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Periodico della parrocchia di S. Anselmo di Lucca Anno 4 - Numero 12 – 08/11/14 BUON NATALE Per le strade e nelle vetrine dei negozi brillano tante luci che annunciano il vicino Natale. Ma quello è il natale “minuscolo”, dei consumi, della corsa ai regali. Non è il Natale di Gesù. Al catechismo ed alla Messa Domenicale, alle Lodi Mattutine, abbiamo cercato di preparare i ragazzi, i giovani e gli adulti al “Natale di Gesù”. Natale, festa della fede nell’amore di Dio per noi. Dio ci ha amati da sempre, ma la manifestazione dell’amore di Dio raggiunge il culmine con la comparsa del Figlio di Dio sulla terra. San Giovanni scrive:”Dio ha tanto amato gli uomini da dare loro il suo unico Figlio, perché chi crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”. Per salvarci… Ma abbiamo bisogno di essere salvati ? Abbiamo moltissime comodità, ogni giorno ci sono invenzioni nuo- ve che rendono più bella la vita. Eppure abbiamo un immenso bisogno di essere salvati, ne hanno bisogno tutti, giovani ed anziani, ricchi e poveri.. Nel mondo c’è tanta guerra, ma anche nel nostro cuore non c’è molta pace. Nel mondo c’è tanta cattiveria, ma anche dentro di noi non c’è molta bontà. Nel mondo regna tanta ingiustizia, ma anche in noi c’è poca sete di giustizia, di grazia di Dio, di santità. Nel mondo non c’è più posto per Dio, ma anche per cia- scuno di noi Dio conta tanto poco. Nel mondo c’è tanto buio, disorientamento, incertezza, ma anche dentro di noi non splende molta luce, non sappiamo vedere le cose, le vicende degli uomini nella luce della fede. Gesù ha detto:” Io sono la Via, la Verità e la Vita”; ”Io vi lascio la mia pace. Voi tutti che siete affaticati e stan- chi, venite che io vi ristorerò” “Vieni, Signore Gesù”! Per questo il Natale deve essere preparato nella preghiera e vissuto nell’amicizia col Signore. Vi invitiamo quindi a partecipare alla chiusura del Giubileo della Parrocchia e alle prossime festività natalizie con la celebrazione della Confessione e alle varie liturgie. Il programma lo troverete all’interno del bollettino parrocchiale. Natale, festa dell’amore del prossimo. Gesù ci dà anche la forza per donare il nostro amore ai piccoli, ai poveri, agli ammala- ti, alle persone sole. Programmate perciò un gesto concreto di amore da compiere insieme come famiglia, in cui ognuno dia il suo apporto. Non sia solo una “buona azione natalizia” isolata, ma l’inizio di una vita aperta ai poveri e agli ultimi, un modo di comportarsi in famiglia fatto di comunione, di condivisione vera. Gesù Bambino conceda alla vostra famiglia il dono della concordia e della pace. Vi saluto con l’augurio più sincero di un Buon Natale cristiano. D.Giancarlo D.Mauro ritorna in parrocchia Per la chiusura del Giubileo

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Periodico della parrocchia di S. Anselmo di Lucca

Anno 4 - Numero 12 – 08/11/14

BUON NATALE Per le strade e nelle vetrine dei negozi brillano tante luci che annunciano il vicino Natale. Ma quello è il natale “minuscolo”, dei consumi, della corsa ai regali. Non è il Natale di Gesù. Al catechismo ed alla Messa Domenicale, alle Lodi Mattutine, abbiamo cercato di preparare i ragazzi, i giovani e gli adulti al “Natale di Gesù”. Natale, festa della fede nell’amore di Dio per noi. Dio ci ha amati da sempre, ma la manifestazione dell’amore di Dio raggiunge il culmine con la comparsa del Figlio di Dio sulla terra. San Giovanni scrive:”Dio ha tanto amato gli uomini da dare loro il suo unico Figlio, perché chi crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”. Per salvarci… Ma abbiamo bisogno di essere salvati ? Abbiamo moltissime comodità, ogni giorno ci sono invenzioni nuo-ve che rendono più bella la vita. Eppure abbiamo un immenso bisogno di essere salvati, ne hanno bisogno tutti, giovani ed anziani, ricchi e poveri.. Nel mondo c’è tanta guerra, ma anche nel nostro cuore non c’è molta pace. Nel mondo c’è tanta cattiveria, ma anche dentro di noi non c’è molta bontà. Nel mondo regna tanta ingiustizia, ma anche in noi c’è poca sete di giustizia, di grazia di Dio, di santità. Nel mondo non c’è più posto per Dio, ma anche per cia-scuno di noi Dio conta tanto poco. Nel mondo c’è tanto buio, disorientamento, incertezza, ma anche dentro di noi non splende molta luce, non sappiamo vedere le cose, le vicende degli uomini nella luce della fede. Gesù ha detto:” Io sono la Via, la Verità e la Vita”; ”Io vi lascio la mia pace. Voi tutti che siete affaticati e stan-chi, venite che io vi ristorerò”“Vieni, Signore Gesù”! Per questo il Natale deve essere preparato nella preghiera e vissuto nell’amicizia col Signore. Vi invitiamo quindi a partecipare alla chiusura del Giubileo della Parrocchia e alle prossime festività natalizie con la celebrazione della Confessione e alle varie liturgie. Il programma lo troverete all’interno del bollettino parrocchiale. Natale, festa dell’amore del prossimo. Gesù ci dà anche la forza per donare il nostro amore ai piccoli, ai poveri, agli ammala-ti, alle persone sole. Programmate perciò un gesto concreto di amore da compiere insieme come famiglia, in cui ognuno dia il suo apporto. Non sia solo una “buona azione natalizia” isolata, ma l’inizio di una vita aperta ai poveri e agli ultimi, un modo di comportarsi in famiglia fatto di comunione, di condivisione vera. Gesù Bambino conceda alla vostra famiglia il dono della concordia e della pace. Vi saluto con l’augurio più sincero di un Buon Natale cristiano.

D.Giancarlo

D.Mauro ritorna in parrocchia Per la chiusura del Giubileo

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LA BOTTEGA DELLE ABILITA’

Tutti i lunedì dalle 16.30 alle 19.00, nei locali della Parrocchia di Sant’Anselmo, ci incontriamo

noi volontari adulti e adolescenti e giovani diversamente abili e...

CONFEZIONIAMO BOMBONIERE che sceglierete e personalizzerete a vostro piacimento

CUCINIAMO CIBI PRELIBATI: accettiamo anche ordinazioni per servizio di catering

Questo il menù base:

torte salate: torte dolci: torta salata con zucchine e cipolle salame di cioccolato torta salata alle patate e salsiccia crostata di marmellata torta salata al prosciutto cotto e formaggio crostata con cioccolato torta salata rustica torta di mele strudel salato di verdure torta cioccolatina rotoli di pasta di pizza farciti torta margherita frittata al forno con verdure torta allo yogurt focaccia con pomodorini freschi biscotti

erbazzone

Per informazioni e prenotazioni vi aspettiamo ogni lunedì in parrocchia o potete rivolgervi a Stefa-nia al n. 338-8259165 (inviare messaggio indicando cosa si desidera, nome e cognome) oppure via mail a: [email protected].

Per le bomboniere vi chiediamo un anticipo di almeno 2 settimane; per i prodotti della cucina vi chiediamo di prenotarli entro il sabato precedente il lunedì del ritiro.

Affrettatevi a prenotare perché non possiamo accogliere tante prenotazioni!!!!!Grazie!

Buon Natale da: LA BOTTEGA DELLE ABILITA’

LA BOTTEGA

DELLE ABILITA’

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Attenzione a non diventare dei crisitnai tiepidiConvertirsi è una grazia, “è una visita di Dio”. Papa Francesco dice che il Signore chiede ai cristiani di Laodicea di convertirsi perché sono caduti “nel tepore”. Vivono nella “spiritualità della comodità”. E pensano: “faccio le cose come posso, ma sono in pace che nessuno venga a disturbarmi con cose strane”. Chi vive così, ha affermato, pensa che non “manca niente: vado a Messa le domeniche, prego alcune volte, mi sento bene, sono in grazia di Dio, sono ricco” e “non ho bisogno di nulla, sto bene”. Questo “stato d’animo – ha avvertito – è uno stato di peccato: la comodità spirituale è uno stato di peccato”. E a questi, ha ram-mentato, il Signore “non risparmia parole” e gli dice: “Perché sei tiepido sto per vomitarti dalla mia bocca”. Tuttavia, ha prosegui-to, gli dà il consiglio di “vestirsi”, perché “i cristiani comodi sono nudi”.Poi, ha soggiunto, “c’è una seconda chiamata” a “quelli che vivono delle apparenze, i cristiani delle apparenze”. Questi si credono vivi ma sono morti. E a loro il Signore chiede di essere vigilanti. “Le apparenze – ha detto il Papa – sono il sudario di questi cristiani: sono morti”. E il Signore li “chiama alla conversione”:“Io sono di questi cristiani delle apparenze? Sono vivo dentro, ho una vita spirituale? Sento lo Spirito Santo, ascolto lo Spirito Santo, vado avanti, o …? Ma, se tutto appare bene, non ho niente da rim-proverarmi: ho una buona famiglia, la gente non sparla di me, ho tutto il necessario, sono sposato in chiesa … sono ‘in grazia di Dio’, sono tranquillo. Le apparenze! Cristiani di apparenza … Sono morti! Ma, cercare qualcosa di vivo dentro e con la memoria e la vigilanza, rinvigorire questo perché vada avanti. Convertirsi: dalle apparenze alla realtà. Dal tepore al fervore”.La terza chiamata alla conversione è con Zaccheo, “capo dei pubblicani e ricco”. “E’ un corrotto - ha detto il Papa - lavorava per gli stranieri, per i romani, tradiva la sua Patria”:“Era uno come tanti dirigenti che noi conosciamo: corrotti. Questi che, invece di servire il popolo, sfruttano il popolo per servire se stessi. Alcuni ci sono, nel mondo. E la gente non lo voleva. Questo, sì, non era tiepido; non era morto. Era in stato di putrefazione. Corrotto, proprio. Ma sentì qualcosa dentro: ma, questo guaritore, questo profeta che dicono che parli tanto bene, io vorrei vederlo, per curiosità. Lo Spirito Santo è furbo, eh! E ha seminato il seme della curiosità, e quell’uomo per vederlo anche fa un po’ il ridicolo. Pensate a un dirigente che sia importante, e anche che sia un corrotto, un capo dei dirigenti – questo era capo – ma, salire su un albero per guardare una processione: ma pensate questo. Che ridicolo!”Zaccheo, ha detto, “non ha avuto vergogna”. Voleva vederlo e “dentro lavorava lo Spirito Santo”. E poi “la Parola di Dio è entrata in quel cuore e con la Parola, la gioia”. “Quelli della comodità e quelli dell’apparenza – ha sottolineato – avevano dimenticato cosa fosse la gioia; questo corrotto la riceve subito”, “il cuore cambia, si converte”. E così Zaccheo promette di restituire quattro volte quanto ruba-to: “Quando la conversione arriva alle tasche, è sicura. Cristiani di cuore? Sì, tutti. Cristiani di anima? Tutti. Ma, cristiani di tasche, pochi, eh! Pochi. Ma, la conversione … e qui, è arrivata subito: la parola autentica. Si è convertito. Ma davanti a questa parola, l’altra parola, di quelli che non volevano la con-versione, che non volevano convertirsi: ‘Vedendo ciò, mormoravano: ‘E’ entrato in casa di un peccato-re!’: si è sporcato, ha perso la purezza. Deve purificarsi perché è entrato in casa di un peccatore’”.Sono “tre chiamate alla conversione”, ha ribadito, che lo stesso Gesù fa “ai tiepidi, a quelli della co-modità, a quelli dell’apparenza, a quelli che si credono ricchi ma sono poveri, non hanno niente, sono morti”. La Parola di Dio, ha detto il Papa, “è capace di cambiare tutto”, ma “non sempre abbiamo il coraggio di credere nella Parola di Dio, di ricevere quella Parola che ci guarisce dentro”. La Chiesa, ha concluso, vuole che in queste ultime settimane dell’Anno liturgico “pensiamo molto, molto seriamente alla nostra conversione, perché possiamo andare avanti nel cammino della nostra vita cristiana”. E ci dice di “ricordare la Parola di Dio, fa appello alla memoria, di custodirla, di vigilare e anche di obbedi-re alla Parola di Dio, perché noi incominciamo una vita nuova, convertita”.

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Parola di Daniele NovaraC’è chi con pazienza intraprende la strada delle spiegazioni minuziose e chi più spiccio conta fino a tre; chi ordina perentoriamente e chi sup-plica; chi promette e minaccia punizioni; chi adotta l’urlata e chi dopo un’estenuante contrattazione passa alle maniere forti, uno strattone o un insulto gridato con rabbia. Farsi ascoltare dai figli non è mai stato facile per i genitori: al padre padrone bastava un’occhiata, un’alzata di sopracciglio a incenerire un’intemperanza infantile, per il resto c’erano botte e punizioni ad hoc. Oggi pochi hanno nostalgia di quell’educazione au-toritaria e brutale che doveva drizzare la schiena al giovane virgulto, sebbene al genitore contemporaneo, dialogante e disponibile, morbido e protettivo verso i figli la pazienza scappi in fretta così che spesso le maniere forti tornano in auge. Daniele Novara sostiene che: urla, minacce e scapaccioni, ultima spiaggia quando il bambino s’inte-stardisce. Del resto sono in tanti a pensare che alzare il volume migliori la comunicazione. Novara come sempre va al centro del problema: parte dal genitore affettuoso, confidenziale, troppo morbido, troppo servizievole e disponibile, meticoloso nei discorsi infiniti e nelle spiegazioni concettuose, quello che vuole fare al meglio ma poi si impantana nel risentimento e nelle piccole vendette o che le prova tutte per farsi obbedi-re… anche le sberle, magari per dimostrare al bambino che fanno male. Il genitore emotivo che in nome dell’affetto si lascia tiranneggiare dal bambino rischiando a sua volta di diventare un tiranno. «Il genitore che improvvisa o preferisce reagire istintivamente, piuttosto che stabilire regole chiare, divieti precisi e utilizzare una comunicazione ferma e decisa, adeguata alle capacità effettive del proprio figlio. La formula secondo cui più si parla, più si immagina di essere ascoltati - chiarisce Novara - è ingan-nevole. Fare la mossa giusta, o magari rimandarla dopo averci pensato su, vale più di tante parole. Ma anche pensare che la propria disponibilità debba essere ripagata con l’obbedienza è un equivoco serio, fonte di inutili frustrazioni che degenerano in collera, castighi e urlate. Mortificazione nei figli e sensi di colpa nei genitori. Io penso - ribadisce - che si possa fare diversamente e meglio. Senza troppe difficoltà e senza una laurea in pedagogia». Davanti a papà e mamme troppo coinvolti nel lavoro di cura, di accudimento e protezione materiale dei figli, il richiamo di Daniele Novara punta a una buona organizzazione educativa. «L’educazione è anche un fatto or-ganizzativo. Una giusta distanza emotiva che consente a bambini e ragazzi le cose semplici di cui hanno bisogno e cioè sentirsi sicuri perché i genitori ci sono davvero, regole chiare, comunicazione sobria e insieme tutta l’autonomia pos-sibile». Novara lo definisce “metodo maieutico”, contrapposto al metodo correttivo, fatto di ordini, comandi e castighi che non vanno confusi con le regole. «I bambini vogliono diventare grandi, hanno realisticamente bisogno di imparare a vivere, di muoversi molto, di apprendere ciò che non conoscono. Come possono crescere se non fanno esperienze, se gli adulti si sostituiscono a loro, li vestono, li imboccano e li servono fino a dieci anni e anche più? Se non permettono loro di mettersi alla prova? Le punizioni li mortificano, quella che alcuni pedagogisti chiamano servizievolezza li soffoca e li spegne. Le buone consuetudini invece permettono ai bambini di essere tranquilli e sapere cosa possono fare, quando e come. Il genitore maieutico aiuta il figlio a imparare dalle proprie mancanze, dà fiducia e altre possibilità, accetta che possa sbagliare senza farlo sentire sempre il solito». Il solito idiota, che se ne frega, che non ascolta mai… Insomma il genitore educativo è quello che non si abbandona alla rabbia, che non si offende e non fa ritorsioni, non fa l’amicone dando quella confidenza che è pronto a ritirare violentemente alla prima occasione, non vuole trasformare o plasmare i figli a proprio piacimento. Allenarsi quando il bambino è piccolo è un investimento per quando si avrà a che fare con l’adolescente, che vorrà giustamente prendere le distanze dai genitori. E i sistemi rigidi di controllo allora faranno acqua. «Quello è il momento delle regole negoziate, chiare e di buon senso - continua il pedagogista - di strumenti organizzativi che creano un argine di protezione all’azione dei figli lasciando loro spazi di libertà. Ma evitano

discussioni infinite, conflitti e rotture. Qui però devono entrare in azione i padri, e le mamme con la loro tendenza all’accudimento invasivo, fare un passo indietro, mantenendo il proprio ruolo di appoggio al gioco di squadra che fa fun-zionare bene le regole». È uno sforzo grande che si richiede, un percorso a ostacoli per tutti ma per tutti occasione di evoluzione. Del resto, come sosteneva Kant, è la resistenza dell’aria e non il vuoto che consente il volo.

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VOI STESSI DATE LORO DA MANGIARE Mc 6,37Eccola puntuale e squillante la campanella dell’Avvento, che apre il nuovo anno liturgico. Avvento è una parola che significa letteralmente “avvicinarsi, venire vicino”, e Colui che si fa vicino è proprio il Signore, che vuole essere presente nella nostra vita tutti giorni, facendosi dono d’amore. L’Avvento è un tempo forte, che serve a svegliare le nostre coscienze, dalle distrazioni e dai piccoli egoismi, e che orienta il nostro essere cristiani, risveglia il nostro desiderio di Dio, e suscita il nostro desiderio di abbraccio coi fratelli.Il versetto del Vangelo di Marco proposto dalla Caritas Diocesana, come tema di riflessione per l’Avvento 2014, è carico di suggestioni per la nostra comunità parrocchiale, che in questo momento esprime il profondo bisogno di sentirsi famiglia, casa per tutti. Questo bisogno è emerso negli in-contri con i volontari del Centro d’Ascolto, che segnalano la presenza di un sempre maggior nume-ro di famiglie isolate, e in precarie condizioni economiche. La proposta della Caritas Diocesana, aderisce alla campagna nazionale promossa e sostenuta da Papa Francesco “Una sola famiglia umana, cibo per tutti: è compito nostro.”, e la rende concreta, cercando di radicarla nel nostro territorio e invitando le singole comunità parrocchiali a penetrare e approfondire il loro “stile”di essere chiesa e le realtà di servizio.Le parole famiglia e’ “compito nostro”, ci portano direttamente al cuore del nostro bisogno di stare nelle relazioni coi nostri fratelli, di viverle pienamente, con un atteggiamento di attenzione, di sincera e gratuita partecipazione, specialmente nei confronti di chi si trova a vivere momenti di difficoltà e sofferenza. Il nostro amore reciproco, il servizio che ci diamo gli uni con gli altri, l’acco-glienza pronta e disponibile, incarnano di fatto l’amore del Signore e lo rendono visibile e tangibile in mezzo a noi e attorno a noi. Il versetto del Vangelo di Marco “Voi stessi date loro da mangiare” ci impegna ad azioni di condivi-sione, ad assumere la responsabilità del prenderci cura della nostra comunità e dei nostri fratelli. E’ così che la Chiesa forma “il corpo di Cristo”, immagine vivente dell’incarnazione che celebriamo a Natale. Ecco che l’Avvento diventa tempo propizio per fare “corpo fra noi e con tutti quelli che incontriamo”.

Non stanchiamoci di chiederci: “Signore cosa vuoi che io faccia?” Le opportunità sono tante per dare il nostro contributo.

Buon Avvento!

L’appello lanciato da Papa Francesco a tutta l’umanità rappresenta un impegno alla mobilitazio-ne, per rimuovere le cause della fame e le fonti di una disuguaglianza sempre più profonda, per porre un freno alle derive di un sistema finanziario fuori controllo, per rispondere alla domanda di giustizia ed alla necessità di perseguire il bene comune. Si tratta di questioni che ci interpellano direttamente in questi tempi di crisi, che sembrano aver ridisegnato anche i confini della povertà e della vulnerabilità: non sono soltanto i ‘paesi poveri’ a richiedere la nostra attenzione; i segni della deprivazione e della sofferenza sono ben presenti nel nostro mondo, assieme ai paradossali sintomi dello spreco e della dissipazione.Il tema del diritto al cibo è dunque l’elemento centrale da cui è necessario partire: rimuovere lo ‘scandalo della fame’ che ancora affligge un’ampia por-zione della popolazione del pianeta. Promuovere una prospettiva che restituisca dignità a tutta l’umanità, in equilibrio con i limiti biofisici del pianeta e nel rispetto del diritto alla vita delle generazioni che seguiranno è l’impegno cui siamo chiamati. La complessità delle cause ci sollecita ad affrontare la tematica principale del diritto al cibo in una prospettiva più ampia, attraverso i diversi elementi che la legano ai temi della buona finanza e della costruzione di un mondo di pace.

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Sacramenti a pagamento, parroco espone il tariffario. E i fedeli scrivono al Papa190 euro per il matrimonio, 90 per battesimo o funerali; questi i prezzi esposti nella chiesa di Villa di Baggio, piccolo borgo sulle colline pistoiesi. Ma lui spiega: “Sono semplici indicazioni di offerta”190 euro per il matrimonio, 90 per un battesimo o un funerale; questo il tariffario esposto sulla chiesa di Villa di Baggio, un piccolo borgo sulle colline pistoiesi. Come riporta La Nazione, l’anziano parroco, don Valerio Mazzola, si è giustificato dicendo di averlo fatto “per evitare l’imbarazzo degli accordi personali”. Secondo il parroco, infatti, il tariffario proposto era soltanto una “semplice indicazione di offerta”. “Non sono offerte obbligatorie né soldi che vanno a finire nelle mie tasche. La comunità deve capire che c’è bisogno del sostegno di tutti per mandare avanti la chiesa”, ha aggiunto. Ma questa scelta non è piaciuta a una parte dei fedeli, che hanno deciso di scrivere una lettera al Papa, lamentandosi anche del fatto che don Mazzola ha deciso di mandare i bambini in altre parrocchie per comunione e cresima, a causa della mancanza di catechisti. “Da tempo non sto bene”, ha replicato lui, “non posso seguire i bambini. Spesso mi devo assentare per recarmi a Torino, insomma non è una cosa fattibile“. Poi ha aggiunto: “Se il Papa chiamerà sarò felice di rispondere, tra l’altro a fine giugno festeggerò i miei vent’anni di sacerdozio. Mi sembra un bel regalo”.La piccola comunità di Villa di Baggio si è divisa su quanto accaduto; molti, infatti, dichiarano di non essere a conoscenza della lettera inviata al Papa e difendono l’operato di don Valerio, 72 anni, descritto come una persona gentile. “Per quanto riguarda le indicazioni di offerta per le funzioni, sinceramente pensavamo fosse stata la diocesi di Pistoia a dire al parroco cosa scrivere”. ha spiegato una parrocchiana, aggiungendo che “il parroco è un po’ assente, forse è vero, ma in fondo non ha mai fatto nulla di male”. Un altro frequentatore della chiesa ha aggiunto: “Riguardo alle tariffe dobbiamo dire che in questa zona è pratica comune. Lo fanno un po’ tutti”.

Non mancare di visitare la mostra

fotografica del “Cinquantesimo”

dal 13 dicembrenel saloncino

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«La Messa è noiosa? è un problema vostro, non della Messa».“La Messa è così noiosa”. Quante volte voi genitori l’avete sentito dire dai vostri figli la domenica mattina? Quante volte i nostri insegnanti e i nostri catechisti l’han-no sentito mentre preparavano i bambini per la Messa?E, ammettiamolo, quante volte noi stessi ce lo siamo detti? Cosa dire di fronte a una frase così infelice e quasi sacrilega? Beh, innanzitutto: “No, non è così!”. Uno può trovare la Messa noiosa, ma è un problema suo, non della Messa.Ci sono nella vita diverse attività importanti che sono “noiose”: le visite dal dentista possono essere tali; le persone che hanno malattie ai reni mi dicono che una dialisi tre volte alla settimana non è un’esperienza entusiasmante; andare a votare non è il massimo del divertimento. Tutte e tre le cose sono però importanti per il nostro stare bene e il loro valore non dipende dal grado di soddisfazione con cui le facciamo. La Messa è ancora più importante per la salute della nostra anima rispetto agli esempi citati.La noia è un nostro problema e, dicono i sociologi, lo è perché siamo ormai abituati a esperienze mordi e fuggi, a fare zapping con il telecomando quando sbadigliamo di fronte a un programma. Grazie a Dio, il valore di una persona o di un evento non dipende dal fatto che possano “annoiare” o meno, qualche volta. La gente e gli avveni-menti importanti non esistono per emozionarci, sarem-mo dei narcisi o dei ragazzini viziati se lo pensassimo!Questo è vero in particolar modo per il Santo Sacrificio della Messa. Noi crediamo che ogni Messa è il rinno-varsi dell’avvenimento più importante e decisivo che sia mai accaduto: l’eterno, infinito sacrificio di lode di Dio Figlio a Dio Padre su una croce, sul Monte Calvario, in un venerdì chiamato “santo” (in inglese “good”, buono, ndr).Pensiamoci un attimo: anche i soldati romani erano “annoiati” quando deridevano Gesù e si giocavano a dadi la sua tunica, l’unica cosa che possedeva. Secondo, non andiamo a Messa per cercare uno svago, ma per pregare. Se i fiori sull’altare sono belli, se la musica è piacevole, se l’aria condizionata funziona, se la predica è corta e significativa, se attorno ci sono volti amici… tutto questo di certo aiuta. Ma la Messa è efficace anche se tutte que-ste cose mancano (e spesso purtroppo è così!).Perché la Messa non riguarda noi, ma Dio. E il valore della Messa viene dalla nostra semplice ma profon-da convinzione, basata sulla fede, che per un’ora, la domenica, siamo parte di qualcosa che “va al di là”,

siamo innalzati verso l’eterno, siamo partecipi di un miste-ro, unendoci a Cristo nel rendimento di grazie, nell’amore, nel sacrificio di espiazione che offre eternamente al Padre. Quello che fa Gesù funziona sempre e non è mai noioso. La Messa non è un tedioso compito che assolviamo per Dio, ma un miracolo che Gesù compie con e per noi.Un signore mi ha raccontato che quando era ragazzo il cuore della settimana era per lui il pranzo di famiglia alla dome-nica. Il cibo era buono perché lo cucinava sua mamma e la tavola era felice perché suo padre era sempre presente.Anche dopo essersi sposato e aver avuto dei figli, alla dome-nica a pranzo andava con tutta la famiglia da sua madre e da suo padre. Quando i figli sono cresciuti gli hanno chiesto se era proprio “necessario” andarci, perché a volte lo trovavano “noioso”. “Sì, dobbiamo” rispondeva lui, “perché non andia-mo per il cibo, ma per l’amore, perché il papà e la mamma sono là”.Aveva le lacrime agli occhi mentre lo ricordava, perché quando i suoi genitori erano invecchiati le portate effettiva-mente non erano più così buone e la compagnia non era più così brillante. Nonostante tutto non era mai mancato una volta: quel pranzo aveva un significato speciale, anche se le lasagne erano bruciate o suo padre si addormentava a tavola.E ora, diceva, avrebbe dato qualsiasi cosa per essere ancora là, perché sua mamma era morta e suo padre era in una casa per anziani. Così adesso sono lui e sua moglie a preparare il pranzo della domenica e spera che i suoi tre bambini un giorno vi porteranno le loro mogli e i loro figli.Lo stesso vale per il pranzo della domenica della nostra famiglia spirituale: la Messa. Alcuni pensano che una partita allo Yankee Stadium sia noiosa, altri pensano lo stesso della musica country. Secondo molti l’amicizia, il volontariato, la famiglia, la lealtà e l’amore per la patria sono cose “del passato”, che non “prendono” più. Bene: sono loro ad avere un problema!E poi mi vengono a dire che la Messa è “noiosa”…

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Il padre-amico, errore madornale. “Ai nostri ragazzi diciamo no”Quando il genitore si trasforma nell’amico e nel sindacalista del figlio commette un errore mortale. Perchè alla fine il genitore, e in particolare il padre, deve fare quello che da sempre ha fatto: dare un sistema di valori, opposti al figlio, farsi la sua controparte. Favorire la sua emancipazione.Antonio Polito scrittore e giornalista, ex senatore, è da un anno finito nelle cronache dei giornali oltre che per le sue idee e i suoi scritti sulla politica, anche per le tesi sul tema genitori-figli. Espressi coraggioso e fuori dal coro, “Contro i papà” nel quale prende una vigorosa posizione che esce decisamente dalla melassa del politi-camente corretto a cui siamo inesorabilmente condannati. “noi da un lato pretendiamo dai nostri figli il meglio, ma nello stesso tempo cerchiamo di allontanare da loro ogni dovere, come se le cose, gli obbiettivi e i risultati non siano frutto di sacrifici e di impegno. Vogliamo il meglio, e questo è comprensibile, ma non vogliamo che diano il meglio. Le due cose insieme non ci possono stare.Tipico è il padre o la madre che scusano sempre il figlio che va male a scola. Per loro è sempre il professore che sbaglia. “E’ un errore classico, madornale. Se si indebolisce agli occhi del figlio la figura di riferimento che è l’insegnante, anche quando magari l’insegnante sbaglia, si mina il principio di autorità, che è alla base di qualsiasi educazione. Oggi tuo figlio starà dalla tua parte perché critichi il professore, domani sarà la tua autorità in discussione”Lei si scagli contro i padri. Ma le madri? “Non mi scaglio contro i padri. Diciamo che sono quasi nostalgico per quella figura di padri che adesso non c’è più o c’è sempre più raramente. Sono contro il papuccio, pai-no, e cose di questo genere che trasformano la figura paterna in un orsetto. Da educatori diventiamo fratelli maggiori, sindacalisti dei figli. E non va bene. Se il figlio vuol crescere deve confrontarsi con delle verità, che sono delle certezze, perché il ruolo delle’educatore è dare certezze: Se non si danno certezze, allora è un muro di gomma. Il padre deve avere un ubi consistam morale, un sistema. Poi il figlio può anche rifiutarlo ma il confronto ci deve essere.Lei che padre è stato? “Con i miei tre figli, una di diciannove due di cinque, cerco di essere quello che vor-rei che fosse un padre. Ma diciamo che è una tensione costante, poi nella pratica quotidiana non sempre ci riesco” Perché? “Ma perché la vita è fatta di pigrizia, di fretta, e a volte accetti le cose come sono, concedendo invece che pretendere. La poca disponibilità a essere padri esigenti non sarà forse figlia del senso di colpa che sono assenti per il lavoro o perché separati o divorziati? “Senza dubbio. E’ uno dei motivi fondamentali. Il senso di colpa prende soprattutto i genitori separati che cominciano a comportarsi come seconde mamme, per con-quistare il benestare dei figli che vedono raramente, perché magari la madre li aizza contro i padri, per farsi perdonare della situazione in cui scelte sbagliate li costringe a vivere.E che fanno? “Fanno regali su regali, sfuggono alle loro responsabilità. Che anche in situazioni difficili ci sono. Non è facile però “Si mi rendo conto che non è facile” Anche gli assenti per lavoro vivono la stessa situa-zione “Si anche in loro il senso di colpa domina. E cercano di consolarli col falso mito del tempo di qualità” Cioè? “Dicono che stanno poco tempo con i figli, ma siccome conta la qualità del tempo va bene lo stesso. E invece non c’è tempo di qualità superiore e uno di qualità inferiore. La qualità, nel tempo che si sta con i figli, si produce miracolosamente, quando meno te lo aspetti. Quindi è impossibile determinarla prima. La risposta vera è che bisogna stare con loro mentre fanno qualcosa, e basta”Nel corso dell’educazione, qual è secondo lei il momento della vita del figlio in cui occorre strin-gere? “Dai sei mesi in avanti. Il clima che si respira in casa è decisivo da subito. E’ sbagliato pensare che i bambini siano degli stupidi senza senso morale, con i quali occorre essere accondiscendenti. Già da subito devi aiutarli a distinguere il bene dal male, perché loro sono in grado di farlo. Poi è troppo tar-di. Se all’inizio abbiamo detto troppi si, sarà difficile passare ai no tutto in una volta”

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«Sbaglia strada la Chiesa che cerca il potere»Quando la Chiesa è umile e povera, allora “è fedele” a Cristo, altrimenti è tentata di brillare di “luce propria” anziché donare al mondo quella di Dio. Lo ha affermato Papa Francesco durante l’omelia della Messa del mattino, celebrata nella cappella di Casa Santa Marta.

Dare tanto e pubblicamente, perché c’è una ricchezza che si nutre di ostentazione e gode della vanità. E dare il poco che si ha, senza at-tirare l’attenzione se non di Dio, perché è Lui il tutto in cui si confida. Nell’episodio evangelico della vedova che sotto gli occhi di Gesù mette i suoi unici due spiccioli nel tesoro del tempio – mentre i ricchi vi avevano gettato atteggiandosi grosse cifre per loro superflue – Papa Francesco coglie due tendenze sempre presenti nella storia della Chiesa. La Chiesa tentata dalla vanità e la “Chiesa povera”, che – afferma – “non deve avere altre ricchezze che il suo Sposo”, come l’umile donna del tempio: “A me piace vedere in questa figura la Chiesa che è in certo senso un po’ vedova, perché aspetta il suo Sposo che tor-nerà… Ma ha il suo Sposo nell’Eucaristia, nella Parola di Dio, nei poveri, sì: ma aspetta che torni, no? Questo atteggiamento della Chiesa… Questa vedova non era importante, il nome di questa vedova non appariva nei giornali. Nes-suno la conosceva. Non aveva lauree… niente. Niente. Non brillava di luce propria. E’ quello che a me dice di vedere in questa donna la figura della Chiesa. La grande virtù della Chiesa dev’essere di non brillare di luce propria, ma di brillare della luce che viene dal suo Sposo. Che

viene proprio dal suo Sposo. E nei secoli, quando la Chiesa ha voluto avere luce propria, ha sbagliato”.

“È vero – riconosce Papa Francesco – che alcune volte il Signore può chiedere alla sua Chiesa di avere, di prendersi un po’ di luce propria”, ma ciò si intende, ha spiegato, che se la missione della Chiesa è di illuminare l’umanità, la luce che viene donata deve essere unicamente quella rice-vuta da Cristo in atteggiamento di umiltà: “Tutti i servizi che noi facciamo nella Chiesa sono per aiutarci in questo, a ricevere quella luce. E un servizio senza questa luce non va bene: fa che la Chiesa diventi o ricca, o potente, o che cerchi il potere, o che sbagli strada, come è accaduto tante volte nella storia e come accade nelle nostre vite, quando noi vogliamo avere un’altra luce, che non è proprio quella del Signore: una luce propria”. Quando la Chiesa “è fedele alla speranza e al suo Sposo – ripete ancora Papa Francesco – è gioiosa di ricevere la luce da Lui, di essere in questo senso ‘vedova’”, in attesa, come la luna, del “sole che ver-rà”: “Quando la Chiesa è umile, quando la Chiesa è povera, anche quando la Chiesa confessa le sue miserie – poi tutti ne abbiamo – la Chiesa è fedele. La Chiesa dice: ‘Ma, io sono oscura, ma la luce mi viene da lì!’ e questo ci fa tanto bene. Ma preghiamo questa vedova che è in Cielo, sicuro, preghiamo questa vedova che ci insegni a essere Chiesa così, gettando dalla vita tutto quello che abbiamo: niente per noi. Tutto per il Signore e per il prossimo. Umili. Senza vantarci di avere luce propria, cercando sempre la luce che viene dal Signore”.

Chiedi in

parrocchia la

“Tazza del 5°”

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Colore l’abete dell’avvento

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Il Papa: non cedere a depressione di fronte al male, ma vivere con speranzaAnche in mezzo a tante difficoltà, il cristiano non ceda alla depressione. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa San-ta Marta. Il Papa ha dunque avvertito che “corru-zione” e “distrazione” ci allontanano dall’incontro con il Signore.

Babilonia e Gerusalemme. Nella sua omelia, Fran-cesco ha preso spunto da queste due città di cui parla la Prima Lettura tratta dall’Apocalisse e il Vangelo di San Luca. Il Papa ha sottolineato che entrambe le letture attirano la nostra attenzione sulla fine di questo mondo. E per meditare, ha no-tato, ci parla del “crollo di due città che non hanno accolto il Signore, che si sono allontanate” da Lui. Il crollo di queste due città, ha precisato, “avviene per motivi differenti”. Babilonia è il “simbolo del male, del peccato” e “cade per corruzione”, si “sen-tiva padrona del mondo e di se stessa”. E quando “si accumula il peccato – ha ammonito – si perde la capacità di reagire e si incomincia a marcire”.

Così, del resto, accade anche con le “persone cor-rotte, che non hanno forza per reagire”: “Perché la corruzione ti dà qualche felicità, ti dà potere e anche ti fa sentire soddisfatto di te stesso: non la-scia spazio per il Signore, per la conversione. La città corrotta... E questa parola ‘corruzione’ oggi ci dice tanto a noi: non solo corruzione economi-ca, ma corruzione con tanti peccati diversi; corru-zione con quello spirito pagano, con quello spirito mondano. La più brutta corruzione è lo spirito di mondanità!”

Questa “cultura corrotta”, ha soggiunto, “ti fa sen-

tire come in Paradiso qui, pieno, abbondante”, ma “den-tro, quella cultura corrotta è una cultura putrefatta”. Nel simbolo di questa Babilonia, è stata la riflessione di Fran-cesco, “c’è ogni società, ogni cultura, ogni persona allon-tanata da Dio, anche allontanata dall’amore al prossimo, che finisce per marcire”. Gerusalemme, ha proseguito, “cade per un altro motivo”. Gerusalemme è la sposa del Signore, ma non si accorge delle visite dello Sposo, “ha fatto piangere il Signore”: “Babilonia cade per corruzione; Gerusalemme per distrazione, per non ricevere il Signore che viene a salvarla. Non si sentiva bisognosa di salvezza. Aveva gli scritti dei profeti, di Mosè e questo le era suf-ficiente. Ma scritti chiusi! Non lasciava posto per essere salvata: aveva la porta chiuse per il Signore! Il Signore bussava alla porta, ma non c’era disponibilità di riceverlo, di ascoltarlo, di lasciarsi salvare da Lui. E cade…”

Questi due esempi, ha osservato, “ci possono fare pensare alla nostra vita”: siamo simili alla “corrotta e sufficiente Babilonia” o alla “distratta” Gerusalemme? Tuttavia, ha tenuto a sottolineare, “il messaggio della Chiesa in que-sti giorni non finisce con la distruzione: in tutte e due i testi, c’è una promessa di speranza”. Gesù, ha affermato, ci esorta ad alzare il capo, a non lasciarsi “spaventare dai pagani”. Questi, ha detto, “hanno il loro tempo e dobbia-mo sopportarlo con pazienza, come ha sopportato il Si-gnore la sua Passione”: “Quando pensiamo alla fine, con tutti i nostri peccati, con tutta la nostra storia, pensiamo al banchetto che gratuitamente ci sarà dato e alziamo il capo. Niente depressione: speranza! Ma la realtà è brutta: ci sono tanti, tanti popoli, città e gente, tanta gente, che soffre; tante guerre, tanto odio, tanta invidia, tanta monda-nità spirituale e tanta corruzione. Sì, è vero! Tutto questo cadrà! Ma chiediamo al Signore la grazia di essere prepa-rati per il banchetto che ci aspetta, col capo sempre alto”.

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Nel mese di Gennaio conpiranno gli anni:Alfaro Lopez Vanessa 20-genAlijas Crucitti J. Miguel 16-genArapi Edisnaida 25-genBacchiani Rosa 17-genBarone Luca 13-genBartoli Martina 18-genBedogni Francesco 02-genBelardo Sara 10-genBerdoj Zalo 14-genBertacchi Leonardo 18-genBogatu Ileana 14-genBohdanov Nikita 23-genBonacini Alan 09-genBonacini Gabriele 30-genBonacini Susanna 23-genBonazzi Marco 20-genBondavalli Marco 26-genBonfiglio Nicolo’ 20-genBrighi Marco 04-genBruno Giacomo 05-genBurani Giorgia 27-genCalio’ Edoardo 10-genCaliumi G. Paolo 29-genCapponi Ivana 03-genCasula Letizia 26-genCeccardi Laura 23-genChorab Konrad Piotr 05-genCoccorullo Fulvio 10-genColotto Gianmaria 24-genConza Nicoletta 17-genCopelli Giorgia 24-genCorradini Sara 12-genCortesi Simone 18-genCozzolino Luigi 26-genCupello Alessandro 02-genDall’Aglio Mattia 14-genDe Berti Michele 27-genDell’Anno Filippo 16-genDi Salvatore Christian 19-genDi Salvatore Martina 14-genDiluise Rosi 01-genDong Jianhua 06-genEgbe Doreen Luke 12-genEsculapi Alessandra 18-genEsposito Federica 15-genFaccia Martina 20-genFantozzi Emanuele 01-genFederico Luca 16-genFerrari Alessandro 02-genFerrari Heidy Michel 23-genFerreira Vinicius 27-genFinocchio Francesca 23-genFontana Simone 09-genFranceschi Giulia 27-genFranceschi Silvia 27-genGalaverni Pietro 17-gen

Gallo Marco 22-genGashi Ilir 22-genGashi Ledri 11-genGenitoni Alice 17-genGiroldini Valentina 25-genGregov Jakov Ivo 27-genGrisi Francesco 18-genGuareschi Nicola 03-genGuareschi Silvia 25-genIannazzone Benedetta 27-genIori Roberto 21-genIori Sara 05-genIorio Giuseppe 10-genJustice Williams 02-genKalvinskaite Rasa 01-genKamel Mamdouh S. A. Abd El Salam Mohamed 27-genKhudyk Al’Ona 02-genKoci Zhylien 27-genKonya Bryan 28-genLa Costa Gabriella 29-genLevoni Luca 31-genLevoni Matteo 31-genLiaci Cosimo 24-genLiccardo Chiara 18-genLo Cicero Alessandra 05-genLodesani Elisa 14-genLuise Giovanni 05-genLumor Marcus 31-genLusetti Clizia 25-genMarconi Cecilia 10-genMarconi Riccardo 10-genMartinelli Emiliano 20-genMenozzi Federico 22-genMensah Ernest Opoku 20-genMessori Andrea 11-genMolteni Marco 11-genMontermini Nicholas 03-genMorini Elisabetta 23-genMorini Stefania 23-genNeroni Chiara 03-genNgassa Tankwa L. Zoe 19-genNzeukang N. Linda Laura 24-genObreja Marius Florin 01-genOppido Marco 05-genOrlandi Marcello 05-genOrsini Gabriele 31-genPala Alessandro 30-genPalermo Anna Elisa 17-genPararajasingam Luxgeka 06-genParmeggiani Giorgia 27-genPelati Luca 15-genPellegri Benedetta 07-genPetruzzo Andrea 07-genPezzella Anna 23-genPignedoli Stella 15-gen

Prampolini Jacopo 26-genRabja Trendelina 21-genRiccardi Ilaria 16-genRighi Gioia 20-genRivetti Simone 25-genRombaldi Federico 26-genRontani Emma 27-genRossi Giulia 25-genRugeri Daniele 08-genRuozi Maria Valeria 22-genRuozi Sebastiano 18-genSalsi Anna 02-genSassatelli Gabriele 10-genSemrov Tommaso 06-genSimonelli Massimo 10-genSoncini Anna 12-genStoleru Ana Maria 13-genSubazzoli Giulia 23-genTafuro Gaia 16-genTortini Alessandro 08-genTravaglione Ginevra 04-genTria Andrea 26-genVanacore Giada 11-genVascotto Lorenzo 26-genVecchi Chiara 14-genVecchi Ines 23-genVeronesi Samuele 11-genVezzali Roberto 06-genVezzani Monica 20-genViani Riccardo 26-genVicini Niccolo’ 22-genVillani Asia 06-genWu Duoai 20-genZaccheo Lucia 10-genZanichelli Alessandro 09-genZingali Mariachiara 09-gen

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LA CONFESSIONE

“Chi sperimenta la misericordia divina, è spinto a farsi artefice di misericordia tra gli ultimi e i poveri”. Lo ha ricordato Papa Francesco durante la Celebrazione penitenziale, in cui egli stesso - precedendo i fedeli - si è accostato ad uno dei confessionali, per ricevere il sacramento della riconciliazione:“In questi ‘fratelli più piccoli’ Gesù ci aspetta: riceviamo misericordia e diamo misericordia. Andiamogli incontro! E celebreremo la Pasqua nella gioia di Dio”.In Quaresima, ha infatti spiegato il Pontefice, “la Chiesa, a nome di Dio, rinnova l’appello alla conver-sione”. Si tratta, ha aggiunto, della “chiamata a cambiare vita”:“Convertirsi non è questione di un momento o di un periodo dell’anno, è impegno che dura tutta la vita. Chi tra di noi può presumere di non essere peccatore? Nessuno”.Rammentando l’apostolo Giovanni che invita a confessare i nostri peccati, affinché il Signore, “fedele e giusto”, ci perdoni e purifichi “da ogni iniquità”, il Pontefice ha sottolineato due “elementi essenziali” della vita cristiana: ‘rivestirci dell’uomo nuovo’ e ‘rimanere nell’amore’. L’uomo nuovo, creato secondo Dio, ha proseguito il Santo Padre, “nasce nel Battesimo, dove si riceve la vita stessa di Dio, che ci rende suoi figli e ci incorpora a Cristo e alla sua Chiesa”:“Questa vita nuova permette di guardare alla realtà con occhi diversi, senza più essere distratti dalle cose che non contano e non possono durare a lungo, dalle cose che finiscono con il tempo. Per questo siamo chiamati ad abbandonare i comportamenti del peccato e fissare lo sguardo sull’essenziale”.“L’uomo - ha aggiunto il Pontefice citando la Gaudium et spes - vale più per quello che è, che per quello che ha”: questa è la differenza “tra la vita deformata dal peccato e quella illuminata della grazia”, ha detto:“Dal cuore dell’uomo rinnovato secondo Dio provengono i comportamenti buoni: parlare sempre con verità ed evitare ogni menzogna; non rubare, ma piuttosto condividere quanto si possiede con gli altri, specialmente con chi è nel bisogno; non cedere all’ira, al rancore e alla vendetta, ma essere miti, ma-gnanimi e pronti al perdono; non cadere nella maldicenza che rovina la buona fama delle persone, ma guardare maggiormente al lato positivo di ognuno”.Il Santo Padre si è poi soffermato sul rimanere nell’amore:“L’amore di Gesù Cristo dura per sempre, non avrà mai fine perché è la vita stessa di Dio. Questo amore vince il peccato e dona la forza di rialzarsi e ricominciare, perché con il perdono il cuore si rinnova e ringiovanisce”.Il nostro Padre, ha messo in risalto Papa Francesco, “non si stanca mai di amare”; “possiamo parlare della speranza di Dio: nostro Padre ci aspetta sempre. Non solo ci lascia la porta aperta: ci aspetta”, aspetta i propri “figli”; Dio - ha detto - “non solo è all’origine dell’amore, ma in Gesù Cristo ci chiama ad imitare il suo stesso modo di amare”, ad amarci cioè “gli uni gli altri”:“Nella misura in cui i cristiani vivono questo amore, diventano nel mondo discepoli credibili di Cristo. L’amore non può sop-portare di rimanere rinchiuso in se stesso. Per sua stessa natura è aperto, si diffonde ed è fecondo, genera sempre nuovo amore”.Papa Francesco ha quindi rammentato l’iniziativa “24 ore per il Signore” in molte diocesi del mondo: a Roma, durante la notte, in tre chiese del centro storico - Sant’Agnese in Agone, Santa Maria in Trastevere e Santissime Stimmate - sono stati disponibi-li confessori per la celebrazione individuale del sacramento della penitenza, nel contesto dell’adorazione eucaristica. Le parole del Papa sono state per quei giovani che si fanno missionari “per proporre ad altri l’esperienza della riconciliazione con Dio”:“A quanti incontrerete, potrete comunicare la gioia di ricevere il perdono del Padre e di ritrovare l’amicizia piena con Lui. E dire loro che nostro Padre ci aspetta, nostro Padre ci perdona e, di più, fa festa”.