Cantiere via Rossetti (SIRTI) - sondaggio S1 · La successione stratigrafica generale della zona...

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INDICE

PREMESSA pag. 1

INQUADRAMENTO GEOLOGICO pag. 3

MODELLO GEOLOGICO DELL’AREA DI INTERESSE: STRATIGRAFIA pag. 4

CARATTERI GEOMORFOLOGICI ED IDROGEOLOGICI DELL’AREA pag. 5

PERICOLOSITA’ IDRAULICA pag. 7

CONSIDERAZIONI SULLE PROPRIETA’ FISICO-MECCANICHE DELLE TERRE (GEOTECNICA) pag. 8

CARATTERIZZAZIONE SISMICA DELL’AREA pag. 10

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE pag. 16

ALLEGATI ALLA RELAZIONE GEOLOGICA

Allegato 1 Stralcio Carta Tecnica Regionale (scala 1:5.000)

Allegato 2 Carta Geologica (scala 1:5.000)

Allegato 3 Sezione Geologica (scala 1:6.000)

Allegato 4 Carta Idrogeomorfologica (scala 1:10.000)

Allegato 5 Morfologia dell’Acquifero Carsico (scala 1:20.000)

Allegato 6 Stralcio della Carta dei Rischi (scala 1:10.000)

Relazione geologica per interventi di ripristino della banchina in località Punta Penna Grossa – Carovigno (BR) _______________________________________________________________________________________________

PREMESSA

Su incarico del Consorzio di Gestione Torre Guaceto è stata realizzata la presente

relazione geologica per illustrare e caratterizzare gli aspetti strutturali, idrogeologici,

geomorfologici, litotecnici e fisici definendo il livello di pericolosità geologica del sito

oggetto di studio.

Oggetto dei lavori riguarda gli interventi necessari per riparare la banchina di

contenimento sita in località Punta Penna Grossa in Zona Torre Guaceto – Agro di

Carovigno (BR), catastalmente individuata nel Foglio n° 37 Particella 1.

La banchina, oggetto di manutenzione, è costituita da un muro che ha una

sezione regolare e altezza che varia da metri 2 a metri 3,50. Essa è stata costruita

all’inizio del secolo scorso con lo scopo di creare una barriera di protezione

dell’insenatura di Penna Grossa, ed è stata realizzata con blocchi di pietra calcarea che

variano da dimensioni ciclopiche a piccola pezzatura. I blocchi sono sistemati a secco e

posizionati a mano e con l'ausilio di mezzi meccanici.

I blocchi ciclopici, facenti parte della barriera di protezione, sono sgrossati sulle

facce allo scopo di conferire agli stessi una forma poliedrica che consente una

maggiore superficie d'appoggio e un miglior incastro fra i massi.

Si riporta qui di seguito in fig. 1 l’ubicazione del sito attraverso Google Earth,

mentre in Allegato 1 è riportata l’ubicazione su stralcio della Carta Tecnica Regionale

alla scala 1:5.000.

___________________________________________________________________________ Committente: Consorzio di Gestione Torre Guaceto Il Geologo: geol. Marco, Renato Barina Il Collaboratore: dr. Giuseppe Braia

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Fig. 1. Estratto da Google Earth.

In ottemperanza a quanto prescritto dalla L. 64/74 e dal D.M. LL.PP. 11/03/1988,

e in rispetto al D.M. 14.09.2005 “Norme Tecniche per le costruzioni” e al D.M.

14.01.2008 nuove “Norme Tecniche per le costruzioni”, al fine di poter acquisire le

conoscenze necessarie per l’elaborazione della presente relazione con adeguati

margini di attendibilità, si è svolto un lavoro preliminare di consultazione degli studi di

carattere geologico esistenti in letteratura, successivamente si è passati a dei

sopralluoghi delle zone interessate dai lavori in modo tale da avere una visione diretta

dello stato dei luoghi.

Infine si è svolta un’analisi finalizzata alla caratterizzazione sismica del sito.

Infatti, con l’entrata in vigore della nuova normativa in materia di costruzioni (01 Luglio

2009), l’elaborazione dei progetti di opere e lavori, dovrà verificare l’azione sismica

delle nuove opere e di quelle esistenti mediante un’analisi della risposta sismica locale.

Inoltre secondo l’O.P.C.M. n° 3274 del 20.03.2003 “Primi elementi in materia di criteri

generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche

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per le costruzioni in zona sismica” il territorio comunale di Carovigno è stato

classificato sismico e ricade in zona 4, per cui particolare attenzione è stata posta a

questo aspetto. Su specifica richiesta del committente, gli scriventi, non hanno avuto la

possibilità di esprimere valutazioni a seguito di indagini dirette del sottosuolo come ad

esempio sondaggi e prove di laboratorio su campioni indisturbati; altresì visti i risultati

dello studio di superficie effettuato, le esperienze pregresse ed i dati disponibili sulla

zona, gli elementi a disposizione sono da considerarsi abbastanza sufficienti. Stante

l’assenza di indagini dirette specifiche, comunque, quanto nel seguito descritto andrà

accuratamente verificato all’atto dell’esecuzione dei lavori.

INQUADRAMENTO GEOLOGICO

L’area indagata è ubicata nel territorio comunale di Carovigno (BR), in particolare

lungo la costa adriatica in località “Punta Penna Grossa” pressoché in corrispondenza

del livello del mare.

Un quadro d’insieme della geologia della zona è fornito dal foglio geologico 191

“Ostuni” (Allegato 2 – Carta geologica alla scala 1:5.000) e dalle relative note

illustrative (L. Vezzani 1968). In Allegato 3 è invece riportata la sezione geologica

passante dal sito e disegnata in scala 1:6.000 (X).

Informazioni più recenti sulla stratigrafia delle Unità affioranti nell’area in esame

sono fornite dalla Carta Geologica delle Murge e del Salento (Ciaranfi et alii,1988).

L’assetto geologico generale del territorio indagato, è caratterizzato

dall’affioramento di Unità formazionali di età differente e di ambiente marino o

continentale che vengono a contatto lungo superfici trasgressive, discordanti o

paraconcordanti, di solito evidenziate da cambi di pendenza in corrispondenza di orli

morfologici appena pronunciati. Tali orli, infatti, sono interpretabili come antiche linee

di costa sulle quali si sono addossati sedimenti marini più recenti. Questi ultimi si sono

depositati in bacini venutisi a delineare a seguito dell’azione di faglie dirette che in più

fasi hanno dislocato la sequenza Carbonatica di base, facendole assumere una tipica

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configurazione a blocchi rialzati (Horst) ed abbassati (Graben), nei quali è avvenuta la

sedimentazione delle nuove unità marine.

In linea generale, l’allineamento Punta Penna Grossa - Castello di Serranova -

Masseria Monte segna il limite dell’affioramento dei Calcari Mesozoici: al di là di tale

allineamento, infatti, il tetto dei Calcari sprofonda rapidamente, tramite una scarpata,

tanto che in corrispondenza della località di S. Sabina esso si rinviene a discrete

profondità al di sotto del livello mare.

MODELLO GEOLOGICO DELL’AREA DI INTERESSE: STRATIGRAFIA

La successione stratigrafica generale della zona comprende, dal basso verso

l’alto, le seguenti Formazioni ed Unità:

− Calcari Mesozoici (“Calcare di Altamura”)

− Calcareniti Pleistoceniche (“Calcarenite di Gravina”)

− Depositi marini terrazzati Pleistocenici

− Depositi palustri Olocenici

− Depositi di spiaggia attuali e dune recenti

Sulla base dell’inquadramento geologico descritto in precedenza, nell’area in

esame tramite un rilevamento geologico di superficie sono stati individuati depositi

sabbiosi appartenenti alle spiagge recenti poggianti sulla sottostante formazione

Calcarenitica Pleistocenica. Tale formazione giace in trasgressione sui sedimenti

Carbonatici Mesozoici, con una superficie di contatto di tipo erosivo e da evidenti

discordanze angolari. Si tratta di sedimenti caratterizzati da Calcareniti più o meno

grossolane di colore biancastro, talora rossastro per alterazione, normalmente ben

cementate e fossilifere; comunque la granulometria e la cementazione può variare sia

in senso verticale che laterale. I granuli che costituiscono la roccia sono quasi

esclusivamente costituiti da resti di macrofossili cementati tra loro da Calcite spatica.

La stratificazione si presenta ben evidente, con spessore degli strati variabile da pochi

centimetri fino ad un massimo di 1-2 metri.

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La formazione Calcarenitica, giace in trasgressione sui sottostanti Calcari di

Altamura; il contatto stratigrafico delle due formazioni si può osservare in prossimità

del Castello di Terranova, molto probabilmente di natura tettonica.

La formazione è molto fossilifera; sono presenti livelli ricchi di Ostreidi, Pettinidi,

Gasteropodi, Echinidi e Brachiopodi, il più delle volte allo stato di modelli; le più ricche

località fossilifere sono presenti nel fosso a sud di masseria Gorgognolo e nel fosso a

nord della litoranea Brindisi-Torre Canne, nell’estremo angolo sud-orientale della

tavoletta Villanova (III SE).

Il ciclo sedimentario si può far risalire al Pliocene superiore – Pleistocene inf.

quando la parte sud-orientale della regione (escluse le porzioni di territorio più alte), fu

interessata da una fase di sedimentazione marina con formazione di bacini di modesta

estensione e profondità.

CARATTERI GEOMORFOLOGICI ED IDROGEOLOGICI DELL’AREA

L’area a ridosso della riserva naturale di Torre Guaceto è caratterizzata dalle

ultime balze in affioramento del basamento calcareo che poi, immergendosi più o

meno bruscamente, lascia spazio a due aree pianeggianti; una costiera e l’altra

superiore alla isoipsa 45m, separate tra di loro dalla scarpata che corre da Mass.

Bufaloria a Mass. Jannuzzo.

L’area costiera, in particolare, è attraversata da numerose incisioni vallive a

fondo quasi piatto, generalmente asciutte e profonde non più di 10-15 metri, che

nascono alla base della scarpata e corrono parallelamente verso l’Adriatico (Allegato 4

– Carta idrogeomorfologica in scala 1:10.000); unica eccezione è il Canale Reale, la più

importante di queste incisioni, che nasce nelle zone più interne della Murgia Tarantina

e con un percorso di alcune decine di chilometri viene a sversarsi proprio a ridosso

della riserva di T.re Guaceto, dopo aver raccolto le acque reflue di alcuni grandi

comuni. Inoltre, il litorale prospiciente la riserva naturale costituisce un tipico esempio,

molto diffuso in Puglia, di costa modellata prevalentemente ad opera delle azioni

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distruttive del mare. In particolare, lungo la fascia costiera si riconoscono i tratti

morfologici tipici dell'abrasione marina verificatasi a partire dall'Olocene (circa 13.000-

14.000 anni fa) allorquando il livello del mare, che con la precedente regressione

(concomitante alla glaciazione würmiana) aveva raggiunto una profondità massima di

circa m 100 sotto il livello marino attuale (Cotecchia et al., 1969), ha iniziato

progressivamente ad innalzarsi (inondazione flandriana, tuttora in corso).

Infatti, questo tratto di litorale è caratterizzato dalla presenza di una stretta e

breve penisola (Mastronuzzi et al., 1989), costituita da depositi calcarenitici a

stratificazione incrociata, che si protende nel mare parallelamente ad esso e, dopo

averne parzialmente isolato una zona relativamente depressa, si frammenta verso SE

in una serie di isolotti pianeggianti e poco rilevati (Scogli di Apani). Penisola e scogli

rappresentano i resti di un antico cordone litorale, ormai ben consolidato, evolutosi in

duna che aveva originariamente isolato un piccolo braccio di mare poi

progressivamente dolcificato dagli apporti della falda carsica profonda, la cui superficie

freatica affiora localmente. L’ultima avanzata del mare, in concomitanza dell’optimum

climatico olocenico (circa 6.000 anni fa), ha parzialmente distrutto quello sbarramento

naturale ampliandone i varchi e trasformando la retrostante palude in laguna. Ultimo

residuo dell’originaria palude sono appunto i pantani che costituiscono, attualmente,

la zona umida della riserva.

I terreni che affiorano nell’area possono essere considerati permeabili sia per

fessurazione e carsismo (calcari cretacei) che per porosità (calcareniti, sabbie, ecc.),

presentando gradi di permeabilità estremamente variabili sia in senso orizzontale che

verticale.

I calcari in sinistra del Canale Reale, ad esempio, risultano talmente compatti nei

livelli più alti da essere praticamente impermeabili e costringere la falda a circolare in

pressione e per livelli, mentre gli strati a fessurazione diffusa e continua si rinvengono

anche a notevole profondità; più specificatamente, in questa zona (Allegato 5 –

Stralcio della Morfologia dell’Acquifero carsico in scala 1:20.000) il tetto degli strati

permeabili si rinviene ad una quota di poco superiore allo zero marino e con una

leggera contropendenza verso la costa, fino a che la scarpata non lo pone in contatto

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laterale con le calcareniti, consentendo così il libero deflusso della falda. In destra del

canale Reale, poi, pur risultando assente lo strato calcareo poco permeabile, la falda

circola comunque in pressione; alla base, infatti, le sovrastanti calcareniti risultano

molto compatte e ben cementate da una matrice argillosa che le rende scarsamente

permeabili.

Queste mutevoli situazioni si riflettono anche sul grado di permeabilità dei

calcari; ad una fascia centrale caratterizzata da una permeabilità medio-alta dell’ordine

di 10-3 m/sec, fa riscontro, in destra del Canale Reale, una zona a minor permeabilità

(c.a 10-4 m/sec) e, sulla sinistra dell’allineamento Penna Grossa-Serranova, un’area a

permeabilità decisamente bassa (c.a 10-6 m/sec). Una bassa permeabilità caratterizza,

inoltre, anche la zona più interna compresa fra le Mass. Baccatani e Jannuzzo.

La matrice argillosa è fortemente presente anche nella formazione delle sabbie

gialle che, essendo costituite, dal basso verso l’alto, da una successione di argille,

argille sabbiose e sabbie argillose risultano di fatto impermeabili, come prova

ampiamente anche il fitto reticolo idrico presente in superficie e del tutto anomalo

nell’idrologia pugliese; solo le intercalazioni arenacee vacuolari ospitano piccole falde

superficiali.

PERICOLOSITA’ IDRAULICA

L’autorità di Bacino della Regione Puglia ha provveduto, d’intesa con le

Amministrazioni Comunali e così come previsto dagli artt. 19, 20, 21 e 22 del Piano di

Assetto Idrogeologico-Puglia, alla definizione dei livelli di pericolosità nei vari territori

comunali. Tutto ciò è stato fatto al fine di migliorare le condizioni del regime idraulico

e della stabilità geomorfologica necessari a ridurre gli attuali livelli di pericolosità e a

consentire uno sviluppo del territorio sostenibile rispetto agli assesti naturali ed alla

loro tendenza evolutiva.

Il PAI della Regione Puglia per il rischio idrogeologico individua le seguenti aree:

1. aree a pericolosità geomorfologica molto elevata (P.G.3)

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2. aree a pericolosità geomorfologica elevata (P.G.2)

3. aree a pericolosità geomorfologica media e bassa (P.G.1)

4. aree ad alta pericolosità idraulica (A.P.)

5. aree a media pericolosità idraulica (M.P.)

6. aree a bassa pericolosità idraulica (B.P.)

Inoltre sulla base del DPCM del 29.09.1998 sono individuate le aree a rischio:

• molto elevato (R4)

• elevato (R3)

• medio (R2)

• moderato (R1)

In riferimento al vigente Piano per l’assetto idrogeologico dell’Autorità di Bacino

della Regione Puglia, la zona individuata dal progetto non risente di alcun vincolo; va

tuttavia sottolineata l’esistenza di aree limitrofe soggette a pericolosità

geomorfologica (PG1 – PG2) da medio bassa ad elevata.

Questo è evidenziato attraverso lo stralcio della carta della pericolosità

Idrogeologica e Geomorfologica, riportata in Allegato 6 alla scala 1:10.000, ottenuta

attraverso il sistema interattivo WebGis fornito dall’Autorità di Bacino della Regione

Puglia.

CONSIDERAZIONI SULLE PROPRIETA’ FISICO-MECCANICHE DELLE

TERRE (GEOTECNICA)

Nel loro insieme, gli strati litologici individuati, presentano un ampio campo di

variabilità, in ragione essenzialmente del locale grado di diagenesi, assortimento

granulometrico, tipo di fessurazione e stato di alterazione fisico-chimico. Dall’analisi

complessiva effettuata in sito, sulla scorta delle conoscenze di base ottenute anche

grazie alla letteratura scientifica nonché dall’esperienza degli scriventi e dei colleghi, è

possibile definire, considerando anche il fine della presente relazione, i parametri

geomeccanici che caratterizzano le litologie affioranti attraverso valori attendibili pur

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in assenza di specifiche prove geotecniche di laboratorio. Tali parametri sono quelli che

possono essere adottati per procedere con l’elaborazione dei calcoli ingegneristici e

che possono essere considerati sufficientemente cautelativi.

L’Unità Calcarenitico-sabbiosa è costituita principalmente da sabbie, di colore

giallastro, a luoghi in strati cementati; nel corso dei sopralluoghi effettuati sono

apparse dal punto di vista granulometrico come variabili da grossolane a fini, anche

con elevati contenuti della frazione limoso-argillosa, a cui si associano livelli dotati di

un certo grado di addensamento. I terreni in esame, sulla base dei dati disponibili,

sono classificabili come sabbie sufficientemente compatte, dotate di caratteristiche

geomeccaniche soddisfacenti, se si tiene conto dei caratteri di resistenza al taglio, cui è

possibile associare, secondo le indicazioni riportate in letteratura, valori della densità

relativa non inferiori a circa il 50%, dell’angolo di attrito interno variabile da 25° a 35° e

da bassi valori della coesione. La permeabilità risulta media, a causa della presenza di

componenti fini, e non sono da temersi fenomeni legati all'incremento del peso

specifico. Ai predetti terreni sono associabili, in linea generale e salvo situazioni

particolari locali, i seguenti valori a “stima” delle caratteristiche fisiche e dei parametri

di resistenza al taglio:

Sabbie giallastre da sciolte a poco cementate

- peso di volume = 1,70 t/m3

- coesione = 0,00 t/m2

- angolo di attrito = 25°

Sabbie giallastre cementate

- peso di volume = 1,70 t/m3

- coesione = 1,00 t/m2

- angolo di attrito = 28°

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CARATTERIZZAZIONE SISMICA DELL’AREA

Il territorio pugliese, pur risultando un’area in cui il rischio sismico è

relativamente basso, può risentire di effetti sismici tali da produrre dei danni. Questo è

dovuto sia alla presenza di aree sismogenetiche poste ad una certa distanza dal

territorio, capaci di generare terremoti di un certo livello, sia alla presenza di zone ad

attività sismica potenzialmente pericolosa, poste all’interno del territorio pugliese.

La pericolosità sismica di un’area, è accertata dalla frequenza temporale con cui

risente di eventi di un certo livello; questo ha evidenziato che le zone che risentono

maggiormente degli effetti di un terremoto sono ubicate nella porzione settentrionale

della Regione.

Un’analisi particolare merita la pericolosità sismica del Salento, è opinione

comune che il Salento risenta degli effetti sismici prodotti dagli eventi generati in

prossimità delle coste balcaniche o greche; questo è dovuto sia al fatto che la penisola

salentina sia l’area più prossima al margine balcanico della placca adriatica (sede di

numerosi terremoti), sia alla natura strutturale della placca adriatica che permette la

trasmissione delle onde sismiche. Tuttavia non si può escludere la presenza di altre

sorgenti sismiche poste in posizione geografica diversa da quelle balcaniche.

Allo stato attuale delle conoscenze, la pericolosità sismica del Salento con tempi

di ritorno non molto elevati sia da attribuire ai risentimenti degli eventi che colpiscono

l’area greco-albanese. Da quanto esposto precedentemente, si può affermare che

l’area indagata risulta esente di aree epicentrali sedi di eventi sismici, e che può

comunque risentire degli eventi sismici che si verificano in zone adiacenti alla nostra

Regione. Infatti in base alla “Mappa di pericolosità sismica del Territorio Nazionale”,

redatta dall’INGV e pubblicata insieme all’O.P.C.M. 3275/06 l’area indagata ricade in

zona a bassa pericolosità sismica, espressa in termini di accelerazione massima del

suolo (riferita a suoli rigidi di Cat. A così come definiti al p.to 3.2.1 del D.M.

14/09/2005) di 0,025 ÷ 0,075g, con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni (fig. 2).

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Fig. 2. Mappa di pericolosità sismica del territorio Nazionale

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Con l’entrata in vigore delle nuove Norme Tecniche delle Costruzioni – D.M.

14.01.08, vengono stabiliti nuovi e precisi criteri prestazionali di verifica dell’azione

sismica nella progettazione di nuove opere ed in quelle esistenti, valutata mediante

un’analisi della risposta sismica locale. In assenza di queste analisi, la stima preliminare

dell’azione sismica può essere effettuata sulla scorta delle categorie di sottosuolo e

della definizione della pericolosità di base fondata su un reticolo di punti di riferimento

costruito per l’intero territorio nazionale. La vita nominale di un’opera strutturale VN,

è intesa come il numero di anni nel quale la struttura deve poter essere usata per lo

scopo al quale è destinata. La vita nominale delle diverse opere è quella riportata nella

Tab. 1 e che deve essere nominata nei documenti di progetto.

TIPI DI COSTRUZIONI Vita nominale VN (anni)

1 Opere provvisorie – Strutture in fase costruttiva ≤ 10

2 Opere ordinarie, ponti, opere infrastrutturali e dighe di dimensioni contenute o di importanza normale. ≥ 50

3 Grandi opere, ponti, opere infrastrutturali e dighe di grandi dimensioni o di importanza strategica ≥ 100

Tab. 1. Vita nominale VN per diversi tipi di opere (NTC 2008).

In presenza di azioni sismiche, le costruzioni sono suddivise in quattro classi

d’uso, la cui definizione viene di seguito sinteticamente riportata:

Classe I: Costruzioni con presenza solo occasionale di persone, edifici agricoli.

Classe II: Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, industrie con attività

non pericolose per l’ambiente, ponti e reti viarie la cui interruzione non provochi

situazioni di emergenza, dighe il cui collasso non provochi conseguenze rilevanti.

Classe III: Costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi, industrie con

attività pericolose per l’ambiente, ponti e reti viarie la cui interruzione provochi

situazioni di emergenza, dighe il cui collasso provochi conseguenze rilevanti.

Classe IV: Costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, industrie

con attività particolarmente pericolose per l’ambiente, reti viarie di tipo A o B,

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importanti per il mantenimento delle vie di comunicazione, dighe annesse al

funzionamento di acquedotti e ad impianti di produzione di energia elettrica.

Le azioni sismiche su ciascuna costruzione vengono valutate in relazione ad un

periodo di riferimento VR che si ricava, per ciascun tipo di costruzione, moltiplicandone

la vita nominale VN per il coefficiente d’uso CU:

VR = VN • CU

Il valore del coefficiente d’uso CU è definito, al variare della classe d’uso, come

mostrato nella Tab. 2:

Tab. 2. Valori del coefficiente d’uso CU (NTC 2008)

Nei confronti delle azioni sismiche gli stati limite, sia di esercizio che ultimi, sono

individuati riferendosi alle prestazioni della costruzione nel suo complesso, includendo

gli elementi strutturali, quelli non strutturali e gli impianti:

Gli stati limite di esercizio sono:

- Stato Limite di Operatività (SLO);

- Stato Limite di Danno (SLD).

Gli stati limite ultimi sono:

- Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV);

- Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC).

Le probabilità di superamento nel periodo di riferimento PVR, cui riferirsi per

individuare l’azione sismica agente in ciascuno degli stati limite considerati, sono

riportate nella Tab. 3:

CLASSE D’USO I II III IV

COEFFICIENTE CU 0,7 1,0 1,5 2,0

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Stati Limite PVR: Probabilità di superamento nel periodo di riferimento VR

Stati limite di esercizio

SLO 81%

SLD 63%

Stati limite ultimi SLV 10%

SLC 5%

Tab. 3. Probabilità di superamento PVR al variare dello stato limite (NTC 2008).

Ai fini della definizione dell’azione sismica di progetto occorre valutare gli effetti

che le condizioni stratigrafiche locali hanno sulla risposta sismica locale.

Per la determinazione dell’azione sismica occorre considerare anche il contributo

derivante dalla morfologia superficiale. Per condizioni topografiche complesse occorre

predisporre specifiche analisi di risposta sismica locale; nel caso in cui la topografia non

presenti particolare complessità, è possibile adottare la seguente classificazione (Tab.

4):

Categoria Caratteristiche della superficie topografica

T1 Superficie pianeggiante, pendii e rilievi isolati con inclinazione media i ≤ 15°

T2 Pendii con inclinazione media i > 15°

T3 Rilievi con larghezza in cresta molto minore che alla base e inclinazione media 15°≤ i ≤ 30°

T4 Rilievi con larghezza in cresta molto minore che alla base e inclinazione media i > 30°

Tab. 4. Classificazione dei terreni in funzione delle condizioni topografiche del sito.

ANALISI SISMICA DEL SITO DI PROGETTO

DATI DI INPUT

Latitudine 40,721919 - WGS 84 (°) Longitudine 17,774044 - WGS 84 (°) Tipo di costruzione 2,0 Vita nominale ≥ 50 anni Classe d’uso II Coefficiente d’uso 1,0 Vita di riferimento (VR = VN x CU) 50

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In riferimento al sito di progetto, le struttura da realizzare rientrano in classe II –

Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per

l’ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali, con una vita nominale VN ≥ 50

anni.

Sulla scorta delle informazioni ricavate da dati in possesso degli scriventi, derivanti

dalla caratterizzazione sismica di un sito adiacente a quello in oggetto (ubicato più ad

Ovest ad una distanza inferiore ai 100mm), dal valore delle Vs30 ottenuto (fig. 3) si ricava

la categoria di sottosuolo d’appartenenza che è di tipo “B”, definita dalla norma:

“Rocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a

grana fina molto consistenti con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un

graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di

Vs30 compresi fra 360 m/s e 800 m/s (ovvero NSPT30>50 nei terreni a grana grossa e

cu30>250 kPa nei terreni a grana fina)”.

Fig. 3. Curva di dispersione e profilo sismico.

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Trattandosi di area pianeggiante, l’area in esame ricade in categoria T1, a cui non

è attribuibile alcun fenomeno di amplificazione sismica legato alle condizioni

topografiche.

I parametri sismici calcolati per i diversi tempi di ritorno sono indicati nella

tabella 5 seguente, considerando il periodo di riferimento per l’azione sismica 50 anni:

Stato limite TR (anni) Ag (g) FO (-) Tc (s) SLO 30 0,015 2,379 0,156 SLD 50 0,020 2,395 0,221 SLV 475 0,046 2,589 0,434 SLC 975 0,057 2,747 0,455

Tab. 5. Valori dei parametri sismici per i periodi di ritorno TR.

calcolando il fattore topografico ST e il coefficiente di amplificazione stratigrafica

o di sottosuolo SS è possibile determinare, infine, i valori di accelerazione massima A

max del sito per ciascuno stato limite e rispetto al periodo di ritorno TR, riportati nella

successiva tabella 6.

Tab. 6. Valori dei coefficienti sismici associati a ciascun Stato Limite.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Dallo studio effettuato nel presente lavoro è stato possibile definire per grandi

linee lo stato di fatto geologico dell’area oggetto di studio al fine di fornire le

prescrizioni geologiche alle quali devono attenersi il progettista, il direttore dei lavori e

l’impresa costruttrice. Sia dalle risultanze di un rilevamento geologico di superficie che

attraverso informazioni scaturite da un’attenta analisi del sito è stato possibile

Stato limite SS CC ST Kh Kv A max Beta

SLO 1,2 1,60 1,0 0,003 0,002 0,176 0,180 SLD 1,2 1,49 1,0 0,004 0,002 0,233 0,180 SLV 1,2 1,30 1,0 0,010 0,005 0,541 0,180 SLC 1,2 1,29 1,0 0,012 0,006 0,641 0,180

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illustrare e caratterizzare gli aspetti strutturali, geomorfologici e idrogeologici, nonché

litotecnici e fisici dell’area interessata dall’opera in progetto.

L’area in esame, risulta rappresentata prevalentemente da depositi

prevalentemente sabbiosi poggianti sulle rocce Calcarenitiche generalmente

degradate nella parte superficiale per poi in seguito, proseguendo con la profondità,

presentare una media durezza con sensibile aumento delle caratteristiche fisico-

meccaniche.

Dal punto di vista geomorfologico, nell’area di stretto interesse delle opere da

realizzare, non si notano delle forme epigee evidenti di carsismo, tuttavia la sola analisi

superficiale non esclude la presenza di cavità o condotte sotterranee e/o sottomarine.

Dal punto di vista geotecnico, le Calcareniti, pur non essendo molto dure,

possiedono una resistenza allo schiacciamento più che sufficiente anche per un

impiego con funzioni portanti in modeste costruzioni.

Per quel che riguarda la capacità portante, non è possibile assegnare un valore

univoco a questa grandezza, in quanto questa è strettamente dipendente dalla

geometria e dalla profondità delle fondazioni. A tale scopo sarà necessario che il

Direttore dei Lavori e l’Impresa esecutrice, in fase di realizzazione delle opere in

progetto, dovranno porre la massima attenzione, in quanto nelle zone in cui il

substrato risultasse fratturato e/o alterato potrebbe dar luogo a locali fenomeni di

instabilità, infatti, tali condizioni, non possono essere individuate attraverso il solo

rilevamento geologico di superficie effettuato.

Per quanto non specificato nel presente paragrafo si rimanda a quanto detto in

precedenza.

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ALLEGATI

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