campiello matticchiate di Franco Matticchio Dante da rileggere...113 (In exitu Israel de Aegypto)...

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28 Il Sole 24 Ore DOMENICA - 11 SETTEMBRE 2016 n. 250 Letteratura di Piero Boitani I centenari sono occasioni impor- tanti e nefaste: ogni ente cultura- le che aspiri alla notorietà vuole celebrarli, e ogni editore, anche il più minuscolo, vuole sfruttarli per ergersi, nano, sulle spalle dei giganti. Solo Omero, tra i tre o quattro sommi d’Occidente, sfugge alla dura legge dell’anniversario. Siamo appena usciti dal 750° della nascita di Dante (2015), viviamo tuttora nel 400° della morte di Shakespeare e Cervantes (2016), e già si staglia all’orizzonte, più imminente di quanto non paia, il temi- bile 700° della morte dell’Alighieri (2021). Solo gli dei superni sanno cosa succederà quell’anno. La Salerno Editrice, comunque, ci sarà, con biglietti da visita non pro- prio indifferenti. Non solo pubblica da anni l’Edizione Nazionale dei Commenti danteschi, ma si prepara, sin dai Novanta del secolo scorso, a pubblicare entro il 2021 la NECOD: Nuova Edizione Commentata delle Ope- re di Dante. Per il VI centenario della morte, quello del 1321, un gruppo di studiosi guidati da Michele Barbi ave- va fatto nascere Le Opere di Dante. Te- sto critico della Società Dantesca Italia- na, la cosiddetta «Edizione del Cente- nario»: memorabile, ma sprovvista di commento. In vista del VII centenario della nascita del poeta, nel 1965, si era coagulata l’iniziativa Ricciardi che, iniziata con la Divina Commedia di Na- talino Sapegno nel 1957, è in realtà terminata soltanto nel 1988. Allora prendeva ormai corpo, dopo l’edizio- ne «secondo l’antica vulgata» della Commedia di Giorgio Petrocchi, l’ini- ziativa dei Meridiani Mondadori: nei quali, a seguire la Commedia com- mentata da Anna Maria Chiavacci Le- onardi (1991-94), uscivano due volu- mi di Opere tra il 2011 e il 2014. Tanto, per la storia. La quale docu- menta il generarsi infinito dell’esegesi e il suo protrarsi se non infinito co- munque pluridecennale. La scala della NECOD è tuttavia incomparabile: più di 900 pagine, per esempio, per un vo- lume, degli otto (uno per gli Indici) previsti e dei cinque già usciti. E poi, vengono i «cardini», che Enrico Mala- to, motore primo dell’impresa, riassu- me così, dopo averli più pienamente enunciati già nel 2004 in Per una nuova edizione commentata delle opere di Dan- te e averne fornito Saggio applicato a Inferno I nel 2007: «attenzione alla ri- gorosa ricostituzione della lettera dei testi, massimo impegno nella illumi- nazione esegetica». Più facile, si direbbe, a disegnare che non a realizzare. Invece, i volumi della NECOD sono proprio così: non roba, certo, da portare sulla spiaggia, ma tomi consistenti, chiari ed esau- rienti, dal prezzo contenuto, che af- frontano con parecchie novità testi e problemi discussi da centinaia d’anni, e con particolare intensità nell’ultimo secolo. In questo volume V, per dirne una, si parla estesamente della cosid- detta Epistola a Cangrande, separata per l’occasione dal corpus delle altre dodici. È quella, celeberrima, e della cui attribuzione a Dante si dibatte con acrimonia da decenni, nella quale, do- po la dedica a Cangrande della Scala del Paradiso, qualcuno che si definisce «fiorentino di nascita, non di costu- mi» si dà a introdurre la Commedia in- tera, e poi a presentarne l’ultima can- tica. È qui che l’autore dell’Epistola parla della polisemia del poema e ri- chiama l’interpretazione del Salmo 113 ( In exitu Israel de Aegypto) per ap- plicarne la griglia di senso letterale, allegorico, morale e anagogico alla Commedia stessa. Se l’autore della lettera è Dante – e Luca Azzetta, che la introduce e la commenta nel volume, offre non po- chi indizi a favore di questa ipotesi – si tratta di un momento emozionante. Un grande scrittore, uno appunto dei tre o quattro sommi d’Occidente, che fa autoesegesi, cioè che commenta un testo suo (all’epoca, l’esegesi era ri- servata alla Bibbia e ad Aristotele). Dante sarebbe così (quasi) perfetta- mente coerente con se stesso, visto che aveva iniziato a compiere tale operazione già con la Vita nova e l’ave- va poi estesa e approfondita col Convi- vio (“quasi” perché se aveva usato nel trattato l’allegoria dei poeti, sembra ora impiegare l’allegoria dei teologi). Per capire la portata di questo auto- commento basta pensare a un Omero che decida di introdurre l’ Odissea, a uno Shakespeare che illustri l’ Amleto, a un Cervantes che spieghi i sensi ri- posti del Chisciotte. Leggere l’Epistola a Cangrande come se uno non l’avesse mai letta è un’esperienza unica, che chiunque si occupi di letteratura do- vrebbe fare. C’è in essa la passione ar- gomentativa che si ritrova in tanti brani del Paradiso, c’è la presenza di quella «mente innamorata» che fa di- re al poeta, nel canto IV dell’ultima cantica, che il nostro intelletto non si sazia se non lo illumina quella verità, Dio, al di fuori della quale nessuna ve- rità può aver luogo. Dante usa, per l’attività dell’intelletto umano, un’immagine del mondo animale: di- ce che l’intelletto si riposa in quella verità come la fiera nella sua tana, non appena l’abbia raggiunta – e può ben raggiungerla, altrimenti il desiderio di verità innato nell’uomo sarebbe va- no. Non aveva forse aperto il Convivio, Dante, ripetendo la frase iniziale della Metafisica di Aristotele, «tutti li uomi- ni naturalmente desiderano di sape- re»? Non lo riprendeva all’inizio del Paradiso , affermando che «appres- sando sé al suo desire, / nostro intel- letto si profonda»? Ecco, lo pronuncia ancora una volta qui: «l’intelleto umano in questa vita, per la connatu- ralità e l’affinità che ha con la sostanza intellettuale separata, quando si ele- va, si eleva a tal punto che la memoria, dopo il ritorno, viene meno, per avere trasceso la misura umana». Scrivere frasi del genere, direbbe Dante stesso, «non è impresa da piglia- re a gabbo», perché vuol dire «descriver fondo a tutto l’universo». E in questo volume V della NECOD di tale «fondo» si vedono diverse testimonianze. Per esempio, quella Questione sull’acqua e sulla terra giudicata spesso mero eser- cizio di scuola e talvolta, anch’essa, non ascritta a Dante, è, come ben mette in luce Michele Rinaldi, un piccolo tratta- to cosmografico. Le Egloghe, la risposta di Dante a Gio- vanni del Virgilio, il professore bolo- gnese che lo invitava a comporre un po- ema in latino su qualche evento con- temporaneo, documentano con non poca ironia la superiorità e a un tempo l’umiltà dantesca. Lui, ora che sta ter- minando la Commedia in volgare, non scimmiotterà il Virgilio dell’ Eneide. Al massimo confezionerà delle Bucoliche. Ma guarda un po’ che Bucoliche! Le mi- gliori dopo quelle di Virgilio stesso. Re- sta attaccato al perseguimento della verità, Dante. Quando, come emerge dall’Epistola XII, rifiuta di ritornare in patria soggiacendo a condizioni che considera umilianti, esclama: «Forse non vedrò ovunque i raggi del sole e delle stelle? Forse non potrò investiga- re le dolcissime verità ovunque sotto il cielo, se prima non mi renda privo di gloria, anzi disonorato al popolo della città di Firenze?». © RIPRODUZIONE RISERVATA I più venduti narrativa 1 eccomi Jonathan Safran Foer, Guanda, Milano pagg. 600, € 22,00 2 la natura esposta Erri De Luca, Feltrinelli, Milano, pagg. 123, € 13,00 saggistica 1 perché no Marco Travaglio, PaperFIRST, Milano, pagg. 204, € 12,00 2 loro diranno, noi diciamo G. Zagrebelsky e F. Pallante,  Laterza, Bari, pagg. 145, € 10,00 Cosa consiglia 1 chirù Michela Murgia, Einaudi, Torino, pagg. 191, € 18,50: «La complicità tra un’inse- gnante e il proprio allievo, l’imprevedibilità dei sentimenti» 2 ninfee nere Bussi Michel, edizioni e/o, Roma, pagg. 394, € 16,00: «Sorprendentenoirnelpaese di Monet. Una trama diabolica tra quadri e misteri info Libreria UBIK, Corso Italia 116r, Savona Titolare: Stefano Milano. Tel: 019 8386659. Su- perficie: 200 mq. Titoli: 25.000 Difficile immaginare un luogo con maggiore energia catalizzatrice al punto da collaborare con 110 associazioni e fidelizzare ben 21.000 lettori: un insostituibile polo aggregativo intor- no a temi di impegno civile (inquinamento, spe- culazione edilizia, infiltrazioni mafiose e molto altro). Continue occasioni di incontro che culmi- nano in “Parole ubikate in mare”, festival estivo con decine di personalità del panorama cultura- le italiano e 10.000 presenze l’anno. a cura di Enza Campino © RIPRODUZIONE RISERVATA parola di libraio tamburino cover story _ Udine Venerdì 16 settembre alle 18, nella sala Ajace di piazza Libertà, Sandro Gerbi presenta I cosattini. Una famiglia antifascista di Udine (Hoepli) con Mimmo Franzinelli ed Elena Commessatti _ Montegrotto Terme Giovedì 15 settembre alle 18.30 al Grand Hotel, viale Stazione, 21, Elisabetta Rasy presenta Le regole del fuoco (Rizzoli). Sabato 17 alle 18 sarà a Taglio di Po (Ro) all’Idrovora Ca' Vendramin _ Premio Pascoli per libro d’artista L’Accademia Pascoliana di San Mauro Pascoli bandisce il concorso Libro d’artista Pascoli-il paesaggio (bando su www.accademiapascoliana.it e www.casapascoli.it) L’eleganza di Porcinai Un giardino che è un progetto di vita, di stile, una filosofia dell’essere; un committente come non ce ne sono quasi più, un paesaggista al massimo del suo splendore: pienamente consapevole che un giardino «non è un oggetto ma un processo». La relazione tra la famiglia Zegna e Pietro Porci- nai è la storia del rispetto e del miglioramente di un paesaggio, per renderlo ancora più armonio- so e adatto alla vita famigliare e della comunità. Il libro che racconta questa storia, e la sua coperti- na (all’altezza del resto), Pietro Porcinai a Trivero (Marsilio) è una delizia. Non perdetelo. (s.sa.) anniversari Dante da rileggere all’infinito La scala della Nuova Edizione Commentata delle Opere è incomparabile. Sono tomi consistenti, chiari ed esaurienti, che affrontano con molte novità testi e problemi discussi da centinaia d’anni di  Franco Avicolli «S arebbero dovuti fuggire insieme dal Messi- co...ma lei non si era pre- sentata all’appuntamen- to, trasformandolo in una persona se- gnata da quell’atto mancato». Con Il te- stimone, romanzo del 2004 che l’editore gran vía consegna al lettore italiano con la traduzione e prefazione di Maria Cri- stina Secci, Juan Villoro si domanda se il non accaduto sia all’origine delle vicen- de umane e della storia del Messico. Nieves è «una specie di fantasma nel- la vita di Julio» e quando, dopo venti- quattro anni, torna in Messico con Pao- la, la moglie italiana che «aveva associa- to la sua insopportabile tristezza alla cultura messicana», egli sente che «il Messico era Nieves». Julio ha l’incarico di ricostruire la vita del poeta Ramón López Velarde poten- do accedere alla documentazione dello zio Donasiano e torna quando il Pan ha sostituito il Pri, al potere per settantuno anni. Ma che cosa è cambiato? Sul pavi- mento della tomba di Porfirio Díaz, c’è una lastra che dice: «Il Messico lo ama, il Messico lo ammira, il Messico lo rispet- ta». L’ha posta un conterraneo nel 1994 l’anno «della sollevazione zapatista in Chiapas e dell’assassinio del candidado del Pri Luís Donaldo Colosio». Nel leg- gerla Julio pensa che «nella cripta di Porfirio Díaz il tempo si riavvolgeva su se stesso». L’opera, dice Villoro, nasce da un dia- logo tra Octavio Paz e Jorge Luís Borges che chiede il significato del verso «pa- tria, venditrice di chía». Paz gli riferisce che la chía è un seme con cui si fa una be- vanda e sa di terra. «Il senso di apparte- nenza di López Velarde - conclude Villo- ro - si riassume in questa frase: la patria è la terra che beviamo senza rendercene conto». Da quel dialogo è nato «un ro- manzo di cinquecento pagine». Nella vita di López Velarde, morto a trentatré anni, ci fu un amore sublima- to per Josefa de los Ríos, una parente lontana che aveva 8 anni più di lui. An- che Nieves aveva 8 anni più di Julio ed era sua parente. La ricerca su López Velarde servirà per «ricostruire l’ar- chivio della tua tribù» gli dice Juan Ruíz che chiosa: e «ti aiuterà a tornare in Messico», volendo dire nell’anima del Messico. Nieves, Velarde, la storia che Julio por- ta nel proprio nome che ricorda Julio Val- divieso «El Niño de los Gallos, fucilato a undici anni» nella guerra dei Cristeros. Il Messico domina la scena e attira nelle proprie viscere il testimone prigio- niero del non accaduto. «Il popolo è ri- masto fregato due volte, prima perché rivoluzionario e poi perché cattolico; ma solo uno dei suoi calvari è stato raccon- tato: la Rivoluzione, non la Cristiada». Una storia complessa, spesso di parte e Possesso per perdita, come dice il titolo di una conferenza su Velarde che padre Monteverde trova tra le carte dello zio Donasiano. Il romanzo porta l’eco della tensione intelligente per dare un corpo unitario ad un complesso di storie personali e messicane con un loro profilo definito e con una lingua vivace piena di riman- di. È un mosaico di tessere che a volte rivelano il timore di qualche incom- prensione. © RIPRODUZIONE RISERVATA Juan Villoro, Il testimone, traduzione e prefazione di Maria Cristina Secci, gran vía, Narni, pagg.. 502, € 20 juan villoro Nella cripta dove si riavvolge il tempo Bolzoni sul «facsimile» della Commedia Era il 15 febbraio del 2015 quando Lina Bolzoni scriveva sulla Domenica un articolo sullo sfarzoso facsimile della Commedia custodito nella casa del poeta a Roma. Ricco di miniature, contiene annotazioni al commento di Cristoforo Landino che probabilmente sono opera di Antonio Grifo, poeta, esule e ben inserito nelle corti www.archiviodomenica.ilsole24ore.com matticchiate di Franco Matticchio a mantova Oggi nel corso di Festivaletteratura di Mantova alle 18 presso palazzo Castiglioni Juan Villoro parlerà con Federico Taddia del «Libro dei (miei) vent’anni», in questo caso si tratta di Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij campiello Trionfa Vinci di  Lara Ricci L a giuria popolare del Premio Campiello ha trasformato in realtà lo slogan contenuto nel nome di Simona Vinci, che si è aggiudi- cata ieri sera il riconoscimento letterario con- quistando 79 voti su 280 validi. Una cinquina, questa della 54esima edizione, connotata da un forte impegno civile e, per 4 dei 5 romanzi, da uno stretto legame con fatti storici del secolo passato. Sono firmati da autrici e parlano di amore tra donne, sullo sfondo dell’orrore, i due primi classificati: La prima verità (Einaudi) della Vinci e anche Le regole del fuoco di Elisabetta Rasy (Rizzoli, 64 voti). La prima verità è ambientato in parte a Leros, in Grecia, dove le caserme della base militare italiana furono trasformate in un enorme ospedale psichiatrico per gli “incurabili” di tutto il Paese.Qui,rinchiusiincondizionipiùchedisuma- ne: incredibili, sopravvivevano più di 4mila pa- zienti, ridotti nel tempo per far spazio ai dissidenti politici della dittatura dei colonnelli (al loro posto oggi dormono i migranti). Il romanzo diventa più intenso e prende il volo nella quarta parte, quando Vincidescrivelasuaesperienzaconimalidellapsi- che,piùdiffusi,sfumatiesfuggentiprimadituttoa noistessidiquantovogliamocredere,perchéden- tro la mente «tutto è vero, anche quando non lo è». ElisabettaRasy,dopoessersilungamentedocu- mentatasullecorrispondenzedelledonnechepar- tirono volontarie per assistere i feriti della prima guerramondiale,raccontalavitadiduediloro:Ma- ria Rosa, aristocratica napoletana in fuga dalla fa- migliaedaunambientesocialecheleimponevaun futurodimoglie,edEugenia,arruolatasiperdimo- strare al padre la sua vocazione di medico e potersi così iscrivere all’università. Feriti senza nome né storia arrivano a frotte, smembrati, irriconoscibili, delirantiemuoionoperlopiùsenzachesisiapotuto nemmeno tentare di salvarli. L’insensatezza della guerra,l’oscenitàdellamortesembranononlascia- re più spazio alla vita. Ma sulle macerie di tutto quel che credevano di conoscere le due ragazze speri- mentanounafragilitàeunapienezzamaisospetta- ta: si innamorano, tra loro. Per Elisabetta Rasy è l’occasionedifarconoscereilruolocheledonneeb- beronelprimoconflittomondialequandoandaro- no al fronte o anche in fabbrica, a fianco o al posto degliuomini,traladerisioneeladiffidenzadiquesti ultimi.Iniziòcosìunlento,maiterminato,processo di emancipazione. E anche l’occasione per riporta- rel’attenzionesutemaancoratabù,agiudicaredal- losconcertanteclamorechetuttorasuscitanofilme vicende che nulla hanno di provocatorio, come  La vita di Adele (2013), di Abdellatif Kechiche, racconto romanticoedelicatodellapassionetradueragazze. Andrea Tarabbia (62 voti) sceglie invece appa- rentementediindagarelafolliadiunuomosoloin Il giardino delle mosche. Vita di Andrej Čicatilo (Ponte alle Grazie) che racconta la storia romanzata del “MostrodiRostov”,unuomoimpotentedall’infan- ziarovinatachescoprìcheuccideregliprovocavala più intensa eccitazione della sua vita. Tra il 1978 e il 1990uccise56persone,torturandole,stuprandole, mutilandole e a volte mangiandole. Ma il sesso, e la frustrazionecheperluinederivava,noneral’unica sua ossessione: l’altra era l’Unione Sovietica. Una fedeperlui,chesisentivainvestitodallamissionedi ripulire la società di quegli elementi “deviati” (pro- stitute,emarginati,vagabondi)lacuiesistenzarap- presentavailfallimentodellaGrandeideacomuni- sta. La follia personale diventa così metafora di quella collettiva del totalitarismo. AlessandroBertantein Gliultimiragazzidelseco- lo(Giunti,34voti)partedallacodadelleguerrejugo- slave,raccontandounviaggiolungolaNeretvafino a Mostar e Sarajevo nell’estate del ’96, per parlare dellasuagenerazione,gliadolescentideglianni80, mentre il loro desiderio di autodistruzione si spec- chia nella devastazione del conflitto balcanico. Prescinde dal narrare fatti storici - ma non dalla passione civile che, in alcuni di questi romanzi, ci si chiedesesiastatapiùsurrogatochefonted’ispirazio- ne-ilromanzoDoninelli Lecosesemplici(Bompiani, 41voti)conisuoipersonaggiallucinatichepontifica- no su quel che si sarebbe dovuto fare per evitare l’apocalisse in una Milano (e poi Parigi e New York) chenonscintillapiùdiluciartificiali,maètrapassata dalle radici degli alberi come una moderna Angkor Watincuilagentevagainuneternopresente. Il premio Campiello alla carriera è stato asse- gnato allo scrittore padovano Ferdinando Ca- mon, il Campiello opera prima a Gesuino Ne- mus (La teologia del cinghiale, Elliot), il Campiello economia al giornalista Dario Di Vico e il Campiello giovani alla diciassettenne milanese Ludovica Me- daglia (nomen omen) con il racconto Wanderer. © RIPRODUZIONE RISERVATA Molto interessante, per esempio, la trattazione - nel V volume appena uscito - della cosiddetta «Epistola a Cangrande» il libro Dante Alighieri, «Epistole∙Egloge∙Questio de aqua et terra», vol. V della Nuova Edizio- ne Commentata delle Opere di Dante (NE- COD), a cura di Marco Baglio, Luca Azzetta, Marco Petoletti e Michele Rinaldi. Introdu- zione di Andrea Mazzucchi, Pubblicazioni del Centro Pio Rajna, Salerno Editrice, Roma, pagg. LXXXIV+837, € 59 Il volume sarà presentato a Milano il 29 settembre all’Ambrosiana, da Enrico Malato, Andrea Mazzucchi, Maria Luisa Meneghetti. Modererà Armando Torno

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28 Il Sole 24 Ore DOMENICA - 11 SETTEMBRE 2016 n. 250

Letteratura

di Piero Boitani

I centenari sono occasioni impor-tanti e nefaste: ogni ente cultura-le che aspiri alla notorietà vuolecelebrarli, e ogni editore, anche ilpiù minuscolo, vuole sfruttarliper ergersi, nano, sulle spalle dei

giganti. Solo Omero, tra i tre o quattrosommi d’Occidente, sfugge alla duralegge dell’anniversario. Siamo appenausciti dal 750° della nascita di Dante(2015), viviamo tuttora nel 400° dellamorte di Shakespeare e Cervantes(2016), e già si staglia all’orizzonte, piùimminente di quanto non paia, il temi-bile 700° della morte dell’Alighieri

(2021). Solo gli dei superni sanno cosasuccederà quell’anno.

La Salerno Editrice, comunque, cisarà, con biglietti da visita non pro-prio indifferenti. Non solo pubblicada anni l’Edizione Nazionale deiCommenti danteschi, ma si prepara,sin dai Novanta del secolo scorso, apubblicare entro il 2021 la NECOD:Nuova Edizione Commentata delle Ope­re di Dante. Per il VI centenario dellamorte, quello del 1321, un gruppo distudiosi guidati da Michele Barbi ave-va fatto nascere Le Opere di Dante. Te­sto critico della Società Dantesca Italia­na, la cosiddetta «Edizione del Cente-

nario»: memorabile, ma sprovvista dicommento. In vista del VII centenariodella nascita del poeta, nel 1965, si eracoagulata l’iniziativa Ricciardi che,iniziata con la Divina Commedia di Na-talino Sapegno nel 1957, è in realtàterminata soltanto nel 1988. Alloraprendeva ormai corpo, dopo l’edizio-ne «secondo l’antica vulgata» dellaCommedia di Giorgio Petrocchi, l’ini-ziativa dei Meridiani Mondadori: neiquali, a seguire la Commedia com-mentata da Anna Maria Chiavacci Le-onardi (1991-94), uscivano due volu-mi di Opere tra il 2011 e il 2014.

Tanto, per la storia. La quale docu-menta il generarsi infinito dell’esegesie il suo protrarsi se non infinito co-munque pluridecennale. La scala dellaNECOD è tuttavia incomparabile: piùdi 900 pagine, per esempio, per un vo-lume, degli otto (uno per gli Indici)previsti e dei cinque già usciti. E poi,vengono i «cardini», che Enrico Mala-to, motore primo dell’impresa, riassu-me così, dopo averli più pienamenteenunciati già nel 2004 in Per una nuovaedizione commentata delle opere di Dan­te e averne fornito Saggio applicato aInferno I nel 2007: «attenzione alla ri-gorosa ricostituzione della lettera deitesti, massimo impegno nella illumi-nazione esegetica».

Più facile, si direbbe, a disegnareche non a realizzare. Invece, i volumidella NECOD sono proprio così: nonroba, certo, da portare sulla spiaggia,ma tomi consistenti, chiari ed esau-rienti, dal prezzo contenuto, che af-frontano con parecchie novità testi eproblemi discussi da centinaia d’anni,

e con particolare intensità nell’ultimosecolo. In questo volume V, per dirneuna, si parla estesamente della cosid-detta  Epistola  a  Cangrande, separataper l’occasione dal corpus delle altredodici. È quella, celeberrima, e dellacui attribuzione a Dante si dibatte conacrimonia da decenni, nella quale, do-po la dedica a Cangrande della Scaladel Paradiso, qualcuno che si definisce«fiorentino di nascita, non di costu-mi» si dà a introdurre la Commedia in-tera, e poi a presentarne l’ultima can-tica. È qui che l’autore dell’Epistolaparla della polisemia del poema e ri-chiama l’interpretazione del Salmo113 (In exitu Israel de Aegypto) per ap-plicarne la griglia di senso letterale,allegorico, morale e anagogico allaCommedia stessa.

Se l’autore della lettera è Dante – eLuca Azzetta, che la introduce e lacommenta nel volume, offre non po-chi indizi a favore di questa ipotesi – sitratta di un momento emozionante.Un grande scrittore, uno appunto dei

tre o quattro sommi d’Occidente, chefa autoesegesi, cioè che commenta untesto suo  (all’epoca, l’esegesi era ri-servata alla Bibbia e ad Aristotele).Dante sarebbe così (quasi) perfetta-mente coerente con se stesso, vistoche aveva iniziato a compiere taleoperazione già con la Vita nova e l’ave-

va poi estesa e approfondita col Convi­vio (“quasi” perché se aveva usato neltrattato l’allegoria dei poeti, sembraora impiegare l’allegoria dei teologi).Per capire la portata di questo auto-commento basta pensare a un Omeroche decida di introdurre l’Odissea, auno Shakespeare che illustri l’Amleto,a un Cervantes che spieghi i sensi ri-posti del Chisciotte. Leggere l’Epistolaa Cangrande come se uno non l’avessemai letta è un’esperienza unica, chechiunque si occupi di letteratura do-vrebbe fare. C’è in essa la passione ar-gomentativa che si ritrova in tantibrani del Paradiso, c’è la presenza diquella «mente innamorata» che fa di-re al poeta, nel canto IV dell’ultimacantica, che il nostro intelletto non sisazia se non lo illumina quella verità,Dio, al di fuori della quale nessuna ve-rità può aver luogo. Dante usa, perl’attività dell’intelletto umano,un’immagine del mondo animale: di-ce che l’intelletto si riposa in quellaverità come la fiera nella sua tana, nonappena l’abbia raggiunta – e può benraggiungerla, altrimenti il desideriodi verità innato nell’uomo sarebbe va-no. Non aveva forse aperto il Convivio,Dante, ripetendo la frase iniziale dellaMetafisica di Aristotele, «tutti li uomi-ni naturalmente desiderano di sape-re»? Non lo riprendeva all’inizio delParadiso, affermando che «appres-sando sé al suo desire, / nostro intel-letto si profonda»? Ecco, lo pronunciaancora una volta qui: «l’intelletoumano in questa vita, per la connatu-ralità e l’affinità che ha con la sostanzaintellettuale separata, quando si ele-va, si eleva a tal punto che la memoria,dopo il ritorno, viene meno, per averetrasceso la misura umana».

Scrivere frasi del genere, direbbeDante stesso, «non è impresa da piglia-re a gabbo», perché vuol dire «descriverfondo a tutto l’universo». E in questovolume V della NECOD di tale «fondo»si vedono diverse testimonianze. Peresempio, quella Questione sull’acqua esulla terra giudicata spesso mero eser-cizio di scuola e talvolta, anch’essa, nonascritta a Dante, è, come ben mette inluce Michele Rinaldi, un piccolo tratta-to cosmografico.

Le Egloghe, la risposta di Dante a Gio-vanni del Virgilio, il professore bolo-gnese che lo invitava a comporre un po-ema in latino su qualche evento con-temporaneo, documentano con nonpoca ironia la superiorità e a un tempol’umiltà dantesca. Lui, ora che sta ter-minando la Commedia in volgare, nonscimmiotterà il Virgilio dell’Eneide. Almassimo confezionerà delle Bucoliche.Ma guarda un po’ che Bucoliche! Le mi-gliori dopo quelle di Virgilio stesso. Re-sta attaccato al perseguimento dellaverità, Dante. Quando, come emergedall’Epistola XII, rifiuta di ritornare inpatria soggiacendo a condizioni checonsidera umilianti, esclama: «Forsenon vedrò ovunque i raggi del sole edelle stelle? Forse non potrò investiga-re le dolcissime verità ovunque sotto ilcielo, se prima non mi renda privo digloria, anzi disonorato al popolo dellacittà di Firenze?».

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I più venduti

narrativa1 eccomiJonathan Safran Foer, Guanda, Milanopagg. 600, € 22,002 la natura espostaErri De Luca, Feltrinelli, Milano, pagg. 123, € 13,00

saggistica1 perché noMarco Travaglio, PaperFIRST, Milano,

pagg. 204, € 12,002 loro diranno, noi diciamoG. Zagrebelsky e F. Pallante,  Laterza, Bari,pagg. 145, € 10,00

Cosa consiglia

1 chirùMichela Murgia, Einaudi, Torino, pagg. 191, € 18,50: «La complicità tra un’inse-gnante e il proprio allievo, l’imprevedibilità dei sentimenti»2 ninfee nereBussi Michel, edizioni e/o, Roma,pagg. 394, € 16,00: «Sorprendente noir nel paesedi Monet. Una trama diabolica tra quadri e misteri

infoLibreria UBIK, Corso Italia 116r, SavonaTitolare: Stefano Milano. Tel: 019 8386659. Su-perficie: 200 mq. Titoli: 25.000Difficile immaginare un luogo con maggiore energia catalizzatrice al punto da collaborare con 110 associazioni e fidelizzare ben 21.000lettori: un insostituibile polo aggregativo intor-no a temi di impegno civile (inquinamento, spe-culazione edilizia, infiltrazioni mafiose e molto altro). Continue occasioni di incontro che culmi-nano in “Parole ubikate in mare”, festival estivo con decine di personalità del panorama cultura-le italiano e 10.000 presenze l’anno. a cura di Enza Campino

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parola di libraio tamburino cover story_ UdineVenerdì 16 settembre alle 18, nella sala Ajace di piazza Libertà, Sandro Gerbi presenta I cosattini. Una famiglia antifascista di Udine (Hoepli) con Mimmo Franzinelli ed Elena Commessatti

_ Montegrotto TermeGiovedì 15 settembre alle 18.30 al Grand Hotel, viale Stazione, 21, Elisabetta Rasy presenta Le regole del fuoco (Rizzoli). Sabato 17 alle 18 sarà a Taglio di Po (Ro) all’Idrovora Ca' Vendramin

_ Premio Pascoli per libro d’artistaL’Accademia Pascoliana di San Mauro Pascoli bandisce il concorso Libro d’artista Pascoli-il paesaggio (bando su www.accademiapascoliana.it e www.casapascoli.it)

L’eleganza di PorcinaiUn giardino che è un progetto di vita, di stile, una filosofia dell’essere; un committente come non ce ne sono quasi più, un paesaggista al massimo del suo splendore: pienamente consapevole che un giardino «non è un oggetto ma un processo». La relazione tra la famiglia Zegna e Pietro Porci-nai è la storia del rispetto e del miglioramente di un paesaggio, per renderlo ancora più armonio-so e adatto alla vita famigliare e della comunità. Illibro che racconta questa storia, e la sua coperti-na (all’altezza del resto), Pietro Porcinai a Trivero (Marsilio) è una delizia. Non perdetelo. (s.sa.)

anniversari

Dante da rileggere all’infinitoLa scala della Nuova Edizione Commentata delle Opere è incomparabile. Sono tomi consistenti,chiari ed esaurienti, che affrontano con molte novitàtesti e problemi discussi da centinaia d’anni

di Franco Avicolli

«Sarebbero dovuti fuggireinsieme dal Messi-co...ma lei non si era pre-sentata all’appuntamen-

to, trasformandolo in una persona se-gnata da quell’atto mancato». Con Il te­stimone, romanzo del 2004 che l’editoregran vía consegna al lettore italiano conla traduzione e prefazione di Maria Cri-stina Secci, Juan Villoro si domanda se ilnon accaduto sia all’origine delle vicen-de umane e della storia del Messico.

Nieves è «una specie di fantasma nel-la vita di Julio» e quando, dopo venti-quattro anni, torna in Messico con Pao-la, la moglie italiana che «aveva associa-

to la sua insopportabile tristezza allacultura messicana», egli sente che «ilMessico era Nieves».

Julio ha l’incarico di ricostruire la vitadel poeta Ramón López Velarde poten-do accedere alla documentazione dellozio Donasiano e torna quando il Pan hasostituito il Pri, al potere per settantunoanni. Ma che cosa è cambiato? Sul pavi-mento della tomba di Porfirio Díaz, c’èuna lastra che dice: «Il Messico lo ama, ilMessico lo ammira, il Messico lo rispet-ta». L’ha posta un conterraneo nel 1994l’anno «della sollevazione zapatista inChiapas e dell’assassinio del candidadodel Pri Luís Donaldo Colosio». Nel leg-gerla Julio pensa che «nella cripta diPorfirio Díaz il tempo si riavvolgeva suse stesso».

L’opera, dice Villoro, nasce da un dia-

logo tra Octavio Paz e Jorge Luís Borgesche chiede il significato del verso «pa-tria, venditrice di chía». Paz gli riferisceche la chía è un seme con cui si fa una be-

vanda e sa di terra. «Il senso di apparte-nenza di López Velarde - conclude Villo-ro - si riassume in questa frase: la patriaè la terra che beviamo senza renderceneconto». Da quel dialogo è nato «un ro-manzo di cinquecento pagine».

Nella vita di López Velarde, morto atrentatré anni, ci fu un amore sublima-to per Josefa de los Ríos, una parentelontana che aveva 8 anni più di lui. An-che Nieves aveva 8 anni più di Julio edera sua parente. La ricerca su LópezVelarde servirà per «ricostruire l’ar-chivio della tua tribù» gli dice JuanRuíz che chiosa: e «ti aiuterà a tornarein Messico», volendo dire nell’animadel Messico.

Nieves, Velarde, la storia che Julio por-ta nel proprio nome che ricorda Julio Val-divieso «El Niño de los Gallos, fucilato a

undici anni» nella guerra dei Cristeros.Il Messico domina la scena e attira

nelle proprie viscere il testimone prigio-niero del non accaduto. «Il popolo è ri-masto fregato due volte, prima perchérivoluzionario e poi perché cattolico; masolo uno dei suoi calvari è stato raccon-tato: la Rivoluzione, non la Cristiada».Una storia complessa, spesso di parte ePossesso per perdita, come dice il titolo diuna conferenza su Velarde che padreMonteverde trova tra le carte dello zioDonasiano.

Il romanzo porta l’eco della tensioneintelligente per dare un corpo unitarioad un complesso di storie personali emessicane con un loro profilo definitoe con una lingua vivace piena di riman-di. È un mosaico di tessere che a volterivelano il timore di qualche incom-prensione.

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Juan Villoro, Il testimone, traduzione e prefazione di Maria Cristina Secci, gran vía, Narni, pagg.. 502, € 20

juan villoro

Nella cripta dove si riavvolge il tempo

Bolzoni sul «facsimile» della CommediaEra il 15 febbraio del 2015 quando Lina Bolzoni scriveva

sulla Domenica un articolo sullo sfarzoso facsimile della Commediacustodito nella casa del poeta a Roma. Ricco di miniature, contiene

annotazioni al commento di Cristoforo Landino che probabilmente sonoopera di Antonio Grifo, poeta, esule e ben inserito nelle corti

www.archiviodomenica.ilsole24ore.com

matticchiate di Franco Matticchio

a mantova

Oggi nel corso di Festivaletteratura di Mantova alle 18 presso palazzo Castiglioni Juan Villoro parlerà con Federico Taddia del «Librodei (miei) vent’anni», in questo caso si tratta di Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij

campiello

TrionfaVincidi Lara Ricci

La giuria popolare del Premio Campiello hatrasformato in realtà lo slogan contenutonel nome di Simona Vinci, che si è aggiudi-

cata ieri sera il riconoscimento letterario con-quistando 79 voti su 280 validi. Una cinquina, questa della 54esima edizione, connotata da un forte impegno civile e, per 4 dei 5 romanzi, da uno stretto legame con fatti storici del secolopassato. Sono firmati da autrici e parlano diamore tra donne, sullo sfondo dell’orrore, i dueprimi classificati: La prima verità (Einaudi) della Vinci e anche Le regole del fuoco di Elisabetta Rasy (Rizzoli, 64 voti). La prima verità è ambientato in parte a Leros, in Grecia, dove le caserme della base militare italiana furono trasformate in un enorme ospedale psichiatrico per gli “incurabili” di tutto il Paese. Qui, rinchiusi in condizioni più che disuma-ne: incredibili, sopravvivevano più di 4mila pa-zienti, ridotti nel tempo per far spazio ai dissidenti politici della dittatura dei colonnelli (al loro posto oggi dormono i migranti). Il romanzo diventa più intenso e prende il volo nella quarta parte, quando Vinci descrive la sua esperienza con i mali della psi-che, più diffusi, sfumati e sfuggenti prima di tutto anoi stessi di quanto vogliamo credere, perché den-tro la mente «tutto è vero, anche quando non lo è».

Elisabetta Rasy, dopo essersi lungamente docu-mentata sulle corrispondenze delle donne che par-tirono volontarie per assistere i feriti della prima guerra mondiale, racconta la vita di due di loro: Ma-ria Rosa, aristocratica napoletana in fuga dalla fa-miglia e da un ambiente sociale che le imponeva unfuturo di moglie, ed Eugenia, arruolatasi per dimo-strare al padre la sua vocazione di medico e potersi così iscrivere all’università. Feriti senza nome né storia arrivano a frotte, smembrati, irriconoscibili, deliranti e muoiono perlopiù senza che si sia potutonemmeno tentare di salvarli. L’insensatezza della guerra, l’oscenità della morte sembrano non lascia-re più spazio alla vita. Ma sulle macerie di tutto quel che credevano di conoscere le due ragazze speri-mentano una fragilità e una pienezza mai sospetta-ta: si innamorano, tra loro. Per Elisabetta Rasy è l’occasione di far conoscere il ruolo che le donne eb-bero nel primo conflitto mondiale quando andaro-no al fronte o anche in fabbrica, a fianco o al posto degli uomini, tra la derisione e la diffidenza di questiultimi. Iniziò così un lento, mai terminato, processodi emancipazione. E anche l’occasione per riporta-re l’attenzione su tema ancora tabù, a giudicare dal-lo sconcertante clamore che tuttora suscitano film evicende che nulla hanno di provocatorio, come La vita di Adele (2013), di Abdellatif Kechiche, racconto romantico e delicato della passione tra due ragazze.

Andrea Tarabbia (62 voti) sceglie invece appa-rentemente di indagare la follia di un uomo solo in Ilgiardino delle mosche. Vita di Andrej Čicatilo (Ponte alle Grazie) che racconta la storia romanzata del “Mostro di Rostov”, un uomo impotente dall’infan-zia rovinata che scoprì che uccidere gli provocava lapiù intensa eccitazione della sua vita. Tra il 1978 e il 1990 uccise 56 persone, torturandole, stuprandole, mutilandole e a volte mangiandole. Ma il sesso, e la frustrazione che per lui ne derivava, non era l’unicasua ossessione: l’altra era l’Unione Sovietica. Una fede per lui, che si sentiva investito dalla missione diripulire la società di quegli elementi “deviati” (pro-stitute, emarginati, vagabondi) la cui esistenza rap-presentava il fallimento della Grande idea comuni-sta. La follia personale diventa così metafora di quella collettiva del totalitarismo.

Alessandro Bertante in Gli ultimi ragazzi del seco­lo (Giunti, 34 voti) parte dalla coda delle guerre jugo-slave, raccontando un viaggio lungo la Neretva finoa Mostar e Sarajevo nell’estate del ’96, per parlare della sua generazione, gli adolescenti degli anni 80,mentre il loro desiderio di autodistruzione si spec-chia nella devastazione del conflitto balcanico.

Prescinde dal narrare fatti storici - ma non dallapassione civile che, in alcuni di questi romanzi, ci si chiede se sia stata più surrogato che fonte d’ispirazio-ne - il romanzo Doninelli Le cose semplici (Bompiani, 41 voti) con i suoi personaggi allucinati che pontifica-no su quel che si sarebbe dovuto fare per evitare l’apocalisse in una Milano (e poi Parigi e New York) che non scintilla più di luci artificiali, ma è trapassata dalle radici degli alberi come una moderna Angkor Wat in cui la gente vaga in un eterno presente.

Il premio Campiello alla carriera è stato asse-gnato allo scrittore padovano Ferdinando Ca-mon, il Campiello opera prima a Gesuino Ne-mus (La teologia del cinghiale, Elliot), il Campiello economia al giornalista Dario Di Vico e il Campiello giovani alla diciassettenne milanese Ludovica Me-daglia (nomen omen) con il racconto Wanderer.

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Molto interessante,per esempio, la trattazione - nel V volume appena uscito - della cosiddetta «Epistola a Cangrande»

il libro

Dante Alighieri, «Epistole∙Egloge∙Questio de aqua et terra», vol. V della Nuova Edizio­ne Commentata delle Opere di Dante (NE­COD), a cura di Marco Baglio, Luca Azzetta, Marco Petoletti e Michele Rinaldi. Introdu­zione di Andrea Mazzucchi, Pubblicazioni del Centro Pio Rajna, Salerno Editrice, Roma, pagg. LXXXIV+837, € 59 Il volume sarà presentato a Milano il 29 settembre all’Ambrosiana, da Enrico Malato,Andrea Mazzucchi, Maria Luisa Meneghetti. Modererà Armando Torno