Calendario Centro sul Tarantismo Galatina 2011

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CENTRO SUL TARANTISMO E COSTUMI SALENTINI Patrocinio CITTÀ DI GALATINA 2011

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CENTRO SUL TARANTISMO E COSTUMI SALENTINIPatrocinio CITT DI GALATINA

2011

CENTRO SUL TARANTISMO E COSTUMI SALENTINIIl calendario del Centro sul Tarantismo e Costumi Salentini giunto alla 10 e ultima edizione. Il Centro propone il calendario arricchito da ricerche basate sia su fonti orali che scritte, mirate a rispolverare usi, costumi, tradizioni e valori dei nostri antenati. In tutti questi anni la nostra Associazione ha voluto fare un viaggio nei luoghi della memoria per far ricordare quanto il nostro presente sia indissolubilmente legato al passato e come esso affondi le sue radici nel lavoro svolto, in ogni campo, dalle precedenti generazioni. Un mondo antico ricco di valori, che ciascuno di noi deve non solo conservare dentro di s come un prezioso tesoro, ma anche cercare di trasmettere alle generazioni future. Nella lettura del calendario, ognuno ha ritrovato e ritrover tanti piccoli puzzles di quei ricordi che aveva smarrito e, nel ricomporli, riuscir a riportare alla memoria vecchi odori e sapori ormai caduti nelloblo. E cos nel leggere una ricetta o una curiosit, ritorneranno in mente immagini che il tempo aveva sbiadito, come ad esempio, i cibi nelle pignate poste accanto alla brace del camino, s da farli impregnare di un sapore speciale. Particolare attenzione stata rivolta alle nostre chiese, testimonianza dellestrosa inventiva dei bravi mesci salentini che, favoriti dalla pietra leccese giallo-dorata, hanno sbrigliato la loro ricca esuberanza, e al cui interno si custodisce un rilevante patrimonio pittorico. Il nostro lavoro di ricerca, supportato da vecchie foto, ha trovato lo spunto per parlare del matrimonio di un tempo, quando la celebrazione e i festeggiamenti erano pi festosi, semplici e spontanei, si pensi al banchetto nuziale fatto di soli complimenti: dolcetti fatti in casa, rosolio, spumoni; o alla scuola nei tempi in cui il corredo scolastico di ogni ragazzo era costituito da una cartella di cartone contenente: due quaderni, un libro, una matita, una penna con il pennino e una gomma. Il Centro sul Tarantismo in questi dieci anni, in ogni sua pagina ha cercato di incastonare i pezzi pi significativi del nostro illustre passato storico-letterario con tasselli piccoli, ma altrettanto importanti, del nostro patrimonio popolare folkloristico fatto di indovinelli maliziosi, filastrocche, canzoni, poesie e una infinita di detti e proverbi popolari. Si ringraziano tutti coloro che con il proprio contributo permettono alla Casa-Museo del Tarantismo di continuare a svolgere le proprie attivit. IL DIRETTIVO

ACQUAVIVA COSIMO, Taranto...tarantina, Taranto, S. Mazzolino Editore, 1931; ANTONACI ANTONIO, La Chiesa dellAddolorata in Galatina, Galatina, Edritice Salentina, 1967; BELLO SALVATORE, Di giorno in giorno, Galatina, Edritice Salentina, 1997; BIANCO LUIGI, Le tradizioni di Aradeo e dei paesi vicini, Aradeo, Arti grafiche Sudest, 1978; CAGGIA CARLO, Cronache galatinesi anni 20-40, Galatina, Congedo Editore, 1996; CHIRIATTI LUIGI, Morso damore, Lecce, Editore Capone, 1995; CONGEDO RAFFAELE, Salento scrigno dacqua, Manduria (Ta), Laicata Editore, 1964; COSTANTINI ANTONIO, Ledilizia domestica a Galatina, Regione Puglia C.R.S.E.C. Distrettuale LE/42- Galatina, Grafiche Panico 2005; DE CARLO COSIMO, Proverbi dialettali del Leccese, Stabilimento Tipografico F. Scorrano S. C., Lecce anno VI; DE PORTALUCE CINO, A tiempu persu (versi nel dialetto di Galatina), Galatina tipografia Marra e Lanzi, 1927; ELIA LUIGI, Salento Addio (trilogia della vita), Lecce, Libreria Pensa Editrice, 1999; GIURGOLA RIZZELLI, ANNA MARIA, Galatina: il folklore e la vita, Galatina Congedo Editore, 1938; Le tradizioni gastronomiche di Galatina, ricette, usanze, personaggi, Centro sul Tarantismo e costumi Salentini, Galatina, 2003; Le cento citt dItalia illustrate, fascicolo 98, Casa Editrice SONZOGNO-Milano; LO BUE GIORGIO, Lo spettacolo a Galatina, Aradeo, Arti grafiche Guido, 1994 MONTINARI MICHELE, Storia di Galatina a cura di Antonio Antonaci, Galatina, Editrice Salentina, 1972; MONTINARI MICHELE, La basilica cateriniana di Galatina, Editrice Salentina, 1978; Nuovo Annuario di Terra dOtranto, Vol. II, a cura di Ribelli Roberti, Galatina, Pajano Editore, 1957; Ovvero le tradizioni in cattedra a cura della prof.ssa Mariateresa Merico, volume unico, RPS Casarano; PRESTA P. TEODORO, Santa Caterina in Galatina, Avegno (Genova), Stringa Editore, 1984; Prontuario salentino dei proverbi, a cura di N. G. De Donno, Galatina, Congedo Editore, 1991; QUARANTA ALFREDO, Marittima un paese del Salento, Galatina, Congedo Editore, 1994; ROHLFS GERHARD, Vocabolario dei dialetti salentini (Terra dOtranto), Galatina, Congedo Editore, 1976; SADA LUIGI, Lelemento storico-topografico nella genesi delle leggende del Salento, Toritto (Bari), Tipografia di F. Pecoraro, 1949; Salento di sapori, Camera di Commercio di Lecce, Galatina, Editrice Salentina, 2007; SEVERINO DOMENICA, Copertino, Galatina Editrice Salentina, 1989; VACCA NICOLA, Rinascenza Salentina, rivista bimestrale di Arti Lettere Scienze, Lecce F. D. Pinto Editore, 1934; 516 proverbi salent(r)ini , a cura N. G. De Donna, Galatina, Congedo Editore, 1994.

Bibliografia

Le incisioni che illustrano il calendario sono tratte da: D. Aguglia - Desmouceaux, Costumes de Naples, Naples, Chiurazzi s.d (collezione privata). I disegni delle tarantole sono tratti da incisioni del 700 e 800. In copertina: Uccio Aloisi (1/10/1928 - 21/10/2010), foto di Luigi Cesari. Le foto dei mesi di febbraio, giugno, luglio e novembre sono tratte da S. Bello, Chiesa San Biagio; L. Mazzacane, Miseria e follia; A. Costantini, Ledilizia domestica a Galatina; M. Montinari, La Basilica Cateriniana di Galatina. La presente pubblicazione stata realizzata dal Centro sul Tarantismo e Costumi Salentini. Redazione: Alessandro Mangia, Gaetano Gaballo, Enza Luceri, Luisa Mangia, Ilaria Serafini, Marco Sambati, Giampiero Palumbo. Un particolare ringraziamento a Maurizio Albanese e al Covo della Taranta per il sostegno alliniziativa. Si ringraziano il Comune di Galatina, in particolare il Sindaco Dott. Giancarlo Coluccia e lAssessore al Turismo Dott. Augusto Calabrese Si ringraziano: Luigi Caiuli, Fernando Villani, Maria Rosaria Romano, Donato Tundo, Virgilio Contaldo, Biagina Carignani, Angela Chirenti, Tonino Baldari, Pippi Apollonio, Paolo De Pascalis, Paolo Guido, Natalino De Paolis, Giampiero Donno, Antonio Melegari, Meril Aloisi, Angelo Tornese, Biagio Panico, Pantaleo Fiore, Salvatore e Rita Congedo le famiglie Aloisi, Mangia, Tartarini, Stasi-Capani, Palumbo, Cudazzo, Marra-Tedesco, Baldari, Renna, galatina2000.com, il Corpo di Polizia Municipale di Galatina, il gruppo di musica popolare Scazzacatarante. Collanina del Centro sul Tarantismo e Costumi Salentini I Calen dar i da Collezion e, n . 1 0.

La presente pubblicazione ha fini esclusivamente culturali, mirati a valorizzare e promuovere il patrimonio della nostra cultura popolare. Il presente calendario scaricabile on-line dal sito: www.galatina2000.com Facebook: Centro sul Tarantismo e Costumi Salentini 2010 Centro sul Tarantismo e Costumi Salentini - C.so Porta Luce, 2 - Galatina - Tel. 380.5310814 e-mail: [email protected] Il Centro rimane aperto ai visitatori dal marted al sabato (ore 10-12 / 17-19) e domenica (ore 10-12). Stampato in numero 1000 copie Edizione fuori commercio - Riproduzione vietata Stampa: Editrice Salentina - Galatina (LE)

Dedicato a Uccio Aloisi

Se esposto al pubblico regolarizzare effetti imposta Comunale Pubblicit e Diritti Pubbliche affissioni (D.P.R. n. 639 del 26/10/72)

CENTRO SUL TARANTISMO E COSTUMI SALENTINILEGGENDA SACRA SALENTINAA Galatina, mostrando in Duomo una pietra rude con alcuni incavi, si narra: Quando San Pietro pass per la citt, si trov ad essere molto stanco, perch dal porto di Otranto aveva fatto a piedi una lunga strada. Su questa pietra egli si sedette, in mezzo a un bosco, e la pietra come si vede ancora, porta i segni del suo corpo, perch Dio volle che si avesse una memoria visibile di questo santo passaggio. I cittadini non permisero che la pietra sacra restasse abbandonata, ma la trasportarono entro la loro chiesa madre, a venerazione dei posteri. Cos si vuol avere una prova di pi delle soste dellApostolo, in aggiunta alle tradizioni pietrine di Alezio, di Santa Maria di Leuca, dUgento, dOtranto, di Gallipoli, di Nard e daltri luoghi salentini. L. SADA, Lelemento storico-topografico nella genesi delle leggende del Salento

Gennaio 2011

La tela di Stefano Pendinelli nella Chiesa Madre di GalatinaUna tela di interesse pi che altro storico quella raffigurante Stefano Pendinelli de Agerculis, che sub il martirio nella cattedrale di Otranto, di cui era arcivescovo, durante linvasione turca del 1480. Lopera di Lavinio Zoppo, pittore galatinese. La storia dellillustre e glorioso martire, che era di Galatina, imparentato con le famiglie Capani, Robertini e Filangeri, sebbene la sua casata fosse Oriunda di Nard, descritta bellamente nel cartiglio che il pittore ha voluto fissare nel campo alto della tela: mentre distribuiva lEucaristia ai fedeli fu ucciso dai Turchi. Teofilo Capani fece ritoccare (1702) lantico ritratto, di cui una copia nel Sacello dei Martiri della metropoli otrantina. Un tempo la tela galatinese si trovava nella cappella dellAssunta, nella chiesa di S. Pietro, di giuspatronato delle famiglie Robertini e Capani. M. MONTINARI, Storia di Galatina a cura di Antonio Antonaci PERSONAGGI GALATINESI

Galatina. La Chiesa parrocchiale dedicata a San PietroLa Parrocchiale, dedicata a San Pietro patrono della citt, del XVII secolo. Ha un prospetto grandioso di un barocco piuttosto corretto semplice ed armonioso nella distribuzione delle masse. La costruzione fu iniziata nel 1633 compiuta solo nel 1770. Linterno a tre ampie navate e le vlte, sorrette da due ordini di colonne composte a fasci e da grossi pilastri addossati ai muri perimetrali, sono state mezzo secolo fa affrescate dal pittore napoletano V. Paliotti in uno stile che, per quanto sia di esecuzione perfetta, non si pu dire confacente al carattere delledificio. Nei vari riquadri, divisi da fasce e da ornati che sono per di molta eleganza, figurano: San Pietro liberato dallangelo, San Pietro che guarisce il paralitico, Ges Cristo che affida le chiavi del Cielo San Pietro, La gloria di San Pietro in Paradiso. I vari altari che adornano questa parrocchiale, elevata a collegiata nel 1664, sono moderni come le pitture della vlta e tutti in marmo di vario colore. Nel retrospetto della facciata si ammira un buon quadro La lavanda dei piedi prima della cena, che una delle pi ampie, vigorose e geniali, composizioni di Serafino Elmo, pittore leccese vissuto nel secolo XVIII. In questa basilica si custodisce una pietra sulla quale tradizione si sia riposato lapostolo San Pietro mentre traversava la Penisola Salentina per recarsi a Roma nel primo secolo dellEra Volgare. In sacrestia poi un altro cimelio attira la curiosit del visitatore: il ritratto dellarcivescovo di Otranto Stefano Pendinelli trucidato dai Turchi nel 1480 durante linvasione di quella stessa citt. Le cento citt dItalia illustrate, Gallipoli, Nard, Galatina

Lu ciucciu de lu PizzallE rimasto proverbiale nel linguaggio popolare lu ciucciu de lu Pizzall, di cui molti oggi conoscono solo il nome. Si trattava di un asino forte con gli arti sempre pieni di escoriazioni che era preposto al servizio di carico e scarico di tutte le merci in partenza e in arrivo alla stazione ferroviaria di Galatina e da l le trasportava ai depositi di destinazione. Non solo, ma provvedeva anche a smistare i vagoni sui vari binari. Era un vero personaggio, che faceva parte della vita quotidiana dei ragazzini del rione che, sulla villa di Piazza Stazione, andavano a giocare con le palle di pezza. Spesso, fra un tiro e laltro, lo schernivano e lu ciucciu reagiva scalciando violentemente. Nei momenti di riposo, veniva legato con una lunga corda ad uno dei robusti pini della villa della Stazione. Lu ciucciu de lu Pizzall aveva un debole per la ciuccia de lu Cici de Muru, della Massara Nina che era custodita in una stalla vicina ed era preposta ai lavori di trasporto per acquedotto e fognatura. Cos, quando lu ciucciu era legato allalbero e il proprietario si allontanava, i ragazzi si divertivano a fargliela sfilare davanti. Allora lasino, visibilmente attratto dalle sue grazie, si agitava ragliando e scalpitando e suscitava lilarit generale. Ancora oggi, ai ragazzini con le ginocchia piene di escoriazioni in seguito a una caduta, si suole dire: pari lu ciucciu de lu Pizzall. Le tradizioni gastronomiche di Galatina, ricette, usanze, personaggi, Centro sul Tarantismo e Costumi Salentini

Lu dialettuNa fiata ne u mparaune a ntre fasce cu le prime filastrocche e cantilene; moi nvece nu vagnone, npena nasce, gi chiance in italianu allaspre pene! Cus, a picca tiempu, stu dialettu, siccomu no lu cunta chiui ciuvieddi, sha malazzatu a morte... e gera crettu, se non era pe quattru vecchiareddi. E propriu a stu mumentu de riflussu ca su de moda e cose de u passatu, ca tutte e cose vecchie su de lussu sta lingua ntica more? E nu piccatu! Non c bisognu e libbri e de quaderni: sta lingua no sse scrive, ma vivente. Non c scrittori e no poeti eterni; e se oi la mpari cunta culla gente. A scola senza banchi, a menzu a via; ogni ristianu nu voccabbulariu; ogni cummare face de antologgia e poi ogni furese calendariu. E bellu sai cuntare litalianu; te poi mparare lu grecu e lu francese: ste lingue e cunti quannu stai luntanu. Ma quai cunta u dialettu de u paese! VIATALE BOCCADAMO

Lu ciucciu se canusce alle ricche, lu fessa alle chiacchere. Ci mpresta lu culu nu ttene cchui cu sse ssetta. Na, na, na, comu lu piji lu mundu v: lu piji a ffuttipupe (a gioco) e a ffuttipupe se ne v. A vinti vagnone, a quaranta vecchiona, a cinquanta vecchia befana.

Detti popolari

RECITA UN ANTICO PROVERBIO:

Furia francese e...ritirata spagnolaEvidentemente qui si allude alla furiosa invasione fatta nelle Puglie -e quindi anche in Taranto- dai Francesi, ai tempi di Carlo VIII, cio lanno 1495; invasione che determin ovunque scompiglio e sbandamento nelle truppe Spagnuole al servizio degli Aragonesi. Il detto per si usa, in genere, per indicare che uno non porta a compimento qualche cosa che pure aveva iniziato con tutta buona volont. C. ACQUARICA, Taranto...tarantina.

Ingredienti per la pizza: 500 gr. di farina, 1 cubetto di lievito di birra, acqua q. b, sale, 1 cucchiaino di zucchero. Ingredienti per il ripieno: 8-10 carciofi, 200 gr. di carne di vitello macinato, 150 gr. di formaggio morbido o mozzarella, sale, olio, prezzemolo, burro. Impastare gli ingredienti della pizza e ricavarne due dischi dello spessore di cm. Foderare con uno di essi una teglia da forno dopo averla unta e infarinata. Soffriggere in un tegame i carciofi mondati e tagliati a spicchi con olio e prezzemolo, farli stufare aggiungendo lacqua calda necessaria. Soffriggere in un altro tegame la carne macinata con olio e burro, spruzzarla di vino bianco e cuocere per dieci minuti. Togliere la padella dal fuoco e unire la carne ai carciofi, aggiungendo il formaggio o la mozzarella a pezzetti. Distribuire il ripieno sulla sfoglia, coprire con la seconda sfoglia e spalmare la superficie con dellolio. Mettere la teglia in un luogo tiepido e lasciare lievitare per 1 ora e mezza. Infornare a 180.

PITTA CU LLE SCARCIOPPULE

NduvinieddhruCi la porta curta e rizza si la stira, la ncarizza si la lluscia rreputata (apposta) cu lla lunghisca ncannulata. (barba)

CuriositIl nome pitta che le nostre nonne davano alle varie focacce, realizzate con la farina o con le patate, pare derivi dal latino picta, cio dipinta. In origine, infatti, alcune focacce venivano decorate e poi offerte alle divinit femminili.

S 1 Maria Ss.ma Madre di Dio D 2 Ss.mo Nome di Ges L 3 S. Genoveffa M 4 B. Angela da Foligno M 5 B. Diego da Cadice, cappuccino G 6 Epifania V 7 S. Luciano S 8 S. Severino - S. Massimo - S. Erardo D 9 Battesimo del Signore L 10 S. Agatone M 11 S. Igino M 12 S. Bernardo da Corleone, cappuccino G 13 S. Ilario V 14 B. Odorico da Pordenone S 15 S. Mauro - S. Efiso - S. Bonito D 16 Santi Berardo e compagni L 17 S. Antonio abate M 18 S. Prisca - S. Beatrice M 19 S. Mario - S. Pia G 20 S. Sebastiano V 21 S. Agnese S 22 S. Vincenzo D 23 S. Emerenziana L 24 S. Francesco di Sales - S. Babila M 25 Conversione di S. Paolo M 26 Ss. Timoteo e Tito - S. Paola G 27 S. Angela Merici V 28 S. Tommaso DAquino S 29 S. Costanzo - S. Aquilino D 30 S. Giacinta de Mariscotti L 31 S. Giovanni Bosco - S. Geminiano

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CENTRO SUL TARANTISMO E COSTUMI SALENTINIGalatina, sin dai tempi remoti, ha sempre festeggiato il Carnevale, dando vita attraverso il tempo, a forme spettacolari, il cui scopo era essenzialmente quello di divertirsi. Le prime testimonianze le troviamo in una pagina della Galatina di D. Tommaso Vanna, scritta intorno al 1845. Egli, ci fa notare che, durante il giorno, la gente si dedicava al lavoro, mentre solo la sera passava al divertimento. Le donne portavano il viso coperto da un doppio velo, invece gli uomini, mascherati, facevano baldoria per le strade, cercando alla fine luoghi dove ballare. Il Vanna aggiunge: Giunte queste comitive nelle case in cui si danno le feste, colui che dirige incomincia dal fare alcuni giri intorno alla sala, saltellando in varie guise come se volesse provare lelasticit delle gambe; poscia invita uno del suo crocchio a ballare insiem con lui; e cos si continua a due a due senza invitare coloro che trovavansi in casa. La tarantella napolitana e la pizzica-pizzica sono i due balli pi in uso; non mancano per le danze figurative, valzer diversi e polche presso le persone civili. G.LO BUE, Lo spettacolo a Galatina

IL CARNEVALE A GALATINA NELLOTTOCENTO

Febbraio 2011M 1 S. Leonio M 2 Presentazione del Signore G 3 S. Biagio V 4 S. Gilberto S 5 S. Agata D 6 S. Paolo Miki L 7 S. Riccardo M 8 S. Girolamo E. M 9 S. Apollonia G 10 S. Arnaldo V 11 N.S. di Lourdes S 12 S. Eulalia D 13 S. Benigno L 14 S. Valentino M 15 S. Faustino M 16 S. Eriberto G 17 S. Donato M. V 18 S. Simeone S 19 S. Corrado D 20 SantEleuterio L 21 S. Pier Damiani M 22 Cattedra di s. Pietro M 23 S. Policarpo G 24 S. Fortunato V 25 S. Costanza S 26 S. Nestore D 27 S. Onorina L 28 S. Romano abate

Chiesa di S. Caterina Novella detta S. BiagioMagnifica costruzione iniziata verso il 1507 a cura dei Padri Olivetani allorch addivennero al concordato con i frati Francescani, cedendo a questi ultimi il convento e la chiesa di S. Caterina e mantenendo lamministrazione dellospedale omonimo. Detta chiesa fu da essi denominata Santa Caterina Novella, data la rinomanza del tempio di S. Caterina, e non fu ultimata in tutte le sue parti, specie nel prospetto e nel campanile. Dal popolo tuttora chiamata dei Bianchini, dal colore del saio degli Olivetani. LOrdine fu espulso nel 1866, e tanto il parco quanto il convento furono acquistati dai privati. La costruzione allinterno , nelle linee generali, di stile rinascimento e, per la sua vastit, nonch per il materiale impiegato, davvero grandiosa. Le vistose rendite dei beni dellospedale di S. Caterina dai frati per molti anni furono impiegate per la costruzione della chiesa, che non ebbero modo neanche di ultimare. Sorge fuori le antiche mura a circa mezzo chilometro dalla porta di S. Pietro, denominata Nuova, quasi allestremo di un sollevamento del terreno. Anche in questa chiesa, come nelle altre pi importanti di Galatina, non mancarono i benefizi ecclesiastici e le cappellanie locali, fondate durante tutto il medioevo molto frequentemente e con ricchezza di legati. Infatti ogni altare aveva il proprio beneficio o legato pio, di patronato di varie famiglie della citt. Non pochi di detti benefici servivano per procurare ai giovani di povere famiglie il patrimonio necessario per ascendere al sacerdozio. M. MONTINARI, Storia di Galatina a cura di A. Antonaci

I carri allegorici del Rione ItaliaI carri principali, in quella domenica, 13 febbraio 1983, comprendevano: una lenta tartaruga che rappresentava la lentezza burocratica dellAmministrazione Comunale; il caos ospedaliero; la crisi petrolifera e, infine, chiudevano la sfilata tantissimi altri carri allegorici. Oggi, a Galatina, continua la tradizionale sfilata dei carri allegorici, mentre il Carnevale dei ragazzi termin dopo pochissimi anni, senza lasciare eco, proprio perch veniva meno lo spirito culturale e tradizionale del Carnevale: divertirsi tutti. G. LO BUE, Lo spettacolo a GalatinaRECITA UN ANTICO PROVERBIO:

Sparagna de lu musu, cu ti menti susuUn tempo di risparmi sul mangiare la gente ne faceva molti, talvolta volontari, ma molto spesso forzati. Anche chi in pubblico dava limpressione con il suo abbigliamento di essere una persona stranamente facoltosa per le sue condizioni sociali, proprio quello si sottoponeva ad enormi sacrifici, soprattutto alimentari, se vero il proverbio: sparagna te lu musu, cu te menti susu (risparmia dal mangiare, per metterti vestiti buoni addosso). Il principio base di questo comportamento anche oggi molto diffuso, consiste nel sacrificarsi nella vita privata rinunciando alla buona tavola, ai divertimenti ecc. per poter poi effondere su se stessi quello che si risparmiato, e nei rapporti sociali della propria vita pubblica. I contatti con gli altri sono fattori importantissimi in quanto da essi dipende il prestigio, la credibilit, il rispetto dellindividuo visto sempre nella comunit di paese. L. BIANCO, Le tradizioni popolari di Aradeo e dei paesi vicini

Antiche usanzeLa cupa-cupa: uno strumento rudimentale un tempo usato a Marittima in particolare durante il periodo carnevalesco, una pignatta di terra cotta, (o un recipiente cilindrico in rame e legno), sulla cui imboccatura distesa fortemente della pelle di animale, attraversata da un bastone al centro. Il suonatore comincia prima col sputarsi due o tre volte nelle mani, e poi prendere ad alzare ed abbassare questo bastone nella pignatta con tutta la sua forza, producendo un rumore assordante e strano. Nel passato, la sera dellultimo giorno di carnevale, si usava spesso organizzare a Marittima un corteo funebre di maschere, che, afflitte e compunte, attraversavano le vie del paese, portando a spalla la bara di un simbolico carnevale morto. Al lume di alcune torce, di tanto in tanto, esse intonavano coralmente particolari litane col lugubre accompagnamento della cupa-cupa. In altre circostanze, questa veniva utilmente usata per scandire il ritmo di alcune canzonette eseguite con mandolini e chitarre. Attualmente, nellambiente, non restano tracce dellantico strumento. A. QUARANTA, Marittima un paese del Salento

Il Carnevale continu a vivere nei cuori dei galatinesi e nel 1982 ci fu una grossa novit: viene organizzato Il Carnevale dei Ragazzi per iniziativa delle maestre dei tre circoli didattici, insieme ai genitori e allAmministrazione Comunale. La prima edizione, anzich svolgersi per le strade di Galatina, a causa della pioggia, si concluse nel Cavallino Bianco. Vi fu un super affollamento a tal punto che alcuni genitori abbandonarono la sala, temendo il peggio. Fu qualcosa di veramente spettacolare, a causa soprattutto dellentusiasmo e del trasporto da parte dei genitori che ammiravano lesibizione dei propri figli. Lo spettacolo era essenzialmente costituito dalle maschere coloratissime dei bambini che facevano scena ma si sentiva lassenza del vero divertimento, semplice e spontaneo che aveva caratterizzato il Carnevale degli anni cinquanta e sessanta. In quel periodo era sufficiente indossare un vestito vecchio della sorella o i pantaloni del padre, oppure portare una gobba finta o un paniere vecchio e rotto per fare baldoria e divertirsi un mondo. In sostanza, allora, non vi era n competizione, n selezione ma veramente ragazzi felici perch erano loro i veri protagonisti e non i genitori. Nella seconda edizione del Carnevale dei Ragazzi, febbraio 1983, il primo premio fu assegnato al grande complesso di maschere Marco Polo, ma sicuramente non furono di meno: Biancaneve e i sette nani; Cenerentola; i tre porcellini; il verde; i cibi sani; lo sport; gli spettacoli; i pastelli; le matite; i soldatini in marcia; charleston anni trenta; la primavera e tanti altri gruppi mascherati che hanno partecipato con un iniziale entiusiasmo, troncato poi, dalla mancata buona classificazione. Nel 1986 il Carnevale dei Ragazzi, svoltosi nella grande struttura della Mostra Mercato di Galatina, si svolse sempre nello stesso modo: rappresentazione allegorica dei mali della societ (inquinamento, violenza, mafia, droga e immoralit) con grande spreco di denaro per i fastosi costumi. Anche questa volta il divertimento era solo assicurato agli spettatori, mentre i protagonisti, (un migliaio di ragazzi), portavano a spasso un personaggio, subendone il ruolo, senza sentirlo e senza divertirsi; sui loro visi si leggeva solo voglia di porre termine al pi presto a quella manifestazione che entusiasmava solo gli adulti. G. LO BUE, Lo spettacolo a Galatina

Il Carnevale dei Ragazzi

Detti popolariOgni pulice tene la tosse, lu cchi picciccu la tene cchi crossa. Intrhu a nu corpu stortu, lanima nu pote stare deritta. A ci se stuscia cu llortica lu culu li uschia. De la beddhra i na feddhra, de la brutta li tutta.

Ingredienti: Kg di mandorle sbucciate, Kg di zucchero. Ungere con un pennello un piano di marmo di olio oliva. Tostare le mandorle nel forno. A parte, in una pentola a fondo spesso, sciogliere lo zucchero girando continuamente per evitare di farlo attaccare. Quando lo zucchero sciolto, aggiungere le mandorle intere e appena il composto ha raggiunto il caratteristico colore caramellato, versarlo velocemente sul piano di marmo e aiutandosi con il batticarne cercare di stenderlo. Prima che si raffreddi dividerlo in piccoli pezzi con un coltello molto tagliente.

CUPTA

CuriositAnticamente questo croccante veniva tagliato dando forme diverse: il cavallino per regalarlo ad un giovane prossimo alla partenza militare; nel frattempo, avrebbe ricordato il profumo di caramellato che si spargeva per la casa; il pulcino e la pupetta (bambolina) per i bambini; il cuore per gli ziti (innamorati). La cupta veniva incartata con la foto della zita in una bella carta colorata e chiusa con un nastro di colore vivace. Era un messaggio damore autentico, che non aveva bisogno di parole. Questi cuori di cupta con al centro il ritratto di una ragazza, per anni sono stati venduti nelle fiere delle feste patronali. Ancora oggi il profumo della cupta sinonimo di allegria, di frastuono di bande e di luminarie accese. Il termine cupta deriva da cupeddia un nome dato dagli antichi Romani ad una pasta cotta con zucchero e mandorle. Anche la parola Araba qubbaita indica un dolce molto simile alla cupta.

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CENTRO SUL TARANTISMO E COSTUMI SALENTINISport e scazzottateLa guerra dAfrica del 1935 fu uno sfogo alla disoccupazione (lemigrazione in divisa). Anche molti che fascisti non erano, dovettero prendere la tessera del partito (la tessera del pane), indossare la camicia nera e andare oltremare per sfamare se stessi e la propria famiglia. Le squadre di calcio disputavano i loro incontri nellattuale Piazza Cersari (prima ancora su San Sebastiano). Il regime fascista curava molto lo sport e molte furono in quel tempo le squadre di calcio di cui si ricordano in particolare -oltre la Pro Italia e la Galatina- la Fascista, la Fiume, la Starace e la Rondinella. A proposito della Fiume, un nome che pu sembrare strano, questa era ispirata dai Legionari Fiumani (quelli di DAnnunzio) che a Galatina avevano avuto una loro presenza e che avevano mantenuto una certa autonomia rispetto ai fascisti. La squadra, infatti, fu creata in opposizione alla Fascista. Memorabili furono i derby tra la Fascista e la Fiume che spesso si concludevano con gigantesche scazzottate. La Fascista indossava una maglia gialla; la Starace, bianco-rossa orizzontale; la Fiume azzurra; la Rondinella, celeste. C. CAGGIA, Cronache galatinesi

Marzo 2011

Militari galatinesi, anni 60

La morte di Ferdinando II, avvenuta in Caserta il 22 maggio 1859, mentre determinava lascesa al trono dellincapace Francesco II, leffettivo controllo della Stato trasferiva nelle mani dei Ministri, segnatamente del nostro Liborio Romano e, favorendo il ritorno degli esuli e dei confinati politici, preludeva allimminente riscatto del Mezzogiorno dalla schiavit borbonica. Garibaldi, preceduto dal Crispi che gli forniva un motivo dintervento attraverso la riuscita sollevazione dei propri corregionali, raccolte le sue mille camicie rosse, si avviava a compiere limpresa leggendaria. Le notizie della sua rapida e vittoriosa campagna siciliana suscitano entusiasmo e richiamano nuovi volontari: tra essi i galatini Gioacchino Toma, pittore, Pietro Andriani, sacerdote, e Antonio Contaldo, pellettiere. La penna del primo, come gi il pennello, condenser nelle pagine garibaldine del suo impareggiabile Ricordi di un orfano, gli aneliti di libert della nostra gente e lardore dei protagonisti, noti ed oscuri, di quella epopea. La trionfale marcia di Garibaldi riempiva di esultanza i patrioti e, particolarmente gli studenti che in gran numero confluivano in Galatina fin dal 1854, da quando, cio gli Scolopi vi avevano impiantato tutti i corsi ginnasiali ed il convitto. Pertanto,nella notte tra il 9 e il 10 giugno 1860, svolgendosi la fiera del Corpus Domini, sulla porta del magazzino di D. Pietro Tundo, posto al Largo S. Domenico, mano ignota affisse un cartello riproducente il proclama di Garibaldi: Popoli Napoletani, finalmente dopo 18 ore di fuoco vivo, sono entrato nella capitale della Sicilia merc i gloriosi sforzi dei prodi volontari i quali combattono per i vostri altari, per i vostri figli, per le vostre spose, per le vostre dimore, per la vostra gloria, per la vostra nazionale Indipendenza. Fidate in Dio, siate concordi, bandite le ire cittadine, ed il sangue dei vostri tiranni laver linfamia che vi ha coverti sino al presente. M, MONTINARI, Storia di Galatina a cura di A. Antonaci

GARIBALDI E I VOLONTARI GALATINESI

Cartelli tricolori inneggianti a GaribaldiLe indagini poliziesche per lidentificazione dei responsabili procedevano ancora nel buio quando il mattino del 15 luglio successivo apparvero nuovi cartelli tricolori con le scritte: Viva lindipendenza italiana, Viva Garibaldi, Viva la Sicilia che provocarono nuove inchieste e prove calligrafiche ma non lasciarono affiorare il bench minimo indizio. Imbaldanziti per queste prime affermazioni gli studenti, in attesa di una grande dimostrazione patriottica, si dettero a fabbricare bandierine, nastri e coccarde tricolori, mentre in casa del futuro publicista Fedele Albanese, si confezionava un grande stendardo. Loccasione giunse il 10 settembre con la notizia ufficiale dellentrata di Garibaldi in Napoli, ma quando lAlbanese, da una improvvisata tribuna si accingeva a parlare ai compagni, convenuti al Largo dei Bianchini, intervenne il reazionario scolopio Padre Serrao che con laiuto dei decurioni sciolse lassemblea. Quello che non era riuscito agli studenti fu per attuato il giorno dopo dal frate cappuccino P. Giacomo Galignano. Quell11 settembre, difatti, assolti i propri doveri monastici, P. Giacomo, cinto di sciabola e di sciarpa tricolore, si pose alla testa della cittadinanza, la condusse per le vie cittadine fino al Largo dei Cappuccini e qui la arring patriotticamente, con grave scandalo dei suoi superiori. M, MONTINARI, Storia di Galatina a cura di A. Antonaci

Le filastrocche del Marted grasso1 Cus more Carnevale e ne fannu u funerale ta prule era natu e intra a prule tturnatu. 2 Carnevali meu chinu te mbroje, osce mmaccarruni e craj mancu foje. 3 Carnevale miu perc si mmortu pane e vinu nu te mancava insalata tenivi allortu Carnevale miu perc si mmortu. Afflitti e sconsolati i cittadini partecipavano al funerale del Carnevale e manifestavano il loro dolore recitando queste filastrocche, mentre la Quaresima, che seguiva il feretro, era gi pronta a prendere il posto del Carnevale. Cera una volta... Ovvero le tradizioni in cattedra a cura della Prof.ssa Mariateresa Merico

RECITA UN ANTICO PROVERBIO:

Signore pruvvedi li pruvveduti, ca li spruvveduti su mparati(Signore provvedi i provveduti, perch gli sprovveduti sono abituati) La societ contadina cio, pi che chiedere a Dio maggiore giustizia sociale: che i ricchi (i provveduti) dessero ai poveri, chiedeva invece che li provvedesse e li arricchisse ancora di pi, portando come motivo che i ricchi, appunto perch tali, non saprebbero vivere ed adattarsi ad una vita da poveri. Essi infatti non avendo mai avuto ristrettezze economiche e fame non saprebbero sopportare i sacrifici che una improvvisa povert arrecherebbe loro. I ricchi non conoscevano la mortificazione, e difatti esisteva addirittura la possibilit legale di esimersi anche dal dovere del digiuno Quaresimale. Allinizio della Quaresima infatti, molti ricchi si recavano dal Parroco, e dopo aver dato una grossa offerta in danaro alla Chiesa, il prete li esentava dallobbligo del digiuno e talvolta anche dallastinenza. Ci sottolinea la veridicit di quel proverbio e la norma che tutto possibile per chi ha soldi. Infatti si dice anche: ci ave, ete (chi ha, ), ci ave, face na nave (chi ha, fa una nave) L. BIANCO, Le tradizioni di Aradeo e paesi vicini

NduvinieddhruPindnguli Pindnguli ppenda a mmienzu a llanche de lu nanni mia iu sca nni lu tuccva iddhru nun bula pindnguli pindnguli ppenda. (corona del rosario)

LA PENTOLACCIALa domenica che segue il mercoled delle Ceneri chiamata la domenica della mollica fritta, che sostituiva il formaggio come condimento della pasta in periodo Quaresimale. Infatti quando la pasta (naturalmente fatta a casa) si mangiava solo una volta la domenica, oggi era la prima volta che la si condiva con la mollica fritta. Ma al di l della gastronomia, questa domenica comunemente denominata la pignata (la pentolaccia). In questo giorno cio, nonostante le curemme appese, le prediche Quaresimali, i tab alimentari, la cennareddhra del mercoled ecc., vi come un rigurgito del carnevale morto. Prima che da circa dieci anni, i veglioni, le discoteche ed i dancing monopolizzassero quasi tutti i divertimenti di carnevale, in questa domenica la gente organizzava festini con musiche e balli, e nel culmine di queste festicciuole serali si rompeva la pignata tra la gioia di piccoli e grandi. Anche al riempimento della pignata con dolciumi, uva passa, fuchi secchi, ecc. partecipava tutto il vicinato nel quale si teneva il festino, e spesso questo si chiudeva con una bevuta generale di vino offerto da tutti i vicini. Durante questultimo festino poi sotto locchio vigile ed attento di mamme silenziose, nascevano nuovi amori e corteggiamenti tra i giovani che spesso si concludevano con il fidanzamento. L. BIANCO, Le tradizioni popolari di Aradeo e dei paesi vicini

Vane alla zzia e vidi se tene nu ntartieni. Se nu nede pane ede minescia. Ci fiaccu sente, fiaccu respunde. Cu ti cascia na sajetta e mai sia se te canna. Ti fazzu lu culu a friseddhra. Ce centra lu culu cu lle quatthru tempure.

Detti popolari

Ingredienti: kg di bucatini, 300 gr. di pampasciuni, 300 gr. di salsiccia fresca (fatta con carne mista di vitello e maiale e aromatizzata con buccia di limone, sale e pepe), cipolla, formaggio pecorino grattugiato, prezzemolo tritato, vino rosso, peperoncino. Pulire i pampasciunu, lessarli in abbondante acqua salata e poi schiacciarli con i rebbi della forchetta. Far rosolare in un largo tegame, mezza cipolla tritata e il peperoncino in abbondante olio, aggiungere la salsiccia spellata e sbriciolata e i pampasciuni schiacciati. Spruzzare del vino rosso e cuocere per un quarto dora. Lessare i bucatini, scolarli e mescolarli allintingolo preparato. Spolverare con il formaggio e il prezzemolo tritato, impiattare e servire ben caldo.

BUCATINI, PAMPASCIUNI E SARDIZZA

CuriositLe nostre nonne, quando preparavano le cipolline salvatiche dette pampasciuni, ne mettevano alcune da parte per arricchire, allindomani, una frittata che, grazie a questo particolare ingrediente, assumeva un gusto davvero speciale.

M 1 S. Albino M 2 s. Basileo martire G 3 S. Cunegola V 4 S. Casimiro S 5 S. Foca D 6 S. Marziano L 7 S. Perpetua M 8 S. Giovanni di Dio / Festa della donna M 9 Le Ceneri G 10 S. Emiliano V 11 S. Costantino S 12 S. Massimiliano D 13 I di Quaresima L 14 S. Matilde M 15 S. Cesare M 16 S. Eriberto V. G 17 S. Patrizio V 18 S. Cirillo di Ger. S 19 S. Giuseppe D 20 II di Quaresima L 21 S. Benedetta M 22 S. Benvenuto M 23 S. Turibio G 24 S. Fortunato V 25 Annunciazione M.V. S 26 S. Eginardo D 27 III di Quaresima L 28 S. Sisto III Papa M 29 S. Secondo M 30 S. Guido G 31 S. Beniamino

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CENTRO SUL TARANTISMO E COSTUMI SALENTINILa Chiesa dellAddolorata in Galatina: linternoIl canonico Moro osserv nella sua descrizione che la chiesa dellAddolorta ha la forma di un parallelogrammo, e ne d anche le misure. Questa (chiesa) ha la lunghezza di cinquantacinque palmi napoletani, sessanta circa formano la sua altezza e trenta la sua larghezza. Questi dati si riferiscono alla struttura originaria della fabbrica. La volta a tetto fu ricoperta nel 1756 da un cielo appeso in stucco. I posteriori abbellimenti del 1780 procurarono lindoramento degli stucchi e sei medaglioni di forma ovale, tre per ciascuna delle due pareti laterali, dove, in epoca successiva, si collocarono le sei tele della Via Matris. Il cielo appeso fu di nuovo restaurato nel 1932 dal prof. Pietro Della Gatta. Dalla relazione del can. Moro si apprende inoltre che esistevano ventidue specchi situati ai fianchi dei sei medaglioni. Di particolare interesse sono le sei tele della Via Matris, che gi esistevano alla fine del Settecento. Esse raccontano alcuni episodi tratti dal Vangelo; e precisamente: la Circoncisione, la fuga in Egitto, la disputa di Ges con i dottori nel Tempio, il viaggio al Calvario, la crocifissione e la sepoltura del Signore. La Chiesa dellAddolorata ricca di tele. Si pu dire anzi una delle poche chiese di Galatina che possieda un rilevante patrimonio pittorico. Sintende che si sarebbe desiderato, come osserva la stessa cronaca del sacerdote galatinese, un altro pennello pi diligente e finito. Certamente, per, i quadri della Via Matris sono molto pi curati delle quattordici tele della Via Crucis. Vi , ad esempio, la crocifissione della serie della Via Matris, che davvero bella per lo studio anatomico e lespressione dei volti. Le sei tele della Via Matris e le quattordici tele della Via Crucis furono personalmente e gratuitamente restaurate, alcuni anni or sono (1957), dalla contessa Maria Caracciolo Mongi, con competenza e gusto degni dattenzione. Su ciascuna delle due pareti laterali stato recentemente ricavato lo spazio per la costruzione di due altari dedicati a due santi devoti dei Dolori di Maria: S. Gabriele dellAddolorata e S. Gemma Galgani (attuati e donati dal prof. Carmelo Faraone).

Aprile 2011

Il palco dellorganoPrima di lasciare la zona del presbiterio, volgendo le spalle allaltare maggiore, si pu osservare, addossato al retrospetto della chiesa, il palco dellorgano. La chiesa ne fu dotata fin dalle origini, come annota la relazione del can. Moro. Lorgano e la cantoria (od orchestra, come veniva chiamata) furono rinnovati nel 1850, per la munificenza del cassiere del Sodalizio, Pietro Baldari, il quale offr un organo di sua propriet (ed quello ora esistente, di grande valore) e rifece a sue spese tutto lambiente della cantoria, che poggia su colonne in pietra leccese, riccamente scolpite e decorate, che sinnalzano dal piano terreno della chiesa e sostengono tutto il palco che riempie lintero retrospetto della navata. Infine, da rilevare il valore artistico delle tre sedie per i celebranti, situate in cornu epistolae. Il disegno di queste sedie (come di quattro specchi che adornano le pareti della navata) si attribuisce a Pietro Cavoti.

Gruppo familiare galatinese, 1935

Passata la CuremmaNc quiddhu ci desidera lu pane e spetta lu suffraggiu de la gente a nangulu de strata, comu cane: Ma la Superba passa ndifferente. Quiddhu de la piet stende le mane, le ricche tene quista ma nu ssente. Snanu intantu tutte le campane la menzada de Pasca, allecramente. Passata la Curemma e le cucine gi fmanu de rrusti e de fritture. Ma lu ddescinu maru e senza fine pe vui nu cessa, o dbuli criature de la via...Cus la vita: Spine senza speranza e sazzit sicure! C. DE PORTALUCE A tiempu persu, 1927

La navata lateraleNon si pu chiamare navata minore in senso vero e proprio, perch si tratta di un adattamento della zona dellantica sacrestia. Il lavoro di restauro e di ampliamento di questala sinistra della fabbrica fu fatto in diverse riprese e completato dal 1958 in poi, sotto lamministrazione dei confratelli Pietro Ancora, Luigi Bellone e Marino Carrozzo, con lapporto di una rilevante e decorosa trasformazione di tutto lambiente, arredato con sedie-inginocchiatoi di lusso. Progettista e direttore dei lavori stato ling. prof. Piero Piscopo. Si venuta a creare cos una tipografia della chiesa del tutto particolare. Lingresso, che si aperto dalla Piazza Aligheri, con un ampio portone (dono della contessa Maria Caracciolo Mongi) ricalcato sullo stile delle antiche porte del frontespizio, d possibilit di entrare in chiesa da questa nuova ala e di seguire con comodo tutte le funzioni che si svolgono nella zona del presbiterio. In questo ambiente stato costruito anche un altare, per devozione della famiglia di Pietro Siciliani, dedicato a Cristo Morto. Al di sopra della mensa, incastrata nel muro, una nicchia in cui custodita la statua (in cartapesta) di Cristo Morto, visibile attraverso la custodia in vetro. Anche questa statua molto venerata dai fedeli, specialmente nel periodo di Passione, ed portata in processione dai Confratelli dellAddolorata, la mattina del Sabato Santo. Accanto a questo altare la lapide con cui gli antichi confratelli dellAddolorata vollero tramandare ai posteri la data del riconoscimento giuridico del loro Sodalizio da parte di Ferdinando IV di Napoli... A. ANTONACI, La Chiesa dellAddolorata in GalatinaRECITA UN ANTICO PROVERBIO:

Inthru la ventre de la vaccaNuotare nellabbondanza. E noto che gli animali di razza bovina hanno un complicato e ricco apparato digerente; possiedono cio quattro stomachi denominati. maso, abmaso, reticolo e quaglio. C. ACQUAVIVA, Taranto...tarantina

Detti popolari

Antiche usanze pasqualiLa grande festivit sempre preceduta dalle pulizie pasquali, che in ogni famiglia si fanno in ansiosa attesa della visita del sacerdote che, dopo Pasqua, secondo consuetudine, passa a benedire le case con lacqua santa. Sono riti di purificazione che sopravvivono per antica tradizione. Con lapprossimarsi della Santa Pasqua, la gente, quasi al completo, cerca di riconciliarsi con Dio, accostandosi ai sacramenti della Confessione e della Comunione, secondo il precetto della Chiesa. In tempi non molto lontani, durante la Settimana Santa, quando di solito le campane tacciono in segno di lutto, erano i bambini ad annunciare per le strade del paese linizio delle funzioni religiose con le gracchianti raganelle (trnule) ed i rumorosi tric-trac (assi di legno rettangolari muniti di battenti di ferro). Quei rumori rompevano il religioso silenzio, spandendo, nellaria e nel cuore, unatmosfera di mestizia. Q. QUARANTA, Marittima un paese del Salento

LORIGINE DELLA CUDDHRURA

Lu ciucciu doru camina an carrozza. Fanne comu ti fannu, ca nu nnede peccatu. Perdunare dde cristiani, rescurdare de picaruni (imbecilli). Vucca china nu pote dire none. Se cade larciprete ede discrazzia, se cade lu sacristanu sca mbriacu.

Per scoprire lorigine di questa tradizione bisogna quasi certamente risalire ai primi tempi del cristianesimo quando per la Comunione non si usavano ostie, ma pane benedetto, a frantumi. I pani che restavano venivano poi distribuiti come supplemento agli stessi fedeli o a coloro che, per varie cause, non si erano comunicati. Luso del dono si estese sempre pi ed a poco a poco perdette il carattere sacro, si trasform nello uso profano delle cuddhrure o di altri dolciumi popolari tipici di questo periodo. Alla cuddhrura dedicata quella filastrocca galatinese che suona: Sabatu Santu currendu currendu le caruse vanu chiangendu vanu chiangendu cu tuttu lu core Sabatu Santu cuddhrure cu love.

I piatti di grano germogliatoMolte tradizioni pasquali sono avanzi di riti e solennit greche e romane sopravvissute al tempo. Cos i piatti di grano germogliato portati in chiesa per ornare il sepolcro, richiamano alla memoria lusanza delle giovinette romane di portare le primizie del grano novello in onore di Cesare.

NduvinieddhruTegnu na cosa buttuni buttuni la calu a lla cazzalora e cacciu li mmaccarruni. (scolapasta)

Le cuddhrure rustiche e duciNel Salento sulla tavola della pascareddhra non pu mancare sia la cuddhrura rustica che quella dolce decorata con uova sode che rappresentano il simbolo della fecondit. La cuddhrura rustica realizzata o a canestro o a paniere impastata con farina, sale, lievito, olio e cipolla tritata. La cuddhrura duce di pasta frolla impastata con farina, strutto, lievito, zucchero, uova, e ha diverse forme: la pupa (bambola), lu panarieddhru (cestino), lu caddhruzzu (gallo), lu core (il cuore). A colazione gli anziani inzuppavano la cuddhrura rustica nel vino. Quella dolce, a forma di cuore, veniva regalata dalle ragazze ai propri fidanzati. Le nostre nonne abbellivano le cuddhrure duci con pezzetti di stoffa e nastri colorati prima di infornarle.

Ingredienti: kg di costolette di capretto, 6 carciofi, due uova, prezzemolo tritato, aglio, pecorino grattugiato q. b., olio, sale, limone, vino bianco. Rosolare in una padella le costolette con olio e 2-3 spicchi daglio, sfumare con il vino bianco evaporato, unire i carciofi, precedentemente puliti tagliati a spicchi e sbollentatati in acqua, sale e limone. Aggiungere prezzemolo tritato, acqua calda q. b. e cuocere per un quarto dora. Infine sbattere le uova, unire del pecorino grattugiato e aggiungere il tutto alle costolette e far rapprendere a fuoco basso.

COSTOLETTE DE CAPRETTU A FRICASS

Lagnello pasqualeNel Salento il pranzo festoso pasquale interamente a base di agnello (al sugo, al forno, in umido). A fine pranzo viene servito anche Lu pecurieddhru duce. Lagnellino dolce realizzato con pasta di mandorla viene fatto spesso in casa con le formelle di gesso e con la ricetta tramandata dalla nonna. La pasta di mandorla viene messa nello stampo, farcita con faldacchiera, perata, pan di spagna imbevuto di un liquore a piacere e poi ancora ricoperto di pasta di mandorla prima di essere capovolto su un piatto di portata.

V 1 S. Ugo S 2 S. Francesco di P. D 3 IV di Quaresima L 4 S. Isidoro M 5 S. Vincenzo F. M 6 S. Diogene G 7 S. Giovanni Battista de La Salle V 8 S. Alberto S 9 S. Maria Cleofe D 10 V di Quaresima L 11 S. Stanislao M 12 S. Zenone M 13 S. Martino I, papa G 14 S. Lamberto V 15 S. Annibale S 16 S. Bernardetta D 17 Le Palme L 18 S. Galdino M 19 S. Espedito M 20 S. Sulpizio G 21 S. Anselmo dA. V 22 S. Leonida S 23 S. Giorgio D 24 Pasqua di Resurrezione L 25 Luned dellAngelo, S. Marco evang. M 26 S. Cleto M 27 S. Zita G 28 S. Pietro Chanel V 29 S. Caterina da Siena S 30 S. Pio V, papa

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CENTRO SUL TARANTISMO E COSTUMI SALENTINIDopo il banchetto era duso ballare e dama fissa di tutti gli invitati era la sposa. La musica che accompagnava era quasi sempre quella del tamburello e della fisarmonica, si ballava la tarantella o la pizzicapizzica e, in tempi pi vicini a noi, la mazurca, il fostr, la quadriglia. La sposa veniva nuovamente posta al centro della sala, tutta ornata, e accanto a lei lo sposo, il compare e la paralinfia. Per ogni ballo il cavaliere era obbligato a mettere tra le pieghe del corpetto della sposa un regalo in denaro che, allinizio di questo secolo, variava dalle due alle cinque lire. Agli intervenuti si offrivano i complimenti: dolci, rosolio, caff, dolcetti fatti in casa, spumoni, cupeta, ciambelle zuccherate e confetti colorati o bianchi, che dagli sposi venivano distribuiti con un cucchiaio dorato. Ci si intratteneva anche per guardare i regali appositamente esposti in una stanza e, quando le danze avevano stremato tutti, sposi e invitati si rinnovavano gli auguri e si licenziavano. La mattina del giorno successivo la madre o la suocera portava agli sposi una focaccia o una frittata che deponeva tra i guanciali del letto degli sposi. Questa usanza, che non era per generalizzata, non ha certo bisogno di spiegazioni, anche se affonda le sue radici nella cultura romana: una delle forme per celebrare le nozze, presso i Romani, era quella solenne della confarreatio, e durante questo rito vigeva luso che gli sposi rompessero e mangiassero una focaccia consacrata: farreus cibus. Comunque evidente la differenza tra le due usanze: presso i Romani assumeva un carattere augurale-religioso, presso i nostri antenati aveva solo un carattere alimentare. Il viaggio di nozze era praticamente sconosciuto. L. ELIA, Salento Addio

IL BALLO NUZIALE

Maggio 2011D 1 S. Giuseppe / Festa del Lavoro L 2 S. Atanasio M 3 Ss. Filippo e Giacomo M 4 S. Silvano G 5 S. Teodoro V 6 S. Giuditta S 7 S. Augusto D 8 S. Vittore L 9 S. Luminosa M 10 S. Alfio M 11 S. Francesco di Ger. G 12 S. Pancrazio V 13 S. Emma S 14 S. Mattia ap. D 15 S. Torquato L 16 S. Ubaldo M 17 S. Pasquale B. M 18 S. Giovanni I Papa G 19 S. Ivo V 20 S. Bernardina S 21 S. Valente D 22 S. Rita da Cascia L 23 S. Desiderio M 24 Maria Ss. Ausiliatrice M 25 S. Erminio G 26 S. Filippo Neri V 27 S. Oliviero S 28 S. Emilio D 29 S. Ademaro L 30 S. Giovanna DArco M 31 Visitazione B.V.M.

Matrimonio salentino, 1939

Il letto nuzialeEra formato da trespoli di ferro, chiamati cestieddri, su cui poggiavano tavole di legno. Su queste veniva steso un grande materasso (lu saccune) di pannocchie secche sul quale venivano posti materassi di lana o de crinu. Lasciamo indovinare la vertiginosa altezza del talamo, che risultava cos alto che spesso gli sposi dovevano ricorrere allaiuto di uno scannetto per potervisi coricare, A conti fatti laltezza totale dellassieme poteva aggirarsi sul metro e mezzo... E cos, sotto il letto, si riponeva un curioso lettuccio, la carriola, fornito di rotelle, che veniva tirato fuori la sera per coricarvi i piccoli e rimesso a posto lindomani mattina... Ma anche se non vi fosse la carriola, si riponevano il vaso da notte, lo scannetto per salire, le varie capase contenenti frise o fichi secchi o olive, le damigiane di vino, utensili vari e cassette. Tutto era poi nascosto ad arte, dalle abbondanti coperte che scendevano da ambedue i lati dellaffollato letto... Il letto nuziale doveva essere scaramanticamente allestito e apparecchiato dai parenti della sposa ed era frequente lo scherzo di mettere qualche spina tra le lenzuola. La sposa accorta doveva, prima di coricarsi, frugare tra le lenzuola per togliere questi corpi estranei altrimenti sarebbero state punture e...dolori... L. ELIA, Salento Addio

NduvinieddhruVi lu dicu, beddhre strie (ragazze) la prima mi dozze puru a mmie, dopu ca maggiu mmaritata maggiu bella bbituata. (anello nuziale)

Il regalo della suoceraAl pranzo intervenivano oltre agli sposi e ai genitori, i parenti e gli amici pi intimi. In attesa che si prendesse posto al tavolo, gli invitati si ristoravano con il rosolio o con il vino, contemplando la sposa che si era accomodata nella stanza e se ne stava l, seduta tutta parata, con atteggiamento composto, senza preoccuparsi del gran da fare delle donne affaccendate per il pranzo. La sposa parata nu lava e nu scupa la casa nu conza lu liettu o ccogghe roba spasa. Prima di prendere posto a tavola, la suocera era solita appendere alle orecchie della fanciulla dei lunghi pendenti, detti alla pompeiana, e le legava lu lazzu, una collana doro molta lunga con pendaglio. L. ELIA, Salento AddioRECITA UN ANTICO PROVERBIO:

Rimase comu la zzita parataNarrano le antiche...cronache che a Pulsano, villaggio a circa 15 km. da Taranto, durante un corteo nuziale, la sposa, nel varcare la soglia della chiesa, dove si recava per la celebrazione del rito, rimanesse seriamente impedita di entrare ritta e pettoruta -come la esigenza del momento le imponeva- perch la porta dingresso non glielo consentiva, essendo troppo bassa. Il corteo subisce una sosta, persone, pi o meno interessate, intervengono dando consigli e facendo proposte per ovviare allinconveniente; onde si sul punto di seguire il consiglio prevalente- che quello di eliminare limpendimento con pochi colpi di piccone, quando qualcuno si fa largo tra la folla si avvicina alla sposa e...con un lampo di genio, la prega acch voglia compiacersi di...piegare alquanto il capo. Il capo viene infatti piegato, la sposa entra in chiesa e...il motto restare coma zite de Puzane, cio inceppata per un improvviso, effimero impedimento, rimane affidato alla...storiella! Nel Salento il proverbio dice Rimase comu la zzita parata C. ACQUAVIVA, Taranto..tarantinaMatrimonio salentino, 1952

I brindisi agli sposi durante il pranzo nuzialeNon potevano mancare i brindisi che venivano recitati negli intervalli tra i primi e i secondi piatti. Non mancava mai limprovvisatore o il poeta vivace, che, un po' per leffetto delle bevande, un po' per la sua naturale disposizione a rimare e poetare, declamava i brindisi, tra lallegria dei convitati. Al saluto, col brindisi di un commensale, rispondeva laltro con un secondo brindisi, e cos via fino a creare delle vere e proprie spiritose gare poetiche fra i presenti. Molti dei brindisi cantavano le qualit degli sposi: la bellezza della sposa e la sua gentilezza, la forza e lonest dello sposo ecc. Sebbene talvolta queste tenzoni epitalamiche scendessero in qualche volgarit, in generale erano dettate da sincero affetto e da autentico brio, per cui alla fine nessuno si offendeva. Alcuni brindisi erano brevi e semplici, ma ve ne erano anche di finemente elaborati, forse composti da persone di una certa cultura, (che non mancavano mai in tali occasioni), dati i frequenti riferimenti a Bacco, No, Napoleone, non certo noti al popolino. Proprio per la presenza di persone di un certo rango (erano presenti quasi sempre il maestro del paese, il farmacista o il parroco), possibile rinvenire nei testi dei brindisi parole ibride di dialetto e italiano, queste ultime inserite proprio per dare un tono pi nobile al contenuto. Ne riportiamo alcuni tra i pi noti e anche meno noti, la cui esistenza testimoniata anche nei secoli passati: Quistu vinu de marvasia/ fazzu nu brindisi alla cumpagnia; Quistu vinu santa cosa/ fazzu nu brindisi alla sposa; O vinu, vinu,/ falli ausare bueni crammatinu; E tie ca moi si sposu/ prestu capisci ca lamore custosu. L. ELIA, Salento Addio

Ntunietta bella NtuniettaNtunietta, bella Ntunietta dove vai, mia bella Ntunietta? Io vado allacqua alla fontanella dove la mamma mi mander. Senti senti, mia bella Ntunietta dammi da bere per carit! Nu tegnu acqua e nemmenu bicchiere pe dare da bere a te, o cavalier. Senti, senti, mia bella Ntunietta, non voglio acqua e nemmeno bicchiere; solo un bacio io voglio da te! Senti, senti, mio bel cavalier, vado a dirlo alla mia mamm, se la mamm mi dice di si, presto, presto ritorno qui, se la mamm mi dice di no, io qui non torner! Senti, senti, mio bel cavalier, cosa ha detto la mia mamm: V a preparare lenzuola di seta per presto presto andare a sposar e poi il bacio ti dar!

Ingredienti: 15 fiori di zucchine, 300 gr. di ricotta fresca di pecora, 1 spicchio daglio tritato, 2 uova e 1 tuorlo, 30 gr. di parmigiano grattugiato, prezzemolo e menta tritati, noce moscata, pane grattugiato q. b., olio di oliva. Lavare i fiori di zucchine e privarli del pistillo. Mettere in una ciotola la ricotta, il trito daglio, il prezzemolo e la menta, un tuorlo duovo, il parmigiano, la noce moscata e amalgamare bene. Riempire con limpasto ottenuto i fiori di zucchina, rigirarli nelle uova sbattute, poi nel pangrattato e friggerli in abbondante olio di oliva.

FIURI DE CUCUZZA CHINI

CuriositEsistono due tipi di fiori di zucca, uno maschile e uno femminile. I primi, i pi buoni da utilizzare, sono legati al frutto da un lungo peduncolo, mentre quelli femminili sono attaccati direttamente al frutto.

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CENTRO SUL TARANTISMO E COSTUMI SALENTINILE FASI DEL RITO TERAPEUTICO-ESORCISTICO DURANTE LA CRISIIl rito terapeutico esorcistico passa attraverso le seguenti fasi: a) unesplorazione musicale per identificare la qualit della taranta che ha morso (se cio si tratta di taranta libertina, tempestosa, triste), tale esplorazione tende ad identificare il ritmo e la melodia che fanno al caso, che cio mostrano di essere congeniali al tarantato, inducendolo a sollevarsi dalla crisi e ad entrare nella vicenda del rito; b) unesplorazione cromatica che ha lo scopo di identificare il colore della taranta avvelenatrice e che viene eseguita mediante un pavese di nastri o di fazzoletti colorati: dal quale il tarantato toglie il nastro o fazzoletto che gli congeniale; c) lesecuzione, da parte del tarantato, di un ciclo coreutico tripartito, al suolo e in piedi, mimante al suolo la identificazione con la taranta avvelenatrice, e celebrante in piedi un momento decisamente orgiastico di liberazione, in quanto il piede che danza insegue o schiaccia la taranta; d) la guarigione reintegratice, che pu aver luogo dopo pi giornate di danza e che risolve la crisi almeno sino alla prossima estate, quando il ragno pu rimordere. L. CHIRIATTI, Morso damore

Giugno 2011

Tarantate davanti alla Cappella di San Paolo

La festa del Santo PatronoLe feste religiose celebrate a Galatina, attraverso i secoli, sono state numerosissime: Cristo Risorto, lImmacolata, la Madonna della Luce, San Biagio, SantAnna, SantAntonio e tante altre, ma su tutte domina la festa del Santo Patrono: SS. Pietro e Paolo festeggiati, rispettivamente, il 29 e il 30 giugno. Questa festa, anticamente, fu chiamata cos, in onore di San Pietro, considerato secondo la tradizione, portatore del Cristianesimo a Galatina (in occasione del suo passaggio da Otranto a Taranto) e di San Paolo, guaritore delle tarantolate. Questa festa in Italia e allestero conosciuta perch collegata al tarantismo, complesso fenomeno storico-religioso e costante oggetto di studio da parte di medici, etnologi, psicanalisti, sociologi di cui Ernesto De Martino ne parla in La terra del rimorso. Questo fenomeno, soprattutto per il popolo, ha dato per tantissimi secoli spettacolo. Lo spettacolo, durante la festa del Santo Patrono, oltre alle tarantate, era costituito da: luminarie (prima ad olio, poi a carburo e attualmente elettrico), dai fuochi pirotecnici, dalla processione, dallallestimento della Chiesa, dalle bancarelle, dalla Mostra Mercato (fiera, che nel 93 ha raggiunto la 44esima edizione), dal pubblico e soprattutto dalla musica classica o da quella leggera. Nei secoli XVI e XVII, durante la festa patronale, vi erano le rappresentazioni sacre, come quella dellOfficio di San Giovanni Battista, dellAdultera e dellOfficio del glorioso apostolo San Paulo. Nel 700 e 800 un elemento spettacolare-religioso della festa era ed la processione. Infatti, ai primi del secolo XIX, D. T. Vanna racconta che le statue dei SS. Pietro e Paolo venivano trascinate per la citt su di un carro sopraccarico di ornamenti, con chiasso e rumori tali, che ben pi per tripudio baccanale, anzich per devota espressione al Santo protettore poteva interpretarsi. Al chiasso spettacolare della scena del carro si aggiunge lesultanza popolare rallegrata da concerti di bande musicali, da fuochi pirotecnici, da luminarie e altro. Durante la festa del Protettore, i galatinesi, per realizzare uno spettacolo pi interessante e competitivo, organizzavano le gare per le luminarie, per i fuochi, per le bande e per tutto ci che era inerente alla festa. Infatti, in tutto il 900, per le luminarie non vi stata festa che non conti i suoi quattro o cinque fuochi, i quali per misura di prudenza venivano accesi fuori dellabitato. Essi rappresentavano un vero spettacolo darte, in cui lartefice si sbizzarriva nelle pi strane e capricciose combinazioni di luci e di colori. Il premio della gara, assegnato da una apposita commissione, veniva dato sulla base della durata dei tempi di esplosione, sui colori, sulla cadenza, sugli arabeschi tessuti nel cielo e sulla regolarit dei disegni. Ma la gara pi importante e pi attesa era la guerra delle bande. Esse si impegnavano al massimo per poter avere il supremo successo, acquistando cos prestigio, collegato anche a maggior guadagno economico. Il primo posto lo conquistava chi aveva ricevuto pi applausi, pi fiori e a volte anche getti di confetti... G. LO BUE, Lo spettacolo a Galatina

Tata, Tata... La taranta mha pizzicata!Rosina aveva 26 anni quando venne pizzicata dalla taranta e 56 quando mi ha raccontato la sua storia: La taranta mi ha pizzicata mentre infilavo tabacco. Stavo seduta e...zac! ...mi son sentita pizzicare. -Tata, tata, la taranta mha pizzicata! (Pap, pap, la tarantola mi ha morso!) -Pija na spiga daju e ungite. Forse ca te passa. (Prendi uno spicchio daglio e spalmatelo. Forse ti passer). Cos mi disse di fare pure una vicina, ma ormai il veleno era entrato nel mio sangue. Mi sentivo lo stomaco girare, e un dolore che mi faceva piangere e gridare! Piangere e gridare alla spezzata, senza fine. Mia madre non volle chiamare il dottore. Queste non sono cose di dottore!, disse. E cos fu. Vuoi diventare la caricatura del paese?, aggiunse. Rimasi tre giorni piangendo e gridando, poi, poco alla volta, mi sono ripresa e lanno successivo andai a Galatina da San Paolo. La mia taranta era di quelle che ti fanno piangere e gridare; perch, sai, le tarante assumono i caratteri di donne morte che in esse si reincarnano e trasmettono i loro caratteri alle donne che pizzicano. Per questo ci sono le tarante che ballano, che cantano, che gridano, che piangono. Da San Paolo Rosina andata una sola volta, poi per quando arriva il periodo del primo morso (13 giugno) sta male e piange e grida. Cos Rosina giustifica la scomparsa del fenomeno: Adesso non solo non si vedono pi le tarante, anche la vita dei contadini cambiata; un tempo si lavorava e si faceva tutto con le mani, adesso ci sono un sacco di attrezzi; prima non cera tempo per respirare; eravamo ciucci de fatica (asini da lavoro)! Per un quintale di piselli bisognava stare un mese a lavorare sullaia! Quando la taranta ti pizzicava ti sentivi un po' imbarazzata, poi ti passava, ce nerano tante come te. Ogni tanto udivi: Ohi mamma, quella lha pizzicata la taranta! L. CHIRIATTI, Morso damore

BALLO PER SIMPATIA

Fumetto di pesceFare stufare nellolio per qualche minuto un misto di verdure tagliate a pezzi e aromi (cipolla, sedano, carote, porri, alloro, prezzemolo, timo, e pepe in grani). Unire i ritagli di pesce (scorfano, sogliola, gamberi, rombo), bagnare con un bicchiere di vino bianco, lasciarlo evaporare e coprire con un litro di acqua calda. Lasciare restringere a fuoco lento fino alla met, poi filtrare.

La notte del 28 le tarantate si recavano in pellegrinaggio alla Cappella di S. Paolo. I Galatinesi festeggiano S. Paolo nella giornata del 30

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Festa Patronale

Vincenza ballava non perch fosse stata pizzicata da una taranta o da qualche altro animale, ma per simpatia. Mia madre suonava alle tarantate, alle donne pizzicate da quei ragni grandi e grossi. Quando ti pizzicavano ti cominciava a gonfiare e farti male lo stomaco; poi ghiacciavi, vomitavi; allora davanti a questi sintomi la mamma mia diceva: Questa tarantata !. E come lo sai Celestina?, chiedevano i parenti. Tarantata ! rispondeva mia madre. Adesso che facciamo? Mia figlia non vuole ballare. Aspetta -diceva la mamma mia- io mi metto nella casa di fronte e suono, se balla, taranta !. Allora si metteva a suonare e se era taranta ballava. Si rotolavano a terra, vomitavano, poi, dopo tre o quattro giorni di suoni e balli, passava tutto, fino allanno nuovo. Molti non credevano e fra questi i dottori. Cera una volta un giovane che faceva il muratore e stava in campagna. Mentre lavorava cos diceva allamico: Nah, ca la taranta, quiddhu fuecu ca portane le fimmene! (Nah, la taranta, quello fuoco che hanno le donne!). Lavorava senza scarpe. Alla sera quando and a infilarsi le scarpe si sent pizzicare, ma forte, ma forte...sotto la pianta del piede. E rimasto due o tre giorni a letto, aveva perso lappetito, si sentiva dolore allo stomaco. Allora venuta da noi sua madre e ha detto: Celestina, tengo mio figlio cos e cos. E che vuoi? Chiama il dottore, rispose mia madre. Lho chiamato e ha detto che non niente. Ha detto mia madre:Ghiaccia? vomita giallo?. Si, ha risposto la povera donna. Insomma per farla breve era tarantato. Mia madre suon per cinque giorni e mentre quello ballava diceva: E p la madonna, ma hannu ragione le fimmane moi! (Per la madonna ora, hanno allora ragione le donne). Io, a mia volta, ho ballato ma non ero stata pizzicata, mia sorella e mio fratello hanno ballato pure loro per 17 anni. Mia sorella si fece tarantata dopo che era stata lasciata da un giovane di Novoli con il quale era fidanzata. TUBETTINI CU LLE SEPPIE Io ero piccola e quando mia madre andava a suonare anIngredienti: 500 gr. di seppioline, 200 gr. pomodori pelati, 1 cipolla, olio, vino bianco, davo con lei. Mi mettevo a fianco e ballavo aggrappata alla aglio, prezzemolo tritato, 1 cucchiaio di strattu, sale, peperoncino, acqua calda q. b. sua veste. Far soffrigere nellolio la cipolla grattugiata, 2-3 spicchi daglio e il peperoncino, unire le Ora per tutto questo finito sia perch ci sono le peseppie tagliate a pezzettini e farle dorare. Sfumare poi con il vino bianco, lasciare evaporare, nicelline, sia perch dopo la guerra le campagne sono regolare di sale, aggiungere i pelati, lestratto di pomodoro, cuocere per alcuni minuti e poi piene di veleni e di medicine. aggiungere acqua calda q. b. per cuocere le seppioline. Lessare i tubettini, scolarli al dente, L. CHIRIATTI, Morso damore metterli nel tegame del sughetto preparato, far dare qualche bollore e servire con il prezzemolo tritato. Curiosit Il sughetto di seppioline viene utilizzato per condire anche vermicelli e linguine e risulta pi saporito se si sostituisce lacqua calda con un fumetto di pesce.

M 1 S. Giustino G 2 S. Marcellino / Festa della Repubblica V 3 S. Clotilde S 4 S. Quirino di T. D 5 Ascensione del Signore L 6 S. Norberto M 7 S. Roberto vesc. M 8 S. Vittorino G 9 S. Primo V 10 S. Diana S 11 S. Barnaba D 12 Pentecoste L 13 S. Antonio di Padova M 14 S. Eliseo M 15 S. Vito G 16 S. Aureliano V 17 S. Ranieri S 18 S. Marina D 19 SS. Trinit L 20 S. Ettore M 21 S. Luigi Gonzaga M 22 S. Paolino di Nola G 23 S. Lanfranco V 24 Nativit di S. Giovanni Battista S 25 S. Prospero D 26 Corpus Domini L 27 S. Ladislao M 28 Vigilia - Processione M 29 Ss. Patroni Pietro e Paolo G 30 S. Paolo

CENTRO SUL TARANTISMO E COSTUMI SALENTINILe primissime abitazioniLe primissime abitazioni avevano una stuttura molto semplice, erano composte di un solo ed ampio locale, dove si svolgeva la vita quotidiana di unintera famiglia, a volte numerosa. Erano costruite con pietre dure, rinsaldate e irrobustite da un impasto di calce e bolo; la copertura era fatta di canne che, strettamente legate insieme, poggiavano su robusti assi di legno, protette da tegole (imbrici) ben disposte sulle falde inclinate del tetto (case a cannizzu). Il pavimento di solito veniva realizzato con un miscuglio omogeneo di detriti di terracotta e calce (astricu) o con lastre di pietra leccese (chianche), sistemate alla meglio. In seguito le case vennero costruite con conci di pietra tufacea che si estraevano dalle cave presenti in alcune zone vicine al paese. Quelle dei benestanti erano molto solide e sicure, disponevano di pi locali e si distinguevano dalle altre per qualche motivo architettonico decorativo posto sulla facciata. Tutte le case avevano la copertura con volta rustica a cupola, munita di lastrico solare realizzato con il solito impasto di calce e detriti di terracotta (cuperchi polverizzati, comunemente detti triula). Il terrazzo, detto volgarmente lmia (o liama) era adibito a molti usi: per raccogliere lacqua piovana che veniva incalanata nella cisterna; per essiccare destate la frutta sui graticci o la conserva dei pomodori in ampi piatti di terracotta; ed infine per stendere i panni al sole. Vi si accedeva quasi sempre dallesterno con una scala a pioli, o con una gradinata di tufi molto ripida, costruita nel cortile, allingresso della casa (casa cu lu curtiju). Sotto larco, su cui poggiava la scala, di solito, veniva sistemata una pila, in pietra leccese, che serviva per lavare i panni; nel rimanente spazio del cortile, spesso si poteva disporre per conservare la legna o per custodire di notte la pecora o per allevare galline e conigli. A. QUARANTA, Marittima un paese del Salento

Luglio 2011V 1 Sacro Cuore di Ges S 2 Cuore Immacolato di Maria D 3 S. Tommaso ap. L 4 S. Elisabetta M 5 S. Antonio M.Z. M 6 S. Maria Goretti G 7 S. Pompeo V 8 S. Adriano S 9 S. Fabrizio D 10 S. Felicita L 11 S. Benedetto ab. M 12 S. Goffredo M 13 S. Enrico G 14 S. Camillo de L. V 15 S. Bonaventura S 16 B.V. del Carmine D 17 S. Alessio L 18 S. Federico M 19 S. Arsenio M 20 S. Vera G 21 S. Lorenzo da Brindisi V 22 S. Maria Maddalena S 23 S. Brigida D 24 S. Cristina L 25 S. Giacomo ap. M 26 Ss. Gioacchino e Anna M 27 S. Celestino G 28 S. Celso V 29 S. Marta S 30 S. Pietro Crisologo D 31 S. Ignazio di L.

Galatina, centro storico

Le abitazioni, quasi tutte con orticello attiguo o retrostante, sorgevano abitualmente una accanto allaltra, per quel principio di solidariet che ha sempre contraddistinto la gente del Sud, ma anche per ragioni di particolare convenienza che, nel campo delledilizia, si concretizzava nella completa utilizzazione degli spazi disponibili. Quelle che erano poste allinterno di una corte (case a corte), disponevano, nello spazio comune, della cisterna, della pila e di un piccolo gabinetto rudimentale; gli abitanti vivevano in buona armonia e, spesso, aiutandosi a vicenda, svolgevano allaperto piccole attivit artigianali (riparazioni di attrezzi di lavoro, filatura della lana, lavori dintreccio di panieri e canestri) ed alcune straordinarie faccende domestiche (il bucato o la preparazione della conserva dei pomodori, del formaggio e della ricotta). Le case dei meno abbienti erano modestissime, umide e buie: spiragli di luce giungevano nellunica stanza da un finestrino posto ad una certa altezza, provvisto di grata di ferro. La porta dingresso, stretta e bassa, veniva sbarrata dallinterno con chiavistello di legno o di ferro incastrato in una apposita incavatura predisposta nella parete; a volte era a due ante e ciascuna di esse, nella parte superiore, aveva un portello che di tanto in tanto si apriva per dare alla casa un po' di luce o per ricambiare laria. Di sera, in tempi remoti, lambiente era rischiarato dalla fioca fiammmella di una lucerna ad olio, sistemata su una mensola o in una nicchia scavata nel muro spesso (muraja), ed in tempi pi recenti, dal lume a petrolio; dinverno, quasi sempre dalla luce focolare. A. QUARANTA, Marittima un paese del Salento

LE CASE A CORTE

La scanzia, la banchiceddhra, la casciabbanca: i mobili di una volta...Le famiglie abitualmente conservavano le loro piccole provviste in grossi recipienti di creta (le capse), sistemati sulla scanzia, una sorta di lunga mensola tufacea, che sporgeva ad una certa altezza lungo una parete, raggiungibile mediante una scala a pioli. Il nucleo familiare, a causa dello spazio cos limitato, viveva in promiscuit, con poca riservatezza e scarsissime comodit materiali. A volte il monolocale era provvisto di unalcova, dove dormivano i soli genitori, ma in certi casi, quando la famiglia cresceva, si provvedeva a diminuirne i disagi, costruendo sul terrazzo una stanzetta (cammarinu), che fungeva da dormitorio ed anche da dispensa. Le poche cose possedute dallumile gente venivano conservate nella cassapanca (casciabbanca), mobile ripostiglio usato anche come sedile, diverso dalla madia, mentre i modestissimi capi di vestiaro o i vari panni da corredo delle ragazze da marito venivano riposti con cura nella cassa (cascia), o nel cassone (cascine) che era molto pi capiente... Incassato in uno dei muri, in tutte le case, cera il grande camino, dinanzi al quale, dinverno, lintera famiglia era solita riunirsi attorno ad una panca, dalle piccole dimensioni (banchicedda) per consumare il pasto frugale (lunico della giornata), scodellato dalla mamma in grande piatto comune. A. QUARANTA, Marittima un paese del Salento

Regna una diserta paceSulla via polvere e pietre color locale il lattaio e le sue capre, i pappagallini della fortuna, il gelataio al carrettino e larrotino, lultimo allimbocco dellinfra moenia di ponente via Cavazza -rretu lUccerenellincavo dun portone al riparo dal libeccio e dagli scrosci, u mula-frbici! urlo bandito un tempo per le strade ed entro i vichi, e le donne sobbalzavano su chianche - cera sempre qualcosa da molare-, accarezzavano con gli occhi la magica pietra che arrotava forbici, o coltelli da cucina rinvenuti affilati quasi nuovi ad affettare il filone in parti eguali per figli, tanti, da sfamare. E all11 dellarco della Luce il braciaio duna richiesta panettiera, figlia, e pronipote, darte bianca; di spalla in un larghetto la Tribuna la vecchia venditrice di pan caldo pesato avaramente ma in omaggio notizie fresche di giornata; a sinistra la Corte dei Gabbiai, maneggiavano i vimini ed i ferri a far gabbiole agli uccellini e gabbioni ai polli ed ai conigli pel gioved in piazza o pei giardini; fuori lArco, lunga distesa, portava e porta al mare, la via degli zucri fra diti nodosi rattorcevano le corde sciogliendosi al sole dai sudori dagli stornelli dei fiori e degli amori. In corte Gabbiai e dintorni regna una diserta pace, al crepuscolo, sotto Porta Luce, la Nata e la Cia, le anziane figlie della Iaia panettiera, sedute a rammendare. S. BELLO, Di giorno in giorno

RECITA UN ANTICO PROVERBIO:

Vole paja p centu cavaddhriVolere paglia per cento cavalli. In genere, denota eccessiva pretesa nellesigere soddisfazione in determinate contingenze. Pare che questo modo di dire si possa connettere col ricordo delle requisizioni operate qui dai Francesi allepoca delloccupazione da parte di essi -1809- quando gli ufficiali addetti a tali operazioni, per i vari bisogni di vettovagliamento degli equipaggi, si facevano ad esigere su due piedi, con impeto e prepotenza, anche dai pi modesti e umili contadini, paglia -cio foraggio- in quantit sufficiente per alimentare il bestiame. C. ACQUAVIVA, Taranto...tarantina

Le corti a GalatinaLa parte del Centro Storico compresa tra Via Ottavio Scalfo, Via Giuseppe Lillo, Via Pietro Siciliani e le mura confinanti con il Corso Federico Mezio, racchiude espressioni di edilizia domestica che trovano nella tipologia della casa a corte un ampio ventaglio di soluzioni. Corti unifamiliari e corti comuni si dispongono sui lati delle strade, che si dilatano e si restringono, si diramano in tortuosi vicoli, si caratterizzano per la presenza di edifici di pregio, ma spesso si concludono su spazi degradati e con misere abitazioni che accentuano quei contrasti sociali e quelle contraddizioni che la citt non ha mai superato. Qui, per, emergono tutti i caratteri dellurbanistica medievale, fatta di una serie di spontaneismi che manifestano lurgenza di sistemarsi allinterno della citt murata per sfuggire ai pericoli della campagna. A. COSTANTINI, Ledilizia domestica a Galatina

Nu tti fare li cazzi cchi larghi de lu culu. Se le corna cijavanu lu mundu era na furesta. A Ddiu dduma na candela, allu diavvulu doi. An principiu a tavula tutti muti, an mmienzu rusciu de dente, an fine chiassu de ggente.

Detti popolari

NduvinieddhruInthru nu sciardinu truvi nu milurdinu li aprii la petaccia mmesuri quiddhru ca caccia. (il baccello)

Ingredienti: 1Kg di cozze, 2-3 uova, 150 gr. di pangrattato, prezzemolo, origano, 100 gr di formaggio parmigiano grattugiato, olio, sale, pepe. Mondare accuratamente le cozze e aprirle a mano tenendo da parte lacqua. Disporre in una pirofila da forno uno strato di cozze con il loro guscio, bagnarle con poche cucchiaiate della loro acqua. Preparare, a parte, un miscuglio di pangratatto, prezzemolo, origano e pepe con il quale spolventare i molluschi. Formare un secondo strato di cozze, distribuire il pane aromatizzato, condire con abbondante olio e infornare a 180 per dieci minuti. Sbattere le uova, aggiungere il parmigiano grattugiato, sale e pepe e versare il composto sui frutti di mare, avendo cura di ricoprirli interamente. Rimettere in forno a gratinare fino a quando la superficie diventer di un bel colore dorato.

COZZE ALLA TARANTINA

CuriositTaranto la citt jonica conosciuta fin dai tempi pi antichi come centro di produzione dei pregiati mitili che, insieme alle ostriche, ed altri frutti di mare, ne hanno fatto il vanto e contribuito alla fama della molle tarentum come la battezzarono gli antichi romani. Ancora oggi le cozze nere sono dette di Taranto e va ai tarantini il merito di aver elaborato nel prepararle alcune ricette che portano il loro nome.

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CENTRO SUL TARANTISMO E COSTUMI SALENTINILe sorgenti di Portoselvaggio nel comune di NardChi si affaccia ad uno dei belvederi posti sulla sommit di Portoselvaggio si sentir come proiettato nella vastit dello Jonio, visto da lass, pi che mai maestoso, sconfinato. Il Barone Angelo Antonio Fumarola di Portoselvaggio, attuale proprietario della tenuta, con la sua sensibilit di uomo raffinato e colto, ha compreso limportanza della zona e, con spirito di pioniere e volont tenace, ha fatto di Portoselvaggio un esempio di valorizzazione turistica, di azienda agraria a rapida evoluzione, a carattere agro-silvo-pastorale. Il complesso da additarsi ad imprenditori ed enti, perch meglio intendano cosa si possa ottenere da queste rocce, da terre che sembrano ingrate, sol che non manchino la buona volont e lacqua. Ridiscendendo la collina del versante Ovest, sar facile riconoscere, per il suo particolare aspetto, la sottostante insenatura di Portoselvaggio, che d il nome a tutta la localit: una piccola baia ridente, riparata dai venti di scirocco, di tramontana e di levante, limitata a Nord e a Sud da scogliere, ad Est da una piccola spiaggia dal candido arenile. In vicinanza di questa spiaggetta, le acque basse lasciano scorgere sul fondo marino le alghe verdi, tipiche della flora che caratterizza il trapasso dellacqua salata a quella dolce... Al di sotto di piccole grotte a struttura calcareo-scistosa, alcune scaturigini, leggermente sopraelevate sul livello del mare, si disperdono in rigagnoletti attraverso le alghe verdognole. E la sorgente di Portoselvaggio con i suoi 100 lt./sec. Vi si distinguono scaturigini che, poi, confluiscono; una di esse leggermente spostata a Nord del porticciuolo, una in posizione centrale e laltra pi a Sud. La sorgiva pi consistente quella che sgorga a Nord. Il Barone Fumarola, con ammirevole entusiasmo, si adoperato (per altro senza successo sino ad ora) per captare le polle sorgive mediante lescavazione di due pozzi. E da ritenere che ulteriori scavi darebbero esito positivo, qualora fossero effettuati in corrispondenza dellimpulvio della collina. Le acque di Portoselvaggio si prestano allutilizzazione a scopo industriale, potabile, irriguo. Riportate in quota sulla collina, con condotta forzata, cancellerebbero per sempre i segni dellaridit da quelle rocce che, pur meravigliose nel loro aspetto, invocano sempre lacqua. E questa la zona pi siccitosa dellintero Salento, con una piovosit annua che supera raramente i 450 mm. R. CONGEDO, Salento scrigno dacqua

Agosto 2011L 1 S. Alfonso M 2 S. Eusebio M 3 S. Lidia G 4 S. Giovanni M.V. V 5 Madonna della Neve S 6 Trasfigurazione del Signore D 7 S. Gaetano L 8 S. Domenico M 9 S. Fermo M 10 S. Lorenzo m. G 11 S. Chiara vergine V 12 S. Euplio S 13 Ss. Ponziano e Ipp. D 14 S. Alfredo L 15 Assunzione di M.V. M 16 S. Rocco M 17 S. Settimio G 18 S. Elena V 19 S. Giovanni Eudes S 20 S. Bernardo di C. D 21 S. Pio X, papa L 22 B.V. Maria Regina M 23 S. Rosa da Lima M 24 S. Bartolomeo G 25 S. Lodovico V 26 S. Oronzo S 27 S. Monica D 28 S. Agostino L 29 Martirio di Giovanni Battista M 30 S. Faustina M 31 S. Abbondio

Santa Maria al Bagno, bagnanti

LE ANTICHE USANZE DI SANTORONZO A LECCE

Lu lupu e lagnelluSempre furbu de custume. nanni Lupu mariuncellu se scuntrava cu llAgnellu a nna ripa de lu fiume. Nanni Lupu stava artinu e lAgnellu a llu pendinu. Nanni Lupu, vucca rizza. scazzacu lu cannavozzu: stese mutu pe nu stozzu ma po fice ca se stizza: - Porcu,-disse- scrianzatu, lacqua limpia ma spurcatu ci vivia. -Timijusu li respuse quattu quattu lagnelluzzu: -Comu mbrattu, se tu vivi e stai de susu?Li ntrunau a lu nanni Lupu la risposta de lu pupu, e zziccau: -Nu tante scuse! Core miu, se misi a rretu sparlatu a mie de retu e m dittu mazze e fuse.E lAgnellu mpavuratu: - Signorn, nunnera natu!-Ma foe srata, mbrujone!disse subitu lu Lupu. E cusine, cupu cupu, lu nghiuttu cu nu vuccone. La murale de lu cuntu: doppu vrgola nc puntu. La ragione de la sorte... spissu vince lu cchi forte! C. DE PORTALUCE, A tempu persu, 1927

...E tramontata lusanza di suonare tutte le campane delle chiese cittadine la sera al segno dato dalla Cattedrale. Sciamava il suono fondendosi in ondate armoniose e il cuore si rallegrava e Lecce diveniva una immensa famiglia, apprestantesi a solennizzare nel modo pi splendido il proprio Padre. Quel Padre la cui voce sembrava si trasfondesse nelle anime e nelle cose, per laria ancora calda della sera agostale, attraverso il suono rombante e del dolcissimo del campanone. Non tramontata per la tradizione che vuole alla vigilia la minestra in brodo e la parmigiana di melanzane. Tagliate a fette sottili, spremute del succo amarognolo sotto la pressione di tagliere pesanti, immerse nelluovo, fritte nellolio, si stendono a strati - patu patu dicono le donne - nel tegame ampio e fra strato e strato polpettine di carne, mozzarelle affettate, uova sode, prosciutto, parmigiano grattugiato, -infarcitura succulenta e appetitosae il tutto irrorato di fresca salsa di pomodoro. Gi, nel forno caldissimo e poi a tavola fragrante e ricca la parmigiana e il piacere di mangiarla piano, solennemente e il piacere dopo il pasto: tranquilli, sonnecchianti, beati. Il giorno successivo, culmine della festa, non c desco per quanto povero e tapino su cui non compaia il galletto a rag. La gente del popolo acquista per tempo un pollastro e se lo cresce, se lo ingrassa, se lo coccola per il d designato. Per vari mesi nellaria dal primo albeggiare un levarsi, un susseguirsi, un incrociarsi di strilli, di acuti, di note gravi, di altre limpide e roche, un corale di chicchirich e di cuccuruc a salutare il nuovo giorno. Ma la sera della vigilia un silenzio placido, un mortorio giocondo, laria cita cita. I galletti pendono l spennati e sventrati e domani saranno sacrificati sulle mense adorne su cui appariranno anche le rituali angurie tenute nel ghiaccio perch siano freschissime. Tenacia della gastronomia? Forse. Ma certo che alle tradizioni della culinaria il leccese pi attaccato che alle altre. Sebbene la festa di S. Oronzo non sarebbe completa se mancasse il lancio dei palloni artistici o buffoneschi che dal centro della piazza maggiore, durante le tre sere, salgono dondolanti a punteggiare di tenui fiammelle il cielo estivo per annunziare ai lontani paesi la composta baldoria del Capoluogo. R. ROBERTI, La provincia di Lecce

NduvinieddhruVitti na donna susu narvulieddhru cu ttante soricedde a cumpagnia de sotta li para a llu tundu-tundu la bbarba de remita (eremita) ca tena. (melagrana)

Leggenda di SantOronzo, protettore della citt di LecceNon poche volte il terremoto fece strage del Salento e a Lecce scosse dalle fondamenta case e torri e uccise uomini e animali. Un anno non bast il terremoto, ch vi si aggiunse la peste. Erano pianti in tutte le famiglie. I morti erano gettati nella calce: tanti erano che non bastavano le tavole per apprestar le bare. Senza fine si levavano le preghiere, ma le chiese erano deserte, perch tutti stavano rintanati in casa per timore dincontrare la morte per istrada o in chiesa stessa. Ma Dio ebbe misericordia di Lecce e volle che un suo Santo ne fosse interprete, e precisamente SantOronzo, che apparve ai Leccesi, in piazza, come se stesse su una eccelsa colonna. Da l pronunci parole di conforto e di incoraggiamento. -Io sono con voi- disse -non temete, e con voi sar sempre finch sarete fedeli alla legge di Dio. - Da quel giorno la peste cess. Quelli cheran morti, poveretti, ebbero la pace eterna: quelli cheran ancora malati, si risanarono. Fu allora che il consiglio di citt vot che una statua fosse eretta nella piazza maggiore della citt, e in alto, comera stato visto da tutti il Santo salvatore. E cos fu fatto. E la statua di SantOronzo, in legno rivestito di bronzo, che fu ordinata a Venezia e si alza sopra la colonna romana, che Lecce ottenne a prestito (e ormai in dono) da Brindisi. La parola del Santo fu mantenuta. Infatti, quando, chi dice per gli eccessi dei liberali, chi dice per gli eccessi dei borbonici, Lecce venne dilaniata dai partiti cittadini, dallalto della colonna di SantOronzo fu udito come un brontolio di disapprovazione. Quelli che sanno di Santi e di paradiso spiegarono che il Santo, adirato con i leccesi, voleva andarsene, lasciando vuota la colonna. E allora i leccesi fecero la guardia alla colonna, pronti a fermare il Santo, anche con la violenza, perch lo amavano e lo amano. Ma il Santo restato a Lecce, ed essa continua a guardarlo l in alto, come lo vide ai tempi della peste e dei terremoti. Qui la leggenda sintreccia con la storia. Fu nel 1739 che Lecce ottenne da Brindisi i rocchi di una delle due colonne romane terminali dellAppia. L. SADA, Lelemento storico-topografico nella genesi delle leggende del Salento.

I 68 pozzi di San Pantaleo in Martignano SalentinoUna leggenda, ricorrente nella tradizione popolare, vuole che San Pantaleo, protettore del paese, perseguitato dai nemici, si nascondesse nei pozzi, per uscirne dai diversi boccali. Nella periferia del comune di Martignano (lato sud-ovest) su uno spazio di circa 1000 mq sono scavati ben 68 pozzi, profondi circa 3 metri. Originariamente i pozzi erano un centinaio: parte di essi sono stati distrutti in seguito allapertura di una strada che porta alla localit. La fantasia popolare ritiene che i pozzi non siano misurabili e che la loro conta dia inevitabilmente risultati discordi. La modalit costruttiva dei pozzi singolare: posti a distanza ravvicinatissima, hanno forma ad imbuto capovolto, completamente foderati di pietrame informe calcareo permeabile, cementato con terra bolosa, attraverso il quale filtrano le abbondanti acque freatiche, largamente attinte dalla popolazione per la solubrit, purezza, bont. Nella localit si svolge annualmente un rito religioso durante la festa del protettore. Linsolito paesaggio, unico nel suo genere, suscita grande interesse ed attrattiva. R. CONGEDO, Salento scrigno dacqua

Ingredienti: 1 Kg di melanzane, 1 litro di salsa di pomodoro, 100 gr pecorino grattugiato, 5 uova, farina, 3 uova sode affettate, 2 mozzarelle, 200 gr di mortadella. Preparare la salsa di pomodoro profumata con foglie di basilico, tagliare le melanzane a fette, cospargerle di sale e lasciarle per un ora in uno scolapasta per far perdere il sapore amarognolo. Asciugarle e, dopo averle infarinate e passate nelle uova sbattute in una ciotola, friggerle in abbondante olio di oliva. Versare sul fondo di una teglia da forno un mestolo di salsa e disporre a strati melanzane fritte, su ogni strato distribuire il pecorino, le uova sode, la mozzarella e la mortadella tagliate a pezzetti. Condire ogni strato con abbondante salsa di pomodoro e formaggio grattuggiato e cuocere un forno a 180 (lideale sarebbe il vecchio furnu de campagna costituito da una lamiera zincata sulla quale distribuire la brace rovente) finch non si forma sulla superficie una bella crosta.

MARANGIANATA DE SANTU RONZU

CuriositLe nostre nonne preparavano la parmigiana condendola