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ORDINANZA sul ricorso 13016-2014 proposto da: ACCOMANDO VINCENZO, elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DELLE NAVI 20, presso lo studio dell'avvocato VERONICA PETRELLA, rappresentato e difeso dall'avvocato DANIELE ZUMMO; - ricorrente - CA3 2019 1248 contro AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI PALERMO (già AZIENDA USL n. 6 DI PALERMO), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA Civile Ord. Sez. L Num. 14507 Anno 2019 Presidente: TORRICE AMELIA Relatore: MAROTTA CATERINA Data pubblicazione: 28/05/2019 Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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ORDINANZA

sul ricorso 13016-2014 proposto da:

ACCOMANDO VINCENZO, elettivamente

domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DELLE NAVI

20, presso lo studio dell'avvocato VERONICA

PETRELLA, rappresentato e difeso

dall'avvocato DANIELE ZUMMO;

- ricorrente -

CA3

2019

1248

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI PALERMO

(già AZIENDA USL n. 6 DI PALERMO), in persona

del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

Civile Ord. Sez. L Num. 14507 Anno 2019

Presidente: TORRICE AMELIA

Relatore: MAROTTA CATERINA

Data pubblicazione: 28/05/2019

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LIVORNO 6, presso lo studio dell'avvocato

GUIDO DE SANTIS, rappresentata e difesa

dagli avvocati GIORGIO LI VIGNI, FRANCESCA

LUBRANO;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1360/2013 della CORTE

D'APPELLO di PALERMO depositata il

31/05/2013 R.G.N. 1407/2010.

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R. Gen. N. 13016/2014

Rilevato che:

1. con sentenza n. 1360/2013 del 31 maggio 2013, la Corte di

appello di Palermo confermava la decisione del Tribunale della stessa

città che, revocato il decreto ingiuntivo ottenuto da Vincenzo

Accomando nei confronti dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo,

aveva parzialmente accolto la domanda proposta dal primo, intesa

ad ottenere il riconoscimento dell'importo di euro 10.899,15 a titolo

di indennità di coordinamento ex art. 10 del c.c.n.l. 20/9/2001 (di cui

euro 8.908,59 quale parte fissa per il periodo dall'1/9/2001 al

31/12/2006 ed euro 1.990,56 quale parte variabile per il periodo

dall'1/1/2003 al 31/12/2006) e ritenuto spettante allo stesso solo

l'indennità di coordinamento parte fissa e limitatamente al periodo

18/9/2002-31/12/2001;

la Corte territoriale riteneva che: - la proposta di attribuzione

dell'indennità di coordinamento di cui alla nota n. 23 del 18/10/2005

costituiva mero atto interno, inidoneo ex art. 633 cod. proc. civ.;- dal

prospetto del Responsabile UOS di Patologia Clinica risultava che alla

data del 31/8/2001 l'Accomando coordinasse 5 dipendenti ma che il

numero si era ridotto dal 4/11/2003 a 4 dipendenti coordinati; - sino

al 31/12/2002 sussisteva il requisito numerico di cui al Regolamento

n. 3163 del 8/9/2004; - tra le persone coordinate non poteva farsi

rientrare lo stesso l'Accomando; - per effetto della prescrizione

quinquennale il diritto alla parte fissa dell'indennità di

accompagnamento andava però limitato al periodo dal 18/9/2002 al

31/12/2002 mentre andava escluso per il periodo successivo per

mancanza del requisito numerico; - non era stato prodotto alcun atto

formale di costituzione in mora proveniente dall'Accomando;

3. avverso tale sentenza Vincenzo Accomando ha proposto ricorso

affidato a quattro motivi;

4. l'Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo ha resistito con

controricorso;

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5. non sono state depositate memorie.

Considerato che:

1. con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa

applicazion 633 e 634 cod. proc. civ. e dell'art. 1988 cod. civ., in

relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.;

sostiene che la documentazione allegata alla richiesta di decreto

ingiuntivo costituisse prova idonea del credito azionato in sede

monitoria exr6t3 e 634 cod. proc. civ. trattandosi non di atti interni

ma di atti di riconoscimento del debito e così del riconoscimento

dell'esistenza dei presupposti dell'indennità di coordinamento;

2. il motivo è inammissibile;

nonostante la formale denuncia di un vizio di violazione di legge si

mette in discussione la valutazione di atti compiuta dalla Corte

territoriale senza neppure riprodurre il contenuto di tali atti, solo

genericamente indicati come 'documenti prodotti dal ricorrente', e

senza specificare il luogo ove gli stessi siano in concreto rinvenibili;

peraltro il motivo confonde la sussistenza dei requisiti per il

giudizio monitorio con quelli relativi alla fondatezza della pretesa

laddove, come è noto, l'opposizione a decreto ingiuntivo, anche

quando è proposta allo scopo di sostenere la illegittimità del ricorso

alla procedura sommaria, instaura comunque un giudizio di merito sul

credito vantato e fatto valere dal ricorrente con la richiesta - che

assume veste di domanda - del decreto di ingiunzione, ed il relativo

giudizio, anche quando il decreto sia revocato sul presupposto che

non poteva essere concesso, si conclude con una pronuncia di merito

sulla dedotta pretesa;

3. con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa

applicazione dell'art. 10 c.c.n.l. Comparto sanità biennio economico

2000-2001, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.;

sostiene che la Corte territoriale non avrebbe considerato che,

come attestato dal Responsabile dott. Testasecca l'Accomando aveva

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coordinato presso UOS patologia clinica 6 unità dal 31/8/2001 al

31/12/2002 e 5 unità nel periodo successivo e che nel numero delle

unità da considerare ai fini del computo andava incluso anche

l'Accomando in quanto dipendente appartenente alla medesima unità;

rileva che ai sensi dell'art. 10 c.c.n.l. Comparto sanità biennio

economico 2000/2001 l'indennità di coordinamento spetta ai

collaboratori professionali già inquadrati in categoria D che al

31/8/2001 espletavano l'incarico di coordinamento e che ai sensi del

Regolamento adottato con deliberazione n. 3136 dell'8/9/2004

l'indennità spettava a coloro che avessero coordinato 5 operatori, a

nulla rilevando che il numero si fosse poi ridotto perché la sussistenza

dei presupposti andava riferita al 31/8/2001;

assume che il presupposto relativo al numero dei dipendenti

coordinati secondo quanto previsto dal Regolamento valeva solo per

parte fissa e non poteva incidere sugrte variabile atteso che "per

quanto attiene alla parte variabile si fa riferimento al 4° comma art.

10 c.c.n.l. biennio economico 2000/2001 e art. 2 c.c.n.l. integrativo

aziendale sottoscritto il 17/9/2002" pertanto l'indennità parte

variabile doveva, comunque, essere riconosciuta dall'1/1/2003 al

31/12/2006 in quanto non condizionata dai presupposti relativi alla

parte fissa;

sottolinea che con delibera n. 450 del 18/6/2010 era stato

approvato il Regolamento per l'attribuzione funzioni di coordinamento

di cui all'art. 10 del c.c.n.l. biennio 2000/2001, con il quale erano

state superate le disposizioni contenute in quello precedentemente

adottato con delibera n. 3136 dell'8/9/2004;

richiama sia la disposizione transitoria di cui all'art. 9 del

Regolamento del 2004 secondo cui "con separato accordo verranno

verificate tutte quelle situazioni nelle quali pur essendosi svolte

funzioni di coordinamento tuttavia non risultavano ricorrere tutti i

presupposti di cui al Regolamento di cui alla delibera del 2004" sia

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eti:ct -tazrak/u.

R. Gen. N. 13016/2014

l'accordo attuativo di tale disposizione, intervenuto in data 30/6/2010

e formalizzato con delibera dell'ASP n. 498 del 21/7/2010;

sostiene che con tali ultimi provvedimenti era stata prevista e

stabilita la retribuibilità delle funzioni di coordinamento realmente

svoltesi in passato per le quali non risultavano ricorrere i presupposti

previsti da previgente Regolamento di cui alla delibera n. 3136;

deduce che ex post ad un dipendente era stata attribuita

l'indennità di coordinamento negata al ricorrente;

4. il motivo, pur presentando taluni profili di inammissibilità, è

fondato nei termini di seguito illustrati;

4.1. non superano il preliminare vaglio di ammissibilità le censure

incentrate sui Regolamenti approvati rispettivamente con

deliberazioni n. 3136 dell'8/9/2004 e n. 450 del 18/6/2010 oltre che

sull'accordo di cui alla delibera n. 498 del 21/7/2010;

gli indicati atti, infatti, non sono stati riprodotti nel

essendosi il ricorrente limitato a riportare del Regolamento

di cui alla delibera n. 3136 del 2004 (non allegato al ricorso per

cassazione) il solo puntoi riportato a pag. 8 del ricorso per cassazione,

del Regolamento di cui alla delibera n. 450 del 2010 (allegata al

ricorso per cassazione) la sola disposizione transitoria di cui all'art. 9,

trascritta a pag. 9 del ricorso per cassazione, dell'accordo di cui alla

delibera n. 498 del 2010 (allegata al ricorso per cassazione) una

mera sintesi personale del contenuto asseritamente deponente per la

retribuibilità delle funzioni di coordinamento realmente svoltesi in

passato per le quali non risultavano ricorrere i presupposti previsti da

previgente Regolamento di cui alla delibera n. 3136 del 2004 (come

detto neppure allegata al ricorso per cassazione);

inoltre, con riferimento al Regolamento di cui alla delibera n. 3136

del 2004, il ricorrente si limita a contrapporre una propria soggettiva

lettura all'interpretazione dello stesso offerta dalla Corte territoriale,

senza denunciare l'avvenuta violazione dei canoni interpretativi;

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si aggiunga che gli indicati atti del 2010 non hanno formato

oggetto di esame da parte della Corte territoriale ed il ricorrente non

ha spiegato quando ed in che termini la relativa questione sia stata

sottoposta ai giudici di appello;

secondo il costante insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. 28

luglio 2018, n. 20518; Cass. 12 luglio 2005, Cass. 16 agosto 2004, n.

15950), qualora una determinata questione giuridica - che implichi un

accertamento di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella

sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione

in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di

inammissibilità per novità della censura, ha l'onere non solo di

allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di

merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per

Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia

fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di

tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa: ciò

che, nel caso di specie, non è accaduto;

4.2. per quanto attiene, invece, alle censure incentrate su una

pretesa erronea interpretazione dell'art. 10 c.c.n.l. Comparto sanità

del 21/9/2001 appare preliminarmente opportuna una ricostruzione

del quadro convenzionale e giurisprudenziale di riferimento;

4.3. il contratto collettivo nazionale di lavoro, Comparto sanità, II

biennio economico 2000-2001, per favorire il processo di riordino e

riorganizzazione delle professioni sanitarie ha previsto - ravvisando

che l'insieme dei requisiti richiesti al personale appartenente alla

categoria C del ruolo sanitario nonché al profilo di operatore

professionale assistente sociale del ruolo tecnico, per contenuti di

competenze, conoscenze e capacità necessarie per l'espletamento

delle relative attività lavorative, corrisponde a quello della categoria D

dei rispettivi profili - la ricollocazione del personale della categoria C

nella categoria D;

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l'art. 9, comma 2, del c.c.n.l. ha, in particolare, stabilito che, con

decorrenza dal 10 settembre 2001, tutti gli operatori professionali del

ruolo sanitario e l'operatore professionale - assistente sociale - del

ruolo tecnico assumono la denominazione della categoria D,

rispettivamente, di 'collaboratore professionale sanitario' nei profili e

discipline già corrispondenti a quella della categoria di provenienza,

nonché di 'collaboratore professionale - assistente sociale';

4.4. la realizzata unificazione dei dipendenti delle categorie C e D,

ha posto il problema sia di distinguere e valorizzare, all'interno del

nuovo profilo accorpato, la reale funzione di coordinamento delle

attività dei servizi affidati sia di differenziare coloro che, al momento

dell'accorpamento, avessero già effettuato determinate funzioni

di coordinamento;

4.5. si è pervenuti così a prevedere l'indennità di

l'indennità di coordinamento di cui all'art. 10, del c.c.n.l. la cui ratio,

come si evince dallo stesso testo della disposizione, è appunto quella

di "favorire le modifiche dell'organizzazione del lavoro nonché

valorizzare l'autonomia e responsabilità delle professioni", in seguito

al passaggio nella categoria D anche del personale già appartenente

alla categoria C;

4.6. la disposizione prevede innanzitutto un sistema 'a regime'

(una volta superata la fase transitoria) disponendo, al comma 1, che

l'indennità in questione è attribuita a "coloro cui sia affidata la

funzione di coordinamento delle attività dei servizi di assegnazione

nonché del personale appartenente allo stesso o ad altro profilo anche

di pari categoria ed - ove articolata al suo interno - di pari livello

economico, con assunzione di responsabilità del proprio operato" e

specificando che essa "si compone di una parte fissa ed una

variabile";

dunque, 'a regime', l'incarico, che richiede sempre un atto formale

di conferimento, può essere attribuito dalle aziende ai soggetti in

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possesso del requisito minimo di anzianità solo previa definizione di

criteri generali ai quali le aziende medesime devono attenersi nella

scelta del dipendente cui affidare il coordinamento (v. di recente

Cass. 18 maggio 2018, n. 12339);

4.7. il secondo e il terzo comma disciplinano la situazione relativa

alla 'prima applicazione' della norma contrattuale, chiarendo quali

sono i presupposti per il riconoscimento dell'indennità nei confronti di

coloro che alla data del 1° settembre 2001 svolgessero attività

di coordinamento e prevedendo che "l'indennità di funzione

di coordinamento - parte fissa - con decorrenza 1 settembre 2001, è

corrisposta in via permanente ai collaboratori professionali sanitari

caposala - già appartenenti alla categoria D e con reali funzioni

di coordinamento al 31 agosto 2001, nella misura annua lorda di L.

3.000.000 cui si aggiunge la tredicesima mensilità" e che

"l'indennità di cui al comma 2 - sempre in prima applicazione -

compete in via permanente - nella stessa misura e con la medesima

decorrenza anche ai collaboratori professionali sanitari degli altri

profili e discipline nonché ai collaboratori professionali - assistenti

sociali - già appartenenti alla categoria D, ai quali a tale data le

aziende abbiano conferito analogo incarico di coordinamento o, previa

verifica, ne riconoscano con atto formale lo svolgimento al 31

agosto 2001";

4.8. sempre in sede di 'prima applicazione' del c.c.n.I., ai sensi del

comma 7 del medesimo art. 10, al fine di evitare duplicazione di

benefici, è stato previsto che l'incarico di coordinamento sia affidato

di norma al personale già appartenente alla categoria D alla data del

contratto stesso, e sia rimessa alla valutazione aziendale, in base alla

propria situazione organizzativa, la possibilità di attribuire l'indennità

di coordinamento di cui al comma l'art. 10, comma 1, anche al

personale proveniente dalla categoria C cui sia stato riconosciuto

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l'espletamento di funzioni di effettivo coordinamento ai sensi dell'art.

8, commi 4 e 5;

4.9. nell'ipotesi di 'prima applicazione' di cui al comma 2,

l'indennità compete a tutti i collaboratori professionali sanitari-

caposala con reali funzioni di coordinamento alla data del 31

agosto 2001, riconoscendosi, in tal caso, che la funzione

di coordinamento è intrinseca al ruolo del capo-sala, non essendo

necessario un accertamento formale;

nel caso di cui al comma 3, invece, l'indennità è riconosciuta

anche ai collaboratori professionali sanitari degli altri profili e

discipline nonché ai collaboratori professionali - assistenti sociali - già

appartenenti alla categoria D (omissis), ai quali l'azienda avesse

conferito analogo incarico di coordinamento alla medesima data o ne

avesse riconosciuto con atto formale lo svolgimento al 31

agosto 2001, affermandosi, in tal caso, che la funzione

di coordinamento non è intrinseca al ruolo dei profili e quindi ha

bisogno di essere dimostrata o accertata con atto formale;

eguale necessità di un riconoscimento formale è prevista dal

comma 7;

4.10. la norma ha disciplinato anche la possibilità di una revoca

dell'indennità in questione distinguendo le ipotesi di riconoscimento

'in sede di prima applicazione' e 'a regime';

ed infatti al comma 5 dell'art. 10 ha stabilito che l'indennità di

coordinamento attribuita al personale di cui ai sopra indicati secondo

e terzo comma è revocabile 'limitatamente alla parte variabile' con il

venir meno della funzione o, in caso, di valutazione negativa;

diversamente, al comma 6 ha previsto che l'indennità di

coordinamento attribuita al personale dei profili interessati

successivamente alla prima applicazione è revocabile 'in entrambe le

componenti' con il venir meno della funzione o anche a seguito di

valutazione negativa;

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4.11. sul punto della 'prima applicazione', questa Corte di

legittimità ha precisato (v. Cass. 4 luglio 2012, n. 11162) che

l'attività di coordinamento di cui all'ad 10 del c.c.n.l. è funzione ben

diversa rispetto alle "capacità organizzative, di coordinamento e

gestionali" previste dalla declaratoria contrattuale del livello D in

quanto la prima "integra una autonoma e distinta funzione che, in

una logica premiale conferisce il diritto alla relativa indennità" e che

'non è rinvenibile in nessuna delle disposizioni contenute negli artt. 8

e 10 del c.c.n.l. del 20/9/2001 alcun elemento che consenta di

affermare che l'intenzione delle parti contrattuali fu quella di volere

attribuire l'indennità di coordinamento al personale già inquadrato

nella categoria D a prescindere dall'effettivo svolgimento delle

mansioni correlate a detto emolumento' (v. Cass. 28 agosto 2018, n.

21258);

oè stato altresì s ttolineato che "in tema di indennità per incarico

di coordinamento prevista dall'art. 10, comma 3, del c.c.n.l. sanità

biennio economico 2000-2001, stipulato il 20 settembre 2001, la

disposizione contrattuale collettiva si interpreta nel senso che, ai fini

del menzionato trattamento economico, il conferimento dell'incarico

di coordinamento o la sua verifica con atto formale richiedono che di

tale incarico vi sia traccia documentale, che esso sia stato assegnato

da coloro che avevano il potere di conformare la prestazione

lavorativa del dipendente, e che abbia ad oggetto le attività dei

servizi di assegnazione nonché del personale, restando esclusa la

possibilità per l'Amministrazione di subordinare il suddetto diritto a

proprie ulteriori determinazioni di natura discrezionale" (v. Cass. 27

aprile 2010, n. 10009; Cass. 8 novembre 2013, n. 25198; Cass. 22

settembre 2015, n. 18679);

è stato altresì precisato che, ai fini del riconoscimento

dell'indennità di cui all'art. 10, comma 7 (attribuzione al personale

proveniente dalla categoria C), che presuppone il conferimento

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R. Gen. N. 13016/2014

'formale' dell'incarico di coordinamento, si richiede che: a) vi sia

traccia documentale di tale incarico; b) l'incarico sia stato assegnato

da coloro che hanno il potere di conformare la prestazione lavorativa

del dipendente; c) lo stesso abbia ad oggetto le attività dei servizi di

assegnazione e gestione del personale (Cass. 21 luglio 2014, n.

16589);

così, il conferimento delle funzioni di coordinamento, cui si fa

espresso riferimento nell'art. 10, comma 3 del c.c.n.l. sanità del 20

settembre 2001, o la sua verifica con atto formale vanno intesi,

conformemente al significato complessivo della regolamentazione

dell'indennità, come indicatori della necessità che di tali mansioni vi

sia traccia documentale e che essi siano stati assegnati da coloro che,

secondo le linee organizzative dell'ente avevano il potere di

conformare la prestazione lavorativa del dipendente (cfr. Cass. n.

1009/2010 cit.) e non necessariamente dagli organi di vertice (Cass.

21 maggio 2014, n. 11199);

sempre la giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 26 luglio 2016,

n. 15444; Cass. 2 agosto 2016, n. 16088; Cass. 24 novembre 2017,

n. 28087) ha affermato che l'attribuzione al personale proveniente

dalla categoria C dell'indennità di coordinamento, ai sensi dell'art. 7,

comma 10, del c.c.n.l. di settore, richiede una valutazione aziendale

in ragione della propria situazione organizzativa, non sussistendo, in

fase di prima applicazione del contratto collettivo, per il personale

proveniente dalla categoria C, un automatismo tra indennità di

coordinamento e svolgimento della funzione di coordinamento;

si è inoltre affermato, con la citata sentenza n. 18679/2015 (che

richiama, tra l'altro, Cass. n. 25198/2013 e n. 10009/2010) che

l'attività di coordinamento deve avere ad oggetto le attività dei servizi

di assegnazione nonché del personale, e che requisito imprescindibile

per il diritto a detta indennità è, dunque, il coordinamento anche del

personale;

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R. Gen. N. 13016/2014

4.12. questa Corte ha anche esaminato il rapporto tra indennità di

coordinamento e posizione organizzativa rilevando (Cass. 27 aprile

2010, n. 10008) che nella declaratoria della categoria D [...] si fa

riferimento a 'posizioni di lavoro ... che richiedono ... capacità

organizzative, di coordinamento e gestionali' e nel livello economico D

super della stessa categoria si fa riferimento a posizioni di lavoro che

'richiedono ... funzioni di direzione e coordinamento';

l'art. 10, comma 1 del c.c.n.l. 20 settembre 2001 istituisce

tuttavia un'indennità identificandone il presupposto specifico nella

funzione di coordinamento delle attività dei servizi di assegnazione

nonché del personale etc. e non contiene alcun riferimento né ai

criteri stabiliti dall'art. 20 del c.c.n.l. aprile 1999 in materia di

posizioni organizzative né in realtà ad alcun criterio specifico,

limitandosi a identificare i destinatari dell'indennità in coloro ai quali

tale funzione sia 'affidata';

quindi, né la clausola in materia di classificazione, contenuta nel

c.c.n.l. 7 aprile 1999 nè quella dell'art. 10 del c.c.n.l. 20 settembre

2001 contengono elementi che valgano a distinguere con chiarezza

l'attività di coordinamento dalla funzione di coordinamento;

inoltre, il cit. art. 10 non autorizza in alcun modo, mancando ogni

elemento normativo in proposito, a configurare la funzione di

coordinamento alla stregua di una posizione organizzativa a norma

dell'art. 20 del c.c.n.l. 7 aprile 1999";

4.13. applicando gli indicati principi al caso in esame non può non

rilevarsi come non abbia formato oggetto di ricorso incidentale il

decisum della Corte palermitana nella parte in cui è stato ritenuto che

l'Accomando, collaboratore professionale sanitario già appartenente

alla categoria D (come tale rientrante nell'ambito della previsione di

cui al comma 3 dell'art. 10 del c.c.n.I.), fosse stato destinatario di un

formale atto di riconoscimento delle funzioni di coordinamento alla

data del 31/8/2001 (v. pag. 3 della sentenza impugnata: "dal

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R. Gen. N. 13016/2014

prospetto del Responsabile dell'UOS di Patologia Clinica dott.

Testasecca risulta che, alla data del 31/8/2001 l'Accomando

coordinava 5 dipendenti") e come tale lo stesso avesse avuto diritto

all'indennità di coordinamento da tale data (al netto degli importi

ritenuti prescritti e fino alla data del 31/12/2002, a far tempo dalla

quale era stata ritenuta preclusa l'indennità in questione, in entrambe

le componenti, per il sopravvenuto venir meno del requisito numerico

introdotto in sede di regolamentazione aziendale);

ed allora, per quanto sopra evidenziato anche con riguardo alla

possibilità di revoca dell'indennità di coordinamento, l'intervenuto

riconoscimento di tale indennità, in sede di prima applicazione,

doveva considerarsi permanente con riguardo alla 'parte fissa' e

revocabile 'limitatamente alla parte variabile' con il venir meno della

funzione o, in caso, di valutazione negativa;

qualunque determinazione aziendale (regolativa della funzione),

avrebbe potuto incidere, con riferimento al personale di cui secondo e

terzo comma dell'art. 10 al quale, in sede di prima applicazione, era

stata riconosciuta l'indennità di coordinamento, solo limitatamente

alla parte variabile e non anche con riferimento alla parte fissa che,

per effetto dell'intervenuto riconoscimento, continuava a competere

in via permanente;

5. con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione falsa

applicazione dell'art. 2948 cod. civ. ex 360, comma 1, n. 3 cod. proc.

civ.;

sostiene che la prescrizione applicabile è quella decennale e non

quella quinquennale e che la nota n. 23 del 18.10.2005 e altri

documenti comproverebbero le intervenute richieste di pagamento;

6. il motivo è infondato;

come da questa Corte più volte affermato (v. Cass. 10 novembre

2004, n. 21377; Cass. 2 aprile 2009, n. 8065; Cass. 26 gennaio

2010, n. 1574) in riferimento al rapporto di lavoro subordinato, la

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• R. Gen. N. 13016/2014

prescrizione breve quinquennale, prevista per i crediti periodici,

dall'art. 2948, n. 4, cod. civ., riguarda non solo il credito per la

retribuzione ordinaria, ma ogni altro credito di lavoro, cioè avente

origine e titolo nel rapporto di lavoro, restando escluse dalla sua

applicazione soltanto le erogazioni originate da cause autonome,

rispetto a detto rapporto, ovvero dalla responsabilità del datore di

lavoro;

per il resto il motivo oppone inammissibilmente a quella della

Corte territoriale una propria lettura degli atti di causa;

7. con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa

applicazione dell'art. 115 cod. proc. civ. ex 360, comma 1, n. 3 cod.

proc. civ.;

lamenta che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle

prove fornite nel giudizio ed in particolare delle prove documentali;

8. il motivo è inammissibile per genericità;

peraltro la dedotta violazione dell'art. 115 cod. proc. civ. non è

ravvisabile nella mera circostanza che il giudice di merito abbia

valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di

convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, ma soltanto nel caso

in cui il giudice abbia giudicato sulla base di prove non introdotte

dalle parti e disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia

riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio

(v. ex aliis Cass., Sez. Un., 5 agosto 2016, n. 16598; Cass. 10 giugno

2016, n. 11892);

9. conclusivamente va accolto il secondo motivo nei sensi di cui

in motivazione e va, per il resto, rigettato il ricorso;

la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto

rinviandosi alla Corte d'appello di Palermo che, in diversa

composizione riesaminerà la causa facendo applicazione dei principi

sopra evidenziati e provvederà anche in ordine alle spese del

presente giudizio di legittimità.

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mio Giudbo Giovanni R

CAA li/Se

R. Gen. N. 13016/2014

P.Q.M.

La Corte accoglie nei sensi di cui in motivazione il secondo

motivo e rigetta, per il resto, il ricorso; cassa la sentenza impugnata

in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte

d'appello di Palermo in diversa composizione.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 28 marzo 2019.

Il President

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