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BUONA PASQUA
Tra i tanti auguri che possiamo
scambiarci quello di “BUONA
PASQUA” è certamente il più bello e il
più cristiano. La festa di Pasqua è quella
che dà origine a
tutte le feste
cristiane. Fare
Pasqua è celebrare e
rivivere il mistero
del passaggio di
Cristo dalla morte
alla resurrezione,
mistero che ha
cambiato e cambia
continuamente la
storia degli uomini.
Pasqua è la vittoria
della grazia sul
peccato, dell’amore
sull’odio, della
condivisione
sull’individualismo,
della misericordia
sulla presunzione e
l’arroganza. Cristo
Risorto da morte ci
dice che solo
l’amore è vita vera,
pienezza e riuscita
dell’uomo. Perdere
la vita per amore di
Dio e dei nostri
fratelli, uscendo da
noi stessi per donare noi stessi, è l’unica
strada che ci qualifica come veri “figli di
Dio” da lui conosciuti e amati. Ogni
gesto di culto, anche il più grande, come
partecipare alla S. Messa, o porta
all’uscita da noi stessi o rischia d’essere
solo un gesto formale che non ci cambia
il cuore, non ci
cambia la vita. Dal
Battesimo, che ha
segnato per noi il
primo passaggio
dal peccato alla
vita di figli di Dio,
ogni giorno è un
continuo “esodo “,
cioè un continuo
“uscire da noi
stessi”, perché in
noi abitino sempre
di più Dio e i
nostri fratelli.
Tutto questo non
è facile perché
l’aria che
respiriamo ogni
giorno ci porta a
fare esattamente il
contrario.
E’ lo Spirito Santo,
dono che Cristo ci
ha fatto dalla
croce, che rende
possibile ciò che ci
sembra umana-
mente impossibi-
le.
A tutti: Buona Pasqua!
don Giovanni
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SERVONO LE REGOLE?!
1. Nessun ritardo sarà tollerato;
2. Bandito il servizio in camera;
3. I telefonini si possono usare solo nelle stanze (proibito usarli a tavola o negli spogliatoi);
4. I giocatori mangiano tutti insieme e nessuno può lasciare la sala da pranzo prima di Capello;
5. In sala da pranzo i giocatori dovranno vestire in maniera elegante (proibiti infradito e calzoncini corti) e dovranno indossare la divisa della Nazionale negli incontri pubblici e prima delle partite;
6. Cena alle 8 di sera e coprifuoco tassativo alle 10;
7. Nessuna visita di mogli, parenti o procuratori durante i giorni di ritiro;
8. Concessi 45 minuti di svago dopo cena, ma non si può uscire dall’hotel;
9. Niente playstation;
10. Tutti i giocatori saranno chiamati per cognome.
Queste sono le regole che il CT della nazionale inglese Fabio Capello ha dato ai suoi giocatori. Qualcuno potrebbe dire che non ci interessa molto e ha sicuramente ragione, ma ho pensato di riproporle quando un giorno una mamma mi ha detto che seguendo un servizio al TG quando ne ha sentito parlare ha pensato al don che normalmente qualche
regola di questo tipo la dà (ad esempio, non si porta il telefonino in vacanza).
Con questo la deduzione non è quella che io possa fare il CT dell’Inghilterra, ma piuttosto che qualsiasi sia l’ambito in cui ci troviamo, qualsiasi siano le persone, gli interessi, gli obiettivi… probabilmente una cosa è certa che qualche regola ci vuole.
Certo la regola non può essere fine a se stessa, ma se non ci sono le regole, se non ci sono indicazioni, se non ci sono dei “sì” e dei “no” credo dobbiamo chiederci se stiamo educando.
Educare significa condurre. Se non mettiamo delle regole, dei paletti, se non diamo delle indicazioni, non stiamo conducendo, ma stiamo lasciando andare…
Se non creiamo le condizioni perché le regole possano essere rispettate non stiamo educando, ma stiamo dando delle indicazioni a vuoto come se dicessimo di seguire nel bosco i cartelli gialli e poi li abbiamo messi tutti verdi e rossi.
Non so se Capello la pensa così e non so se è questo il motivo per cui ha voluto dare delle regole, ma forse il motivo è un po’ questo: per fare una squadra ci vogliono delle regole. E anche per fare un uomo, una donna, un cristiano. (Quest’ultimo non è un pensiero di Capello)
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La regola è rispetto dell’altro, di un ambiente, delle sue finalità.
La regola aiuta a formare uno stile di vita, a distinguere le cose utili da quelle inutili.
La regola è garanzia di un servizio che ricevo (orari del treno).
La regola aiuta anche a distinguere i ruoli. (il genitore e il figlio)
La regola esprime i valori in cui credo. (se entro in un ambiente con un certo stile ne rispetto le finalità).
La regola aiuta a formare la personalità, a capire i limiti (a volte alcune cose bisogna iniziare ad accettarle per quello che sono anche se si fa fatica a capirle)
E’ per questo che in oratorio (ma non solo) ci sono delle regole e si richiede un certo stile, nel proporre delle iniziative, nella gestione degli spazi e dei tempi, nel vestito, nel linguaggio, nel comportamento... E credo che la responsabilità di tutti sia quella di condividerle tenendo presente che sono per tutti e che hanno senso se si creano le condizioni per poterle osservare.
Ora non credo sia opportuno insistere più di tanto sulle regole perché da sole non portano a niente anzi, come dice san Paolo, rendono schiavi.
Le regole devono essere accompagnate dall’amore che è rispetto della libertà dell’altro, una libertà che va anch’essa accompagnata ed educata.
Ma a questo punto lascio la parola al Papa che nella lettera indirizzata ai fedeli di Roma sul tema dell’educare scrive
“Arriviamo così, cari amici di Roma, al punto forse più delicato dell'opera educativa: trovare un giusto equilibrio tra la libertà e la disciplina. Senza regole di comportamento e di vita, fatte valere
giorno per giorno anche nelle piccole cose, non si forma il carattere e non si viene preparati ad affrontare le prove che non mancheranno in futuro. Il rapporto educativo è però anzitutto l'incontro di due libertà e l'educazione ben riuscita è formazione al retto uso della libertà. Man mano che il bambino cresce, diventa un adolescente e poi un giovane; dobbiamo dunque accettare il rischio della libertà, rimanendo sempre attenti ad aiutarlo a correggere idee e scelte sbagliate. Quello che invece non dobbiamo mai fare è assecondarlo negli errori, fingere di non vederli, o peggio condividerli, come se fossero le nuove frontiere del progresso umano.”
La prospettiva del Papa è sicuramente più ampia e con diversi obiettivi rispetto al decalogo di Capello, ma ancora una volta ci invita e incoraggia, sempre nel rispetto delle persone, a prendere anche in campo educativo la direzione della chiarezza e della determinazione. Scrive ancora il papa:
“L'educazione non può dunque fare a meno di quell'autorevolezza che rende credibile l'esercizio dell'autorità. Essa è frutto di esperienza e competenza, ma si acquista soprattutto con la coerenza della propria vita e con il coinvolgimento personale, espressione dell'amore vero. L'educatore è quindi un testimone della verità e del bene: certo, anch'egli è fragile e può mancare, ma cercherà sempre di nuovo di mettersi in sintonia con la sua missione.”
E’ un messaggio che si apre quindi alla fiducia e alla speranza la stessa che deve accompagnare chi si lancia nell’avventura dell’educare.
don Angelo
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Sabato 1 Marzo presso l’oratorio di Brenna i volontari, che hanno
offerto il proprio tempo libero e non per la “causa” tendone durante
la fiera del santuario, si sono ritrovati allegramente a condividere
una cena a base di polenta e cazzuola. Si coglie l’occasione per
ringraziare tutti coloro che sono intervenuti con simpatia, circa una
sessantina, con la voglia di condividere un’allegra serata, ma anche
quelli che pur non potendo esserci, per svariati motivi, hanno
offerto il loro contributo per la buona riuscita dell’ormai
consolidato “TENDONE”. Alla prossima.
VACANZE DI
CARNEVALE:
GITA SULLA NEVE
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Alcuni spunti dal CONSIGLIO
Dall’inizio del 2008 il Consiglio Pastorale Parrocchiale si è riunito due volte - il 15 gennaio e il 12 marzo - continuando a porre al centro della riflessione il Percorso Pastorale Diocesano che nella seconda tappa che stiamo “percorrendo” ci esorta: Famiglia, comunica la tua fede!
Don Giovanni ci guida nella lettura del sussidio utilizzato; in particolare, ha sottolineato come, proprio a cominciare dalla famiglia, siamo chiamati a trasmettere la fiaccola della fede alle future generazioni .
La famiglia è chiamata ad ascoltare e annunciare la parola di Dio, a celebrarla nell’Eucaristia e nella preghiera e a testimoniarla nelle scelte e nelle azioni dell’esistenza quotidiana. - Dobbiamo continuamente ridestare la “coscienza del dono” che Dio ha elargito e in continuità rinnova agli sposi e ai genitori per il loro compito educativo – dice il nostro cardinale – e questa consapevolezza deve guidare e dare coraggio nella responsabilità della trasmissione della fede.
La riflessione guidata da don Giovanni avviene all’inizio di ogni riunione, subito dopo la preghiera iniziale, ed è essenziale prima di iniziare a confrontarsi sui temi posti all’ordine del giorno e di dare spazio alle relazioni dei rappresentanti di tutte le commissioni parrocchiali (Caritas, Terza età, Lavoro,
Famiglia, Catechesi, Liturgica, Cultura, Consiglio d’oratorio, Azione Cattolica, Gruppo Missionario, Affari Economici).
Fra i tanti argomenti trattati, si evidenzia la necessità di accompagnare le famiglie già a partire dai primi anni di vita dei figli attraverso percorso di catechesi che inizi in occasione del Battesimo.
Saranno fondamentali il supporto dei catechisti (che seguiranno un percorso formativo a livello diocesano) e la condivisione di alcuni momenti comunitari, pensati tenendo conto delle problematiche legate alla presenza di bambini piccoli.
Anche i gruppi di spiritualità familiare, in quanto luogo di confronto, condivisione e crescita nella fede, rivestono una notevole importanza per la coppia e la famiglia.
Proprio recentemente si è costituito un nuovo “gruppo famigliare”: è composto da giovani coppie che hanno partecipato di recente al corso per i fidanzati in preparazione al Matrimonio tenuto in parrocchia e, con entusiasmo, hanno deciso di intraprendere questo cammino.
La prossima riunione avrà luogo martedì 15 aprile.
La segretaria
I membri del Consiglio Pastorale augurano a tutta la comunità una
Santa Pasqua di Risurrezione
…con l’augurio
che il Cristo Risorto
illumini sempre
le scelte quotidiane della nostra vita
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IL CANTICO DELLA FAMIGLIA
La famiglia come laboratorio della pace nel mondo. Leggendo il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata della Pace, così denso anche di immagini poetiche, viene spontaneo pensare al Cantico dei Cantici. Con accenti di tenerezza e amore per la famiglia naturale, definita come “intima comunione di vita e d'amore, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna”, il Papa scioglie un vero e proprio inno alla famiglia: “culla della vita e dell'amore, luogo primario dell'umanizzazione della persona e della società”, “primaria e insostituibile educatrice alla pace”, “principale agenzia di pace”.
A sottolineare che la famiglia ha una sua “speciale dignità giuridica» ed è titolare di specifici diritti, il Papa fa contestuale riferimento alla Carta dei diritti della famiglia (1983, Pontificio Consiglio per la Famiglia) e all'articolo 16 della Dichiarazione Universale del 1948, che proclama: “La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha il diritto a essere protetta dalla società e dallo Stato”. Lo stesso concetto, con la doppia aggettivazione “naturale” e “fondamentale”, è riprodotto nei pertinenti articoli del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, della Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, della Convenzione interamericana sui diritti dell'uomo e le libertà fondamentali, della Carta Araba dei diritti umani del 2004.
II Papa collega la “famiglia naturale” alla più ampia “famiglia umana”, sottolineando che ambedue hanno bisogno di una “casa”, che per la famiglia
umana questa casa è la terra e che occorre sentire la terra come “nostra casa comune”. Concretamente, si tratta di salvaguardare l'ambiente naturale, distribuire equamente le risorse, “smantellare le armi nucleari esistenti”, far funzionare le istituzioni internazionali per l'efficace gestione delle risorse energetiche del pianeta, assoggettarsi “a una norma comune”. Per l'efficacia di questa, sottolinea il Papa, “bisogna risalire alla norma morale naturale”.
Orbene, l'articolo I della Dichiarazione Universale contiene un manifesto di morale naturale: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Il vigente Diritto internazionale dei diritti umani si fa pertanto traghettatore di etica universale in tutti i campi dell'umana convivenza, comprese la politica e l'economia. Occorre oggi far fruttare questo provvidenziale talento della storia con una più intensa e capillare mobilitazione educativa. Nel 60° anniversario della Dichiarazione Universale, che il Papa considera “un'acquisizione di civiltà giuridica di valore veramente Universale”, occorre con la massima determinazione difendere il nucleo morale su cui si basa il “nuovo” Diritto internazionale, dalle insidiose derive relativistiche che attentano alla legge naturale della vita e della famiglia.
Mariapaola
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DUE PAROLE SUL GRUPPO ANIMATORI
È facile esprimere un parere sul gruppo animatori, è facile giudicarlo, accusarlo oppure lodarlo o ringraziarlo… ma non è quello che voglio fare anche perché non ho l’esperienza per poterlo giudicare. Due parole, però, vorrei spenderle lo stesso; ormai è da circa un paio di anni che faccio parte degli animatori ed in questo periodo ho potuto constatare che animare la vita oratoriana non è facile ma, se fatto con convinzione ed impegno, può essere molto gratificante. Infatti è bello, mentre si è in oratorio e fuori, essere salutati dai bambini perché ti riconoscono e ti ricordano per la bella esperienza dell’oratorio feriale e ti sorridono con simpatia.
Il ruolo dell’animatore può essere inteso come un quello di “capo” o di “vice-don” ma ciò non è assolutamente vero: infatti l’animatore è si una figura importante per l’oratorio, ma è soprattutto una guida, un punto di riferimento trascinante per i bambini ed i ragazzi che trascorrono parte del tempo libero in oratorio.
Durante l’oratorio feriale questo ruolo è accentuato ancora di più perché gli animatori coordinano l’organizzazione delle giornate, aiutano il don nel preparare i giochi, lo sostengono nei vari momenti della giornata che a volte risultano essere un po’ faticosi poiché i bambini presenti sono veramente tanti.
Mi sono accorto in questi anni che il rischio che un po’ tutti corriamo è però quello di trovarci a
fare gli animatori solo perché siamo in prima superiore, non sappiamo cosa fare d’estate, si sta un po’ in compagnia… E così possiamo ritrovarci, quasi senza accorgerci, a svolgere un compito importante ma senza entusiasmo, senza voglia di fare, di mettersi in gioco e al servizio degli altri… Proprio per questo spesso mi sono chiesto se davvero vado bene a fare l’animatore e credo dobbiamo chiedercelo un
po’ tutti.
A questo riguardo a volte mi sembra che il gruppo del nostro oratorio, potrebbe dare di più, molto di più; ha le potenzialità per farlo, infatti, è molto affiatato e la collaborazione di certo non manca (basta pensare alla festa di carnevale o alla giubiana). Inoltre, da
un anno a questa parte, si è molto rafforzata la collaborazione, l’amicizia e la coesione tra gli oratori dell’area omogenea di Anzano del Parco, Orsenigo e Fabbrica Durini e questo è molto positivo. Per concludere spero vivamente che il gruppo animatori continui su questa strada cercando anzi di migliorarsi sempre di più per rendere il nostro Oratorio sempre più vivo, allegro, coinvolgente avendo sempre presente il Vangelo e l’insegnamento di Gesù.
Da ultimo, vorrei ringraziare il nostro Don Angelo perché è l’anima del nostro Oratorio per i continui suggerimenti e per le “dritte” che prontamente ci fornisce nei momenti di difficoltà.
Davide (un animatore)
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GIORNATA MONDIALE GIOVENTÚ… …GIORNATA INTERPARROCCHIALE GIOVENTÚ
Anche quest’anno, nella domenica delle
palme, noi adolescenti e giovani (circa
una trentina) delle parrocchie di Alzate,
Anzano, Fabbrica e Orsenigo ci siamo
trovati per festeggiare la nostra giornata
della gioventù. La giornata si è aperta
con un ricco e simpatico pranzo di
condivisione, che ci ha reso più forti per
affrontare il lungo pomeriggio insieme.
Questo momento di ritrovo è stata
l’occasione anche per riflettere sul
messaggio del Santo Padre: «Avrete
forza dallo Spirito Santo che scenderà su
di voi e mi sarete testimoni» (At 1,8)
Nel discorso dedicato ai giovani
Benedetto XVI scrive:
“Non dimenticate mai che la Chiesa, anzi
l'umanità stessa, quella che vi sta attorno
e che vi aspetta nel vostro futuro, attende
molto da voi giovani perché avete in voi
il dono supremo del Padre, lo Spirito di
Gesù”.
Dalle parole alla pratica…
Alcuni degli adolescenti che andranno a
Sidney il prossimo luglio per la GMG
(Giornata Mondiale della Gioventù)
hanno partecipato in Duomo alla Veglia
in Traditione Symboli con la presenza
del Cardinale. Inoltre, due tra questi
giovani avranno l’onore di partecipare al
rito della lavanda dei piedi durante la S.
Messa in Coena Domini celebrata sempre
in Duomo.
IMPORTANTE!!!
Per rendere più accessibile
la quota di partecipazione,
i ragazzi che
parteciperanno alla GMG
di Sidney 2008 danno la
disponibilità per fare
qualche lavoretto a
pagamento per chi ne
avesse bisogno.
(Es. traslochi,
giardinaggio, lavori
manuali vari…)
Per ulteriori informazioni
telefonare direttamente a
don Angelo.
Grazie.
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IL NUOVO ORATORIO
Quante volte abbiamo sentito dire: l’oratorio, perché non viene completato? Cosa ne facciamo di un edificio architettonicamente ineccepibile, ma dai contenuti interni non ancora identificati?
Tralasciando tutte le vicissitudini che hanno caratterizzato gli ultimi 15 anni, possiamo finalmente atterrare che l’ora della ripartenza è arrivata.
Agli occhi di tutti sono ben chiari e visibili i cambiamenti avvenuti nella società che hanno consigliato di modificare o addirittura stravolgere le iniziali destinazioni dell’ala sinistra della struttura.
L’oratorio our mantenendo come fini primario l’aggregazione, la formazione cristiana e sociale, i divertimento, la crescita culturale di ragazzi ei giovani, negli anni è diventato anche centro di incontro per anziani, famiglie, persone di diversa estrazione sociale, culturale e religiosa.
Dopo attenti studi che hanno coinvolto un po’ tutti (religiosi, educatori, animatori, tecnici, amministratori) si sono individuate alcune soluzioni che dovrebbero soddisfare non solo le esigenze attuali della nostra parrocchia, ma anche quelle di comunità limitrofe (area omogenea)
Riassumendo in breve queste necessità si possono identificare in:
• Ambiente coperto per poter giocare i ragazzi in caso di cattivo tempo
• bar e sala bar
• alcune aule in più per il catechismo
• cappellina da ubicare in un posto con accessibilità migliore rispetto al’attuale
• cucina e sala da pranzo
• locale segreteria da posizionare in modo da avere la visione globale di tutta l’area dell’oratorio
• sala polifunzionale per teatro, assemblee e riunioni aperta anche ad esterni (sempre nel
rispetto dei principi e regole che il luogo impone)
Per rendere più visibile ed accessibile a tutti quanto individuato, i nostri tecnici hanno messo a disposizione gli elaborati che potranno essere visionati durante le prossime festività pasquali all’ingresso della chiesa parrocchiale.
Dopo un doveroso ringraziamento a coloro che hanno messo a disposizione GRATUITAMENTE tempo, fatica, idee, perplessità, suggerimenti utili per poter completare al meglio quanto i nostri predecessori, con altrettanti sacrifici, ci hanno lasciato, un INVITO a ciascuno di voi per una particolare sensibilità nel DONARE al fine di onorare in tempi relativamente brevi gli impegni che andremo ad assumere e quindi consegnare ai nostri ragazzi ciò che più sta a cuore alla nostra comunità
Come chiarimento economico indichiamo alcune cifre che non dovrebbero discostarsi dal reale:
• Spesa per sistemazione oratorio (comprensiva di opere edilizie-impiantistica e IVA): € 800.000
• arredi vari (comprensivi del locale cucina, sicuramente l’esborso più considerevole): € 150.000
• totale: € 950.000
Tenendo presente che sono a disposizione € 500.000 (vendita immobili piazza San Pietro) e € 50.000 (avanzi gestione anni precedenti) vi sono in totale € 550.000.
Mancherebbero circa € 400.000, somma certamente considerevole, ma che non ci deve assolutamente scoraggiare.
Il consiglio per gli affari economici
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Foto A: Veduta 3D esterna di come apparirà l’oratorio al termine dei lavori. Si può notare la vetrata che verrà realizzata per dare luce naturale ai locali che verranno ricavati all’interno (salone polifunzionale al piano seminterrato, bar al piano terra e sala polifunzionale/sala conferenze al piano primo) e le passerelle e le tettoie esterne.
Foto B: Visone prospettica in dettaglio delle passerelle e delle tettoie che verranno realizzate. Esse serviranno per permettere l’accesso al bar, alla cappellina e alla seconda palazzina, inoltre serviranno come uscita di sicurezza per il salone polifunzionale del primo piano e come collegamento tra le due palazzine in modo da poter sfruttare la rampa per i disabili e l’ascensore già esistenti.
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PERIODICI SAN PAOLO
NUMERO ABBONAMENTI
FAMIGLIA CRISTIANA 38
G BABY 2
JESUS 3
COMUNITÀ IN DIALOGO
NUMERO ABBONAMENTI
COPIE DIFFUSE 404
DI CUI:
ABBONAMENTI 358
SPEDITE, OMAGGIO E USO ARCHIVIO
46
TIPO ABBONAMENTI: NUMERO
ORDINARIO € 13 = 250
€ 14 = 2
€ 15 = 48
€ 17 = 1
SOSTENITORE € 20 = 54
€ 25 = 3
IL GRUPPO BUONA STAMPA
Faccio parte del gruppo “Buona Stampa” praticamente da prima ancora che nascesse il bollettino parrocchiale, quando, ancora adolescente, distribuivo “Famiglia Cristiana” nelle vie Cesare Battisti e Borghetto, dove abitavo, fino a quando mi sono sposata, a 20 anni, e mi sono trasferita in via Trento Trieste, all’epoca (1973) via Diaz. Qui ebbi il compito di sostituire la sig.ra Antonia Galimberti (moglie del sacrestano Aldo) e mi occupai di piazza Roma, via Trento Trieste, piazza san Pietro e della nuova via don Guanella.
Nel 1986 circa, prima che la malattia prendesse il sopravvento, il prevosto don Livio mi fece la proposta di occuparmi della conduzione amministrativa e pratica del “gruppo Buona Stampa”. Accettai con entusiasmo e cominciò così un lungo periodo di collaborazione con la sig.na Gemma, sorella di don Livio, che si premurò di farmi conoscere tutto il metodo di conduzione e diffusione della stampa cattolica fino a quando rimase ad Alzate.
In quel periodo, le copie di “Famiglia Cristiana” diffuse erano 150, c’era poi “Avvenire”, con circa 50 copie, “Madre”, e il “Bollettino Parrocchiale” veniva diffuso in circa 700 copie; il tutto veniva consegnato a domicilio dalle incaricate che facevano parte del gruppo “Buona Stampa”, con ENTUSIASMO, PRECISIONE, GRATUITÀ (sentimenti che animano tutti coloro che, a qualsiasi titolo e con qualsiasi mansione, collaborano all’ideazione e alla distribuzione del Bollettino), anche nei periodi in cui il tempo era inclemente.
Alcune di loro, dopo vent’anni, sono ancora attive, sostenute dai figli e dai mariti, che vengono automaticamente coinvolti in questo impegno costante, quando, a volte, la salute le costringe in casa per qualche tempo.
Un doveroso ringraziamento va rivolto a Emilia, Severina, Giuseppina, Mariacarla, che, recentemente, per raggiunti limiti di età o per
motivi di salute, sono costrette, loro malgrado, a cedere il testimone a Maria, Paola, Rita, Lucia, alle quali diamo un caloroso benvenuto nel nostro gruppo.
Un ricordo e una preghiera particolare va a chi, in questi ultimi anni, ci ha lasciati prematuramente, Lorenza, Mirella, Mariuccia, che, insieme a chi ci ha preceduto e a san Francesco di Sales, patrono della Stampa Cattolica, veglieranno e pregheranno per noi e con noi.
Diamo ora alcuni numeri sulla situazione attuale circa la
diffusione della Stampa Cattolica nella nostra Parrocchia (vedi tabella).
Gli abbonati ordinari, i sostenitori e quelli che danno cifre diverse sono distribuiti in vario modo nelle singole vie. In alcune zone sono tutti abbonati ordinari, in altre ci sono parecchi sostenitori. Un grazie a tutti (a prescindere dalla cifra versata) per la fedeltà passata, presente e futura, e un benvenuto ai 10 nuovi abbonati, che hanno preso il posto dei 9 che non hanno rinnovato per motivi personali vari, ma non certo per mancanza d’affetto verso il nostro periodico.
Per il Gruppo Buona Stampa,
la Responsabile, Ciceri Mariangela Magistri
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SEMINARE “Chi semina chiodi non vada in giro scalzo”
Riportiamo un brano tratto da “Educare!” di Pino Pellegrino che offre spunti di riflessione e dialogo per i genitori e per tutti gli educatori
“Seminare” è uno dei verbi più indovinati quando si parla i educazione. Educare, infatti, è una lunga pazienza: oggi si getta un seme...domani si raccoglierà. Hanno trovato, in Egitto, chicchi di grano risalenti ai tempi dei faraoni; qualcuno li ha seminati: dopo pochi mesi,ondeggiavano spighe ripiene di ottimo frumento. Potenza del seme!
Per questo l’educatore crede nel seme. Poco, tanto.., non importa: lui semina. Un genitore semina fin dai primi giorni della vita del figlio.
Semina l’amore, perché senza amore non si vive.
Semina il coraggio, perché la vita è sempre in salita.
Semina la speranza, perché la speranza è la spinta per continuare.
Semina l’ottimismo, perché l’ottimismo è il motorino d’avviamento di tutto.
Semina un buon ricordo, perché un buon ricordo può diventare la maniglia a cui aggrapparsi nei momenti di sbandamento.
Semina Dio, perché Dio è il basamento di ogni
cosa. L’educatore semina!
Semina perché il seme è molto più di una speranza: è una garanzia.
Lo diceva bene il poeta libanese Kahlil Gibran: “La tempesta è capace di disperdere i fiori, ma non è in grado di sradicare i semi”. Al poeta libanese fa eco il grande scrittore russo Feodor Dostoevskij: “Occorre solo un piccolo seme, un minuscolo seme che gettiamo nell’animo di un uomo semplice ed esso non morirà, ma vivrà nella sua anima per tutta la vita; resterà nascosto in lui tra le tenebre, tra il lezzo dei suoi peccati, come un puntino luminoso, come un sublime ammonimento”. D’accordo al cento per cento! Insomma, il bravo educatore è un buon seminatore. Seminare è il suo primo dovere.
San Bonaventura diceva: “Il merito non sta nel raccogliere molto, ma nel seminare bene”. Seminare è la sua prima responsabilità. Il proverbio recita: “Chi semina chiodi non vada in giro scalzo”. I cinesi hanno questa bella immagine: il bambino è come un foglio bianco, tutti quelli che gli passano vicino gli lasciano un segno, gli gettano un seme. Dio voglia, sempre un seme di grano buono, mai di zizzania!
Seminare: arte da imparare Chi semina ansia, prepara l’uomo pauroso.
Chi semina tristezza, prepara l’uomo pessimista. Chi semina indulgenza plenaria, prepara l’uomo senza grinta.
Chi semina ironia, prepara il timido. Chi semina urla, prepara l’aggressivo.
Chi semina incoraggiamento, prepara il fiducioso. Chi semina lealtà, prepara il sincero.
Chi semina il rispetto, prepara l’uomo che non calpesta l’uomo. Chi semina gioia, prepara l’uomo che ringrazia d’esser nato. Chi semina amore, prepara l’uomo che abbraccia il mondo.
Il figlio diventa ciò che gli seminiamo nella mente e nel cuore. (Pino Pellegrino - “Educare!”)
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“TU RISPONDERAI A TUO FIGLIO”
Domenica 17 febbraio, a Triuggio, abbiamo
partecipato al ritiro spirituale di
Quaresima, dal tema: “TU RISPONDERAI
A TUO FIGLIO”, spunti di riflessione e di
preghiera, alla luce dell'itinerario Pastorale:
“Famiglia comunica la tua fede!” È stata
una giornata vissuta intensamente: appena
arrivati, abbiamo incontrato il nostro
Cardinale Dionigi Tettamanzi, che con la
consueta cordialità si è trattenuto con
ciascuno di noi, poi, abbiamo conosciuto il
nuovo assistente del settore Adulti, don
Luciano Andriolo. Tutti siamo stati
concordi nel considerare don Luciano un
“Prete meraviglioso”, e per questo dono,
ringraziamo il Signore!!!!!!!
Per motivi di spazio, sintetizzo il contenuto
dell'intervento di don Luciano e ne
propongo qualche passaggio:
«L’Arcivescovo chiede alle famiglie, in
quale modo sono capaci di comunicare la
fede. Sentiamo un grande desiderio di
comunicare il grande tesoro che è la fede,
ma a volte ci sentiamo inadeguati. Come
comunicare la fede ai nostri ragazzi
soffocati da tanti messaggi? Questa è una
reale sofferenza che i genitori, gli
educatori, la Chiesa vive... È una sofferenza
da trasformare in Preghiera. La spina che
ho nel cuore, la sofferenza... Signore, io te
la offro...! A guidare i nostri cuori, le
persone, ad un'apertura verso Dio, c'è lo
Spirito di Dio! La sofferenza interiore, se
trasformata in Preghiera, apre la strada allo
Spirito. È necessario trasformare il senso di
inadeguatezza in un grido di preghiera:
“Signore, solo Tu puoi aprire il cuore di
questi ragazzi!”. Domanda: è vero che
trasmettere oggi la fede è difficile, ma
quale fede è in grado di diventare
un'esperienza significativa? Almeno, un
pochino affascinante? In quale misura la
mia fede è capace di trasmettere una
STORIA, FATTA DI MOMENTI E DI
INCONTRI?
Invece di ripetere continuamente ai ragazzi
di “andare a Messa”, (non diciamolo più...),
SFRUTTIAMO TUTTI I MOMENTI
PROPIZI PER RACCONTARE LORO IL
MIO INCONTRO CON IL SIGNORE CHE
HA CAMBIATO LA MIA VITA. La fede è
innanzitutto una risposta ad un incontro. È
una risposta libera a Dio che ci è venuto
incontro, che è entrato in questa storia. “Io
ho incontrato il Signore”: è una forza
incredibile!
I ragazzi percepiscono che quella che mi ha
raccontato mia madre, mio padre, è una
storia di un certo spessore, rispetto a certe
storie che sento. Poi, ANDARE A MESSA...
QUELLI SONO I TEMPI DI DIO! Non
pretendiamo che l'altro cambi, questo lo
lasciamo alla Grazia del Signore.
Chiediamo al Signore che la nostra storia
non sia insignificante, ma sia il crocevia nel
quale i nostri ragazzi, i nostri giovani
possano incontrarsi con Lui».
A tutti l’augurio di scoprire la forza
incredibile che nasce dall’incontro
personale con il Signore, per testimoniarla
ai nostri ragazzi!
Mariangela
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L’ANZIANO PER L’ANZIANO
L’evangelizzazione e la promozione umana della vita dell’anziano, che costituiscono la ragione d’essere del Movimento Terza Età, sono più che mai attuali.
Certamente rimane l’esigenza di aggiornare, con intelligenza e fantasia, le modalità attraverso le quali le iniziative del Movimento di devono esprimere nel tempo attuale.
L’anziano per l’anziano non è uno slogan pubblicitario, ma il verificarsi di una personale interiore disponibilità, attenzione e interessamento all’altro.
Questi atteggia-menti superano e si pongono in alternativa alla cultura dominante, spesso caratterizzata dall’egoismo e da
una concezione della vita che non accoglie i valori dello spirito.
Certo esistono le situazioni di malattia, di precarietà, di perdita dell’autonomia, che possono anche rendere problematica la presenza dell’anziano nel proprio ambiente.
Queste situazioni, spesso dolorose, al loro insorgere interpellano la solidarietà
di tutti e, in particolare, di ciascuno di noi.
Proseguiamo nel nostro cammino con serenità ed entusiasmo, sa-pendo che il Signore non ci chiede cose straordinarie, ma di vivere in modo straordinario la nostra quotidia-
nità. Un’animatrice.
ASPETTANDO LA PASQUA: IL CRISTO
Guardavo quel Cristo, sulla croce pendente: l’avevo già intravisto nella povera gente. Tristezza nel volto, con speranza nel guardo, soffriva, sì, molto, ma non aveva riguardo ad esprimere in sé tutto ciò che pativa e parea lui tesser, da come appariva, il suo piano pur santo d’amor, di donarci non un pochino soltanto la sua prova d’amarci. Egli, uno di noi, tu lo vedi riflesso, anche se tu non vuoi, nel volto dimesso di chi soffre e patisce. Lo riscopri lo stesso e tu non capisci di averlo appresso. Non il Dio del fiore, delle stelle, del tuono, ma un Dio che muore: è la croce il suo trono.
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DALL’ASO CALCIO
Come ormai consuetudine la società
A.S.O. ALZATE ALTA BRIANZA
indice e organizza durante i mesi di
Maggio e Giugno un gruppo di tornei
dedicati al calcio giovanile (per alcune
categorie si è giunti alla quinta
edizione): le partite animeranno
praticamente ogni sera il nostro oratorio
e saranno occasione di incontro per
centinaia di ragazzi provenienti da tutta
la provincia (e non solo).
Queste le categorie coinvolte:
PULCINI 99 / PULCINI 98 /
ESORDIENTI
GIOVANISSIMI / ALLIEVI
Per la categoria giovanissimi
parteciperanno le seguenti squadre:
A.S.O ALZATE ALTA BRIANZA /
COLICO / LUCIANO MANARA /
CASATI ARCORE / CANTU’ /
GALBIATESE / BRIOSCHESE /
ARCELLASCO / PONTELAMBRESE/
CATELLO VIGHIZZOLO / VILLA
ROMANO’ / VIS NOVA GIUSSANO
Per la categoria allievi:
A.S.O ALZATE ALTA BRIANZA /
COLICO / LUCIANO MANARA /
CANTU’ S.PAOLO / CITTADELLA /
GALBIATESE / S.G. BOSCO CEREDO /
BULGARO
Ricordiamo che durante lo svolgimento
dei tornei il bar dell’oratorio sarà aperto:
si cercano pertanto volontari che
possano aiutare per la copertura dei
turni al bar e per garantire altri servizi
(es. sparecchiare quando è aperto il
servizio cucina/ristoro). Chi potesse dare
una mano può comunicarlo
direttamente in oratorio.
DALL’ASO VOLLEY
Anche quest’anno l’ASO Volley si è iscritta al
CSI di Como per frequentare il campionato di
pallavolo misto, questo a maggior ragione
dopo aver conquistato l’anno scorso un posto
nella massima serie.
Terminato il girone di andata a metà
classifica, ora a tre partite dalla conclusione
del campionato, stiamo cercando di
conquistare la salvezza, e magari un posto per
i play off, degno risultato di un’avvincente
stagione positiva, non solo in termini di
risultati e prestazioni sportive ma anche di
fatiche fisiche e di armonia di gruppo.
Un grazie di cuore in primis a tutta la
dirigenza ASO, non solo per la collaborazione
che ci fornisce, ma anche per la stima e la
costante presenza.
Come poi non citare i nostri tifosi che, seppur
pochi, ci accompagnano sempre con il loro
affetto, più che altro per il post-partita...
Grazie!
Per chi volesse venirci a vedere nelle prossime
gare interne, presso la palestra delle scuole
medie, gli appuntamenti saranno:
- ASO VOLLEY – EUPILIO venerdì 28
marzo
- ASO VOLLEY – ORATORIO BRECCIA
venerdì 11 aprile.
Orario d’inizio ore 21.30 circa. A presto.
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LO SCAFFALE
a cura di S. Pleuteri
SIMONETTA GREGGIO
Passo dell’Angelo
Titolo originale: Col de l’Ange
2008, Corbaccio
pagg. 117, euro 12,00
Simonetta Greggio, nata a Padova nel 1961, francese d’adozione, giornalista, ha appena pubblicato anche in Italia il suo secondo romanzo dal titolo “Passo dell’Angelo”, una storia d’amore sensuale e inquietante ambientata in un remoto paese di montagna.
L’eroina del romanzo si chiama Blue ed è una bellissima ragazza, che per sfuggire alle violenze del padre lascia il paesino natale tra le montagne insieme a Nunzio, un amico d’infanzia, e con lui approda a Parigi, dove fa carriera come fotomodella.
La voce narrante è quella di Nunzio, architetto afffermato e morto da alcuni giorni in circostanze note a lui solo; Blue, folle di dolore per la scomparsa dell’amico, spera di riuscire a trovarlo tra
le loro montagne e torna dopo trent’anni al Passo dell’Angelo per fare indagini.
Ma il viaggio si rivela un tranello: un’altra persona, Marco, il fratello di lui, la sta aspettando al suo paese, e non desidera lasciarla ripartire; a questo punto Blue dovrà decidere della sua vita, e sarà lo stesso Nunzio, suo angelo invisibile, a farle varcare il passo.
Questo breve e intenso romanzo, pur essendo “leggero”, ha il pregio di trattare molto bene la complessità psicologica dei personaggi unendovi una suspense da romanzo giallo, che inchioda il lettore alla poltrona; la scrittura è netta e precisa, coincisa; le frasi corte, tagliate di
netto, danno un
ritmo particolare
alla lettura.
La Greggio non ha paura di
scavare nella sua
stessa infanzia per donarla al lettore in tutta la sua
crudeltà e violenza, ma gli fa capire che, nonostante tutte le cose brutte che accadono nella vita, l’uomo ha il dovere di trovare quella felicità a cui è stato destinato sin dalla nascita.
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Da INCROCINews
La Traditio Symboli è ormai da considerare appuntamento consueto del sabato che precede la Settimana Santa (15 marzo quest’anno) e che vede protagonisti migliaia di giovani che dedicano una sera per andare a pregare in Duomo a Milano con il Cardinale. La Veglia in Traditione Symboli ripropone un rito antico della tradizione cristiana, quando il battesimo veniva conferito in età adulta. Dopo un serio cammino di preparazione, al catecumeno veniva consegnato il Credo: da qui il termine latino traditio Symboli, che significa 'consegna del Credo'. I catecumeni, ricevuto il Simbolo, si impegnavano ad impararlo a memoria; questo gesto assumeva un profondo valore educativo, poiché tenere a mente il Credo voleva dire renderlo concretamente presente nella propria vita: le parole più che su un pezzo di carta dovevano essere impresse nel cuore. Si tratta di evento di grande richiamo che per IncrociNews diventa occasione per riflettere sul rapporto tra i giovani e la fede. Quest’anno è stato scelto Saulo come “figura guida” della riflessione: in particolare, l’incontro prodigioso con il risorto sconvolge tutte le certezze e cambia radicalmente la vita del persecutore che si farà testimone e che la tradizione cristiana ricorderà come San Paolo. Un giovane che oggi riceve la consegna della fede si impegna a lasciarsi condurre per mano da relazioni autentiche e da guide spirituali affidabili. Scopre così la via per entrare nella città, che è ormai il mondo. La fede autentica crea relazioni nuove non solo nel rapporto con Dio, ma soprattutto incide su tutte le sfere dell’esistenza: quella del lavoro, dello studio, dell’impegno civile, con una serenità e una speranza del tutto nuove.
Certamente non è facile, tutt’altro. Come facile, certamente, non fu per Saulo: diretto a Damasco con un progetto preciso contro i “seguaci di Gesù” vide spezzare i programmi che si era costruito e che gli davano sicurezza, si lasciò prendere per mano e si fece condurre da Dio che gli chiedeva di fargli spazio dentro la sua vita. Ma la Traditio Simboli è anche un’occasione di incontro per tanti giovani della Diocesi con il Cardinale. In particolare, colpisce il successo dei “grandi raduni” dedicati alla preghiera, alla riflessione e all’incontro con le grandi personalità cristiane del nostro tempo (il Papa, i Vescovi, ma anche sacerdoti particolarmente carismatici): si tratta di un fenomeno rilevante, tanto da suggerire un approfondimento con Mauro Magatti, preside della facoltà di Sociologia dell’Università Cattolica di Milano. Può essere interessante riportare qualche passo dell’intervista rilasciata da Magatti a Pino Nardi per il settimanale online della Diocesi (Anno 4 n. 10/2008). È significativo che migliaia di giovani vadano a pregare con il Cardinale un sabato sera... Sì, è significativo di questa disponibilità, del fatto che un ragazzo una domanda sul senso della vita, su quello che sta facendo, se la pone. La partecipazione alla funzione è un atto, non ci dice tutto su queste persone, ma l’aggancio c’è, è importante. Il Cardinale saprà sicuramente valorizzarlo. Salvo le attività legate ai consumi, come i concerti o le partite, solo la Chiesa è in grado di mobilitare in maniera così forte il mondo giovanile. Non esiste nient’altro. E questo deve far pensare.
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Proprio il paragone con eventi legati allo spettacolo o allo sport conduce necessariamente alla seconda domanda, centrale dal punto di vista sociologico e determinante per valutare di che tipo di “successo” si tratta: quanto questi grandi raduni incidono sull’esperienza di fede e quanto si rischia di limitarsi all’emozione del momento? Queste sono esperienze che in se stesse sono capaci di lasciare un segno, perché utilizzano modalità intense, generano un senso di fusione, di appartenenza, di andare al di là delle fatiche quotidiane. Però questo effetto svanisce rapidamente. Sono utili se si tiene in considerazione che sono occasioni, ma non sono in grado di sostituire percorsi più fondati, più quotidiani. In questo tempo non se ne può fare a meno, sono condizione necessaria, ma non sufficiente. Emerge con chiarezza che il fattore decisivo non è tanto la partecipazione in sé, ma la capacità di recuperare poi nel quotidiano delle parrocchie gli effetti dell’onda emotiva che solo il grande evento può generare, ma che solo un lavoro costante e basato sulla continuità di percorso può mantenere vivi. Don Severino Pagani, vicario episcopale per la Pastorale giovanile e universitaria della diocesi di Milano, conosce bene il rischio di legare in modo eccessivo la dinamica di fede all’emotività
e al sentimento del momento. Evitando ogni tipo di generalizzazione, quanto mai pericolosa trattando dei temi legati alle nuove generazioni, Pagani individua in modo chiaro i rischi legati all’emotività. «Il linguaggio fondamentale con cui i giovani si avvicinano alla fede è quello affettivo. Non sentono il bisogno di un’indagine storica, piuttosto di trovare nel rapporto con Dio qualcosa che dia pienezza ai tanti vuoti della vita. E continua la sua riflessione: «Dentro il linguaggio affettivo si giocano molto. Tante volte avvertono un senso di colpa e di incoerenza, il distacco tra una religione affettiva e un impegno etico. Abbiamo tanti ragazzi che desiderano pregare, vorrebbero costruire bene una dinamica di amore. Ma poi prevalgono la voglia, la stanchezza, le sensazioni, le provocazioni culturali. E così si sentono profondamente divisi».
Su ciò che rimane di questi
momenti pubblici, Pagani è chiaro: «Come diocesi non poniamo mai in alternativa i due aspetti. Non è vero che gli eventi non servono a niente, perché un giovane ha
bisogno di rispecchiarsi in iniziative pubbliche. D’altra parte però è molto debole se dopo nella vita non trova interlocutori che ne curano la formazione. Non metterei mai in alternativa i due momenti».
Cristian Fusi
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I MARTIRI
Leggiamo nel Catechismo della Chiesa
Cattolica:
2473 Il martirio è la suprema testimonianza
resa alla verità della fede; il martire è un
testimone che arriva fino alla morte. Egli
rende testimonianza a Cristo, morto e risorto,
al quale è unito dalla carità. Rende
testimonianza alla verità della fede e della
dottrina cristiana. Affronta la morte con un
atto di fortezza. «Lasciate che diventi pasto
delle belve. Solo così mi sarà concesso di
raggiungere Dio».
2474 Con la più grande cura la Chiesa ha
raccolto i ricordi di coloro che, per
testimoniare la fede, sono giunti sino alla
fine. Si tratta degli Atti dei Martiri.
Costituiscono gli archivi della Verità scritti a
lettere di sangue.
La Chiesa onorò sin dall’inizio quanti
testimoniarono la propria fede con il
proprio sangue, riunendosi sul luogo del
martirio e costruendovi edifici sacri.
Derivata dal greco col significato di
testimone, martire è una parola d’origine
giuridica, che indicava il garante di un
giuramento o di un contratto o di un
fatto contestato in giudizio. Sono
chiamati martiri coloro che rendono
testimonianza della loro fede in Cristo
fino a versare il proprio sangue (Mt
10,18; At 22,20; Ap 2,13; 6,9). Confessore
della fede è, invece, il titolo che, in
liturgia, si dà a tutti i santi non martiri.
Nei primi secoli del cristianesimo i
termini di confessore e di martire erano
usati indistintamente; si cominciò a
diversificare il significato dal IV secolo in
poi.
La fortezza eroica dei martiri fu una
virtù esercitata in modo eccezionale, se si
considerano i tormenti ai quali i
persecutori ricorsero, tormenti fisici e
morali, come dice Tacito negli Annali: la
croce, il ferro, il fuoco, le bestie feroci. A
tali atroci tormenti vennero sottoposti
anche bambini e infermi. I cristiani
furono privati delle loro cariche e dignità
e dei loro beni, dovettero affrontare il
dolore dei loro congiunti, la separazione
dai genitori, come Perpetua, avverandosi
così la predizione di Gesù: «Sono venuto
a separare il figlio dal padre, la figlia
dalla madre... il fratello consegnerà il
fratello perché sia messo a morte, e il
padre il figlio, e i figli insorgeranno
contro i loro genitori e li faranno morire
[…]» (Mt 10,21-22.35). La fortezza dei
martiri non è disgiunta dalle altre virtù,
la fede, la carità, la speranza. I martiri
non andarono al supplizio spinti
dall'audacia, ma affrontarono con gioia i
tormenti, come il martire Vincenzo che,
messo sul cavalletto e poi arso vivo,
rimproverava ai carnefici la loro
lentezza, quindi elevava al cielo l'ultima
preghiera. Fortezza e prudenza allo
stesso tempo, secondo l'ammonimento di
Gesù (Mt 10,17-18).
Papa Benedetto XIV fissa le condizioni
richieste dalla Chiesa per affermare
l’eroicità delle virtù dei martiri:
1. «La materia su cui la virtù si
esercita, cioè il suo oggetto,
23
dev’essere difficile, superiore alle
forze comuni degli uomini.
2. I suoi atti devono essere compiuti
prontamente;
3. con una certa gioia, quella del
sacrificio;
4. non una volta sola o raramente, ma
spesso, quando se ne presenta
l’occasione. »
Nel martirologio è contenuto l’elenco dei
santi e dei martiri, oltre alle notizie più
importanti sulla loro vita, che la Chiesa
celebra ogni giorno. Ufficialmente, come
libro liturgico, appare dopo il Concilio di
Trento (Martirologium Romanum, 1584),
ma ha il suo predecessore nel calendario,
cioè nell’elenco delle feste e dei santi che
hanno una celebrazione in un
determinato luogo. Il più antico
calendario liturgico romano è costituito
dalla Depositio Martyrum, inserita nel
Cronografo dal 354. In origine, il
martirologio riportava solo il nome dei
martiri, poi furono aggiunti i vescovi, i
confessori, le dedicazioni e tutte le altre
ricorrenze liturgiche. Il termine
calendario deriva invece dal latino
kalendae, primo giorno del mese. È la
tabella dei mesi, settimane, giorni che
formano un anno. Il più antico
calendario cristiano è quello di papa
Milziade (morto nel 314), perduto e solo
parzialmente conservato nel Cronografo
fìlocaliano. Papa Gregorio XIII attuò la
grande riforma del calendario nel 1582
aggiungendo i dieci giorni di ritardo
accumulati dal Calendario Giuliano
(stilato da Giulio Cesare), passando, per
rimediare ad un inconveniente
temporale, subito dal 4 al 15 ottobre
1582.
Così alcuni martiri pregavano prima di
andare davanti ai carnefici:
«Nulla mi gioverebbe tutto il mondo e
tutti i regni di quaggiù; per me è meglio
morire per [unirmi a] Gesù Cristo, che
essere re sino ai confini della terra. Io
cerco colui che morì per noi; io voglio
colui che per noi risuscitò. Il momento in
cui sarò partorito è imminente... »
«Ti benedico per avermi giudicato degno
di questo giorno e di quest'ora, degno di
essere annoverato tra i tuoi martiri... Tu
hai mantenuto la tua promessa, o Dio
della fedeltà e della verità. Per questa
grazia e per tutte le cose ti lodo, ti
benedico, ti rendo gloria per mezzo di
Gesù Cristo, sacerdote eterno e
onnipotente, Figlio tuo diletto. Per lui,
che vive e regna con te e con lo Spirito,
sia gloria a te, ora e nei secoli dei secoli.
Amen. »
«Volgi la tua misericordia, o Signore, su
tutti coloro mi vogliono male e mi hanno
fatto del male. Concedi che le loro colpe,
insieme con le mie colpe, possano
trovare ravvedimento e rimedio con
l’aiuto di tutti quei mezzi, così lievi,
pietosi, amorevoli, che sa trovare la tua
infinita sapienza. Fa’ che le nostre anime
siano insieme salve in paradiso e amino e
vivano in eterno, con te e con i tuoi santi,
o gloriosa Trinità, per l’amara passione
del nostro dolce Salvatore Gesù Cristo.
Amen. (san Tommaso Moro). »
Nel prossimo numero parleremo dei
bambini santi e beati, in varie epoche.
24
SAN GUIDO PATRONO DEI SACRESTANI
Guido di Anderlecht visse due secoli
prima di san Francesco d’Assisi,
probabilmente fra il 950 e il 1012.
Il suo primo biografo, che scrive nel 1112,
al tempo dell’esumazione delle sue
reliquie, lo dice figlio di contadini della
regione belga del
Brabante.
Mite e generoso,
Guido mostrò fin da
giovane il suo
distacco dai beni
terreni, donando
quanto possedeva ai
poveri. Desideroso
di condurre vita
ascetica, lasciò
anche la casa
paterna e a Laken,
presso Bruxelles,
scelse di fare il
sacrestano al
parroco, per
rendersi utile al
prossimo e dedicarsi
alla preghiera e alla
devozione cristiana:
per questo è invocato come patrono dai
sacrestani e dai campanari.
Ad un certo punto della sua vita, non per
desiderio di guadagno, ma per costituire
un fondo a favore dei poveri, si mise nel
commercio; da subito non fu una scelta
felice, poiché la prima nave che riuscì ad
armare affondò nella Senna con tutto il
carico. Questo fu per lui un avvertimento
del Cielo, non perché il commercio sia
contrario alle leggi del Signore, ma
perché egli aveva preferito la via più
comune a quella più ardua nel cammino
verso la perfezione. Guido indossò allora
l'abito del pellegrino e per sette anni
percorse le lunghe e
insicure strade
dell'Europa per
visitare i più grandi
santuari della
cristianità.
Fu a Roma e
proseguì per la
Terrasanta, e,
tornato dal lungo
pellegrinaggio,
stanco e malato, fu
ospitato da un
sacerdote di
Anderlecht, una
cittadina presso
Bruxelles, dalla
quale prese
l'appellativo e dove
poco dopo morì, di
dissenteria; perciò è
anche invocato da quanti sono afflitti da
questo male.
Non lasciò un ricordo particolare, e la
sua tomba fu per molto tempo trascurata,
finché alcuni prodigi fecero rifiorire la
memoria del santo, al quale fu dedicata
una grande chiesa che ne accolse le
reliquie.
Francesco Magistri
25
GLI ANIMALI NELLA SCRITTURA:
IL GALLO.
Questo piccolo volatile da cortile viene citato
nella Bibbia pochissime volte, e precisamente
nell’Antico Testamento troviamo due brevissime
citazioni, una nel libro di Giobbe (cap. 38, v. 36)
e l’altra nel libro dei Proverbi (cap. 30, v. 31).
Nel libro di Giobbe si descrive il dialogo tra
Giobbe e il Signore, ed è proprio nella risposta
del Signore al cap. 38 ne “il discorso del
Signore: la divina sapienza nella creazione”,
dove al versetto 36 si dice: «Chi ha concesso
all’ibis la sapienza e chi ha dato al gallo
l’intelligenza? ». Qui si introducono l’ibis e il
gallo, due volatili le cui funzioni meteorologiche
erano note nell’antichità: l’ibis segnalava in
Egitto le piene del Nilo, mentre il gallo era
considerato una specie di barometro vivente
(ancora oggi, su alcuni campanili, il galletto di
metallo, girando, indica la direzione dei venti).
L’autore biblico usa queste metafore per
esprimere una visione religiosa opposta a
quella del mito, molto in uso all’epoca presso i
Semiti; il Signore è, infatti, l’unico dominatore
dell’universo, creatore di tutte le cose.
Nel libro dei Proverbi, poi, troviamo i “detti di
Agur”, uno straniero, definito dalla tradizione
ebraica un “grande raccoglitore di sapienza”;
dice, al cap. 31, versetti 29-31: «tre esseri
hanno un portamento maestoso, anzi quattro
sono eleganti nel camminare: […] il gallo, che
domina in mezzo alle galline […]». Questo
volatile viene citato in un contesto suggestivo,
dove si raccolgono lezioni impartite da vari
animaletti, sul loro modo di vivere, e, nello
specifico, il gallo per il suo portamento
maestoso come il leone e l’ariete.
Nel Nuovo Testamento, Marco ne fa menzione
al cap. 13 v. 35, quando nel discorso sugli ultimi
tempi Gesù invita i suoi discepoli ad essere
pronti alla vigilanza e dice: «Vigilate dunque,
poiché non sapete quando il padrone di casa
ritornerà, se alla sera o al canto del gallo o al
mattino, perché non giunga all’improvviso,
trovandovi addormentati». Però, il gallo viene
ricordato in modo particolare per evidenziare un
fatto significativo che giunge al culmine della
Storia della Salvezza. È Gesù stesso che ne
parla, rivolgendosi a Pietro, ed è proprio
all’inizio della Sua Passione che sentiamo il
“canto” del gallo. Questo fatto è narrato da tutti i
quattro Evangelisti, e viene proclamato al
termine della Quaresima, durante il Triduo
Pasquale, il Venerdì Santo (Lc 22, 33-34; 54-
62). Il canto del gallo è per l’apostolo una
memoria viva del monito di Gesù e l’inizio del
suo pentimento. È segno della fine della notte,
che per Pietro è culminata col rinnegamento,
ma appena ode il canto del gallo lo sguardo di
Gesù si volge verso di lui e in questo sguardo
traspare tutto il dolore e l’amore di Cristo: qui
finisce la notte di Pietro. Le tenebre lasciano il
posto alla luce e il canto del gallo ne è da
sempre Testimone. Il pentimento e le lacrime di
Pietro sono l’inizio della sua vera conversione.
Mariangela Ciceri
26
Curiosità e modi di dire…
Nel 2000, in occasione del Giubileo, chi è
andato in pellegrinaggio a Roma ha
avuto l’opportunità di vedere la Porta
Santa che viene aperta e varcata dal Papa
e poi dai pellegrini proprio in questa
occasione. Su di essa sono riprodotti 14
episodi biblici, opera dello scultore Vico
consorti e donata a Pio XII nell’anno
santo del 1950.
La nona formella rappresenta il
“pentimento di Pietro”.
Il passaggio attraverso la Porta Santa
evoca il passaggio che ogni cristiano è
chiamato a compiere dal peccato
(tenebre) alla grazia (luce).
Il detto “prima che canti il gallo”
significa l’attesa di un’imminente presa
di coscienza, con riferimento al gallo che
cantò subito dopo che Pietro ebbe negato
di conoscere Gesù (Lc 22,60).
Mariangela Ciceri