C A PI TA N I DI SVENTURA Marcegaglia ha due …...vassallo, il controllo sul Sole 24 Ore che...

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| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 30 Marzo 2016 | » 15 | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 30 Marzo 2016 | » 15 CAPITANI DI SVENTURA PROB L E M I Il gruppo mantovano ha appena ristrutturato parte dei suoi debiti a breve, ma le banche sono preoccupate: solo l affermazione del suo candidato in Confindustria gli regalerebbe altro tempo Marcegaglia ha due miliardi di motivi per far vincere Boccia » GIORGIO MELETTI I 198 grandi elettori che doma- ni dovranno scegliere il nuo- vo presidente della Confin- dustria tra Alberto Vacchi e Vincenzo Boccia sono chia- mati in realtà a un referen- dum su uno dei più scandalosi conflitti dinteressi del pur e- ticamente svantaggiato capi- talismo italiano. Lo scandalo di cui tutti gli imprenditori parlano solo sottovoce si in- carna nel corpo cinquanten- ne di Emma Marcegaglia, im- prenditrice mantovana una e trina: ex numero uno di Con- findustria, attuale presidente dell Eni e titolare al 50 per cento con il fratello Antonio, di uno dei maggiori gruppi si- derurgici italiani. Grande in- dustriale privata e grande boiardo di Stato al tempo stes- so, Marcegaglia sta spenden- do tutte le sue capacità din- fluenza sui colleghi per issare sulla preziosa poltrona con- findustriale lamico salerni- tano Boccia, imprenditore lil- lipuziano in confronto a Vac- chi, ma avvezzo ai corridoi di viale dellAstronomia. Il cli- ma è quello del duello allul- timo sangue, come dimostra- no le lettere con cui alcuni so- stenitori di Vacchi sono arri- vati a formalizzare con i cin- que saggila perentoria ri- chiesta di garantire leffettiva segretezza del voto. DICONO I MALIGNI che per Marcegaglia sia decisivo per- petuare, attraverso un presi- dente amico se non addirittura vassallo, il controllo sul Sole 24 Ore che esercita da otto anni, i quattro della sua presidenza e i quattro dellamico Giorgio Squinzi, presidente uscente. Il prestigioso quotidiano econo- mico infatti ha due poteri ma- gici: certifica le verità delle no- tizie finanziarie e intimorisce banchieri e manager. Il com- binato disposto dei due poteri magici che Marcegaglia è in grado di esercitare per inter- poste persone determina a sua volta due effetti: il manteni- mento di una sorta di segreto di Stato sullesplosivo indebi- tamento del gruppo Marcega- glia; una certa remissività dei maggiori banchieri italiani quando devono trattare con u- no dei loro debitori in maggio- re difficoltà. A questo si ag- giunga, per fare buon prezzo, che la signora di Mantova en- tra in banca con due cappelli, quello della debitrice alle cor- de e quello della presidente dellEni, cioè di un cliente da sogno per ogni banchiere. Così è passata quasi sotto si- lenzio la notizia che una ven- tina di giorni fa, lo scorso 8 marzo, il gruppo Marcegaglia ha rinegoziatocon un pool di 12 grandi banche italiane, gui- date da Unicredit, Intesa e Montepaschi, un finanzia- mento da 492 milioni. Detta così, infatti, la notizia lascia il tempo che trova. Assume in- vece tuttaltro significato se la si correda dei dettagli che la grande stampa italiana occul- ta da mesi. Il gruppo Marce- gaglia ha 2,1 miliardi di debiti con le banche e di questi 1,8 mi- liardi erano a breve termine. In sé, a fronte di un fatturato di 4 miliardi, non sarebbe un debito insostenibile. La cosa preoccupa perché il momento dellacciaio è critico e perché avere 1,8 miliardi di debiti a breve termine su 2,1 totali è co- me avere una flotta di Tir che viaggiano con motori a benzi- na Ferrari. Infatti loperazione dell8 marzo altro non è stata che la conversione di 492 mi- lioni di debiti da breve a medio termine. Adesso i debiti a me- dio-lungo sono 800 milioni, quelli a breve 1,3 miliardi. Un rapporto ancora squili- brato che però le grandi ban- che non sono in grado di af- frontare. Per ristrutturare un debito occorrerebbe che la- zienda metta in campo risorse per un rafforzamento patri- moniale. Finora tutto ciò che le banche hanno ottenuto è che i fratelli Marcegaglia si siano rassegnati a dare garanzie per- sonali (immobili e altro) quan- do gli è stato spiegato che i ca- pannoni degli impianti side- rurgici non rappresentano più una base sufficientemente so- lida per un debito così vasto. Ma il grande bubbone rimane lì. Le banche hanno il terrore che si ripeta il copione del caso Sorgenia. Lì è stata la famiglia De Benedetti, forte del con- trollo di Repubblica, che ha po- tuto mollare alle banche cre- ditrici, attonite e silenziose, le azioni della società elettrica con i suoi 2 miliardi di debiti. DIFFICILE CREDERE che Uni- credit, Intesa, Montepaschi, Bnl, Banco Popolare e le altre finiranno per trovarsi azioni- ste del gruppo Marcegaglia come si sono trovate proprie- tarie di Sorgenia. Però il caso è di molto difficile soluzione, anche per le imbarazzanti concatenazioni politiche della vicenda. Emma Marcegaglia è stata direttamente voluta da Matteo Renzi alla presidenza Dis-credito I problemi tra Marcegaglia e le banche visti da Emanuele Fucecchi dellEni perché giovane e don- na e anche (gli avranno fatto credere) imprenditrice di suc- cesso. Adesso il gruppo Mar- cegaglia è indicato come can- didato in pole position per il salvataggio dellIlva di Taran- to, di cui peraltro, a proposito di conflitto dinteressi, è gran- de cliente. Non è un caso che da mesi sia in corso, da parte delle banche creditrici, una sotterranea moral suasion nei confronti di palazzo Chigi per veicolare prudentemente il messaggio che il gruppo Mar- cegaglia è finanziariamente unfit a salvare lIlva. Nel momento in cui venisse al pettine il nodo dei debiti del- la famiglia mantovana il mon- do industriale italiano si riem- pirebbe di schizzi fangosi in- compatibili uno con laltro: ad- dio salvataggio dellIlva, addio presidenza dellEni, nuova fi- gura barbina per lautolottiz- zatore di Rignano. Per fron- teggiare questa emergenza sa- rebbe preziosa una netta vit- toria di Boccia. La signora di Mantova avrebbe in mano la dimostrazione che i maggiori industriali temono ancora lei e i suoi lobbisti. E i banchieri sa- rebbero costretti a trovare una soluzione che non sia penaliz- zante per le ambizioni perso- nali di Emma Marcegaglia e per le magnifiche sorti e pro- gressive del renzismo. © RIPRODUZIONE RISERVATA l 1,3 miliardi I debiti a breve termine con le banche del gruppo dopo laccordo coi creditori (erano 1,8): ancora oltre il 50% dei debiti complessivi I dolori del giovane Renzi: Pil e manovra q IL PRESIDENTE del Consiglio in questi giorni è in altre faccende affaccendato: è negli Usa e, tra una dichiarazione damore e laltra a Enel, spera di avere dieci minuti da solo con Barack Obama da rivendersi a tv e giornali. Eppure il vero fronte in cui dovrà combattere nel 2016 non è Washington e neanche quello libico su cui ogni tanto savventura a tentoni. La trincea glielhanno indicata ieri, in combinato disposto, la Confindustria e leconomista Francesco Daveri: il fronte si chiama crescita, la guerra si combatte a Bruxelles. Partiamo dal Centro Studi degli industriali. Una nota pubblicata ieri oltre a convenire con Renzi su quantè brutta lUe austeraricorda quel che è stato deciso a novembre nellEconomic and Financial Committee di Bruxelles: la flessibilità sui conti pubblici vale solo per un anno, al massimo per lo 0,75% del Pil e va recuperata i tre anni successivi accelerando verso il pareggio di bilancio. Risultato: Tra il 2017 e il 2019, se si desse seguito a quanto previsto dallUe, la restrizione dovrebbe essere dello 0,5% del Pil lanno verso lObiettivo di medio termine (Omt). Se si tiene conto delle clausole di salvaguardia ancora attive, la correzione nel 2017 sarebbe di circa 24 miliardi. Se Renzi non convince lUe è in arrivo, insomma, unaltra recessione. Anche così, dice Daveri, le cose non vanno tanto bene. Istat sostiene che il Pil del primo trimestre crescerà dello 0,1%: per arrivare al +1,6% di fine anno scritto nel Def servirebbero tre trimestri da +0,8% uno dietro laltro: mai successo con leuro. Anche solo per arrivare attorno al +1,3% (il numero che Pier Carlo Padoan si prepara a scrivere nel prossimo Def nonostante lo scetticismo dellUfficio parlamentare di bilancio) servono tre trimestri da +0,65%. Per il traguardo del +1% di Pil a fine 2016 servono 3 trimestri da +0,45%. E questanno ci sono pure due giornate lavorative in meno rispetto al 2015: per un governo innamorato del dato grezzocome il nostro è una pessima notizia (vedi polemiche su +0,8 o 0,6%). Occhio alla linea del fronte, Mr Renzi. MARCO PALOMBI La strategia di donna Emma Controllare il Solee dimostrare che il suo potere è intatto: questo è ciò di cui la presidente Eni (e candidata al salvataggio Ilva) ha bisogno I numeri 2,1 I miliardi di debiti totali del gruppo siderurgico Marcegaglia, che fa capo ai due fratelli Emma e Antonio 492 I milioni del nuovo accordo con le 12 banche creditrici che hanno accettato di allungare le scadenze del debito, quasi tutto a breve termine 7000 I dipendenti del gruppo siderurgico di Mantova distribuiti nei 50 stabilimenti in Italia e allestero ALLINTERNO Corsa a Confindustria, divisi solo sullappoggio al governo Sofferenze bancarie, il caos delle garanzie La Bce non vuole fusioni tra deboli

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C A PI TA N I

DI SVENTURA

PROB L E M I Il gruppo mantovano ha appena ristrutturato parte dei suoi debiti a breve, ma le banchesono preoccupate: solo l’affermazione del “s u o” candidato in Confindustria gli regalerebbe altro tempo

Marcegaglia ha due miliardidi motivi per far vincere B occia» GIORGIO MELETTI

I 198 grandi elettori che doma-ni dovranno scegliere il nuo-vo presidente della Confin-dustria tra Alberto Vacchi eVincenzo Boccia sono chia-mati in realtà a un referen-dum su uno dei più scandalosiconflitti d’interessi del pur e-ticamente svantaggiato capi-talismo italiano. Lo scandalodi cui tutti gli imprenditoriparlano solo sottovoce si in-carna nel corpo cinquanten-ne di Emma Marcegaglia, im-prenditrice mantovana una etrina: ex numero uno di Con-findustria, attuale presidented e ll ’Eni e titolare al 50 percento con il fratello Antonio,di uno dei maggiori gruppi si-derurgici italiani. Grande in-dustriale privata e grandeboiardo di Stato al tempo stes-so, Marcegaglia sta spenden-do tutte le sue capacità d’i n-fluenza sui colleghi per issaresulla preziosa poltrona con-findustriale l’amico salerni-tano Boccia, imprenditore lil-lipuziano in confronto a Vac-chi, ma avvezzo ai corridoi diviale dell’Astronomia. Il cli-ma è quello del duello all’u l-timo sangue, come dimostra-no le lettere con cui alcuni so-stenitori di Vacchi sono arri-vati a formalizzare con i cin-que “sa gg i” la perentoria ri-chiesta di garantire l’effettivasegretezza del voto.

DICONO I MALIGNI che perMarcegaglia sia decisivo per-petuare, attraverso un presi-dente amico se non addiritturavassallo, il controllo sul Sole 24Ore che esercita da otto anni, iquattro della sua presidenza ei quattro dell’amico GiorgioSquinzi, presidente uscente. Ilprestigioso quotidiano econo-mico infatti ha due poteri ma-gici: certifica le verità delle no-tizie finanziarie e intimoriscebanchieri e manager. Il com-binato disposto dei due poterimagici che Marcegaglia è ingrado di esercitare per inter-poste persone determina a suavolta due effetti: il manteni-mento di una sorta di segretodi Stato sull’esplosivo indebi-tamento del gruppo Marcega-glia; una certa remissività deimaggiori banchieri italianiquando devono trattare con u-no dei loro debitori in maggio-re difficoltà. A questo si ag-giunga, per fare buon prezzo,che la signora di Mantova en-tra in banca con due cappelli,quello della debitrice alle cor-de e quello della presidentedell’Eni, cioè di un cliente dasogno per ogni banchiere.

Così è passata quasi sotto si-lenzio la notizia che una ven-tina di giorni fa, lo scorso 8

marzo, il gruppo Marcegagliaha “rinegoziato”con un pool di12 grandi banche italiane, gui-date da Unicredit, Intesa eMontepaschi, un finanzia-mento da 492 milioni. Dettacosì, infatti, la notizia lascia iltempo che trova. Assume in-vece tutt’altro significato se lasi correda dei dettagli che lagrande stampa italiana occul-ta da mesi. Il gruppo Marce-gaglia ha 2,1 miliardi di debiticon le banche e di questi 1,8 mi-liardi erano a breve termine.

In sé, a fronte di un fatturatodi 4 miliardi, non sarebbe undebito insostenibile. La cosapreoccupa perché il momentodell’acciaio è critico e perchéavere 1,8 miliardi di debiti abreve termine su 2,1 totali è co-me avere una flotta di Tir cheviaggiano con motori a benzi-na Ferrari. Infatti l’operazionedell’8 marzo altro non è statache la conversione di 492 mi-lioni di debiti da breve a mediotermine. Adesso i debiti a me-dio-lungo sono 800 milioni,quelli a breve 1,3 miliardi.

Un rapporto ancora squili-brato che però le grandi ban-che non sono in grado di af-frontare. Per ristrutturare undebito occorrerebbe che l’a-zienda metta in campo risorseper un rafforzamento patri-moniale. Finora tutto ciò che lebanche hanno ottenuto è che ifratelli Marcegaglia si sianorassegnati a dare garanzie per-

sonali (immobili e altro) quan-do gli è stato spiegato che i ca-pannoni degli impianti side-rurgici non rappresentano piùuna base sufficientemente so-lida per un debito così vasto.Ma il grande bubbone rimanelì. Le banche hanno il terroreche si ripeta il copione del casoSorgenia. Lì è stata la famigliaDe Benedetti, forte del con-trollo di Repubblica, che ha po-tuto mollare alle banche cre-ditrici, attonite e silenziose, leazioni della società elettricacon i suoi 2 miliardi di debiti.

DIFFICILE CREDERE che Uni-credit, Intesa, Montepaschi,Bnl, Banco Popolare e le altrefiniranno per trovarsi azioni-ste del gruppo Marcegagliacome si sono trovate proprie-tarie di Sorgenia. Però il caso èdi molto difficile soluzione,anche per le imbarazzanticoncatenazioni politiche dellavicenda. Emma Marcegaglia èstata direttamente voluta daMatteo Renzi alla presidenza

D i s- c re d ito

I problemi tra

M a rcegag l i a

e le banche

visti da Emanuele

Fu ce cc h i

dell’Eni perché giovane e don-na e anche (gli avranno fattocredere) imprenditrice di suc-cesso. Adesso il gruppo Mar-cegaglia è indicato come can-didato in pole position per ilsalvataggio dell’Ilva di Taran-to, di cui peraltro, a propositodi conflitto d’interessi, è gran-de cliente. Non è un caso cheda mesi sia in corso, da partedelle banche creditrici, unasotterranea moral suasion neiconfronti di palazzo Chigi perveicolare prudentemente ilmessaggio che il gruppo Mar-cegaglia è finanziariamenteunfit a salvare l’Ilva.

Nel momento in cui venisseal pettine il nodo dei debiti del-la famiglia mantovana il mon-do industriale italiano si riem-pirebbe di schizzi fangosi in-compatibili uno con l’altro: ad-dio salvataggio dell’Ilva, addiopresidenza dell’Eni, nuova fi-gura barbina per l’autolottiz -zatore di Rignano. Per fron-teggiare questa emergenza sa-rebbe preziosa una netta vit-toria di Boccia. La signora diMantova avrebbe in mano ladimostrazione che i maggioriindustriali temono ancora lei ei suoi lobbisti. E i banchieri sa-rebbero costretti a trovare unasoluzione che non sia penaliz-zante per le ambizioni perso-nali di Emma Marcegaglia eper le magnifiche sorti e pro-gressive del renzismo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

l1, 3

m i l i a rd i

I debiti a

breve termine

con le banche

del gruppo

dopo

l’a c c o rd o

coi creditori

(erano 1,8):

ancora oltre il

50% dei debiti

complessivi

I dolori delgiovane Renzi:Pil e manovra

qIL PRESIDENTE delConsiglio in questi

giorni è in altre faccendeaffaccendato: è negli Usa e,tra una dichiarazioned’amore e l’altra a Enel, speradi avere dieci minuti da solocon Barack Obama darivendersi a tv e giornali.Eppure il vero fronte in cuidovrà combattere nel 2016non è Washington e neanchequello libico su cui ogni tantos’avventura a tentoni. Latrincea gliel’hanno indicataieri, in combinato disposto, laConfindustria e l’e co n o m i s t aFrancesco Daveri: il fronte sichiama crescita, la guerra sicombatte a Bruxelles.Partiamo dal Centro Studidegli industriali. Una notapubblicata ieri – oltre aconvenire con Renzi suquant’è brutta “l’Ue austera”

– ricorda quel che è statodeciso a novembrenell’Economic and Financial

Co m m i t te e di Bruxelles: laflessibilità sui conti pubblicivale solo per un anno, almassimo per lo 0,75% del Pile va “re c u p e ra t a ” i tre annisuccessivi accelerandoverso il pareggio di bilancio.Risultato: “Tra il 2017 e il2019, se si desse seguito aquanto previsto dall’Ue, larestrizione dovrebbe esseredello 0,5% del Pil l’annoverso l’Obiettivo di mediotermine (Omt). Se si tieneconto delle clausole disalvaguardia ancora attive,la correzione nel 2017sarebbe di circa 24 miliardi”.Se Renzi non convince l’Ue èin arrivo, insomma, un’a l t rare ce ss i o n e .Anche così, dice Daveri, lecose non vanno tanto bene.Istat sostiene che il Pil delprimo trimestre cresceràdello 0,1%: per arrivare al+1,6% di fine anno scritto nelDef servirebbero tretrimestri da +0,8% unodietro l’altro: mai successocon l’euro. Anche solo perarrivare attorno al +1,3% (ilnumero che Pier CarloPadoan si prepara a scriverenel prossimo Defnonostante lo scetticismodell’Ufficio parlamentare dibilancio) servono tretrimestri da +0,65%. Per iltraguardo del +1% di Pil afine 2016 servono 3 trimestrida +0,45%. E quest’anno cisono pure due giornatelavorative in meno rispettoal 2015: per un governoinnamorato del “d a tog re zzo” come il nostro è unapessima notizia (vedipolemiche su +0,8 o 0,6%).Occhio alla linea del fronte,Mr Renzi.

MARCO PALOMBI

La strategia di donna Emma

Controllare il “S ole” e dimostrare che

il suo potere è intatto: questo è ciò

di cui la presidente Eni (e candidata

al salvataggio Ilva) ha bisogno

I numeri

2,1I miliardi didebiti totalidel gruppos i d e r u r g i coM a rce ga g l i a ,che fa capoai due fratelliEmmae Antonio

4 92I milioni deln u ovoaccordo conle 12 banchecreditrici chehannoaccettato diallungare lescadenze deldebito, quasitutto a brevete r m i n e

70 0 0I dipendentidel grupposiderurgico diM a n tovadistribuiti nei50stabilimentiin Italia eall’e s te ro

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Sofferenze bancarie, il caos delle garanzie • La Bce non vuole fusioni tra deboli •