Calderini - Lingua Aurunci

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    Aspetti linguistici delle iscrizioni presannitiche dellarea aurunca1Alberto Calderini

    1. Il panorama delle variet linguistiche testimoniate nella fascia tra Lazio meridionale, Campaniae Bruzio tra VI e V sec. a.C. costituisce uno dei comparti dellitalicistica che hanno registrato imaggiori progressi nellultimo quindicennio, in conseguenza dellimportante incremento delmateriale epigrafico e degli studi conseguitine. Di questo nuovo materiale fanno parte tutti e tre idocumenti epigrafici riferibili allarea compresa tra ambiente volsco e campano proprio, incluso ilrecentissimo graffito pubblicato da Lauria2. Associarli agli Aurunci storici questione delicata per icaveatopportunamente richiamati da Daniele Maras nel parallelo intervento in questi Atti, relativialle molteplici incertezze ed ambiguit pendenti su tale ethnos, nonch ad un certo tasso diinsicurezza gravante sulla provenienza di parte dei reperti. Ci posto, di per s quello che risulta datale, pur esigua, documentazione una chiara solidariet con la restante documentazionepresannita per tratti linguistici ed alfabetici nellinsieme; il che orienta per il pieno inserimentodella lingua di quei testi entro il filone di tali variet presannite, e delinea virtualmente un quadrodi sostanziale continuit con larea campano-bruzia, compattando, peraltro, lo scenario che vienesempre pi nettamente delineandosi di un esteso e coeso strato sabellico arcaico centro-meridionale precedente alloschizzazione.

    2. Questa tradizione presannita, molto omogenea per tratti linguistici, conta un dossier in realtarticolato nella dimensione alfabetica per il caratteristico plurigrafismo che accompagna ilplurilinguismo nei centri campani e che metteva a disposizione una pluralit di modelli alfabetici;purtuttavia contraddistinto dalla solida presenza di elementi afferenti alla rete delle tradizionialfabetiche paleoitaliche, dalle quali lo stesso osco nazionale eredita infine i segni per ed .Ripartito su base grafica, il dossier, recentemente rianalizzato in particolare da Poccetti3, allo statoattuale comprende:

    2.1. i graffiti di VI-V sec. a.C. dellarea nocerino-sorrentina, ad oggi quattro iscrizioni ed un certonumero di monogrammi, redatti nel particolare alfabeto nucerino od opico4:

    STPs 4(Nuceria A.): |bruties||esum|| ())STPs 5 (Vico Equense): |efies||esum: p[-]les: adaries: (- )coll.Fluss 1 (Sorrento): urufieis||pafieis|| (0)coll.Fluss 2 (Sorrento): arves(,)

    2.2. iscrizioni di VI-V sec. a.C. in alfabeto greco-acheo dallarea tra il Bruzio e Salerno, comesoprattutto il cippo di Tortora, che spicca per lunghezza e rilevanza5, ma anche ad es. ST Ps 8(Fratte): trebis(); la grafia greca ricorre anche in testi della prima fase osca, come ad es.STCm 37 (Picentia): spur(is) (), per i quali, cos come per i consimili testi paleooschi in grafiaetrusca (2.3), rimane sub iudice lattribuzione allosco invece che ad una variet presannita;

    1 Ringrazio per lospitalit in questi Atti la benevolenza del Prof. Mario Pagano e del Dr. Ugo Zannini, al quale sono gratoanche per le proficue segnalazioni in tema di toponomastica calena; sono altres grato a Daniele Maras, Sergio Neri,Giulio Giannecchini e Riccardo Massarelli per le proficue, sodali discussioni su vari aspetti di tutta la tematica; alla Dr.

    Valeria Sanpaolo, al Sig. Giovanni Cirella, allArch. Silvano Tanzilli e al personale delMuseo Archeologico Nazionale diNapoli e del Museo Archeologico Nazionale di Cassino per la cordialit, la collaborazione e la disponibilit ad esamiautoptici e riprese fotografiche delle iscrizioni della scodella del Garigliano e dellascetta di Satricum; alla Prof. MarijkeGnade per una splendida fotografia di questultimo reperto; infine al Prof. Luciano Agostiniani, anche per la guida in sededi analisi autoptica delle suddette iscrizioni (22-23.10.2010). Va da s che la responsabilit di tutto quanto qui presentato

    ricade solo sul sottoscritto.2 Lauria 2011; Bellini, Lauria, 2011.3 Poccetti 2010.4 Cfr. ora in particolare Russo 2005, Triantafillis 2008, Poccetti 2010, Agostiniani 2010.5Lazzarini, Poccetti 2001, Colonna 2001.

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    2.3. il plesso delle iscrizioni di VI-V sec. a.C. in lingua sabellica e grafia etrusca dalla Campania,con picco tra Capua e larea nolana, con possibile inclusione dei testi paleooschi della fase ditransizione, nonch di una nutrita serie di altri testi che dubbio siano in etrusco o in sabellico6.

    3. In questo complesso di tradizioni grafiche, lalfabeto nucerino in particolare mette in risalto dalversante della grafia lo stretto legame esistente tra le variet presannite e quelle paleosabellichedellItalia centrale, tanto quanto le affinit particolari e privilegiate lo confermano sul piano dellaparentela linguistica ( 4). Tale alfabeto, infatti, scrittura locale elaborata sul modello greco-euboico, che per si inserisce pienamente nel quadro delle tradizioni paleoitaliche, per il cui filonenellinsieme, difatti, la derivazione greco-euboica diretta lipotesi pi probabile. Il nucerino infattipartecipa dei tratti pi caratteristici del paleoitalico centrale, a partire dalla sostanziale indifferenzaper la direzione (in prevalenza destrorsa), dalla mobilit nellorientamento dei grafi, opzionalmenteruotabili di 90 o 180 gradi, dalluso di puntuazione interverbale realizzata con segni interpuntividalla caratteristica fattura ad asta verticale o a molteplici punti sovrapposti (nucerino , , fl;sudpiceno , , ; paleovolsco (?), , , paleoumbro ed anche secondo Rix7), dalla presenza deisegni per le occlusive sonore e di ed a livello di inventario grafematico (nel cui contesto ilnucerino si distingue per lattuale assenza di e per la presenza del digamma semplice,praticamente assente negli altri ambiti), dal tracciato tendenzialmente squadrato e non inclinatodelle lettere a livello formale, sul cui terreno risaltano la

    a tre tratti e la a quattro tratti.Estremamente significativo, ed ampiamente valorizzato, il collegamento esplicito tra nucerino esudpiceno manifestato dalla condivisione del digamma modificato mediante laggiunta di elementidiacritici, in nucerino e in sudpiceno, certamente introdotto per realizzare il segno per mancante in greco, ma differenziatosi nei due ambiti tra i valori rispettivamente di < f> e 8; latrasmissione, poi, del digamma diacriticato dal nucerino alla scrittura greco-achea del cippo diTortora, dove = convive con il normale digamma acheo f per [w] quale unico segnoaggiuntivo, eloquente dellaggancio del presannita del Bruzio a tutto il filone attraverso ilnucerino9. Questa rete di rapporti alfabetici aveva del resto indirizzato Rix a individuare nellascrittura nucerina lemergenza campana di una tradizione lato sensu unitaria opico-sudpicena incui ravvisare la matrice principale dellalfabeto osco nazionale, in una prospettiva che per ad oggi

    largamente ridimensionata.Nello stesso senso significativa la presenza nellinventario delle scritture presannite dellaCampania dei caratteristici segni per ed , introdotti nelle scritture paleoitaliche per notarerispettivamente // e // e, allingrosso, i glide velare e palatale. Il primo, che formalmente sipresenta con variazioni dello stesso segno ][ in tutte le tradizioni paleoitaliche, verosimilmentericavato per modifica di mediante diacritico, ed ereditato nella stessa fattura dallosco, haoccorrenze poco certe in ambito presannita (anche a motivo allidentit formale con etr. che nerende ambigua lagnizione), tra cuiSTPs 15:[---(-)]iium ma[-(-)]erviissecondo Rix, ma[2-3]iimmarul .. apais secondo Colonna10. Il secondo ha invece migliori evidenze in ambito presannita,dove occorre in tutti i casi nella nuova forma che poi filtra nellalfabeto osco a partire dal 300 a.C.ca., divergente da quelle a variazione di segni a quadrato del paleoitalico centrale e verosimilmentericavata per diacriticazione di in analogia al segno per (pur con un ambiguo rapporto con i

    segni per parallelo tra paleoitalico centrale, dove ugualmente realizzato con segni aquadrato, ed ambiente campano, dove lalfabeto greco disponeva di quale variante di ). Inalfabeto etrusco compare in ST Ps 7 (Stabia): ahtca(s) sum (=), nonch in untitolo ambiguo per attribuzione linguistica quale ET Cm 2.80 (5/4): pape savf ().Nellarea sorrentina compare in coll.Fluss 2 (Sorrento): arves (,), nel quale, conPoccetti, va certamente riconosciuto un testo in alfabeto nucerino, malgrado le anomalie nellanotazione di al cui riconoscimento obbliga levidenza testuale di un onomastico in -es, algenitivo o al nominativo che sia, a sua volta supportata dai confronti onomastici con la serie deigentilizi latiniArvius,Arveius,Arvilius,etc. 11. La pi importante di tali anomalie costituita dalla

    6 Cfr. in generaleColonna 1994, Cristofani 1996b.7

    Che ravvede tale interpunto nel testo paleoumbro di Poggio Sommavilla (STUm 2): Rix 1996.8 Cfr. soprattutto Agostiniani in stampa.9 Lazzarini, Poccetti 2001, pp. 38-47 (particolarmente pp. 45-47).10 Colonna 1994.11 Poccetti 2010, p. 87.

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    realizzazione di con un sigma a tre tratti in luogo del segno ad alberello compattamentepresente negli altri tre casi (ed attestato anche in monogrammi), che pu giustificarsi nellaprospettiva di una commistione di elementi alfabetici, e non invece in termini funzionali, cio nelsenso di due segni distinti per notare una seconda sibilante, data lidentit del contesto dioccorrenza, e dato peraltro che ricorrein tutti i contesti, sia allinterno che in fine di parola.Laltra anomalia costituita dalla posizione coricata del sigma, che nelle tradizioni paleoitalichesembrerebbe evitata ove comporti conflitti: la parallela rotazione di 90 gradi di in nucerino(cfr.STPs 4 versus Ps 5) non confliggente proprio perch non realizzato con il sigma, allostesso modo in cui in paleoumbro, in ST Um 4 (Tolfa): setums: mom / face(#), coricato non confligge con il sigma, perch questo multilineare;tuttavia un parallelo rintracciabile proprio allinterno del dossier presannita offerto dalriconoscimento di m = proposto da Rix inSTPs 1(Nerulum):toutikes dipoteres, ed i due casisi confortano a vicenda di nuovo nella prospettiva dellaccoglimento di tendenze paleotalicheallinterno della scrittura greco-achea presannita. Il grafo compare infine nelliscrizione di IVsec. a.C. darea sorrentina ST Cm 16:@, leggibile come #pineis o vpineis (e non pi#hrineis o vrineis dopo la revisione di M. Russo)12, ambigua per inquadramento alfabetico ancheperch destrorsa ma rivelante una matrice etrusca nelluso del segno per la sorda se, come pare,

    lonomastico si relaziona a Vibius, e non ascrivibile in modo conclusivo a nessuno degli alfabeti-modello, greco(-euboico) ed etrusco, n peraltro allalfabeto osco, ma contraddistinta piuttosto dauna variegata commistione di elementi, sintomatica del plurigrafismo campano quale fucinadellalfabeto osco. A questo si associa il caso della legenda monetale della fine del IV sec. a.C. STnCm 1:, irni, forse significativamente di analoga ambientazione sorrentina (data laconcentrazione degli esemplari a Punta della Campanella): essa presenta accanto ad un thetacrociato tipico della tradizione etrusco-campana del secolo precedente, direzione del pari destrorsa(che sarebbe di per s un tratto poco significativo in uniscrizione ottenuta a stampo se fosse undato isolato), ma una soluzione gi pienamente osca, secondo il chiarimento che si deve a Poccetti,nella notazione come di quella che certamente la terminazione di locativo conposposizione -en di un poleonimo con tema in *-yo-, cio con -i(n) < *-yey-en, come nel caso di o.hrtn. kerrin. nellorto cererio del bronzo di Agnone (ST Sa 1)13. Da notare, solo

    cursoriamente, che la Wortbildung di tema in *-yo- dovrebbe scartare lipotesi, gi dellAvellini esommessamente riemergente, che si tratti del poleonimo di Surrentum, con una grafia abbreviataper ir(e)ni(n) nonch grecizzata secondo lo stesso modulo segestazib / egestaion applicatoalletnico segestani nella doppia forma tra elimo e greco nelle legende monetali segestane 14; ameno che non si voglia giustificare la grafia come notazione della dentale palatalizzata nellaposizione avanti alla vocale anteriore della terminazione del locativo.

    4. Lanalisi dei tratti linguistici mostrati dal presannita si deve a due lavori fondamentali diPoccetti e Rix15, che hanno portato al riconoscimento di una tradizione internamente omogenea eben distinta da quella osca, ed invece strettamente collegata al sudpiceno e al sabellicosettentrionale pi in generale. La principale isoglossa privilegiata sudpiceno-presannita costituitadalla desinenza (aoristica secondaria) di 3.pl. del perfetto *-ond discordante da quella osca ed

    umbra *-ens, e condivisa peraltro dal solo falisco in tutto litalico: in presannita fufu#od, fuf#odfuerunt ST Ps 20 (versus fefiked Perf.3.sg. fecit), con *-ond > -od; in sudpiceno (apais)adstahSTSp AP 2, [p]raistah Sp RI 1, con *-ond> -h; in falisco f[if]iqodAF1 finxerunto fecerunt. Comune a sudpiceno e presannita poi il tema pronominale esto-, presente anche inumbro ma assente in osco: p.s. estamSTPs 3, s.p.estufSp TE 5, estufkAP 2, estas AP 3. Legapoi il presannita allumbro anche la modalit di espressione della filiazione con patronimicoaggettivale, mai attestata in osco: p.s. vinusveneliisperacis STPs 3, u.vuvis titis teteies TI Ib45.Al suo interno, il panorama delle variet presannitiche mostra omogeneit anche nelloscillazionedi stessi tratti, verosimilmente indice di mutamenti in corso, e peraltro anche in questo caso consignificative corrispondenze puntuali in sudpiceno. Si ricontra innanzitutto conservazione di *-d

    12 Russo 2005, p.96. Cfr. Poccetti 2010, p. 82.13 Poccetti 2010, p. 85-87, con rimandi.14 Cfr. Agostiniani 1990, pp. 347-349, 356-359.15 Lazzarini, Poccetti 2001; Rix 2009.

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    finale tanto in Campania che nel Bruzio: cfr. ad es. i gi citati p.s. fufu#od e fefiked STPs 20, daTortora, e tetet dedit Ps 20, da Capua; in questo il presannita si mostra pi conservativo delsudpiceno, che presenta in luogo di *-dfinale caduta (quprhSTSp AP 2 e kuprAQ 2 -, si trovi anche in sudpiceno, proprio ugualmentein fluttuazione con esiti invece conservativi: s.p. titih ST Sp CH 2, puqloh AQ 1 ([k]aiehkaieis puqloh), di contro ai molti pi casi quali tit TE 5, posmi TE 5, 7.Per *-ey vi laquestione di quale valore morfosintattico si debba riconoscere negli onomastici con terminazionein -es, che potrebbero legittimamente essere non genitivi ma nominativi; ad ogni modo, *-ey normalmente conservato in osco salvo che in una decina di casi in tutto, mentre in umbro simonottonga in -; in sudpiceno lesito fluttua tra conservazione e monottongazione (ad es. tefe TE7 versus tefeh CH 2 tibi); tra i genitivi, si hanno casi di dittongo conservato (kaieisAQ 1, forsemreis CH 1) accanto a casi con monottongazione, quali uelaimes e staties in CH 1, nonchapies esum inTE 4 con il dubbio residuo possa trattarsi di un nominativo; nominativi in -es sihanno invece in apaes

    qupat[

    ] di MC 1 e apais

    pompnies

    di MC 2. Il dossier pressannita

    conta da un lato onomastici in -eis/-eissicuramente al genitivoquali unico elemento di iscrizionidi possesso: urufieis pafieis coll.Fluss 1 (Sorrento), pacieis paciieis Ps 6 or.inc. (Campania),venelieis vuliieis ([weneeis wu(i)jeis] < *wenel-eys *woll-y-eys) Ps 12(Nola); dallaltro formein -es/-es che sono sicuramente genitivi: toutikes dipoteres di Giovepadre publicus ST Ps 1(Nerulum), melmes in funzione di patronimico (Ps 2 or.inc. Bruttium: o#ii{s}oimamioi{i} melmes adOvio Mamio figlio di Melmo); infine i casi soggetti ad ambiguit, tutti riguardanti onomastici in -es/-es, che si trovano in iscrizioni parlanti con *esom (io) sono, cio efies p[-]les e adaries Ps 5,bruties Ps 4, luvcies cnaviies ST Ps 13 (Nola), ed anche quali unico elemento di iscrizioni (dipossesso): mamerces huinies Ps 11 (Nola), cnaives flavies Ps 14 (Nola), arves coll.Fluss 2(Sorrento). Si pu aggiungere peraltro il dossier paleoosco di Saticula, che presenta la stessaoscillazione tra il caso di kanuties sim STCm 24 e quelli di maceis sim Cm 23,vipieis veliieis

    culchna sim Cm 22, veltinei(s) sim Cm 25, sempre in iscrizioni parlanti con la locale forma sim per(io) sono. Tutto ci considerato, pur con lambiguit di parte dei dati, le evidenze sono comunquesufficienti per riconoscere nel presannita una compresenza di genitivi in -eys e genitivimonottongati in -s, anche in questo caso significativamente parallela a quanto mostrato insudpiceno.In relazione ai casi di possibile nominativo in -ies in presannita va meglio esplicitato che,nelleventualit, si tratterebbe di forme nuove e particolari di nominativo di tema in *-yo- di pirecente sviluppo rispetto al normale -is (< *-yos con sincope di vocale breve), che sono anche inquesto caso tipicamente rare in osco (con una diffusione significativa solo in ambito lucano), edinvece caratteristiche del nord-osco tanto quanto del volsco, del marso e dellequicolo, cio dellevariet umbro-sabine pi meridionali; anchesse sono ben presenti in sudpiceno, con la stessafluttuazione -is/-ies (eloquente i gi citati casi incrociati di apaes ppnis ST Sp MC 1 ed

    apais pom

    p

    n

    i

    es MC 2) che si presenterebbe in presannita. Nominativi normali in -is inpresannita sono attestati nei casi di trebis STPs 8 e vinus veneliis peracis Ps 3, e peraltro proprioloscillazione -is/-ies sembrerebbe senzaltro documentata nel cippo di Tortora in nepis / nepiesnequis, per per il nominativo singolare di un tema in *-i-; se, come pare difficile negare, il caso dinepies sovrapponibile a quello dei temi in *-yo-, la matrice dello sviluppo di questi nominativi in -ies va individuata sul livello del mutamento di suono (ad es. quale fenomeno dissimilatorio agentesu /i/ in sillaba finale atona), e non su quello di interventi analogici16.Anche il dossier presannita relativo ad *esom sum si mostra assai interessante e significativonellambito della tematica dei rapporti con le altre variet sabelliche. *esom la variante tonica di*som, che la forma enclitica poi promossa a rimpiazzare la tonica tanto in latino quanto in osco;in questultimo ambito non si hanno occorrenze di *esom, che al contrario si mostra formasaldamente ancorata a tutta la tradizione sabellica settentrionale a partire dalla quota sudpicena

    (ST Sp TE 4) fino alle pi recenti emergenze sabino-capenati17 ed umbre (arricchite ora da un

    16 Cfr. per tutta la questione Agostiniani 2006, 2010.17AF389, 404, 465 =LSU10-12, Capena, 300 a.C. ca.

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    nuovo graffito della fine del III sec. a.C. da Colfiorito che reca t[.] gabie(s). esu)18. peraltroprobabile, secondo una suggestione di Negri19, che la forma sia rimasta in vita nelle varietdialettali sabelliche dellarea laziale fino alla completa romanizzazione, in virt dellangolaturasabina dei recuperi antiquari varroniani entro cui compresa appunto lunica attestazioneletteraria di esum in latino20; il che, per inciso, contestualizzerebbe meglio la stessa occorrenzaernica di esu del 300 a.C. ca., che costituisce lunica isolata emergenza della forma tonica in unavariet di (peraltro solo ipotetica) matrice osca21. La presenza di *esom in presannita perci unulteriore elemento di vicinanza con il filone sabellico settentrionale, ed al contempo confortalimpressione di una generale continuit tra area campana e laziale, nella cui cornice va notato come siafin troppo ben collocata lunica attestazione epigrafica di esom nel latino arcaico, oltretutto abbinataproprio al titolo aurunco-presannita ST Ps 10 in una situazione peraltro di quasi-bilingue,specialmente in una delle interpretazioni correnti (10). In pi, il presannita lunica variet intutto litalico a mostrare attestate contemporaneamente la forma tonica (p.s. esuminSTPs 4 e 5) ela clitica (s.p. sum in Ps 7 e 13), e si pu allora rilevare come in rapporto ad una tale vitalit dellavariazione sincronica delle forme per sum si trovi ben contestalizzata anche lulteriore variantesim attestata nel paleoosco della realt locale di Saticula22 (a prescindere dalle incertezze chegravano sullorigine di tale forma, come peraltro sulla genesi della stessa forma *esom e della 1.pl.*somos, per le quali ultime la soluzione finora migliore quella prospettata da Dunkel dellacontinuazione, per la 1.sg., non della forma del presente indicativo PIE *h1es-mi, ma della 1.sg.*h1s-o-m del vecchio congiuntivo non continuato in italico, che avrebbe poi attratto nel vocalismola 1.sg.)23.

    5. Rispetto a questo quadro, i limitati dati linguistici dallarea aurunca sono allora indicativiproprio perch vi si inseriscono in modo del tutto coerente, riproponendo, nelle terminazionipresentate dalle due forme onomastiche minaeis e ahuidies (ST Ps 9 e 10), la medesimacaratteristica oscillazione tra forme conservate e monottongate se sono entrambi genitivi, oppureuna ulteriore forma innovativa di nominativo in -ies nel caso ahuidies abbia tale funzionemorfosintattica. Da entrambe le prospettive risulta avvalorato il dato pi importante, che quellodel legame di questi documenti di VI-V sec. a.C. darea pi settentrionale con le tradizioni

    presannite campane, gi indicato sul piano grafico dalla presenza del theta crociato in minaeis,caratteristico della tradizione etrusca della Campania e ancora attestato nella penisola sorrentinaalla fine del IV sec. a.C. Il ricorso al in luogo del normale , che il grafo con cui lo stessopraenomen compare nelle altre occorrenze, tutte in osco (nelle forme non abbreviate: Gen.sg. o.minatesSTCp 25, Dat.sg. minat Si 2, Nom.sg. minaz Cm 14; cfr. probabilmente minat( )Fr 11; cfr. il gentilizio minatis Cm 47 Nom.sg.), non dovrebbe collegarsi ad aspetti di funzionalited spiegata da Poccetti nel senso dellutilizzo di una variante grafica opzionale per una linguasabellica, messa a disposizione dagli alfabeti circolanti prima dellespunzione dei segni per leaspirate dal repertorio conseguita alla fissazione dellalfabeto osco nazionale24. La stessa grafia diahuidies (), destrorsa, ripropone significativamente lo stessa amalgama di tratticaratteristico dei testi della Campania soprattutto di fase paleoosca, ed in particolare permeata dielementi vicini alla tradizione paleoitalica quali limpostazione squadrata, la rovesciata e la

    (con i quali coerente anche il sigma a quattro tratti).Quanto a ahuidies, da notare la grafia con interna assente nelle altre occorrenze di questogentilizio in sabellico, anche in questo caso tutte in osco: ahvdi Nom.sg.f. ST Po 51, avdiisNom.sg.m. Po 8 (m(ina)z. avdiis. kl.), a#deies Nom.sg.m. Lu 8 (statis 2a#deies. sta(tihis)3k#ais(tor)). La situazione dovrebbe inquadrarsi nel senso di una sincope vocalica stranamente nonancora occorsa alla fine del VI sec. a.C. o, forse meglio, non registrata da una norma graficaconservativa, ed invece occorsa e registrata nelle successive occorrenze in osco, come peraltro inlatino, nel cui ambito il gentilizio compare nella stessa forma sincopata, certamente trapassata

    18LSU69; i casi noti sonoSTUm 17-20 da Colfiorito e pi incertamente Um 7 da Fossato di Vico.19 Negri 2002.20 Varr. l.l. 9,100: sum quod nunc dicitur olim dicebatur esum.21

    STHe 3: c. titieis. esu.22ST Cm 22: vipieis veliieis culchna sim, Cm 23: maceis sim, Cm 24: kanuties sim, Cm 25: irela(s) sim, Cm 26:veltinei(s) sim.23 Dunkel 1998; cfr. Joseph, Wallace 1987.24 Poccetti 2010, p. 85

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    dallosco a giudicare dalla distribuzione di lat. Audius concentrata a meridione ed in particolare inCampania25. La forma doveva presentare, almeno in origine, non un dittongo */au/, ma unasequenza */'a.wi.d(i)j/, ed in questa prospettiva pu trovare una giustificazione non, in s, lagrafia con digamma dellosco, che risponde comunque alle logiche generali della notazione deidittonghi negli alfabeti oschi (cfr. ad es. o. kla#disST Me 4), quanto invece quella con inpresannita: questa dovrebbe infatti rientrare nella congerie degli usi meramente grafici di notia tutte le tradizioni sabelliche, qui specificamente utilizzata come marcatore delleterosillabicitdella sequenza, peraltro in un alfabeto che pare impossibilitato a distinguere [u] e [w]; non inverosimile, daltra parte, che al confine sillabico potesse corrispondere leffettiva presenza di uncolpo di glottide, in modo analogo a quanto ricostruito da Adiego26 per il sudpiceno nei casi diiato ingeneratosi a seguito di monottongazioni (cfr. s.p. sas /s.ais/ < *sowys AP 2 eshh /s./ < *sowd TE 1 di contro a suaipis /swai.pis/ < *swi nella stessa TE 1; cfr. laparallela situazione nella nuova forma umbra suhes /su.(w)s/< *sowys o *sowys in alfabetopaleoitalico)27. Nello stesso osco non mancano casi di anetimologica funzionante da separatoredi segmenti vocalici eterosillabici, come appare chiarissimo nel caso della scrittura del nomeMaras, sistematicamente con nelle forme con terminazione sillabiche, ma senza alNom.sg.28; fatto che esclude la possibilit che la funzione del grafo sia quella della semplicenotazione di una quantit vocalica lunga, come invece rimane dubbio per casi comunque consimiliquali o. stahnt Cp 25.

    6. Quanto al testo aurunco di pi recente acquisizione, della seconda met del V sec. a.C., gistato debitamente valutato dallEditore, e ribadito qui da Daniele Maras, come laspetto grafico-alfabetico costituisca di per s un dato significativo nella misura in cui lo riunisce pienamente allatradizione scrittoria dellarea campana. Letta come kailen[---], la forma superstite rimandaevidentemente al plesso delle forme onomastiche chiamate in causa dallEditore, che vanno daipraenomina etr. kaile/caile, fal. cailio, o. kal, ai gentilizi derivati etr. cailina, lat. Caelius (lat.arc.Kaili(os)/Caili(os)), ed altri29. Tuttavia, tanto sotto il profilo dellevidenza paleografica che suquello dei riscontri, sembra pi opportuna, e ben pi significativa, laltra lettura prospettata mascartata dallo stesso Editore, vale a direkaluen[-?-], cio(da rimarcare con e non

    sul piano alfabetico). Nel grafo letto , infatti, la presenza del secondo tratto ineludibile, etrova conferma nella scia di prolungamento del tratto provocata dal trascinamento del punteruolosulla superficie a crudo dopo lo stacco dal tratto grafico vero e proprio, inciso appunto conandamento a salire. Lo stesso si riscontra nel caso dei tratti obliqui di < e>, con andamento ascendere, e apparentemente dello stesso tratto mediano di , che sembra del pari inciso conandamento a salire e perci costituisce un parallelo calzante anche per langolo formato con iltratto verticale al punto dorigine in basso. Per il quarto grafo la lettura < l> esclusa non solo dallapresenza di una precedente (e differente), ma anche dalla troppo precisa scalfittura dellasuperficie rispetto al tracciato di una , nonch dallinclinazione e dallincidenza dei due tratti inrelazione alla linea teorica.

    7. Ci che consolida questa lettura sono i riscontri, giacch formazioni compatibili, onomastiche

    ma non solo, risultano ben diffuse in quellarea o in aree immediatamente contermini, ed possibile detengano un particolare legame con larea aurunca. Pi semplice cominciare conlambito onomastico, che interessa lampia famiglia degli idionimi con tema Caluo-, comprendenteanche forme in -n- che sono quelle che specificamente potrebbero essere ravvisate nelliscrizione, eche presentano appunto unampia diffusione nellambiente sabellico centro-meridionale: lat.Calunus e Calunius, gentilizi attestati il primo aFurfo,Alba Fucens, Nesce (Aequiculi)30, Roma31,

    25 Molto frequente ad es. a Pompei: CIL IV 7453, 7613 , 7704, 7808, 7943, etc.26 Adiego 1992, pp. 66-80, 97-98.27LSU30: [-?-]pedvas 2[-?-]ves. suhes.28 O. maras Cm 14, Sa 24, maras Lu 16, Me 3, [mar]as Me 1,[mar]as Fr 16, maraheis (2x) marah[eis] marah[ei]s

    Cm 14, mh Gen.sg. Sa 21, 32, marahis Nom.sg. (gentilizio in *-yo-) Cm 14, marahis Lu 2, marahieis Cm 28 Gen.sg.;controesempi: maraen Lu 46, maraies Sa 4, marai(ies)Cm 7, mri Cm 47.29 Dossier in Lauria 2011, p. 8.30 Rispettivamente CIL IX 3538, 3979, 4141.31CIL VI 14265;AE1999, 304.

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    il secondo a Misenum32, che presentano altre occorrenze solo a Vicetia33 e in Hispania citerior34;lat. Caluentius, gentilizio attestatissimo in ambito campano35, soprattutto a Pompei36, variamentein ambito meridionale37 e centrale38, a Roma39, e molto diffuso anche in Italia settentrionale40,nonch in alcune province dellimpero, dove si tratta per la massima parte di legionari41.Ma il legame con lambiente sabellico e pi specificamente con larea campana coinvolge in realtun po tutte le forme di questa ampia famiglia onomastica, che presentano anche attestazionidirette entro il sabellico, in osco. Si trova innanzitutto il gentilizio dellimportante gens capuana deiCalaui, vale a dire la formazione in *-yo- osca kalaviis (Nom.sg.) corrispondente a lat. Caluius,attestata in osco a Cuma42, Nola43, Aesernia44, nonch su un bollo da Pompei (noto in dueesemplari)45, trapassata nella stessa forma anaptittica in latino, che registra attestazioni epigrafichea Capua46, Puteoli47, Pompei48, Nuceria49, Beneuentum50, Larinum51, Brundisium52, Histonium53,Aquinum54, Tolentinum55, Roma56, Ostia57. La gens ben nota dalla storiografia romana, cheriferisce di numerosi suoi esponenti, a partire dai tempi delle Forche Caudine, attraverso, tra lealtre, la figura diPacuvius Calavius meddix capuano al tempo della seconda guerra punica, fino aquella (interessante per il cognomen) di Calauius Sabinus det imperiale58; lepigrafia oscacapuana restituisce per solo un gentilizio kaluvis / kalviis*59, inteso di norma quale variantedi Calauius (cfr. sotto). Lo stesso gentilizio lat. Caluius, di diffusione pi ampia, si trovaugualmente con grande frequenza in aree significative: Cales60, Cora61, Puteoli62, Luceria63,

    32CIL X 3664 =AE1988, 319.33M(ani) Calveni CIL V 8110, 311a-b.34Eburia Calveni f(ilia) Celtica AE1997, 873 Andinuela.35 ACIL X 2219 (), 2600Puteoli, CIL X 3553Misenum,AE2001, 854Liternum, CIL IX 1778Beneventum.36CIL IV 85, 276, 292, 376 (p. 194), 423, 518, 526, 688, 722, 747 (p. 196), 843 (p. 197), 858 (pp. 197, 461), 872 (p. 197),873 (p. 197), 921 (p. 198), 964, 969, 1551, 2939, 3340,39, 50, 51, 87 (p 454) , 3689, 3751, 3759, 3840, 5796, 5797, 7148,7159a, 7173, 7198, 7225, 7230, 7244a, 7286, 7293, 7294, 7295, 7318, 7406, 7407, 7465, 7480, 7487, 7499, 7515, 7575,7604, 7647, 7686, 7713, 7720, 7812, 7844, 7852, 7870, 7884, 7904, 7908, 7952, 7975, 8323a, 9167, 10248, AE1988, 329,

    AE1990, 183b-f, 2006, 62.37CIL IX 103, 205Brundisium, IX 1151Aeclanum, X 8056,76Siracusa.38 AMarruuium: CIL IX 3714; in Umbria: CIL IX 4966Spoletium, IX 5461Asisium, IX 5681 = I2 2121 (p. 1081)Attidium,IX 6376Pisaurum; in Etruria meridionale: CIL XI 3186Falerii, CIL XI 3254Sutrium.39

    CIL VI 14266-7, XV 214,1-9, 215,1-2, 216,1-20, 325,1-4, X 1026,AE1973, 139, 161; ad Ostia CIL IV 19.40CILV 581 Tergeste, 5016 Tridentum, 904Aquileia, 2478, 2678, 2704Ateste, 2408Ferrara , 2804Patauium , 3387,3532, 3533, 8114,15, 8866 Verona, 3128, 8110,311a-b, Vicetia,AE1981, 418Altinum, CILV 8682 Concordia, 4399, 4401,4402, 4474, 4558 (p. 1080), AE 1975, 435, AE 2001, 1065 Brixia, 5273, 5330, 5331 Comum , 5978, AE 1974, 348

    Mediolanum, CILV 6527Nouaria , 7892 Cemenelum, 7533Forum Fuluii,AE1987, 407 Ventimiglia.41CIL III 2143, 8628 (=AE2003, 1331), 9896Dalmatia, 3329 13382,AE1994, 01394, CIL III, 3845 (p. 2328,188), 11107,4434 = 11090 Pannonia, 7844, 7904 Dacia, 4845 (p. 2328,44), 5495, 05519 (p. 2328,48), 5641, 14368,22, 26, 27, AE1977, 605 AE1995, 1203 Noricum, 6010,52b-d Raetia, RIB I 475, 1597 (?), II,8, 2503,149, Britannia, AE2001, 01325

    Antibes, CIL II 4335 (p. LXXIX), 4970,110 Tarraco, II 14,1 51 Valentia,AE2003, 992 Segobriga,AE1992, 1871, CIL VIII2586, 2668, 2742 (p. 954, 1739), 2834, 3819, 4788, 5704, 6061, ILAlg. II 2,2 0652, 09141, 4446, II 2,3 7617 Numidia,

    ILGR 254 Philippi: L(ucius) Calventi/us L(uci) f(ilius) Pol(lia) / Bassus do/mo Epored(ia) / optio leg(ionis) XI /an(norum) XL stip(endiorum) X / h(ic) s(itus) e(st).42stenim. kalauiim Acc.sg.m. Cm 13 (defixio).43p(a)k(is). kala[v]iis. p(a)k(ies). Nom.sg.m.STCm 48.44stenis. kalaviis. g(avieis) Nom.sg.m. Sa 22.45st. kal tPo 21.46CIL X 3787.47AE1990, 147a, CIL X 2202 (p. 1008).48CIL IV 9481; 3340,31.49CIL X 1090.50CIL IX 1985 (p. 671).51CIL IX 749.52CIL IX 6112, 6113.53CIL IX 288554CIL X 545855AE1993, 60356CIL VI 4535, 5894, 5895, 14053, 34076 =AE1997, 17757CIL XIV 737.58 Liv. 23, 2-4, 8, 9; Tac.Ann. 15, 7.59

    mais. kaluvis Nom.sg.m.STCp 39; sp(uries). ka

    2

    l

    u

    vieis. e [sp(urieis).]2

    kalvies. Gen.sg.m. Cp 29-30. Planta1892-97, I, p. 258 nt. 1.60CIL X 4644; 4645.61CIL X 6505 = I2 1506 (p. 1001); X 6506 = I2 1507 (p. 1001) =AE2004, 388; X 6509 = I2 1509 (p. 1001).62CIL X 2221 =AE1980, 246; 2222.

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    Venusia64, Locri65, Marruuium66, Collaterra67, Reate68, Cures Sabini69, Urbs Saluia70. Con altriformanti, si trovano poi la formazione in *-no- in peligno, nel cognomen pg. calauan(s)71, ed ilderivato in *-no-, Calunus, presente solo in latino, ma anchesso ben attestato come cognomen enomen femminile in tutta larea (Casinum72, Fabrateria Noua73, Venafrum74, Salernum75, edinoltre Tarracina eNeapolis76), nonch in Umbria77. Il dossier include poi anche varie altre formederivate, in -ilio-/-edio-, -sio- (Calusi Sabn), -sidio-, -sio-, -icio-, -illo-, note tanto in Italiacentro-meridionale che in ambito settentrionale; in Campania e nella Cisalpina rimangono anchetestimonianze indirette degli onomastici nella toponomastica: Calvnico (SA, Calunius + -icus) eCalvizzano (NA, Caluicius + nus); Calvagese (BS, Calusius + -ensis), Calvignano (PV, Caluinius+ -nus), Calvignasco (MI, Caluinius + it. -asco), Calavino (TN, Calauius), ed altri casi; inCampania la testimonianza indiretta offerta anche da un fitonimo, cio dalla denominazione dellautis caluentna, il vitigno del monte Gauro78, lodierno monte Barbaro presso Cuma. Lambitosettentrionale laltro polo di attestazione degli onomastici con tema Caluo-, che sembrerebberoessersi incrociate con originarie forme celtiche possibilmente imparentate quanto a etimo remoto; talch, in particolare, data appunto la presenza di onomastici quali Calaua e correlati dallaBritannia allEuropa continentale, difficile giudicare forme che ricorrono in ambienti a sostratoceltico quali il gentilizio Calauius od il cognomen Calauina (invero di una donna di nomeTurrnia) che compare insieme al gentilizio Calauia in uniscrizione di Aquileia79. Tuttavia, nelcaso dellaMaecia C(ai) f(ilia) Auruncina Calauiana attestata a Filippi80, del cognomen Calauinasembra suggellata lorigine italica, nonch un significativo rapporto proprio con larea aurunca.Per la maggior parte le forme di questo plesso onomastico si collegano allaggettivo calvo, lat.caluus, che in latino realizza direttamente anche cognomina. Questultimo dovrebbe essereformazione identica ad antico indiano kulva calvo, e perci continuare la formazione aggettivalePIE *kH-wo-, che in protoitalico esita in *kal-awo- per una distinzione nellesito del grupposonorante sillabica + laringale (H) in posizione interconsonantica tra i contesti in sillaba tonica,con un esito /ala/ (CHC > CaRaC), ed in sillaba atona, dove lesito quello normale in /l/ (iltipo CHC > CRC delle c.d. sonanti lunghe indoeuropee)81. Alternativa che la formazionecontinuata in italico presenti il grado apofonico pieno nel suffisso, con una trafila PIE *kH-ewo- >p.it. *kal-owo- dovuta allesito PIE *ew > p.it. *ow e alla regolare vocalizzazione come /aR/ del

    gruppo Hantevocalico (HV > aRV [R = r, l])82

    . In ognuno dei due casi (p.it. *kalawo- oppure*kalowo-), le forme latine sono sincopate, come in saluus salvo; in quelle osche, kalaviis, (lat.)Calauius, pg.calauan(s), la /a/ reinsorta per anaptissi anteriore dopo la sincope (*kala/owo- >

    63AE1997, 370.64CIL IX 492; 493.65CIL X 19.66CIL IX 3711.67CIL IX 4376.68CIL IX 4710.69CIL IX 5010.70CIL IX 5540 =AE2006, 400.71u. aniaes. u. calauan(s) STPg 38 Corfinium.72CIL X 5160a (p. 979).73CIL X 5578.74CIL X *618; *620.75CIL X *129.76CIL X 6314 (p. 998) = I2 767 (p. 947); CIL X 8059,134.77CIL XI 4588 Carsulae.78 Plin. n.h. XIV 38.79Calauiae Q(uinti) f(iliae) Ceruolae, TurraniaeCalauianaeCIL V 8305. Calauius ad Aix-en-Provence: CIL XII 520. Cfr.il cognomen Calau ad Oderzo (C(aius) Calpurnius / C(ai) f(ilius) CalauoCIL I2 3409). Altre attestazioni di Calauius sihanno inAfrica proconsularis (L(ucius) Calauius Germanianus CIL VIII 12299; 23879, Bijga; Sex(tus) Calauius Victor

    P(ubli) fil(ius) sac(erdos) ILAfr 337, Soliman), ed in Pannonia tra legionari: (Sex(tus) Calaui/us Maximusb(ene)f(iciarius) co(n)s(ularis) / leg(ionis) II Ad(iutricis) AE1994, 1435 Sremska Mitrovica;L(ucius) Calauius / L(uci)

    f(ilius) Sergia / Nicopolis / Vitalis / ueteranus / leg(ionis) I)AE1914, 10 Sopron).80AE1991, 1428.81 Cfr. ad es. lat. (g)ntus, pg. cnatois (gr. -gnhtoj, gall. -gnatos) < PIE *h2-t- (CHC) versus lat. genitor < p.it.*genatr < PIE *enh2-tor- da PIE *enh2- generare. Cfr. Meiser 1998, p. 108.82 Meiser 1998, p. 109.

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    *kalwo- > *kalawo-), come in o. salaviisST Cp 3 Nom.sg.m.83. Per inciso, nei temi in *-wo- ilNom.sg.m. subisce generalmente il samprasarana *-wos > -us per la sincope della vocale brevefinale, in parallelo a *-yos > -is per i temi in *-yo- (cfr. Nom.sg.m. o. facus factusSTLu 1 < p.it.*fak-wos)84 ; ma nei temi in *V-wo-, come o. salavs ST Cm 18, sala#s Lu 40 Saluus, ilNom.sg.m. non va obbligatoriamente considerato restituito sugli altri casi della flessione (Gen.sg.*salaw-eis Nom.sg. *salaw-s), perch una forma bisillabica quale *salaws risultante dallasincope della vocale breve finale nelloriginario Nom.sg.m. *salawos protosabellico pu averattraversato immune la sincope di VI sec. a.C. e dunque continuare direttamente la formaoriginaria, con /a/ non anaptittica. Le stesse considerazioni valgono evidentemente anche per laforma-base *kala/owo- calvo in osco.La forma capuana o. kaluvis / kalviis*, normalmente riunita con o. kalaviis (e lemmatizzatainsieme ad essa da Rix85), potrebbe in teoria documentare il tema p.it. *kalowo- (*kalow-yo-)86,sia quale alternativa a p.it. *kalawo- che come formazione parallelamente presente; tuttavialipotesi improbabile per la difficolt posta in questa prospettiva dalla mancata sincope. Ma lasoluzione che pare pi semplice, e pi aderente alle informazioni storiche sui Calauicapuani, quella tradizionalmente accolta, cio che sia una forma non diversa da o. kalaviis, cio *kalw-yo-,con una grafia che registra lo sviluppo di un appoggio vocalico (e conseguente risillabificazione)nella sequenza /lwi/ (Nom.sg /kalwis/ > /kaluwis/) o /lwj/ (ad es. Gen.sg. /kalwjeis/ >/kaluwjeis/) dovuto a fatti di naturalezza fonologica ed in assenza di anaptissi anteriore. Fenomenidi questo tipo, ammissibili a priori in chiave fonologico-naturale perch rientrano nelle dinamichedi riparazione di un contatto sillabico cattivo, sono espressamente attestati in osco nei casi, inrealt speculari a kaluvis, di tematizzazione di temi in *-u-, dove la sequenza /uV/ sviluppa dallavocale poteriore il glide [w] nello iato, come in o. fatuves (Gen.sg.m.),fato#e (Voc.sg.m.) = lat.Fatuus87, ed o. etiuva- se tematizzazione al femminile di un astratto in *-tu-88; in questi casi ilcarattere secondario della sequenza ne spiega anche la resistenza alla sincope. Nelleformazioni in *-uwyo-, originate dalla derivazione in *-yo- da temi in *-u- (ad es. p.it. *pk-s*pk-yo- versus p.it. *pk-u- *pk-uw(-)yo-), e dunque anchesse esempi di sviluppo di unasequenza /u.w/ (od /o.w/), si trovano grafie quali o. pak#his (praen. Gen.sg.m.) o ms. pacuies(gent. Nom.sg.m.)89; il che sembra implicare lesistenza di un continuum di variet soprattutto

    diafasiche riflesso nella norma grafica, che ammette ai due poli forme (sincopate ma)rivocalizzate, forme invece ridotte (al limite anche per grafia economica), normalmentesincopate, allegro-forme, e cos via. Nella stessa prospettiva si pu perci inquadrare la forma o.kaluvis / kalviis* quale variante diafasica e grafica di *kalvis, per esclusivamenteammettendone, appunto, quantomeno linsorgenza nella fase precedente allazione dellanaptissi,ed al limite la lessicalizzazione della forma e/o la sua fissazione nella norma grafica. Diventapertanto prioritario chiedersi se e quanto il caso di *kalw-yo- > kaluvis, kalviis* possarelazionarsi con le particolarit dellanaptissi a Capua. Lassenza dellanaptissi posteriore in alcuniambienti del sabellico meridionale indica che questaltro tipo di anaptissi pi tardo90, e inquadratutto il fenomeno dellanaptissi nel complesso secondo un modello di processo a progressionegraduale; il che evidentemente compatibile con lipotesi di unirradiazione pi tarda a Capuaanche dellanaptissi anteriore, di cui kaluvis sembra una buona spia, perch, com noto, losco

    capuano appunto una delle variet in cui manca lanaptissi anteriore91

    .

    83RCV2> 1RV1CV2 come ad es. in pg. alafis Nom.sg.m. (Pg 2), o. alafiom Acc.sg.m. (Lu 43) = lat. Alfius, etc.: Planta1892-97, I, pp. 257-258. Cfr. sotto, 9.84 Cfr. Buck 1904, p. 60.85STOnomastikon, p. 140.86IEW554.87

    STHi 6Aeclanum; Lu 13 Tricarico. Cfr. WOU268.88 o. etiuvamSTPo 3, etiuvad Sa 4, Po 3, 4, 13, 16, etiuva[d] Sa 13, etiuv[ad] Po 14. Cfr. WOU211.89 RispettivamenteSTVM 3 e Lu 40.90 Cfr. Meiser 2010.91 Planta 1892-97, I, 268-270. Cfr. oltre, nota 112.

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    Soluzione pi difficilmente praticabile , invece, quella di considerare kaluvis / kalviis* toutcourt una formazione in *-uwyo-, perch ci comporterebbe una base in *-u- non perspicua;tuttavia lipotesi non pu essere scartata, a causa dellesistenza dellaggettivo in *-idho- lat.callidus/calidus che ha una macchia bianca in fronte, di cui non pu escludersi la parentela concaluus e con gli onomastici con tema in Caluo-, e che, in quanto teoricamente formazione ancorataal sistema di Caland, dovrebbe implicare appunto la presenza dellastratto in *-u-.In conclusione, rapportata al quadro degli onomastici di norma ricondotti a caluus, che pu essererappresentato come segue, la forma kaluen[-?-] della nuova iscrizione si lascia intendere cometrasp. p.it. *kala-w-no- o *kal-ow-no- (lat. Calunus), sincopato, od anche come lulteriorederivato in *-n-yo- (lat. Calunius), o come la forma corrispondente a lat. Caluentius:

    *kal(a/o)wo- caluus/CaluusCaluius*kal(a/o)w-yo-

    o. kalaviis Calauiuso. kaluvis, kalvies

    *kal(a/o)w-y-no- Calauina*kal(a/o)w-no- Calunus*kal(a/o)w-n-yo- Calunius

    *kal(a/o)w-no- pg. calauan(s) Calunus*kal(a/o)w-n-yo- Calunius

    *kal(a/o)w-no- p.s. kaluen[-?-](?) Calunus*kal(a/o)w-y-n-yo- Calunius

    *kal(a/o)w-ent-yo- Caluentius

    8. Laltra possibilit coinvolge in generale le forme del tipo di caluno-, tra le quali si inserisce orap.s. kaluen[-?-], ed innescata proprio dal loro netto legame con larea tra Lazio e Campania etalora espressamente aurunca, che, unito al fatto che il nome italiano moderno dellantica Cales Calvi, induce il sospetto che possano avere a che fare non tanto, o non solo, con laggettivo ecognomen caluus, ma proprio con il poleonimo di tale citt aurunca. Daltra parte, il poleonimoantico documentato solo entro la tradizione latina, dove ha attestazioni risalenti fino allinizio delIII sec. a.C., nelletnico caleno delle legende delle emissioni monetali calene, in virt dellantichitdella deduzione della colonia, del 334 a.C., sul precedente insediamento indigeno conquistatolanno precedente92. La questione, perci, si incentra sulla possibilit o meno di ammettere untoponimo originario indigeno con una forma quale **Kalwes o sim., sopravvissuto sommersorispetto a quello latinizzato e successivamente riemerso (o meglio risorto).Sul piano dei mutamenti fonetici, tanto il latino che il sabellico conoscono un cambio *lw > ll93: peril latino cfr. ad es. casi comeflix< *flli- < *flwi- < PIE *dheh1-l-u-ih2-, o mollis < *mollwis < PIE

    92 Cfr. ad es. Chiesa 2011; per la monetazione calena cfr. Pantuliano 2005.93 Questione approfonditamente analizzata in Driessen 2005.

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    *md-u-ih2-94; tanto per il sabellico che per il latino cfr. il caso di p.it. * solwo- tutto, o. sullus,sullum, [s]ullas tutto ST Cm 14, etc., lat. sollo- tutto sollers abile, sollemnis solenne annuale95. Non chiaro se il cambio sia realmente di quota protoitalica, ma certamenteprecedente alla sincope di VI sec. a.C.; perci non interessa le sequenze /lw/ secondarie prodotteda tale sincope, e forme come lat. caluus e saluus, cos come le corrispondenti sabelliche, nonsubiscono *lw > llperch erano ancora *kalawos (o *kalowos) e *salawos quando il fenomeno ag.Pertanto, la forma da supporre per il poleonimo indigeno dovrebbe contenere una sequenzaoriginaria p.it. **kalaw refrattaria a *lw > ll, ma che poi in latino sarebbe stata recepita e trattatain modo diverso da caluus e saluus. Non problematico ammettere che un tale forma possa esserestata acquisita dal latino come **kalw, perch la ricezione potrebbe aver avuto luogo nella fasesuccessiva alla sincope **kalaw > **kalw (del VI sec. a.C.) ma precedente allanaptissi, oppuresenzaltro perch la variet sabellica locale non aveva anaptissi; tuttavia il supposto trattamentolatino **kalwCal rimane non facilmente giustificabile. Posto che comunque la fonologia delprestito rimane un ambito tipicamente soggetto a irregolarit, lunica soluzione che ha un marginedi praticabilit quella di collocare lazione del fenomeno non sul toponimo, ma sulletnico,ipoteticamente *kalwno- (ma anche *kalwno- od altre formazioni), e dunque di legarla alladifferente condizione accentuale come /lw/, che potrebbe aver prodotto in latino lassimilazione*lw > ll in posizione pretonica, *kalwno- > **kallno-, con successivo scempiamento in Calno-per la mamilla-Gesetz (mmma > mamlla, cnna > canlis), oppure aver provocatodirettamente una semplificazione *lw > l in posizione pretonica secondo le stesse dinamiche difonologia autosegmentale determinanti la mamilla-Gesetz (**Kalwes(?) ~ *kalno-). Dalletnico*kallno- > *kalno-, o direttamente *kalno- (le succitate occorrenze di nella grafialatina arcaica non notante le consonanti doppie non orientano su questo punto) sarebbe poi statoretroformato il poleonimo: lat. (*kallno- >) calno- Cales.La spiegazione debole perch senza evidenze n paralleli certi; ma il plesso degli indizi linguisticied extralinguistici denso e non trascurabile, e, riordinando tutti i dati, comprende:- la gravitazione su questarea di tutte le forme onomastiche viste, che peraltro in pi casi sonoderivati in -no- dal tipico valore di etnici;- il toponimo moderno come Calvi, attestato a partire dallanno 914 (accanto alla variante

    Caleno/Calino derivata significativamente dalletnico), che continuerebbe con totale regolarituna forma **Kalwes, mentre non pu affatto riflettere il toponimo latino Calues, tant che vienespiegato come ridenominazione realizzata ex novo sulla base dellaggettivo caluus con riferimentoad una zona disboscata o ad un territorio sterile, secondo un modello in effetti attestato96;- loscillazione della forma in latino tra singolare e plurale, Cales -ium e Cales -is, che ben siadatterebbe ad una parola importata e perci opaca nella morfostruttura; il caso nellinterezza,peraltro, compresi gli aspetti relativi appunto alla morfostruttura, ricorda quello del poleonimosabino di Cures approfonditamente esaminato da Prosdocimi da angolatura similmente sabellica97;- infine, la denominazione dellaltura sovrastante il sito della Calvi romana, che quella di MonteCalvento, con una forma che rientra in un tipo di formazioni che sono state di recente chiarite da A.Nussbaum e Sergio Neri98 come originari ed antichi aggettivi appertinentivi realizzati come ipostasiin *-to- di locativi in *-en, dal valore tipicamente di che si trova presso, e che in ambito italico

    ricorrono di frequente nella toponomastica, come ad es. nel caso particolarmente chiaro diSalentum, dal valore etimologico di situato vicino al mare, che sta sul mare99.Se le cose stessero in questi termini, tutte le forme sabelliche derivate con formanti tipicamenteetnici sarebbero effettivi originari etnici pertinenti al centro di Cales/Calvi riutilizzati

    94 Meiser 1998, p. 120.95WOU714; Weiss 2010, p. 162. Cfr. Fest. 372: sollum Osce totum et solidum significat; Fest. 384: sollo Osce dicitur idquod nos totum vocamus Sollers etiam in omni re prudens; et sollemne, quod omnibus annis praestari debet.96 Cfr.DTop s.v. Calvi Risorta, p. 119.97 Prosdocimi 1996.98 A cui devo la stessa informazione.99 Cfr. Nussbaum in Neri 2007, p. 66; Neri in stampa, p. 11 (provvisoria): 4) Zugehrigkeitsadjektive (auchsubstantiviert) vgl. Bildungen wie ai. hemant- winterliche Jahreszeit, ON lat. Salentum Winter (ai. hemant-).

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    nellonomastica personale; ed in particolare il nuovo graffito sul dolio da Castelnuovo Paranopotrebbe anche presentare non una forma onomastica, ma senzaltro letnico, magari perlindicazione della provenienza com pratica ben ricorrente, tra laltro anche nei pi tardi vasculacalena. Tuttavia, in questa prospettiva, la soluzione che si imporrebbe per lipotetico etnicocaleno iscritto sullorlo di un dolio che indicasse non altro che il contenuto, cio il Calnum, ilvino prodotto a Cales celebrato con tale denominazione in epoca letteraria100. Certo, la cronologiaalla seconda met del V sec. a.C. effettivamente alta per la menzione del Caleno, e questo ponelunica riserva a quella che altrimenti sarebbe la prova documentaria decisiva dellinteraricostruzione (corroborata anche dalla denominazione della utis caluentna101, che non pareestranea). Per il resto, lo scenario sarebbe compatibile con il fatto che la forma non pare precedutada altro testo e dunque potrebbe essere isolata, e che si trova apposta su un dolio, che, stando alleinformazioni disponibili per let pi tarda, era il recipiente utilizzato per la fermentazione del vino,nonch per il primo invecchiamento (prima del travaso in anfore nel caso di vini di qualit, mentrenel caso di vini meno pregiati era comune procedere direttamente a unum dolire, cio adattingere al dolio)102. In pi, apporre lindicazione del contenuto sui recipienti non era certopratica diffusa solo in epoca pi tarda, quando tra laltro vi si trova menzionato anche lo stessoCaleno103: basti richiamarsi alletrusco che mostra esempi quali il caso degli aryballoiellenisticidel Louvre con iscrizioni rispettivamente ruta e cuprum da pochissimo riconsiderate da Briquel nelsenso degli estratti erboristici per cosmesi femminile della ruta graueolans, pianta aromatica, edel cyprus, cio della Lawsonia inermis, lhenn104; o il caso del piccolo askos della met/fine delIV sec. a.C. con iscrizione mi faena tata tulalu, in cuifasena aggettivo sostantivato derivato daun possibile nome della farina, o di qualche tipo di polvere (per cosmesi) (se etr.fase vale poltanel Liber Linteus)105, oppure dell olio106; fino a casi arcaici quali quello del VII sec. a.C.,dellaryballos di bucchero con icrizione mlaka | ela | aka mi eleivana della bella io sono ilgrande(?) vaso ( gr. skj) oleario107, o quelli dei vasi recanti iscrizioni con etr. ina recipienteacquario, derivato di etr. ti acqua e matrice di lat. tina bigoncia secondo Rix108. Sul pianoetimologico, chiaramente resterebbero difficilmente ricostruibili tanto il valore che la strutturaformale del supposto poleonimo originario. Potrebbe effettivamente rapportarsi allaggettivo calvonella prospettiva della denominazione ad es. di un area brulla, e dunque costituire un'unica

    grande famiglia con tutte le forme onomastiche viste sopra; oppure avere altra origine ecomportare uno scorporo tra le suddette forme. Un ipotetico rapporto con lat. callidus/calidus edu. kaleufcalersu ne farebbe denominazione locale incentrata sullarea semantica del bianco, elascerebbe dubbi aperti circa il rapporto con la famiglia di calvo.

    9. La nuova forma kaluen[-?-]apporta ulteriori dati. La sincope interna nelle variet sabelliche ingenerale era sicuramente gi occorsa entro la fine dellet arcaica, e kaluen[-?-] in linea conquesta cronologia. Pi opportuno, invece, notare, dallaltra angolatura, come il dato significativomostrato da kaluen[-?-]sia appunto la mancanza di anaptissi; e la forma si inserisce nel dossiersullanaptissi in presannita recentemente organizzato ed analizzato da Meiser109, che diviene oracos articolato:

    100 Cfr. ad es. Zannini 2010.101 Cfr. sopra, nota 78.102 Cfr. ad es. Tchernia 1986, spec. pp. 28-30.103AE2000, 1155 (Virunum): Cal(enum). Per una lista cursoria di casi paralleli cfr. ad es. AE1941, 9 (Ostia):Falernum,CIL IV 9328 (Pompei): Sur(rentinum) Mut(tianum) a(mphora) XXI, AE 1988, 864f (Fos-sur-Mer, Gallia Narb.):

    Massicum,AE1988, 874g (Lugudunum): mul(sum) / ui(num),AE1995, 302d (Scafati/Nuceria): u(inum) r(ubrum) / MN D / C C B,RIB II 6 2493,17 (Corbridge, Britannia): uinum, CIL IV 5185 (Pompei): ol(e)um, etc.104ETCr 0.46 e 0.45. Briquel in stampa.105 Rix 1991, p. 674.ETSp 2.36.106 van der Meer 2007, p. 65.107

    ETFa2.3. Cfr. Colonna 1973-74, 144, Agostiniani 1982, p. 140.108 Rix 1995, p. 78; contra Colonna 1973-74, 145-148. ETCr 2.9: mi titelas ina {mla} m[l]a mlakas io sono il bel vasodella bella T., Cr 2.33: mi squlias ina mla mlakas io sono il bel vaso della bella S., Cr 2.34:[mi] pupaias karkanasina, Cr 2.35: mi pupai(a)s ina kar(k)anas io sono il vaso di P.K.).109 Meiser 2010.

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    anaptissi anteriore anaptissi posteriores urufieis (Sorrento)

    peracis (!) Capuadipoteres(?) Nerulumadaries (!) Vico Eq.

    no melmes inc.Bruttiumser#ia[ Tortoraarves Sorrentokaluen[ Castelnuovo P.

    Come si vede, il quadro variegato, con aspetti di problematicit, anche di lettura, presentati dallesingole forme; tuttavia un paio delle evidenze risultanti nel complesso sembra garantire quello che il dato importante, opportunamente valorizzato da Meiser, relativo alla presenza dellanaptissi inpresannita, anche in questo caso con una distribuzione tipicamente oscillante in linea con altritratti del presannita indicanti evidentemente fenomeni in corso di azione; tuttavia con unafenomenologia particolare, che non manca di destare qualche perplessit.In osco lanaptissi presenta una fenomenologia del tutto chiara, ricca di esempi, ricondotta daAgostiniani a processi di naturalezza fonologica, ai quali si devono le regolarit inerenti tanto alvocalismo quanto ai contesti di occorrenza110. Nellanaptissi anteriore, che ha luogo nella sequenza

    sonorante + ostruente, la vocale si sviluppa nel contatto sillabico R.C (massimo onset), ed il timbrodella vocale anaptittica determinato tautosillabicamente dalla vocale del nucleo della sillaba a cuiappartiene la sonorante che sviluppa la vocale, la quale dunque copia la precedente: V1RCV2 >V1RV1CV2. Il tipo quello di o. heleviis o salaviiscorrispondenti a lat.Heluius eSaluius111.Nellanaptissi posteriore, che ha luogo nella sequenza inversa, cio ostruente + sonorante, la vocalesi sviluppa del pari tautosillabicamente, e copia dunque la seguente. Il fenomeno si motiva neglistessi termini del precedente se si suppone una sillabificazione come C.R, che giustifica linserzionedel segmento vocalico nel contatto sillabico. Una tale sillabificazione pu chiarirsi come funzionalea ristabilire per la sillaba tonica il peso di due more prototipico (Weight Law) nelle lingue adaccento dinamico (protosillabico) come il sabellico; ed difatti coerente con la restrizionedelloccorrenza dellanaptissi (con rare eccezioni, spiegabili singolarmente per interventi analogici)alla sillaba postonica a condizione che la sillaba tonica (la prima) non sia pesante (C.R).

    Lanaptissi posteriore segue pertanto lo schema #1CRV2 > V1CV2RV2: ad es. o. sakoro versussakaraklm (< p.it. *skrklo- < PIE *-tlo-), etc. o. akene acenei ann versus acunumakun(um)annrum112.In presannita la situazione non sembra altrettanto lineare, e dei quattro esempi, due si presentanoconformi alle regolarit naturali dellanaptissi osca, e due aberranti. Per lanaptissi anteriore,solidale con le modalit dellanaptissi osca si mostra il caso della forma p.s. urufieis della nuovacoppetta della collezione Fluss pubblicata da M. Russo (coll.Fluss 1)113; ed infatti losco presenta lastessa forma, o.vibis urufiis a Capua (STCp 38), filtrata anche in latino, come mostra il caso C.Orofi(us) L. f. eM. Orofi(us) L. f. da Cales di fronte a quelli non anaptittici di Orbius ed Orfius114.Nel testo sorrentino rimane invero unincertezza relativa proprio al primo grafo

    110 Agostiniani 2000, pp. 165-66.111 Alcuni esempi: pg. alafis (STPg 2), o. alafaternum, -m, alaaternum (nCm 3), o. salavs (Cm 18), sa

    lavs (Cm38, 39),sala#s(Lu 40), salaviis (Cp 03), mc. salaus (MV 8), vs. salaus (MV 7), pg. salauatur (Pg 42), salauidies (Pg59), o. heleviis (Sa 36), helevi(is) (Cp 27), helevii(s)(ZO 2), heleviies (Cp 28) (ma helvi[ ZO 3), pg. heleuis (Pg 37,41), o. teremnattens (Po 1, 2), tere[mna]ttens (Cm 9), teremnatust (Po 1), teremnss, teremenniteremen[n]i (Cm 1), serevkid (Po 1), sereukid (sereukidimam Lu 62), herekl (Sa 1), here(k)l (Si 2), pg.herec(leis) (Pg 2), o. kulupu (Cm 14), uruv (Cm 1).112 O. sakaraklm (STSa 7, Cm 1), sakara[klm], sakarakles, sakarakld (Cm 1), sakaratersaka(ra)hter (Sa1), sakarakid (sakarakidimai, sakarakidima[i Lu 23, 24),sakoro (Me 2, 3), sakor[o](Me 1); cfr. u. sacrusakra etc. O.aceneis (Lu 1,A6), akene (Sa 1,18, 21), acenei (Lu 1,A9), acunum (Lu 1,31), akun (Po 51), certamente akun(um)Gen.pl. (ahvdi. ni. akun. LII, epitaffio); cfr. u. acnu. Il tipo assente nellosco di Capua: cfr. sakrak[ (Cp 18),sakrasias (Cp 30), sakrannas (Cp 31), sakrann() (Cp 32), sakra(tas) (Cp 35), sakrafr (Cp 31), sakratr (Cp 34);o. stabalano (Lu 5) versus staflatas (Cp 24) (u. stafli staflare-). Cfr. Planta 1892-97, I, pp. 260-271 anche per il dossiercomplesivo. Com noto, il tipo fondamentalmente assente anche nel peligno; per conta alcuni riscontri positivi,specificamente *sakr- > sakar- in pg. sacaracirix sacrtrx e *-stafl- > -stafal- in pg. pristafalacirix

    *praestibultrx (Pg 9), con -cirx < *--tr-k-s, forse da rapportare alla cronologia tarda nella propettiva di unagraduale espansione verso nord del fenomeno dallosco, o forse pi semplicemente ad una moda oscheggiante, legata asingoli lessemi o temi in assenza di una reale sistematicit.113 Russo 2005.114CIL I23118a-b. Russo 2005, p. 49;Meiser 2010, p. 50.

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    (0), di forma differente dal terzo, che porta parte degli esegeti a preferireuna lettura |rufieis evidentemente denegante la presenza dellanaptissi. Ma va riconosciuto, conMaras, che tale grafo formalmente ben pi lontano dagli standard dei segni interpuntivi nucerini anche contestualmente presenti cos come pi generalmente paleoitalici (3) che da una ,e la soluzione di |rufieis non pu essere preferibile a quella di urufieis115; la possibilit di unasegmentazione u rufieis||pafieis|| semplicemente pi costosa, per la mancanzadellinterpunzione tra gli eventuali primi due elementi della formula onomastica, e perch sitratterebbe dellunico caso di abbreviazione di onomastico in tutta la documentazione presannita.Molto aberrante invece la forma p.s.peracis (STPs 3), per linsorgenza di una vocale diversa dalla/e/ attesa nel quadro dei meccanismi naturali dellanaptissi. Linterpretazione come anaptittica ditale forma, che gentilizio al Nom.sg.m. nella peculiare struttura onomastica presannita (vinusveneliisperacis), poggia sul raffronto con il non troppo sicuro o. perkium, pure esso gentiliziocapuano, al Gen.pl. (Cp 41, tess. hosp.: perkium. 2piieh sm), ma anche con il gentilizioperk{e}en[ Po 40 ed i praenomina perkens Cm 6, prkCm 47 Nom.sg., che occorrono sempresenza anaptissi; ma di questo caso va rimarcata la profonda distanza dallanaptissi tipica qualevincolata a meccanismi di naturalezza fonologica, tanto che sembra inquadrare il fenomeno inpresannita piuttosto entro dinamiche di vocalizzazione di tipo diverso da quelle dellanaptissi.Forse converrebbe pi cautamente considerare la /a/ originaria e le altre forme sincopate. Icontroesempi per lanaptissi anteriore in presannita pertengono sia allambito sorrentino chebruzio: p.s. melmes Ps 2 inc. (Bruttium), p.s. ser#ia[ Ps 20 (Tortora), p.s. arves coll.Fluss 2(Sorrento); ad essi si unisce p.s. kaluen[-?-], che ne allarga lambito di occorrenza anche allareapresannita settentrionale. Di lettura troppo incerta, infine, il caso di ]erviis in STPs 15 (NuceriaA.), eventualmente anchesso senza anaptissi.Nellanaptissi posteriore in presannita, virtualmente regolare si mostra il caso p.s. dipoteres[dpters] (Ps 1 Nerulum), come da lettura ed interpretazione quale Gen.sg. *dy-patreys, ciocome una delle forme univerbate del nome di Giovepadre, dovute a Rix116. Tale lettura trova ora ilconforto di s.p. arves in merito allagnizione del sigma coricato, che pu forse dirsi un datoacquisito; i dubbi che rimangono sono relativi alla possibilit che in una forma in *-ter- qualeappunto il nome del padre la vocale sia analogica sul Nom.sg. pi che anaptittica, o determinata

    dalla vocalizzazione di *% sonante secondaria, e riguardano pi in generale anche la medesimaforma in osco, o. patere (< PIE *ptr-ey Dat.sg.), in uno dei rarissimi casi di anaptissi nellasequenza /tr/ in tale variet. La forma p.s. adaries (Ps 5 Vico Equense), invece, anomalasoprattutto per la replica della vocale precedente invece che seguente, cio come nellanaptissianteriore. Non si riunisce con il caso di peracis nellipotesi di una vocalizzazione in /a/ di una *%sonante secondaria, perch si avrebbero comunque due esiti diversi, rispettivamente in /ra/ versus/ar/. , poi, deviante rispetto alle regole osche per la presenza di anaptissi nella sequenza tr/dr, esoprattutto per loccorrenza del fenomeno in presenza di sillaba iniziale pesante, dato chelonomastico va rapportato a lat. ter /trius (gentilizio ben attestato in area sabellica117). Almenoper questultima caratteristica, tuttavia, come rimarca Meiser, adaries si avvicinerebbe ancora unavolta al sudpiceno, che com noto registra s.p. matereh (contestuale a patereh inSTSp AP 2),Dat.sg. del nome della *mter-, mai anaptittico in osco (cfr. maatresSTSa 30), che appunto un

    caso di anaptissi dopo vocale lunga, pur passibile, invero, di spiegazioni alternative. Tuttoconsiderato, anche il caso di s.p. adaries in definitiva non poco critico; lipotesi estrema che laforma () vada letta come aradies invece che come adaries, cio secondo il valore ditipo direttamente greco e non di tipo osco del segno , le restituirebbe regolarit anche nellaprospettiva di una anaptissi, e troverebbe il conforto della presenza in latino del gentilizioAradius,raro e tardo ma attestato anche in area a sostrato sabellico118, nonch di = in areaaurunca((STPs 10); per si scontra con tutte le altre occorrenze di in nucerino ( coll.Fluss 1, ST Ps 4). Da notare, per, che lipotesi risulterebbe applicabile anche alliscrizione coll.Fluss 2(,), di cui potrebbe rivoluzionare la lettura, allestremo anche come rfes.

    115

    Maras 2010.116 Rix 1997.117 Ad es. a Pompei (CIL IV 3340,37), o in area sabina (CIL IX 4437, 4912, AE2002, 68, etc.), o in Umbria (AE2005,465).118CIL X 6439Priuernum;AE1996, 510 Turrivalignani (PE).

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    10. Liscrizione presannita darea aurunca ahuidies (STPs 10) sullesterno della scodella dimpastorecuperata nel santuario della dea Marica alla foce del Garigliano, presso Minturnae, siaccompagna, com ben noto, ad un testo ben pi lungo, graffito con tratto leggero dopo la cotturaallinterno della vasca, il cui carattere latino e non sabellico aveva determinato liniziale ipotesi che,tra i due, fosse il titolo da attribuire allaurunco, nella prospettiva di una conferma documentariadel legame mitistorico tradizionale degli Ausoni/Aurunci con i Latini119. Prese di posizioneimmediatamente successive hanno ben posto laccento sullinadeguatezza di tale conclusione, eriattribuito alla variet locale il titolo sullesterno, che anche dal punto di vista materiale quellodei due inciso a crudo, perci pi strutturalmente legato al vasetto, pi ancorato cio allareadella fabbricazione del vaso120. Ma tutto il plesso delle due iscrizioni comunque del massimointeresse in tema di contatto linguistico coinvolgente le variet locali, e naturalmente anche qualedocumento della presenza nel luogo di una variet latina alla fine del VI sec. a.C., che segnala senon altro la frequentazione di parlanti latino nellarea che fu tra i primi obiettivi dellespansioneromana.Liscrizione latina presenta una congerie di problemi ecdotici ed ermeneutici di cui si pu quioffrire solo minimo ragguaglio inquadrati in particolare dai ripetuti interventi di Mancini eVine121, a cui si deve il fondamentale aggiustamento della prospettiva rispetto alle iniziali ipotesi diCristofani e De Simone122. Le incertezze fondamentalmente dipendono dallambiguit di alcunigrafi e soprattutto dalla presenza di una lacuna (accidentale e non dovuta a rottura rituale)proprio nel settore cruciale della biforcazione del testo circolare in due linee. Il tutto pu essererappresentato come segue:

    Linizio delliscrizione riconosciuto non a partire da , ma tra med ed esom perevidenze di natura testuale, sulla base del riconosicmento di pari medcome sequenza di verbo epronome med Acc.sg., che scollega sintatticamente questo blocco da esom e permette invece diriunirlo con nei, ultima forma della riga sovrastante, nella prospettiva di una espressione di divieto.

    Su questo c ora generale consenso, malgrado la soluzione di un testo originante da sarebbe pi soddisfacente sul piano puramente scrittorio per il troppo perfetto raccordo dellaporzione di scrittura ritenuta redatta per ultima, cio parimed, con linizio delliscrizione (emalgrado lo stessoparimedpotrebbe ricevere una interpretazione nominale come Abl. avverbialedi una forma variante di superlativo). Al di l di questo problema, la sequenza esom kom meoissokiois non pone incognite e vale sto con i miei compagni (e peraltro restituisce lunico esempio diAbl.pl. in in tutto il latino arcaico). La crux interpretativa si incentra sulla porzione di testosuccessiva, che Mancini (modificando parzialmente la propria precedente ermeneusi, infine) leggeTriuoia(s) udeom duo[nom]ed intende sono assieme ai miei compagni, la coppa bella di Trivia123,mentre Vine legge tribos Audeom duo[m]ed intende sono assieme ai miei tre compagni, dei dueAudii, con tribos Abl.pl. del numerale 3 (< *tribhos, lat.cl. tribus) accordato a sokiois, edAudeomduo[m] Gen.pl. rispettivamente di gentilizio e del numerale 2124. C accordo generale, invece,sulla chiosa nei pari medcome non impossessarti di me.Entrambe tali soluzioni presentano punti di forza e criticit. Laspetto pi attrattivo dellipotesi diTriuoia consiste nellindividuazione in tale forma dellepiclesi divina Truia del trivio, noto perDiana che cultualmente contigua e assimilata a Marca; inoltre ha dalla sua la possibilit direstituire il giusto numero di lettere richiesto dalla lacuna. Il digamma come (= [w]) e non a questa cronologia sarebbe piuttosto un dato molto interessante che una difficolt, ma certamenteandrebbe inquadrato entro un alveo di latino marginale. La difficolt sta invece sul piano delletimoper il nome della via, che in questa prospettiva richiede evidentemente la ricostruzione di una

    119 Cristofani 1996a.120 Mancini 1997, 1999.121

    Mancini 1997, 1999, 2004; Vine 1998, 2002. Rendiconto della questione in Hartmann 2005, pp. 147-153; Mancini2008, pp. 251-256.122 Cristofani 1996a; de Simone 1996, cfr. 2006.123 Mancini 2004, 2008, pp. 251-256.124 Vine 1998, 2002.

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    protoforma a grado forte difficile da ammettere sulla base delle forme sabelliche: la formazione,intesa tanto come *woh-yeh2 dalla radice PIE *weh- viaggiare (su ruote), quanto come *woyH-eh2 dalla radice PIE *wiH- andare diritti, sarebbe s giustificabile in rapporto a lat.cl. uia, perch ildittongo *oy interno (secondariamente insorto nellipotesi *woh-yeh2) in latino nella posizionedopo /w/ confluirebbe con *ey (donde > > ante uocalem); ma in osco e in sudpiceno sarebbestato conservato, e mutato in // in umbro, mentre le occorrenze mostrano o. v, vam, s.p.viam, u. vea, via, uia (e lat. dial. ueha), in tutti i casi con scritture compatibili con larappresentazione di una forma continuante invece PIE *wiH-eh2, in un etimo confortato dacomparanda indiani125.

    Fig. 1

    Il punto di maggior forza dellinterpretazione come esom kom meois sokioistribos Audeom duo[m]sta nel fatto che individua nelliscrizione allinterno del vaso lo stesso gentilizio graffito allesterno,nella forma latina versus presannita. Il che farebbe di questo documento una quasi-bilingue, eaprirebbe la strada a tutta una analisi che avrebbe numerosi spunti di interesse interlinguistico esociolinguistico. Audeom, innanzitutto, presenterebbe la sincope a fronte della conservazione di nella versione presannita, che si confermerebbe piuttosto come legata al conservatorismo dinorme grafiche ( 5); inoltre presenterebbe anche il fenomeno *yo > eo, che un particolaredialettismo che percorre, tra variet sabelliche e latine marginali, tutti gli ambiti tra ambientiumbro meridionale, falisco, sabino e prenestino, e che sarebbe documentato ora anche in questotesto latino da Minturnae alla stessa quota di fine VI sec. a.C. in cui ricorre nel latino di Tivoli,manifestando un ulteriore motivo di collegamento con larea sabellica centrale126. Per la stessaforma tribos, Vine postula cautamente una in verit per nulla necessaria, perch una formatrifos sarebbe accettabilissima ed anzi significativa in tema di interferenza e tratti dialettali diquesto latino attestato a Minturno, quale resa o grafia di tipo sabellico per il suono continuante * bhdella desinenza *-bhos. Invece, tra gli aspetti di criticit vi proprio la lettura forzata di nellastessa sequenza, che molto rettilinea anche come a serpentina dovuta magari ad aggiuntasuccessiva tra due grafi gi realizzati per riparare ad una erronea omissione nella scrittura. Inoltrein questa prospettiva rimane il problema di dover colmare la lacuna con ulteriori due lettere.

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    Cfr. Vine 1998. Cfr. WOU860 per le attestazioni sabelliche di via. Lat. ueha inVarr. r.r. 1, 2, 14: rustici etiam nuncquoque viam veham appellant propter vecturas, e CIL I2 5905Iguuium.126pro fileodCIL I2 2658 Tibur,filea 52,60, Oueus 234Praeneste,Feronea 1834 Trebula Mutuesca,[Fer]oneae 2869cCapena, Feronea 2868, 2869a-b,FeroneaeAE1985, 378a Lucus Feroniae,AmereaLSU82 Cascia, Tibur, Varea ST Um38. Cfr. Calderini in stampa (a-b).

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    Sul testo intervenuto anche Daniele Maras127, che rileva in primo luogo la presenza di frustuli digrafi a ridosso del margine della rottura, che appunto il dato che esclude lipotesi della rotturarituale, ed anche che si possa avere semplicemente Audeom duo[m] nei: questa lettura nel casodeve colmare una sequenza come Audeom duo[m --]neio Audeom duo[m --] nei. Rileva anche lapresenza di un segnetto verticale dopo , per il quale pensa ad una funzione di segnodivisorio, che potrebbe confermare la ripartenza delliscrizione in quel settore, dove sarebbe statarimarcata con un diacritico per avvertire della separazione delle due righe riuscite parzialmentesovrascritte. Ma quel segnetto sarebbe compatibile anche con il tratto verticale di un grafo,adattandosi in particolare tanto a che a : si confronti nella Fig.1. come la di pocoprecedente presenti la stessa maggiore profondit di tratto nella parte pi bassa. Dalla stessaimmagine, allora, si pu scorgere anche quello che pare un segno diagonale che termina in frattura,che se fosse, come pare inevitabile, il tratto dello stesso grafo, orienterebbe decisamente per .Sullintera questione occorrer ritornare con una analisi pi specificamente dedicata; si pu, per,soggiungere, intanto, un ulteriore dato relativo alla proposizione nei pari med, che, se pu essereeffettivamente isolata nel testo, potrebbe anche avere un valore diverso da come si pensato finora.In latino i verbi della 3a coniugazione sviluppano spesso una forma variante della 1a coniugazione incomposizione, evidentemente perch si attivano dinamiche di Wortbildung e si impone il modellodominante in -re nella formazione di nuovi verbi a fronte di quello completamente recessivo in -re: ad es. sternere : costernre, capere : occupre, flgere : proflgre, pellere : compellre,etc.128. Verbi non composti come fodere : fodre, lauere : laure possono spiegarsi comeretroformati da composti/prefissati: cfr. dcere : dcre : ddicre. Il verbopari -ere, che quelloche viene ravvisato nelliscrizione, non ha forme composte, che possiede solo nella variante in -re,ad es. apparre, praeparre, reparre, comparre, etc., a conferma dellorigine verosimilmentedecomposizionale del simplex di 1a coniugazione par -re. Tra i composti di questo verbo canche sparre, formato con il pronome riflessivo come sdc -ere, composto del pronomeriflessivo e del verbo dc (che tipicamente ha composti/prefisati fluttuanti tra -ere e -re, comeindcere ma dcre, probabilmente in virt di una maggiore resistenza opposta da questo verboal livellamento analogico dovuta alla sua afferenza al lessico centrale). Tutto questo per arrivare aosservare che, nella ipotetica costruzione sintagmatica precedente/sottostante alla creazione per

    grammaticalizzazione della forma sparre, ed esprimente il valore poi lessicalizzato in quelcomposto, il verbo sarebbe stato nella forma pari -ere, ed il pronome, Acc.sg. o Abl.sg. che fosseallorigine (i.e. nella struttura soggiacente), sarebbe stato naturalmente esposto a variazione nelladimensione della persona. Perci per la proposizione nei pari med in questo testo sarebbevirtualmente possibile anche un valore di non separarmi; il tutto rimanendo inalterata lagiustificazione della struttura morfosintattica che si accetta per il significato di non impossessartidi me. Peraltro, anche il valore finale rimarrebbe in termini pratici il medesimo, perch sitratterebbe ugualmente di un divieto di prendere il vasetto; tuttavia inciderebbe sulla questioneermeneutica complessiva, perch evidente che si adatterebbe solo ad un testo come:

    sono insieme ai miei tre compagni (vasetti), dei due Audi[--] non separarmi (da loro) (oppureanche non separarli da me?).

    Anzi, si inquadrerebbe anche meglio dellinterpretazione come non impossessarti di me inrelazione allesplicitazione del numero dei vasi nel testo. Peraltro, sul piano referenziale, lo scenarioche si verrebbe definendo quello del dono votivo complessivo di una serie di quattro vasetti,operato da due fratelli o sim.; il divieto finale potrebbe costituire un semplice divieto diappropriazione, oppure sottendere una qualche particolare disposizione e/o collocazione dei vasettia fini rituali.

    11. Non superfluo rivolgere lo sguardo pi a nord, allarea storicamente volsca, soprattutto inconsiderazione delle incertezze relative alleffettiva cronologia e alle modalit delloccupazione daparte dei Volsci, verosimilmente fuoriusciti dallUmbria meridionale a seguito dellespansioneetrusca verso est, stanti le affinit del volsco storico con lumbro, e letnico che pare relazionarli a

    127 Maras 2005.128 Leumann 1963, p. 317.

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    Volsini129. Lidea di una possibile continuit tra ambiente aurunco e pre-volsco non deriva tantodalla particolare condizione che caratterizza lethnos Ausone, che appare quasi come una sorta disovra-etnico che d, peraltro, limpressione di una realt sostanzialmente omogenea tra centro emeridione con fulcro irradiante tra Lazio e Campania130. Invece, si ricava da dati pi tangibili dilivello aurunco ed ugualmente restituiti dallinsieme delle fonti indirette, che, tra filonestoriografico e documentazione toponomastica, costituiscono laltro canale per laccesso alladimensione etnolinguistica; e restituiscono specificamente una non trascurabile isoglossatoponomastica tra i casi diSuessa Pmtia eSuessa Aurunca.Tuttavia, lunico documento epigrafico arcaico a disposizione per larea volsca, datato alla met delV sec. a.C. e perci proprio dellepoca in cui va verosimilmente collocato larrivo dei Volsci, sembraguardare a nord, allambiente sabino ma anche sudpiceno; eppure non manca di offrire interessantispunti in tema di contatti tra gli ethne sabellici, ed anzi ricopre un ruolo determinante, ancorch dachiarire in tutti gli aspetti, nella prospettiva della possibile generale continuit tra lambientesabellico centro-settentrionale e le emergenze presannite.Si tratta della nota ascetta miniaturistica plumbea proveniente da una necropoli arcaica diSatricum, che reca una breve iscrizione di fondamentale rilievo in tema di circolazione deglialfabeti, perch presenta una scrittura che si ricollega al tempo stesso alla tradizione sabina e aquella sudpicena, come in particolare mostrano da un lato il segno a finestrella per (secondo Rix), dallaltro la fattura puntiforme della .Il testo, assai oscuro, stato via via oggetto di riesami e ripensamenti, tutti fondati sullanalisiprinceps dovuta a Colonna131. La lettura come della sequenza iniziale port allipotesi, ins soddisfacente, che, data la posizione fonotattica dei due digamma, tale segno fosse qui utilizzatocon valore vocalico, distinto da perch compresente, e dunque ; pertanto ik fu lalettura interpretativa. La restante parte delliscrizione una sequenza di lettere intervallate dasegni a molteplici punti sovrapposti, in un caso a 3 punti ( ), in due casi a 4 punti (), e in un altrocaso a 5 punti (); la presenza della puntiforme, che in sudpiceno risponde ad una logica diriduzione a punto dei segni con tracciato rotondo che coinvolge anche la notazione di come flquale risultato della riduzione a due punti sovrapposti del segno ad 8, sugger che, nella cornice ditale rappresentazione di marche di puntuazione sovrabbondante per frequenza e tipo, il segno a tre

    punti non avesse funzione interpuntiva, ma fosse la variante locale del grafo per . Sulla base diquesta agnizione alfabetica, messa in discussione finora solo da Maggiani 132, ikkoeiei fuperci interpretato e segmentato come ik: ko: efiei:.Lasse portante di tale interpretazione fu accolto da Rix133, che, modificando in particolare come anzich il valore da attribuire al segno a finestrella, propose la lettura ikh: ko: efies elinterpretazione ad lcum Aedi, tanto fortunata quanto non troppo opportuna in considerazionedella natura e della provenienza delloggetto134. In seguito, cogliendo quello che un datoimportante, ovvero che i due digamma hanno un aspetto diverso tra loro, la Rocca rivede il primodei due come una lacunosa dellasta inferiore, ristabilisce = , e legge iek: ko: efieiprospettando la soluzione decisamente pi consona di una formula onomastica trimembre,peraltro di tipo umbro135. Sostanzialmente sulla scia delluna o dellaltra delle soluzioni giformulate si collocano Triantafillis e Maras136, al quale in realt si deve la revisione della

    problematica parte finale gravata da guasti sulla superficie plumbea, e il ripristino della lettura delprimo digamma, che come sarebbe effettivamente molto diverso dalle due presenti neltesto, per fattura generale, angolo di incidenza e lunghezza delle aste.In realt, i due digamma sono diversi, ma non, appunto, perch il primo una , bens perchil secondo non un digamma. Come si pu apprezzare dalla Fig. 2, il tratto alto del grafo pilungo di come sia stato sempre inteso e rappresentato nei vari apografi, ma stato tracciato conuna minore pressione sulla superficie e pertanto risulta poco evidente; tuttavia presente, e nonpu trattarsi di un tratto casuale, visto che in lunghezza esso si mostra in questo modo uguale a

    129 Meiser 2009.130 Cfr. ad es. Pagliara 2000.131 Colonna 1984, pp. 104-106132

    Maggiani 1999.133 Rix 1992.134 Come ben rileva Rocca 1995.135 Rocca 1995.136 Triantafillis 2008, pp. 41-44; Maras 2009, pp. 431-439 (cfr.LSU85).

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    quello di sinistra, rendendo un segno dal tracciato perfettamente regolare. In altre parole, il grafonon ma , vale a dire , ed il testo ivkkoeiei.

    Fig. 2

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    Il progresso che da ci consegue determinante e si dispiega su molteplici livelli. Innanzitutto, sulpiano alfabetico, risulta cos attestata, in questa scrittura di matrice sabino-sudpicena ma dambitolaziale quantomeno contiguo alle variet presannite, la presenza di entrambi i segni per le vocaliintermedie della tradizione paleoitalica, compresa la diacriticata che di l a poco comparirnellidentica forma nelle iscrizioni preannitiche/paleoosche, ed anche etrusco-campane. Si delineacio un preciso trait dunion tra le tradizioni sabine e quelle campane, che sposta peraltro sullafascia laziale lasse del contatto, che sulla base della condivisione del digamma diacriticato trasudpiceno e nucerino, sembrava invece aver percorso itinerari pi interni. Non sar un caso,oltretutto, che una diacriticata dovrebbe trovarsi anche nel contiguo ambiente ernico,nelliscrizione paleoernica da Anagnia ST He 2: -?-]matas udmom ni hvidas ni kait[sis -?-(F), dove la prima del testo presenta un tratto orizzontale,, che non sar pi peregrino, a questo punto, interpretare come un diacritico per realizzare < >;anche a dimostrazione definitiva, oltretutto, della genesi di questo segno appunto da modificato invece che dal segno a tridente etrusco per .Il quadro della distribuzione dei segni per , ed diventa pertanto il seguente:

    Il riconoscimento di incide evidentemente anche sul piano ermeneutico. Dal momento che laforma ivk, decadono i presupposti per lattribuzione al digamma di un valore vocalico; ivkva spiegata altrimenti, secondo un valore pienamente consonantico di , e lunico modo ammettere una scrittura con un qualche tipo di abbreviazione, ben concepibile in uniscrizione

    redatta su una superficie cos minuta. In una grafia difettiva, allora, un segno quale pu stareper la sequenza , per grafia economica, od anche per , per grafia devocalizzata, che quella per cui singoli grafi rappresentano il valore del segno con vocale dappoggio nellapronuncia delle lettere nella sequenza dellalfabeto (cfr. it. ABiCi, o la pronuncia di acronimi qualiad es.PD, UDC, etc.). La sequenza che si pu complessivamente reintegrare pertanto ;ed in considerazione della presenza di una occlusiva seguente, avanti alla quale poteva essereopzionale la scrittura delle nasali per lazione del fenomeno della nasalizzazione vocalica, quelloche si pu arrivare a restituire una forma dal valore di [juwenko], che sul piano dellereintegrazioni di livello grafico potrebbe essere rappresentata come i(u)v(en)k. Da notare chela forma sarebbe scritta in una modalit davvero di pochissimo pi difettiva in particolare di u.iveka < *iuwenk- giovenca, che appare ben due volte nelle Tavole Iguvine (TI Ib 40, 42),insieme alla forma piena iuenga- nella grafia latina137.

    Questultima forma peraltro un confronto molto calzante da prospettiva pi generale. Si trattadellaggettivo sostantivato *yuwenko-/- < p.it. *yuwko-/- < PIE *h2yu-h3-ko-/-eh2, derivatodal sostantivo PIE *h2yu-h3- giovane uomo, che il termine continuato in latino da iuuenis,giovane, aggettivo e sostantiv(at)o138. La specifica formazione p.it. *yuwenk- presenta ilmedesimo significato specializzato a giovenca anche in latino, che ha iuuenca giovenca ed altreforme ulteriormente derivate, iuuenx/inx giovenca; si tratta peraltro di una formazionesicuramente det indo-europea, gi con il valore di giovane mucca, come rivelano comparanda inaltre lingue (cfr. a.sl.eccl. junica giovane mucca). Tuttavia tale valore ristretto in modo esclusivoallambito animale prerogativa della sola forma sostantivata al femminile: in latino ilcorrispondente aggettivo al maschile, iuuencus, vale giovane, specialmente di animali ma nonsolo, e sostantivato pu riferirsi sia ad animali che a persone; anche per il femminile, il derivatoiuuencula indica senzaltro la fanciulla, e iuuenculascere vale crescere, entrare

    137 U. ivekaAcc.pl.in TI Ib 40, 42, iuengar Nom.pl. in TI VIIb 2; iuenga Acc.pl.in TI VIIa 51.138 Per letimo cfr. Rix 1981, p. 108, WOU354.

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    nelladolescenza139. Pertanto, si pu certamente ipotizzare anche per lambito sabellico un usoapplicato agli esseri umani della forma *yuwenko- al maschile; peraltro, un parallelo italico datodalluso in ambito umano del termineflius in latino e falisco, che vale lattante, poppante, ed il cuicorrispondente umbro flio- designa i maialini da latte140. Diviene perci possibile ravvisareproprio questa forma nel testo delliscrizione sullascetta, che sembra dunque contenere una dedicaad un giovane , al Dat.sg.m. in -; la convalida viene dal fatto che nella necropoli da cuiloggetto proviene in pi casi si trovano armi miniaturistiche proprio nel corredo funerario ditombe di bambini141.Se si considera, peraltro, la natura simbolica dellascetta quale strumento bellico, lipotesi pareavvalorata anche dalla posibilit di una valenza pi tecnica del termine, che potrebbe designaresenzaltro gli iuuenes appartenenti ad un qualche tipo di sodalizio, vale a dire una Iuuentuspaleovolsca dello stesso tipo della vereia osca. Da questa angolatura, pertanto, il possibilechiarimento di questo testo oscuro sembra anche aprire uno scorcio sullambito delle associazionigiovanili det arcaica nel mondo italico.Il resto del testo potrebbe chiarirsi come formula onomastica, con i tre elementi separati da segniinterpuntivi: vale a dire con ko praenomen abbreviato, e con la sequenza eiei possibilmentesegmentabile in e iei, cio con indicazione di patronimico in e, e del gentilizio in quella che laforma pi lunga, seppur verosimilmente troncata (anche perch i segni rotondeggianti in quelsettore delliscrizione non sembrano altro che imperfezioni sulla superficie plumbea da imputarealla lavorazione stessa del manufatto). Va da s che una formula onomastica siffatta sarebbe di tipoumbro. Ci che supporta questa interpretazione e segmentazione, che permette peraltro di ricusarelingombrante presenza di una a tre punti, proprio il confronto con luso particolare dellapuntuazione allinterno delle formule onomastiche nella documentazione umbra. In tale ambito,infatti, la puntuazione inerente ai confini interni della formula onomastica si presenta tipicamentediversificata e/o realizzata in modo marcato rispetto al restante testo142:

    1) la ma tvplei STUm 27segnato solo uno dei due confini interni, tra il Pr(aenomen) ed il blocco Pa(tronimico)+Ge(ntilizio),ed il confine terminale;

    2) v(ipi) ia(ntes). kaltini STUm 26segnato solo uno dei due confini interni, tra il blocco Pr+Pa ed il Ge.;

    3) t: t. kastruiie: TI Va 3segnato in modo marcato il confine tra il blocco Pr+Pa ed il Ge.;

    4) uhtretie: k. t. kluviier: TI Va 16segnati in modo marcato entrambi i confini interni;

    5) ?]2reh: nuvkri. STUm 34 =LSU58confini marcati diversamente, e puntuazione sul confine terminale;

    6) tit: vpies [-?-] LSU32apparentemente unico caso di interpunzione nelliscrizione, forse tra Pr. e Pa.

    Come si vede, la situazione mostrata in umbro appare del tutto parallela a quella supposta peri(u)v(en)k ko e iei( ), dove, da questa prospettiva, il punto normale sarebbe quelloquadruplice, e quelli marcati e tra loro differenziati sarebbero il punto triplice e quello a 5 punti,rispettivamente indicanti il confine tra il blocco Pr.+Pa. e Ge. ed il confine terminale (qui notato

    139 Cfr. OLD, s.v.140WOU270.141 Gnade p. 73-74.142 Cfr. Calderini, Giannecchini 2006, 232-233.

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    come nei casi umbri 1 e 6). Perci lumbro potrebbe conservare e continuare una specifica normagrafica relativa alla notazione della formula onomastica dalle radici antiche, di cui proprio lascettadiSatricum potrebbe fornire la testimonianza.Questi molteplici collegamenti con lambiente umbro che si profilano per lascetta di Satricum(struttura della formula onomastica, particolarit nella puntuazione), e che si aggiungono a tutta laserie di elementi sabini gi considerata, risultano tanto pi significativi nella misura in