Bulletin 4/10 'Consumo'...Con App iPad del bulletin!!da scaricare!! fiat.ch * Prezzo di listino...
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La rivista del Credit Suisse dal 1895 Numero 4 Ott./Nov. 2010
ConsumoNel bel mezzo della consumistica New York, lo scrittore Colin Beavan ha cercato per dodici mesi di sopravvivere senza inquinare l’ambiente nell’ambizioso ruolo di «No Impact Man».
Madagascar Una fondazione a sostegno della foresta
Occasione persa? Le opportunità (mancate) della crisi
Shirin Ebadi A colloquio con il Nobel per la pace
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del bulletin!!da scaricare!!
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Editoriale 3
Durante un viaggio in compagnia della mia futura moglie lungo la costa orientale degli Stati Uniti, il 30 dicembre 1991 mi fermo, senza la ben che minima pretesa, in una piccola località denominata Freeport, nello Stato del Maine. Ad eccezione di un’altra coppia siamo gli unici clienti del romantico bed and breakfast dal retrogusto kitch. L’indomani, dopo una sosta alla magnifica rupe costiera, ci avviamo pigramen-te verso la cittadina. La mia compagna si blocca però già davanti alla prima idil-liaca casupola stile chalet, come rapita dall’insegna di una marca di design italiano e dalla piccola ma avvincente aggiunta «Factory Outlet». Ovviamente entriamo soltanto per dare una rapida occhiata…
È stato l’inizio di un pomeriggio all’insegna del consumismo più sfrenato. Freeport riuniva già allora decine – oggi sono oltre un centinaio – di Factory Outlet. E per noi i prezzi, considerato anche lo sconto di fine anno, erano incredibilmente vantag-giosi. Tre ore e nove Outlet più tardi è stato l’altoparlante e l’annuncio della chiusura anticipata per i festeggiamenti di San Silvestro a spingerci agli ultimi compulsivi acquisti. Un ultimo paio di jeans nella corsa verso l’uscita, un’ultimissima maglietta a soli tre dollari proprio davanti alla cassa, e finalmente la fine dell’incubo. Disincan-tati e con una malcelata sensazione di vergogna ci siamo incamminati verso casa, con almeno quattro borse per parte, e i manici fini che tagliavano impietosi i nostri palmi gelati.
Il nostro reportage da Shanghai sul consumismo dei cinesi, proposto a pagina 6, mi ricorda molto quel pomeriggio a Freeport. All’interno dei cosiddetti Super Brand Mall di Shanghai viene esposta in bella mostra l’intera gamma di beni di lusso e di consumo, rendendo più che comprensibile la bramosia dei cinesi per questo comparto. Ma forse non sono del tutto sbagliati i moniti dell’Occidente – che tuttavia si è servito per decenni a piene mani – con la messa in guardia dalla svendita delle risorse a livello mondiale e dall’enorme impatto sull’ecosistema.
Il consumo è il motore globale dell’economia e quindi una delle colonne portanti del nostro benessere. Ma ora bisogna trovare un sano equilibrio tra lo sfruttamento delle risorse naturali e il consumo sfrenato di beni. Una premessa per garantire un benessere sostenibile a un numero sempre crescente di individui.
E per concludere, una piacevole notizia pro domo: il consumo in termini di lettura legato all’app del bulletin per iPad, lanciata a inizio agosto in versione inglese, ha ampiamente superato le nostre più rosee aspettative. Nelle prime quattro setti-mane il bulletin virtuale è stato scaricato più di 20 000 volte! Di che andarne fieri.Daniel Huber, caporedattore del bulletin
KooabaKooaba riconosce le immagini di CD, libri e giornali e fornisce informazioni dal web.
Il codice QRIl codice QR per il bulletin mobile
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Il nostro know-how a portata di clic: www.credit-suisse.com/bulletin
Il «Forest Stewardship Council» (FSC) definisce con dieci principi e criteri lo standard per un’economia forestale rispettosa delle norme ambientali e sociali. Carta svizzera (Z-Offset, con il 30% di quota FSC) ottenuta da cellulosa europea, fabbricata dalla Ziegler Papier AG di Grellingen, ditta certificata secondo la norma ISO 14001.
Consumo Cosa spinge il discesista di mountain bike a scendere a capofitto lungo i pendii, il base jumper a buttarsi nel vuoto dall’alto di una roccia e l’arrampicatore free solo a scalare le pareti senza alcuna sicurezza? Il consumo di una droga legale: l’adrenalina. Su questo tema alcune immagini mozzafiato del fotografo d’azione Robert Bösch.
6 _ Cina Nei nuovi templi del consumo di Shanghai viene placata un’incommensurabile fame di lusso.
10 _ Esperimento Colin Beavan ha voluto vivere a New York per un anno intero senza gravare sull’ambiente.
14 _ Marketing Il professor Marcus Schögel parla dei clienti sempre meglio informati, dei social media e dell’iPad.
16 _ Baratto Dove il tempo e la raccolta dei rifiuti sono una moneta più efficace di quella vera e propria.
20 _ Energia Il petrolio lubrifica da oltre 100 anni gli ingranaggi dell’economia: quali saranno le alternative?
24 _ Adrenalina Immagini mozzafiato di sportivi estremi che sono sempre alla ricerca di nuove sensazioni.
Credit Suisse
31 _ Notizie dal mondo Nomine nel Consiglio direttivo del Credit Suisse
32 _ Foresta pluviale Una fondazione per i clienti sostiene un progetto del WWF in Madagascar
36 _ Festival di Salisburgo Il «Dionysos» e lo Young Singers Project in immagini
38 _ Sydney Symphony L’orchestra nazionale australiana è ora partner del Credit Suisse
39 _ Canaletto Per il prossimo viaggio a Londra tappa obbligata alla National Gallery
40 _ Notizie dalla Svizzera Informatica avanti tutta al Museo dei Trasporti di Lucerna
42 _ Estate musicale La Svizzera grande palcoscenico della musica classica internazionale
44 _ Pablo Picasso Mostra di grande spessore per il centenario del Kunsthaus di Zurigo
46 _ Capolavori della modernità Il Kunstmuseum di Winterthur ha riaperto i battenti
50 _ Audiopercorso climatico Informarsi sul clima all’aria pura di Zermatt
54 _ Disoccupazione giovanile La Fondazione Speranza è spesso l’ultimo appiglio
Economia
56 _ Sanità Uno studio tasta il polso al sistema sanitario svizzero
62 _ Barometro Il Credit Suisse e l’Osec studiano la domanda estera di prodotti svizzeri
64 _ Occasione persa? La crisi ha offerto l’opportunità di attuare cambiamenti radicali
67 _ Emerging banking Entro il 2030 si prevedono 1,2 miliardi di nuovi clienti bancari
68 _ Inflazione Quanto è grande il rischio?Con poster illustrativo
70 _ Mito o realtà? La diversificazione nel portafoglio clienti privati
72 _ Opinione dell’esperto Cercare il compromesso tra consumo e risparmio
Invest
73 _ Analisi e trend attuali
Leader
78 _ Shirin Ebadi Il premio Nobel per la pace lotta per la democrazia e i diritti umani
Informazione pratiche
49 _ Sigla editoriale
77 _ Definizioni e recensioni
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bulletin 4/10 Credit Suisse
Fotos: Muster Mustermann | Muster Mustermann
[gÚuw˘], traduzione: shopping
Credit Suisse bulletin 4 /10
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alla perfezione con i grattacieli più alti del paese, la borsa cinese, il secondo porto al mondo per dimensioni, due aeroporti, un circuito di Formula 1 e l’Expo 2010.
Chi ha successo lo ostenta
Essere agiati e fare sfoggio del proprio successo è chic, come con-ferma Jim Siano, CEO della regione Asia Pacific del marchio di lusso Montblanc: «I nostri clienti, spesso imprenditori o dirigenti, si distinguono per un’educazione e una cultura superiori alla media. Nel complesso, i consumatori cinesi si sono evoluti molto». I prezzi esor-bitanti in contrasto con la fama che la Cina si è fatta come paese conveniente non fanno demordere i clienti dagli acquisti. Al contrario: «Nell’ultimo ventennio i consumatori cinesi hanno speso gran parte del proprio reddito mensile in articoli di lusso di alta qualità, che nel paese sono estremamente apprezzati», spiega Siano. Originario di New York, il CEO è un profondo conoscitore delle abitudini dei clienti cinesi da due decenni. A colpirlo è la minuziosità con cui si preparano all’acquisto di un prodotto di marca: «I cinesi danno mol-to peso all’origine, alla marca e alla storia di un prodotto e condu- cono ricerche per scoprirne anche gli aspetti più nascosti, quali il significato del nome o i punti forti. Solo in seguito prendono una decisione di acquisto».
I ricchi diventano veri e propri Paperoni
Il numero dei cinesi che non battono ciglio davanti al prezzo di articoli di lusso quali gli orologi, le penne e gli oggetti in pelle che Montblanc distribuisce nei 95 punti vendita del paese è in costante aumento: negli ultimi anni, il 10 per cento delle economie domestiche della fascia alta ha compiuto passi da gigante. Oggi guadagna il 255 per cento in più rispetto al 2005 e genera oltre il 35 per cento del
Shanghai, domenica. Architettura avveniristica e marchi di tutto il mondo vanno a braccetto nel Super Brand Mall. Mentre altrove sul pianeta la domenica pomeriggio è consacrata alla lettura o alle passeggiate, negli eleganti centri commerciali di Shanghai ci si dà agli acquisti. Poco dopo le 13, la prima orda di clienti ha terminato il pranzo e si reca nel tempio dello shopping, dove i negozi chiudono alle 21. In Cina, gli acquisti sono un’esperienza familiare e per un folto numero di fashionisti un vero e proprio hobby riservato al fine settimana. Raramente si fa shopping (o gòuwù, come lo chiamano i cinesi) da soli: la felicità materiale viene condivisa con parenti e amici.
Si risparmia sulla verdura, ma non si bada a spese per un Nokia
Sebbene in Cina il reddito pro capite sia solo di circa 6600 dollari l’anno, anche chi non nuota nell’oro acquista prodotti di qualità. Il piacere del lusso contagia tutti i ceti sociali urbani: che un tassista si conceda un Nokia all’ultimo grido nel segmento di prezzo supe- riore, pur sbarcando il lunario con 4000 yuan al mese (più o meno 700 dollari), è all’ordine del giorno. Piuttosto, si tira la cinghia altro-ve, per esempio mercanteggiando quotidianamente sul prezzo della verdura.
Shanghai si è votata allo shopping come nessun’altra città cinese. Nella metropoli si assiste a un fenomeno che entro il 2020 si con-cretizzerà in ogni angolo del paese: il boom dei consumi. Mentre Pechino è sinonimo di lobbismo politico di stampo conservatore e Canton si è fatta un nome come capitale della produzione indu striale, Shanghai è il baluardo consumista del miracolo economico cinese. È da qui che quasi tutti i global player del commercio al dettaglio hanno alimentato la propria espansione in Cina. I marchi internazio-nali onnipresenti nella città sulle sponde dell’Huangpu si integrano
Voglia di lussoShanghai si è trasformata da tempo in un opulento paradiso per i consumatori e la Repubblica Popolare Cinese in una miniera d’oro per i marchi di lusso del mondo intero. Più attenti all’immagine e individualisti che mai, i cinesi hanno un debole per i prodotti di marca.
Testo: Martin Regnet
Foto: Jeff Wang, Red Gate International, Shanghai
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reddito complessivo dei nuclei familiari cinesi. In realtà, l’intera po-polazione se la passa meglio di qualche anno fa. Per i marchi di lus-so globali si tratta di un gruppo target che plasma in misura deter-minante il mercato mondiale dei beni di consumo pregiati. Anche Jim Siano la pensa così: «Dal 2008, il nostro negozio più grande al mon-do si trova presso il CITIC Square di Shanghai e abbiamo intenzione di triplicarne la superficie di vendita». Anche la scelta dell’ubicazione gioca un ruolo importante per i consumatori di prodotti di marca: «Il mercato cinese del lusso sarà teatro di grandi trasformazioni, la ten-denza va verso negozi molto più spaziosi presso i principali indirizzi. Prevedo un’impennata della concorrenza nel commercio al dettaglio sia tra i marchi che tra i gestori dei centri commerciali».Anche i gruppi di reddito della fascia bassa evidenziano «incre-
menti moderati» per i criteri cinesi: dal 2005, le entrate del 20 per cento in fondo alla scala sono aumentate di oltre il 50 per cento e quelle del ceto medio sono quasi raddoppiate (+98 per cento).
I piccoli imperatori forgiano i consumi
La tendenza sembra destinata a proseguire: il tasso di risparmio cinese è in picchiata. Come risulta dal Consumer Survey del Credit Suisse, se nel 2004 i consumatori mettevano ancora da parte il
26 per cento del proprio reddito, nel 2009 la quota è scesa ad ap-pena il 12 per cento.
In Cina, i consumi hanno un grande avvenire davanti a sé: per effetto della pianificazione delle nascite introdotta nel paese nel 1980, i cittadini al di sotto dei 30 anni sono quasi esclusivamente figli unici. Oltre a essere i pupilli dell’intera famiglia, i nati negli anni Ottanta e Novanta godono sempre più dell’attenzione dei produtto-ri di marca in qualità di clienti facoltosi e propensi al consumo. La generazione dei «piccoli imperatori», come viene chiamata in cinese, ha messo a segno la crescita del reddito più marcata dell’ultimo triennio e manterrà questo vantaggio anche nei prossimi tre anni.
La mobilità e l’urbanizzazione mettono le ali alla crescita
Il mercato immobiliare cinese è attualmente uno dei più effervescen-ti al mondo, soprattutto nelle città ad alto reddito come Shanghai e Pechino. L’acquisto e l’arredamento di spazi abitativi sono tra i prin-cipali catalizzatori del boom cinese. Nel Regno di Mezzo l’urbanizza-zione procede a pieno ritmo: il Credit Suisse prevede un incremento annuo dello 0,8 per cento. Se nel 2009 risiedeva nelle città già il 46 per cento della popolazione cinese, entro il 2030 la quota salirà circa al 60 per cento. La crescita interesserà in parti colar modo i
Acquisti a più non posso: in Cina lo shopping è diventato un passatempo amato da tutta la famiglia, facile preda degli onnipresenti centri commerciali, eleganti e tentacolari. L’epicentro del boom dei consumi è localizzato a Shanghai. Il numero dei cinesi che sborsa cifre da capogiro per prestigiosi prodotti di marca è in costante aumento. E quando hanno messo gli occhi su un articolo che li convince, non badano al portafoglio.
Foto: Jeff Wang, Red Gate International, Shanghai
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centri urbani di medie dimensioni della Cina centrale e occidentale. Il paese dovrà fare spazio a circa 190 milioni di nuovi inurbati, per i quali vanno predisposte abitazioni e infrastrutture. Gli analisti del Credit Suisse sono certi che i nuovi arrivati innescheranno un boom dei consumi in linea con l’obiettivo del governo di incrementare la domanda interna per ridurre la dipendenza dalle esportazioni.
I consumi cinesi continueranno ad aumentare esponenzialmente: secondo le stime di Dong Tao, economo presso il Credit Suisse, passeranno dai 1700 miliardi di dollari dello scorso anno a 15 900 mi-liardi nel 2020. Nello stesso periodo, il contributo della Cina ai con-sumi mondiali balzerà dunque dal 5,2 per cento del 2009 al 23,1 per cento e il paese raccoglierà il testimone degli Stati Uniti come prin-cipale mercato al mondo.
Audi vende più vetture nuove in Cina che in Germania
In alcuni settori tale tendenza è già in atto. In termini di pezzi vendu-ti, il mercato automobilistico cinese è per esempio già oggi il mag-giore al mondo. La quota delle economie domestiche in possesso di una vettura è più che raddoppiata dal 2004, passando dal 12 al 28 per cento, ed è destinata ad aumentare ulteriormente. In occa-sione del Consumer Survey condotto dal Credit Suisse nel 2009, circa il 35 per cento di esse ha risposto che intende «assolutamen-te» o «probabilmente» acquistare un’automobile nuova nei prossimi tre anni. Per le case automobilistiche estere, Germania in testa, la Cina è ormai diventata il mercato in crescita per antonomasia. Nei primi cinque mesi del 2010, Volkswagen Group China ha venduto circa 778 000 automezzi, battendo del 48 per cento il record del 2009, e a Foshan sono già in corso i preparativi per il 10° stabili-mento VW nel Regno di Mezzo. Nel 1° semestre 2010 Audi ha venduto in Cina circa 109 800 vetture: ben 2000 in più rispetto al mercato domestico. Nello stesso periodo, i tassi di crescita delle vendite di BMW si attestavano addirittura al 100 per cento. I produt-tori tedeschi soddisfano di buon grado richieste particolari, come per esempio un passo delle ruote notevolmente allungato che spopola tra i cinesi. Anche marchi di lusso del calibro di Porsche si orientano maggiormente ai gusti della clientela cinese: nel 2009 la Panamera ha fatto il proprio debutto al salone Auto China di Shanghai.
I marchi domestici risalgono la china
Trend simili si delineano anche nel settore dei televisori a schermo piatto e dei notebook, che negli ultimi anni hanno calamitato sempre più l’interesse dei consumatori. La chiara propensione a un maggio-re comfort emerge anche dal successo riscosso dal segmento dei prodotti costosi da 37–45 pollici.
Benché nell’ultimo biennio numerosi marchi cinesi abbiamo con-quistato la fiducia dei consumatori incrementando le quote di merca-to, la parte del leone spetta tuttora ai brand internazionali: in netto vantaggio si sono mantenuti soprattutto i prodotti tecnologicamente sofisticati e i beni di lusso. Sul fronte dei beni di consumo con un ciclo di vita breve, quali alimentari, bevande e prodotti per la cura della persona, i marchi esteri e quelli domestici sono alla pari, men-tre le aziende cinesi sono chiaramente in testa nei comparti Internet e viaggi, un risultato in parte ascrivibile alle barriere di mercato.
La ripresa presenta però anche un rovescio della medaglia: rispet-to alla clientela occidentale, i consumatori cinesi danno meno peso alla sostenibilità e alla responsabilità sociale. In quanto a efficienza energetica nella produzione, la Cina è tuttora lungi dal soddisfare gli standard internazionali e l’inquinamento delle acque e dell’aria rag-
giunge spesso valori allarmanti. La popolazione rurale, così come la Cina occidentale, nordorientale e centrale, partecipano alla crescita solo in misura limitata e anche tra le regioni emergenti la forbice del benessere presenta in parte un notevole divario.
Le ripercussioni negative non risparmiano il resto del mondo. La sete cinese di materie prime comporta già distorsioni della dinamica di mercato. Recentemente sono stati posti dei limiti all’esportazione di risorse naturali preziose, come per esempio le cosiddette terre rare estremamente importanti per l’alta tecnologia, con massicci contraccolpi in interi rami industriali. Anche sul fronte dell’emissione di gas a effetto serra la Cina si colloca ormai ai vertici della classi-fica. Infine, è ancora aperta la questione della manipolazione valu-taria grazie a cui il governo di Pechino si assicurerebbe vantaggi competitivi.
Nonostante tutto, molti produttori, investitori e lavoratori occi-dentali sperano che la corsa al consumo cinese non subisca un’im-provvisa battuta d’arresto e che le scale mobili dei templi dello shopping come il Super Brand Mall di Shanghai continuino a essere intasate da orde di clienti dalle mani bucate. Non solo la domenica pomeriggio. <
«Nell’ultimo ventennio i consumatori cinesi hanno speso gran parte del proprio reddito mensile in articoli di lusso di alta qualità.» Jim Siano, CEO Asia Pacific di Montblanc
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Foto: Mathias Hofstetter
Dalle parole ai fattiL’uomo fa man bassa delle preziose materie prime della terra e la ripaga con rifiuti e veleni. Preso dai rimorsi, lo scrittore Colin Beavan si è assunto la propria responsabilità: per dodici mesi ha tentato di vivere con la famiglia a New York rispettando l’ambiente. Un’impresa difficile, che gli ha però regalato tempo libero e felicità.
Testo: Claudia Steinberg
All’ombra di un acero a Washington Square Park, un giovane vestito di nero suona valzer di Chopin su un piccolo pianoforte, mentre la distesa melodia jazz di un sassofono si mescola alle note estatiche dello stesso piano, sul sottofondo dell’assordante traffico newyorkese. Colin Beavan è sdraiato tra studenti impegnati nella lettura e turisti in sosta sullo stesso prato che ha funto da salotto per lui e la sua famiglia nell’estate del 2007, quando assieme alla moglie Michelle, alla figlia Isabella e al terrier Frankie fuggiva quasi ogni sera dalla calura e dal buio della sua abitazione sulla Quinta Strada, dove rinunciava alla corrente elettrica e a numerosi altri prodigi della tecnica nell’ambito di un esperimento radicale. Invece di gustarsi una fetta di pizza seduto davanti al televisore nel suo appartamento climatizzato al nono piano di un elegante edificio prebellico come aveva fatto in passato, in questa memorabile estate lo scrittore organizzava picnic a base di pane fatto in casa e verdura appena colta nel suo orto di dieci metri quadrati situato in un giardino comune a poche strade di distanza, che ancora oggi condivide con alcuni agricoltori di sussistenza metropolitani. E mentre Isabella giocava con gli amici tra gli zampilli della fontana, Colin e Michelle facevano la conoscenza di altri personaggi eccentrici che avevano scelto il parco come secondo salotto, godendosi «musica dal vivo di gran lunga migliore di quella che altrove costa fior di quattrini», precisa Beavan.
Orto familiare a Manhattan invece di autoconsumo nel Montana
Prima di iniziare l’esperimento nella veste di rigoroso ambientalista all’età di 42 anni e di convincere del progetto perfino la moglie, una viziata maniaca dello shopping nata in una famiglia di milionari del Nord Dakota, Beavan era «terribilmente depresso» per l’incalzante riscaldamento globale e le sue incombenti conseguenze apocalittiche, per la guerra condotta in Iraq con deboli pretesti al solo scopo di salvaguardare il nostro stile di vita dipendente dal petrolio, per l’immensa isola di rifiuti in costante espansione nel Pacifico e per le schiere di bambini affetti da asma a causa dell’inquinamento
atmosferico nel Bronx. «Viviamo in stato di emergenza», si lamentava lo scrittore. Eppure anche lui si comportava come se nulla fosse. «Se durante una cena tieni banco elencando con rabbia i mali del mondo agli altri ospiti, ben presto nessuno ti presta più ascolto», sa per esperienza Beavan. E così un giorno ebbe l’idea di passare dalle parole ai fatti, calandosi nel ruolo di eroe della quotidianità. A differenza dei suoi idoli giovanili come Superman e l’Uomo Ragno, Beavan voleva però distinguersi in qualità di «No Impact Man», che intacca il pianeta quanto meno possibile senza peraltro rinnegare tutti i piaceri terreni: «Non sono un asceta», afferma con decisione. Se si fosse ritirato per un anno su un’isola remota o in una fattoria nel Montana, sarebbe stato tacciato di anticonformismo. Beavan voleva invece condurre a tutti i costi il suo esperimento nel cuore di Manhattan, un’isola responsabile di quasi l’1 per cento delle emissioni globali di gas a effetto serra. Oltre la metà della popolazione mondiale vive ormai in città che vantano un potenziale utopico in virtù dei loro sistemi di trasporto pubblico e della ripartizione delle risorse, e lo scrittore è riuscito a ottenere un contratto editoriale per le sue avventure da anticonsumista solitario unicamente nella capitale del commercio per antonomasia, dove le tentazioni sono in perenne agguato.
Obiettivo zero rifiuti: un’utopia
New York City produce ogni anno tre miliardi di tonnellate di rifiuti. Non stupisce dunque che il «No Impact Man» abbia deciso di avviare il suo programma ambientale in sette fasi con la totale eliminazione del pattume. Eppure, già nei primi minuti dell’esperienza a impatto zero Beavan infrange le sue stesse regole: un fazzoletto di carta quando cola il naso, un pannolino di plastica per Isabella, carta igienica... l’elenco dei peccati è ben presto completo. Vagamente consapevole della portata delle modifiche comportamentali che il nuovo regime impone, Colin comincia a raccogliere e differenziare sistematicamente i rifiuti domestici. «In fondo, anche gli >
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Senza dissimulare un sottile piacere, Michelle osserva il marito trasformarsi in una «casalinga degli anni Cinquanta» che dedica l’intera giornata alla spesa, alla cucina e al bucato. Eppure, è su sua iniziativa che il gigantesco televisore viene bandito dall’appartamento: anche lei lo ha infatti inquadrato come un «nemico in casa» che divora il tempo e induce al consumo e agli sprechi con i suoi messaggi pubblicitari. Per solidarietà, Michelle rimpiazza cosmetici profumati con bicarbonato di sodio e tollera perfino i vermi in cucina che aiutano a trasformare i residui di cibo in compost. Invece di dedicarsi allo shopping sfrenato nei grandi magazzini, esplora il proprio armadio alla ricerca di tesori dimenticati da tempo. La regola dell’impatto zero che impone di acquistare solo l’indispensabile e mai nulla di nuovo ha però un effetto inatteso su Beavan: «Anche se rinuncio agli acquisti per libera scelta, mi sembra di essere un povero, un perdente, un emarginato. Il desiderio di sentirsi parte di un gruppo è insito nella natura umana, ma dobbiamo modificare le regole di appartenenza».
Quando si tratta della propria famiglia, però, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Nell’ambito del programma a impatto zero sono
archeologi ricavano informazioni importanti sulle abitudini di vita delle civiltà scomparse dall’analisi dei rifiuti», si dice. Nel giro di quattro giorni la sua famiglia accumula circa un terzo di metro cubo di immondizia e da un attento esame risulta che non c’è traccia di bucce di patata, torsoli di mela o resti di carote. Piuttosto, i sacchi sono pieni di bicchieri di plastica e contenitori di polistirolo: residui di pasti acqui stati e consumati in fretta e furia. Beavan non riesce a capacitarsi della sua ironica scoperta: gettiamo via con noncuranza oggetti che vengono utilizzati per qualche minuto per poi restare in eterno in una discarica. O nell’oceano. Nel suo libro, recentemente tradotto anche in italiano (e naturalmente stampato su carta riciclata), l’autore cita una statistica del Worldwatch Institute secondo cui ogni anno verrebbero cestinati fino a 5000 milioni di miliardi di sacchetti di plastica. «Nessun altro prodotto esce da mercati e negozi in simili quantità», scrive. Il «No Impact Man» usa i propri sacchetti di mussola perfino per acquistare noci e muesli, non sfiora nem meno una bottiglia d’acqua, si rifiuta di bere tè alle erbe in bicchieri di plastica e resiste addirittura alla tentazione di un «Bacio» al cioccolato avvolto in carta stagnola.
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Rinuncia Consumo 13Foto: Stefan Falke
vietati tutti gli spostamenti con mezzi di trasporto motorizzati. Quando Colin disdice la visita per il Giorno del Ringraziamento, la madre sbotta: «Non capisco perché tu non possa venire in treno: parte anche senza te!». Ma il fatto che, a detta del climatologo James Hansen, le emissioni di anidride carbonica sono già ora eccessive per impedire il catastrofico riscaldamento del pianeta, infonde nel «No Impact Man» un senso di impellenza tale da impedirgli di usare anche i mezzi di trasporto verticali: nella città dei grattacieli, impensabili senza l’invenzione dell’ascensore, Beavan sale e scende le scale macinando ogni giorno centinaia di gradini, non di rado con Isabella sulle spalle. A Michelle è ufficialmente concessa un’autorizzazione speciale per il posto di lavoro, al 43° piano di un palazzo di Midtown, ma a fronte dello scandaloso 25 per cento con cui gli Stati Uniti contribuiscono alle emissioni globali di gas di scarico pur ospitando solo il 5 per cento della popolazione mondiale, anche lei rinuncia al taxi e alla metropolitana e opta per il risciò che un geniale esperto del fai da te costruisce per la famiglia con pezzi usati. Solo gli spostamenti in bicicletta appaiono a Michelle un’impresa da kamikaze e così si reca al lavoro in monopattino, lungo i marciapiedi.
Sebbene i mezzi di trasporto alimentati con il sudore della fronte consentano alla famiglia a impatto zero di ridurre drasticamente la propria «impronta del carbonio», l’amato caffè giunge immancabilmente da lontano. In media, gli ingredienti di un tipico pasto americano hanno alle spalle un tragitto di 3000 chilometri. Oltre a limitare l’origine dei loro alimenti a un raggio massimo di 400 chilometri, i Beavan consumano esclusivamente frutta e verdura di coltivazione biologica, soprattutto quando vengono a conoscenza del truculento passato dei concimi industriali: nel secondo dopoguerra, le sostanze chimiche a elevato contenuto di azoto utilizzate per la fabbricazione di bombe vennero impiegate come elementi nutritivi per il suolo e i pesticidi hanno origini altrettanto oscure. Poiché a New York non c’è alcun panificio biologico che non importi la farina da Stati lontani, Colin apprende l’arte del panettiere, un’attività meditativa a cui non potrebbe più rinunciare. Si abitua a mangiare fragole solo d’estate ed elimina la frutta tropicale dalla propria dieta. Il tè preparato con la menta fresca che coltiva sul davanzale non riesce però a sostituire l’espresso di Michelle e, dopo un po’, anche l’aceto fatto in casa con resti di frutta non regge il confronto con il balsamico italiano. Per questi piccoli peccati gli amanti della natura fanno penitenza, per esempio raccogliendo rifiuti di plastica sulle spiagge cittadine o piantando alberi.
Montagne di lenzuola da lavare a mano? No, grazie!
Come dulcis in fundo, la famiglia a impatto zero compie il passo più drastico: una sera d’estate Colin invita a casa amici che condividono le sue idee e consegna a ognuno una candela di cera d’api. Dopo un conto alla rovescia come a capodanno le luci si spengono. «È stato un momento romantico», ricorda Beavan. Per alimentare il computer e un paio di LED che gli consentano di leggere installa di nascosto sul tetto del condominio un pannello a celle solari preso in prestito. Nelle giornate bigie l’umore di Colin peggiora man mano che la luce a casa si affievolisce. «È stato un anno duro soprattutto perché abbiamo dovuto andare controcorrente», spiega. Reso celebre da un articolo apparso sul New York Times, si sente domandare da tutti qual è stata la sfida più ardua. «Indubbiamente il bucato a mano», risponde Beavan, che confessa di aver capitolato alla vista di montagne di lenzuola, asciugamani e pannolini che alla fine ha messo in lavatrice. Ha inoltre sentito la mancanza dei viaggi, dell’olio di oliva e di un computer sempre pronto all’uso. Non gli si addicono né il ruolo del martire ambientale né quello di guru ecologico, anche se nel frattempo ha fondato un’organizzazione senza scopo di lucro che insegna a vivere nel rispetto dell’ambiente (www.noimpactproject.org).
La principale lezione appresa durante l’anno trascorso all’insegna del risparmio di energia, denaro e calorie è stata tuttavia la constatazione che lo sperpero di materie prime in nome di comfort efficienti non consente di avere a disposizione più tempo libero di quando si coltiva, raccoglie e cucina il cibo con accortezza. Il tempo vola comunque quando siamo imbottigliati nel traffico o facciamo straordinari per mantenere il consueto tenore di vita urbano. La portata dell’infelicità emerge anche dalle tracce di antidepressivi riscontrate nell’acqua potabile, benché alla resa dei conti le pastiglie non sollevino il morale a nessuno. Già nelle prime settimane del suo esperimento a impatto zero, apparentemente estremo, Colin Beavan non aveva dubbi: «Ciò che la nostra società ‹usa e getta› considera normale è in realtà pura follia». <
L’orto privato come arma contro i gas a effetto serra: nell’anno del suo esperi- mento, Colin Beavan (in piedi) si è dato all’orticoltura in un giardino comune nel centro di Manhattan. Da allora prepara anche il pane in casa: un’attività meditativa a cui non potrebbe più rinunciare. A farlo capitolare è stato solo il bucato a mano.
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14 Consumo Marketing
bulletin: Detto in termini un po’ drastici, fino a dieci anni fa, per
promuovere il consumo dei loro prodotti, i direttori marketing
utilizzavano soprattutto le pubblicità sulla stampa e in televisione.
Quei bei tempi sono ormai finiti?
Marcus Schögel: Già in passato questo sistema in realtà ha funzionato solo per alcune prestazioni. Prendiamo per esempio questa gazzosa nera di Atlanta. Nel 1850 nessuno la conosceva. Quindi è stata necessaria una vasta campagna di comunicazione del tipo: caro consumatore sono qui, comprami! Oggi ovviamente questo metodo non funziona più. Il consumatore è troppo emancipato. Bisogna marcarlo più da vicino. Il 90 per cento dei nuovi beni di consumo lanciati si rivela un fallimento. Le aziende lo sanno, ma non ne parlano volentieri.
E secondo lei come deve essere un nuovo prodotto per
entrare in quel 10 per cento di eletti?
Deve essere adeguato ai modelli e alle abitudini di consumo, deve offrire al consumatore un vantaggio reale e tangibile ed essere allo stesso tempo comprensibile. Pertanto la tanto osannata innovazione è sempre un po’ ambivalente. Il consumatore vuole qualcosa di nuovo e di migliore, però desidera anche qualcosa che già conosce. È più propenso ad accettare un rasoio con nuove lame che un telo di stoffa capace di strofinare via la barba grazie alla nanotecnologia.
Quindi il cliente è un abitudinario che si spaventa di fronte alle
innovazioni assolute?
Non è così semplice. Per i consumatori più giovani l’innovazione è un qualcosa in più. Invece con quelli meno giovani la parola «nuovo» va usata con più cautela. Anche se un prodotto ha un impiego nuovo e migliore, non si dovrebbe necessariamente dichiararlo troppo apertamente.
Quanto globale può o deve essere il marketing moderno?
Sono quasi certo che il motto «think global, act local», pensa glo–balmente, agisci localmente, sia stato coniato dal marketing. Il marketing è la prima disciplina la cui esperienza si fonda sui mercati internazionali. Forse uno slogan e un unico messaggio per tutto il mondo possono funzionare per la CocaCola, tuttavia oggi persino le catene di fast food sono molto orientate alle usanze locali.
Viviamo in un’era letteralmente subissata dalle informazioni.
Rispetto a venti anni fa il consumatore è meglio, o peggio
informato?
Si parla sempre di un’informazione straripante. E in effetti il consumatore percepisce consapevolmente all’incirca solo l’1 per cento delle informazioni messe a sua disposizione. I direttori marketing dovrebbero rendersene conto. D’altronde le informazioni davvero interessanti sono poche. Basti pensare, ad esempio, al mercato dell’acqua minerale. La maggior parte degli offerenti mette in risalto la limpidezza, la purezza e la salubrità dei loro prodotti. E ben pochi di essi riescono a distinguersi diventando, per qualche motivo, più rilevanti per l’acquirente. Per converso esiste anche il problema che offrendo 16 diversi gusti di yogurt o marmellata non facciamo altro che confondergli le idee. Diverse ricerche confermano che i consumatori comprano meno se i gusti sono 16 anziché quattro. Per il semplice motivo che non si raccapezzano più. Davanti a una scelta così ampia alla fine ne comprano solo due, seguiti poi da altri due. Se invece i gusti sono quattro si diranno che li conoscono già e ne comprano un’intera scorta. Nondimeno, in alcuni casi è il consumatore a pretendere la varietà. E se si è in grado di offrirgliene una interessante, allora è giusto così.
Ma non per gli yogurt.
Raramente. Piuttosto per la frutta, il vino o i frutti di mare.Un gioielliere di Lucerna mi ha detto che alcuni turisti cinesi
a volte arrivano con delle vere e proprie liste della spesa per
l’acquisto mirato di orologi, senza chiedere la minima consulen
za. Internet è destinata a sostituire presto il venditore?
Il consumatore è più informato, su questo non ci piove. Me lo confermano anche i concessionari di automobili. Prima il cliente andava tre, quattro volte allo showroom prima di comprare. Ora di norma torna solo una volta, il che già si configura come un trend.
In che direzione va il marketing alla luce dei nuovi mass media?
Per anni e anni abbiamo tralasciato il fatto che i consumatori comunicano tra loro. È sempre stato così, solo che non ce ne siamo accorti. Oggi esistono piattaforme in cui lo fanno pubblicamente e finalmente ora ne sono consapevoli anche le aziende. Le nuove tecnologie offrono ai consumatori la possibilità di scambiare attivamente opinioni, o persino di imporre questo scambio. E in futuro questa tendenza si consoliderà ulteriormente. Allo stesso tempo sono certo che tutto questo clamore intorno ai cosiddetti social media è esagerato. Cinque anni fa tutti parlavano di community, un anno fa di marketing virale, e tra l’uno e l’altro abbiamo anche
«A mia madre ho regalato un iPad per il suo 70° compleanno»Secondo il professore di marketing Marcus Schögel i consumatori hanno sempre comunicato tra loro, eppure le aziende se ne sono accorte soltanto grazie alle piattaforme Internet. Agli elaborati documenti strategici preferisce la raccolta attiva di esperienze. Inoltre per lui una cosa è chiara: «I nuovi mezzi di comunicazione si affermano sempre più, ma non sostituiscono quelli vecchi».
Intervista: Daniel Huber
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Marketing Consumo 15Foto: Marc Wetli
di nuovo interessante grazie alle nuove possibilità offerte dal nuovo apparecchio. Anche l’iPad è in cerca del suo bacino di utilizzo. Si tratta del primo apparecchio con un impiego passivo di Internet, perché non consente di postare attivamente contenuti in rete. È usato come piattaforma passiva con cui mi posso informare. Quindi creerà forme di utilizzo del tutto nuove. Suppongo che per molti utenti diventerà un terzo apparecchio a metà strada tra laptop e smart phone. In generale penso che tutti gli acquirenti dell’iPad si stiano anch’essi interrogando sul suo impiego. Probabilmente si inserirà tra libro, giornale e computer. Questa è una collocazione sicuramente plausibile e quindi implica anche un mercato.
Come cambia il profilo professionale dell’esperto di marketing?
Deve approfondire la sua conoscenza delle nuove tecnologie. Ritengo che molti manager del marketing ancora non sappiano bene come funziona davvero Google. Molti affermano di capire Twitter. Ma credo che nemmeno Twitter conosca il proprio modello commerciale. C’è ancora un grande margine di sviluppo. <
avuto il fenomeno Second Life. I cosiddetti cicli di hype sono sempre più brevi.
Potrebbe rendere meglio il concetto?
Per dirlo in parole povere, oggi ogni settimana i piani alti delle imprese sono pervasi da una nuova idea. In fondo l’attuale discussione incentrata sui social media è la stessa di qualche anno fa, quando ci si interrogava sul senso di Internet. Il 76 per cento degli svizzeri vi accede più volte quotidianamente, pertanto si tratta senza dubbio di un mezzo di comunicazione di massa. Allo stesso tempo il confine tra mondo online e offline si assottiglia continuamente. Oggi dire che si tratta di un mondo virtuale non è più il nocciolo della questione. Internet fa sempre più parte della nostra quotidianità. È un processo strisciante. Quindi non ci sarà un’improvvisa rivoluzione virtuale.
Come devono comportarsi le aziende?
La cosa più importante è provare nuove cose, per capire come funzionano. Solo così si accumulano esperienze concrete. Con il nostro istituto lavoriamo da tempo con la BMW. Quando, quattro anni fa, tutto il mondo parlava di Second Life, la BMW è stata una delle prime aziende a parteciparvi attivamente, per poi uscirne all’apice del ciclo di hype perché si sono detti: ora abbiamo capito.
E cosa faceva la BMW su Second Life? Vendeva automobili?
Niente affatto. Particolarmente popolare è risultata una sua sala riunioni che si poteva affittare. Ma questa esperienza ha consentito alla BMW di prevedere e comprendere più facilmente cosa sarebbe accaduto dopo. Tentare di impostare ex novo una strategia su una pagina bianca è del tutto inutile.
E cosa ne sarà della normale pubblicità, come un’inserzione
sul bulletin?
Penso che in parte sopravvivrà. Una buona pubblicità su stampa è indice di qualità. Se rispecchia il gruppo target, funzionerà anche in futuro. A grandi linee sono fermamente convinto che l’avvento dei nuovi media non segnerà la scomparsa di quelli tradizionali. Continuiamo ad ascoltare la radio e nella maggior parte degli uffici c’è un fax. I nuovi mezzi di comunicazione si affermano sempre più, ma non sostituiscono quelli vecchi. Per questo motivo il budget è lo stesso, ma va destinato a un numero di voci sempre crescente. E sorge la questione su come gestirlo nel modo migliore. Allo stesso tempo prevale la convinzione che qualcosa debba cambiare.
Come influiscono sul panorama mediatico i nuovi mezzi di
comunicazione?
Naturalmente aumentando la concorrenza. Ma questo di per sé non è un male, bensì è anche fonte di opportunità. In Germania, ad esempio, nel primo trimestre del 2010 l’editore Axel Springer ha registrato il miglior risultato della sua storia. Ha saputo combinare i nuovi mass media con quelli tradizionali, in modo da evidenziare maggiormente temi a carattere regionale. Specialmente negli Stati Uniti alcuni giornali regionali hanno dimostrato come avere successo dando un taglio ancora più locale alle notizie. Per le news globali il giornale non mi serve più.
E l’iPad dove lo mettiamo? A proposito, ne ha già uno?
No, non ancora. In compenso ne ho regalato uno a mia madre per il suo 70° compleanno. Da allora usa Internet molto più spesso che con un normale computer. Sono certo che attualmente l’uso dell’iPad sia del tutto travisato. Si tratta di un apparecchio ancora alla ricerca del suo mercato. Come già accaduto con l’iPod, creerà un gruppo di consumatori del tutto nuovo. L’iPod piombò in un mercato o che non esisteva più, o che era divenuto improvvisamente
Marcus Schögel è professore presso l’Istituto di marketing dell’Università di San Gallo. Il suo campo di investigazione comprende marketing strategico, gestione della distribuzione, cooperazioni nel marketing e gestione dei trend nel marketing. Schögel ha 43 anni e ha studiato economia aziendale alla Freie Universität di Berlino. Nel 1997 ha terminato il dottorato di ricerca presso l’Università di San Gallo sul tema «sistemi multicanali nella distribuzione». È coeditore della rivista specializzata Thexis, nonché membro della direzione editoriale del Journal of Organizational Virtualness.
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Vialetti di ghiaia rastrellati a regola d’arte fanno da cornice a uno splendido stagno di carpe Koi. Uno stormo di rondini si libra in volo cinguettando. Circondato da piante di tè e bonsai potati con cura, il 92enne Ryuichi Kawai siede nel suo amato giardino, un’oasi che lo colma di orgoglio ed è la sua passione. Kawai vive da solo e non ha figli. In Europa, più che il proprietario di un eden terrestre, l’arzillo pensionato sarebbe ospite di una casa per anziani. Ma in Giappone le cose vanno diversamente. Grazie al «Fureai Kippu» (in italiano «biglietto di relazione di cura»), gli anziani possono in- fatti contare sull’assi stenza di volontari per dimorare il più a lungo possibile tra le pareti domestiche.
Il 23enne Tosho Agato è uno studente che vive nei pressi del si-gnor Kawai e lo segue diverse ore alla settimana. Oltre a curare il giardino, Agato porta all’anziano pensionato la cena e lo assiste nel-
l’igiene personale, mansioni a cui dedica ogni giorno due ore del proprio tempo che vengono accreditate sul suo conto «Fureai Kippu». In futuro, lo studente potrà scegliere di trasferire le ore accumulate ai genitori o di impiegarle per la propria quiescenza.
Un giapponese su tre sarà presto ultrasessantacinquenne
Il 15 per cento della popolazione nipponica ha già superato i 65 an-ni di età, una soglia che da qui a 40 anni verrà raggiunta da un cittadino su tre. Come nella maggior parte dei paesi europei, anche in quello del Sol levante l’aspettativa di vita è in aumento e la po-polazione invecchia. Benché in Giappone l’ideale della famiglia patriarcale che abbraccia più generazioni sia profondamente radi- cato, la tendenza verso nuclei familiari ristretti è inarrestabile. In altri termini, proprio come alle nostre latitudini, al crescente numero
Il contrappeso delle monete sociali Gli abitanti degli slum in Brasile raccolgono rifiuti da barattare con alimenti, biglietti dell’autobus o quaderni scolastici. Gli studenti giapponesi prestano assistenza agli anziani in cambio di tempo da accumulare per la propria pensione. Le monete «sociali» quali il tempo rappresentano una valida alternativa per regolare aspetti che il denaro non può più comperare e un intelligente complemento della moneta sonante.
Testo: Hannes Hug
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nazioni. Come unità di misura che esprime il rapporto proporzionale tra l’atto di dare e ricevere un bene o servizio, il denaro era invece già diffuso nella Cina di 3500 anni fa e solitamente consisteva in conchiglie cauri, perle o pietre. Un millennio più tardi, Creso inventò il denaro sotto forma di monete. L’antico sovrano dell’Asia minore, l’attuale Turchia, utilizzò l’oro estratto dal fiume Pattolo per coniare monete su cui impresse il proprio sigillo, raffigurante un toro e un leone, con l’intento di fare sfoggio di ricchezza agli occhi degli altri regnanti dell’epoca. Sin dalla notte dei tempi, il potere legato al denaro non è solo una questione di quantità, bensì anche di estetica e fattezze. Gli antichi egizi introdussero il primo sistema valutario duale: le transazioni commerciali a distanza venivano condotte in oro e altri metalli preziosi, mentre gli affari locali in frumento. A diffe-renza dell’oro, di valore imperituro, il frumento è infatti facilmente deperibile e pertanto inadatto a lunghi viaggi via mare. Il commercio locale venne inoltre integrato da un’altra novità. Per prolungare la durata di conservazione del frumento, lo si immagazzinava in depo-siti freschi. La prova del possesso era fornita da cocci di argilla, utilizzati come valuta locale a titolo rappresentativo del cereale. L’in-terazione di oro e argilla (o, più precisamente, frumento), dimostra il fascino esercitato dall’idea di una moneta complementare.
Poiché il denaro non è null’altro se non l’accordo preso da una società in merito all’impiego di qualcosa come mezzo di scambio, non deve consistere necessariamente in monete o banconote. Il denaro è espressione di un rapporto tra individui, ha carattere nor-mativo e forgia dunque la nostra cultura. È vero che il commercio mondiale è disciplinato dal denaro in forma di cartamoneta o metal-lo – tanto che l’espressione moneta «pesante» calza a pennello –, ma come la mettiamo con gli aspetti dovuti al fatto che le azioni umane non sono semplicemente riconducibili alla dinamica della domanda e dell’offerta? Bernard A. Lietaer, già direttore della
di individui che per far fronte alla vita di tutti i giorni dipendono in una certa misura dall’aiuto o dall’assistenza altrui si contrappone la scarsa reperibilità di persone in grado di fornire tali servizi, vuoi per-ché devono guadagnarsi da vivere per salvaguardare il «cash flow» della società nel suo complesso, vuoi perché la convivenza sotto forma di grandi famiglie o clan appartiene al passato.
È vero che le assicurazioni si fanno carico delle prestazioni sani-tarie più impellenti, ma si guardano bene dall’addurre il fattore temporale come argomento di vendita vincente. La dicotomia tra desideri e realtà è il pane quotidiano di Tsutomu Hotta, un giurista in pensione che 15 anni fa ha costituito la Fondazione Sawayaka, artefice del «Fureai Kippu». Oggi, la moneta alternativa viene utiliz-zata da circa cento servizi locali nipponici che colmano le lacune dell’offerta dei badanti di professione: disponibilità di tempo, presen-za, ascolto.
Diversi aspetti depongono a favore di questa brillante soluzione. Oltre a non essere più costretti a rivolgersi a un istituto di assisten-za alla comparsa dei primi segni di vecchiaia – un fattore tutt’altro che sottovalutabile per l’economia nazionale –, gli anziani possono trascorrere la terza età in un ambiente loro familiare, mantenendo la propria indipendenza e dignità anche se non dispongono dei mezzi necessari per eliminare le barriere architettoniche. Inoltre, il «Fureai Kippu» funge da elemento di coesione tra le generazioni, rafforza lo spirito di collettività e fa opera di sensibilizzazione sul rap-porto tra dare e ricevere, lo scambio alla base di qualsiasi relazione commerciale.
Dalle conchiglie alle monete
Il denaro inteso come moneta nazionale è una conquista relativa-mente recente. Le valute vennero infatti introdotte sul finire del XIX secolo per sottolineare il carattere e l’identità delle nascenti
BIGLIETTOAUTOBUS
18 Consumo Senza contanti
Foto: Maria Terezinha Vaz
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Riciclaggio «made in Brazil»: dove i camion della nettezza urbana non riescono a farsi strada, vengono in aiuto con i loro tipici carri i carrinheiros, cenciaioli che rimuovono cartone e rifiuti. A Curitiba la spazzatura favorisce il benessere: migliaia di bambini raccolgono e differenziano i rifiuti, che possono barattare con biglietti dell’autobus, quaderni o alimenti.
banca centrale del Belgio e architetto dell’ECU (il predecessore dell’euro), è convinto che per far fronte alle sfide future – mutamen-ti demografici, scarsità di risorse ed evoluzione verso un mondo multipolare – sia necessario un modello impostato su un’ottica di respiro tale da non poter essere semplicemente disciplinato dal con-sueto flusso di liquidità.A tale proposito, Lietaer parla di monete «Yin e Yang». Queste
ultime sono le monete nazionali, tra cui il dollaro funge da valuta di riferimento. La moneta «Yin» incarna invece il baratto, che disciplina la convivenza umana in veste di valuta dalla matrice «sociale». Un valido esempio del modo in cui individui socialmente svantaggiati e pressoché privi di prospettive di una vita migliore partecipano a un’economia prospera grazie a una moneta «Yin» reca il nome di «Curitiba».
Curitiba: la quarta dimensione del riciclaggio
Curitiba è la settima città del Brasile per dimensioni. Ubicata nel sud del paese, la metropoli si fregia oggi della medaglia di bronzo tra i quindici nuclei urbani più ecologici al mondo: un traguardo ascrivibi-le in larga misura all’ex sindaco Jaime Lerner.
Nell’arco di tre mandati improntati a una pianificazione urbana all’insegna della sostenibilità architetturale, infrastrutturale e cultu-rale e conclusisi nei primi anni Novanta del secolo scorso, Lerner ha arginato il problema dello smaltimento dei rifiuti nelle favela. Co-me in tutti i paesi emergenti, anche in Brasile l’urbanizzazione è alimentata dalla ricerca di lavoro nelle città e Curitiba, con circa 3,5 milioni di abitanti, non fa eccezione. Ai margini della metropoli proliferano così favela costituite da abitazioni improvvisate, prive di qualsivoglia logica architettonica. Nelle baraccopoli dall’organizza-zione caotica, Jaime Lerner si è visto alle prese con montagne di rifiuti che mettevano in serio pericolo la salute degli abitanti, già in condizioni di indigenza. I camion della nettezza urbana non riusciva-
no a farsi strada lungo i sentieri in terra battuta degli slum e manca-vano i fondi per abbattere le baracche e costruire nuove strade.
L’ingegnoso sindaco ha escogitato un sistema semplice ma ge-niale: ai margini degli agglomerati ha fatto posizionare container contrassegnati da colori diversi per la differenziazione dei rifiuti. Chi vi riponeva una borsa con pattume differenziato riceveva in compen-so un biglietto dell’autobus, che a sua volta poteva essere barattato con quaderni scolastici o generi alimentari. Ben presto, migliaia di bambini hanno raccolto i rifiuti, contribuendo così alla pulizia del quartiere.
La moneta complementare rafforza l’autostima
Nel giro di un anno, 11 000 tonnellate di rifiuti sono state barattate con un milione di biglietti dell’autobus e 1200 tonnellate di alimenti. Oggi, il reddito medio degli abitanti di Curitiba corrisponde a circa il triplo di quello del resto del paese. L’esempio dimostra come gli individui privi di contanti possano partecipare all’attività economica e migliorare le proprie condizioni di vita grazie all’introduzione di una moneta locale. All’interno di questa microeconomia, molti di essi sono passati dal ruolo di accattoni a quello di cittadini attivi. In quest’ottica, l’introduzione di una moneta complementare non è solo un inserimento nella regolare circolazione di denaro o un progetto caritativo dai nobili propositi, bensì crea prospettive concrete e raf-forza l’autostima degli abitanti delle favela, letteralmente relegati ai margini della società. Nelle regioni strutturalmente deboli, le valute complementari creano nuove prospettive e impediscono il deflusso del valore generato a livello locale.
I sistemi monetari alternativi si presentano nelle forme più dispa-rate. A volte di matrice ideologica, a volte di natura pragmatica, costituiscono sempre un’integrazione del regolare flusso di liquidità, mirano a disinnescare i conflitti sociali e offrono un’alternativa a chi non è in grado di partecipare al normale flusso di denaro. <
Albert Einstein ha lasciato al mondo la teoria della
relatività. Anche se non siete né fisici né Premi Nobel,
potete fare qualcosa per le generazioni future. Con
un testamento o un legato a favore dell’UNICEF,
contribuite a gettare le basi di un mondo migliore
per i bambini. Per maggiori informazioni:
UNICEF Svizzera, Baumackerstrasse 24, 8050 Zurigo,
telefono +41 (0) 44 317 22 66, www.unicef.ch
UNICEF Einstein_i_CS-Bulletin:Layout 1 01.06.10 14:34 Seite 1
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Energia Consumo 21Foto: Mathias Hofstetter
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All’inizio fu il fuoco. L’uomo riuscì a domarlo e sfruttarlo a proprio vantaggio, distinguendosi così dagli animali e imboccando la strada di un’evoluzione inarrestabile. Attorno al fuoco si rincorrono innume-revoli saghe e leggende. Dalla mitologia greca conosciamo Pro- meteo: aveva ingannato Zeus, che per vendetta decise di togliere il fuoco agli uomini sulla terra. Prometeo accese tuttavia una tor- cia dal carro di Elio, tornò sulla terra e appiccò il fuoco a una catasta di legna.A prescindere da come il fuoco abbia fatto la propria comparsa
sulla terra (probabilmente grazie a un fulmine), senza questa fonte di calore i nostri antenati sarebbero forse rimasti confinati nelle «zone calde» della terra, senza la possibilità di colonizzare le aree più settentrionali. E anche la fusione dei metalli o la cottura dell’argilla non sarebbero state possibili.
Avanti a tutto vapore
Già nel 100 a.C. il fisico greco Erone di Alessandria descriveva l’uso del vapore come forza propulsiva. Ma il passo decisivo fu compiuto dall’ingegnere scozzese James Watt, che era riuscito a migliorare una macchina a vapore dell’inventore inglese Thomas Newcomen, facendola brevettare nel 1769. La produzione in serie delle macchi-ne a vapore segnava così l’inizio dell’era industriale. Con l’impiego
della forza vapore era stato possibile costruire le prime locomotive, che a loro volta avevano rivoluzionato dalle fondamenta il sistema dei trasporti e influenzato in misura decisiva l’intera economia.
Il petrolio lubrifica gli ingranaggi dell’economia
L’industrializzazione ha trasformato il petrolio in una delle principali fonti di energia della nostra civilizzazione, rendendolo di fatto impre-scindibile. La prima raffineria di greggio aprì i battenti già nel 1859, quando l’americano Edwin Drake iniziò a estrarre grandi quantità di «oro nero». Con l’introduzione della luce elettrica il petrolio sembrò perdere attrattiva, ma fu soltanto un calo passeggero, ben presto arrestato dalla diffusione delle automobili e dalla conseguente forte richiesta di benzina. Oggi, ben un terzo del fabbisogno mondiale di energia è coperto da questa fonte. Ma anche se il petrolio è molto comodo e di facile impiego per fare il pieno o riscaldare, il trasporto fino al consumatore finale non è privo di problemi, come appare evi-dente ogni volta che l’incidente di una petroliera finisce sulle prime pagine dei giornali.
Il lato oscuro dell’oro nero
Una delle maggiori catastrofi ambientali causate da una petroliera in Europa si è verificata il 12 dicembre 1999, quando durante una
Testo: Andreas Walker
Fame di energiaLa fame di energia è sempre stata una costante nella storia dell’uomo. Nel corso dei secoli sono state create e utilizzate nuove forme di energia, con conseguenze dirompenti sullo sviluppo di tutto il genere umano e della società.
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tempesta la nave monochiglia «Erika» battente bandiera maltese e con a bordo 30 000 tonnellate di olio combustibile pesante si spez-zò in due al largo delle coste bretoni; furono contaminati 400 chilo-metri di costa e nelle chiazze di petrolio morirono circa 75 000 uc-celli marini.
Ma il 20 aprile 2010 il mondo ha scoperto che il naufragio di una petroliera non è il peggio che possa capitare: a seguito di una fuoriuscita incontrollata di greggio, quel giorno è infatti esplosa e poi affondata la piattaforma Deepwater Horizon. Il conseguente inquinamento delle acque del Golfo del Messico a causa della fuo-riuscita di petrolio a 1500 metri di profondità ha provocato la peg-gior catastrofe ambientale di questo tipo negli Stati Uniti. Secondo stime attendibili, soltanto nei primi tre mesi dopo l’evento si sareb-bero riversati in mare quasi dieci milioni di litri di petrolio.
Ma per quanto enorme possa apparire un simile inquinamento, tale quantità di greggio risulta pari al fabbisogno mondiale di appena un’ora. Anche se questa tragedia è stata per mesi al centro del-l’attenzione mediatica, sarebbe un errore credere che nel mare finiscano grandi quantità di greggio soltanto in occasione di simili incidenti spettacolari: sommate assieme, le perdite di petrolio da impianti di trivellazione vetusti e falle di oleodotti in tutto il mondo assumono proporzioni enormi.Un capitolo molto triste a tale riguardo è rappresentato dalle per-
forazioni sul delta del Niger. Da 50 anni varie compagnie estere estraggono il petrolio nigeriano, particolarmente facile da raffinare. Gli esperti stimano che fino ad oggi circa due miliardi di litri di greg-gio si siano riversati nel fiume, con un inquinamento pari ogni anno a quello causato dal naufragio della petroliera «Exxon Valdez». In tale occasione, nel 1989 la fuoriuscita di 40 000 tonnellate di petro-lio aveva compromesso 2000 chilometri di coste di una regione in-contaminata dell’Alaska.
La forza dell’acqua
Insieme al vento, l’acqua è una delle fonti di energia più vecchie. Già in Grecia e Roma antiche venivano infatti impiegate ruote ad acqua per macinare la farina. Nel Medioevo erano diffuse grandi ruote ad acqua in legno per far funzionare macchine utilizzate in miniere, fucine di fabbri, segherie e officine di levigazione dei materiali o di lavorazione dei tessuti. L’energia idrica ha svolto un ruolo determi-nante nello sviluppo delle prime città industrializzate in Europa e negli Stati Uniti: le prime centrali idroelettriche furono costruite nel 1880 nella regione inglese del Northumberland. E nonostante costanti perfezionamenti, fino ad oggi la tecnologia dei grandi impianti di questo tipo non è sostanzialmente cambiata: la genera-zione di elettricità si basa infatti tutt’oggi su diverse tipologie di tur-bine e generatori. A livello mondiale, circa un quarto dell’energia complessiva è prodotta con risorse idriche, che peraltro sono pulite e naturali. Ma la fame di energia spinge alla costruzione di laghi artificiali sempre più grandi e centrali sempre più potenti, una circo-stanza non sempre priva di conseguenze.Anche se oggi si sa molto di più sulle conseguenze comportate
dalle grandi dighe, vengono realizzate nuove opere di dimensioni faraoniche. Ad esempio, la diga delle Tre Gole in Cina è uno degli invasi artificiali più grandi al mondo. Iniziato il 14 dicembre 1994, questo progetto di sbarramento del Fiume Azzurro ha occupato fino a 18 000 lavoratori e si è concluso il 20 maggio 2006. È stato così realizzato un enorme bacino nell’area delle tre gole Qutang, Wuxia e Xiling. Con i suoi 6380 chilometri, il Fiume Azzurro è il corso d’ac-
321 000 terawattore
nel 2060
160 500terawattore
nel 2030
107 000 terawattorenel 2010
Un mondo energivoroIl fabbisogno di energia a livello mondiale è destinato
a triplicare entro il 2060. A essere particolarmente affamati di energia sono soprattutto i paesi emergenti e in via
di sviluppo, che stanno portando il proprio standard di vita sui livelli delle nazioni industrializzate.
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qua più lungo della Cina e il terzo al mondo. La costruzione di questa gigantesca diga ha imposto la cancellazione di intere città, innume-revoli paesi e fabbriche, tutti sommersi dalle acque, con la conse-guente necessità di trasferire quasi due milioni di persone.
Energia dal cuore della materia
Dagli anni Sessanta dello scorso secolo, le centrali atomiche hanno iniziato ad assumere un ruolo sempre più importante nella produzio-ne di energia. La fissione dell’atomo fu scoperta nel 1938 dai chi-mici tedeschi Otto Hahn e Friedrich Wilhelm Strassmann. L’energia termica che si libera da questo processo viene poi convertita in ener-gia elettrica mediante turbine e un generatore.
La materia prima della fissione è l’uranio, un metallo pesante che viene concentrato nelle barre di combustibile. Un chilogrammo di uranio è sufficiente per la produzione di 350 000 kWh, mentre con un chilogrammo di petrolio vengono generati soltanto 12 kWh di elettricità. L’atomo incide per circa il 16 per cento sulla produzione di energia elettrica a livello mondiale, il 23 per cento in Germania e il 39 per cento in Svizzera.
Mentre agli inizi dell’era atomica una centrale era ritenuta puli- ta, efficiente e conveniente, questa fiducia fu profondamente scos-sa dopo il terribile incidente di Cernobyl il 26 aprile 1986, quando circa 600 000 persone vennero esposte a una forte conta mina-zione radioattiva. Il numero esatto di decessi non è ancora definiti-vamente noto, ma si ritiene ammonti a diverse migliaia. Un ulteriore notevole problema comportato dalle centrali atomiche è costituito dallo stoccaggio delle scorie radioattive, che restano pericolose praticamente in eterno se raffrontate alla durata della vita umana. Ad esempio, il plutonio ha un tempo di decadimento di 24 110 anni, ovvero impiega tutto questo tempo per perdere la metà della pro- pria radioattività.
Sulle ali del vento
Senza la forza del vento che sospingeva le vele delle caravelle, forse l’America sarebbe stata scoperta molto più tardi. Già nell’Alto Medioevo l’energia eolica era utilizzata nei mulini a vento, soprat- tutto per la macinatura dei cereali. Mentre le vecchie costruzioni erano torri tozze e piccole con pale di tela, i moderni impianti eolici hanno sostegni alti e snelli con rotori a tre pale. Questo sistema consente di convertire l’energia cinetica del vento in energia di rotazione, che a sua volta produce elettricità attraverso un gene-ratore.
Nel solo 2009 sono stati installati a livello globale nuovi parchi eolici per una potenza complessiva di 37 466 megawatt (MW), di cui 13 000 MW in Cina, 9922 MW negli Stati Uniti, 2459 MW in Spagna, 1917 MW in Germania e 1271 MW in India. A fine 2009 risultavano installati in tutto il mondo impianti per oltre 150 000 MW.
La fame di energia continua a crescere
Il fabbisogno mondiale di energia è attualmente pari a circa 107 000 terawattore (un terawatt = mille miliardi di watt) all’anno, con tendenza in ulteriore forte crescita. Gli esperti stimano che entro il 2030 il consumo mondiale annuo salirà a circa 160 500 tera-wattore, con un raddoppio a 321 000 entro il 2060. Il motivo princi-pale alla base di questo trend è da ricercarsi nei paesi emergenti e in via di sviluppo, che entro tale data avranno avvicinato di molto il proprio stile di vita a quello delle nazioni occidentali industrializzate. Secondo i più recenti dati dell’Agenzia Internazionale per l’Energia
(AIE), nel 2009 il consumo della Cina è stato già superiore del 4 per cento rispetto agli Stati Uniti.Dall’inizio dell’era industriale, l’uomo ha incentrato gran parte
della propria economia sullo sfruttamento delle fonti energetiche fossili. Gli esperti prevedono che, in base ai dati oggi disponibili, le riserve note di petrolio saranno sufficienti ancora per circa 40 anni, quelle di uranio per 50 anni, quelle di gas naturale per circa 60 anni e quelle di carbone per circa 220 anni.
Trasformazioni radicali in vista
L’approvvigionamento energetico del pianeta si trova a un punto di svolta. Nuove scoperte e progressi tecnologici possono indurre cambiamenti mirati, ma è altresì probabile uno scenario in cui gli stravolgimenti climatici e la forte crescita della popolazione, con la conseguente fame di energia, indurranno un ripensamento radicale dei comportamenti. Dal punto di vista odierno sembrano delinearsi soprattutto due tendenze: da un lato i risparmi energetici e una mag-giore efficienza di impiego, dall’altro lo sfruttamento di fonti alter-native di energia come quella solare.
Il contributo alla produzione mondiale di elettricità da parte dei sistemi fotovoltaici è ancora inferiore all’1 per cento, ma con tassi di crescita esponenziali. Dal 1988, la potenza degli impianti fotovol-taici di nuova realizzazione è cresciuta del 35 per cento ogni anno. Soltanto nel 2009 sono stati installati in tutto il mondo nuovi impian-ti con una potenza di circa 5000 megawatt.Viene tuttavia da chiedersi se una crescita costante dei consumi
energetici sia davvero auspicabile, perché in questo modo si va a incidere in modo sempre più profondo sui sistemi ecologici. <
Il base jumper Marco Büchel si lancia nel vuoto dal «fungo» della parete nord dell’Eiger.
Robert Bösch è fotografo freelance da oltre un ventennio e coltiva una particolare passione: immortalare le gesta
degli atleti di sport estremo. Con la sua macchina fotografica cattura dei momenti che ai più fanno salire il livello di adrenalina nelle vene già al solo sguardo. Fatto che non sorprende, visto che per anni ha vissuto l’alpinismo e l’arrampicata in un rapporto di stretta dipendenza. Oltre alla fotografia, la sua grande passione sono le montagne, dove il geografo e guida alpina va alla costante ricerca di situazioni estreme per scattare un’immagine mozzafiato. Per un mandato cinefotografico ha scalato il Monte Everest e negli ultimi anni ha documentato molti tour estremi dello scalatore Ueli Steck. Oltre a ciò, Bösch svolge mandati per il settore industriale e quello pubblicitario. Ha realizzato vari volumi illustrati e mostre in gallerie e musei. Inoltre si dedica sempre più spesso alla fotografia paesaggistica e artistica.
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Evento di beneficenza a Zurigo
Match for Africa
Non soltanto rivali sul campo. Roger Federer e Rafael Nadal, oltre a contendersi la vittoria nei tornei di tennis e la cima delle classifiche, sono anche amici in nome di un obiettivo condiviso: aiutare i bambini meno fortunati. Il prossimo 21 di-cembre, all’Hallenstadion di Zurigo, si sfideranno in una partita-evento i cui proventi andranno alla Roger Federer Foundation, impegnata a portare istruzione, sport e gioco all’infanzia in Africa.
www.credit-suisse.com/rogerfederer
Aiuti per la catastrofe
Tragica alluvione in Pakistan
Quest’anno le piogge monsoniche hanno scatenato violente inondazioni in Pakistan, dove è stato sommer- so circa un quarto del territorio. Si
stima che il disastro abbia colpito 20 milioni di persone, di cui sei mi-lioni sono rimasti senza un tetto. A fronte del disastro, il Credit Suisse ha stanziato un contributo immedia-to di 250 000 franchi e attivato al-tresì una raccolta fondi fra i propri collaboratori di tutto il mondo, la cui generosità ha fruttato complessi-vamente oltre 600 000 franchi. Il fondo di aiuto in caso di catastrofi istituito dalla Credit Suisse Foun-dation ha provveduto a raddoppiare la cifra raccolta, permettendo di donare una somma di oltre due mi-
lioni di franchi svizzeri. I fondi, devo-luti alla Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Internazionale, consentiranno la fornitura di aiuti immediati alla popolazione pachistana, ivi compre-si assistenza medica, alloggi e ac-qua potabile.
Nomine nel Consiglio direttivo
Eric Varvel nuovo CEO dell’Investment Banking
Dal 1° ottobre David Mathers, al Credit Suisse dal 1998, riveste la carica di Chief Financial Officer (CFO) di Credit Suisse Group AG; Renato Fassbind resterà al ser vizio della banca in qualità di Senior Ad-visor. Pure a inizio ottobre ha avuto luogo un cambiamento ai vertici della regione Asia-Pacifico: Osama Abbasi è il nuovo CEO in sostituzio-ne di Kai Nargolwala, che ricoprirà il ruolo di Chairman. Già da inizio luglio Eric Varvel ha assunto la direzione del l’Investment Banking, preceden-temente assegnatagli ad interim; Paul Calello lo affianca in veste di Chair man Investment Banking. Re-stano alla guida del Private Banking e dell’Asset Management rispetti-vamente Walter Berchtold e Robert Shafir. Quest’ultimo sarà coadiuvato da Antonio Quintella nel ruolo di CEO per le Americhe. A subentrare a Eric Varvel per la carica di CEO per Europa, Medio Oriente e Africa sarà Fawzi Kyriakos-Saad.
Certificazioni per i consulenti
Perfezionamento mirato
Anche nel settore bancario, l’ele-mento chiave per distinguersi nella giungla della concorrenza globale è la competenza dei collaboratori. E ciò è particolarmente vero per i 4000 consulenti Private Banking del Credit Suisse, che entro la fine del 2012 dovranno completare l’im pe-gnativo programma di aggiornamen-to FLT (Front Line Training) e con-seguire la relativa certificazione. La fase pilota del progetto si è con-clusa a Singapore a fine agosto con la consegna dei primi 30 diplomi.
Come risparmiare energia
Un impegno condiviso per l’ambiente
Dall’estate appena trascorsa il bilancio del Credit Suisse in termini di effetto serra è neutro a livello globale. Poiché l’attuazione ottima-le delle misure utili a raggiungere tale obiettivo implica la partecipa-zione attiva dei collaboratori, proprio la sensibilizzazione di questi ultimi è stata un aspetto importante del-
l’iniziativa lanciata nel 2007 con lo slogan «Credit Suisse Cares for Climate». A fine giugno, ad esem-pio, si è svolto a Zurigo un dibattito con esperti esterni ed interni al-l’azienda, tra cui Thomas Vellacott, direttore del WWF Svizzera. Ai col-laboratori sono stati presentati con un nuovo strumento informativo alcuni semplici consigli per rispar-miare quotidianamente energia senza grandi sacrifici, sia sul posto di lavoro che nella vita privata.
www.credit-suisse.com/responsibility
Sin dal 1986, grazie al sostegno del Credit Suisse, giovani musicisti di talento provenienti da tutto il mondo hanno la possibilità di suonare a Davos. Il concerto di apertura del 25° Festival di Davos ha visto esibirsi Martin Helmchen al pianoforte, Antoine Tamestit alla viola e Nicolas Altstaedt al violoncello. Si tratta dei tre ultimi vincitori del Credit Suisse Young Artist Award, splendidamente accompagnati dal violinista Daishin Kashimoto.
Testi: Mandana Razavi, Stefanie Schmid, Andreas Schiendorfer
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Salvaguardare la foresta pluviale è un’esigenza impellente
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Due terzi di tutte le specie di animali e di piante vivono nelle foreste. Il processo di deforestazione globale minaccia quindi l’esistenza di fauna e flora e ovviamente anche dell’uomo, in quanto noi tutti dipendiamo dal polmone verde della terra. La fondazione di pubblica utilità Symphasis sostiene la conservazione della foresta pluviale in Madagascar.
Strano a dirsi, ma la scienza ne sa di più sul numero di stelle nella nostra galassia che su quello delle specie animali e vegetali sulla terra. Finora le specie classificate sono circa 1,7 milioni, ma le stime indicano un numero compreso tra 8 e 15 milioni. Ad oggi soltanto i mammiferi, le piante ad alto fusto e gli uccelli sono stati studiati in modo relativamente approfondito. Anche l’Anno della Biodiversità indetto dall’ONU non ha portato cambiamenti sostanziali, pur destando una maggiore sensibilità verso questo tema, di concerto con il dibattito sul riscaldamento globale. È infatti innegabile che i danni ambientali prodotti nella nostra epoca stanno spingendo un numero record di specie animali e vegetali sul baratro dell’estinzione. E la responsabilità per questa devastazione è imputabile in primis all’uomo.
Per secoli, sia il disboscamento volto a estendere le superfici coltivabili sia lo sfruttamento dei prodotti silvicoli hanno rappresentato componenti fondamentali dello sviluppo economico e sociale. Ma negli ultimi anni questo equilibrio è stato completamente sconvolto. Ad esempio, tra il 1990 e il 2006 l’Indonesia ha perso un quarto delle sue superfici boschive; in Madagascar, la quarta isola al mondo, oggi è rimasto intatto solo il 10 per cento della foresta pluviale originale. In questo modo, non solo si perde lo spazio vitale per piante e animali, e non solo il polmone verde del mondo è sempre più in affanno: soltanto a seguito degli in cendi per dissodamento del terreno vengono infatti generate ogni anno circa 1,5 milioni di tonnellate di CO2, pari a circa un quinto delle emissioni serra prodotte dall’uomo. Ogni giorno, il disboscamento globale pro duce emissioni di CO2 pari a quelle di migliaia di trasvolate oceaniche da Londra a New York.
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«Se guardiamo alla cartina degli hotspot di biodiversità presenti nel mondo intero, appare evidente che questi si trovano soprattutto nei paesi emergenti e in via di sviluppo. Ed è qui che dobbiamo assolutamente concentrare i nostri sforzi», afferma Dieter Imboden, professore emerito di fisica ambientale presso il Politecnico di Zurigo e presidente della commissione di assegnazione del «Fonds Protection des forêts tropicales». «Ma la protezione ambientale non può basarsi soltanto sui divieti: proprio in questi paesi, dove le possibilità di guadagno delle popolazioni locali sono molto limitate, i divieti per la tutela dell’ambiente vanno combinati con soluzioni reddituali alternative».
E, almeno in una fase transitoria, questo comporta lo stanziamento di notevoli risorse finanziarie. Negli ultimi dieci anni le fondazioni dei clienti supportate finanziariamente dal Credit Suisse hanno promosso 82 progetti del settore «natura ed ecologia», cinque dei quali incentrati sul salvataggio della foresta pluviale in Madagascar, Brasile, Perù e Borneo.
«Per impiegare i fondi con la massima efficienza, collaboriamo con partner competenti e affidabili», afferma l’amministratore Daniel Otth. Nei progetti di tutela della foresta pluviale, è il WWF Svizzera ad attuare una stretta cooperazione con le organizzazioni locali. «I pagamenti a favore dei progetti sostenuti avvengono in modo rateale, in funzione dei progressi compiuti».
Una striscia di bosco diventa parco
Nel caso del Madagascar, Symphasis ha sostenuto inizialmente un progetto pilota di un anno. Poiché il rapporto finale è stato soddisfacente, lasciando intravedere uno sviluppo nella direzione auspicata, sarà ora finanziato fino al 2013 anche il progetto successivo.
Ma di cosa si tratta concretamente? Nel 2003 il governo del Madagascar aveva espresso nella «Visione di Durban» la vo lontà di estendere le aree protette al 10 per cento della superficie del paese. Da maggio 2008 l’organizzazione Madagascar National Park è dunque impegnata nella creazione di un parco nazionale di 80 000 ettari partendo da una cintura boschiva di 180 chilometri nel l’area di FandrianaMarolambo. È in corso di riforestazione attiva una superficie di 500–800 ettari, mentre un’area di 5000 ettari è destinata alla rigenerazione passiva. Qui, circa 150 chilometri a sudest della capitale Antananarivo, vivono almeno 13 specie
di lemuri, tra cui il catta (1) e il sifaka (2), 30 specie di piccoli mammiferi, 29 di rettili, 64 di anfibi e oltre 280 tipi di piante. In oltre l’80 per cento dei casi si tratta di specie endemiche, dunque presenti soltanto in Madagascar, e molte sono a grave rischio di estinzione.
Vantaggi per tutti
Oltre a flora e fauna, l’accento viene posto anche sulla popolazione locale che vive nella regione del futuro parco nazionale. Nel progetto sono coinvolte direttamente circa 100 famiglie e associazioni contadine e indirettamente l’intera regione con 120 000 abitanti. «La nostra priorità consiste nella messa a punto di possibilità alternative di sviluppo economico per la popolazione, che a seguito delle limitazioni introdotte deve fare ricorso a nuove fonti di reddito», precisa Doris Calegari, responsabile di progetto presso il WWF Svizzera. «Senza questo approccio, il parco nazionale non avrebbe futuro, e non avrebbe nemmeno un senso».
Assieme ad agricoltori innovativi, sono state quindi adottate nuove tecniche di coltura e utilizzate nuove varietà di riso, riuscendo così a raddoppiare i raccolti. Sono stati inoltre incentivati nuovi prodotti come vaniglia e patate e creati i primi vivai di piante. Attraverso corsi di perfezionamento – anche sul pericolo di distruzione e sull’utilità della foresta pluviale – sarà ora l’intera popolazione a godere di vantaggi concreti. Un primo barlume di speranza in vista dell’Anno Internazionale delle Foreste proclamato dall’ONU per il 2011. schi
Cucinare con l’energia solare La fondazione Symphasis ha sostenuto in Madagascar anche un progetto dell’organizzazione svizzera di assistenza ADES (Association pour le Développe-ment de l’Energie Solaire). ADES cede a condizioni agevolate for- nelli solari prodotti in Madagascar alle fasce di popolazione a basso reddito, così che l’investimento risulta ammortizzato già dopo meno di sei mesi. In questo modo non solo vengono creati posti di lavoro, ma viene incentivato anche un modo di cucinare ecologico e conveniente. Maggiori informazioni al sito www.adesolaire.org.
Protezione della foresta pluviale Nell’autunno 2007 un cliente del Credit Suisse con uno spiccato senso ecologico ha espresso la volontà di apportare un contributo alla salvaguardia della foresta pluviale. E la fondazione di pubbli-ca utilità Symphasis si è dimo-strata lo strumento ideale. Il cliente ha quindi colto la possibilità di creare una sottofondazione, chia- mandola «Fonds Protection des forêts tropicales». Le sue cospicue donazioni hanno finora consen- tito di cofinanziare cinque impor-tanti progetti del WWF Svizzera. In particolare, si trattava (e si tratta tutt’oggi) di progetti nella foresta tropicale in Amazzonia (Perù e Brasile) nonché nel Borneo e in Madagascar (si veda l’articolo in pagina).
Grazie a una consulenza mirata, è stato possibile raddoppiare le rese nella coltivazione di riso.
www.symphasis.ch; www.wwf.ch
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Inserzione
Prestigiosi riconoscimenti per il Credit SuisseDiventare la banca più ammirata del mondo: questo l’obiettivo che il Credit Suisse si è posto e verso il quale, secondo «Euromoney», ha compiuto un passo importante. Complessivamente, il Credit Suisse ha infatti ottenuto 16 riconoscimenti, tra cui quelli di «Best Global Bank 2010», «Best Emerging Markets Investment Bank» e «Best Bank in Switzerland».
Il Credit Suisse ha retto egregiamente alla crisi e grazie alla riduzione del rischio nell’at-tività di investment banking e soprattutto allo spiccato orientamento alla clientela ha compiuto un ulteriore passo verso il traguar-do di diventare la banca più ammirata del mondo, come confermato a metà luglio dalla prestigiosa rivista specializzata londinese «Euromoney».
Fra le banche meglio gestite al mondo
Non è la prima volta che il Credit Suisse si aggiudica un premio «Euromoney»: già nel 2007, 2008 e 2009, la banca ha infatti conquistato l’ambito award «Best Bank in Switzerland», mentre il più importante titolo di «Best Global Bank» le è stato conferito per la prima volta nel 2010. «Forte dell’at-tuazione efficace di una nuova strategia e degli elevati proventi realizzati grazie a un modello di business caratterizzato da una sensibile riduzione dei rischi, il Credit Suisse oggi figura con ogni probabilità tra gli istitu-ti finanziari meglio gestiti al mondo», scrive «Euromoney». «Molte altre banche cercano ormai di ispirarsi a questo modello, se non proprio ricopiandolo in toto, almeno ripren-dendone alcuni elementi. Le cifre di tale successo parlano da sé: nel primo trimestre di quest’anno il tier 1 ratio si è attestato al 16,4 per cento, il tasso più alto di tutto il settore, mentre il valore degli attivi pondera-
ti per il rischio (218 miliardi di dollari) è risul-tato il più basso del gruppo di riferimento».
Con il premio «Best Emerging Markets Investment Bank» la rivista ha reso merito alla forte presenza del Credit Suisse nei paesi di nuova industrializzazione, rilevando il ruolo fondamentale che l’Emerging Mar-kets Council, introdotto a fine 2009 a livello di intera banca, sta svolgendo nell’intercon-nessione tra i mercati.
La Svizzera si conferma ai vertici
I continui flussi di raccolta netta e l’intensi-ficata collaborazione e intermediazione tra le divisioni Private Banking, Investment Banking e Asset Management hanno con-sentito al Credit Suisse di fregiarsi per la quarta volta consecutiva del titolo di «Best Bank in Switzerland», che va ad aggiungersi a quello di «Best Debt House in Switzerland» e di «Best M & A House in Switzerland». Que-
st’ultimo premio attesta gli ottimi risultati della banca nelle transazioni a livello nazio-nale e internazionale.
Complessivamente, il Credit Suisse si è ag giudicato oltre una decina fra riconosci-menti regionali e nazionali, ad esempio, in ag giunta ai già citati, quattro titoli di «Best Investment Bank», cinque di «Best M & A House» e due di «Best Equity House».
C’è proprio di che essere soddisfatti, come hanno sottolineato il presidente del Consiglio di amministrazione Hans-Ulrich Doerig e il vicepresidente Urs Rohner rivol-gendosi ai 49 000 collaboratori, non mancan-do tuttavia di avvertire che si tratta di rico-noscimenti riferiti a risultati passati: «Per continuare a mietere successi anche in futu-ro, dobbiamo mantenere concentrate le no-stre forze e sapere reagire con flessibilità alle trasformazioni in atto nel nostro settore».
Elevati traguardi ampiamente raggiunti
«Contribuiamo attivamente alla creazione di un sistema finanziario più resistente e stabi-le sostenendo i clienti in un contesto di mer-cati difficili e mantenendo un dialogo aperto e costruttivo con le autorità di vigilanza», ha dichiarato il CEO Brady W. Dougan commen-tando l’andamento del secondo trimestre. «A tale proposito ci impegniamo in particolare per l’istituzione di una regolamentazione condivisa a livello internazionale in materia di vigilanza bancaria».
Nel primo semestre (i dati relativi al ter-zo trimestre saranno pubblicati il prossimo 21 ottobre) il Credit Suisse ha registrato un utile netto pari a 3,7 miliardi di franchi sviz-zeri, una redditività del capitale proprio del 20,1 per cento e una raccolta netta positi-va per 40,5 miliardi. Ad oggi, i ricavi prove-nienti dalla collaborazione fra le divisioni hanno ampiamente superato i due miliardi di franchi. schi
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Fedeli al mito anche nel 2010«Dallo scontro tra dei e umani nasce la tragedia»: questo il motto del Festival di Salisburgo, svoltosi all’insegna del doppio anniversario «90 anni di Festival» e «50 anni di Grosses Festspielhaus». Nonostante il tema della tragedia, il bilancio risulta tutt’altro che tragico: tutte le 250 manifestazioni sono state molto ben frequentate (sale mediamente occupate in misura del 95 per cento) e hanno ottenuto ovunque un ottimo consenso. E anche le finanze sono in buona salute: grazie ai 249 730 visi-tatori provenienti da 73 nazioni, fra cui sempre più ospiti della regione Asia-Pacifico, sono stati realiz-zati introiti per complessivi 24,5 milioni di euro. L’eccedenza dei quattro anni sotto la direzione di Jürgen Flimm è così salita a 8 milioni di euro. Una manifestazione di beneficenza per la popolazione indigente del Pakistan ha raccolto 300 000 euro.
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1 Dionysos. L’opera «Dionysos» di Wolfgang Rihm, eseguita in prima assoluta il 27 luglio, ha superato tutte le aspettative, che peraltro erano molto ambiziose. Gli spettatori della prima hanno capito che il compositore tedesco si era intensamente occupato della materia per 15 anni. Fa piacere che la musica moderna abbia un suo pubblico: alle quattro rappresentazioni erano mediamente occupa- te 85 sedie su cento. Johannes Martin Kränzle ha entusiasmato la platea nel ruolo di «N.» (Nietzsche).
2 Primo soprano. Già convincente nel 2009 nel «Theodora» di Händel, Kränzle ha impressionato anche Mojca Erdmann (primo soprano), la quale ha conquistato il pubblico a partire dal 2006 con le sue esibizioni nel ruolo di Zaide, nell’omonima opera di Mozart, e di Zelmira, nell’«Armida» di Haydn.
3 Inconto estivo. La manifestazione patrocinata dal Credit Suisse, che introduce una prima operistica, si è svolta presso la Casa per Mozart ed è stata dedicata all’opera «Dionysos». Il compositore Wolfgang Rihm (al centro nella foto) ha convinto gli oltre 100 giornalisti anche per le sue doti retoriche. Al suo fianco: il sovrintendente Jürgen Flimm, il direttore Ingo Metzmacher, lo scenografo Jonathan Meese e il regista Pierre Audi (da sinistra).
4 Young Singers Project. Questo progetto si propone di aiutare i giovani ad acquisire esperienze pratiche sul palcoscenico. La sua direzione è passata da Michael Schade alla nota cantante d’opera Marjana Lipovšek, che qui dirige il mezzosoprano americano Emily Righter.
5 Master class. Oltre a numerose lezioni a porte chiuse, i talenti dello Young Singers Project hanno partecipato anche a quattro master class ben frequentate, con Christa Ludwig, Marjana Lipovšek, Sir Thomas Allen e Jürgen Flimm. Il sovrintendente ha sempre dato molta importanza alla promozione dei giovani. Qui osserva il so- prano tedesco Regine Isabelle Sturm e il baritono italiano André Schuen.
6 Concerto finale. Come già nel 2009, la serata conclusiva nel Mozarteum con l’Orchestra del Mozarteum di Salisburgo diretta da Ivor Bolton ha costituito un momento indimenticabile. Questo anche per il soprano irlandese Claudia Boyle e il tenore italiano Antonio Poli.
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Sydney Symphony: nel nove-ro delle migliori orchestre Nella regione Asia-Pacifico, oltre al Festival musicale di Pechino, al Festival Arti - stico di Hong Kong e all’Orchestra Sinfonica di Bangkok, il Credit Suisse sostiene ora nell’ambito della musica classica anche la Sydney Symphony Orchestra.
John C. Conde, direttore della Sydney Symphony, osserva il programma del con-certo al Lucerne Festival e afferma sorri-dendo: «Sono una sorta di ambasciatore di Beet hoven». Il messaggio coglie nel segno e il concerto per pianoforte n. 5 (L’Imperatore) si inserisce a pieno titolo fra i momenti clou della ras segna. L’«artiste étoile» Hélène Grimaud interpreta l’opera, composta men- tre Vienna veniva bersagliata dai cannoni di Napoleone, non già con virtuosismo eroico, bensì in modo più leggero e incerto,
e attraverso la sua magia delle note più de-licate fa fermare il tempo, magistralmente accompagnata dal l’orchestra. Fatto che non stupisce, considerate le straordinarie doti di pianista dello stesso primo direttore Vladimir Ashkenazy. Ma la Sydney Sym- phony Orchestra ama e sa anche essere bombastica, come di mostrato a Lucerna nell’esecuzione della Sin fonia Manfred di Cjaikovski.
Oppure nei concerti dedicati a Gustav Mahler. «Ci rende davvero fieri il fatto che in
entrambi gli anni dell’anniversario Vladimir Ashkenazy provi tutte le sinfonie e i princi-pali Lieder di Gustav Mahler; è un progetto eccezionale», spiega il managing director del l’orchestra Rory Jeffes osservando la partitura della «Sinfonia dei Mille» ancora fresca di stampa.
Ambasciatrice delle Olimpiadi del 2000
Fondata nel 1932 come National Broad-casting Symphony Orchestra e ribattezzata Sydney Symphony Orchestra (SSO) o sem-pli cemente Sydney Symphony nel 1946, la formazione, in crescendo per dimensioni e bravura, ha a lungo prediletto il suolo austra-liano, tant’è vero che ha messo piede in Europa solo nel 1974 e 1995, acquisendo fama mondiale unicamente nel ruolo di am-basciatrice culturale dei Giochi Olimpici del 2000 a Sydney. Dopo lo strepitoso succes-so riscontrato a Stresa, Lucerna, Londra Wiesbaden, Brema, Amsterdam, Edimburgo e Grafenegg, non v’è dubbio che non dovre-mo più attendere così a lungo prima di ap-plaudire altre esibizioni in Europa, anche se la sua attenzione rimane ovviamente punta- ta sull’Asia.
Esemplare sostegno ai giovani
Il 17 agosto, poco prima dell’esordio della tournée, il CEO di Credit Suisse Australia David Livingstone ha reso nota una stretta collaborazione con la Sydney Symphony Orchestra, che costituisce il primo grande impegno del Credit Suisse in Australia. «Ne-gli ultimi anni l’orchestra ha compiuto enormi progressi, sviluppandosi da formazione di spicco a livello nazionale a orchestra di ran- go mondiale», motiva la scelta Tony Krein, responsabile dello sponsoring culturale al Credit Suisse. «L’orchestra svolge inoltre un pregevole programma per la promozione dei giovani, che abbiamo il piacere di sostenere assieme ad altri».
Nel quadro della Sydney Symphony Fel-lowship, nove dei migliori giovani talenti australia ni vengono formati per un anno in tutti gli ambiti che contraddistinguono i musicisti di un’or chestra. Pur non avendo la certezza di es sere assunti, i partecipanti potranno facilmente trovare un posto in una buona orchestra.
Sono già stati pianificati anche dieci con-certi di gala del Credit Suisse con la Sydney Symphony nonché con i pianisti Lang Lang ed Evgeny Kissin e il mezzosoprano Anne Sofie von Otter. schi
1 La Sydney Symphony davanti al celebre Teatro dell’opera di Sydney. 2 L’orchestra accompagnata da Hélène Grimaud ha entusiasmato il pubblico del Lucerne Festival.
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A Londra per ritrovare i migliori «fotografi » del-l’antica VeneziaConsiderata la grande popolarità di Canaletto in Inghilterra, stupisce che non vi sia mai stata organizzata una mostra sul tema «Venezia nelle immagini». La National Gallery di Londra provvede ora in grande stile a colmare questa lacuna.
Dal VII secolo fino alla sua sconfitta per mano di Napoleone nel 1797, la Repubblica di Venezia svolse un ruolo importante so-prattutto come potenza commerciale e finan-ziaria, dotata di grande abilità diplomatica. Anche sotto il profilo della storia dell’arte, durante il Rinascimento e il Barocco Venezia divenne un altro polo di grande rilievo in con-trapposizione a Firenze. Si ricordino nomi come Carpaccio, Giovanni Bellini, Tiziano, Tintoretto o Giovanni Battista Tiepolo. E naturalmente Canaletto, un nome d’arte che fu usato due volte: prima da Giovanni Antonio Canal (1697–1768) e un po’ più tardi da un pittore di minore rilevanza, suo nipote Bernardo Bellotto (1721–1780).
Canaletto è il più famoso pittore di vedu-te italiano. Dopo l’iniziale attività di sceno-grafo si specializzò nella rappresentazione dettagliata e quasi fotografica dei panorami della sua città natia, forse ricorrendo alla camera oscura. Erano molti i figli dell’aristo-crazia europea che durante il loro «grand tour» – la visita formativa obbligatoria delle principali città di cultura – acquistavano le vedute di Venezia, preziose immagini ricordo in un periodo in cui non esistevano ancora le cartoline postali. Le opere di Canaletto era-
no particolarmente apprezzate dai collezioni-sti inglesi ai quali venivano intermediate da Joseph Smith, console britannico a Venezia dotato di grande abilità negli affari. Ebbero poi ulteriore diffusione grazie al soggiorno decennale di Canaletto in Inghilterra, du rante il quale il pittore trovò nel Duca di Richmond il suo mecenate.
A guardare le sue opere sembra che il tempo si sia fermato, poiché il nucleo della Serenissima è ancora oggi fondamental-mente immutato. Forse era proprio questo il desiderio di Canaletto in un’epoca di lento declino per la sua Repubblica: fermare il tempo. Le sue opere sono però molto di più di una fotografia dipinta, dimostrando di essere inconfondibili grazie ai loro forti con-trasti di luce e ombra. Nella mostra «Venice: Canaletto and His Rivals» viene esaltato il loro fascino in tutta la sua magia. schi
Canaletto, «Il Bacino di San Marco», circa 1738–39, olio su tela, 124,5 × 204,5 cm, Museum of Fine Arts, Boston MA. Abbott Lawrence Fund, Seth K. Sweetser Fund e Charles Edward French Fund.
«Canaletto and His Rivals». Opere di Canaletto, Luca Carlevarijs, Gaspar van Wittel, Michele Marieschi, Bernardo Bellotto, Francesco Guardi, Antonio Joli, Pietro Bellotti, Francesco Tironi e Giambattista Cimaroli. National Gallery, Londra. 13 ottobre 2010–16 gennaio 2011. National Gallery of Art, Washington, 20 febbraio–30 maggio 2011.Il Credit Suisse è partner della National Gallery.
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Credit Suisse in SvizzeraBusiness / Sponsoring / Società
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Partnership con Zurich Vita
Offerta previdenziale integrata con polizze vita
«Per rispondere alle mutate esigenze dei clienti nell’ambito della consulenza previdenziale, il Credit Suisse ha iniziato il 1° ottobre una collaborazione con Zurich Vita Svizzera», spiega Hanspeter Kurzmeyer, responsabile Clientela privata Svizzera della banca. «L’intesa riguarda i prodotti assicurativi con una componente di risparmio o in fondi, in linea con il nostro modello di consulenza globale». Grazie alla partnership possiamo offrire le polizze vita Life Invest, Life Classic e Life Plan a condizioni particolarmente vantaggiose.
www.credit-suisse.com/previdenza
ifactory al Museo dei Trasporti
i-days 2010: l’informatica come motore trainante
Il Museo Svizzero dei Trasporti, meta ogni anno di quasi un milione di persone, realizza con questa ifactory un’esposizione dedicata ai principi di base dell’informatica, che potrà essere visitata per almeno cinque anni. Aprono la mostra gli idays dal 18 al 20 novembre. «Il nostro scopo come presenting partner è quello di suscitare entusiasmo per la materia nei ragazzi tra gli 11 e i 18 anni, e nel contempo mostrare che il Credit Suisse è uno dei principali datori di lavoro nell’ambito dell’IT in Svizzera. Solo
Primo simposio e libro della Fondazione Alfred Escher
Le lettere di Alfred Escher in forma elettronica
Forse in futuro si comunicherà solo per email o sms e nessuno saprà più cos’era una lettera. D’altra parte, per capire personalità ed eventi del XIX secolo lo studio delle missive è imprescindibile. La Fondazione Alfred Escher, per la quale il direttore Joseph Jung ha già pubblicato presso le Edizioni Neue Zürcher Zeitung biografie di Alfred Escher e Lydia WeltiEscher molto apprezzate dai lettori, ha anche un ambizioso progetto dedicato proprio alla corrispondenza tenuta dal pioniere della Svizzera moderna. Al primo volume di 808 pagine «Alfred Escher zwischen Lukmanier und Gotthard», orientato per argomenti, è seguito in agosto «Alfred Eschers Briefe aus der Jugend und Studentenzeit. 1831–1843», uno studio di 324 pagine impostato in ordine cronologico, rivisto e commentato da Bruno Fischer. Il progetto consiste in sei volumi, che consentiranno tuttavia di pubblicare e commentare non più di un quinto della corrispondenza di e per Alfred Escher ad oggi nota. Non sorprende quindi il grande favore con cui al primo simposio della Fondazione Alfred Escher è stata accolta la notizia della pubbli cazione completa in forma elettronica già nel 2011.
Sulle pubblicazioni della Fondazione Alfred Escher sono disponibili ampie informazioni all’indirizzo www.credit-suisse.com/bulletin.
nel nostro paese impieghiamo 4000 specialisti, e il fabbisogno sarebbe ancora maggiore», fa notare Karl Landert. L’importanza dell’informatica per il Credit Suisse è tale che Karl Landert, responsabile IT, siede in Consiglio direttivo. Nella promozione di questo settore la banca investe annualmente oltre dieci milioni di franchi, ad esempio finanziando il centro di sviluppo IT nel «Quartier de l’innovation» del Politecnico Federale di Losanna (EPFL), dove verranno creati entro fine 2011 circa 250 posti di lavoro.
www.ictswitzerland.ch; www.verkehrshaus.ch
I 10 anni di Venture Incubator
Capitale iniziale per giovani imprenditori
Alla fine degli anni Novanta, l’ETH di Zurigo e McKinsey & Company avviarono una società d’investimento che aveva l’obiettivo di fornire sostegno finanziario e knowhow a giovani imprenditori promettenti, in particolare quelli con un diploma universitario. Per il fondo di capitale di rischio Venture Incubator vennero coinvolte dieci grandi aziende svizzere, fra le quali il Credit Suisse, che misero a disposizione dieci milioni di franchi ciascuna. Venture Incubator è stata un successo: in dieci anni sono stati investiti 107 milioni di franchi in 34 imprese, che hanno creato ad oggi 750 nuovi posti di lavoro. Alcune di queste imprese sono già passate di mano, con ricavi per 53 milioni di franchi a disposizione di Venture Incubator per
ulteriori progetti. Nella primavera del 2010 i fondatori hanno deciso di trasformare il loro investimento, inizialmente previsto per una durata limitata a dieci anni, in un impegno «evergreen». I primi due lustri saranno celebrati il 23 novembre.
www.vipartners.ch
Teatro PurPur
Favorire il talento creativo
Partecipare all’attività di un teatro, inventare i propri giochi o dipingere e fare bricolage con gli amici: dal 1996, il Teatro PurPur di Zurigo offre a bambini e ragazzi l’opportunità di mettere in scena la propria creatività. Al centro, sempre la promozione delle idee dei partecipanti. Per
permettere anche a bambini di famiglie più disagiate di prendere parte alle iniziative del teatro, è stato creato un fondo sociale con il sostegno del Fondo del Giubileo della Credit Suisse Foundation.
www.theater-purpur.ch
Business School
Disegni animati e formazione manageriale
Paul è il simpatico protagonista di una serie di brevi film in forma di disegni animati creati dal Leadership Institute della Business School nell’ambito di «Learn How Learn Now». L’obiettivo delle clip è di presentare ad attuali e futuri manager del Credit Suisse, in una versione in
I membri dell’asso-ciazione studentesca Zofingia di Zurigo fanno la riverenza al loro ex presidente centrale, Alfred Escher. A destra: il prof. dr. Joseph Jung.
www.credit-suisse.com/bulletin
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novativa, temi di conduzione come motivazione, talento e feedback. La serie di clip è stata premiata come prodotto didattico multimediale particolarmente efficace dalla Gesellschaft für Pädagogik und Information (Società per la pedagogia e l’informazione) con il «ComeniusEduMediaSiegel 2010».
Nuova pubblicazione
Premi per l’insegnamento alle università
L’obiettivo dei premi per l’insegnamento è riconoscere le performance, fare da incentivo e contribuire a incrementare il livello generale di qualità della didattica. Negli ultimi anni molte università hanno rice vuto questo tipo di riconoscimento. A parte l’aspetto simbolico, qual è stata la loro efficacia concreta? L’editore Waxmann di Münster ha pubblicato in settembre «Ausgezeichnete Lehre!», un libro che approfondisce l’argomento e include fra l’altro un saggio di Fritz Gutbrodt, direttore della Credit Suisse Foundation, dal titolo «Fussnoten und Geistesblitze: Zur Motivation des Credit Suisse Award for Best Teaching».
Anniversario degli insegnanti
Un futuro per la scuola media superiore
La Società svizzera degli insegnanti delle scuole secondarie (SSISS) ha celebrato a fine agosto l’anniversario dei 150 anni. Per l’evento svoltosi all’Università di Berna, che il Credit Suisse ha sostenuto, oltre al Consigliere di Stato bernese Bernhard Pulver, al Consigliere agli Stati di Appenzello Ivo Bischofberger e alla Consigliera di Stato di Friborgo Isabelle Chassot, è stato possibile avere come relatore ufficiale Jakob Kellenberger, presidente del CICR.
Pur nel clima di festa, i partecipanti hanno sostanzialmente guardato avanti: «Un futuro per la cultura generale» è quanto si augura a ragion veduta l’associazione. Un panel di elevato profilo, con il presidente della SSISS David Wintgens, ha sviluppato un dibattito sul tema «Quale futuro per l’insegnante della scuola secondaria di secondo grado?». Le prime risposte sono pubblicate su Internet all’indirizzo qui indicato.
www.vsg-sspes.ch
Certificazione per Direct Net
Online banking senza barriere
Consultare il saldo del conto, effettuare pagamenti e investimenti, osservare l’andamento del proprio patrimonio: il tutto in modo rapido, a qualsiasi orario e da qualsiasi luogo. Uno speciale programma per la lettura dello schermo consente ora anche alle persone con handicap (visivo) di accedere senza barriere a Direct Net del Credit Suisse, grazie ai testi descrittivi riportati in Braille su una tastiera ad hoc oppure espressi via audio dal computer, e ai comandi molto rapidi con circa 150 combinazioni di tasti. Un passo avanti verso una maggiore integrazione e libertà. In agosto Direct Net ha ottenuto per la seconda volta la certificazione «Accesso per tutti» della Fonda zione svizzera per una tecnologia adeguata alle persone disabili.
Forum europeo di Lucerna
Competitiva grazie a forma-zione, ricerca e innovazione
Il dialogo tra economia, scienze e politica in programma l’8 e 9 novembre a Lucerna verte su formazione, ricerca e innovazione come fatto ri centrali e decisivi per il successo della piazza industriale svizzera. Con la presidente della Confederazione Doris Leut hardt e il ministro finlandese dell’economia Mauri Pekkarinen è stato invitato come relatore anche Johannes Suter, CEO della SVCSA per il capitale di rischio delle PMI, che potrà già riferire dei primi contratti della nuova società, fondata nel maggio scorso.
www.svc-risikokapital.ch; www.europa-forum-luzern.ch
Testi: Mandana Razavi, Stefanie Schmid, Andreas Schiendorfer
Otto dei 27 studenti dell’Istituto sul Rosenberg che hanno partecipato alla manifestazione «Invest in Your Future».
A scuola sul RosenbergL’Istituto sul Rosenberg di San Gallo, fondato nel 1889, è una delle scuole private più rinomate a livello mondiale e offre una comunità multiculturale e plurilingue, caratte-rizzata da un senso di appartenenza speciale che gli allievi conservano per tutta la vita. Recentemente la scuola ha ricevuto la visita di un suo ex allievo, il messicano Mario J. Molina, premio Nobel per la chimica. Tradizione e disciplina sono alla base dell’offerta educativa, modellata su un prin-cipio: per avere qualcosa da dire domani, devi saper ascol-tare oggi. Facile da formulare e difficile da mettere in pratica. Ci sono riusciti i partecipanti all’evento del Credit Suisse «Invest in Your Future»: Daniel Heine e Wolfgang Jenewein, docenti di istituto superiore di San Gallo, hanno saputo catturare l’attenzione dei giovani ascoltatori con le loro spiegazioni approfondite ma anche affascinanti dedicate al -l’economia finanziaria e alla leadership in seno a team a elevata performance. Presenti e interessati anche Monika A. Schmid, direttrice dell’Istituto, e Marcel Küng, respon sabile Credit Suisse Svizzera orientale. Il divertente Investment Game ha svelato diversi futuri talenti della finanza e il team primo in classifica si è aggiudicato uno stage bancario. In realtà è stata una vittoria per tutti i partecipanti, in base al principio enunciato da Pestalozzi: «Imparare a vivere è il fine ultimo di ogni forma di educazione».
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Svizzera e musica classica, grande binomioAssistere a un appuntamento musicale all’estero, come il Festival di Salisburgo durante l’estate o un concerto di grande richiamo abbinato a una vacanza da lungo programmata, ha senz’altro il suo fascino. Tuttavia: la Svizzera non deve temere confronti con la scena musicale internazionale. Il Lucerne Festival si è affermato ai vertici delle rassegne di musica classica. Lo stesso vale, nell’ambito della promozione dei giovani talenti, per il Festival di Davos. E il successo di Avenches, San Gallo e Zermatt non è certo do- vuto soltanto al loro particolare ambiente. L’Orchestra della Tonhalle di Zurigo, l’Orchestra della Svizzera Romanda, la kammerorchesterbasel, il Musikkollegium di Winterthur e naturalmente l’Opernhaus di Zurigo fanno sì che dal picco estivo si passi senza interruzione a un picco permanente. schi
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Svizzera e musica classica, grande binomio 1 La più grande orchestra della Svizzera. L’Orchestra della Tonhalle di Zurigo e l’Orchestra della Svizzera Romanda si sono esibite assieme, come già avvenuto nel 2008. Dopo la messa funebre di Berlioz, a Montreux e al Lucerne Festival (nostra foto) 150 musicisti e 200 coristi hanno interpretato sotto la guida di David Zinman i Gurre- Lieder tardo-romantici di Arnold Schönberg. Una delizia per gli occhi e le orecchie.
2 Händel con Kasarova. La kammerorchester-basel – con l’acclamato mezzosoprano Vesselina Kasarova – ha iniziato la stagione con musiche di Georg Friedrich Händel. Alla prima di Basilea sono seguiti concerti al Festival di Zermatt (foto) come pure a Wetzikon, Sciaffusa e Belgrado.
3 Festa mozartiana. «Mozart era forse di Winter-thur?», si è chiesto il Musikkollegium di Winterthur, pur non ottenendo alcuna risposta. Fatto sta che l’origine della nonna di Mozart, Anna Maria Sulzer, merita senz’altro un’indagine genealogica più approfondita. La festa mozartiana, svoltasi in agosto e settembre, non ha per contro lasciato desideri inevasi. Nella foto vediamo l’orchestra sotto la dire- zione del pianista Alexander Lonquinch.
4 Montagna incantata. Da ormai un quarto di secolo il Festival di Davos si propone di promuovere e incoraggiare i giovani talenti. Ciò vale anche per i compositori moderni, come l’ungherese Gregory Vajda, la cui opera «Zauberberg. Eine Oper im Kurhotel» lo scorso 30 luglio è stata brillantemente eseguita in prima assoluta sulla Schatzalp.
5 Dopo il diluvio la crociata. «Sono già trascorsi cinque anni dai Carmina Burana?». Sembra in- credibile che il Festival di San Gallo già festeggi il primo lustro di vita. Eppure, visto lo scenario davvero unico davanti all’Abbazia, sorge un piccolo rammarico: «Perché non prima?» Ma tant’è. Dopo «Il Diluvio Universale» ecco «I Lombardi alla prima crociata», a Donizetti segue Verdi. La prima si terrà il 24 giugno 2011.
6 Cambio della guardia. Il Festival dell’Opera di Avenches, fondato nel 1995, è uno dei principali appuntamenti di musica classica a cielo aperto. Non da ultimo grazie a Sergio Fontana, che si è ora accomiatato con «Lucia di Lammermoor» di Donizetti. Il nuovo direttore artistico è Eric Vigié, direttore del Teatro dell’Opera di Losanna.
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Picasso: il poliglotta dell’arteL’11 settembre 1932 il Kunsthaus di Zurigo fu il primo museo a inaugurare una mostra su Pablo Picasso, comprendente oltre 200 opere selezionate dal maestro stesso. Con una collezione di settanta dipinti, il museo ricostruisce oggi il profilo della retrospettiva di allora. Tobia Bezzola, curatore presso il Kunsthaus, illustra i retroscena di entrambe le esposizioni.
bulletin: La mostra del 1932 è stata
ricostruita su scala ridotta, con circa
70 quadri invece di 225. Quanto
è stato difficile reperire i capolavori?
Tobia Bezzola: Il compito più arduo è con sistito nell’individuare le opere esposte in occasione della prima mostra. Nel 1932 non era ancora abitudine pubblicare cataloghi illustrati. Dei dipinti di allora ci sono per venute solo 24 raffigurazioni e gli unici dati disponibili riguardano le misure, il proprietario originale e il titolo, che però nella maggior parte dei casi non è di grande aiuto, in quanto si limita a un laconico «ritratto» o «natura morta». Poiché sulle fotografie dell’epoca si riconoscono solo circa 40 quadri, abbiamo innanzi tutto dovuto individuare le re- stanti 180 opere. Il catalogo attuale con le immagini dei 225 capolavori documenta l’intera esposizione del 1932 e ha pertanto un’indubbia valenza storico- artistica.
La mostra attuale ospita dunque circa
un terzo delle opere del 1932. Come avete
ricreato un’immagine rappresentativa del
modello storico?
Nella scelta dei dipinti, Picasso ha tra-scurato la sua prima produzione. Si narra che alla mostra di Zurigo avesse liquidato alcune opere del periodo blu con un lapidario «c’est horrible», considerandole tutte orribili a eccezione di una e accor-dando la prefe renza alla fase cubista, agli
approcci surrealisti e alle serie di ritratti dedicate a Marie-Thérèse Walter, la sua amante. Abbiamo tentato di ricostruire questo profilo atte nendoci il più possibile alla ripartizione ori ginale.
Quali differenze sussistono tra le due
mostre in quanto a spazi espositivi?
Nel 1932 la mostra si tenne nel museo, dove vennero rimossi tutti gli altri pezzi, compresa la collezione, per far spazio ai Picasso. Dagli ultimi anni Cinquanta vantiamo una spaziosa ala espositiva che ora ospita le 70 opere dell’artista e sod-disfa le moderne esigenze di climatizzazio-ne e spazio per i visitatori.
Quale fu il ruolo di Picasso come
curatore?
Oggigiorno al curatore è affidato il duplice compito di selezionare le opere e stabilir- ne la disposizione, mentre a quei tempi le mansioni erano ancora distinte. Come voleva la tradizione di allora, Picasso operò dunque una cernita dei dipinti, che però vennero esposti a cura del presidente della commissione della mostra, il pittore ticinese Sigismund Righini. Il maestro non esitò a tesserne le lodi.
Come venne accolta dai media la sele-
zione personale di Picasso?
Pur apprezzando la qualità della mostra, la stampa critica si rammaricò a più riprese della totale assenza di un filo conduttore che collegasse i dipinti, disposti non già in ordine cronologico, bensì in virtù di criteri decorativi. In realtà, le opere erano state esposte proprio in ordine cronologico e non erano suddivise per gruppi stilistici.
E come fu l’eco in generale?
L’evento attirò nel complesso quasi 35 000 visitatori, in parte provenienti dall’estero,
e la mostra venne persino prolungata di due settimane. Gli introiti si rivelarono tut- tavia insufficienti per coprire tutte le spese e, nonostante un contributo della città, la Zürcher Kunstgesellschaft registrò un deficit di circa 7000 franchi.
A quei tempi anche il Museum of Modern
Art (MoMA) manifestò interesse nei
confronti di una mostra su Picasso. Cosa
lo indusse a optare per Zurigo?
Nel 1931 la Galerie Georges Petit di Parigi ospitò un’esposizione in grande stile dedi cata a Matisse, perenne rivale di Picasso. Il maestro voleva semplicemente surclassare l’artista francese. Inoltre, il MoMA di New York aveva alle spalle solo tre anni di storia e, lungi dall’aver con-quistato la fama odierna, nei circoli artistici veniva considerato pro vinciale. A sfavore del MoMA giocò anche il fatto che il cura- tore era sordo alle richieste di Picasso, mentre Wilhelm Wartmann, allora direttore del Kunsthaus di Zurigo, gli lasciò carta bianca: un approccio rivoluzionario per i criteri dell’epoca.
Quale fu il ruolo del Kunsthaus come
istituzione privata?
In qualità di associazione, possiamo ven- dere i dipinti esposti. Tale aspetto fu indub biamente motivo di grande interesse per i commercianti d’arte, dalle cui colle-zioni proveniva gran parte del corpus della mostra. Già allora la Svizzera era infatti un centro nevralgico del mercato dell’arte internazionale.
Fu una scelta redditizia anche per
Picasso?
È difficile parlare di cifre, perché il commer-cio era affidato alle gallerie. Va però detto che all’epoca Picasso era il pittore vivente di gran lunga più caro. Nel 1932 godeva già di grande fama, aveva un autista e allog-giava in hotel di lusso.
Che effetto ebbe questa prima grande
mostra sulla carriera dell’artista?
Si tratta di una questione assai complessa, da considerare alla luce degli eventi del tempo. I nazionalsocialisti si insediarono al potere in Germania nel 1933, solo un anno dopo la mostra. L’assetto politico ed eco- nomico dell’Europa intera versava in condi- zioni critiche, e negli anni Trenta il commer-cio d’arte subì un duro colpo. La cosiddetta «arte degenerata» come quella di Picasso venne messa al bando e la sua diffusione, oltre che pericolosa, divenne di fatto im praticabile. Nel 1939 il MoMA dedicò
Tobia Bezzola, curatore del Kunsthaus di Zurigo
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1 Una delle poche fotografie pervenuteci dal 1932: veduta della mostra al Kunsthaus di Zurigo. 2 Pablo Picasso, «Studio con testa di gesso» («Atelier avec tête et bras de plâtre»), 1925, olio su tela, 97,9 × 131,2 cm.
Per ulteriori informazioni sulla mostra: www.kunsthaus.ch e www.credit-suisse.ch/online
Il Kunsthaus di Zurigo vanta una lunga tradizione in fatto di mostre di artisti del primo trentennio del XX secolo. L’omaggio alla prima retro-spettiva di Picasso è un ambizioso progetto realizzato con il sostegno del Credit Suisse in qualità di sponsor principale in occasione del centenario del museo e si ripropone di illustrare la genesi dell’evento negli anni Trenta e il suo influsso sulla carriera dell’artista, che da allora godette di fama mondiale. Oltre ad articoli su Picasso, il catalogo della mostra contiene le immagini di tutte le 225 opere esposte al l’epoca. Un ricco programma di divulgazione artistica prevede spe-ciali visite guidate e relazioni in materia. La mostra aprirà i battenti il 15 ottobre 2010 e potrà essere visitata fino al 30 gennaio 2011 sola-mente a Zurigo.
a Picasso una mostra di ampio respiro. Fu proprio questa l’unica ancora di salvezza per l’intera arte moderna occidentale: l’esilio a New York, dove trovarono rifugio anche Breton, Duchamp e Miró. Pertanto, è difficile dire quale sarebbe stato l’effetto in condizioni normali.
La mostra venne dunque organizzata
a Zurigo in extremis?
Sì. Più tardi sarebbe stato impossibile, se non altro perché numerosi prestiti proveni-vano dalla Germania, dove molte gallerie vennero espropriate già pochi mesi dopo la mostra. Picasso avrebbe voluto portarla a Berlino, ma non se ne fece nulla.
Torniamo al presente: come si è trovato
nel ruolo di curatore incaricato di organiz-
zare una mostra con un corpus predefinito?
È stata un’esperienza diversa e stimolante, che però non vorrei necessariamente ripetere (ride). Tra l’altro, se avessi operato una simile selezione di opere in qualità di curatore, la scena artistica non me l’avreb-be fatta passare liscia. Solo la situazione contingente ha permesso di presentare Picasso in una prospettiva così esasperata e parziale.
Quali novità attendono i visitatori della
mostra?
Soprattutto con riferimento a Picasso sussiste una credenza, una sorta di dogma- tismo secondo cui l’evoluzione artistica coinciderebbe con stili ben definiti: periodo blu, periodo rosa, cubismo e via dicendo. È una tesi che molti studiosi hanno tentato di suffragare. Eppure, a partire dal 1915 la produzione picassiana non denota più alcuno sviluppo lineare bensì un parallelismo di tratti stilistici diversi. La mostra presenta proprio questo volto di Picasso: il poliglotta dell’arte. Regula Brechbühl
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Foto: Mario Merz, «1, 1, 2, 3, 5», 1976 circa, Kunstmuseum di W
interthur, 2010 ProLitteris, Zurigo | Georg Aerni | G
erhard Richter
Ritorno a Winterthur per i capolavori della modernitàDopo due anni di chiusura, a fine ottobre riapre i battenti il Kunstmuseum di Winterthur, ristrutturato e ampliato con nuove sale per accogliere una raccolta in continua crescita. La rilevanza della collezione trova piena espressione nella grande mostra tematica «La natura dell’arte».
Cavi bianchi spuntano dal muro e si avvolgono in spirali, puntelli d’acciaio si ergono tra le superfici in calcestruzzo di pavimenti e soffitti; in giro sono sparsi teli trasparenti, scale, un secchio e altri oggetti; le aperture sono sbarrate con tavole di legno gialle. Non si tratta di improvvisate casupole realizzate con mezzi di fortuna come quelle ritratte dal fotografo Georg Aerni (nato nel 1959 a Winterthur) durante il suo girovagare nelle grandi città, come recentemente a Mumbai. Stiamo invece parlando del Kunstmuseum di Winterthur, che da novembre 2008 si presentava in questo aspetto a causa di una vasta ristrutturazione. Assieme all’artista Mario Sala, anch’egli originario di Winterthur, Aerni era stato invitato a seguire i lavori con la sua fotocamera. Ha così preso vita una serie fotografica di impressionante qualità formale che oltre a documentare il cantiere gli conferisce la dignità di un’installazione artistica.
Per quanto nell’immediato i suoi effetti siano spiacevoli, una ristrutturazione crea possibilità di cambiamento e può generare
una nuova consapevolezza di quanto esisteva già: come la collezione di un museo troppo spesso trascurata a causa delle mostre temporanee che calamitano il pubblico. Il Kunstmuseum ha sfruttato la chiusura di quasi due anni per restituire smalto alla sua eccellente collezione. Le principali opere sono state protagoniste della mostra itinerante «Capolavori della modernità. La collezione del Kunstmuseum Winterthur», partita da Bonn e terminata a Salisburgo passando da Trento e Rovereto. Una selezione ristretta ha proseguito il cammino addirittura verso il Giappone, dove sarà esposta fino a marzo 2011.
Densità qualitativa grazie ai privati
L’esposizione itinerante era parte della serie «Grandi Mostre», di cui hanno già fatto parte i Musei Vaticani, il Museum of Modern Art, il Museo Pushkin e il Guggenheim Museum. La possibilità di Winterthur di essere accostata a simili calibri non dipende dalle dimensioni quantitative della collezione, bensì dalla sua densità qualitativa. Dall’apertura
del Kunstmuseum nel 1915, la cui costruzione era stata finanziata in larga parte con elargizioni private, anche i suoi fondi sono stati costantemente ampliati attraverso donazioni e legati di collezionisti di Winterthur. Il museo si è guadagnato l’appellativo di «Capolavori della modernità» soprattutto grazie alla collezione di opere della moder nità classica donate nel 1973 dai coniugi Clara ed Emil FriedrichJezler, con dipinti che vanno da Léger, Braque, Gris e Arp fino a Mondrian. Queste opere si sono unite alla collezione Wolfer, che aveva apportato al Kunstmuseum un elevato numero di dipinti francesi da Delacroix, Monet e van Gogh fino a Bonnard. E quando le opere del Kunstmuseum di Winterthur hanno iniziato a girare per il mondo, sono state seguite dall’aura che diversi industriali e rappresentanti dell’alta borghesia di Winterthur hanno conferito alla loro città: i coniugi Hedy e Arthur HahnloserBühler, la cui raccolta è ora ospitata a Villa Flora, così come Oskar Reinhart, le cui due importanti collezioni sono esposte nello Stadtgarten e «Am Römerholz».
Il Kunstmuseum di Winterthur amplia costantemente la propria raccolta, tanto da vantare oggi un percorso ininterrotto dal l’impressionismo fino al presente. Le acquisizioni più recenti comprendono un’elevata concentrazione di pittura americana, tra cui spicca Robert Mangold, ma anche di esponenti italiani dell’arte povera come Mario e Marisa Merz, Giulio Paolini e Jannis Kounellis.
La successione di Fibonacci, in cui un numero è dato sempre dalla somma dei due precedenti, riveste per Mario Merz un ruolo centrale come simbolo di espansione e di crescita nella natura. Il Kunstmuseum di Winterthur è in possesso dell’opera «1, 1, 2, 3, 5» (1975).
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Inserzione
Le sale di esposizione nel vecchio edificio sono tornate ora a trasmettere la sensazione di calda accoglienza dei salotti, grazie ai pannelli di legno originali perfettamente conservati, alla tappezzeria murale e ai numerosi tappeti. Così, dopo aver viaggiato per tutto il mondo, soprattutto i dipinti paesaggistici potranno tornare a sistemarsi per ora su queste comode pareti.
Rapporto reciproco tra natura e arte
L’esposizione concepita per la riapertura coinvolge l’intero edificio, dalla vecchia costruzione alla nuova ala inaugurata nel 1995 e progettata dallo studio di architettura Gigon & Guyer, fino al Gabinetto Grafico. Intitolata «La natura dell’arte: incontri con la natura dal XIX secolo al presente», questa panoramica di oltre 150 anni abbraccia in tutta la sua ampiezza il rapporto reciproco tra natura e arte. Partendo dalla «Soir d’été» di Vincent van Gogh e dai paesaggi di Pierre Bonnard che si perdono nella luce e nel colore del Sud della Francia, il viaggio prosegue attraverso le vedute delle Alpi svizzere di Ferdinand Hodler, per passare poi attraverso l’Italia settentrionale con gli igloo e le tele di Mario Merz che non esprimono più la natura in sé bensì i principi sottostanti, e tornare infine in Svizzera con la cascata di SilsMaria dipinta da Gerhard Richter. I diversi paesaggi e approcci artistici mostrano tutta la potenza espressiva della collezione del museo. Un viaggio che varrà la pena di compiere anche quando la grande mostra tematica sarà conclusa e le opere in prestito saranno ritirate, con la collezione che indosserà una nuova veste espositiva. Meret Arnold
Sabato 30 ottobre 2010, ore 17.00: riapertura del Kunstmuseum di Winterthur e della Collezione Oskar Reinhart «am Römerholz», anch’essa chiusa a causa di lavori di ristrutturazione. Contemporaneo vernissage dell’esposizione «La natura dell’arte: incontri con la natura dal XIX secolo al presente» (fi no al 27 febbraio 2011); in parallelo possono essere visitate due altre mostre: «Elba» di Gerhard Richter, un’opera giovanile del 1957 fi nora mai esposta, nonché fotografi e e disegni di Georg Aerni e Mario Sala. In occasione dell’esposizione a Bonn è stato realizzato da Horst Brandenburg un interessante fi lm dal titolo «Von Stiftern und Anstiftern: Das Kunstmuseum Winterthur» (Fondatori e fomentatori: il Kunstmuseum di Winterthur). Il Credit Suisse è partner del Kunstmuseum di Winterthur e nella stessa località sostiene anche il Musikkollegium.
I due artisti di Winterthur Georg Aerni e Mario Sala, rispettivamente fotografo e disegnatore, hanno seguito la ristrutturazione del museo ed espongono ora i loro lavori nella mostra «Progetto Ristrutturazione» (fino al 27 febbraio 2011).
Gerhard Richter, «Cascata», 1997, olio su tela. Kunstmuseum di Winterthur. All’artista nato nel 1932 a Dresda è dedicata la mostra «Elba» (fino al 27 febbraio 2011).
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Un dialogo attivo con i clientiDue giorni dopo la partita contro l’Inghilterra il ct Ottmar Hitzfeld ha assistito alla Credit Suisse Cup per scoprire nuovi talenti e incontrare vecchie glorie.
Uno degli obiettivi dichiarati del Credit Suisse è offrire ai suoi clienti non solo servizi e pro-dotti di prim’ordine, bensì anche espe rienze uniche. Ne sanno qualcosa i circa 400 ospi-ti del Credit Suisse che dal 15 al 17 settem-bre hanno potuto assistere ai concerti della Filarmonica di Vienna e dell’orchestra del Teatro Bolshoi durante il Lucerne Festival.
Nell’ambito della Credit Suisse Cup inoltre, in occasione di una manifestazione svoltasi il 9 settembre allo Stade de Suisse di Berna, un gruppo di ospiti sportivi ha avuto l’onore di disputare un’indimenticabile partita tra le file di una squadra composta da collaborato-ri del Credit Suisse e vecchie glorie quali Stéphane Chapuisat, Adrian Knupp, Andy Egli, Christophe Bonvin, Marco Pascolo o Martin Weber. E sebbene qualche ripartenza sulle fasce sia stata puntualmente fischiata
da Massimo Busacca poiché ritenuta in fuo-rigioco, l’allenatore della nostra nazionale, Ottmar Hitzfeld, assistito da Murat Yakin, è sicuramente riuscito a incrementare il suo ba gaglio di conoscenze tecnico-tattiche prendendo spunto dall’una o l’altra giocata di tutto rispetto. Ciò che conta in queste occa-sioni è tuttavia divertirsi e divertire, e in que-sto l’obiettivo è stato centrato in pieno.
Per riuscire a individuare in modo ottimale le esigenze dei nostri clienti, il 27 e 28 ago-sto Urs Dickenmann, responsabile Premium Clients, ha tenuto un seminario di due giorni al quale hanno partecipato circa 100 colla-boratori. Particolare interesse ha riscontrato l’intervento di Ariane Ehrat, rappresentante del Premium Brand of the Alps. schi
1 Agonismo appassionato allo Stade de Suisse. 2 Ariane Ehrat, direttrice dell’ente turistico Engadina-St. Moritz, ha svelato alcuni segreti per avere successo.
Maggiori informazioni sui tre eventi di cui sopra al sito www.credit-suisse.com/bulletin
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Experts Economy / Daniel Vasella / Patrick Kron / A.G. Lafley / Nan cy McKinstry / Alain Thierstein / Hans Wolfgang Brachinger / Zhouying Jin / Wolfgang Drobetz / Giles Keating / Thomas Straubhaar / Warren Buffet / Anthony Bolton / Peter Lynch / Richard H. Driehaus / Bill Gross / Wei Gu / Thorsten Hens / Policy/international organizations / Jakob Kellenberger / Trevor Manuel / Vivian Balakrishnan / Rajendra K. Pachauri / Anna Tibaijuka / Hartadi A. Sarwono / Martín Redrado / Thomas J. Jor-dan / Randall S. Kroszner / Ivan Šramko / Ilona Kickbusch / Joachim von Braun / Javier Santiso / Danny Quah / Larry Kochard / Science / C.K. Prahalad / Richard Watson / Ray Kurzweil / Martin de Jong / Charles Correa / Rolf Pfeifer / Zhang Xin / Tonia Kandiero
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Barbara Ellmerer, «Hexenpilz », 2008, olio su cotone, 150 × 200 cm
Sigla editorialeEditoreCredit Suisse AGCasella postale 2CH-8070 ZurigoTelefono +41 44 333 11 11Fax +41 44 332 55 55
Redazione Daniel Huber (dhu, Direzione redazionale), Dorothee Enskog (de; Economia internazionale), Mandana Razavi (mar; Corporate Citizenship), Andreas Schiendorfer (schi; Mercato Svizzera, Sponsoring); Regula Brechbühl (rb), Michael Krobath (mk), Fabienne de Lannay (fdl), Stefanie Schmid (sts)
E-mailredaktion.bulletin@credit -suisse.com
Collaboratori di questo numeroMeret Arnold, Nicole Brändle, Dennis Brandes, Barbara Hatebur, Thomas Herrmann, Hannes Hug, Kevin Lyne-Smith, Manuela Merki, Martin Regnet, Christine Schmid, Claudia Steinberg, Bernard Van Dierendonck, Andreas Walker, Sarah Winter
Internetwww.credit-suisse.com/bulletinwww.credit-suisse.com/bulletin
MarketingVeronica Zimnic (vz)
Traduzione italianaServizio linguistico del Credit Suisse: Francesco Di Lena, Luigi Antonini, Michele Bruno, Deborah Cometti Prati, Livia Marazzi, Roberto Negroni, Ezio Plozner
Progetto grafi cowww.arnold.inhaltundform.com: www.arnold.inhaltundform.com: Arno Bandli, Raphael Bertschinger, Monika Häfliger, Arno Bandli, Raphael Bertschinger, Monika Häfliger, Karin Cappellazzo (gestione del progetto)
Inserzioniprint-ad kretz gmbh, Andrea Hossmann ed Esther Kretz, General-Wille-Strasse 147, CH-8706 Feldmeilen, telefono +41 44 924 20 70, [email protected]
Tiratura certifi cata REMP 20097521
Registrazione ISSNISSN 1662-4580
StampaSwissprinters Zürich AG
Commissione di redazioneRichard Bachem (responsabile Marketing Private and Business Banking Switzerland), René Buholzer (responsabile Public Policy), Urs P. Gauch (responsabile Clientela commerciale Svizzera – Grandi imprese), Fritz Gutbrodt (direttore Credit Suisse Founda-tion), Anja Hochberg (responsabile Investment Strategy Asset Management), Angelika Jahn (Investment Services & Products),Bettina Junker Kränzle (responsabile Internal Corporate Publi-shing & Services), Hanspeter Kurzmeyer (responsabile Private Clients Switzerland), Martin Lanz (Economic Research), Andrés Luther (responsabile Group Communications), Charles Naylor (responsabile Corporate Communications), Christian Vonesch (responsabile Private & Business Banking Aarau)
Anno 116Anno 116Esce 5 volte all’anno in italiano, tedesco, francese e inglese. Riproduzione di testi consentita con l’indicazione «Dal bulletin del Credit Suisse».
Cambiamenti d’indirizzoVanno comunicati in forma scritta, allegando la busta di consegna originale, alla vostra succursale del Credit Suisse oppure a: Credit Suisse AG, SULA 213, Casella postale 100, CH-8070 Zurigo.
La presente pubblicazione persegue esclusivamente fi ni in-formativi. Non costituisce né un’offerta né un invito all’acquisto o alla vendita di valori mobiliari da parte del Credit Suisse. Le indicazioni sulle performance registrate in passato non garanti-scono necessariamente un’evoluzione positiva per il futuro. Le analisi e le conclusioni riportate nella presente pubblicazione sono state elaborate dal Credit Suisse e potrebbero essere già state utilizzate per transazioni effettuate da società del Credit Suisse Group prima della loro trasmissione ai clienti del Credit Suisse. Le opinioni pubblicate in questo documento sono quelle del Credit Suisse al momento della stampa (con riserva di modifi che). Il Credit Suisse è una banca svizzera.
La collezione d’arte del Credit Suisse, oltre a essere improntata alla promozione dei giovani talenti, si propone di tutelare gruppi di opere coerenti di singoli artisti. La scorsa primavera è stato così acquistato il dipinto a olio «Hexenpilz» («Boleto lurido») di Barbara Ellmerer. Della raccolta del Credit Suisse fanno già parte sette opere dell’artista zurighese, tra le quali fi gurano nature morte e ritratti di tutte le fasi creative della pittrice. Quest’ultimo acquisto è esposto nell’area clienti della sede di Paradeplatz, dove è possibile ammirare una selezione rappresentativa della collezione. Le ultime opere di Barbara Ellmerer consistono perlopiù in ampie tele caratterizzate da colori forti e ricche di energia e dinamismo, con soggetti tradizionali quali fi ori o piante e funghi osservati nei boschi. L’artista registra le proprie impressioni e le traduce in maniera intuitiva e soggettiva in una vivace pittura. Un fungo dal colore rosso fuoco in primissimo piano su uno sfondo scuro domina il campo visivo, avvolto da una potente luce mistica. La pastosità dei colori rende tangibili alcune parti della rappresentazione che, strato dopo strato, prende possesso dell’intera tela. I contorni sfumati e imprecisi del fungo gli imprimono un misterioso moto vibratorio. L’osservatore diviene così parte di una brillante esperienza visiva e testimone di diversi processi percettivi. Maggiori informazioni all’indirizzo www.credit-suisse.com > Tutto sul Credit Suisse > Sponsorship > Arte > Collezione del Credit Suisse Barbara Hatebur, Servizio Arte
Tutela di gruppi di opere coerenti di singoli artisti
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L’ecologia in parole e fatti Udiamo gli omini di pietra parlare, i fiori risplendere e i ghiacciai fondersi. Il nuovo audiopercorso dell’organizzazione myclimate ci accompagna al nuovo rifugio del Monte Rosa sulle orme del cambiamento climatico. L’esempio di architettura ecologica risplende e risente di una massiccia ondata di visitatori.
variegata compagnia invitata da myclimate, l’organizzazione per la tutela del clima, alla prima ricognizione dell’audiopercorso climatico.
Virtuale, individuale e reale
Siamo accomunati dai grandi auricolari e dalla meta: la nuova capanna del Monte Rosa del Club Alpino Svizzero (CAS). Le audioguide possono essere noleggiate gratuitamen te alla stazione a valle della Ferrovia del Gornergrat. Diversamente da quanto accade in un museo, dove questi apparecchi sono ad attivazione automatica o un pannello invita ad attivarli, siamo noi a decidere quando e dove ascoltare uno dei nove capitoli. Ma Thomas Dünsser, guida del centro alpino di Zermatt, ci consiglia di concentrare prima l’attenzione sul percorso. Il montanaro ac
Stavolta l’attrezzatura per l’escursione comprende un piccolo lettore audio e un paio di cuffie. «Mini Steimannjini sind Wägwieserä i Züekunft. Wo wellentsch gah?» (I miei omini di pietra sono un segnavia per il futuro. Dove stanno andando?), chiede una bassa voce maschile in strettissimo dialetto vallesano. È la voce melodiosa del barbuto creatore di figure antropomorfe in pietra di Rotenboden. Ci accompagna per un episodio dell’audiopercorso climatico lungo un itinerario che si snoda dalla stazione della ferrovia a cremagliera del Gornergrat di Zermatt fino alla nuova capanna del Monte Rosa. Attraverso gli auricolari racconta degli omini di pietra e della valenza e importanza che rivestono anche per il popolo degli inuit. Poi il vallesano doc invita a costruirne uno. Gli inuit chiamano peraltro
Nalunaikkutaq, ovvero «colui che annulla il caos mentale», i cumuli di pietre disposte in equilibrio verticale. Ma la montagna ci chiama: anziché ammucchiare pietre è bene che sia l’escursione a guidare i nostri pensieri. La voce del montanaro e la musica si frappongono fra noi e l’ambiente circostante. È come se i piedi si muovessero da soli sul suolo roccioso. Il panorama alpino che si apre allo sguardo e abbraccia Cervino, Breithorn, Polluce, Castore, Liskamm e il massiccio del Monte Rosa scorre come un documentario dinanzi agli occhiali da sole finché le voci narranti dell’audioguida, Lina Bader e Pius Anthamatten, non ci invitano a spegnere il let tore audio: la prossima stazione d’ascolto coinciderà con un fiore particolarmente vistoso. Premendo un pulsante ci ritroviamo in una
La scenografia dell’audiopercorso climatico: ascoltiamo ed esploriamo a piedi racconti e fatti sul Cervino, il Gornergrat (a destra) o lo scioglimento del ghiacciaio del Gorner.
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compagna il nostro gruppo e ritiene che il sentiero sia di facile percorrenza, ma anche esposto. Sotto di noi si apre un salto verticale di 300 metri sul ghiacciaio del Gorner, la cui superficie è adornata da notevoli morene centrali, strutture arcuate di ghiaccio, vallette e acque di ruscellamento. Il ghiaccio è di un bianco splendente.
Prima di calzare, un’ora più tardi, i ramponi e inerpicarci sul ghiacciaio, ascoltiamo seduti su un masso accanto a un paio di fiori gialli il prossimo capitolo. Le voci di Lena Bader e Pius Anthamatten descrivono alcune specie erbacee d’alta quota, ad esempio l’astro alpino al quale, grazie ai suoi petali azzurrovioletto e al disco centrale giallo brillante, nessun insetto di passaggio riesce a resistere. O ancora il doronico proprio accanto a noi. Alpinisti, cacciatori e persino funamboli ne consumavano in passato le radici nella speranza di non soffrire di vertigini come i camosci. Non siamo riusciti a rinvenire la silene a cuscinetto: è forse già stata tutta mangiata da altre specie? La pianta pulvinata rosa trattiene al suo interno le foglie decomposte come humus. Questo terreno fertile è gradito anche da piante più grandi, che soppiantano i graziosi fiori. Una sostituzione che fa prospe rare alcune delle specie erbacee d’alta quota specializzate. I botanici riferiscono che a seguito del cambiamento climatico la zona vegetativa si sposta sempre più in alto. 100 anni or sono sulle vette superiori a 3000 metri erano rinvenibili 14 specie vegetali, oggi sono già 61! Ma le varietà alpine non possono più ripiegare e spingersi oltre in quota, quindi scompaiono.
Ghiacciaio in movimento
Dal ghiacciaio del Gorner in poi la via che conduce al rifugio è contrassegnata da una segnaletica biancablubianca. A questo punto occorre esperienza e un adeguato equipaggiamento alpinistico. In altri anni, racconta la guida, i ramponi non sarebbero stati necessari fino a metà agosto. Ma quest’anno l’intero manto nevoso che ricopriva il ghiaccio si è già sciolto nella calura di inizio estate. Per percorrere il primo tratto in verticale sul ghiaccio sfavillante indossiamo i ramponi e apprezziamo lo spesso corrimano di funi installato dal guardiano del rifugio. Un tempo, narrano le voci dell’audioguida, si passava praticamente diritti dal sentiero al ghiacciaio e poi alla capanna. Oggi bisogna prima scendere ripidamente e poi risalire faticosamente tra detriti morenici e rocce. Il ghiacciaio del Gorner si assottiglia come
1 Il sentiero che conduce al rifugio lungo il ghiacciaio è percorribile da escursionisti esperti. 2 L’astro alpino e il doronico (3) sono irresistibili e fanno dimenticare la paura dell’altezza. 4 Andrea Kuster, Miss Earth Svizzera, e Maximilian Horster, direttore di Climate Neutral Investments Ltd., sono ospiti di myclimate. Ascoltano e discutono i capitoli dell’audiopercorso climatico che conduce alla nuova capanna del Monte Rosa.
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quasi tutti i ghiacciai monitorati in Svizzera. Stando a una tabella riportata nella rivista del CAS «Die Alpen» (D, F), nell’anno di osservazione 2007/08 il gigante di ghiaccio si è ritirato di 200 metri, complice anche il fatto che la strettissima lingua glaciale ha perso il contatto con la massa principale. Nel periodo successivo si è ritratto fortunatamente di soli sei metri. I grandi ghiacciai tollerano le oscillazioni climatiche di breve durata, ma se fondono si rendono protagonisti di un evento che accade una volta ogni secolo.
A dispetto del repentino ritiro, le masse glaciali in questo paesaggio di straordinaria ampiezza e grandiosità rimangono di un’imponenza tale da farci sentire davvero minuscoli al loro cospetto. Pali di legno indicano la via. Cristalli di ghiaccio scricchiolano e si sbriciolano sotto i piedi. Il sole splende sul viso. Attraversiamo con un balzo un torrente glaciale che pochi metri più avanti scompare gorgogliando in una fenditura. Il ghiaccio si muove. Qui uno scricchiolio, là un masso rovina rumorosamente a valle. Grati ci serviamo degli scalini che la guida ha scavato in uno stretto costone di ghiaccio; a sinistra e a destra si spalancano crepacci.
Poco prima di lasciare il ghiacciaio per l’ultimo tratto del sentiero per la capanna, il nostro sguardo vaga in alto oltre la morena laterale e ai 300 metri in verticale che ancora ci attendono. All’orizzonte, su un crinale roccioso fra la Punta Dufour e il Liskamm, entrambi di oltre quattromila metri, brilla al sole il nuovo rifugio del Monte Rosa.
Magia dell’high-tech e difficoltà iniziali
La capanna che il CAS ha eretto in collaborazione con l’ETH in occasione del 150° anniversario del Politecnico è molto più di un alloggio per alpinisti: è un laboratorio futurista per l’edilizia sostenibile, l’efficienza energetica e l’utilizzo di energia rinnovabile. La struttura, interamente rivestita di alluminio, presenta uno strato isolante spesso 30 centimetri. Il marchio distintivo del rifugio è una scala elicoidale che invero altro non è che un grande condotto d’aerazione. La ventilazione controllata impedisce al calore di disperdersi nell’ambiente e mantiene costanti le temperature all’interno. Il progetto energetico del rifugio è inteso a consentire alla costruzione da sei milioni di franchi di produrre in autarchia fino al 90 per cento dell’energia necessaria, mentre le emissioni di CO2 per pernottamento diminuiranno di due terzi rispetto alla vecchia capanna del Monte Rosa.
Sulla terrazza del rifugio ci accoglie Peter Planche, già presidente della sezione Monte Rosa del CAS. Ha seguito i lavori sin dall’inizio e ci guida nel seminterrato, dietro una massiccia porta in alluminio dove è disposto il locale macchine. Secondo Planche è stato posato più di un chilometro di cavi. Numerosi accumulatori immagazzinano l’energia prodotta con pannelli fotovoltaici integrati, mentre l’acqua è conservata in una grande cisterna sotterranea. E siccome in cucina si sta lavorando a pieno regime, si sente anche il ronzio di un generatore di corrente alimentato con olio di colza.
Per quanto impressionante possa sembrare il tutto, le difficoltà iniziali della capanna inaugurata in marzo non sono ancora superate. La torma di visitatori – già a metà stagione ne sono stati contati 5000, tanti quanti ne erano previsti per l’intera stagio ne – ha mandato in tilt l’ingegnoso sistema di depurazione delle acque reflue. I bagni puzzano all’inverosimile. Planche è irritato: «Il fetore è insopportabile. In realtà il depuratore dovrebbe ripulire le acque grigie finché non assumono un color Rivella e non CocaCola come adesso».
L’acqua è il fattore chiave della gestione del rifugio. Planche: «I geologi avevano assicurato che la grotta nella roccia primitiva dietro la capanna era a tenuta ermetica. Ma non era così, tanto che è stato poi necessario rivestirla con una pellicola per renderla stagna. In inverno il guardiano della capanna ha perforato con una motosega lo spesso strato di ghiaccio del lago di Gorner per arrivare all’acqua. Un elicottero l’ha poi trasportata fino alla grotta».
A cena – lo staff della capanna serve un menu completo di quattro portate – questi problemi iniziali sono presto dimenticati. Rivolgiamo uno sguardo incantato al paesaggio che si apre dalla vetrata panora mica e alle travi di legno in vista nella sala da pranzo, artisticamente intagliate da un impianto CAD. Dopo il dessert gli alpinisti si ritirano per la notte nella camera a otto letti. Per loro la sveglia sarà già alle 2 del mattino. Noi turisti indugiamo ancora da vanti alla capanna. Il pendio di ghiaccio del Liskamm risplende nella meravigliosa luce della sera. Davanti alla facciata argentea del rifugio c’è un omino di pietra, e il pen siero corre alla voce del barbuto costruttore di queste figure: «Mini Steimannjini sind Wägwieserä i Züekunft. Wo wellentsch gah?». Bernard van Dierendonck
Altre spettacolari immagini dell’audiopercorso climatico e file audio tramite questo codice QR.Funziona così: per ricevere il link basta caricare l’applicazione BeeTagg Reader sullo smartphone e fotografare il codice.
Gli apparecchi per l’audiopercorso sono disponibili gratui tamente presso la stazione della Ferrovia del Gornergrat a Zermatt (contro de- po sito cauzionale). Con una stazio-ne di ricarica è possibile caricare l’audioguida anche sul cellulare. L’audiopercorso integrale è dispo-nibile su www.klimahoerpfad.ch.
Il sentiero per la capanna è contras-segnato e percorribile da escur-sionisti con esperienza alpinistica. In caso di scioglimento del manto nevoso del ghiacciaio sono neces-sari i ramponi. L’escursione dalla stazione di Rotenboden richiede tre ore (altrettante il ritorno). La sta- gione dura sino alla fine di settem-bre. In inverno la salita non è se- gnalata ed è possibile solo con sci da alpinismo (dalla metà di marzo).
Informazioni e prenotazioni per pernottamenti nel rifugio: www.section-monte-rosa.ch
Informazioni generali: www.neuemonterosahuette.ch
Nel 2007 il Credit Suisse ha donato al CAS 25 000 franchi attinti dal Fondo del Giubileo per sovvenzio-nare la costruzione della capanna; dal 2009 è inoltre partner dell’or-ganizzazione my climate.
Guide alpine: www.alpincenter-zermatt.ch
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Foto: Bernard van Dierendonck | M
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comportamento rispettoso e leale al posto di lavoro.
150 nuovi posti di tirocinio
Nel suo intervento Hans-Ulrich Meister ha ribadito l’impegno del Credit Suisse nell’am-bito della promozione delle giovani leve. Da anni, infatti, una delle principali sfide del Credit Suisse consiste nell’offrire ai giovani buone prospettive professionali. E siccome è importante investire nella formazione dei giovani anche nel mezzo di una crisi econo-mica, nel dicembre 2009 il Credit Suisse, uno dei principali datori di lavoro in Svizzera, ha lanciato un’iniziativa che si prefigge di au-mentare del 25 per cento il numero dei posti di tirocinio nel giro di tre anni, portandoli a quota 750. In questo modo la banca non so-lo sostiene la piazza formativa e lavorativa svizzera, ma affronta anche il problema della disoccupazione giovanile.
Che il Credit Suisse prenda sul serio il suo compito di formatore viene apprezzato anche dai nuovi entrati. «Ho scelto il Credit Suisse non da ultimo perché si mostra molto inte-ressato a noi apprendisti e perché è molto attivo in questo campo», così Federico spiega perché abbia deciso di puntare sul Credit Suisse come datore di lavoro. Durante la ma-nifestazione di benvenuto era particolarmen-te ansioso di ricevere maggiori informazioni sulla banca e fare nuove conoscenze. Anche Helena, una sua collega, era curiosa di co-noscere questo nuovo mondo. «La settimana introduttiva mi aiuta a inquadrare meglio il Credit Suisse e mi permette di farmi
Il Credit Suisse dà il benvenuto ai suoi giovani talenti
Lo scorso 2 agosto, 185 giovani hanno at-teso fiduciosi e con curiosità, mista a un pizzico di apprensione, l’inizio della manife-stazione «Start-up Credit Suisse», un evento di benvenuto organizzato dal team Young Talents. Probabilmente molti di loro la notte prima non avevano chiuso occhio, e non certo per i botti del primo agosto, bensì per la nuova fase della loro vita che si sarebbe- ro apprestati a iniziare all’indomani. I nuovi tirocinanti, per la maggior parte sedicenni e provenienti da tutta la Svizzera tedesca, si sono riuniti al Forum St. Peter di Zurigo, pun-to di partenza per il loro «viaggio» in seno al Credit Suisse, che è iniziato con una delle tre giornate introduttive e che si protrarrà fino al termine del tirocinio.
Passo dopo passo in un mondo nuovo
«Anzitutto vorrei congratularmi con voi. E lo faccio rivolgendovi addirittura un triplice augurio: in primo luogo per essere stati scel-ti tra migliaia di candidati, poi per aver pre-ferito il Credit Suisse come datore di lavoro e infine per aver scelto un tirocinio profes-
Anche quest’anno, al termine delle vacanze estive, numerosi nuovi appren- disti hanno iniziato la loro formazione bancaria o IT al Credit Suisse. Le giornate introduttive «Start-up Credit Suisse» hanno lo scopo di facilitare ai giovani l’accesso al mondo del lavoro e al tempo stesso consentire loro di allacciare i primi contatti.
sionale». Con queste parole Marion Fürbeth del team Young Talents di Zurigo ha accolto i nuovi apprendisti bancari e informatici all’evento di benvenuto, che quest’anno ha visto riuniti per la prima volta gli apprendisti dell’intera Svizzera tedesca. Per i tirocinanti del Ticino e della Svizzera francese si sono svolte manifestazioni analoghe nelle rispet-tive regioni linguistiche. Il compito di esporre ai presenti la cultura imprenditoriale e i principi del Credit Suisse, facilitando così ai nuovi arrivati il primo impatto con il mondo del lavoro, è spettato a Michael Steiner della Business School e ad altri specialisti della banca, appoggiati da Hans-Ulrich Meister, CEO del Credit Suisse Svizzera.
Gli apprendisti sono stati introdotti alle varie tematiche attraverso esempi pratici e un giro di domande e risposte. Tra l’altro, i relatori hanno accennato alle origini della banca e illustrato il Codice di condotta del Credit Suisse, che contiene dieci valori di base dell’attività bancaria, vincolanti per tutti i dipendenti. Particolare risalto è stato dato al trattamento dei dati dei clienti e al
Gli apprendisti traspongono su carta l’inizio del loro percorso al Credit Suisse e ne discutono insieme ai loro vicini di posto.
Primi contatti e scambi di opinioni tra gli apprendisti.
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Nuovo ambito di attività La Fondazione Speranza aggiunge alle sue iniziative il progetto di «Assessment riorientamento professionale». I giovani disoccupati che hanno concluso una formazione di base vengono indirizzati, mediante un assessment professionale con con sulenza di carriera, a settori sen za surplus di offerta e alla relativa formazione supplementare. Il respon sabile della Fondazione Jörg Sennrich è convinto che «le loro possibilità di reintegrarsi nel mondo del lavoro aumentino così note volmente». Dato che il Credit Suisse finanzia questo progetto nell’am bito della sua iniziativa contro la disoccu pazione giovanile, ogni anno circa 1000 giovani possono av valersi gratuitamente dell’assess ment.
Ancora di salvezza
Mezzogiorno, ristorante del centro sportivo Baregg presso Baden. È davvero un mezzo-giorno di fuoco: nella cucina fumante fervono i preparativi non solo per il pranzo, ma an- che per il banchetto serale con cento invitati. Tobias Gspandl deve occuparsi dei dessert, infatti mescola con cura la crema di vaniglia nella terrina. Ha 18 anni, ha iniziato l’appren-distato di cuoco da due settimane e afferma: «Mi impegno al massimo, dato che voglio cogliere la mia ultima possibilità».
Anche lui, come ogni anno altri 2500 ra-gazzi circa, dopo la scuola si è trovato senza tirocinio e con la triste prospettiva di dover dipendere dall’assistenza sociale. Ma i pro-blemi erano già cominciati alla scuola me- dia: «Ero fuori dal giro. A un certo punto ne ho avuto abbastanza delle offese dei miei compagni, ho cominciato a marinare la scuo-la e a prendere voti sempre più bassi». Du-rante l’apprendistato di prova si divertiva a lanciare le patate nelle pentole, giocandosi così la possibilità di concludere la formazione come cuoco. Poi ha frequentato il decimo anno alla scuola cantonale di formazione pro-fessionale, dalla quale però è stato sospeso
Ogni anno, circa 2500 ragazzi in Svizzera non riescono a trovare un posto di apprendistato e rischiano di trasformarsi in casi sociali. Di questa categoria particolarmente a rischio si occupa con successo la Fondazione Speranza.
dopo tre richiami disciplinari. L’unica possi-bilità che gli restava, a soli 16 anni, era l’Uf-ficio regionale di collocamento (URC), dove ha conosciuto la Fondazione Speranza.
Integrazione nel mercato reale
Dal «Progetto Speranza», varato nel 2006 dall’imprenditore e consigliere nazionale PRD Otto Ineichen, è nata due anni più tardi la Fondazione Speranza, una specie di an-cora di salvezza per i più deboli fra i deboli. La Fondazione si occupa di giovani fino a 25 anni senza prospettive professionali: «In-terveniamo dove lo Stato ha le mani legate colmando una lacuna» spiega il responsabile Jörg Sennrich, e anche il motto della Fon-dazione, «a ogni diplomato un lavoro assi-curato», sottolinea quanto la mancanza di formazione professionale possa causare danni anche all’economia. Sennrich spiega poi che, come dimostrano gli studi in mate- ria, i giovani «in assistenza», in programmi di in tegrazione o con pene da scontare pesano sul bilancio pubblico per centinaia di milioni di franchi.
L’impegno della Fondazione si basa su due principi. Da un lato, i suoi «networker» vicini al mondo economico motivano gli impren-ditori a bandire nuovi posti di ap prendistato e praticantato, ciò che ha consentito la creazione di circa 10 000 nuove opportunità di formazione in tutta la Svizzera. Sennrich tiene particolarmente a questo aspetto: «Non è un inserimento in ‹aziende protette›, ma un’integrazione nel mercato del lavoro reale. Si tratta per lo più di formazioni di base biennali con attestato federale (EBA, incl. formazione empirica) per ragazzi che fanno più fatica negli studi».
In secondo luogo, Speranza mette a di-sposizione un «anno di formazione» della durata di 12–18 mesi in un apposito istituto (Institut für Bildung – IfB) per preparare chi soffre di deficit importanti ad affrontare il mercato del lavoro con il supporto di coach, ossia di specialisti e imprenditori di provata esperienza. Molti giovani presentano proble-matiche sfaccettate (contesto migratorio, carenze scolastiche, comportamenti a ri-schio) e una netta mancanza di motivazione.
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un’idea di ciò che esattamente mi aspetta. Sono ansiosa di iniziare il tirocinio e pronta a confrontarmi con nuove realtà». Nel corso della giornata i partecipanti hanno avuto di-verse occasioni per scambiare idee e allac-ciare contatti. Muniti di carta e pennarelli sono tra l’altro stati invitati a disegnare l’inizio del loro cammino al Credit Suisse e a discu-terne con i loro vicini di posto. Per la maggior parte dei presenti è stato un ot timo esercizio nell’ottica di scrollarsi di dosso la tensione iniziale. «Adesso non sono più tanto agitato, ma il primo giorno di lavoro sono certo che lo sarò, perché la paura di commettere qualche errore c’è sempre», spiega Marco. «Ma dopo la giornata odierna sono fiducioso. L’iniziale nervosismo ha già fatto posto al piacere di trascorrere qui i prossimi tre anni».
Complessivamente quest’anno circa 220 giovani hanno potuto iniziare la loro formazio-ne professionale al Credit Suisse. Nella sola regione di Zurigo sono stati venti in più ri-spetto all’anno scorso. L’iniziativa sui posti di tirocinio rispecchia da un lato la responsabi-lità aziendale della banca e dall’altro rientra nella sua strategia d’affari. Il bagaglio di co-noscenze di cui gli apprendisti dispongono una volta terminata con successo la forma-
zione professionale fa di loro collaboratori richiesti e affidabili. Hans-Ulrich Meister ha fatto notare che il tirocinio, così come viene praticato in Svizzera, è unico al mondo e offre molti vantaggi. «Imparare a conoscere il mondo bancario partendo dai fondamenti significa poter contare su un ventaglio di conoscenze più ampio. Infatti, oltre alla parte teorica si impara a conoscere anche il lato pratico». Il tirocinio professionale, quindi, se accompagnato dalla necessaria mobilità e da corsi di perfezionamento, rappresenta un trampolino di lancio ideale per una carrie-ra professionale promettente all’interno del-la banca. Lo dimostra il fatto che nel 2009 circa l’85 per cento degli apprendisti del Credit Suisse ha trovato un impiego fisso al termine del tirocinio. Sotto questo punto di vista, come ha sottolineato Hans-Ulrich Meister, la banca continuerà su questa stra-da anche in futuro. Fabienne de Lannay
750apprendisti entro il 2012
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Svizzera Credit Suisse 55
Spesso il loro programma di vita è «chill out» (rilassati, fatti un giro), precisa Sennrich. Non esiste la consapevolezza di appartenere a una società dove bisogna dare un contribu- to. «Proprio per questo, spesso dobbiamo cominciare dall’inizio, puntando su qualità come ordine, puntualità, tenacia e senso di responsabilità». Durante gli appositi «campi professionali con prospettive di lavoro» di più settimane nelle regioni montane, i ragazzi sperimentano una tabella di marcia giorna-liera e lo svolgimento di compiti per acquisire
Maggiori informazioni al sito www.stiftungsperanza.ch
Il Credit Suisse contribuisce alla promozione della Svizzera come paese dalle eccellenti possibilità di formazione e di lavoro impegnandosi per il miglioramento delle opportunità profes sionali per i giovani. Nell’ambito dell’iniziativa di lotta alla disoccupazione giovanile ha stanziato 30 milioni di franchi. Nei prossimi trecinque anni collaborerà con sette partner.
Già presentate:Die Chance, fondazione per la pratica professionale con sede nella Svizzera orientale (bulletin 2/2010) Intégration pour tous. Progetto Jeunes@Work (bulletin 3/2010)
«Voglio cogliere la mia ultima possibilità»: grazie a Speranza, Tobias Gspandl (18 anni) ha trovato un posto di apprendista.
competenze chiave utili sul mercato del la-voro. Solo dopo inizia la fase della pianifi-cazione professionale vera e propria: oltre a colmare le lacune scolastiche, durante gli stage i ragazzi si confrontano attivamente con la loro scelta professionale e mettono in curriculum le prime esperienze.
A Speranza i giovani disoccupati arrivano attraverso i servizi cantonali o i comuni di domicilio. Anche Tobias Gspandl ha seguito questo percorso. All’inizio non è stato facile, ci racconta l’aspirante cuoco: come già a
scuola, Tobias recitava il ruolo del clown e si faceva emarginare. Anche con il coach c’erano problemi, ma da quando gli è stato assegnato un nuovo assistente è scattato un clic e le cose hanno iniziato a funzionare. Certo non è stato tutto rose e fiori: in alcuni momenti c’era tensione e anche stress, visto che il coach pretendeva determinate cose dal ragazzo, senza mai però perdere la calma e incoraggiandolo sempre. «A un certo punto ho abbandonato il mio atteggiamento in fan-tile e capito che si faceva sul serio». Lo svol-gimento di alcuni stage gli è valso il posto di apprendista al ristorante Baregg.
Le spese per l’anno di formazione ammon-tano a 21 000 franchi, un affare rispetto ad altre offerte simili e meno della metà dei circa 43 000 franchi che lo Stato sborsa per ogni ragazzo in difficoltà. E i successi di Speranza sono notevoli: dal 2007, circa 300 giovani hanno trovato un posto di ap-prendista dopo la conclusione del corso. Nella fascia dei 16–17enni la quota è del-l’80 per cento, mentre tra gli ultra 18enni del 50–60 per cento. «Il nostro concetto di for-mazione a tutto campo e individualizzato nonché il contatto con l’economia pagano», afferma Sennrich, «sia per i giovani che per l’economia». Ma c’è di più: grazie a Speran- za Tobias Gspandl ha (ri)trovato la fiducia in se stesso. Il suo quaderno è già pieno di schizzi: i progetti dell’hotel che vuole co-struire in riva mare. Michael Krobath
Il Credit Suisse è convinto che la responsabilità aziendale verso la società e l’ambiente sia un fattore importante ai fini del successo economico.
56 Economia Sanità
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Prove di equilibrio per la sanità svizzera
Foto: Mathias Hofstetter
Ospedale universitario Ospedale cantonale Ospedale regionale/distrettuale,
cliniche psichiatriche, cliniche di riabilitazione, cliniche private, cliniche specializzate
Credit Suisse bulletin 4/10
Sanità Economia 57
Prove di equilibrio per la sanità svizzera
La sanità svizzera è chiamata a contenere le spese pur garantendo l’accesso agli erogatori di servizi. Le differenze nell’assistenza regionale sono diminuite, mentre le aziende diventano sempre più grandi. La rete dei fornitori di servizi sanitari oggi è distribuita in modo più ampio sul territorio svizzero rispetto anche a solo dieci anni fa. Fino a che punto questa dilatazione regionale concorre a far aumentare le spese della sanità svizzera? >>>
Testo: Manuela Merki, Senior Economist, Credit Suisse Economic Research
58 Economia Sanità
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La salute ha il suo prezzo. In effetti, per il settore sanitario la Svizzera sostiene spe- se superiori al 10 per cento del PIL ed è su-perata in questa classifica solo dagli Stati Uniti e dalla Francia. D’altro canto, tuttavia, la sanità svizzera vanta un posto di spicco anche per la qualità dei risultati: l’aspettativa di vita è tra le più alte al mondo (donne 84,4 anni, uomini 79,7 anni) e dai sondaggi svolti a cadenza regolare emerge che la po-polazione è oltremodo soddisfatta dei servi-zi sanitari offerti.
I riflettori sono però attualmente puntati sul futuro del settore e il dibattito verte so-prattutto sul timore che le spese finiscano fuori controllo. Si stima che nel 2009 siano stati spesi complessivamente più di 60 mi-liardi di franchi per i servizi sanitari, e la tendenza punta verso l’alto (si veda la figura 1). E così, mentre da un lato i pazienti si trova- no a dover pagare premi della cassa malati sempre più onerosi, anche le spese sanitarie finanziate indirettamente dalle casse statali lievitano in media del 4,7 per cento all’anno (1998–2007).
Più consumo significa più uscite
Le uscite hanno subito un’impennata in tut-ti gli ambiti prestazionali, in media del 3,7 per cento all’anno tra il 1998 e il 2007, con l’aumento più forte nel settore ospedaliero ambulatoriale in seguito allo spostamento di prestazioni dal comparto stazionario.La crescita delle spese sanitarie dipen-
de più da fattori quantitativi che non econo-mici. Tra il 1998 e il 2008, infatti, l’inflazione media in tutto il settore della sanità non ha superato lo 0,4 per cento, ma tra i singoli beni e servizi si possono notare differenze considerevoli. L’aumento maggiore riguarda i prezzi delle prestazioni ospedaliere (+1,3 per cento all’anno), mentre i prezzi dei servi-zi medici sono rimasti invariati e quelli dei farmaci sono addirittura calati (–1,8 per cen-to all’anno).
I decisi incrementi quantitativi non sono casuali. La crescita della popolazione e l’invecchiamento demografico spingono la domanda di servizi sanitari. Una parte so-stanziale delle maggiori spese è però dovu-ta anche alle crescenti esigenze dei pazien-ti e agli incentivi intrinseci del sistema che favoriscono un’assistenza (eccessivamen- te) intensa. Le famiglie svizzere si fanno carico di una parte rilevante delle spese sanitarie, che tuttavia è costituita prevalen-temente dai contributi assicurativi e non di-pende dalle prestazioni godute. Anche sul
fronte dei fornitori gli incentivi vanno nella direzione dell’espansione quantitativa. In parole semplici: i «medici bravi», che curano i loro pazienti velocemente e in modo du-raturo, guadagnano meno dei «medici catti-vi» che ottengono poco con tante spese. L’incertezza riguardo al successo dei trat-tamenti rafforza il tendenziale aumento del consumo.
In campo sanitario, raramente chi dispone, utilizza e paga una prestazione è la stessa persona. I vari tasselli delle informazioni so-no distribuiti tra i diversi attori e spesso non sono liberamente accessibili. I costi effettivi restano quindi nascosti ai vari organi deci-sionali. Queste distorsioni e la crescita delle spese portano il sistema al suo limite di sop-portabilità.
Il carico delle spese nel sistema sanitario svizzero è distribuito su molte spalle e la di-sponibilità al cambiamento è scarsa. Troppi attori approfittano dell’attuale impostazione dell’assistenza sanitaria e pertanto le riforme procedono solo lentamente. La crescente pressione dei costi sta comunque iniziando a smuovere le acque.Nella struttura dell’offerta si notano al-
cuni cambiamenti. Per tutti gli erogatori di servizi sanitari, ad esempio, negli ultimi dieci anni si può constatare una tendenza all’aumento delle dimensioni aziendali. In molti settori il numero delle aziende è anda-to calando, in altri ha quantomeno rallentato fortemente la crescita rispetto al numero di equivalenti a tempo pieno. Solo in psicotera-pia/psicologia e in medicina generale l’oc-cupazione (in equivalenti a tempo pieno) è diminuita negli ultimi dieci anni. La medicina speciale (medici specialisti, cliniche specia-lizzate) è cresciuta molto più rispetto alla medicina generale.
Maggiore concentrazione negli ospedali
I processi di concentrazione per le grandi voci di spesa (ospedali e medici) così come per la cura a domicilio sono i più intensi; questi sono riconducibili da un lato a incre-menti di efficienza particolarmente elevati grazie alla concentrazione in questi settori, mentre dall’altro sembrano essere sostenuti dalla forte pressione pubblica e politica. La riforma del finanziamento ospedaliero e la conseguente introduzione dei forfait per caso entro il 2012 imprimeranno nuove spinte e condurranno a un riassetto del panorama ospedaliero. Il modello Managed Care a sua volta intensificherà la concorrenza tra i vari modelli di assistenza e quindi rafforzerà la
1 Svizzera sul podio La Svizzera spende più del 10 per cento del PIL per la sanità, subito dopo Stati Uniti e Francia. Fonte: UST, Seco, Credit Suisse Economic Research
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mia. di CHF PIL
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Spese sanitarie, totalePIL
2 Meno differenze regionaliTra il 1998 e il 2008 la differenza nel rapporto tra occupati nel settore sanitario e abitanti è diminuita. Fonte: UST, Credit Suisse Economic Research
19982008
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Ospedaligenerici
Studimedici
Cura Totale
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Sanità Economia 59
tendenza verso studi di maggiori dimensioni e reti di medici.
Il settore sanitario si trova quindi sospeso tra concentrazione e specializzazione da un lato e vicinanza ai clienti o pazienti dall’altro. Le considerazioni inerenti alla suddivisione del lavoro e all’efficienza depongono spesso a favore di una concentrazione dei servizi prestati, mentre la vicinanza ai consumatori e la funzione di assistenza le fanno da con-traltare.
Nella distribuzione geografica degli ero-gatori di servizi sanitari si nota una concen-trazione elevata negli agglomerati attorno ai centri economici, riconducibile alla doman-da fortemente concentrata e alla funzione di centri sovraregionali di competenza e as-sistenza svolta da tali regioni.Sostanzialmente, la concentrazione nei
centri non si è rafforzata a scapito delle regio-ni periferiche. Nello sviluppo dell’assistenza regionale si possono riscontrare solo proces-si parziali di concentrazione e specializzazio-ne. Dal rapporto tra il numero di dipendenti e il numero di abitanti risulta che tendenzial- >
mente le differenze regionali si stanno addi-rittura riducendo (si veda la figura 2).
Più assistenza nelle aree periferiche
Per quanto riguarda le possibilità di assi-stenza in rapporto al numero di erogatori di servizi sanitari entro un raggio costante di 30 minuti d’auto, si registra addirittura un aumento più forte nelle regioni periferiche; le regioni si vanno allineando. Colpisce so-prattutto il modello dell’aumento del poten-ziale di assistenza in determinate regioni periferiche per gli ospedali generici (si veda la figura 3) e i medici.A fronte dei timori di un livello di assi-
stenza sanitaria insufficiente o limitato per le regioni periferiche, queste constatazioni sorprendono. È presumibile che questo svi-luppo regionale degli erogatori di servizi sanitari e l’assistenza elevata nelle aree ru-rali siano dovuti non solo a nuovi posiziona-menti o specializzazioni, ma abbiano anche ragioni politiche. Soprattutto nella medicina generale uno sviluppo superiore alla media nelle regioni periferiche non offre presso-
ché alcun vantaggio economico. Sino a che punto la diffusione geografica della sanità e la discrepanza tra bacino d’utenza geografi-co e competenza politica spingano le spese verso l’alto, rimane una questione aperta.
La struttura legislativa e decisionale de-centrata è una particolarità svizzera. Le re-sponsabilità differenti e in parte intercon-nesse tra Confederazione, cantoni e comuni sono molto complesse e generano compe-tenze poco chiare, ridondanze o soluzioni inappropriate. Considerando l’impegno profu-so nei tagli alle spese e nella concentrazione, le prove di equilibrio tra la politica sanitaria nazionale e quella regionale sono destinate a diventare ancora più impegnative.
Il quadro normativo esistente soffoca la concorrenza, mentre a medio termine sareb-be importante creare un vero mercato inter-no. Fatta eccezione per l’assistenza minima di base, molte prestazioni possono essere rimandate per poi essere fornite e consu-mate fuori dal proprio luogo di domicilio. An-che rispetto all’internazionalizzazione, che aumenterà pure nel settore della sanità,
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Inserzione
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una maggiore concorrenza interna sarebbe un’ottima condizione propedeutica. In futuro, trasparenza e informazioni sulle prestazioni erogate e la loro qualità svolgeranno un ruolo importante.
Una previsione sul futuro fabbisogno di assistenza regionale e sul potenziale di svi-luppo regionale mostra come per le varie regioni si creino opportunità anche in un mercato maggiormente orientato alla con-correnza e con una crescente specializza-zione. La chiave – fatta eccezione per l’as-sistenza di base – è rappresentata da una maggiore specializzazione e concentrazio- ne delle competenze. Nelle regioni di cresci-ta attorno ai centri economici sta nascendo un fabbisogno nel campo dell’assistenza medica di base (si veda la figura 4). Nelle regio-ni rurali, invece, si registrerà uno sviluppo superiore alla media nel settore della cura, perché in tali regioni l’attuale densità assi-stenziale è piuttosto bassa e la crescita attesa dell’indice di dipendenza degli anziani (percentuale della popolazione over 65 ri-spetto a persone da 20 a 64 anni) è partico-larmente alta. Potenziale di sviluppo viene registrato anche nel settore della riabilita-zione e cura o nel wellness e bellezza. Per-tanto, in un’ottica di lungo periodo, la strate-gia migliore è affrontare attivamente i nuovi sviluppi nelle strutture organizzative e di mercato. <
3 Mezz’ora d’auto fino all’ospedale più vicinoNelle aree rurali la densità assistenziale tra il 1998 e il 2008 è aumentata. Questo sviluppo, che in tali regioni non offre pressoché alcun vantaggio economico, è verosimilmente dovuto anche a ragioni politiche. Fonte: UST, Credit Suisse Economic Research
4 Aree urbane e rurali hanno esigenze mediche diverseNegli agglomerati economici la domanda riguarda maggiormente l’assistenza medica di base, mentre nelle aree rurali con una quota più elevata di anziani la domanda di servizi di cura è destinata a salire. Fonte: UST, Geostat, Credit Suisse Economic Research
Il Credit Suisse: centro di competenza per temi legati all’economia svizzera
Il 24 agosto 2010 è stata presentata ai media la nuova pubblicazione sul settore sanitario elvetico. Questo studio analizza la sanità svizzera e illustra in particolare la dimensione regionale focalizzandosi sulla sanità come fat tore economico regionale e sul l’assistenza alla popolazione. Lo studio completo è disponibile su Internet sul sito www.creditsuisse.com/research (Economia svizzera/Settori).
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Foto: George Doyle, Getty Im
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Il nostro mercato è il mondo:vola l’export svizzero di beni di consumo Ogni anno il mondo spende 35 750 miliardi di dollari per il consumo privato. Anche la Svizzera ne beneficia grazie alle sue solide società esportatrici.
Testo: Dennis Brandes, Credit Suisse Economic Research
Il fine ultimo di ogni sistema economico è il consumo, inteso come domanda globale delle famiglie di beni e servizi in tutta la loro diversità: articoli di lusso, pigione, nutrimento, vacanze, assistenza sanitaria. Non lavoriamo per risparmiare o investire, ma per poter coprire, oggi e domani, le nostre esigenze e quelle delle persone a noi care. Naturalmente risparmiamo e investiamo anche, con l’effetto di ridurre il consumo corrente, ma se la strategia seguita è corretta aumenta in contropartita il benessere futuro e quindi le future possibilità di consumo.
Non stupisce dunque che la parte preponderante del prodotto economico mondiale venga spesa per finalità di consumo privato. Nel 2008 sono stati 35 750 miliardi di dollari, grossomodo il 60 per cento del PIL mondiale o settanta volte il risultato economico annuo della Svizzera. Buona parte del consumo di un paese viene soddisfatto direttamente in loco, gli affitti ad esempio o i generi alimentari prodotti localmente; ma una quota tutt’altro che trascurabile di beni di consumo proviene
da tutto il mondo (automobili dalla Germania, televisori dalla Corea, mobili dalla Svezia), motivo per cui ai consumatori svizzeri si offre una scelta molto più ampia e articolata di quella che potrebbero proporre i soli produttori svizzeri. Viceversa, questi ultimi hanno un bacino di clienti assai più esteso: anziché 7,6 milioni di potenziali consumatori, teoricamente quasi il centuplo. E sebbene le imprese svizzere di beni di consumo non possano naturalmente annoverare fra i propri clienti ogni individuo su questa terra, in numerosi settori sono protagoniste di primissimo piano.
Una storia di successo tutta svizzera
Le esportazioni di beni di consumo totaliz zano una quota ragguardevole di tutte le vendite oltreconfine di merci svizzere. Lo scorso anno sono stati esportati beni di consumo per 92,4 miliardi di franchi, pari a una quota del 51,3 per cento dell’intero export. Le esportazioni di generi di consumo hanno espresso valori di eccellenza non solo in termini proporzionali, bensì anche sul versante
della resistenza alla crisi e con una flessione del 3,2 per cento hanno evidenziato una contrazione decisamente più contenuta dell’intero export elvetico, crollato del 12,5 per cento.
I produttori svizzeri esportano naturalmente un ricco assortimento di beni e sono competitivi in numerosi settori. Ciò malgrado, in termini di volume la statistica del commercio estero è dominata solo da poche categorie merceologiche, con i quattro maggiori gruppi di prodotti a totalizzare quasi il 90 per cento delle esportazioni di beni di consumo (figura 1). Il comparto più significativo si individua nella categoria dei farmaci, che raccoglie quasi 60 miliardi e quindi due terzi dell’export di generi di consumo e un terzo di tutte le esportazioni di merci. Alle esportazioni farmaceutiche va anche sostanzialmente accreditata la buona performance messa a segno nell’anno di crisi 2009, poiché mentre le esportazioni della maggior parte dei gruppi merceologici hanno lamentato una flessione, le vendite all’estero di prodotti farmaceutici sono progredite di oltre il 5 per cento.
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Esportazioni Economia 63
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In deviazioni standard
0989 91 93 95 97 99 01 03 05 07
Soglia di crescita del barometroEsportazioni (tasso di crescita annuo in %)Crescita tendenziale esportazioni(media mobile sull’arco di 6 mesi)Barometro (+1T)
Prodotti farmaceutici (incl. articoli per l’igiene) 62,9%Orologi13,4%Generi alimentari 6,3%Bigiotteria, oggetti di gioielleria e oreficeria 5,7%Abbigliamento e calzature 2,2%Prodotti di manutenzione e pulizia 1,2%Arredamenti 1,0%Altro 7,2%
Al secondo posto dell’export di beni di consumo si posiziona uno dei prodotti svizzeri forse più tipici: gli orologi. A dispetto della recessione globale, nel 2009 sono stati esportati orologi per 12,4 miliardi di franchi, dato che corrisponde pur sempre a una regressione di oltre un quinto rispetto al 2008. Questa interazione fra beni fortemente vulnerabili all’andamento congiunturale e piuttosto resistenti alla congiuntura trova anche espressione nelle successive posizioni in classifica nella statistica del commercio estero: ai comparativamente stabili generi alimentari (5,8 mia. di franchi nel 2009, +0,9 per cento rispetto al 2008) seguono gli articoli di gioielleria piuttosto sensibili alle variazioni congiunturali (5,3 mia. di franchi nel 2009, –11,5 per cento rispetto al 2008). Per l’export svizzero la combinazione fra prodotti tendenzialmente resistenti e sensibili alla congiuntura rappresenta di fatto un punto di forza apprezzabile che consente sia di partecipare all’espansione economica sia di resistere alle crisi meglio di molti altri paesi.
Prospettive grazie all’indicatore export
Dopo il forte calo accusato nel 2009, nell’anno in corso gli esportatori hanno ritrovato smalto e una condizione migliore. Sarà così anche nei prossimi mesi? Per chinarsi su questo interrogativo, l’Osec e il Credit Suisse hanno messo a punto insieme l’indicatore export delle PMI, che associa la domanda estera al clima export tra le PMI svizzere (si veda la scheda in pagina). Nel terzo trimestre entrambi gli indicatori, ovvero domanda estera e clima export, segnalano una crescita.
Il barometro delle esportazioni del Credit Suisse, che riflette la domanda estera di prodotti svizzeri, ha registrato un’ulteriore progressione nel corso degli ultimi tre mesi. Nel terzo trimestre sarà raggiunto un valore di 1,1, ampiamente superiore alla soglia di crescita di –1 e anche superiore al valore zero, che indica una normalizzazione (figura 2). Pur se attualmente si sta profilando un rallentamento della dinamica, il barometro delle esportazioni continua a stazionare sopra la soglia di crescita, cosicché nel prossimo futuro le prospettive per l’export svizzero rimangono favorevoli.
Le prospettive di export dell’Osec evidenziano l’impatto degli impulsi esteri sulle PMI. Per il terzo trimestre annunciano un lieve raffreddamento del clima delle esportazioni da 76,8 a 68,5 punti, valore comunque ben superiore alla soglia di crescita di 50,0 punti. In proposito, i produttori di beni di consumo hanno espresso particolare ottimismo. <
Barometro delle esportazioni del Credit Suisse
Il barometro delle esportazioni del Credit Suisse Economic Research si basa sugli indici dei direttori agli acquisti (PMI) dei 28 principali mercati acquirenti della Svizzera. Sfrutta il fatto che la congiuntura estera è in relazione di dipendenza causale con l’andamento dell’export in Svizzera e possiede un valore precursore fino a un semestre rispetto all’evoluzione dell’export.Per maggiori informazioni sul tema: Credit Suisse (2009), Commercio estero in Svizzera – fatti e tendenze, Swiss Issues Settori, disponibile all’indirizzo www.creditsuisse.com/research
Prospettive di export delle PMI espresse dall’Osec
Le prospettive di export delle PMI si fondano sul sondaggio trimestrale svolto presso un gruppo fisso di oltre 200 PMI svizzere che rappresentano i settori farmaceutica/chimica, metalmeccanica, beni di consumo, industria metallurgica, carta, elettrotecnica, industria di precisione e servizi. Gli interpellati forniscono inoltre ulteriori informazioni, per esempio sui motivi della variazione dei loro volumi d’esportazione, sui mercati di export, ecc. Queste indicazioni resti tuiscono un’immagine eloquente e significativa delle attività di esportazione delle PMI svizzere.Per maggiori informazioni sul tema: www.osec.ch/exportindikator
1 I prodotti farmaceutici costituiscono le principali esportazioni di beni di consumo della SvizzeraNel 2009 i farmaci e gli articoli per l’igiene nonché gli orologi hanno totalizzato tre quarti di tutte le esportazioni svizzere. Un’ampia diversificazione è tuttavia importante. Fonte: Amministrazione federale delle dogane
2 Il barometro delle esportazioni del Credit Suisse indica una normalizzazione dell’exportL’industria d’esportazione elvetica ha compiuto il giro di boa e vanta buone prospettive per i prossimi mesi. Fonte: OCSE, Amministrazione federale delle dogane, Datastream, Credit Suisse Economic Research
64 Economia Opportunità
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Occasione persa?Per le imprese, i governi e la società in genere la recente crisi finanziaria ha rappresentato l’occasione più unica che rara di rompere gli schemi, dar concretezza a idee anticonformiste e accelerare i processi di riforma. Hanno perso quest’occasione?
Testo: Kevin Lyne-Smith, responsabile Equity Research Europe and America
Nell’ultimo secolo il nostro pianeta è stato messo a soqquadro soltanto quattro volte, e altrettante sono state le occasioni di voltare radicalmente pagina: i due conflitti mondiali, la grande depressione nel periodo tra le due guerre, e per l’appunto la crisi finanziaria dei nostri giorni. La ricostruzione totale del-la Germania e del Giappone dopo la resa può essere ritenuta a buon diritto la pietra miliare della prosperità di cui ambedue i paesi godono tuttora. Pur non volendo parificare la situazione odierna a quella ben più estre-ma di allora, dobbiamo riconoscere che l’at-tuale crisi finanziaria, dispensatrice di svaria-te occasioni di rinnovo, presenta numerosi punti in comune con la grande depressione degli anni Trenta, anch’essa alla base di una nuova regolamentazione dell’industria finan-ziaria del tempo.
In simili circostanze l’elettorato è pronto a sostenere interventi politici radicali, su-scettibili di porre freno alla crisi. Una delle ca ratteristiche costanti è la rapida perdita di fiducia, riconducibile sia al forte calo dei posti di lavoro e alle numerose bancarotte aziendali, sia alle insufficienze di taluni comparti del mercato finanziario, struttura portante dell’economia di mercato dei pae- si progrediti. Il fallimento di istituti finanzia- ri genera insicurezza e apprensione nella clientela, preoccupata dei propri averi pen-sionistici e a risparmio. La recente crisi finanziaria non ha fortunatamente prodotto
i drammatici effetti registrati nel 1929. Le perdite patrimoniali e il calo di fiducia hanno tuttavia innescato problemi di bilancio che limitano le possibilità dei governi di superare la crisi mediante l’allentamento della spesa pubblica. Costrizioni, va ribadito, sfociate perlopiù in una maggiore austerità di bilan- cio e in approcci creativi alla risoluzione del-la crisi.Siccome le possibilità d’intervento sono
pressoché illimitate, nei sei esempi che vi proponiamo ci concentriamo soprattutto sul-l’Europa.
Integrazione europeaL’euro è stato tenuto a battesimo il 1° gen-naio 1999 in un clima di reticenza e scetti-cismo. Nel 2002 ha sostituito le monete di 16 paesi europei e nei sei anni successivi ha saputo guadagnare quasi costantemente terreno sul dollaro. L’introduzione dell’euro avrebbe dovuto rappresentare il primo pas- so concreto verso un’integrazione politica ed economica degli Stati di Eurolandia. I problemi con cui si dibatte la Grecia, e in misura minore anche la Spagna e l’Irlanda, mettono però a nudo le crepe del progres- so e i rischi cui si espongono 16 nazioni ac comunate sì dalla stessa moneta, ma pri-ve di concertazione sul da farsi. In Grecia
nulla o quasi è cambiato rispetto ai tempi della dracma, eccezion fatta per la possibili-tà, dalla sua adesione all’eurozona, di acce-dere a capitali artificialmente vantaggiosi, e per di più a tassi d’interesse vicini a quelli tedeschi.
L’Europa dovrebbe prendere spunto dal modello federalistico elvetico, capace di abbi-nare ottimamente funzioni regionali e nazio-nali. Uno schema possibile potrebbe concre-tizzarsi in un’Europa federalistica, con una chiara separazione dei poteri tra Parlamento europeo e Stati membri, entrambi legittima-ti a riscuotere imposte per finanziare i rispet-tivi mandati.
Le economie più influenti avrebbero do-vuto sfruttare l’occasione di dare una sferza-ta risoluta al rafforzamento dell’integrazione europea. F
oto: H. P. M
erten, Keystone | Daniel B
oschung, Roy McM
ahon, Corbis
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Opportunità Economia 65
www.credit-suisse.com/mbulletin
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mozione di obiettivi ambientali più ragione-voli, la rimozione di barriere commerciali e il risanamento dei bilanci pubblici.
Riforme pensionisticheÈ imperativo rivalutare i sistemi sociali dalla prospettiva del loro finanziamento futuro, tenuto conto della speranza di vita in aumen-to. Nei decenni a venire, in Europa le im-prese dovranno verosimilmente confrontarsi con una carenza di forza lavoro, visto che il tasso di natalità, fermo a bassi livelli, contri-buisce ad accrescere l’età media della po-polazione. Stando ai dati pubblicati dalla CIA nel «The World Fact Book», in Europa la speranza media di vita ha ormai superato i 79 anni, con conseguente prolungamento dei versamenti pensionistici.A dispetto di tale rialzo, sinora l’età di
passaggio alla pensione è rimasta straordi-nariamente stabile. In Grecia l’età di pen-sionamento è ora stata innalzata, passando dagli incredibilmente prematuri 53 anni a 63; in Spagna si prevede un aggiustamento da 65 a 67 anni. A questo punto ci si chiede come mai non sia stata fissata un’età di pensionamento unica. Per i governi la sfida principale è tuttavia racchiusa nell’aspetto psicologico di una popolazione che invecchia: nel nostro mondo del lavoro, ossessionato dal culto della giovinezza, dopo i 55 anni è pressoché impossibile trovare un nuovo impiego. Sarebbe ad esempio ipotizzabile costringere le imprese a motivare le diffe-renze tra la ripartizione per classi di età nel loro organico e nell’intera popolazione. Negli Stati Uniti questo principio è ancorato nel-l’«Age Discrimination in Employment Act» (ADEA) del 1967, un testo di legge adottato per contrastare la discriminazione dei lavo-ratori più anziani (ultra 40enni). Di fronte
SovvenzioniIl termine sovvenzione può essere definito come «sostegno finanziario elargito dal go-verno a un individuo o a un gruppo per pro-muovere un’impresa la cui esistenza è rite-nuta di pubblico interesse». L’«interesse pubblico» è un concetto di per sé piuttosto vago, spesso e volentieri utilizzato per tute-lare industrie politicamente sensibili e non competitive, alimentando in tal modo un’ul-teriore distorsione della concorrenza. Anche i recenti round di colloqui dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) non hanno cavato un ragno dal buco, a riprova del fatto che gli Stati non hanno nessun interesse a diminuire le sovvenzioni o a smantellare le barriere al commercio. Tuttavia, vista la vo-lontà dei governi di tagliare radicalmente la spesa pubblica, una riduzione delle sovven-zioni – in particolare quelle che ostacolano un commercio sostenibile – andrebbe vaglia-ta seriamente. Molti paesi sostengono ad esempio l’industria ittica sebbene esistano prove scientifiche inconfutabili di un massic-cio sfruttamento irrazionale di tali riserve. In molti paesi l’acqua è tuttora disponibile a prezzi sovvenzionati che non riflettono il reale livello dei costi, favorendone lo spreco e in ultima analisi la coltivazione poco eco-nomica di prodotti agricoli che ne richiedono ingenti quantità, come il riso o la leguminosa alfalfa (detta anche lucerna) in regioni semi-aride. In Europa la Politica agricola comune rappresenta tuttora la principale fonte di sov-venzioni. Nota positiva: il recente annuncio secondo cui nel 2012 sarà interrotto il so-stegno all’industria carbonifera europea. Ov-viamente ci sono anche eccezioni sensate: in Svizzera, ad esempio, gli aiuti finanziari alle aziende agricole di per sé non redditizie favoriscono sia l’ambiente che il settore del turismo. In generale, tuttavia, lo smantella-mento delle sovvenzioni favorirebbe la pro-
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con un immenso ventaglio di possibilità, da concretizzare mediante progetti nazionali e internazionali.
Paradossalmente sono proprio i paesi occi-dentali, produttori pressoché insignificanti, a consumarne in grandi quantità. A livello po-litico la sicurezza energetica e la protezione dell’ambiente dovrebbero favorire l’adozione di fonti alternative al petrolio.Per l’industria automobilistica l’introdu-
zione di veicoli a propulsione unicamente elettrica rappresenta una vera e propria rivoluzione. Nei prossimi anni saranno lan-ciati sul mercato gli sviluppi più recenti. In tema di tecnologie ecocompatibili l’Europa occupa una posizione di prim’attrice. Ciono-nostante l’industria non potrà fare a meno di un certo supporto, segnatamente nell’offer-ta di stazioni di ricarica. Prendendo spunto dalla legislazione della California o nel qua-dro di incentivi finanziari o fiscali i governi potrebbero giocare la carta del sostegno ai veicoli elettrici. Purtroppo sinora i program-mi di promozione statale hanno favorito per-lopiù i veicoli con motori convenzionali a diesel e ad accensione comandata. Nella sola Germania i premi per la rottamazione hanno raggiunto i cinque miliardi di euro.La crisi finanziaria ha invogliato molte
persone a riconsiderare il mondo da un’altra prospettiva. Sinora, tuttavia, non ci sembra di aver colto l’occasione di reagire in ottica sostenibile. <
Energia nucleareLa consapevolezza collettiva del cambia-mento climatico in atto costituisce un fonda-mento ideale per sfruttare anche in futuro l’energia atomica. Il ricorso alle sole fonti di energia rinnovabile non basta infatti per soddisfare entro i tempi previsti i criteri di riduzione dei gas a effetto serra fissati dal Protocollo di Kyoto. Ai governi si presenta così l’occasione di prendere due piccioni con una fava. Una moratoria al potenziamento di tutti gli impianti per la produzione di energia elettrica a eccezione delle energie rinnova-bili (solare, eolica) o del nucleare costitui-rebbe un importante passo avanti verso un futuro a emissioni ridotte, e fornirebbe mag-giori garanzie in campo energetico, visto che la dipendenza dalle importazioni di greggio, carbone e gas si affievolirebbe. La Francia produce già l’80 per cento circa del proprio fabbisogno di elettricità tramite il nucleare. Il governo britannico sostiene la costruzione di nuove centrali nucleari coinvolgendo l’eco-nomia privata, mossa quanto mai opportuna in tempi di ristrettezze finanziarie della mano pubblica. Gli investimenti andrebbero a van-taggio di numerose imprese europee come Areva, EDF, Alstom e Siemens.
Vetture elettriche Nel luglio del 2008 il prezzo del greggio – 144 dollari al barile – raggiungeva il suo apice, innescando una spirale di sfiducia sia sul mercato finanziario che tra i consu-matori.
all’evidenza di una penuria di forze lavoro accompagnata da versamenti pensionistici prolungati, per le società la risposta appare più che scontata.
InfrastrutturaPur ammettendo che l’infrastruttura alimen-ta il dibattito pubblico da neppure un secolo, siamo concordi nel considerarla il fondamen-to su cui poter erigere una società. Proprio la crisi economica mondiale ha evidenziato, secondo quanto affermano Solow, Kendrick, Gordon, Abramovitz e David, come alla base degli enormi aumenti della produttività regi-strati negli Stati Uniti tra il 1929 e il 1941 vi sia stato il massiccio incremento degli inve-stimenti a favore dell’infrastruttura, seguiti dalle ingenti spese per la ricerca e lo svilup-po, documentati dai lavori di Schmookler prima, e Mensch poi. È interessante notare come le uscite siano state ripartite sulla mag-gior parte dei settori.In Europa i progetti a favore dell’infra-
struttura sono attualmente al guinzaglio dei programmi di risparmio. Inoltre, fornitori di energia come i gruppi tedeschi RWE e E.ON sono gravati da imposte aggiuntive che tarperanno senz’altro le ali agli investi-menti infrastrutturali. I progetti a favore dell’infrastruttura sono spesso alla base di nuovi posti di lavoro presso ABB, Alstom, Siemens, Holcim e Lafarge. Il denaro im-piegato nel miglioramento, nell’ampliamento o nel rinnovo dell’infrastruttura ha ricadute positive sull’intera società, abbracciando ad esempio il settore dei trasporti (autostrade, ferrovie, aeroporti, porti marittimi), la comu-nicazione, l’approvvigionamento (idrico, elet-trico, legato allo smaltimento dei rifiuti), le scuole, gli ospedali e altro ancora. Come ad esempio per le tratte ad alta velocità del traffico ferroviario, i governi si ritrovano
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Paesi emergenti: la carica dei clienti retailNel 2030 le economie emergenti potrebbero vantare 1,2 miliardi di clienti bancari appartenenti al segmento retail e pertanto in grado di generare reddito. L’urbanizzazione e il desiderio di finanziare il consumo privato gonfiano le vele del settore bancario soprattutto nelle città.
Testo: Christine Schmid, Research Analyst
La rapida espansione e le mere dimensioni del mercato dei consumi nei paesi emergen-ti, unitamente al crescente numero di clienti bancari, connotano lo sviluppo del settore bancario di tali paesi. Questi fattori racchiu-dono un potenziale di crescita strutturale sull’arco di più anni grazie al quale, per gli istituti finanziari ben posizionati, si profilano a medio termine prospettive oltremodo favo-revoli.
Trend chiave nel settore bancario
A trarre profitto dal modello di crescita degli emergenti saranno anche i servizi di gestione patrimoniale e i loro fornitori: numerose banche private di tutto il mondo sono già ai nastri di partenza per lanciarsi nella corsa e servire un crescente numero di clienti bene-stanti. Tuttavia, proprio in considerazione dell’aumento di questo target di clientela, prevediamo che più in là nel tempo anche i gruppi bancari locali cominceranno a offrire servizi di private banking.
È altresì lecito ritenere che i servizi ban-cari mobili daranno un colpo di acceleratore a questo sviluppo nelle regioni rurali delle economie emergenti. Pur non essendo per ora un business molto proficuo, essi potreb-bero fare da volano alla crescita dei clienti bancari redditizi. Attualmente sostengono inoltre la redditività e la crescita degli offe-renti di sistemi e tecnologie mobili.
La Banca mondiale prevede che il nume-ro delle persone appartenenti alla classe media (con un reddito annuo fino a 30 000
dollari) passerà da 400 milioni nel 2000 a 1,2 miliardi nel 2030, una cifra che corrispon-de a quattro volte la popolazione americana o a quasi il doppio di quella europea.
Alla luce di queste proiezioni e della ten-denza di lungo termine verso un mondo mul-tipolare, il comparto bancario ha recente-mente iniziato a evidenziare enormi tassi di crescita. Riteniamo che vi sia sufficiente potenziale di espansione sia per le banche locali sia per coloro che si affacceranno sul mercato nel corso di una seconda ondata, a condizione che possano liberamente acce-dere ai rispettivi mercati locali. I prodotti retail quali conti bancari, carte di credito, carte di pagamento, crediti al consumo e ipoteche saranno verosimilmente diffusi su vasta scala. Inoltre, siccome i clienti dei paesi emergenti sono generalmente propen-si ad allocare i propri risparmi, prevediamo
che i prodotti d’investimento metteranno le ali non appena sarano disponibili i relativi importi.
Asia: elevate barriere all’entrata
Complice una limitata assegnazione di licen-ze, numerosi mercati asiatici del retail ban-king presentano elevate barriere all’entrata. In una prima fase le carte migliori le avranno quindi verosimilmente il settore bancario nazionale e determinati istituti che a livello di percezione sono considerati locali, come HSBC o Standard Chartered. In America latina lo scenario è diverso, con le banche estere che godono di un ampio accesso al mercato, legato al contesto storico. L’esem-pio più evidente è il Messico, dove gli istituti stranieri (perlopiù spagnoli) controllano i due terzi del mercato bancario. Al gruppo spagnolo BBVA appartiene la più grande banca messicana, mentre Santander figura fra i tre principali istituti finanziari presenti in Brasile.
A causa dei rischi associati alla rapida crescita, le banche devono applicare rigide direttive che tengano conto del merito di credito dei loro clienti privati. Inoltre, le au-torità di vigilanza e le banche centrali devo- no garantire, aumentando i requisiti di riser-va o tramite strumenti di politica fiscale, che la crescita del credito rimanga costante e gestibile per i sistemi finanziari dei singoli paesi. I sintomi che questi parametri stanno sfuggendo di mano devono essere attenta-mente monitorati. <
Classe media benestante in crescitaÈ probabile che nel 2030 il numero di clienti benestanti nel redditizio segmento retail sarà triplicato rispetto al 2000. Fonte: Banca mondiale
Milioni di persone 2000 2030E
America latina 150 190
Asia orientale 120 600
Europa e Asia centrale 80 170
Medio Oriente 30 70
Africa 20 30
Asia meridionale 0 140
Totale 400 1200
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Paesi di nuova industrializzazione
Inflazione, tasso annuale in %
Paesi industrializzati
1960 1970 1980 1990 2000 2010Le linee continue raffigurano il valore centrale (mediano) del tasso d’inflazione per i due gruppi di paesi. Le aree ombreggiate si estendono dal quartile superiore a quello inferiore di ogni gruppo.
L’infl azione è dietro l’angolo?Nel secondo dopoguerra non pochi Stati ricorsero alla zecca per risolvere i propri problemi di bilancio, scatenando spesso fenomeni infl ativi. Oggi le banche centrali autonome e la disciplina del mercato vegliano a che ciò non accada. La gran parte delle economie progredite segnala rischi infl ativi irrisori, che acquistano invece spessore nei paesi di nuova industrializzazione o in forte espansione, come l’Australia.
Testo: Thomas Herrmann, Senior Economist, e Oliver Adler, responsabile Global Economics and Real Estate Research
Cala il sipario sulla «grande moderazione»?Ad eccezione di una piccola parentesi al rialzo prima della crisi fi nanziaria del 2008, da decenni il trend infl azionistico è al ribasso. Nei paesi industria-lizzati il processo ha preso avvio all’inizio degli anni Ottanta, dopo la «stagflazione» imperante degli anni Settanta. I paesi in via di industrializzazione hanno seguito la stessa tendenza. Qui i rischi ciclici d’inflazione risultano attualmente maggiori rispetto alle economie più progredite, ma nessun attore sembra intenzionato a voler abbandonare le conquiste della grande moderazione. Fonte: Datastream, Bloomberg, FMI, OECD, Credit Suisse
GRANDE
POSTERSULL’INFLAZIONE
accluso a
questa rivista
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Inflazione Economia 69
A seguito della crisi economico-finanziaria globale le uscite dei governi sono lievitate ovunque e le banche nazionali hanno ridotto drasticamente il livello dei tassi. Alcuni isti-tuti, capeggiati dalla Federal Reserve, hanno acquistato volumi ingenti di titoli di Stato e altri strumenti mobiliari. Ciò ha permesso ai mercati finanziari di ritrovare l’equilibrio dopo la bancarotta di Lehman Brothers ed evitare il collasso generalizzato dell’economia. Tutta-via, il binomio tra spesa pubblica in aumento e gettito fiscale in ribasso si traduce in ele-vati deficit di bilancio e forte progressione dell’indebitamento statale. Gli istituti centra-li hanno «stampato» quantitativi esorbitanti di denaro, che hanno gonfiato i loro bilanci.
Se durante la crisi aleggiava lo spaurac-chio della deflazione, ora i media, la popola-zione ma anche alcuni economisti sono por-tati a credere che tutto il denaro immesso nel sistema, unito all’esplosione dei debiti, mate-rializzerà inevitabilmente un nuovo fantasma, ossia l’inflazione. Per gli investitori è di cru-ciale importanza accertare se il pericolo sia davvero reale. Nell’ultima edizione del «Global Investor» diversi esperti approfondi-scono il tema. Nell’articolo che segue abbia-mo riassunto i punti salienti.
Il denaro «stampato» attizza l’inflazione?
Molti istituti centrali hanno emesso denaro fresco e acquistato prestiti obbligazionari o anche divise, come la Banca nazionale sviz-zera. Parafrasando Milton Friedman, l’inflazio-ne è sempre e comunque un fenomeno mo-netario. Dunque, se viene «stampato» troppo denaro, a lungo termine si avvertiranno gli effetti del rincaro. Friedman precisava tutta-via che la condizione posta era l’effettiva en-trata in circolazione del nuovo denaro nel-l’economia globale, seguita da un aumento generalizzato della domanda. Il quesito da porsi è pertanto se l’afflusso di denaro abbia effettivamente sovrastimolato la domanda complessiva, o se sia in procinto di farlo in tempi brevi. Per la maggior parte dei paesi industrializzati la risposta è no. Uno sguardo al ciclo finanziario permette di affermare che in Europa e negli Stati Uniti il rischio d’infla-zione è ancora contenuto. La pressione dei regolatori induce tra l’altro le banche ad au-mentare il capitale e ridurre i rischi, gettando le basi per un’erogazione oculata del credito.
L’indebitamento statale causa inflazione?
Alla circospezione indotta dalla grande mas-sa di denaro fresco si aggiunge il timore che le banche centrali possano finanziare le ec-
cessive uscite statali tramite l’emissione di banconote, confidando poi nell’effetto rego-larizzante del rincaro per abbattere il debito pubblico. In passato le ondate di rincaro an-davano a braccetto con l’esplosione del de-bito pubblico, soprattutto quando le banche centrali stampavano denaro per finanziare le operazioni belliche. Uno studio pubblicato di recente dai professori Reinhart e Rogoff conferma che dopo la Seconda guerra mon-diale nei paesi di nuova industrializzazione i governi hanno spesso attinto al denaro fresco di stampa per finanziare le uscite statali, per giunta anche in tempo di pace.
Per la maggior parte delle economie pro-gredite, invece, l’analisi dello stesso periodo non ha permesso di riscontrare correlazioni sistematiche tra l’indebitamento e il rincaro (si veda il grafico a pagina 68). Tuttavia, possiamo presupporre che sarà effettivamente così anche in futuro? Sebbene la situazione finan-ziaria di molti paesi sia precaria, diversi fat-tori lasciano presagire che nelle economie industrializzate fortemente indebitate un fi-nanziamento sistematico del debito con con-seguenze dirette sul rincaro sia improbabile.
Un aspetto importante è l’autonomia con-quistata negli ultimi decenni da molte banche centrali dall’organo che sovrintende alla po-litica fiscale. Un altro fattore, addirittura più rilevante, è l’effetto disciplinante dei merca-ti dei capitali, che reagirebbero prontamente e con vigore a un ricorso sistematico al de-naro fresco da parte degli istituti d’emissione. I rendimenti obbligazionari verrebbero proiet-tati alle stelle con conseguente crisi di finan-ziamento e forse anche monetaria che met-terebbe effettivamente alle corde la politica economica espansiva. Un mercato dei capi-tali flessibile e attento al rischio presenta un conto ben più salato del normale a un’even-tuale politica intenzionalmente e sistemati-camente di matrice inflazionistica.
L’inflazione è un fenomeno politico
Non sarebbe tuttavia una mossa scaltra confidare in tutto e per tutto nell’autonomia istituzionale delle banche centrali o nella di-sciplina del mercato. A ragion del vero, infat-ti, gli istituti di emissione finanziano i governi inclini alla spesa pubblica soltanto se il pro-cesso politico ve li induce. E ciò accade in base al volere della cerchia dominante, sia essa un’élite circoscritta o una maggioranza eletta democraticamente. Siamo dell’avviso che il crescente invecchiamento della popo-lazione nelle democrazie industrializzate de-ponga piuttosto a favore del risparmio e non
della spesa eccessiva scatenante fenomeni inflativi, visto che questi ultimi corroderebbe-ro il valore dei patrimoni messi a risparmio.
Il quadro si presenta analogo anche nella gran parte dei paesi di nuova industrializ-zazione, dove in passato ampie fette della popolazione hanno fortemente sofferto del rincaro. Anch’essi non saranno propensi a rimettere in gioco le conquiste della «grande moderazione», ossia la flessione segnata negli ultimi decenni e l’aggiustamento dell’in-flazione a basso livello. Frattanto, nei paesi industrializzati, dalla Grecia agli Stati Uniti, è difficile trovare il sostegno politico a un consolidamento dei bilanci pubblici. La pres-sione esercitata sulle banche centrali a so-stegno della congiuntura sarà forte e potreb-be durare fino alla normalizzazione dei tassi. La problematica del debito solleverà indiret-tamente il dubbio che la politica monetaria non persegua sempre la stabilità dei prezzi e un basso tasso d’inflazione. L’incertezza che ne deriva potrebbe quindi dare avvio a una marcata volatilità dei mercati.
Dal 2009 l’economia mondiale è in ripre-sa. Tuttavia, la produzione industriale è ben lungi dal girare a pieno regime. A medio ter-mine la domanda delle economie domestiche sarà frenata dall’elevato tasso di disoccupa-zione; improbabili anche le tensioni salariali con effetti inflazionistici. In molti paesi le turbolenze avranno un effetto calmierante sulle prospettive di crescita, visto che i defi-cit pubblici in calo si tradurranno su un taglio della spesa o su un aumento delle aliquote fiscali. L’autonomia delle banche centrali e l’effetto disciplinante dei mercati finanziari allontanano a loro volta l’ipotesi di un incon-trollato aumento dei prezzi. Riteniamo per-tanto che nella maggior parte dei paesi indu-strializzati il rischio d’inflazione sia minimo. Il rischio maggiore si presenta nelle economie sfiorate appena dalla recessione, e che ora attestano una solida crescita, ossia molti paesi di nuova industrializzazione e alcune economie progredite in rapida espansione come l’Australia, dove le redini della politica economica sono state ampiamente allentate, gettando spesso le basi di una situazione di «sovrastimolazione» congiunturale. In Cina, ad esempio, la domanda è schizzata alle stelle e negli scorsi mesi si sono moltiplicati i segnali di insufficienti capacità sul mercato del lavoro. Mentre alcune banche centrali hanno già imboccato la strada del rigore, soprattutto qui sussiste il rischio di una rea-zione troppo lenta, con possibili conseguen-ze sulla rapida ricomparsa del rincaro. <
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l’inflazioneCome nasce l’inflazioneL’inflazione è difficile da comprendere e ancora più difficile da prevedere. La causa principale del l’in- flazione (o della deflazione) è la politica troppo espansiva (o troppo restrittiva) della banca centrale. Tuttavia, il denaro generato dalla banca centrale deve attraversare vari canali prima di essere speso. È lungo tale percorso verso la «torre dell’indeflazione» che viene influenzata l’intensità dei flussi monetari e, di conseguenza, la portata del rischio di inflazione o deflazione, a opera di molteplici fattori economici e istituzioni, come mostra l’illustrazione. Nei riquadri spieghiamo come ciò accade.
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3 - CROLLO DEL MERCATO IMMOBILIARE La banca centrale interviene per frenare la congiuntura: prendere in pre-stito denaro dovrà costare di più. Rialza i tassi, e anche le banche chiedono interessi più elevati per i crediti concessi. Molte imprese non se li possono permettere e preferiscono ridurre la produzione. Meno crediti significa più liquidità. Si ricorre a licenziamenti per risparmiare sui costi salariali. Chi ha perso il lavoro non è più in grado di rimborsare la propria ipoteca alla banca che, nel peggiore dei casi, diviene proprietaria della casa. Per otte-nere liquidità le banche cercano di vendere gli immobili in loro possesso, provocando un calo dei prezzi. I disoccupati consumano meno e le giacen-ze aziendali aumentano. Vi sono altri licenziamenti e altri casi d’insolvenza. Si incomincia ad accumulare il denaro in banca. Le banche non concedo-no più prestiti e i prezzi scendono. Scendono anche gli interessi, ma senza alcun beneficio. Siamo in fase di recessione.
4 - DALLA SALVEZZA DELLE BANCHE AL DEBITO PUBBLICOLo Stato interviene per evitare il collasso totale delle banche. La banca centrale acquista ipoteche e prestiti dalle banche che, tuttavia, anziché concedere crediti conservano il denaro o acquistano titoli governativi. Per sostenere l’economia lo Stato si indebita. Vende titoli obbligazionari per pagare l’indennità di disoccupazione. La gente ha di nuovo accesso al denaro e consuma. Diminuiscono le giacenze aziendali. I prezzi calano più lentamente, ma il debito pubblico aumenta. A questo punto le banche vogliono liberarsi dei titoli di Stato: calano i corsi e salgono gli interessi. L’economia è troppo debole per sopportare interessi più elevati. Lo Stato contrae ancora più debiti. La banca centrale acquista ora titoli governativi. Il denaro così ottenuto viene impiegato dallo Stato affinché la gente con-sumi di più. Per timore dell’inflazione, si acquista il più possibile e i prezzi salgono rapidamente. È di nuovo inflazione.
5 - RINCARO DEL PETROLIOL’economia nazionale risente degli effetti negativi del mercato immobiliare e del debito pubblico. In molti paesi le cose vanno meglio, ma le banche cen-trali e i ministri delle finanze, per timore che i problemi potessero minacciare anche queste economie, hanno aumentato a loro volta la massa monetaria e il disavanzo pubblico, dando un forte impulso all’economia. Il fabbisogno di energia in questi paesi è dunque maggiore e questo provoca un rialzo del prezzo del petrolio a livello mondiale, con un conseguente rincaro dei beni sul mercato nazionale. Un fenomeno che ricorda l’inflazione ma, dato che i salari non aumentano, i beni ora più costosi restano invenduti. Aumentano quindi le giacenze aziendali. Il calo degli ordinativi provoca licenziamenti e i salari diminuiscono. Le scorte di magazzino continuano a crescere, e si di-scute della possibilità di ridurre i prezzi. Un aumento del prezzo del petrolio non provoca necessariamente un’inflazione di lunga durata a meno che la banca centrale, temendo le ripercussioni dello «shock petrolifero», non ten-ti di rilanciare l’economia. A quel punto si ripresenterebbe il primo scenario.
2 - BOOM IMMOBILIARE La situazione economica è positiva. La banca centrale decide di non accre-scere più la massa monetaria e di non concedere ulteriori crediti. Dato che l’inflazione si mantiene relativamente bassa, non occorre ancora inter-venire. Le banche reputano meno rischioso concedere crediti e offrono interessanti ipoteche anche a clienti con riserve finanziarie moderate. Di conseguenza, si acquistano più case e i prezzi sul mercato immobiliare aumentano. Il valore degli immobili sale e le banche offrono ipoteche con importi sempre maggiori. Gli immobili si trasformano così in una macchina per soldi. Con i fondi dell’ipoteca in eccedenza, i proprietari possono acquistare altre cose o anche una casa più grande in un quartiere migliore. I prezzi degli immobili continuano ad aumentare, così come quelli di beni e servizi, e lo Stato incassa più tasse. La spirale dei prezzi procede sem-pre più rapidamente verso l’alto. Che cosa può fare la banca centrale per tenere la situazione sotto controllo?
1 - RIPRESA ECONOMICA Dopo una crisi si assiste a una ripresa dell’economia, che tuttavia risen- te della disoccupazione, delle considerevoli giacenze aziendali e della situazione delle commesse nelle imprese. La banca centrale decide di far ripartire la congiuntura aumentando la massa monetaria all’interno del-l’economia nazionale. A tale scopo acquista titoli di Stato o divise dalle banche, le quali in questo modo possono accedere alla liquidità con inte-ressi molto bassi. Di ciò beneficiano le imprese, che ottengono crediti presso le banche a condizioni convenienti, investono il denaro ricevuto e assumono nuovo personale. Il mercato del lavoro inizia a prosciugarsi e i salari aumentano. Le giacenze aziendali invece si riducono e la merce diviene più costosa. Per accrescere la produzione occorre più personale; lo Stato a sua volta riscuote più tasse, in quanto è maggiore il numero di lavoratori e consumatori. Inizia così a rimborsare i debiti sul mercato dei capitali. Gli interessi si riducono e i crediti sono ancora più convenienti. Così s’innesca la spirale.
Ministero delle finanze
Banca centrale
Imprese Importazioni
Mercato dei beni
«Torre dell’indeflazione»
Famiglie/Mercato del lavoro
Mercato dei cambi
Banche/Mercato dei capitali
70 Economia Strategie d’investimento
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Liquidità 5%Titoli obbligazionari 35%Azioni 40%
Investimenti alternativi 20%• Hedge fund 10%• Immobili 5%• Materie prime 2,5%• Oro 2,5%
La diversificazione del portafoglio clienti privati:
mito o realtà?Un portafoglio ben diversificato, e quindi con un rischio diluito, è generalmente alla base di un’efficace strategia d’investimento a lungo termine. Questo principio è valido anche di fronte a situazioni particolari sui mercati finanziari? Con il passare del tempo sono even-tualmente cambiate anche le sinergie di diverse categorie d’investimento come azioni, titoli obbligazionari, materie prime e oro? In questa puntata della nostra serie «Strategie d’investimento» vi mostriamo come mettere in pratica la teoria del portafoglio.
Testo: Jörg Franzen, Anja Hochberg, Georg Stillhart, Asset Management, CIO Office
La premessa fondamentale della suddivisione del patrimonio (asset allocation) illustrata nelle scorse edizioni del bulletin prevede che le varie categorie d’investimento mantengano le loro caratteristiche di diversificazione per un periodo prolungato. Le nostre analisi mostrano che in genere questa premessa viene soddisfatta. Per chiarire il concetto bisogna ora considerare le correlazioni. Se il loro valore è alto (tendente a uno), allora si parla di correlazione positiva e le variabili si muovono nella stessa direzione. In chiave di gestione tecnica del portafoglio due investimenti caratterizzati dallo stesso andamento non sono adatti alla diversificazione. Gli investimenti con una correlazione molto negativa (tendenti a meno uno) si presterebbero ottimamente a una diversificazione perché, combinandoli, il rendimento rimarrebbe uguale ma il rischio tenderebbe a zero. Purtroppo, nella prassi quotidiana questi tipi d’investimento sono molto rari.
Di conseguenza, per comporre un portafoglio ottimale la correlazione degli investimenti dovrebbe essere debole o bassa. Il grafico 2 indica l’andamento delle correlazioni tra azioni, titoli di Stato e obbligazioni societarie. Ne desumiamo quanto segue. 1. Contrariamente a un’opinione diffusa,
la correlazione tra azioni e titoli di Stato è rimasta bassa, ovvero negativa, anche durante la crisi.
2. Negli ultimi anni la correlazione tra titoli di Stato e obbligazioni societarie si è persino indebolita.
È pertanto evidente che nella crisi finanziaria la diversificazione si è dimostrata un
valido strumento. In questo ambito, azioni e titoli obbligazionari continuano a offrire un notevole potenziale. Le obbligazioni societarie hanno inoltre visto aumentare notevolmente questo potenziale e consentono quindi di diversificare ancora di più un portafoglio basato su azioni e titoli di Stato.
Ma si possono ricavare nuovi riscontri anche dalle cosiddette categorie d’investimento alternative: hedge fund, materie prime o immobili vengono aggiunti al portafoglio per consentirne un’ottimizzazione che superi la diversificazione tradizionale ottenuta con azioni e obbligazioni. Il grafico 3 mostra le
correlazioni tra azioni e investimenti alternativi rilevanti, da cui si deduce quanto segue.1. Le sottoclassi di investimenti alternati
vi evidenziano una correlazione molto diversa con le azioni, per quanto concerne sia il livello sia l’orizzonte temporale.2. La correlazione tra hedge fund e azioni
non è aumentata solo con la crisi finanziaria, bensì già dal 2003.3. Storicamente le materie prime sono
poco correlate alle azioni, anche se si è registrata una lieve inversione di tendenza durante la crisi. Tuttavia, con una correlazione pari a 0,5 si può ancora parlare di diversificazione molto marcata.4. Dal 1999 in poi la correlazione tra azio
ni e immobili è in costante calo; durante la crisi finanziaria ha tuttavia raggiunto un livello analogo a quella con le materie prime.
5. Azioni e oro presentano una scarsa correlazione, anche se è nettamente più volatile.
Per una strategia d’investimento a lungo termine ne consegue che nell’allocazione patrimoniale resta tuttora utile diversificare ricorrendo a investimenti alternativi. Nell’ambito degli hedge fund la scelta dello stile d’investimento dovrebbe diventare più rilevante poiché la loro correlazione può variare molto, ad esempio con le azioni.
Come utilizzare queste indicazioni nell’impostare il portafoglio? L’allestimento di un portafoglio orientato al cliente comincia con la definizione della strategia d’investimento a lungo termine in cui, oltre ai maggiori trend economici, confluiscono anche questi riscontri. Il grafico 1 mostra un porta
1 Questione di equilibrioUna strategia d’investimento a lungo termine* punta su un profilo bilanciato. Fonte: Credit Suisse AG
* Con varianze nel quadro dell’asset allocation tattica.
Credit Suisse bulletin 4/10
Strategie d’investimento Economia 71
–0,4
–0,2
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
–0,6
87 89 91 93 95 97 99 01 03 05 07 09
Azioni internazionali vs. titoli di Stato (globali)Titoli di Stato (globali) vs. obbligazioni societarie (USA)Azioni internazionali vs. obbligazioni societarie (USA)
–0,4
–0,2
0
0,2
0,4
0,6
0,8
96 97 99 00 01 02 03 04 05 06 08 0998 07
Azioni internazionali vs. hedge fundAzioni internazionali vs. fondi immobiliari CHAzioni internazionali vs. oroAzioni internazionali vs. materie prime
foglio improntato sul lungo periodo per un investitore con una propensione al rischio media, nella sua valuta nazionale, vale a dire in franchi svizzeri (profilo: bilanciato in CHF).
Questa strategia d’investimento a lungo termine è il perno dell’impostazione del patrimonio e consente al cliente di beneficiare dei principali trend. Tale impostazione è possibile grazie alla diversificazione del portafoglio. Per realizzare un rendimento supplementare, nella gestione patrimoniale utilizziamo anche opportunità d’investimento prevalentemente a breve termine. Nel quadro di questa asset allocation tattica definiamo le varianze a breve termine rispetto alla strategia d’investimento di lungo periodo e applichiamo anche le conoscenze acquisite in tema di diversificazione. <
2 Potenziale di diversifi cazione Azioni e titoli obbligazionari hanno un elevato potenziale di diversificazione. In aumento anche le obbligazioni societarie. Fonte: Bloomberg, Ibbotson, Credit Suisse AG
3 Materie prime e azioni Storicamente le materie prime sono poco correlate alle azioni e pertanto continuano ad avere un forte effetto diversificante. Fonte: Bloomberg, Ibbotson, Credit Suisse AG
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bulletin 4 /10 Credit Suisse
72 Economia Strategie d’investimento
Foto: Rainer Wolfsberger | S
ven Hoffmann, Keystone, Caro
Compromesso tra consumo e risparmioAndreas Russenberger, responsabile Multi Asset Class Solutions (MACS) Mandates and Funds del Credit Suisse, spiega come il «consumo» possa essere interpretato in relazione allo sviluppo di strategie d’investimento.
Intervista: Daniel Huber
bulletin: Cosa le viene in mente quando si
parla di consumo?
Andreas Russenberger: Consumo deriva dal latino consumere, che significa da una parte adoperare, ma dall’altra anche logorare. Interessante è in questo contesto il contrario di consumare, ovvero risparmiare. In ultima analisi risparmiare non è altro che rimandare al futuro un possibile consumo presente.
Cosa preferisce, dall’ottica attuale?
Nella loro forma estrema, sia consumare che risparmiare possono avere conseguenze negative. Non da ultimo, ad esempio, l’eccessivo consumo è stato una delle cause principali della crisi economica del 2008. Prima della crisi negli Sati Uniti si consumava chiaramente troppo, solitamente a credito e in parte anche con l’aiuto dello Stato. Si riteneva che ogni americano dovesse possedere una casa di proprietà e una carta di credito. Per questo c’era il denaro a buon mercato, con cui si doveva consumare possibilmente molto. Molti americani vivevano così al di sopra delle loro possibilità. Allo stesso tempo è venuta a crearsi una bolla immobiliare, che poi com’è noto è scoppiata. Dall’altra parte, però, anche un risparmio sistematico senza alcun consumo può avere conseguenze devastanti, perché strangola l’economia. I prezzi crollano, e si arriva alla deflazione.
Quali insegnamenti se ne traggono?
Ci sono voci critiche che bollano come assolutamente inutile e persino dannoso l’intervento dello Stato nella crisi. In questo modo, sostengono, si è inutilmente accresciuto il debito pubblico. Sarebbe inoltre stato un errore aiutare coloro che non si erano comportati correttamente e avevano vissuto al di sopra delle loro possibilità, sostenendo per così dire con denaro buono una cattiva maniera di gestirlo. Oggi non sono in pochi a
promuovere un approccio economico al denaro, da parte degli Stati e dei consumatori. È imperativo minimizzare i debiti. Ma se all’improvviso tutti cominciano a risparmiare sistematicamente, a un certo punto l’intera economia non può che arrestarsi. Penso che gli interventi anche e soprattutto della Banca nazionale svizzera abbiano avuto un senso.
Ma nemmeno continuare a consumare
come è avvenuto finora ha un senso.
Naturalmente, continuare a consumare al di sopra delle proprie possibilità porta a lungo andare a un eccessivo indebitamento, che ha come conseguenza un rigoroso programma di risparmio. Sarebbe ideale mirare a un compromesso tra le due soluzioni senza andare oltre. Consumando sì, ma non continuamente a credito.
Cosa significa questo per gli investitori?
In un contesto di deflazione, in cui i tassi sono bassi e i prezzi tendono a scendere, è sensato detenere liquidità. Anche se i tassi sono bassi, in questo contesto il denaro acquista valore. Prendiamo l’esempio di Spagna e Stati Uniti: coloro che negli ultimi due anni hanno detenuto denaro contante possono
oggi acquistare case a Marbella, Maiorca o in Florida a metà prezzo, e in cambio del proprio denaro ricevono dunque molto di più di quanto avrebbero ottenuto due anni fa.
Ma questa situazione non resterà così
per sempre.
No, non lo credo nemmeno io. Gli Stati hanno pompato così tanto denaro nei mercati e i tassi sono così bassi al momento che è impossibile che la situazione rimanga tale per sempre. Presumo che nel 2011 potremmo avere i primi segnali di un’inversione di tendenza, con un ritorno a un contesto maggiormente inflazionistico e a tassi più elevati. A quel punto detenere liquidità cesserà di essere interessante. Ipotizzando un’inflazione ad esempio del 4 per cento, alla fine dell’anno il denaro perderà esattamente questo 4 per cento del suo valore.
In che modo ci si può difendere dal-
l’inflazione che va delineandosi?
Sicuramente bisogna mantenere una piccola posizione in liquidità. Inoltre si dovrebbe investire in obbligazioni a breve termine e in parte indicizzate all’inflazione, nonché in valori reali, quali ad esempio immobili, materie prime, azioni o anche oro. Questi valori offrono infatti una protezione migliore in caso di aumento dell’inflazione. L’importante è non perdere l’attimo giusto per entrare.
Il mondo occidentale ha esaurito lenta-
mente il proprio ruolo di volano dei consumi?
Europa e USA restano indi spensabili. Ma se si guarda a Cina e Brasile, il potenziale è enorme. Tanto più che in questi paesi sono in atto poderosi sforzi per incrementare il reddito generale e rendere così il mercato maggiormente autosufficiente. Ma per far questo ci vorrà ancora tempo. Ciononostante già in queste condizioni molti mercati emergenti hanno sorpassato vari Stati europei. <
«L’eccessivo consumo è una delle cause principali della crisi economica del 2008», afferma Andreas Russenberger.
Credit Suisse bulletin 4/10
Credit Suisse 73
InvestAnalisi e prognosi
Ulteriore indebolimento dell’USD
I dati tecnici e fondamentali indicano un’ulteriore debolezza del cambio USD/CHF. Sul fronte fondamentale la rinnovata debolezza del cambio USD/CHF si evince in particolare dallo scarso differenziale tra i tassi e dallo squilibrio delle partite correnti.
L’economia globale s’indebolisce, pur non scivolando nuovamente nella recessione. I ME crescono costantemente più dei paesi industrializzati.
Visti i bassi rischi d’inflazione, se non addirittura dei rischi di deflazione nei paesi industrializzati, la politica monetaria in queste nazioni resta molto espansiva.
I mercati azionari globali dovrebbero continuare a trarre vantaggio dalla ripresa economica, mentre si ridimensionano le preoccupazioni relative all’indebitamento statale in Europa e a un ritorno alla recessione. Le valutazioni appaiono attraenti.
Ad agosto le materie prime sono tornate a crescere e ci aspettiamo un ulteriore potenziale al rialzo. I metalli industriali presentano i migliori dati fondamentali. L’oro dovrebbe attestarsi oltre quota USD 1300 per gran parte del prossimo anno.
Manteniamo un atteggiamento neutrale nei confronti del cambio EUR/CHF per via della sopravvalutazione del CHF e dell’atteggiamento prudente della BNS su 12 mesi. La debolezza dell’USD dovrebbe permanere in virtù dei tassi bassi e del deficit della bilancia delle partite correnti negli USA.
Congiuntura globale
Indebolimento dopo l’accelerazione
Congiuntura Svizzera
PMI: fine dei rialziAd agosto l’indice PMI ha chiuso nettamente al di sotto del massimo storico registrato a luglio. La flessione dell’indice è pertanto un precursore significativo del rallentamento della crescita da noi previsto. cm
Dopo la crescita, la congiuntura ha rallentato, il che era prevedibile. Siamo dell’idea che le economie con sfide strutturali (ad. es. bolla immobiliare, debiti) cresceranno più lentamente dei ME. th
Peggioramento del mercato del lavoro USA più drastico che altroveFonte: Bloomberg, Credit Suisse
IndiceIndice (destagionalizzato)
50
40
30
60
70
95 98 01 04 07 10
Il PMI ha perso 5,5 punti dal suo massimoFonte: Credit Suisse
Stati UnitiGiapponeZona euroGran Bretagna
Indice, 12.2007 = 100
95
94
93
96
97
98
99
100
12.07 06.08 12.08 06.09 12.09 06.10
bulletin 4/10 Credit Suisse
74 Credit Suisse
Sintesi
Prospettive globaliapprezzamento delle valute dei ME rispetto all’USD. mh
Negli ultimi mesi la ripresa economica globale si è notevolmente ridimen sio-nata dopo una crescita molto signifi ca-tiva, ma dovrebbe proseguire. In un quadro caratterizzato da preoccupa-zioni sul piano congiunturale e da una politica delle banche centrali molto espansiva nel prossimo futuro, in parti-colare sono decisamente calati i ren-dimenti delle obbligazioni. Pertanto le azioni presentano una valutazione relativamente favorevole e raccoman-diamo di sovrappesarle. Sui mercati delle materie prime intravediamo l’av-vio di un nuovo trend al rialzo.
Tassi e obbligazioni
Il quadro di bassi tassi con-tinua nel prossimo futuroAlcune banche centrali hanno cominciato ad effettuare i primi rialzi dei tassi (ad es. Australia, Norvegia). In particolare la Fed, ma anche le principali banche centrali euro-pee mantengono una politica molto espansi-va per via della bassa inflazione o addirittura dei rischi di deflazione. La politica dei tassi bassi delle grandi banche centrali ha con-tribuito a far scendere a livelli molto ridotti i rendimenti dei titoli di stato. Gli investitori ricercano i rendimenti altrove. La conseguen-za è che molto denaro confluisce nei merca-ti emergenti. Nonostante un miglioramento dell’andamento economico e dei maggiori rischi inflazionistici, esse esi tano a rialzare i tassi per non rischiare dei consistenti ap-prezzamenti valutari. th
Mercato azionario
Costituire posizioni strategiche in azioni Prevediamo che la ripresa globale continue-rà e che i timori di un ritorno alla recessione potrebbero ridimensionarsi. Gli elevati livelli di liquidità delle imprese potrebbero deter-minare attività di acquisizione e distribuzioni dei dividendi più consistenti. A nostro parere questi fattori dovrebbero sostenere i merca-ti azionari in un quadro di 6–12 mesi, sebbe-ne non siano da escludere ribassi nel breve. Inoltre le valutazioni delle azioni sembrano vantaggiose rispetto ai titoli di stato sia in termini assoluti che relativi. Raccomandiamo pertanto di costituire delle posizioni azionarie strategiche. Favoriamo le azioni che potreb-bero avvantaggiarsi di un’ulteriore ripresa, in particolare sui ME. rs
Valute
Nessun sostegno dai tassi per l’USDNegli ultimi mesi la crisi europea del debito è finita in secondo piano. I mercati delle di-vise, in virtù dei bassi tassi negli USA, hanno spostato la propria attenzione sui fattori negativi per l’USD nel lungo termine: deficit fiscale e del commercio estero, oltre che tassi bassi. Siamo dell’opinione che l’USD continuerà a indebolirsi nei confronti della gran parte delle valute fintantoché la politica monetaria USA resterà espansiva. Giocano a favore del CHF non solo il ristretto diffe-renziale tra i tassi, ma anche l’elevato sur-plus delle partite correnti della Svizzera. Dovrebbe permanere il trend strutturale di
Netta crescita di metalli e materie prime agricole. Fonte: Bloomberg, Credit Suisse/IDC
CSCB Energy Index CSCB Agriculture IndexCSCB Precious Metals IndexCSCB Industrial Metals Index
01.08 05.08 09.08 01.09 05.09 09.09 09.1001.10 05.10
Indice, gennaio 2008 = 100
20
40
60
80
100
120
140
Premio al rischio azionario (globale)+/–1 deviazione standard+/–2 deviazione standardMedia
%
8
06.91 06.97 06.03 06.09
–2
6
4
2
0
10
Le prospettive di tassi bassi negli USA sono negative per il cambio USD/CHF Fonte: Bloomberg, Credit Suisse
USD/CHFSwap differenziale dei tassi a 2 anni USD meno CHF(sc. d. dx.)
0.90
1.10
1.20
1.00
1.30
1.40
USD/CHF
01.04 01.05 01.06 01.07 01.08 01.09 01.10
in %
–0,5
3,5
2,5
1,5
0,5
USA Zona euro Giappone Gran Bretagna Svizzera
%
5
6
01.99 01.01 01.03 01.05 01.07 01.09
0
4
3
2
1
Premio al rischio azionario (rendimento utili meno rendimento titoli di stato) prossimo a un massimo storico Fonte: Datastream, Credit Suisse/IDC
Trend dei tassi di importanti banche centrali Fonte: Bloomberg, Credit Suisse/IDC
Materie prime
Materie prime: inizio di un trend al rialzo Da agosto i prezzi delle materie prime sono saliti molto, e intravediamo un ulteriore po-tenziale al rialzo per via delle condizioni sui mercati finanziari e degli andamenti sul mer-cato fisico. Sui mercati finanziari si osserva la crescita della liquidità sulle borse delle materie prime. Sul mercato fisico si rileva un incremento degli acquisti. Molti consu-matori hanno rinviato i propri acquisti per paura di una nuova recessione – poiché le scorte sono esaurite, si ritorna sul mercato. Ciò riguarda soprattutto i metalli, ma anche le materie prime agricole. L’oro dovrebbe godere del sostegno dei tassi bassi. Il pe-trolio presenta solo un moderato potenziale al rialzo per via delle scorte elevate. tm
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Credit Suisse 75
Dopo che, nel primo semestre, l’economia svizzera ha registrato una solida crescita, ci attendiamo un raffreddamento nel secondo semestre. Da ultimo l’inflazione è scesa a livelli molto bassi e prevediamo anche nel prossimo anno una bassa pressione sui prezzi. In virtù dell’indebolimento della crescita e della solidità del CHF, la BNS ha rivisto nettamente al ribasso la sua previsione sull’inflazione nel medio termine. Ora ci aspettiamo il primo rialzo dei tassi solo nel giugno 2011.
Sintesi
Prospettive Svizzera
Tema principale
La recessione ha limitato gli utili
Mercato azionaria
Vantaggiosa valutazione delle azioni svizzereDurante la ripresa globale favorevole ai mercati azionari, la solidità del CHF dovrebbe determinare delle difficoltà sul mercato elvetico nel breve. Presentiamo quindi una stima neutrale per l’SMI. In virtù dei tassi bassi, i titoli che distribuiscono dividendi sono una soluzione attraente per un’esposizione azionaria difensiva. Raccomandiamo anche le società con un’esposizione verso i ME e un solido portafoglio di prodotti. rs
Valute
Sopravvalutazione del CHF risp. all’EURL’apprezzamento del CHF risp. all’EUR, iniziata nel 2007 con l’EUR/CHF a quota 1.60, difficilmente dovrebbe proseguire in questi termini. Dopo essere stati a lungo positivi nei confronti del CHF, assumiamo su 12M una posizione neutrale per il cambio EUR/CHF poiché il CHF è sopravvalutato secondo il fair value del CS e i rialzi dei tassi della Banca nazionale svizzera (BNS) non costituiscono un tema di rilievo. mh
Nel 2009 la quota dei salari ha raggiunto un nuovo massimo. Fonte: Ufficio federale di statistica
+1 deviazione standardFair value EUR/CHF–1 deviazione standard 17.09.2010
1.20
1.40
1.60
1.80
2.00
2.20
2.40
EUR/CHF
82 86 90 94 98 02 06 10
Siamo strategicamente neutrali per il cambio EUR/CHF per via della sopravvalutazione del CHF risp. all’EUR e della BNS prudente Fonte: Bloomberg, Credit Suisse
Rendimento da dividendi SMI ben al di sopra della media storica Fonte: Datastream, Credit Suisse/IDC
1,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
4,0
Rendimento da dividendi in %
09.00 09.02 09.04 09.06 09.08 09.10
SMI
Quota dei salari rispetto al PIL
59
61
60
62
63
64
65
91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09
%
Lo scorso anno i costi della recessione sono andati più a carico delle imprese che non dei dipendenti. La quota dei salari, ossia la percentuale dei pagamenti salariali in rapporto al PIL complessivo, ha raggiunto un nuovo massimo sopra il 64%. Al contrario, è calata la quota degli utili aziendali a un misero 36%. In media, i salari nel 2009 sono addirittura saliti, essendo già stati determinati prima del sorprendente crollo dell’economia a fine autunno 2008. Dall’esperienza delle precedenti riprese si evince che, in futuro, la quota dei salari tornerà a calare. cm
Tassi ancora bassi in Svizzera Fonte: Datastream, Credit Suisse/IDC
LIBOR a 3 mesiBanda target
01.00 01.02 01.04 01.06 01.08 01.10
2,0
1,0
0,0
3,0
4,0
%
Tassi e obbligazioni
Tassi: nessun rialzo prima di metà 2011 A settembre, come ci si attendeva, la BNS ha lasciato invariata la sua banda target per il LIBOR a 3 mesi tra lo 0% e lo 0,75%. In riferimento alla sua strategia di politica monetaria futura, la BNS ha lanciato un segnale chiaro: a fronte di una revisione al ribasso della sua previsione sull’inflazione nel medio termine e dell’aspettativa di un «netto indebolimento della crescita», è calata parecchio la probabilità di un incremento dei tassi nel breve termine. In particolare la BNS ritiene un pericolo l’apprezzamento del CHF e il ridimensionamento della dinamica della congiuntura. Rivediamo la nostra previsione di un primo rialzo dei tassi a dicembre e ipotizziamo un intervento solo nel giugno 2011. fh
bulletin 4/10 Credit Suisse
76 Credit Suisse
bulletin 4/10 Credit Suisse
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22 settembre 2010
Sintesi previsioni
Impressum InvestEditore Credit Suisse AG, Global Research, Uetliberg-
strasse 231, casella postale 300, CH-8070 Zurigo
Redazione Marcus Hettinger (mh), Thomas Herrmann (th),
Fabian Heller (fh), Tobias Merath (tm), Marcel Thieliant (mt),
Claude Maurer (cm), Roger Signer (rs)
Ulteriori pubblicazioni del comparto Research disponibili
su Internet o su richiesta.
E-mail [email protected]
Internet www.credit-suisse.com/research
Riproduzione con l’indicazione «tratto dal bulletin del
Credit Suisse»
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Crescita reale del PIL in %Fonte: Bloomberg, Credit Suisse
2009 2010 2011
CH –1,9 2,4 1,2
UME –4 1,6 1,6
USA –2,4 2,7 2
GB –4,9 1,4 2,7
Giappone –5,2 3,3 1,8
Inflazione in %Fonte: Bloomberg, Credit Suisse
2009 2010 2011
CH –0,5 0,6 0,7
UME 0,4 1,4 1,4
USA –0,4 1,8 1,2
GB 2,2 3,1 2,1
Giappone –1,4 –1,2 –0,4
Tassi a breve LIBOR a 3MFonte: Bloomberg, Credit Suisse
22.09.2010 3M 12M
CHF 0.18 0.7 – 0.9
EUR 0.88 1.4 – 1.6
USD 0.29 0.3 – 0.5
GBP 0.73 1.2 – 1.4
JPY 0.22 0.2 – 0.4
Divise (cambi)Fonte: Bloomberg, Credit Suisse
22.09.2010 3M 12M
USD/CHF 0.99 0.93 – 0.97
EUR/CHF 1.32 1.31 – 1.35
JPY/CHF 1.17 1.12 – 1.16
EUR/USD 1.34 1.38 – 1.42
USD/JPY 84 81 – 85
EUR/JPY 113 114 – 118
EUR/GBP 0.85 0.83 – 0.87
GBP/USD 1.56 1.63 – 1.67
EUR/SEK 9.17 8.40 – 8.80
EUR/NOK 7.88 7.75 – 8.15
AUD/USD 0.95 0.92 – 0.96
NZD/USD 0.74 0.71 – 0.75
USD/CAD 1.03 0.98 – 1.02
Azioni e materie prime: selezione di indiciFonte: Bloomberg, Credit Suisse
Selezione 22.09.2010 YTDProspettive
a 3MObiettivi
a 12M S&P 500 1’134.28 1,9 % 1’217
SMI 6’344.88 –3,8 % 7’350
FTSE-100 5’551.91 2,1 % 5’827
DJ Euro Stoxx 50 2’752.77 –7,7 % 3’034
Nikkei 225 9’566.32 –9,3 % 11’000
Oro 1’291.35 18,1 % 1’300
Petrolio WTI 74.71 –5,8 % 82.5
Dow Jones UBS Commodity Index 277.2298 –0,1 % 295
Rendimento titoli di stato a 10 anniFonte: Bloomberg, Credit Suisse
22.09.2010 3M 12M
CHF 1.41 1.8 – 2.0
EUR 2.35 2.7 – 2.9
USD 2.56 3.0 – 3.2
GBP 2.97 3.6 – 3.8
JPY 1.03 1.1 – 1.3
Economia svizzera
(variazione % rispetto all’anno precedente)Fonte: Credit Suisse
2010 2011
Prodotto interno lordo reale 2,4 1,2
Consumi privati 1,5 1,2
Consumi pubblici 0,8 1,5
Investimenti edilizi 0,5 –2
Investimenti in attrezzature 1,5 2,5
Importazioni 6,5 3,5
Esportazioni 8 3,5
Occupazione (equivalenti a tempo pieno)
0 0,5
Tasso di disoccupazione 3,9 3,7
Buono a sapersi Economia 77
Credit Suisse bulletin 4/10
Buono a sapersiDefinizioni e recensioni in ambito economico
Politica dei consumatori [misure per la tutela degli interessi dei consumatori]. Può accadere che lo stesso biglietto ferroviario sia più caro all’automatico che allo sportello, che il nuovo tostapane consumi più energia di quanto dichia rato sull’apposita etichetta, o che la confezione famiglia di detersivo all’improvviso non basti più per l’abituale numero di lavaggi. Sono tutti esempi di pratiche commerciali sleali da parte degli offerenti, di cui spesso i consumatori non sono consapevoli e che la politica deiconsumatori ha lo scopo di combattere. Con iniziative mirate favorisce i consumatori e i loro inte ressi in modo da impedire che questi, per carenza di conoscenze specifiche o di informazioni, sia no in una situazione di vulnerabilità e quindi soggetti a manipolazioni. I principali ambiti d’intervento sono tre: innanzi tutto i consumatori devono acqui sire consapevolezza sulle loro possibilità di consumo e sui prodotti disponibili mediante in formazioni oggettive. Inoltre, norme giuridiche ad hoc devono tutelarli dagli abusi degli offe renti. Infine, la politica dei consumatori deve trasmettere ai consumatori conoscenze basilari sul loro ruolo e i loro diritti già a partire dalla scuola. fdlIndice nazionale dei prezzi al
consumo [valore statistico della variazione media dei prezzi]. «La vita è sempre più cara». È una frase ricorrente, soprattutto dopo un acquisto costoso e un’occhiata al portafoglio vuoto. Eppure scaturisce perlopiù da impressioni soggettive piuttosto che da dati di fatto. Chi vuole andare sul sicuro può consultare l’indice nazionaledei prezzi al consumo, che mostra se i prezzi di merci e servizi acquistati dalle famiglie per motivi di consumo sono aumentati. L’andamento medio dei prezzi di alimenti, abbigliamento, istruzione e servizi di altri settori rilevanti viene calcolato su una base di diversi anni e rappresentato graficamente. Grazie al grafico basta un’occhiata per capire la situazione econo mica in cui si trova il paese e se, come menzionato all’inizio, la vita è davvero diventata più cara, o
se invece siamo stati semplicemente spendaccioni. stsEcologia aziendale [gestione
efficiente delle risorse nell’impresa]. Come possiamo ridurre il consumo energetico dei nostri immobili? Come svolgere le nostre attività aziendali rispettando l’ambiente? Sono molte le imprese a porsi queste domande. Infatti, oltre alla comunità internazionale e ai singoli individui, anche le imprese si sforzano di contribuire direttamente ad arginare il cambiamento climatico, cercando di improntare la loro attività commerciale al rispetto dell’ambiente. L’obiettivo dell’ ecologia aziendale consiste nel ridurre il consumo di risorse e i costi mediante misure di risparmio adeguate. Nel far questo bisogna innanzi tutto individuare l’origine dell’impatto ambientale e quindi i punti in cui intervenire più tempestivamente. A questo scopo vengono calcolati il consumo di energia, carta e acqua, il chilometraggio dei viaggi di servizio e la quantità di rifiuti prodotta. In una fase successiva alcuni specialisti lavorano a un miglioramento del bilancio climatico promuovendo, tra l’altro, l’impiego di tecniche di domotica a basso consumo e il passaggio dall’energia convenzionale a quella rinnovabile, così come motivando i collaboratori a una riduzione attiva del consumo energetico. fdl
Un anno senza «Made in China». L’avventura di una famiglia nell’economia globale Sara Bongiorni, Baldini Castoldi Dalai, 2008308 pagine, ISBN13: 9788860734532
La Cina è il principale produttore mondiale di beni di consumo. La giornalista economica Sara Bongiorni scopre l’inquietante egemonia dei prodotti cinesi nella sua vita quotidiana e azzarda un esperimento gravido di conseguenze: insieme alla sua famiglia decide di sfidare il colosso economico asiatico boicottandone le merci per un anno intero. Nel suo libro descrive con acribia come questa decisione incida sulla sua vita e su quella della sua famiglia. E non si tratta solo di consumo ed economia, bensì anche di crisi matrimoniali, bambini in lacrime, una madre sarcastica e vicini di casa saputelli. Il messaggio si afferra al volo: senza importazioni cinesi l’americano medio (e probabilmente anche l’europeo medio) non è più in grado di placare la sua fame di consumo. I reiterati tentativi e gli aneddoti di Bongiorni sono davvero indispensabili per capirlo? Secondo getAbstract talvolta la sua esposizione risulta davvero un po’ faticosa. Eppure questo tentativo in prima persona è più illuminante di quanto potrebbe essere anche la ricerca scientifica più seria. Una lettura consigliata a chiunque s’interessi di economia. © getAbstract
Neuromarketing. Attività cerebrale e comportamenti d’acquistoMartin Lindstrom, Apogeo, 2009, 256 pagine, ISBN13: 9788850327348
Cosa rivela lo sguardo nel cervello del consumatore? I molti insuccessi nello sviluppo di nuovi prodotti testimoniano i limiti della ricerca di mercato classica. Secondo il guru del marketing Martin Lindstrom, le scansioni cerebrali forniscono informazioni molto più utili. Lindstrom è stato iniziatore di un vasto studio internazionale sul neuromarketing e ne espone i risultati in que sto libro, spiegando in modo comprensibile come funzionano le scansioni cerebrali e come analizzarle e tradurle in marketing intelligente. Inoltre offre tanti consigli pratici da poter utilizzare anche senza le costose apparecchiature descritte. Meno male, perché quale direttore marketing può vantare un ufficio con tanto di scanner per la risonanza magnetica? Gli attestati di auto stima tutt’altro che scarsi di Lindstrom possono infastidire un po’, però bisogna concederglielo: le sue scoperte aprono una nuova frontiera al marketing e allo sviluppo dei prodotti. getAbstract raccomanda questo libro a tutti i marketing e product manager, nonché ai manager pubblicitari che conoscono già a memoria le teorie classiche. © getAbstract
© getAbstract. Per altre recensioni: www.getabstract.com/bulletin.
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bulletin 4/10 Credit Suisse
Credit Suisse bulletin 4/10
Shirin Ebadi Leader 79Foto: Elisabetta Villa
Al servizio della giustiziaIl timore dei conflitti non è di certo uno dei suoi tratti caratteriali. Altrimenti non si spiegherebbe la sua impavida lotta per la democrazia e il rispetto dei diritti umani. Shirin Ebadi, avvocatessa iraniana e premio Nobel per la pace, non esita a dire la sua ai grandi e potenti della terra.
bulletin: Lei è stata la prima donna giudice nella storia dell’Iran.
Che cosa l’ha indotta a optare per una professione tradizional-
mente maschile?
Shirin Ebadi: Sin da bambina ho nutrito interesse per la questione della giustizia e mi sono sempre schierata dalla parte dei più deboli, anche a costo di buscarle di santa ragione. A differenza della maggior parte delle persone, non ho però mai avuto paura di dire la mia. Al contrario: l’idea di cambiare il corso degli eventi attraverso dibattiti o perfino atti di protesta mi ha sempre affascinata. La decisione di intraprendere gli studi di giurisprudenza è stata dunque dettata dalla mia indole naturale. All’inizio avevo tuttavia il fermo proposito di diventare giudice e votare la mia vita al servizio della giustizia, un traguardo che ho raggiunto all’età di 23 anni.
Com’è diventata avvocatessa dei diritti umani?
Ai tempi della rivoluzione sono stata destituita dal ruolo di magistrato e retrocessa a quello di assistente giudiziaria. Testimone forzata di innumerevoli discriminazioni e violazioni dei diritti umani, ho deciso di oppormi attivamente. Nel 1992, dopo aver ottenuto dall’ordine degli avvocati iraniano l’abilitazione all’avvocatura, ho aperto uno studio legale in proprio. Da allora mi impegno per il rispetto dei diritti dell’uomo nel mio paese.
La sua attività è rivolta in primo luogo alla tutela dei diritti
di donne e bambini, tanto che ha fondato un’associazione per la
difesa dei diritti dei minori.
I miei genitori hanno cresciuto mio fratello, mia sorella e me come individui indipendenti, sicuri di sé e soprattutto di ampie vedute,
senza mai fare alcuna distinzione tra maschi e femmine. Ecco perché mi ci sono voluti anni per comprendere che, al di fuori del mio nucleo familiare, in Iran la parità dei sessi non è affatto data per scontata. Durante gli studi mi sono pertanto concentrata sugli ambiti giuridici attinenti alle donne e ai bambini, che in molti paesi rientrano purtroppo ancora tra i membri della società maggiormente vulnerabili. Nella ferma convinzione che sia nostro dovere proteggere i più deboli, da oltre 20 anni difendo dunque prevalentemente i loro diritti in veste di avvocato. Quando in Iran è aumentato il numero dei perseguitati politici o religiosi, mi sono inoltre presa a cuore la causa dei prigionieri politici.
Com’è la situazione giuridica in Iran su questo fronte?
Purtroppo, ci attende ancora un lungo cammino. Ai sensi delle leggi varate all’indomani della rivoluzione iraniana, l’età della punibilità dei minori è stata per esempio abbassata a 9 anni per le femmine e a 15 anni per i maschi. Concretamente ciò significa che, in caso di reato, a una ragazza di dieci anni può essere inflitta una pena altrettanto grave di quella imposta a un adulto quarantenne. Non a caso si assiste di continuo a condanne a morte di giovani: nel 2009 l’Iran ha registrato il record di esecuzioni capitali minorili.
Cosa ci può dire a proposito dei diritti delle donne?
Dopo la rivoluzione iraniana del 1979 sono state varate molte leggi che, pur pregiudicando gravemente le donne, sono tuttora in vigore: in un processo, la deposizione di una donna conta per esempio la metà di quella di un uomo. In caso di violenza carnale, una donna deve pertanto essere in grado di convocare
Intervista: Sarah Winter
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Foto: Kaveh Kazem
i, Corbis Spector | France Keyser, Corbis Spector | H
asan Sarbakhshian | Jean Guichard, Sygma, Corbis
due testimoni a suo favore. Siamo onesti: quando mai vi sono testimoni che assistono ad atti di violenza sessuale o domestica?
Come conduce la sua lotta contro queste ingiustizie?
Battendomi giorno dopo giorno, ormai da anni, per opportune riforme del sistema giuridico, soprattutto con riferimento alle donne e ai bambini. Inoltre, ho fondato in Iran due organizzazioni non governative: nel 1995 l’Association for Support of Children’s Rights, una piattaforma di divulgazione dei principi della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia nel paese, e nel 2001, con la collaborazione di altri giuristi iraniani, lo Human Rights Defence Centre, tramite cui ci impegniamo a favore dei diritti delle minoranze e offriamo gratuitamente assistenza legale agli individui perseguitati per motivi politici o ideologici. Infine, svolgiamo attività di sensibilizzazione sui diritti dell’uomo.
Islam, democrazia e diritti umani sono tre tematiche che il
mondo politico e i media considerano inconciliabili.
Si tratta di affermazioni formulate dal politologo statunitense Samuel Huntington nel suo libro «Lo scontro delle civiltà», di cui tanto si parla. Ancora oggi le sue tesi sono spesso una freccia all’arco di quanti vogliono giustificare le tensioni e i conflitti in atto in Medio Oriente, poiché sottintendono l’inevitabilità di un dissidio tra civiltà occidentali e orientali. È però importante interpretare tali asserzioni senza estrapolarle dal rispettivo contesto, in quanto risalgono all’epoca del crollo dell’Unione Sovietica e dei paesi socialisti. In seguito alla guerra fredda, l’occidente si mise alla ricerca di un nemico immaginario. Eppure, la storia ci insegna che i musulmani e gli ebrei hanno convissuto pacificamente in Medio Oriente per secoli. Anche gli attuali conflitti sono di matrice non già religiosa bensì palesemente politica e, in quanto tali, presumibilmente appianabili.
Dunque l’islamismo non esclude il rispetto dei diritti dell’uomo
o un governo democratico?
Diversi studi dimostrano che non si tratta di un’ipotesi utopica, benché molti paesi islamici siano innegabilmente ancora in alto mare in quanto a rispetto dei diritti umani. I musulmani di oggi sono tuttavia fermamente convinti che tutto ciò non abbia nulla a che vedere con l’islam in quanto religione, bensì con il modo in cui viene interpretato. Ritengo che una chiave di let tura della realtà islamica che si concilia con i principi di uguaglianza e democrazia sia addirittura un’autentica espressione di pura fede.
La guerra al terrorismo in atto nel mondo intero è un metodo
efficace per instillare i concetti di democrazia e diritti umani?
È fuori dubbio che il terrorismo vada combattuto a spada tratta. Ma per eliminarlo di fatto è necessario affrontare il problema alla radice. Il terrorismo è figlio del fanatismo, a sua volta frutto dell’ignoranza umana, e dell’ingiustizia. Limitarsi a combattere il terrorismo è dunque una lotta contro i mulini a vento: bisogna estirparne le radici. In quest’ottica, un passo fondamentale sarebbe l’incentivazione dell’educazione, antidoto per antonomasia contro l’ignoranza. D’altronde, sono naturalmente dell’avviso che la guerra non porti al trionfo dei diritti umani. La democratizzazione è un processo di sviluppo che non si può imporre a paesi e popolazioni a suon di bombe.
Attualmente, tutto il mondo sembra intimorito dall’islam.
Perfino in Svizzera è stata vietata la costruzione di minareti e
sono in corso dibattiti per mettere al bando il burqa. Quali
ritiene siano le cause?
Shirin Ebadi è nata nel 1947 a Hamadan, in Iran. Nel 1971 ha conseguito il master in giurisprudenza presso l’Università di Teheran. A soli 28 anni è stata la prima donna giudice del paese a essere eletta preside del tribunale di Teheran, carica da cui è stata destituita dopo la rivoluzione del 1979 per essere retrocessa alla funzione di assistente giudiziaria pres- so lo stesso tribunale. Nel 1992 ha ottenuto l’abili-tazione all’avvocatura e ha aperto uno studio legale. Oggi, Ebadi è docente di giurisprudenza presso l’Università di Teheran e s’impegna per il rispetto dei diritti umani e il rafforzamento dello status giuridico delle donne e dei bambini in Iran. Ebadi ha inoltre fondato due organizzazioni non governative: l’Asso-ciation for Support of Children’s Rights e lo Human Rights Defence Centre.
Nonostante un arresto e ripetute minacce di violenza, Shirin Ebadi esercita tuttora la professione foren-se. Per il suo coraggioso impegno a favore della demo- crazia e del rispetto dei diritti umani è stata insignita di numerosi riconoscimenti, quali il Nobel per la pace nel 2003 e il premio internazionale di Bonn per la democrazia nel 2010.
Shirin Ebadi è autrice di svariati articoli e libri sui diritti umani e di un’autobiografia intitolata «Il mio Iran. Una vita di rivoluzione e speranza».
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Shirin Ebadi Leader 81
1 Shirin Ebadi durante una conferenza stampa presso l’FIDH (International Federation for Human Rights) nel dicembre 2003 a Parigi: due mesi prima le era stato assegnato il premio Nobel per la pace, che rendeva omaggio al suo impegno per la democrazia e i diritti umani. 2 Gli studenti iraniani esortano regolarmente la popolazione a scendere in piazza per protestare contro il regime. Immagine di una dimo-strazione del 7 dicembre 2002: il governo ha cercato di impedire altre proteste attraverso lo schieramento di milizie, attacchi mirati alle dimo- strazioni nonché l’arresto e la tortura di studenti. 3 Molte giovani iraniane s’impegnano per migliorare i diritti delle donne nel loro paese.
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Forum internazionale sui diritti umani di Lucerna Il Forum internazionale sui diritti umani di Lucerna (IHRF) si ripropone di sostenere e sviluppare in modo duraturo il dibattito sui diritti dell’uomo e di incentivare con un approccio mirato la sen-sibilizzazione dell’opinione pubblica mettendo a disposizione di numerose personalità del mon- do politico, scientifico ed economico, stakeholder e rappresentanti dei media, della cultura e del vasto pubblico una piattaforma per collaborare a una tematica attuale attinente ai diritti del- l’uomo. Allo scopo di promuovere il dibattito anche al di là dell’attività operativa in senso stretto, nel 2009 il Credit Suisse ha avviato una partner-ship con l’IHRF.
La 7ª edizione del Forum internazionale sui diritti umani, tenutasi a Lucerna il 18 e il 19 maggio 2010, è stata dedicata al tema «Diritti umani e digita-lizzazione della vita quotidiana». La dott.ssa Ebadi è intervenuta in qualità di relatrice esterna assie- me a numerosi altri esperti svizzeri e internazionali.
Per ulteriori informazioni sul Forum internazionale sui diritti umani di Lucerna rimandiamo al sito http://www.ihrf.phz.ch.
L’islamofobia dilagante sulla scena mondiale reca in larga misura la firma di alcuni mezzi di comunicazione. Viene letteralmente alimentata e diffusa attivamente dalla stampa internazionale. Personalmente, anche in questo caso ritengo opportuno esprimere un giudizio differenziato. È necessario operare una distinzione tra gli atroci delitti commessi da alcuni gruppi islamici e la religione in sé, che vanta milioni di fedeli onesti e retti che la praticano pacificamente. Il fatto che un attentato perpetrato da estremisti musulmani venga sempre bollato dall’opinione pubblica come «atto terroristico islamico» è un palese torto nei confronti della comunità mondiale dei credenti islamici. In fondo, nessuno attribuisce all’ebraismo la responsabilità della mancata attuazione delle risoluzioni finora varate dall’ONU da parte del governo israeliano o sostiene che i crimini in Bosnia siano stati commessi in nome del cristianesimo.
Nonostante la sua dura battaglia per i diritti umani nei
paesi islamici e la critica mondiale all’islamismo, è tuttora una
musulmana credente.
Senza dubbio. Non la considero affatto una contraddizione. Anzi: la fede mi dà forza sul lavoro. Sono una musulmana profondamente convinta. E amo il mio paese. Per quanto controver so, è splendido. Gli iraniani sono un popolo caloroso, generoso e straordinariamente ospitale.
La sua attività comporta anche grandi pericoli. È stata
arrestata e il suo nome è già apparso su un elenco di condannati
a morte. Non ha paura?
La paura è un semplice riflesso con cui bisogna imparare a convivere. Sono un’ottimista e credo ciecamente che il perseguimento pacifico di obiettivi equi spianerà la strada alla democrazia, anche se il traguardo non è dietro l’angolo.
Che cosa significa per lei essere stata insignita quest’anno
del premio internazionale di Bonn per la democrazia e del Nobel
per la pace nel 2003?
Vado naturalmente fiera di questi riconoscimenti, che hanno contribuito molto alla mia notorietà e, soprattutto, attirato l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sul mio operato e sulla questione dei diritti umani. Le mie richieste raggiungono ora una cerchia di persone ben più vasta, che posso sensibilizzare sulla tematica e coinvolgere nel nostro impegno. Confido in una presa di coscienza globale dell’importanza del rispetto dei diritti dell’uomo. <
Un conto semplice. Agire con una mentalità imprenditoriale dà sempre i suoi frutti. Soprattutto per se stessi. Poter realizzarsi, partecipare direttamente, avanzare sotto il profilo professionale. Presso Alpiq, il nuovo leader sul mercato dell’energia in Svizzera. Assieme sprigioniamo energia. www.alpiq.com/jobs
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