasformazione martensitica anche a

Page 6: CAP 05 acciai bonifica - aqm.it · PDF fileEN 10083-3, che descrive: • 3 acciai legati al MnB; • 3 acciai legati al MnCrB. Tutti sono impiegati in ogni settore industriale e soprat

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velocità di spegnimento modeste. Essa garantisce il rag-giungimento di sufficiente durezza anche in profondità, quando l’acciaio è correttamente temprato dalla giusta tem-peratura d’austenitizzazione. Come s’è detto la temprabilità degli acciai da bonifica è valutata con la prova Jominy, se-condo UNI EN ISO 642, che fornisce le curve di temprabi-lità o curve Jominy, che sono significative per gli acciai le-gati. Tuttavia la norma UNI EN 10083 prescrive le bande Jominy anche per gli acciai speciali al carbonio, escludendo soltanto il C22, C25 e C30, di temprabilità troppo bassa perchè la prova sia significativa. Tramite le curve Jominy ed i diagrammi di Gerber-Wyss è possibile prevedere la durezza ad una certa profon-dità dalla superficie di pezzi cilindrici a piena tempra ese-guita in un adatto mezzo di spegnimento (vedi capitolo quinto del primo volume). La tabella 05.01 riassume tale previsione per la tempra in acqua mediamente agitata (drasticità H = 1 inch-1) e in olio di media drasticità (H = 0,2 inch-1), indicando i diame-tri dei pezzi che in superficie, a 3/4 di raggio ed al centro assumono a piena tempra la medesima durezza d’un deter-minato punto della provetta Jominy. Per esempio la durezza al centro d’un pezzo d’acciaio 39NiCrMo3, di diametro 74 mm, temprato in olio, è compresa tra 36 e 52 HRC. Infatti, dalla tabella 05.01 si rileva che la durezza è uguale a quella della distanza Jominy di 25 mm dall’estremità temprata. Dalla banda Jominy dell’acciaio in questione (vedi scheda tecnica allegata), si deduce che alla distanza di 25 mm cor-risponde una durezza compresa tra 52 e 36 HRC, in funzio-ne della composizione della colata, del contenuto di carbo-nio e della grossezza del grano austenitico. Tali limiti po-trebbero esser eccessivi per determinate applicazioni, per-ciò si prescrive una banda Jominy ristretta.