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A tu per tu con i gorilladi pianura del Camerun…Questo scritto è dedicato al futurodei gorilla, ad Avventure nel Mondoe ai miei splendidi compagni di viaggio.

Testo e foto di Sandra D’Odorico

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Da molti anni lavoro allo sportello di un ufficio postale alle porte di Udine. Tra un’operazione e l’altra,

mi capita di frequente, l’occasione per scambiare qualche parola con il cliente che ho davanti. È così che un giorno di qualche anno fa, ho conosciuto Marco, un professore di veterinatia dell’universi-tà di Udine che coordina un progetto di cooperazione internazionale (www.edu-link.uniud.it), riguardante la salute degli animali, in africa centrale. Io ero da poco rientrata da un viaggio in Uganda, men-tre lui aveva appena visitato il Camerun. Ambedue avevamo vissuto un’esperienza unica, l’incontro con i gorilla, rispettiva-mente della specie di montagna e quelli di pianura. Lo scambio di mail fu inevita-bile, con informazioni, racconti e curiosi-tà sulla vita, appunto, dei gorilla. Marco mi aveva parlato di aver visitato il parco Mefou nella parte sud del Camerun, non lontano dalla capitale, Yaounde’. Mi aveva dato un nome e un indirizzo a cui seguì una breve ricerca internet ma poi il tem-po e la quotidianità coprirono come uno strato di polvere, sia il Camerun che i go-rilla di pianura. Trascorre qualche anno, poi arriva la tanto

attesa, telefonata. C’è un gruppo di 5 ami-ci per un Camerun in partenza il 1 aprile. Potrebbe essere un “pesce”, ma… vuoi partire? La mia felicità, mi tuffa immediata-mente nell’organizzazione del viaggio e da un primo contatto con quelli che saranno i miei compagni di avventura, scopro che anche loro hanno un gran desiderio di ve-dere il Camerun e i primati.Nella rubrica del pc ritrovo la mail di Ber-trand Lipot, il ragazzo di Yaounde’ racco-mandato da Marco che sa tutto sui gorilla e… anche come riuscire a vederli.Prima della partenza ho il tempo di intrat-tenere un breve giro di mail con Bertrand, per inserire nel nostro tour che si svolge prevalentemente al nord, anche qualche giorno al sud del paese, includendo, ap-punto i gorilla. Non definisco però nulla, rimandando ogni decisione, al gruppo, una volta arrivati in Camerun.Finalmente arriva il giorno della partenza. Un lungo volo, precede il nostro arrivo a Douala, nel cuore della notte.Douala, dista tre ore di bus dalla capitale Yaounde’ che raggiungiamo attraversan-do la verdissima foresta equatoriale. Alla stazione dei treni acquistiamo i bigliet-ti per il lungo trasferimento notturno a

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N’Gaundere’. La linea ferroviaria, costrui-ta negli anni 70 da una società italiana e oggi gestita dalla CAMRAIL, un gruppo misto, camerunese-sudafricano, rappre-senta il mezzo obbligato per raggiungere il nord, essendo la rete stradale, molto trafficata, pericolosa e in pessime condi-zioni di manutenzione.Una breve gita in taxi al monte Febe’, dal quale si domina la città e le colline che la circondano, ci permette anche di trascor-rere qualche ora di relax, prima di iniziare il lungo trasferimento in treno, di 880 chi-lometri, per 16 ore di viaggio.Alle 18 in punto, il treno si avvia, lenta-mente, in direzione nord. Ancora pochi minuti di luce ci permettono di osservare la fitta vegetazione che scorre ai lati dei binari, qualche piccolo villaggio extra ur-bano, poi la notte cala come un sipario, accompagnandoci al sonno, cullati dal movimento del treno, nelle nostre acco-glienti cuccette. Ci svegliamo che è già giorno e dando uno sguardo dai finestrini, vediamo che il paesaggio ora è totalmente cambiato. La fitta foresta equatoriale, ha lasciato il posto a territori più aridi in cui cresce scarsa vegetazione e pochi alberi.

Arrivati a N’Gaundere’, proseguiamo con il minibus dell’agenzia, verso Garoua, cit-tà capoluogo del nord del paese e tappa obbligata per l’organizzazione di qualsia-si tour nelle regioni settentrionali del Ca-merun. Definito da molti, come un’africa in minia-tura, il Camerun racchiude in se una gran varietà di aspetti e diversità geografiche e culturali, presenti, singolarmente in altri paesi africani. Il territorio infatti, presen-ta una divisione netta tra le fertili pianure del sud dove sono presenti vaste foreste equatoriali ancora vergini e gli aridi alti-piani del nord che si trasformano verso il confine con il Ciad, in piatte savane semi desertiche tipiche del sahel, mentre ad ovest una lunga dorsale montuosa segna il confine con la Nigeria. È la catena dei monti Mandara con i suggestivi paesaggi del Kapsiki e più a sud dei monti Alanti-ka, dove vivono popolazioni Koma le cui donne indossano ancora oggi tipici co-prisessi di foglie.Il nostro viaggio prosegue sempre più su e in tre ore di viaggio, senza soste, arrivia-mo a Maroua, per il pernottamento.Il nuovo giorno ci fa proseguire per Mora, un piccolo villaggio dove oggi, domenica

è giorno di mercato. È ancora presto e il tempo ci permette di proseguire verso Oudjilla, percorrendo dodici chilometri di sterrato a passo d’uomo per le pessime condizioni della strada. La strada, una vera e propria mulattiera, appena percor-ribile da un mezzo a motore, è in salita ed il paesaggio è disseminato da moltissimi piccoli gruppi di capanne costruite su un terreno di pietre arroventate dal sole. Tut-to è comletamente secco e fa sempre più caldo.Arrivati in cima alla collina, ci avviciniamo alla residenza del lamido che troviamo seduto sotto la tettoia che precede l’in-gresso principale.Di estremo interesse culturale ed antro-pologico, sono le 240 etnie presenti in Camerun. I diversi gruppi dalle differenti lingue e religioni, vivono sotto la tutela ed organizzazione sociale di un capo, un capo villaggio riconosciuto, che ha fun-zioni pubbliche e sociali, il cui nome varia a seconda della regione del paese in “la-mido”, “sultano” o “chef”.Il lamido di Oudjilla, un uomo dall’appa-rente età di ottanta anni, vanta di avere 50 mogli e più di 100 figli. La sua residenza, che si chiama “sarè” è

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costruita in posizione dominante su tut-ta la valle sottostante ed è costituita da gruppi di costruzioni di pietre e fango, granai e stanze, ognuna delle quali ha funzioni particolari. Ci sono le stanze in cui vivono alcune delle tante mogli, con le cucine e i granai, la stanza dei notabi-li, dove vengono discussi i problemi dei villaggi, le questioni di giustizia e sociali. C’è la stanza in cui vengono conservati e venerati i resti degli antenati defunti, ci sono alcune buie dimore in cui vengono ricoverati i buoi sacri che verranno sacrifi-cati in occasione del raccolto del miglio.Nel comprensorio di Oudjilla, che rag-gruppa 25 villaggi, oggi vivono circa 25.000 persone, appartenenti all’etnia Potoko. La religione praticata è essenzial-mente animista e l’attivita di sussistenza è l’agricoltura. Lasciata Oudjilla, ritorinamo a Mora e vi sostiamo per immergerci nel colorato mer-cato della domenica. Il centro del villaggio è animato da moltissime persone che ven-dono o comprano le più svariate mercan-zie. Di particolare intersse è il settore dei vasai che consiste in una vasta area in cui sono esposti, perfettamente allineati, cen-tinaia di recipienti in terracotta.

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Lasciata Mora, il nostro viaggio prosegue verso Waza, distante una settantina di chi-lometri. Essendo amanti degli animali, non potevamo non prevedere una visita al più grande parco nazionale del paese e tra i maggiori dell’Africa occidentale. Il parco nazionale di Waza, è stato istituito come area protetta già nel 1934, dalle autori-tà coloniali e definitivamente confermato parco nazionale dal governo, nel 1968. Si tratta di un’area di 170.000 ettari che l’UNESCO ha elevato a riserva della bio-sfera. La superficie è caratterizzata da tre tipi di vegetazione. Ad ovest c’è la savana alberata, al centro la vegetazione è del tipo arbustivo, ad est c’è la grande pia-nura erbosa che durante la stagione del-le piogge viene inondata dalle acque del fiume Logone. Il tutto è percorso da 500 chilometri di piste, delle quali, la più fre-quentata, collega la parte nord occiden-tale dove c’è l’entrata principale, a quella a sud, raggiungibile da Maga.Arriviamo a Waza nel primo pomeriggio, il caldo è soffocante. Ci sistemiamo al campment, una serie di graziosi bunga-low in pietra, costruiti sulle pendici di un colle. Una breve passeggiata ci condu-ce in cima alla collina che domina tutta la vallata sottostante. Qui l’Africa diventa grande, unica, indimenticabile. Il paesag-gio avvolto dai colori di un tramonto che brucia un altro giorno mozza il fiato. Ci chiediamo se è forse anche questo uno di quei posti che in Africa provocano quel male che non si riesce a curare con nessun’altra terapia se non quella che ti riporta in Africa?L’alba ci regala l’immersione totale nel parco. Siamo nel culmine della stagio-

ne secca. La pista attraversa una piatta savana dalle erbe alte, che assumono il colore dell’oro. Subito vediamo un bel gruppo di 7 giraffe con 3 piccoli, più in là, un facocero solitario e uno sciacallo. Procediamo lentamente, avvistando al-cuni gruppi di antilopi cavallo, antilopi d’acqua e molti uccelli. Il nostro arrivo nei pressi di una pozza quasi asciutta, spaventa due grossi varani che vediamo mentre raggiungono, velocemente le loro tane. Ancora alla ricerca di animali, rag-giungiamo una pozza dove l’acqua si è trasformata in una striscia di fango denso nel quale boccheggiano molti pesci. Di-sturbato dal rumore del nostro mezzo, un serval in fuga si mostra ai nostri occhi ed in breve scompare. Il ranger che ci accompagna, scorge, in lontananza, un numeroso gruppo di ele-fanti ma non avendo un mezzo a quattro ruote motrici, ci è impossibile raggiun-gerli e non ci resta altro che raggiungere l’uscita del parco, soddisfatti per averlo attraversato.Il viaggiatore che si rechi in Camerun, non può mancare la visita ai principa-li mercati settimanali che si svolgono in alcune località del paese. Essi offrono infatti, l’opportunità di osservare le diffe-renze etniche, nei volti, negli ornamenti e negli abiti delle donne che vi si recano a comprare o a vendere ogni genere di mercanzia. Uno di questi si tiene a Pouss, ogni martedì. Pouss è un piccolo villaggio che sorge sulle rive del fiume Logone che segna il confine con il Ciad. Fin dalle prime ore del mattino il mercato diventa il palcosce-nico di un festival etnico in cui si ritrovano

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le etnie, musgum, bororo, moundang, ful-be, haoussa, toupouri ed altre ancora ed è un tripudio di odori, rumori e colori.Un altro mercato, forse il più interessante e pieno di fascino, si tiene ogni giovedì a Torou, la sperduta località incastonata sui monti Mandara, ai confini con la Nigeria.La piazza centrale del villaggio si trasfor-ma in un grande bazar e il giorno di mer-cato, per le persone del posto e dei vil-laggi circostanti, è un giorno di festa e di affari. Il mercato è famoso per la vendita della birra di miglio e fin dalle prime ore del mattino, numerosissime donne avvol-te nei loro vestiti coloratissimi, arrivano a Torou, trasportando sulla testa grandi orci di terracotta, contenenti la bevanda ottenuta dalla fermentazione del miglio.Tra le merci in vendita c’è di tutto, dai più svariati tipi di cereali, alla frutta, alle ver-dure, tessuti, attrezzi da lavoro e animali da allevare. Molto particolari e presenti solo in questo mercato, sono le donne di etnia hindè che hanno la caratteristica di indossare un copricapo ottenuto da una mezza zucca svuotata e decorata, simile a un caschetto.Noi arriviamo a Torou alle otto del mattino, quando il mercato è già affollato di perso-ne, ci immergiamo tra la folla, puntando i nostri obiettivi impazziti, alla caccia di im-magini e di scene che consapevolmente il nostro attrezzo, prenderà in memoria, solo nella minima parte di quanto i nostri occhi riescono a cogliere, nei colori degli abiti, nei volti e nei sorrisi delle donne di Torou.Ad ovest, lungo il confine con la Nigeria, il Camerun è attraversato da una lunga dorsale montuosa. È la catena dei monti

Mandara che offre paesaggi incantevoli come il colle di Koza che si raggiunge transitando da una pista che è un con-tinuo sali scendi ed attraversa colline e ampie vallate cosparse di moltissimi vil-laggi le cui case di pietra e fango hanno la caratteristica di avere il tetto di paglia molto affusolato. Davvero incantevole è la valle di Kapsiki, un luogo caratterizzato da alte formazioni di roccia che si ergono come sentinelle di protezione ai villaggi, immersi in una nebbiolina che avvolge l’intera vallata. Ci incamminiamo sul sentiero che lascia il paese e scende lentamente il crinale delle colline, offrendo una splendida vista. Al-cuni alti picchi rocciosi sono disseminati tra i campi coltivati e piccoli agglomera-ti di capanne, mentre la leggera foschia rende il posto magico e surreale. In fondo alla vallata c’è il confine con la Nigeria. Qui vivono, da molto tempo due famiglie, una camerunense e l’altra nige-riana. Il loro compito è di sorvegliare il confine tra i due paesi, ma i rapporti di convivenza sono talmente normali che quì come a Torou, circola denaro came-runense come quello nigeriano. A sud di Garoua, la catena montuosa che scende con una linea retta separando il Camerun dalla Nigeria, diventa più im-ponente nei monti Alantika. Vi si accede oltrepassando la riserva di Faro e la pista finisce presso il piccolo villaggio di Wan-gay. Da qui si può raggiungere i villaggi più isolati e sperduti nelle montagne, so-lamente a piedi e in piena autosufficenza. I monti Alantika offrono ancora oggi ciò che sopravvive all’incalzante girotondo della modernizzazione. Sono la casa del

popolo Koma. Si tratta di circa 4.000 individui che appartengono al gruppo etnico dei Kirdi, coloro che per sfuggire all’islamizzazione da parte dei Fulbe o Peul e al commercio degli schiavi, dalla Nigeria orientale, fuggirono verso sud, ri-fugiandosi, dapprima sui monti Mandara e successivamente sulle montagne im-pervie dei monti Alantika. La catena che raggiunge l’altitudine di 1900 metri è sta-to un vero e proprio rifugio naturale che ha isolato e protetto i Koma, fino agli anni 50, quando furono scoperti dall’antropo-logo Renè Gardì. Grazie al loro isolamento, i Koma hanno mantenuto la loro religione animista e le loro tradizioni, prima tra tutte la pratica della circoncisione ed il rito del sacrificio di animali, che vengono offerti alle divinità come auspicio a raccolti abbondanti, per la fertilità delle donne, per allontanare le malattie.La caratteristica più evidente del popolo Koma, è quella di non indossare vestiti, ma semplici coprisessi di foglie. Si tratta di un ciuffo di folti rametti che viene rac-colto e legato in vita da alcune sottili cor-dicelle e vanno a coprire davanti e dietro le sole parti intime. Il nostro cammino sui sentieri monta-ni che attraversano villaggi costituiti da gruppi di capanne isolate è interrotto dal-le soste che ci permettono di osservare la vita semplice ed essenziale dei Koma. Un uomo, all’esterno del suo sarè, la tipi-ca capanna di fango dal tetto di paglia, ci invita a sedere all’ombra di un albero e ci osserva senza dire e chiedere nulla, mentre la nostra guida gli offre in dono tabacco e sale, per ringraziarlo della sua

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semplice e genuina ospitalità. Alla sosta successiva un’anziana donna ci raggiun-ge e si siede accanto a noi. Fuma la ca-ratteristica pipa dalla quale i Koma non si separano mai. Anche a lei doniamo un po’ di tabacco, poi, silenziosamente, così come è arrivata, si alza e se ne và, trasportando sulla testa la sua pesante gerla.Notiamo che oggi le donne giovani indos-sano più comodi abiti di cotone e pren-diamo atto che il tipico corisesso di foglie, indossato da sempre, dal popolo Koma, ha un futuro incerto. Ci chiediamo chissà per quanto tempo ancora i Koma saran-no i padroni assoluti di queste montagne, per quanto tempo ancora essi saranno un tassello prezioso, un incastro di un puzzle variopinto che è costitito dall’inestimabile patrimonio etnico del Camerun? Il nostro viaggio al nord del Camerun è ormai terminato quando ci apprestiamo a trascorrere la notte sul treno che ci ripor-terà a Yaoundè.

I pochi giorni che abbiamo ancora a di-sposizione, li dedichiamo a una veloce immersione nella verdissima foresta tro-picale del sud del paese, ottenendo un buon compromesso per osservare le di-versità geografiche e climatiche del Ca-merun. Non avendo il tempo necessario per inol-trarci sufficientemente nelle foreste per incontrare i pigmei, i figli della foresta, de-cidiamo di voler vedere i gorilla di pianura del Camerun.Durante la notte che trascorriamo sul tre-no, una lunga serie di sms tra il mio cellu-lare e quello di Bertrand, ci permettono di organizzare il nostro incontro con i gorilla e di raggiungere la costa del paese, pri-ma del rientro in Italia. Arrivati alla stazione di Yaoundè, Bertrand è già in attesa, con un minibus noleggiato per noi ed immediatamente lasciamo la città, diretti al parco naturale di Mefou.La varietà geografica del Camerun, pre-senta a sud un territorio completamente coperto dalla generosa foresta equato-riale che è l’abitat di numerose specie di fauna selvatica. Nei numerosi parchi e riserve naturali, sono presenti anche i gorilla di pianura che, come i loro cugini della specie di montagna, che vivono nei monti Virunga, tra l’Uganda, il Rwanda e il Congo, sono praticamente impossibili da avvistare, in stato di totale libertà, in quanto l’ambiente in cui vivono è vasto ed impenetrabile e i gruppi famigliari che il turista va ad incontrare nei tre paesi, sono costantemente sorvegliari e tratte-nuti in zone limitate di foresta e sono stati abituati alla presenza dell’uomo.Anche in Camerun, la detenzione, la cac-

cia ed il commercio dei primati, quali go-rilla di pianura, scimpanzè, babbuini ed altre specie di scimmie, sono vietati dalla legge, ma la conservazione delle specie selvagge è ancora un tabù, nella società urbana e rurale. La caccia illecita, di sel-vaggina, per la carne e la vendita dei cuc-cioli come animali da compagnia, sono ancora diffusi e per gli organi di controllo, è impossibile un monitoraggio costante e totale del territorio, per la sua vastità e per la difficile penetrabilità della foresta equatoriale.Il parco nazionale del Mefou è stato cre-ato per dare rifugio ai primati che sono stati vittime di detenzione illecita o feriti dai bracconieri.La sua creazione risale al 1999 ed è di-venuto operativo nel 2000 sotto la ge-stione del CWAF (Center Wildlife Animal Foundation). La superficie di 1044 ettari di foresta primaria e secondaria è divenuta il più grande centro di accoglienza e conserva-zione delle specie selvagge, minacciate di estinzione, in Camerun.Attualmente nell’area sono curate e pro-tette alcune numerose famiglie di gorilla di pianura, costituite da individui adulti

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ma giovani, da famiglie di scimpanzè nelle quali è stato inserito un cucciolo orfano, gruppi di mandrilli, anche loro minacciati di estinzione ed altre specie di scimmie, con problemi di salute.Noi raggiungiamo l’ingresso del parco dopo aver percorso un’ora di strada dalla capitale. Accompagnati da Bertrand, ci acciangiamo a visitare l’ampia area natu-rale che custodisce e protegge gli anima-li in stato di difficoltà. Siamo pervasi da una forte ed indescri-vibile emozione mentre ci apprestiamo ad osservare gli animali. Mi vengono in mente le parole di Dian Fossey quando si trovò per la prima volta di fronte a un go-rilla di montagna: …“l’aria fu d’un tratto lacerata da una serie di strilli seguiti dal ritmico pok-pok dei poderosi colpi vivra-ti sul petto da un grosso maschio dalla schiena argentata, celato dietro quella che sembrava un’impenetrabile parete di vegetazione”…Gli animali vivono nel loro ambiente na-turale e la vasta area è suddivisa in ampi settori dedicati alle diverse specie e de-limitati da un cordone di filo elettrificato, che impedisce loro di raggiungere i vil-laggi circostanti.

Immediatamente vediamo tre giocosi cuc-cioli di scimpanzè dall’età di tre mesi, amo-revolmente accuditi da alcune volontarie.Avvicinandoci a un edificio dove è ospi-tato uno scimpanzè in convalescenza per una frattura al bacino, operato di recente, Bertrand chiama con i loro nomi alcuni scimpanzè che arrivano immediatamente verso di lui, balzando tra gli alti rami di alberi giganteschi.Siamo incantati mentre osserviamo, così da vicino, il comportamento e la manuali-tà degli animali che a loro volta ci osser-vano con molta curiosità.Mentre attraversiamo il parco, Bertrand ci indica il settore, isolato dove gli animali trascorrono, al loro arrivo, un primo pe-riodo di quarantena durante il quale viene loro controllato lo stato di salute.Quando arriviamo al settore dei gorilla, numerosi individui accorrono verso di noi e, giocando a ricorrersi, facendo capriole e battendo i pugni sul petto, ci osservano e dimostrano una tranquillità che in un ani-male selvatico, è indice di soddisfazione totale, sia riguardo all’alimentazione che all’ambiente, che, benchè ampio ma cir-coscritto, è quello naturale della foresta. Il gorilla è presente in Camerun nella

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sottospecie di gorilla di pianura (Gorilla gorilla gorilla) che vive nelle foreste del sud, nelle riserve di Dja, Lobeke e Campo Ma’an e nel vicino Gabon, mentre un limi-tato numero di individui, circa 300, della specie più a rischio di estinzione (Gorilla gorilla dielhi), vive nelle foreste al confine con la Nigeria. Questi sono chiamati an-che gorilla del Cross River, perché il loro abitat è la vasta pianura, in cui scorre, ap-punto, il Cross River.A differenza del gorilla di montagna che vive sui monti Virunga, tra Congo, Ugan-da e Ruanda, (Gorilla gorilla beringei), la cui statuta raggiunge i 180 cm e i 200 kg di peso nel maschio adulto, la sottospe-cie di pianura presenta una statura un po’ più bassa e un peso di 160 kg di media per il maschio e 75 per la femmina. An-che la pelliccia delle due specie presenta differenze, più lunga e folta nel gorilla di montagna, più corta in quella di pianura.I gorilla presentano il 98% del patrimonio genetico del genere umano. Essi vivono in gruppi famigliari costituiti da un ma-schio dominante, (silverback) che pre-senta il tipico dorso dal pelo argentato e da diversi individui, maschi e femmine che occupano un posto specifico in una

scala gerarchica che è la garanzia di con-vivenza di gruppi di anche 20 individui.Le femmine di gorilla, raggiungono la ma-turità sessuale, intorno agli 8 anni ed ac-cudiscono i loro cuccioli fino all’età di tre anni ed è per questo che il lungo periodo tra un parto e l’altro, determina un basso numero di nascite. Lo sfruttamento del loro habitat, il brac-conaggio per scopi alimentari e per il commercio dei cuccioli, come animali da compagnia, sono le cause del pericolo di estinzione della specie e il parco del Me-fou riveste una fondamentale importanza nella protezione degli animali in difficoltà.Esso è dotato di un’equipe professionale che offre ogni sforzo per difendere e dare rifugio, per periodi di tempo, agli animali vittime di cattura o di ferimento.Ma ciò che riveste maggiore importanza è il programma di educazione che viene rivolto alle giovani generazioni, e in parti-colare nelle scuole. Qui, a differenza dei gorilla di montagna del Congo, i cui so-stanziosi proventi derivati dalle visite dei

turisti, vanno in dubbie mani, il CWAF, offre lavoro stabile a numerose persone, operai e veterinari che vivono nei villaggi adiacenti e che quindi hanno interesse primario, al buon mantenimento e al suc-cesso del progetto.Noi rimaniamo incantati a lungo ad osser-vare i gorilla di pianura del Mefou e ad ascoltare Bertrand nelle sue spiegazioni e nei suoi racconti che riguardano i goril-la e quando arriva l’ora di lasciare il par-co, avvertiamo un senso di appagamento totale, per aver guardato negli occhi un gorilla, uno degli ultimi sopravvissuti, alle crudeltà umane.Il resto del viaggio, sulla costa del Came-run, è di relax, di spiagge, di percorsi in canoa nel verde intenso di altre foreste, ma è tutta un’altra storia. Il nostro splendi-do viaggio si è concluso al Mefou, a tu per tu con i gorilla di pianura del Camerun.

…Questo scritto è dedicato al futuro dei gorilla, ad Avventure nel Mondo e ai miei splendidi compagni di viaggio…