Cacciari La Critica

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Intervista a Massimo Cacciari La Critica «Occorre un nuovo Nomos della Terra» Intervista a Massimo Cacciari di Caterina Falomo CATERINA FALOMO: Come lei ha scritto in un articolo apparso su «Il Gazzettino» del 13 settembre scorso, «il mondo richiede davvero un nuovo Ordine, un nuovo Nomos della Terra… in realtà esso potrà nascere soltanto come creazione dello sforzo, della ricerca del dialogo di tutti i popoli». Alla luce dei fatti che continuano a succedere in questi giorni non crede che ciò che sarebbe giusto e conveniente sia ancora troppo distante dalla realtà? E quindi, è davvero possibile un dialogo politico internazionale e, come scrive lei, è possibile «costruire un nuovo Diritto internazionale»? MASSIMO CACCIARI: Ma è proprio l'eccezionalità, la straordinarietà di quello che è avvenuto l'11 settembre che dovrebbe costringere tutti a capire che anche le risposte devono essere altrettanto straordinarie, quindi che è proprio un momento in cui non dobbiamo aver paura di utopia, non dobbiamo aver paura di immaginare straordinarie risposte alla crisi che attraversiamo. Quando diciamo che nulla sarà come prima dobbiamo intendere proprio questo: non possiamo più rivangare le vecchie proposte, i vecchi modelli; quindi occorre pensare, occorre in particolare che i paesi occidentali pensino ad un nuovo ordine mondiale di cui facciano parte organicamente da protagonisti tutti coloro che finora sono stati obiettivamente esclusi da ogni processo decisionale sull'ordine mondiale e quindi in primis i paesi arabi. Quindi è realistico oggi ragionare così, operare 1

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«Occorre un nuovo Nomos della Terra»

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Intervista a Massimo Cacciari La Critica

Intervista a Massimo Cacciari La Critica

Occorre un nuovo Nomos della Terra

Intervista a Massimo Cacciari

di Caterina Falomo

CATERINA FALOMO: Come lei ha scritto in un articolo apparso su Il Gazzettino

del 13 settembre scorso, il mondo richiede davvero un nuovo Ordine, un nuovo

Nomos della Terra in realt esso potr nascere soltanto come creazione dello

sforzo, della ricerca del dialogo di tutti i popoli. Alla luce dei fatti che

continuano a succedere in questi giorni non crede che ci che sarebbe giusto e

conveniente sia ancora troppo distante dalla realt? E quindi, davvero

possibile un dialogo politico internazionale e, come scrive lei, possibile

costruire un nuovo Diritto internazionale?

MASSIMO CACCIARI: Ma proprio l'eccezionalit, la straordinariet di quello che

avvenuto l'11 settembre che dovrebbe costringere tutti a capire che anche le

risposte devono essere altrettanto straordinarie, quindi che proprio un

momento in cui non dobbiamo aver paura di utopia, non dobbiamo aver paura di

immaginare straordinarie risposte alla crisi che attraversiamo. Quando diciamo

che nulla sar come prima dobbiamo intendere proprio questo: non possiamo pi

rivangare le vecchie proposte, i vecchi modelli; quindi occorre pensare, occorre

in particolare che i paesi occidentali pensino ad un nuovo ordine mondiale di

cui facciano parte organicamente da protagonisti tutti coloro che finora sono

stati obiettivamente esclusi da ogni processo decisionale sull'ordine mondiale e

quindi in primis i paesi arabi. Quindi realistico oggi ragionare cos, operare

cos, ed del tutto irrealistico pensare che siano sufficienti risposte

tradizionali alla straordinariet di ci che accaduto. Io ribadisco ogni

giorno di pi quest'idea: che occorre pensare alla riforma delle Nazioni Unite,

occorre dare nuovo slancio alla costruzione dell'unit europea, della Comunit

Europea come comunit politica, occorre riformare banca mondiale e

organizzazioni mondiali del commercio, occorre tutto questo, ma occorre fare

tutto questo con i paesi arabi in primis e poi con una forte rappresentanza

anche dei paesi sottosviluppati, perch appunto questo meccanismo di sviluppo ad

excludendum genera contraddizione, genera terrorismo, genera un terrorismo

globale.

CATERINA FALOMO: Ma pensa che sia possibile che i paesi arabi accettino una

situazione del genere?

MASSIMO CACCIARI: Certo, non chiedono altro che questo, non chiedono altro che

di sedere ad un tavolo in cui non ci siano i G8, ma i G16, i G20, i G30 e

decidere insieme quale tipo di sviluppo per questo pianeta, per questo

piccolissimo e strettissimo mondo.

CATERINA FALOMO: Cio, come organizzazione a livello mondiale lei lo ritiene

possibile?

MASSIMO CACCIARI: Non so sei sia possibile, ritengo che sia l'unica cosa da

pensare, se poi sar possibile o meno dipender da noi, dipender anche da noi.

Comunque l'idea di poter continuare con il G8 e con un superclub, una

supersociet che in rappresentanza di un miliardo di persone decide per dieci...

assolutamente impensabile che si possa continuare cos.

CATERINA FALOMO: Sempre a proposito del dialogo tra culture e quindi

multiculturalismo, che cosa ne pensa dell'ultima Biennale che richiama nel

titolo stesso (Platea dell'umanit) l'attualit di questi temi? Non si potrebbe

pensare che il multiculturalismo, la convivenza dei popoli siano presentati come

un'utopia artistica e non civile e politica?

MASSIMO CACCIARI: La Biennale non assolutamente un esempio di

multiculturalit. Sarebbe ridicolo sostenerlo. La Biennale rappresenta le

tendenze artistiche e diciamo di "avanguardia", senza dare al termine alcun

significato n positivo n negativo ma rappresenta esclusivamente un

linguaggio, una ricerca culturale che quella occidentale; che poi sia quella

dominante e cio tutti gli artisti del mondo, dal Senegal a San Francisco a Hong

Kong, usino gli stessi linguaggi, si riferiscano agli stessi modelli, questo

purtroppo sar anche vero purtroppo o per fortuna, a seconda dei punti di

vista ma dire che c' una multiculturalit risibile proprio perch quel

linguaggio che viene rappresentato alla Biennale il linguaggio delle tendenze

artistiche dominanti. La Biennale sempre stata questo, insomma; e poi ci sono

altri linguaggi? 500 anni fa in Cina c'era una produzione artistica e in Europa

un'altra. Ma fino a quando? Fino a probabilmente cento anni fa c'era ancora una

differenza tra la produzione artistica di un continente e quella di un altro, o

meglio della cultura di un altro, adesso probabilmente gli artisti fanno

dappertutto le stesse cose. Quindi non so cosa sia la platea dell'umanit, mi

sembrano titoli risibili, mi sembrano stupidaggini. Non c' nessun

multiculturalismo nella ricerca artistica contemporanea probabilmente: la

ricerca artistica contemporanea almeno dagli Impressionisti in poi quella

occidentale e ha dominato il mondo, fine. Naturalmente non un unico

linguaggio, ce ne sono altri, c' l'astratto, c' l'astratto espressionista,

l'astratto geometrico, c' il pop, il minimal, c' l'arte povera, ci sono un

sacco di tendenze, ma chiaramente tutte si riferiscono ad uno sviluppo culturale

artistico occidentale. Il termine multiculturalit andrebbe allora propriamente

inteso come una manifestazione, come una rappresentazione del multiverso della

ricerca artistica contemporanea che tutta dominata dai linguaggi globali

occidentali. Quindi se per multiculturalismo intendiamo la rappresentazione del

fatto che la ricerca artistica contemporanea molto variegata, un pluriverso

assolutamente esplosivo di immagini e di forme, d'accordo, ma non c'entra con la

multiculturalit dal punto di vista antropologico. Multiculturalit significa,

per cos dire, quando c'era Brunelleschi qua e in India facevano i templi

indiani.

CATERINA FALOMO: ormai chiaro, come sostengono molti massmediologi, che

viviamo oggi in una iconosfera mediatica che esalta il ruolo dell'immagine. E

allo stesso tempo il confine tra realt e finzione si fa sempre pi sottile e

l'estetica dell'immagine ha comunque il sopravvento su tutto. Scrive Peppino

Ortoleva in un articolo apparso sull'ultimo numero di Telma: il problema

che le immagini del massacro erano anche belle. Sfido chiunque a negare che tra

gli elementi che lo incollavano al televisore c'era anche la pura potenza

visiva, simmetrica e imprevista, dell'aereo che penetra la torre, della torre

stessa che crolla.

La presenza massiccia delle immagini di questo momento storico, pu ancora

lasciare spazio al fare artistico, ovvero l'arte pu avere ancora qualcosa da

proporre al nostro sguardo dopo quello che abbiamo visto ultimamente in

televisione?

MASSIMO CACCIARI: Questo un vecchissimo discorso. chiaro, direi che

l'Occidente ha, proprio nella sua storia, in tutta la sua tradizione, alla fine

esaltato il ruolo dell'immagine: noi non viviamo altro che al compimento di

questa tradizione. Quando Platone parla dell'idea in senso anche filosofico,

dell'eidos, l'eidos ci che si vede; quando noi parliamo di teoria la radice

del termine orao che vuol dire vedere: siamo sempre l. Cio l'esaltazione

della facolt visiva rispetto a tutte le altre facolt proprio dell'Occidente;

altre civilt, ad esempio quella semitica, hanno una gerarchia completamente

diversa rispetto alle nostre facolt: l esaltato il ruolo dell'ascolto

piuttosto che della visione. Quindi anche qui non cerchiamo sempre di scoprire

l'acqua calda. Perch oggi vi questo straordinario ruolo dell'immagine? Non

perch ce lo inventiamo oggi ma perch tutta la nostra cultura, la nostra

tradizione, convergono in questa direzione, nell'esaltare per l'appunto il ruolo

dell'immagine, il ruolo della visione, come nella nostra facolt di vedere

immagini, a differenza di altre civilt, dove invece appunto il ruolo

dell'immagine addirittura visto con grande sospetto se non bandito,

teologicamente questo proprio delle civilt semitiche, sia di quella ebraica

sia di quella araba. Quindi certo noi siamo alla fase estrema di questa

tradizione, per cui tutto diventato immagine, l'essere s' risolto

nell'immagine, l'epoca dell'immagine del mondo, delle visioni del mondo come

si usa dire.

CATERINA FALOMO: ...Anche grazie all'avvento e alla massiccia presenza delle

tecnologie che hanno continuano a mostrare e a sollecitare la nostra percezione

visiva.

MASSIMO CACCIARI: Certamente, questo per bisogna stare attenti a non

confonderlo come una radicale novitas, perch questa novit non sarebbe neppure

lontanamente concepibile se non avesse radici in questa lunghissima tradizione

che esalta come facolt principe il vedere. Tanto vero che anche il linguaggio

filosofico, che sembrerebbe essere quello che attiene maggiormente alla

dimensione del pensare e non del vedere, tutto dominato da termini che

indicano la visione.

Questo per non c'entra niente col bello, francamente non le trovo belle per

niente quelle immagini: si tratta piuttosto della potenza dell'immagine che pu

essere anche orrida, devastante, pu far male, ma il bello mi pare un termine

del tutto inappropriato per dire questo. Ci che conta la potenza

dell'immagine, che a noi sembra superiore ad ogni parola, superiore ad ogni

suono, ad ogni ascolto, ad ogni silenzio, noi siamo colpiti dall'immagine.

Certamente siamo colpiti dall'immagine. E cos anche dal punto di vista del

carisma del personaggio, Bin Laden un'immagine, non sentiamo quello che dice,

vediamo Bin Laden con la barba, sembra un profeta. Bello per mi pare un

termine assolutamente inappropriato.

Anche il fare artistico del tutto radicato in questa potenza dell'immagine:

non sarebbe pensabile una civilt come la nostra, con le continue rivoluzioni

della rappresentazione artistica che ha conosciuto, a differenza che in India o

in Cina, senza tener conto che ogni generazione, praticamente da secoli a questa

parte, si inventata un suo linguaggio artistico, una sua forma artistica, e

ci in modo assolutamente delirante ed esplosivo e febbrile nell'ultimo secolo,

o secolo e mezzo Come sarebbe pensabile una cosa cos straordinaria, unica

rispetto a tutte le altre culture e civilt, questa continua metamorfosi delle

rappresentazioni artistiche, se non appunto sulla base di questo primato del

vedere, rappresentare, percepire?

Quindi, come si fa a dire che questo pu lasciare spazio al fare artistico? Il

fare artistico consustanziale con questo primato dell'immagine e per forza che

continuer ad esserci; sembra che il fare artistico occidentale sia qualcosa di

diverso o contraddittorio rispetto al primato dell'immagine, ne fa parte

consustanziale e quindi chiaro che ci sar sempre il fare artistico. Fintanto

che dominer il primato dell'immagine gli artisti continueranno a esserci, a

moltiplicarsi, e qualcuno di loro anche a vendere.

Cosa fa l'arte di diverso, soprattutto l'arte che con maggiore consapevolezza ha

riconosciuto questo destino dell'Occidente, il primato dell'immagine e del

vedere, che secondo me recentemente ne stata la forza? Non ha fatto altro che

sottolineare ed esaltare il ruolo dell'immagine, ossia ci ha fatto comprendere

questo destino. La grande arte Pop ci ha reso consapevoli di questa

straordinaria potenza dell'immagine, cio che non siamo noi a costruire

l'immagine ma che sono ormai le immagini a fare noi. Questo stato quanto di

pi ha fatto l'arte contemporanea negli ultimi venti trent'anni: ci ha fatto

fermare, ci ha fatto arrestare, ci ha detto: Ma hai capito che ormai l'immagine

non pi un tuo prodotto e tu non sei altro che un'immagine?, e questo stato

il grande portato di straniamento che ha prodotto la Pop art. L'arte direi che

nel mondo dell'immagine pu produrre questo effetto di straniamento: portarti

fuori da te stesso e farti comprendere come ormai tu sia assolutamente dominato,

fagocitato, nient'altro che un momento nel mondo dell'immagine. La pi grande

arte Pop ha reso consapevoli di tutto ci. Poi c' un'arte che cerca di

protestare iconoclasticamente contro questo, ad esempio l'arte europea di

tradizione espressionista... che come una protesta iconoclastica contro questo dominio dell'immagine, ma anch'essa non avrebbe senso se non ci fosse, appunto, il dominio dell'immagine. In questo mondo, quindi, "per forza" che ci sar spazio per il fare artistico.

Venezia, 15 Ottobre 2001

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