C e Un Opera in Questa Classe Rilevanza

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    C’è un’opera in questa classe?Rilevanza dell’esperienza estetica della lettura.

    in S. Bertolini, R. Formisano (a cura di), Filosofia, Estetica ed Etica: otto percorsi di ricerca,Aracne, Roma, di prossima uscita 2008 

    di Alessandro Raveggi

    1. Variabilità e interpretazione del fatto letterario

    A partire da una critica alla teoria della letterarietà convenzionale di Stanley Fish e dellasua teoria delle comunità interpretative, in questo saggio consideriamo la rilevanzadell’esperienza estetica della lettura come premessa di una più generale teoriadell’interpretazione del testo letterario. Parafrasando una proposta di Genette, parlare diletterarietà1 del testo significa innanzitutto parlare di una funzione estetica del linguaggio sudue fronti: la letteratura ha una funzione estetica sia in senso costitutivo, come messaggiosegnico ambiguo che necessita di un lettore inscritto in una  Appellstruktur , sia in sensocondizionale, come oggetto verbale investito da una attribuzione di valore estetico, che loconsidera più per il suo effetto formale di esemplificazione (di sample della lingua) che per lacostruzione del mondo (della versione di mondo) che propone. Dotare in seguito di funzioneartistica il linguaggio — fare cioè, per dirla con Jakobson, «di un messaggio verbale un’opera

    d’arte»

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     — significherà attribuirgli un’intenzione estetica e produttiva o meglio un «effettointenzionale»3, facendo dipendere l’immanenza dell’opera come testo in movimento dalla suatrascendenza, l’arte all’opera  come «apertura sulle altre opere, sul proprio divenire, sulmondo dove si esercita la propria azione»4.

    Se Genette non pone una scala di valori tra «“gli oggetti estetici” in generale (un albero, unanimale, un paesaggio) che sono tali in modo attenzionale, e le opere d’arte, che sono di modointenzionale e in larga misura istituzionali»5, nel binomio di «arte come produzione e comericezione»6 questo ci permette di affermare che la letterarietà come il Quando della letteraturasi forma mediante il nostro rapporto, indiretto o diretto, col testo, nella relazione della lettura.Così, ha senso parlare di ciò che è la letteratura tout court, la finzione narrativa, drammatica ela finzione poetica (ciò che Genette indica, in Finzione e Dizione, come dizione), la prima

    delle quali si impone per il carattere immaginario dei propri oggetti e la seconda per l’effettodi stile che produce. Ma ha anche senso parlare di una letterarietà provvisoria, condizionale e

    1 Cfr. per una prima elaborazione del concetto di letterarietà R. JAKOBSON,  Novejšaja russkaja poèzija, Praha 1921; trad. it. parziale Da «La nuova poesia russa» in “Poetica e poesia. Questioni di poesia e analisi testuali”, Einaudi, Torino 1985.2  R. JAKOBSON, “Closing Statement: Linguistics and Poetics” (1958) in SEBEOK ,  TH.  A., Style in Language, MIT Press,Cambridge (Mass.), pp. 350-377; trad. it. in JAKOBSON, R., Saggi di linguistica generale, Milano, Feltrinelli, 1966, p. 181.3 G. GENETTE,, L’oeuvre de l’art , cit. 1997; trad. it. L’opera dell’arte. I. Immanenza e Trascendenza, CLUEB, Bologna 1998, p. 6.4 ID., Figures IV , Editions du Seuil, Paris 1999, pp. 36-37.5  Ivi, p. 28, corsivo mio.6

      Ivi, p. 36.

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    non finzionale, dipendente da un’attribuzione di valore estetico parziale, «da un giudizioestetico soggettivo e sempre revocabile»7.

    Essendo molteplici gli atti intenzionali e non intenzionali che il linguaggio compie nel suouso, lo strumento del linguaggio (poco specifico come strumento) rende incerto dove si possaeffettivamente riscontrare la funzione letteraria: nel testo, come qualità pseudo-assertiva del

    segno e qualità espressiva del segno; al suo margine, nel suo richiamo ad unaconcretizzazione nella mente del lettore, un lettore che è però strategia al bordo del testo, chesi sdoppia in una ricezione estetica e in un’interpretazione storica, in un lettore implicito, «unastruttura testuale che anticipa la presenza del ricevente senza necessariamente definirlo»8, edin un lettore storico. Ma, proprio in sede di lettura storica-interpretativa, si può ridurrel’evento significante della letteratura al risultato di un’interpretazione contestuale ecomunitaria, come accade in Fish?

    Ci troveremmo di fronte ad una norma contestuale, quella comunità interpretante intesa daEco come «un principio trascendentale al di là delle intenzioni individuali del singolointerprete»9. Un principio che pone un arresto alla semiosi infinita e stabilisce non unsignificato oggettivo, ma intersoggettivo, al testo nelle sue molteplici interpretazioni,

    scongiurando la deriva ermetica. In Eco, si mantiene sì la dinamica tra intentio operis  eintentio lectoris, ma si controlla l’interpretazione attraverso un’economia della lettura legataal testo inteso come «oggetto che l’interpretazione costruisce nel tentativo circolare diconvalidarsi in base a ciò che costituisce»10, ed affiancato da un Abito condizionale, ovveroda «una decisione coerente in funzione delle letture successive che ne faremo»11. La

     prospettiva di Stanley Fish si fa ancora più radicale: l’idea stessa di testo come istanza dicontrollo viene ridotta ad un fascio di strategie interpretative volte a ritenerlo tale, una sorta diInterpretante Modello. L’errore principale che imputeremo a Fish, e che lo distingue da Eco, èquello di abbandonare l’oscillazione di intentio operis e  intentio lectoris, ovverol’affermazione di una letterarietà variabile, in un riduzionismo volto a ricondurre tutto alconcetto di comunità interpretativa e ad annullare il valore estetico dell’esperienza dellalettura.

    Per una teoria della lettura, la funzione letteraria si manifesta sia attraverso un effettocostitutivo sia attraverso un effetto condizionale, in un’oscillazione tra finzione e ricezioneche non comporta la propensione per un polo né la sua egemonia. Sospendendo la dicotomiadi soggetto e oggetto, la logica della contrapposizione polare cede il passo all’oscillazione trai poli. Per questo non si può parlare di un’oggettività o di una soggettività, ma solo di una

     funzionalità, non di un che cosa né di un chi, ma di un quando. Fish propone di legare questoQuando al contesto interpretativo che dispone dell’interpretazione del testo in quanto testo.Per noi, interpreti di Fish, la comunità interpretativa è ciò che dispone dello statuto di operad’arte di un testo letterario, in un modo simile al senso classificatorio di Dickie, che vede

    l’opera come un artefatto «creato per essere presentato a un pubblico del mondo dell’arte»

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    .In questa sede, come “rallentando” l’esperienza letteraria, consideriamo l’opera nella suaesperienza di lettura, il testo come esperienza estetica al di là del suo con–testo (determinabilecome sfondo di lettura) e come emersione dell’estetico in una serie di atti del linguaggio. Nonsi vuole negare che il linguaggio abbia la possibilità di divenire arte-del-linguaggio, opera,

    7 G. GENETTE, Fiction et diction, Editions du Seuil, Paris 1991; trad. it. Finzione e dizione, Pratiche, Parma 1994, p. 7.8 W. ISER ,  Der akt des Lesens: Theorie ästhetischer Wirkung, Fink, Munich 1976; trad. ingl. rivista The Act of Reading, TheJohns Hopkins University Press Baltimore 1978; trad. it. L’atto della lettura, Bologna, il Mulino, 1987, p. 74.9 U. ECO, I limiti dell’interpretazione, Bompiani, Milano 1990, p. 336.10  Ivi, p. 34.11  Ivi, p. 336.12

     G. DICKIE, The Art Circle: A Theory of Art , Haven Publications, New York 1984, p. 80.

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    ma si tratta di capire questa arte da cosa dipenda nella sua attività estetica. Per Fish, l’idea diuna scarto poietico tra il linguaggio ordinario e il linguaggio destandardizzato, deviante, dellaletteratura, è rivedibile a partire dall’interpretazione, l’unico gioco in città.

    2. L’esperienza della lettura che diventa testo: Paradise Lost di Milton

    Descrivendoci in Surprised by Sin  (1967) l’esperienza del lettore nel Paradise Lost   diMilton come un processo dialettico che va sotto lo slogan del not so much a teaching, as anintangling, l’autore si contrappone a due fronti della critica miltoniana, l’uno teso aconfermare il fine didattico dell’opera, rappresentante del partito di Dio, l’altro teso aenfatizzare l’aspetto satanico, ma liberante, dell’opera, come atto di fede nei confrontidell’autocoscienza umana come disobbedienza, rappresentata dalle figure di Satana e di Eva.Fish riconcilia le due tesi in una: Paradise Lost  è «un poema che tratta di come i suoi lettoridivengono ciò che sono», ovvero, attraverso il testo, il lettore «è portato ad una migliorecomprensione della propria natura di peccatore ed è incoraggiato a partecipare [così] alla

     propria personale assoluzione»13. La corruzione del lettore passa attraverso la propriaincapacità di rispondere adeguatamente alle difficoltà proposte dal testo, ostacoli cherichiedono al lettore di raffinare le proprie percezioni. Il testo si presenta così come la volontàstessa di «ricreare nella mente del lettore (la quale, in ultima istanza è la scena del poema) ildramma della Caduta»14, in un modo che esso non sia un osservatore, ma «un partecipante lacui mente è il locus»15  dell’interazione. Attraverso strategie retoriche, ironiche, negazioni,ambiguità, nel passaggio tra gli stadi di errore–correzione–istruzione, il significato è attivatonella mente del lettore e non è oggettivamente verificabile nel testo. Perché, se c’èun’istruzione di controllo testuale, questa «è possibile solo perché al lettore è richiesto diosservare, analizzare, e posizionare la sua sua esperienza»16, per cui Paradise Lost  non è altroche «un testo di base costruito per insegnare al lettore come interpretarlo, e specialmenteinterpretarlo giustamente»17, concernente «l’auto-educazione dei propri lettori»18. Le normecontenute in esso, le varie parti del poema, i suoi capitoli, le sue frasi, sono solo rinforziartificiali alla lettura che cadono in secondo piano nel processo. Se ha senso parlare di formaesteriore del poema, questa può essere vista solo come una forma di sostegno alla nostralettura, come esperienza di va-e-vieni, in cui, come «Adamo, noi usciamo dal poema versol’esperienza» ma anche «possiamo ritornare ad esso, come lui ritorna alla memoria delParadiso, come punto di forza e sostegno»19. Che fine ha fatto il ruolo di controllo del testoche «contiene sempre in se stesso le sue istruzioni per l’uso»20, come scriveva Todorov?

     Nella raccolta successiva  Is there a text in this class?, l’autore fa sorgere la propriaargomentazione contro le teorie più marcatamente testo-centriche rovesciando l’attacco alle

    fallacie intenzionaliste e affettive mosso da Wimsatt e Beardsley

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    , attacco che aveva l’intentodi preservare l’oggettività del testo contro l’impressionismo relativistico delle letture e la

    13 S. FISH, Surprised by Sin, Macmillan Press, London 1967 (1997), p. X.14  Ivi, p. 1.15  Ivi, p. 11.16  Ivi, p. 21.17  Ivi, pp. 161-162.18  Ivi, p. 344.19  Ivi, p. 356.20  T. TODOROV,  “La lecture comme construction”, «Poétique», 24, 1975; trad. it. “La lettura come costruzione” in I D.,  Igeneri del discorso, La Nuova Italia, Firenze 1993, p. 422, corsivo mio.21 Cfr. W. K. WIMSATT, M. BEARDSLEY M., “The Intentional Fallacy” (1946) e “The Affective Fallacy” (1948), entrambi in

    M. BEARDSLEY, The verbal icon. Studies in the meaning of poetry, University of Kentucky Press, Lexington 1954.

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    ricerca di un’intenzionalità autoriale. Riguardo alla fallacia affettiva, Fish nota come questa possa essere tolta di mezzo considerando il testo non come locus del significato, ma come«dimensione temporale in cui i significati sono attualizzati»22. Domande come Che cosasignifica un testo? devono essere così sostituite con altre del tipo Che cosa fa?. Il metodo

     proposto da Fish, suggerito nel saggio “Literature in The Reader: Affective Stylistics”, è

    quello di «rallentare l’esperienza della lettura»23

    , andando così ad analizzare le risposte dellettore alle provocazioni del testo, risposte che non hanno semplicemente il carattere diresoconti affettivi, ma sono un fascio di aspettative, verifiche, frustrazioni, atteggiamenti dicarattere cognitivo e emotivo, che producono il significato come un evento « fra le parole enella  mente del lettore»24. Ciò ha come conseguenza quello di dissociare l’effetto dellinguaggio dalla sua natura, e quindi non solo di negare l’oggettività del testo («la letteratura èun’arte cinetica»25), ma anche di scardinare la distinzione tra linguaggio ordinario elinguaggio deviante, ricavabile dalle teorie strutturalistiche: affermazioni apparentemente

     prive di stile come c’è una sedia, trasparenti col mondo rispetto all’opacità del linguaggioletterario, se prese secondo il Che cosa fa? possono essere dette come ordinarie solo perchéimplicano la comprensione ordinaria che abbiamo del mondo, ed anzi per questo possono

    essere riconsiderate come straordinarie, perché «l’informazione trasmessa da un enunciato, ilsuo messaggio, è parte del suo significato ma non si identifica con esso»26.

    Leggere un testo significa così non solo attivarlo, ma consumarlo, e la consumazione dellalettura ha a che fare con ogni singola parola, ogni artificio, ogni composizione, riguardandol’evento che quest’esperienza di lettura produce, piuttosto che l’estrapolazione di unsignificato dalle parole. Il testo letterario è un artefatto che si autoconsuma  o meglio una«rappresentazione mimetica nella mente del lettore»27. Così il metodo di Fish fornisceun’analisi delle risposte del lettore alle parole, un’analisi condotta in termini di fatti ed eventi,oggettiva, scrive l’autore, «perché riconosce la dinamicità dell’esperienza del significato»28.Come far fronte però al soggettivismo delle infinite letture? Per ovviare al problema dellavariabilità delle letture, Fish postula una condizione ideale del lettore, una competenzalinguistica in senso chomskiano, un sistema linguistico condiviso e interiorizzato da ogni

     parlante29, che fornisce non solo una sintassi ma anche una semantica, una «stratificazione diesperienze linguistiche»30: quello che chiama un «lettore informato» o meglio «un lettorereale (io stesso) che fa tutto quanto è in suo potere per diventare informato»31. Il lettoreinformato è un parlante che ha una competenza linguistica della lingua del testo, unacompetenza semantica ed una competenza letteraria, ovvero è conscio di un certo tipo didiscorso letterario. Esso consente di affermare un’uniformità di risposta tra i vari lettori, e didistinguere tra due livelli di lettura, il primo relativo alla competenza linguistica applicata estabile, il secondo relativo ad una risposta di secondo grado variabile, un’interpretazione chesi sovrappone alla prima lettura, così che si può affermare: «quel che accade al lettore

    informato di un’opera accade, con variazioni non essenziali, anche a un altro», ma è solo

    22 S. FISH, “Introduction, or How I Stopped Worrying and Learned to Love Interpretation”, in  Is There a Text in This Class?The Authority of Interpretive Communities, Harvard University Press, Cambridge 1980; trad. it. C’è un testo in questaclasse?, Einaudi, Torino 1987, p. 6.23  Ivi, p. 33.24  Ibidem.25  Ivi, p. 49.26  Ivi, p. 37.27  Ivi, p. 46.28  Ivi, p. 50.29 Cfr. R. WARDHAUGH, Reading. A Linguistic Perspective, Harcourt, Brace & World, New York 1969, p. 60.30 S. FISH, C’è un testo in questa classe?..., cit., p. 51.31

      Ivi, p. 55.

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    «quando i lettori diventano critici letterari e la formulazione dei giudizi prende il sopravventosull’esperienza della lettura che le opinioni cominciano a divergere»32. Lo stesso Fishmanifesterà in seguito un’insoddisfazione che ci permetterà di proseguire nel passaggio dallasua stilistica affettiva alla teoria delle comunità interpretative, ovvero il passaggio che nega ladistinzione tra risposta I (la lettura) e risposta II   (l’interpretazione). Consentendosi la

    negazione altresì del testo come istanza di controllo della lettura.

    3. Le strategie comunitarie dell’interpretazione: la letteratura come convenzione

     Nel saggio “What is Stylistics and Why Are They Saying Such Terrible Things About It?”,sebbene si affermi che il valore dei fatti stilistici (che differenziano in ultima istanza laletteratura dal linguaggio ordinario) a livello formale dipenda comunque dall’effetto

     provocato nell’esperienza del lettore e che sia dunque possibile una descrizione di questi fattisolo attraverso l’analisi della lettura, si conclude che ogni descrizione formale sia legataall’interpretazione, che non solo ogni critica sia una costruzione interpretativa, ma anche che

    «la costruzione dell’interpretazione e la costruzione della grammatica»33 siano un'unica cosa.Se tuttavia tutto è interpretazione, e l’interpretazione è l’unico gioco in città, non si nega chesi possa dare un doppio senso alla conclusione che ogni lettura sia interpretativa.Quest’affermazione significa che le attività del lettore sono costitutive di quanto possonoessere descritte formalmente, che le unità formali, le intenzioni del testo «sono sempre unafunzione del modello interpretativo che viene messo in opera»34 e mai sono nel testo. Ma, si

     può sempre affermare che la forma del testo funga da suggerimento alle interpretazioni omeglio che, «tra tutti i fatti linguistici solo alcuni sono pertinenti all’attodell’interpretazione»35. Un bivio che nel saggio “Interpreting the «Variorium»” verrà peròeliminato, dal momento in cui testo e lettore coincidono nelle strategie interpretative e così«gli atti interpretativi» divengono gli unici «alle base delle forme»36. Differenti strategieinterpretative portano a differenti testi: due testi sono differenti «perché io ho deciso che losiano»37. Attraverso le strategie interpretative «si stabilisce qual è il significato da cercare e siforniscono le istruzioni» (ovvero altre strategie interpretative) «per produrlo, cioè perriprodurre all’infinito lo stesso testo»38.

    Il testo dunque scompare definitivamente all’incrocio di strategie interpretative? Fishafferma che il controllo testuale è soppiantato dalle comunità interpretative, le uniche cheassieme a controllare la lettura strutturano anche la scrittura, anzi impostano quest’ultima perconsentire la prima. Le comunità interpretative, «formate da quanti condividono strategieinterpretative non per leggere ma per scrivere testi, per costruirne le proprietà», preesistono ae determinano «la forma di ciò che si legge»39  piuttosto che il contrario, come nel senso

    comune si pensa. E ciò serve a spiegare da un lato la stabilità interpretativa tra lettori (se sonoappartenenti alla stessa comunità) dall’altro le differenti strategie interpretative che un singololettore può mettere in opera per produrre testi differenti. Lo stesso dissenso nelle

    32  Ivi, p. 59.33 S. FISH, “What is Stylistics and Why Are They Saying Such Terrible Things About It?” (I, 1972; II, 1977) in Is There aText in This Class?..., cit., p. 246; non tradotto nell’ed. italiana.34  S. FISH, “Interpreting the «Variorum»”, Critical Inquiry, II, 1975-76, pp. 465-485, rist. in ID.,  Is There a Text in ThisClass?..., cit., pp. 147-173, trad. it. in C’è un testo in questa classe?..., cit., p. 98.35  Ivi, p. 13.36  Ivi, p. 102.37  Ivi, p. 104.38  Ivi, p. 105.39

      Ivi, p. 19.

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    interpretazioni non dipende dalla «stabilità dei testi, ma a causa della stabilità nellacomposizione delle comunità interpretative»40. Parliamo così di stabilità, ma di una stabilitàrelativa: le comunità si allargano, svaniscono, i loro componenti passano da una parteall’altra. Esse così si collocano a metà tra l’accordo perfetto (caso in cui «i testi dovrebberoavere uno statuto indipendente dall’interpretazione»41) e l’anarchia interpretativa. Non siamo

     più nel campo descritto dal celebre aforisma di Lichtenberg42

     citato ironicamente da Todorove contestato da Eco, ovvero non consideriamo un libro come un picnic dove il testo mette le parole e il lettore il senso. Il nostro picnic, per Fish, è apparecchiato da strategie interpretative,ed è un picnic un po’ inquietante: non abbiamo prove, se non interpretazioni, della nostraappartenenza alla comunità, l’unica prova «è la solidarietà tra gli individui»43. Se i poli deltesto come norma oggettiva e del lettore come attivazione soggettiva vengono sbaragliati,questo è perché da un lato la comunità interpretativa non garantisce una stabilità oggettiva,ma parziale, essendo «un groviglio di interessi, finalità e di scopi particolari»44, dall’altro peròquesto non significa libertà della soggettività, perché i testi e le interpretazioni prodotte nonsono soggettive, ma pubbliche e convenzionali, come la stessa categoria della letteratura.

    Queste affermazioni si possono ricavare altresì in un saggio scritto nel 1972 dal titolo

    “How Ordinary is Ordinary Language”45, dove Fish affronta direttamente il problema dellostatuto del linguaggio letterario in rapporto all’altrettanto cosiddetto linguaggio ordinario.Uno dei problemi della linguistica è stato quello di trattare la letteratura come linguaggio, madi enunciare dei tratti formali che possano distinguerla dal linguaggio in senso ordinario. Lalinguistica pare, per Fish, seguire un «assunto positivista» il quale crede che il linguaggio o lacondizione d’uso ordinaria siano disponibili «per una descrizione puramente formale»46,quindi arrivando a proporre una teoria deviazionista della letteratura che «trivializza la normae quindi trivializza ogni altra cosa»47.

    Due approcci linguistici alla letteratura considerata rispetto al linguaggio ordinario possonoessere distinti, secondo Fish: l’uno considera la letteratura un message–plus, un’addizione almessaggio linguistico, come farebbe la stilistica di Riffattere48; l’altro considera la letteraturacome un message–minus, così come farebbe la poetica di Jakobson, per il quale nella funzione

     poetica il principio dell’equivalenza è proiettato dall’asse della selezione (quello del contestolessicale, della polisemia) a quello della combinazione  (il veicolo attraverso il quale tutti imessaggi verbali sono prodotti). La prima così enfatizza la centralità normativa del linguaggionel suo uso ordinario, e considera la letteratura come un effetto stilistico, un ornatus,escludendo da essa tutti i testi che non paiono possedere uno stile; la seconda è disposta adincludere nella letteratura testi che non appaiono come letterari, perché in essi può essereindividuata una funzione poetica. Un criterio accomuna entrambe le posizioni, un criterio diunità formale. Nel caso della stilistica, questo è necessario perché così «i materiali estranei almessaggio possono essere ammessi solo se contribuiscono alla sua espressione o ricezione»,

    mentre nel caso della poetica strutturale «la de–enfatizzazione del messaggio porta arichiedere che quegli stessi materiali siano formalmente coerenti con gli altri»49.

    40  Ivi, p. 106.41  Ivi, p. 107.42 Cfr. G. C. LICHTENBERG, Schriften und Briefe, a cura di W. Promies, Hanser, München 1973, p. 363, n. E-104.43 S. FISH, C’è un testo in questa classe..., cit., p. 108.44  Ivi, p. 19.45 Cfr. S. FISH, “How Ordinary is Ordinary Language”, «New Literary History», 5, 1, What Is Literature?, 1973, pp. 41-54.46  Ivi, p. 44.47  Ibidem.48 Cfr. M. R IFFATERRE,  La production du texte, Éditions du Seuil, Paris 1979; trad. it.  La produzione del testo, Il Mulino,Bologna 1989.49

     S. FISH, “How Ordinary is Ordinary Language”, cit., p. 48.

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    L’alternativa tra queste due vie è espressa da Fish attraverso la radicale negazione diqualcosa che possa essere detto linguaggio ordinario, intendendo con esso un sistema formaleastratto dal quale ricavare, aggiungendo o sottraendo, una definizione di cosa-è-letterario. In

     prima istanza: il linguaggio non è un sistema astratto, ma è, seguendo la teoria degli attilinguistici, un insieme di atti contestuali. Austin aveva evidentemente mostrato come si

    dovesse mettere in dubbio la distinzione tra  performativi (enunciati che equivalgono alcompiere un’azione: promettere, avvertire, ordinare, etc.) e constativi (enunciati chedescrivono uno stato di cose), facendo dipendere entrambi dalle condizioni di felicità in cuisono espressi per non risultare inappropriati, condizioni che includono «la situazione di coluiche ha parlato, l’intento con il quale ha parlato, il suo uditorio...»50. Fish associa le condizionidi felicità della Speech Acts Theory  alla svolta semantica della linguistica generativa diChomsky, che vede nella semantica non qualcosa di aggiunto al sistema formale sintattico,ma una forza che influenza lo stesso cambiamento sintattico, non solo «una lista di usi o unaenumerazione di caratteristiche, ma un resoconto dei concetti filosofici, psicologici e moralicostruiti nel linguaggio che usiamo»51. Questo significa per Fish dichiarare che ogni frase hauna forza illocutoria, avendo un riferimento al modo in cui viene recepita («l’esecuzione di un

    atto illocutorio implica assicurarsi la recezione (uptake)»52 scriveva Austin) anche se la suaforza illocutoria non sarà sempre la stessa, dipendendo dal contesto variabile della suainterpretazione. Il passaggio alla natura convenzionale della categoria letteratura è breve: «laletteratura» afferma, «è una categoria aperta, non definibile dalla finzionalità, o trascurando laverità proposizionale, o da una predominanza statistica di tropi e figure»53, ma dipendente dauna nostra decisione interpretativa. Solo così comprendiamo come ci sia una classe dienunciati speciali che definiamo come letterari ed anche come ogni classe di enunciato possarientrare in quella classe (e uscirne). Il valore della letteratura dipende così da un giudizio digusto del lettore che identificando un testo come letterario, lo valuta, sempre perògiustificandosi rispetto ad una comunità di lettori, così che la storia dell’estetica non saràteoretica, ma empirica, «isomorfa»54 con la storia del gusto.

    4. Interpretazione ed estetica. Interpretando il Superinterprete Stanley Fish

    La negazione dell’esperienza estetica ella lettura è a nostro avviso lampante in Fish, ilquale prima dichiara che il linguaggio letterario sia definibile solo a partire dagli effettisuscitati dal lettore, poi, sbarazzandosi dei poli di testo e lettore, fa procedere la letterarietà dal’uso contestuale del linguaggio ad opera di una comunità interpretativa, proponendo così unateoria ermeneutica e relativistica della letterarietà, per quanto egli sostenga che il relativismosia «una posizione che si può sostenere», ma non «una posizione che si possa occupare» 55.

    Una teoria intelligibile per l’instabilità che abbiamo già verificato della letterarietà, macriticabile per il semplice fatto di confondere le acque già torbide del rapporto tra esperienzaestetica ed interpretazione e di considerare le differenti letture come «proiezioni delle

     prospettive comunitarie»56. Una teoria ermeneutica debole, più debole di quella di Umberto

    50 J. L. AUSTIN,  How to Do Things with Words, Oxford University Press, London 1962; trad. it. in M.  SBISÀ (a cura di), Gli Atti linguistici. Aspetti e problemi della filosofia del linguaggio, Feltrinelli, Milano 1978, p. 60.51 Cfr. S. FISH, “How Ordinary is Ordinary Language”, cit., p. 50. 52 J. L. AUSTIN,  How to Do Things with Words, cit. p. 77.53  Ivi, p. 52.54  Ivi, p. 53.55  Ivi, p. 158.56

      Ivi, p. 21.

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    Eco, il quale seppur riconosce che il testo non sia che un meccanismo circolare diautocontrollo della stessa interpretazione, difende pur sempre questo controllo interpretativoall’interno di un’economia della lettura: molte letture sono possibili, non tutte però sonolegittimabili.

    Quello che vorremmo proporre è una teoria estetica della letterarietà come una teoria della

    lettura, a sua volta intesa come una pratica estetica del linguaggio oscillante tra i due poli difinzione e ricezione, tra un atto che denota ed esprime esteticamente ed un atto che intenzionae riceve esteticamente, tradotto in parole povere: la comunicazione letteraria nel suo mezzo afunzione estetica. Questa si può riferire al rapporto tra un destinatario attivo e un emittente– testo, tra un qualcosa che intenzionando riceve e un qualcosa che mostrandosi si fa  agire,quello stato di attività–passività che distingue sia la ricezione che la finzione, e che nella lorodinamica genera il testo letterario come qualcosa di distinto e assieme necessario all’operanella sua effettualità. Nella lettura, volendo usare il titolo di un recente saggio di Genette, sianticipa il passaggio dal Testo all’Opera57, dal funzionamento del testo che diviene operadell’arte, in un ritorno al testo come meccanismo di autoregolamentazionedell’interpretazione. Anche se quest’ultimo passaggio è piuttosto interpretativo che estetico,

    quindi oltre l’ambito di una teoria della lettura estetica. Il testo, un campo aperto e plurale, èletterario solo in una relazione che oscilla tra una relazione attenzionale e una rispostaestetica, ovvero tra una ricezione condizionale e una ricezione costitutiva. Che quest’ultimasia garantita da una particolare struttura testuale o da un insieme di atti linguistici misti e chequesti alla fine dipendano da interpretazioni, mantenute come orizzonte, questo è innegabile.Questi atti linguistici sono misti e il loro scopo determina anche la loro relazione con ilmondo secondo i due vettori di adattamento indicati da Searle: «dalle parole al mondo (cosìcome le asserzioni, le descrizioni, le affermazioni, le spiegazioni)» e «dal mondo alle parole (così come le richieste, i comandi, il far voto di, le promesse)»58, ma possono essere contenutinel campo letterario solo se vengono riferiti ad una relazione estetica attenzionale che neesalta alcuni tratti, delimitando così il campo dell’aspettualità. Il testo-all’-opera, nelle suemolteplici letture e ricezioni contestuali, potrà essere convalidato o meno da successiveinterpretazioni, e questo significa certamente che la sua letterarietà verrà confermata, discussao lasciata perdere, ritornando nel magma del cosiddetto non–letterario. Riproponiamo forsequi la distinzione graduale di Eco tra interpretazione semantica (o semiosica) come «risultatodel processo per cui il destinatario, di fronte alla manifestazione lineare del testo, la riempie disignificato», e interpretazione semiotica, in cui «si cerca di spiegare per quali ragionistrutturali il testo possa produrre quelle (o altre alternative) interpretazioni semantiche»59.Anche se nella lettura il passo deve essere triplice, nell’oscillazione tra finzione e ricezione:dal testo come oggetto verbale estetico  (messaggio verbale indeterminato della relazioneestetica, nella sua emersione) al testo come tessitura  a letterarietà variabile (messaggio

    verbale misto della risposta estetica, nella sua funzionalità e produzione di senso), fino al testocome opera  (messaggio verbale che diviene arte), operalità  sul contesto di ricezionecondizionale e del riferimento di sfondo. A tre momenti corrispondono tre domande: 1.Quando si ha l’oggetto estetico letterario? 2. Quando si ha la letterarietà? 3. Quando vi èl’opera d’arte letteraria? 

    57 Cfr. G. GENETTE, Figures IV , cit., p. 28; trad. it. parziale in ID.., "Dal testo all'opera", «Studi di estetica», 22, Bologna2000.58  J. SEARLE,  “A Taxonomy of Illocutionary Acts”,  Minnesota Studies in the Philosophy of Science, VII, University ofMinnesota Press, Minneapolis 1975, pp. 344-69; trad. it. in Gli Atti linguistici. Aspetti e problemi della filosofia dellinguaggio, cit., p. 60.59

     U. ECO, I limiti dell’interpretazione, cit., p. 29.

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    Affermare che la lettura come esperienza estetica del testo dipenda in toto dalla comunitàinterpretativa è così sproporzionato, perché nega il carattere comunicativo della letteratura,facendo di un lettore estetico di un sol colpo un lettore interpretante, e negando la doppiadimensione del segno (la  parola come segno e cosa  di Sartre, tra prosa e poesia) e le duedimensioni estetiche che nel campo letterario si ricavano da quest’ambiguità: un’estetica del

    segno, caratterizzata da aspettualità riconosciuta e auto–riflessività manifesta, affiancata adun’estetica del senso60, caratterizzata dalla creazione di un mondo fatto di parole (fittizio perché negando il mondo è pur sempre un  mondo nella sua peculiarità intenzionale) emodificazione della nostra situazione di parlanti. La teoria interpretativa di Fish nega la primariducendo tutto alla dimensione estetica del senso, un senso già interpretato contestualmentecome riserva d’interpretazione, che delimita e definisce il testo letterario, letterario perché lacomunità lo ha candidato all’etichetta della letterarietà. Qualcosa è accaduto:un’affermazione che non può più essere pronunciata da Fish, anche se estende il concetto diconvenzionalità alla stabilità interpretativa. Qualcosa (di letterario) è accaduto nellinguaggio, diremo noi. Qualcosa di meno, di più o uguale rispetto all’atto linguistico che ci siaspettava nella ricezione, nei casi e contesti ordinari, che nella lettura fungono da sfondo

    mobile, non solo da situazione di background. In Fish il testo, riprendendo un commento diScholes, diviene «una macchia di Roscharch»61  dove il lettore non fa altro che proiettareinterpretazioni su ciò che è già stabilito come testo letterario per convenzione comunitaria.Per cui, dal nostro punto di vista, non  fa niente.

    Riconoscere la letterarietà variabile significherà riconoscere l’oscillare tra finzione ericezione, non irrigidire questi poli che più che poli sono modalità estetiche-operative, l’unaimmanente l’altra trascendente il testo, tra una regola autoriflettente che una volta si chiamavail testo nella sua stabilità oggettiva e un’apertura trascendente, quella che si direbbe la suaricezione contestuale. Ma la capacità negante  e consentente dell’esperienza estetica fa dellalettura un’esperienza sui generis, perché quest’oscillazione tra finzione e ricezione è presentein essa continuamente. Così quando un testo si comporta come ‘letterario’ esso genera unaricezione estetica e allo stesso tempo è generato da una relazione estetica verso i suoi aspettisintattici e semantici, che sono considerati così sintomi (o sono i sintomi, se dalla teoriasoggettivista di Genette ritorniamo alla teoria oggettivista di Goodman). La sintomatologiadell’estetico significa considerare il Quando dell’arte come emersione in un insieme di segni,che contribuiscono alla costituzione d’oggetti, candidati ad un’etichettatura come operazionidell’arte. Ma la natura intenzionale dell’oggetto–testo, la sua natura di complesso di segni,non lo costituisce come opera fino a quando alla lettura non si sostituisce una serie di letture,detto in modo tranchant: l’interpretazione, o meglio come direbbe Jauss, un’intendereinterpretante che riduce l’eccedenza di senso [Sinnüberschuß] che altri chiamerebbero la

     potenzialità di senso aperta dalla lettura. Leggere un testo significherà dunque innanzitutto

    vederlo  e costruirlo, riconoscerlo nella sua esteticità e contribuire al suo funzionamentoestetico, la premessa di ogni «funzione produttiva del comprendere»62, innescata da quella cheJauss chiamava distanza estetica, «il divario tra l’orizzonte d’attesa dato e l’apparizione diuna nuova opera»63.

    60 Cfr. M. DUFRENNE, Phénoménologie de l'expérience esthétique, PUF, Paris 1953; trad. it. Fenomenologia dell’esperienzaestetica I. L’oggetto estetico, Lerici, Roma 1969, p. 206.61 R. SCHOLES, Textual Powers: Literary Theory and the Teaching of English , Yale University Press, New Haven 1985, p.152.62 H. R. JAUSS,  Literaturgeschichte als Provokation der Literaturwissenschaft , Universitätsverlag Konstanz, Konstanz 1967;trad. it. Perché la storia della letteratura?, Guida, Napoli 1977 p. 78.63

      Ivi, p. 61.

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    Sartre, ricordiamolo, descrisse l’oggetto letterario come «una strana trottola  che esistequando è in movimento»64: oscilla per sé, ma con la nostra attivazione. Sappiamo per vagheconoscenze di fisica, che nel moto di una trottola si distinguono un asse di rotazione, oltre aduna  precessione, il cambiamento descritto delle direzione dell’asse, e il moto d’oscillazionedell’asse di rotazione (la nutazione). La lettura come pratica estetica equivale qui alla

    rotazione, la precessione equivale invece all’effetto estetico prodotto da questa rotazione (ilmondo indeterminato del testo), la nutazione è considerabile come il campo di confronto conl’extra–testuale, il mondo al–di–fuori dell’effetto, il riferimento, la storia delle interpretazionie delle simbolizzazioni, quel reale inteso come complementare  e orizzonte–sfondo mobile enon come fondamento. L’opera d’arte letteraria è tutto questo, niente escluso. È unmovimento, che funziona contro il proprio contesto pur riflettendosi su di esso, in unadialettica d’oscillazione. Per questo l’opera può smettere di  funzionare, come una trottola.L’azione del testo è la sua apertura consentita dalla lettura, immanente e trascendente il testo.Questo lato trascendente della lettura, che apre un’estetica del senso, ci porterà a confrontareil mondo del testo con quello delle nostre convenzioni, interpretazioni, scopi, strategie, letture

     passate (il mondo delle strategie interpretative di Fish) che vedrà il testo come in movimento,

    come effetto dell’opera sui suoi molteplici lettori. Distinguere tra testo e opera, effettualitàdella lettura e molteplicità delle letture, lo riprendiamo come riconosciuto da Jauss nella suateoria delle tre Letture65  già sfiorata poco fa, e lo mettiamo a confronto con l’estetica e la

     poetica di Genette, in una complementarietà tra metodo strutturale ed ermeneutica66. Così che«il carattere estetico di un testo non costituisce uno spunto per una valutazione successivaall’interpretazione»67, ma lo rende premessa dell’interpretazione in una, scrive Szondi,«combinazione del metodo storico e di quello sistematico»68  perché i «sintomi» dellarelazione artistica non sono più dell’ordine «della sostanza, ma dell’uso, della circostanza edella funzione: non relativi al cosa ma al quando, al come, al perché fare»69.

     Negando, come fa Fish, l’ambiguità in movimento della funzione estetica del linguaggio sinega la natura oscillante della lettura, la sua etica del testo e la sua perversione del testo. Si

     perverte in eccesso il testo solo per riportarlo al nostro uso  interpretativo e si corregge ilnostro uso interpretativo solo concedendo maggiore fedeltà al testo che abbiamo riconosciutocome alterità. Un’alterità innanzitutto nel linguaggio, un’alterità che possiamo individuaresecondo condizioni estrinseche (il nostro percepire estetico) ed intrinseche (il suo aspettoauto-referenziale). Volendo giocare con le parole: si tratta di riconoscere l’alterità del testoche diventa sé, stile e destinatario implicito, letterario, e poi altro in movimento (l’opera) pernoi, come interpreti dell’altro come testo di controllo. Per questo nella lettura, si verificano lecondizioni di questa nostra relazione con la letteratura, come cammino dal segno al senso eviceversa. E la letterarietà è così «un fatto plurale» che «esige una teoria pluralista, che sioccupi dei diversi modi  che il linguaggio ha di sfuggire alla propria funzione pratica, di

    64  J. –P. SARTRE,  Qu'est-ce que la littérature?, Gallimard, Paris 1948; trad. it. Che cosa è la letteratura?, Il Saggiatore,Milano, 2004, p. 33.65  Cfr. H. R. JAUSS,  Ästhetische Erfahrung und literarische Hermeneutik , Suhrkamp, Frankfurt 1982, parte III; trad. it. Estetica e interpretazione letteraria. Il testo poetico nel mutamento d’orizzonte della comprensione, Marietti, Genova 1990, pp. 158 ss.66 Cfr. G. GENETTE, Figures, Éditions du Seuil, Paris 1966; trad. it. Figure I. Retorica e strutturalismo, Einaudi, Torino 1969,in particolare il saggio “Strutturalismo e critica letteraria”.67 C. GENTILI,  Ermeneutica e metodica, Marietti, Genova 1996, p. 114.68  P. SZONDI,  Einführung in die literarische Hermeneutik , Suhrkamp, Frankfurt am Main 1975; trad. it.,  Introduzioneall’ermeneutica letteraria, Einaudi, Torino 1992, p. 17.69

     G. GENETTE, (a cura di), Esthétique et Poétique, Éditions du Seuil, Paris 1992, p. 8.

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    sopravvivere e produrre testi suscettibili d’essere recepiti e valutati come oggetti estetici»70.Teoria pluralista che proponiamo più estesamente altrove71.

    70 ID., Fiction et diction, Editions du Seuil, Paris 1991; trad. it. Finzione e dizione, Pratiche, Parma 1994, p. 28.71  Cfr. A. R AVEGGI,  Ricezione e Finzione: una teoria della lettura tra struttura e risposta estetica, Tesi di dottorato,

    Università di Bologna 2008, tutor Carlo Gentili.

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    ALESSANDRO RAVEGGI è nato a Firenze nel giugno del 1980. Discuterà la sua tesi di dottorato “Ricezione eFinzione: una teoria della lettura tra struttura e risposta estetica” nella primavera del 2008 presso l’Università di Bologna(tutor Carlo Gentili). Si è laureato nel 2004 in estetica filosofica cum laude all’Università di Firenze con Sergio Givone. Ha pubblicato i saggi “ Das Fiktive und Das Imaginäre. Risposta estetica ed oggetto artistico in Wolfgang Iser” in DESIDERI F., MATTEUCCI G., (a cura di) Dall’oggetto estetico all’oggetto artistico, Florence University Press, giugno 2008 e “Narcisolalia.Un approccio alla letteratura postmoderna” in «Estetica», luglio 2005, oltre a saggi e interventi sulla letteratura e il teatro pervarie case editrici e riviste. È stato uno dei nuovi narratori italiani presentati da Nanni Balestrini, Renato Barilli e Niva

    Lorenzini a RicercaBO 2007. È stato direttore assieme a Tommaso Lisa della rivista letteraria “Re:” (Zona) dal 2004 al 2007,dove ha tradotto e promosso importanti saggi sul postmoderno, la letteratura multimediale e la poesia da Stati Uniti, Italia eSpagna. È membro dal 2005 dell’Associazione Italiana degli Studiosi di Estetica.

    info: [email protected] — http://nellavascadeiterribilipiranha.wordpress.com