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La rivista del Credit Suisse dal 1895 Numero 4 Ott./Nov. 2010 Consumo Nel bel mezzo della consumistica New York, lo scrittore Colin Beavan ha cercato per dodici mesi di sopravvivere senza inquinare l’ambiente nell’ambizioso ruolo di «No Impact Man». Madagascar Una fondazione a sostegno della foresta Occasione persa? Le opportunità (mancate) della crisi Shirin Ebadi A colloquio con il Nobel per la pace Numero gratuito Con POSTER App iPad del bulletin !!da scaricare!!

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La rivista del Credit Suisse dal 1895 Numero 4 Ott./Nov. 2010

ConsumoNel bel mezzo della consumistica New York, lo scrittore Colin Beavan ha cercato per dodici mesi di sopravvivere senza inquinare l’ambiente nell’ambizioso ruolo di «No Impact Man».

Madagascar Una fondazione a sostegno della foresta

Occasione persa? Le opportunità (mancate) della crisi

Shirin Ebadi A colloquio con il Nobel per la pace

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Premiato

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Editoriale 3

Durante un viaggio in compagnia della mia futura moglie lungo la costa orientale degli Stati Uniti, il 30 dicembre 1991 mi fermo, senza la ben che minima pretesa, in una piccola località denominata Freeport, nello Stato del Maine. Ad eccezione di un’altra coppia siamo gli unici clienti del romantico bed and breakfast dal retrogusto kitch. L’indomani, dopo una sosta alla magnifica rupe costiera, ci avviamo pigramen-te verso la cittadina. La mia compagna si blocca però già davanti alla prima idil-liaca casupola stile chalet, come rapita dall’insegna di una marca di design italiano e dalla piccola ma avvincente aggiunta «Factory Outlet». Ovviamente entriamo soltanto per dare una rapida occhiata…

È stato l’inizio di un pomeriggio all’insegna del consumismo più sfrenato. Freeport riuniva già allora decine – oggi sono oltre un centinaio – di Factory Outlet. E per noi i prezzi, considerato anche lo sconto di fine anno, erano incredibilmente vantag-giosi. Tre ore e nove Outlet più tardi è stato l’altoparlante e l’annuncio della chiusura anticipata per i festeggiamenti di San Silvestro a spingerci agli ultimi compulsivi acquisti. Un ultimo paio di jeans nella corsa verso l’uscita, un’ultimissima maglietta a soli tre dollari proprio davanti alla cassa, e finalmente la fine dell’incubo. Disincan-tati e con una malcelata sensazione di vergogna ci siamo incamminati verso casa, con almeno quattro borse per parte, e i manici fini che tagliavano impietosi i nostri palmi gelati.

Il nostro reportage da Shanghai sul consumismo dei cinesi, proposto a pagina 6, mi ricorda molto quel pomeriggio a Freeport. All’interno dei cosiddetti Super Brand Mall di Shanghai viene esposta in bella mostra l’intera gamma di beni di lusso e di consumo, rendendo più che comprensibile la bramosia dei cinesi per questo comparto. Ma forse non sono del tutto sbagliati i moniti dell’Occidente – che tuttavia si è servito per decenni a piene mani – con la messa in guardia dalla svendita delle risorse a livello mondiale e dall’enorme impatto sull’ecosistema.

Il consumo è il motore globale dell’economia e quindi una delle colonne portanti del nostro benessere. Ma ora bisogna trovare un sano equilibrio tra lo sfruttamento delle risorse naturali e il consumo sfrenato di beni. Una premessa per garantire un benessere sostenibile a un numero sempre crescente di individui.

E per concludere, una piacevole notizia pro domo: il consumo in termini di lettura legato all’app del bulletin per iPad, lanciata a inizio agosto in versione inglese, ha ampiamente superato le nostre più rosee aspettative. Nelle prime quattro setti-mane il bulletin virtuale è stato scaricato più di 20 000 volte! Di che andarne fieri.Daniel Huber, caporedattore del bulletin

KooabaKooaba riconosce le immagini di CD, libri e giornali e fornisce informazioni dal web.

Il codice QRIl codice QR per il bulletin mobile

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Sommario 5F

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Il «Forest Stewardship Council» (FSC) definisce con dieci principi e criteri lo standard per un’economia forestale rispettosa delle norme ambientali e sociali. Carta svizzera (Z-Offset, con il 30% di quota FSC) ottenuta da cellulosa europea, fabbricata dalla Ziegler Papier AG di Grellingen, ditta certificata secondo la norma ISO 14001.

Consumo Cosa spinge il discesista di mountain bike a scendere a capofitto lungo i pendii, il base jumper a buttarsi nel vuoto dall’alto di una roccia e l’arrampicatore free solo a scalare le pareti senza alcuna sicurezza? Il consumo di una droga legale: l’adrenalina. Su questo tema alcune immagini mozzafiato del fotografo d’azione Robert Bösch.

6 _ Cina  Nei nuovi templi del consumo di Shanghai viene placata un’incommensurabile fame di lusso.

10 _ Esperimento Colin Beavan ha voluto vivere a New York per un anno intero senza gravare sull’ambiente.

14 _ Marketing Il professor Marcus Schögel parla dei clienti sempre meglio informati, dei social media e dell’iPad.

16 _ Baratto Dove il tempo e la raccolta dei rifiuti sono una moneta più efficace di quella vera e propria.

20 _ Energia Il petrolio lubrifica da oltre 100 anni gli ingranaggi dell’economia: quali saranno le alternative?

24 _ Adrenalina Immagini mozzafiato di sportivi estremi che sono sempre alla ricerca di nuove sensazioni.

    Credit Suisse

31 _ Notizie dal mondo Nomine nel Consiglio direttivo del Credit Suisse

32 _ Foresta pluviale Una fondazione per i clienti sostiene un progetto del WWF in Madagascar

36 _ Festival di Salisburgo Il «Dionysos» e lo Young Singers Project in immagini

38 _ Sydney Symphony L’orchestra nazionale australiana è ora partner del Credit Suisse

39 _ Canaletto Per il prossimo viaggio a Londra tappa obbligata alla National Gallery

40 _ Notizie dalla Svizzera Informatica avanti tutta al Museo dei Trasporti di Lucerna

42 _ Estate musicale La Svizzera grande palco­scenico della musica classica internazionale

44 _ Pablo Picasso Mostra di grande spessore per il centenario del Kunsthaus di Zurigo

46 _ Capolavori della modernità Il Kunst­museum di Winterthur ha riaperto i battenti

50 _ Audiopercorso climatico Informarsi sul clima all’aria pura di Zermatt

54 _ Disoccupazione giovanile La Fondazione Speranza è spesso l’ultimo appiglio

    Economia 

56 _ Sanità Uno studio tasta il polso al sistema sanitario svizzero

62 _ Barometro  Il Credit Suisse e l’Osec studiano la domanda estera di prodotti svizzeri

64 _ Occasione persa? La crisi ha offerto l’opportunità di attuare cambiamenti radicali

67 _ Emerging banking Entro il 2030 si prevedono 1,2 miliardi di nuovi clienti bancari

68 _ Inflazione Quanto è grande il rischio?Con poster illustrativo

70 _ Mito o realtà? La diversificazione nel portafoglio clienti privati

72 _ Opinione dell’esperto Cercare il compro­messo tra consumo e risparmio

    Invest

73 _ Analisi e trend attuali

    Leader

78 _ Shirin Ebadi Il premio Nobel per la pace lotta per la democrazia e i diritti umani

    Informazione pratiche

49 _ Sigla editoriale

77 _ Definizioni e recensioni

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bulletin 4/10  Credit Suisse

Fotos: Muster Mustermann | Muster Mustermann

[gÚuw˘], traduzione: shopping

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Credit Suisse  bulletin 4 /10

Cina  Consumo 7

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alla perfezione con i grattacieli più alti del paese, la borsa cinese, il secondo porto al mondo per dimensioni, due aeroporti, un circuito di Formula 1 e l’Expo 2010.

Chi ha successo lo ostenta

Essere agiati e fare sfoggio del proprio successo è chic, come con-ferma Jim Siano, CEO della  regione Asia Pacific  del marchio di lusso Montblanc: «I nostri clienti, spesso imprenditori o dirigenti, si distinguono per un’educazione e una cultura superiori alla media. Nel complesso, i consumatori cinesi si sono evoluti molto». I prezzi esor-bitanti in contrasto con la fama che la Cina si è fatta come paese conveniente non fanno demordere i clienti dagli acquisti. Al contrario: «Nell’ultimo ventennio i consumatori cinesi hanno speso gran parte del proprio reddito mensile in articoli di lusso di alta qualità, che nel paese sono estremamente apprezzati», spiega Siano. Originario di New York,  il  CEO  è  un  profondo  conoscitore  delle  abitudini  dei clienti cinesi da due decenni. A colpirlo è la minuziosità con cui si preparano all’acquisto di un prodotto di marca: «I cinesi danno mol-to peso all’origine, alla marca e alla storia di un prodotto e condu- cono ricerche per scoprirne anche gli aspetti più nascosti, quali  il significato del nome o  i  punti  forti. Solo  in  seguito prendono una decisione di acquisto».

I ricchi diventano veri e propri Paperoni

Il numero dei cinesi che non battono ciglio davanti al prezzo di  articoli di lusso quali gli orologi, le penne e gli oggetti in pelle che Montblanc distribuisce nei 95 punti vendita del paese è in costante aumento: negli ultimi anni,  il 10 per cento delle economie domestiche della fascia alta ha compiuto passi da gigante. Oggi guadagna il 255 per cento  in più rispetto al 2005 e genera oltre  il 35 per cento del 

Shanghai, domenica. Architettura avveniristica e marchi di  tutto  il mondo vanno a braccetto nel Super Brand Mall. Mentre altrove sul pianeta  la  domenica  pomeriggio  è  consacrata  alla  lettura  o  alle  passeggiate, negli eleganti centri commerciali di Shanghai ci si dà agli acquisti. Poco dopo le 13, la prima orda di clienti ha terminato il pranzo e si reca nel tempio dello shopping, dove i negozi chiudono alle 21.  In Cina, gli acquisti sono un’esperienza familiare e per un folto numero di fashionisti un vero e proprio hobby riservato al fine settimana. Raramente si fa shopping (o gòuwù, come lo chiamano  i cinesi) da soli:  la  felicità materiale viene condivisa con parenti e amici.

Si risparmia sulla verdura, ma non si bada a spese per un Nokia

Sebbene in Cina il reddito pro capite sia solo di circa 6600 dollari l’anno, anche chi non nuota nell’oro acquista prodotti di qualità.  Il piacere del lusso contagia tutti i ceti sociali urbani: che un tassista si conceda un Nokia all’ultimo grido nel segmento di prezzo supe- riore, pur sbarcando il lunario con 4000 yuan al mese (più o meno 700 dollari), è all’ordine del giorno. Piuttosto, si tira la cinghia altro-ve, per esempio mercanteggiando quotidianamente sul prezzo della verdura.

Shanghai si è votata allo shopping come nessun’altra città cinese. Nella metropoli si assiste a un fenomeno che entro il 2020 si con-cretizzerà  in ogni  angolo del  paese:  il  boom dei  consumi. Mentre Pechino è sinonimo di  lobbismo politico di stampo conservatore e Canton si è fatta un nome come capitale della produzione indu striale, Shanghai è il baluardo consumista del miracolo economico cinese. È da qui che quasi  tutti  i global player del commercio al dettaglio hanno alimentato la propria espansione in Cina. I marchi internazio-nali onnipresenti nella città sulle sponde dell’Huangpu si integrano 

Voglia di lussoShanghai si è trasformata da tempo in un opulento paradiso per i consumatori e la Repubblica Popolare Cinese in una miniera d’oro per i marchi di lusso del mondo intero. Più attenti all’immagine e individualisti che mai, i cinesi hanno un debole per i prodotti di marca.

Testo: Martin Regnet

Foto: Jeff Wang, Red Gate International, Shanghai

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8 Consumo Cina

bulletin 4/10  Credit Suisse

reddito complessivo dei nuclei familiari cinesi. In realtà, l’intera po-polazione se la passa meglio di qualche anno fa. Per i marchi di lus-so globali si tratta di un gruppo target che plasma in misura deter-minante il mercato mondiale dei beni di consumo pregiati. Anche Jim Siano la pensa così: «Dal 2008, il nostro negozio più grande al mon-do si trova presso il CITIC Square di Shanghai e abbiamo intenzione di triplicarne la superficie di vendita». Anche la scelta dell’ubicazione gioca un ruolo importante per i consumatori di prodotti di marca: «Il mercato cinese del lusso sarà teatro di grandi trasformazioni, la ten-denza va verso negozi molto più spaziosi presso i principali indirizzi. Prevedo un’impennata della concorrenza nel commercio al dettaglio sia tra i marchi che tra i gestori dei centri commerciali».Anche  i gruppi di  reddito della  fascia bassa evidenziano  «incre-

menti moderati» per i criteri cinesi: dal 2005, le entrate del 20 per cento in fondo alla scala sono aumentate di oltre il 50 per cento e quelle del ceto medio sono quasi raddoppiate (+98 per cento).

I piccoli imperatori forgiano i consumi

La  tendenza  sembra destinata a proseguire:  il  tasso di  risparmio  cinese è in picchiata. Come risulta dal Consumer Survey del Credit Suisse,  se nel 2004  i  consumatori mettevano ancora da parte  il 

26 per cento del proprio reddito, nel 2009 la quota è scesa ad ap-pena il 12 per cento.

In Cina,  i  consumi hanno un grande avvenire davanti  a sé: per effetto della  pianificazione delle nascite  introdotta nel  paese nel 1980,  i cittadini al di sotto dei 30 anni sono quasi esclusivamente figli unici. Oltre a essere i pupilli dell’intera famiglia, i nati negli anni Ottanta e Novanta godono sempre più dell’attenzione dei produtto-ri di marca in qualità di clienti facoltosi e propensi al consumo. La generazione dei «piccoli imperatori», come viene chiamata in cinese, ha messo a  segno  la  crescita del  reddito più marcata dell’ultimo triennio e manterrà questo vantaggio anche nei prossimi tre anni.

La mobilità e l’urbanizzazione mettono le ali alla crescita

Il mercato immobiliare cinese è attualmente uno dei più effervescen-ti al mondo, soprattutto nelle città ad alto reddito come Shanghai e Pechino. L’acquisto e l’arredamento di spazi abitativi  sono tra i prin-cipali catalizzatori del boom cinese. Nel Regno di Mezzo l’urbanizza-zione procede a pieno ritmo: il Credit Suisse prevede un  incremento annuo dello 0,8 per cento. Se nel 2009 risiedeva nelle città già  il 46 per cento della popolazione cinese, entro il 2030 la quota salirà circa al 60 per cento. La crescita  interesserà  in parti colar modo  i 

Acquisti a più non posso: in Cina lo shopping è diventato un passatempo amato da tutta la famiglia, facile preda degli onnipresenti centri commerciali, eleganti e tentacolari. L’epicentro del boom dei consumi è localizzato a Shanghai. Il numero dei cinesi che sborsa cifre da capogiro per prestigiosi prodotti di marca è in costante aumento. E quando hanno messo gli occhi su un articolo che li convince, non badano al portafoglio.

Foto: Jeff Wang, Red Gate International, Shanghai

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Credit Suisse  bulletin 4 /10

Cina  Consumo 9

centri urbani di medie dimensioni della Cina centrale e occidentale. Il paese dovrà fare spazio a circa 190 milioni di nuovi inurbati, per i quali  vanno predisposte abitazioni  e  infrastrutture. Gli  analisti  del Credit Suisse sono certi che i nuovi arrivati innescheranno un boom dei consumi  in  linea con  l’obiettivo del governo di  incrementare  la domanda interna per ridurre la dipendenza dalle esportazioni.

I consumi cinesi continueranno ad aumentare esponenzialmente: secondo  le  stime di Dong Tao, economo presso  il Credit Suisse, passeranno dai 1700 miliardi di dollari dello scorso anno a 15 900 mi-liardi nel 2020. Nello stesso periodo, il contributo della Cina ai con-sumi mondiali balzerà dunque dal 5,2 per cento del 2009 al 23,1 per cento e il paese raccoglierà il testimone degli Stati Uniti come prin-cipale mercato al mondo.

Audi vende più vetture nuove in Cina che in Germania

In alcuni settori tale tendenza è già in atto. In termini di pezzi vendu-ti, il mercato automobilistico cinese è per esempio già oggi il mag-giore al mondo. La quota delle economie domestiche in possesso  di una vettura è più che raddoppiata dal 2004, passando dal 12 al 28 per cento, ed è destinata ad aumentare ulteriormente. In occa-sione del Consumer Survey condotto dal Credit Suisse nel  2009, circa il 35 per cento di esse ha risposto che intende «assolutamen-te» o «probabilmente» acquistare un’automobile nuova nei prossimi tre anni. Per le case automobilistiche estere, Germania in testa, la Cina è ormai diventata il mercato in crescita per antonomasia. Nei primi cinque mesi del 2010, Volkswagen Group China ha venduto circa 778 000 automezzi,  battendo del 48 per  cento  il  record del 2009, e a Foshan sono già  in corso  i preparativi per  il 10° stabili-mento VW nel Regno  di Mezzo. Nel  1°  semestre  2010 Audi  ha  venduto in Cina circa 109 800 vetture: ben 2000 in più rispetto al mercato domestico. Nello  stesso periodo,  i  tassi  di  crescita delle vendite di BMW si attestavano addirittura al 100 per cento. I produt-tori tedeschi soddisfano di buon grado richieste particolari, come per esempio un passo delle ruote notevolmente allungato che spopola tra i cinesi. Anche marchi di lusso del calibro di Porsche si orientano maggiormente ai gusti della clientela cinese: nel 2009 la Panamera ha fatto il proprio debutto al salone Auto China di Shanghai.

I marchi domestici risalgono la china

Trend simili si delineano anche nel settore dei televisori a schermo piatto e dei notebook, che negli ultimi anni hanno calamitato sempre più l’interesse dei consumatori. La chiara propensione a un maggio-re comfort emerge anche dal successo riscosso dal segmento dei prodotti costosi da 37–45 pollici.

Benché nell’ultimo biennio numerosi marchi cinesi abbiamo con-quistato la fiducia dei consumatori incrementando le quote di merca-to, la parte del leone spetta tuttora ai brand internazionali: in netto vantaggio si sono mantenuti soprattutto i prodotti tecnologicamente sofisticati e i beni di  lusso. Sul fronte dei beni di consumo con un ciclo di vita breve, quali alimentari, bevande e prodotti per  la cura della persona, i marchi esteri e quelli domestici sono alla pari, men-tre le aziende cinesi sono chiaramente in testa nei comparti Internet e viaggi, un risultato in parte ascrivibile alle barriere di mercato.

La ripresa presenta però anche un rovescio della medaglia: rispet-to alla clientela occidentale, i consumatori cinesi danno meno peso alla sostenibilità e alla responsabilità sociale. In quanto a efficienza energetica nella produzione, la Cina è tuttora lungi dal soddisfare gli standard internazionali e l’inquinamento delle acque e dell’aria rag-

giunge spesso valori allarmanti. La popolazione rurale, così come la Cina occidentale, nordorientale e centrale, partecipano alla crescita solo in misura limitata e anche tra le regioni emergenti la forbice del benessere presenta in parte un notevole divario.

Le ripercussioni negative non risparmiano il resto del mondo. La sete cinese di materie prime comporta già distorsioni della dinamica di mercato. Recentemente sono stati posti dei limiti all’esportazione di  risorse naturali preziose, come per esempio  le cosiddette  terre rare estremamente  importanti  per  l’alta  tecnologia,  con massicci contraccolpi in interi rami industriali. Anche sul fronte dell’emissione di gas a effetto serra la Cina si colloca ormai ai vertici della classi-fica. Infine, è ancora aperta la questione della manipolazione valu-taria grazie  a  cui  il  governo di Pechino  si  assicurerebbe  vantaggi competitivi.

Nonostante  tutto, molti  produttori,  investitori  e  lavoratori  occi-dentali sperano che la corsa al consumo cinese non subisca un’im-provvisa  battuta  d’arresto  e  che  le  scale mobili  dei  templi  dello  shopping come il Super Brand Mall di Shanghai continuino a essere intasate da orde di clienti dalle mani bucate. Non solo la domenica pomeriggio.  <

«Nell’ultimo ventennio i consumatori cinesi hanno speso gran parte del proprio reddito mensile in articoli di lusso di alta qualità.» Jim Siano, CEO Asia Pacific di Montblanc

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bulletin 4/10  Credit Suisse

10 Consumo  Rinuncia

NO!

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Rinuncia  Consumo 11

Credit Suisse  bulletin 4 /10

Foto: Mathias Hofstetter

Dalle parole ai fattiL’uomo fa man bassa delle preziose materie prime della terra e la ripaga con rifiuti e  veleni. Preso dai rimorsi, lo scrittore Colin Beavan si è assunto la propria responsabilità: per dodici mesi ha tentato di vivere con la famiglia a New York rispettando l’ambiente. Un’impresa difficile, che gli ha però regalato tempo libero e felicità.

Testo: Claudia Steinberg

All’ombra di un acero a Washington Square Park, un giovane vesti­to di nero suona valzer di Chopin su un piccolo pianoforte, mentre la distesa melodia jazz di un sassofono si mescola alle note estatiche dello stesso piano, sul sottofondo dell’assordante traffico  newyorkese. Colin Beavan è sdraiato tra studenti impegnati nella lettura e turisti in sosta sullo stesso prato che ha funto da salotto per lui e la sua famiglia nell’estate del 2007, quando assieme alla moglie Michelle, alla figlia Isabella e al terrier Frankie fuggiva quasi ogni sera dalla calura e dal buio della sua abitazione sulla Quinta Strada, dove rinun­ciava alla corrente elettrica e a numerosi altri prodigi della tecnica nell’ambito di un esperimento radicale. Invece di gustarsi una fetta di pizza  seduto davanti al televisore nel suo appartamento climatiz­zato al nono piano di un elegante edificio prebellico come aveva fat­to in passato, in questa memorabile estate lo scrittore organizzava picnic a base di pane fatto in casa e verdura appena colta nel suo orto di dieci metri quadrati situato  in un giardino comune a poche strade di distanza, che ancora oggi condivide con alcuni agricoltori di sussistenza metropolitani. E mentre Isabella giocava con gli amici tra gli zampilli della fontana, Colin e Michelle facevano la conoscen­za di altri personaggi eccentrici che avevano scelto  il parco come secondo salotto, godendosi «musica dal vivo di gran lunga migliore di  quella che altrove costa fior di quattrini», precisa Beavan.

Orto familiare a Manhattan invece di autoconsumo nel Montana

Prima di iniziare l’esperimento nella veste di rigoroso ambientalista all’età di 42 anni e di convincere del progetto perfino la moglie, una viziata maniaca dello shopping nata in una famiglia di milionari del Nord Dakota, Beavan era «terribilmente depresso» per l’incalzante riscaldamento globale e le sue incombenti conseguenze apocalitti­che, per la guerra condotta in Iraq con deboli pretesti al solo scopo di  salvaguardare  il  nostro  stile di  vita dipendente dal  petrolio,  per l’immensa  isola di rifiuti  in costante espansione nel Pacifico e per  le  schiere  di  bambini  affetti  da  asma  a  causa  dell’inquinamento 

 atmosferico nel Bronx. «Viviamo in stato di emergenza», si lamenta­va lo scrittore. Eppure anche lui si comportava come se nulla fosse. «Se durante una cena tieni banco elencando con rabbia  i mali del mondo agli  altri  ospiti,  ben presto nessuno  ti  presta più ascolto»,  sa per esperienza Beavan. E così un giorno ebbe l’idea di passare dalle parole ai fatti, calandosi nel ruolo di eroe della quotidianità. A differenza dei suoi idoli giovanili come Superman e l’Uomo Ragno, Beavan voleva però distinguersi in qualità di «No Impact Man», che intacca  il  pianeta quanto meno possibile senza peraltro  rinnegare tutti i piaceri terreni: «Non sono un asceta», afferma con decisione. Se si fosse ritirato per un anno su un’isola remota o in una fattoria nel Montana,  sarebbe stato  tacciato di  anticonformismo. Beavan voleva invece condurre a tutti i costi il suo esperimento nel cuore di Manhattan, un’isola responsabile di quasi  l’1 per cento delle emis­sioni globali di gas a effetto serra. Oltre la metà della popolazione mondiale  vive ormai  in  città  che  vantano un potenziale utopico  in virtù dei loro sistemi di trasporto pubblico e della ripartizione delle risorse, e  lo  scrittore è  riuscito  a ottenere un contratto editoriale  per  le sue avventure da anticonsumista solitario unicamente nella capitale del commercio per antonomasia, dove le tentazioni sono in perenne agguato.

Obiettivo zero rifiuti: un’utopia

New York City produce ogni anno tre miliardi di tonnellate di rifiuti. Non stupisce dunque che il «No Impact Man» abbia deciso di avvia­re  il suo programma ambientale  in sette fasi con  la  totale elimina­zione del  pattume. Eppure, già nei  primi minuti  dell’esperienza a impatto zero  Beavan infrange le sue stesse regole: un fazzoletto di carta  quando  cola  il  naso,  un  pannolino  di  plastica  per  Isabella,  carta  igienica...  l’elenco dei peccati è ben presto completo. Vaga­mente consapevole della portata delle modifiche comportamentali che  il  nuovo   regime  impone, Colin  comincia a  raccogliere e diffe­renziare sistematicamente i rifiuti domestici. «In fondo, anche gli  >

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12 Consumo  Rinuncia

bulletin 4/10  Credit Suisse

Senza  dissimulare  un  sottile  piacere, Michelle  osserva  il  marito  trasformarsi  in  una  «casalinga degli  anni Cinquanta»  che dedica  l’intera giornata alla spesa, alla cucina e al bucato. Eppure, è su sua iniziativa che il gigantesco televisore viene bandito dall’appartamen­to:  anche  lei  lo  ha  infatti  inquadrato  come  un  «nemico  in  casa»  che divora  il  tempo e  induce al consumo e agli sprechi con  i suoi messaggi pubblicitari. Per solidarietà, Michelle rimpiazza cosmetici profumati con bicarbonato di sodio e tollera perfino i vermi in cucina che aiutano a  trasformare  i  residui  di  cibo  in  compost.  Invece di  dedicarsi  allo  shopping  sfrenato  nei  grandi magazzini,  esplora  il  proprio armadio alla ricerca di tesori dimenticati da tempo. La rego­la dell’impatto  zero che  impone di acquistare solo  l’indispensabile  e mai nulla di nuovo ha però un effetto inatteso su Beavan: «Anche se rinuncio agli acquisti per  libera scelta, mi sembra di essere un povero, un perdente, un emarginato. Il desiderio di sentirsi parte di un gruppo è insito nella natura umana, ma dobbiamo modificare le regole di appartenenza».

Quando si tratta della propria famiglia, però, tra il dire e il fare c’è di mezzo  il mare. Nell’ambito del programma a  impatto zero sono 

archeologi  ricavano  informazioni  importanti  sulle  abitudini  di  vita  delle  civiltà  scomparse dall’analisi  dei  rifiuti»,  si  dice. Nel giro di  quattro giorni la sua famiglia accumula circa un terzo di metro cubo di immondizia e da un attento esame risulta che non c’è traccia di bucce di patata, torsoli di mela o resti di carote. Piuttosto, i sacchi sono pieni di bicchieri di plastica e contenitori di polistirolo: residui di pasti acqui stati e consumati in fretta e furia. Beavan non riesce a capacitarsi della sua ironica scoperta: gettiamo via con noncuranza oggetti che  vengono utilizzati per qualche minuto per poi restare in eterno in una discarica. O nell’oceano. Nel suo libro, recentemente tradotto anche in italiano (e naturalmente stampato su carta ricicla­ta),  l’autore cita una statistica del Worldwatch Institute secondo cui ogni anno verrebbero cestinati fino a 5000 milioni di miliardi di sac­chetti di  plastica. «Nessun altro prodotto esce da mercati e negozi in simili quantità», scrive. Il «No Impact Man» usa i propri sacchetti di mussola perfino per acquistare noci e muesli, non sfiora nem meno una bottiglia d’acqua, si rifiuta di bere tè alle erbe in bicchieri di pla­stica e resiste addirittura alla tentazione di un «Bacio» al cioccolato avvolto in carta stagnola.

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Credit Suisse  bulletin 4 /10

Rinuncia  Consumo 13Foto: Stefan Falke

vietati tutti gli spostamenti con mezzi di trasporto motorizzati. Quan­do Colin disdice la visita per il Giorno del Ringraziamento, la madre sbotta: «Non capisco perché tu non possa venire in treno: parte an­che senza te!». Ma il fatto che, a detta del climatologo James Hansen, le emissioni di anidride carbonica sono già ora eccessive per impe­dire il catastrofico riscaldamento del pianeta, infonde nel «No Impact Man» un senso di impellenza tale da impedirgli di usare anche i mez­zi di trasporto verticali: nella città dei grattacieli, impensabili senza l’invenzione dell’ascensore, Beavan sale e scende le scale macinan­do ogni giorno centinaia di gradini, non di  rado con  Isabella  sulle spalle. A Michelle è ufficialmente concessa un’autorizzazione spe­ciale per il posto di lavoro, al 43° piano di un palazzo di Midtown, ma a fronte dello scandaloso 25 per cento con cui gli Stati Uniti contri­buiscono alle emissioni globali di gas di scarico pur ospitando solo il 5 per cento della popolazione mondiale, anche lei rinuncia al taxi e alla metropolitana e opta per il risciò che un geniale esperto del fai da te costruisce per la famiglia con pezzi usati. Solo gli sposta­menti  in bicicletta appaiono a Michelle un’impresa da kamikaze e così si reca al lavoro in monopattino, lungo i marciapiedi. 

Sebbene  i mezzi  di  trasporto alimentati  con  il  sudore della  fronte consentano alla famiglia a impatto zero di ridurre drasticamente la propria  «impronta del  carbonio»,  l’amato caffè giunge  immancabil­mente da lontano. In media, gli ingredienti di un tipico pasto ameri­cano hanno alle spalle un tragitto di 3000 chilometri. Oltre a limita­re l’origine dei loro alimenti a un raggio massimo di 400 chilometri, i Beavan consumano esclusivamente frutta e verdura di coltivazione biologica, soprattutto quando vengono a conoscenza del truculento passato dei concimi industriali: nel secondo dopoguerra, le sostan­ze chimiche a elevato contenuto di azoto utilizzate per  la  fabbrica­zione di bombe vennero impiegate come elementi nutritivi per il suo­lo e i pesticidi hanno origini altrettanto oscure. Poiché a New York non c’è alcun panificio biologico che non importi  la farina da Stati lontani, Colin apprende l’arte del panettiere, un’attività meditativa a cui non potrebbe più rinunciare. Si abitua a mangiare fragole solo d’estate ed elimina  la  frutta  tropicale dalla propria dieta.  Il  tè pre­parato  con  la menta  fresca che coltiva  sul  davanzale non  riesce  però a sostituire l’espresso di Michelle e, dopo un po’, anche l’aceto fatto in casa con resti di frutta non regge il confronto con il balsa­mico italiano. Per questi piccoli peccati gli amanti della natura fanno penitenza, per esempio raccogliendo rifiuti di plastica sulle spiagge cittadine o piantando alberi.

Montagne di lenzuola da lavare a mano? No, grazie!

Come dulcis in fundo, la famiglia a impatto zero compie il passo più drastico: una sera d’estate Colin invita a casa amici che condividono le sue idee e consegna a ognuno una candela di cera d’api. Dopo un conto alla  rovescia come a capodanno  le  luci  si  spengono.  «È stato un momento  romantico»,  ricorda Beavan. Per  alimentare  il computer e un paio di LED che gli consentano di  leggere  installa di nascosto sul tetto del condominio un pannello a celle solari preso in prestito. Nelle giornate bigie l’umore di Colin peggiora man mano che la luce a casa si affievolisce. «È stato un anno duro soprattutto perché  abbiamo  dovuto  andare  controcorrente»,  spiega.  Reso  celebre da un articolo apparso  sul New York Times,  si  sente do­mandare da tutti qual è stata la sfida più ardua. «Indubbiamente il bucato a mano», risponde Beavan, che confessa di aver capitolato alla  vista  di montagne  di  lenzuola,  asciugamani  e  pannolini  che  alla fine ha messo  in  lavatrice. Ha  inoltre sentito  la mancanza dei viaggi, dell’olio di oliva e di un computer sempre pronto all’uso. Non gli si addicono né il ruolo del martire ambientale né quello di guru ecologico,  anche se nel  frattempo ha  fondato un’organizzazione senza scopo di lucro che insegna a vivere nel rispetto dell’ambiente (www.noimpactproject.org).

La principale lezione appresa durante l’anno trascorso all’insegna del  risparmio di  energia,  denaro e  calorie è  stata  tuttavia  la  con­statazione  che  lo  sperpero di materie  prime  in  nome di  comfort  efficienti non consente di avere a disposizione più tempo libero di quando si coltiva, raccoglie e cucina il cibo con accortezza. Il tempo vola comunque quando siamo  imbottigliati  nel  traffico o  facciamo straordinari per mantenere il consueto tenore di vita urbano. La por­tata dell’infelicità emerge anche dalle tracce di antidepressivi riscon­trate nell’acqua potabile, benché alla resa dei conti le pastiglie non sollevino  il morale  a nessuno. Già nelle prime settimane del  suo esperimento a impatto zero, apparentemente estremo, Colin Beavan non aveva dubbi: «Ciò che la nostra società ‹usa e getta› considera normale è in realtà pura follia».  <

L’orto privato come arma contro i gas a effetto serra: nell’anno del suo esperi-  mento, Colin Beavan (in piedi) si è dato all’orticoltura in  un giardino comune nel centro di Manhattan. Da allora prepara anche il pane in casa: un’attività meditativa a cui  non potrebbe più rinunciare.  A farlo capitolare è stato solo  il bucato a mano.

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bulletin 4/10  Credit Suisse

14 Consumo  Marketing

bulletin: Detto in termini un po’ drastici, fino a dieci anni fa, per 

promuovere il consumo dei loro prodotti, i direttori marketing 

utilizzavano soprattutto le pubblicità sulla stampa e in televisione. 

Quei bei tempi sono ormai finiti?

Marcus Schögel: Già in passato questo sistema in realtà ha funzio­nato  solo per  alcune prestazioni. Prendiamo per esempio questa gazzosa nera di Atlanta. Nel 1850 nessuno la conosceva.  Quindi è stata necessaria una  vasta  campagna di  comunicazione del  tipo: caro consumatore sono qui, comprami! Oggi ovviamente questo me­todo non funziona più. Il consumatore è troppo emancipato.  Bisogna marcarlo più da vicino.  Il 90 per cento dei nuovi beni di   consumo lanciati si rivela un fallimento. Le aziende lo sanno, ma non ne par­lano volentieri. 

E secondo lei come deve essere un nuovo prodotto per 

entrare in quel 10 per cento di eletti?

Deve essere adeguato ai modelli e alle abitudini di consumo, deve offrire al consumatore un vantaggio reale e tangibile ed essere allo stesso tempo comprensibile. Pertanto la tanto osannata innovazione è sempre un po’ ambivalente. Il consumatore vuole qualcosa di  nuovo e di migliore, però desidera anche qualcosa che già conosce. È più propenso ad accettare un rasoio con nuove lame che un telo di  stoffa capace di strofinare via la barba grazie alla nanotecnologia. 

Quindi il cliente è un abitudinario che si spaventa di fronte alle 

innovazioni assolute?

Non è così semplice. Per i consumatori più giovani l’innovazione è un qualcosa in più. Invece con quelli meno giovani la parola «nuovo» va usata con più cautela. Anche se un prodotto ha un impiego nuo­vo e migliore, non si dovrebbe necessariamente dichiararlo troppo apertamente.

Quanto globale può o deve essere il marketing moderno?

Sono quasi certo che il motto «think global, act  local», pensa glo–balmente, agisci localmente, sia stato coniato dal marketing. Il mar­keting è  la prima disciplina  la  cui  esperienza  si  fonda sui mercati internazionali. Forse uno slogan e un unico messaggio per tutto il mondo possono funzionare per la Coca­Cola, tuttavia oggi persino le catene di fast food sono molto orientate alle usanze locali. 

Viviamo in un’era letteralmente subissata dalle informazioni. 

Rispetto a venti anni fa il consumatore è meglio, o peggio 

informato?

Si parla sempre di un’informazione straripante. E in effetti il consu­matore percepisce consapevolmente all’incirca  solo  l’1 per  cento delle  informazioni messe a  sua disposizione.  I  direttori marketing dovrebbero  rendersene conto. D’altronde  le  informazioni  davvero interessanti  sono poche. Basti  pensare,  ad esempio,  al mercato dell’acqua minerale. La maggior parte degli offerenti mette in risal­to  la  limpidezza,  la purezza e  la  salubrità dei  loro prodotti. E ben  pochi di essi riescono a distinguersi diventando, per qualche motivo, più rilevanti per l’acquirente. Per converso esiste anche il problema che offrendo 16 diversi gusti di yogurt o marmellata non facciamo altro che confondergli  le  idee. Diverse  ricerche confermano che  i consumatori comprano meno se i gusti sono 16 anziché quattro. Per il semplice motivo che non si raccapezzano più. Davanti a una scel­ta così ampia alla fine ne comprano solo due, seguiti poi da altri due. Se invece i gusti sono quattro si diranno che li conoscono già e ne comprano un’intera  scorta. Nondimeno,  in  alcuni  casi  è  il  consu­matore a pretendere la varietà. E se si è in grado di offrirgliene una interessante, allora è giusto così.

Ma non per gli yogurt.

Raramente. Piuttosto per la frutta, il vino o i frutti di mare.Un gioielliere di Lucerna mi ha detto che alcuni turisti cinesi  

a volte arrivano con delle vere e proprie liste della spesa per 

l’acquisto mirato di orologi, senza chiedere la minima consulen­

za. Internet è destinata a sostituire presto il venditore?

Il consumatore è più informato, su questo non ci piove. Me lo con­fermano anche i concessionari di automobili. Prima il cliente andava tre, quattro volte allo showroom prima di comprare. Ora di norma torna solo una volta, il che già si configura come un trend.

In che direzione va il marketing alla luce dei nuovi mass media?

Per anni  e anni  abbiamo  tralasciato  il  fatto  che  i  consumatori  co­municano tra loro. È sempre stato così, solo che non ce ne siamo accorti. Oggi  esistono piattaforme  in  cui  lo  fanno pubblicamente  e finalmente ora ne sono consapevoli anche le aziende. Le nuove tecnologie offrono ai consumatori la possibilità di scambiare attiva­mente opinioni,  o persino di  imporre questo  scambio. E  in  futuro questa  tendenza  si  consoliderà ulteriormente. Allo  stesso  tempo  sono certo  che  tutto questo  clamore  intorno ai  cosiddetti  social  media è esagerato. Cinque anni  fa  tutti  parlavano di  community,  un anno fa di marketing virale, e tra  l’uno e l’altro abbiamo anche 

«A mia madre ho regalato un iPad  per il suo 70° compleanno»Secondo il professore di marketing Marcus Schögel i consumatori hanno sempre  comunicato tra loro, eppure le aziende se ne sono accorte soltanto grazie alle  piattaforme Internet. Agli elaborati documenti strategici preferisce la raccolta attiva  di esperienze. Inoltre per lui una cosa è chiara: «I nuovi mezzi di  comunicazione  si affermano sempre più, ma non sostituiscono quelli vecchi».

Intervista: Daniel Huber

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Credit Suisse  bulletin 4/10

Marketing  Consumo 15Foto: Marc Wetli

di nuovo interessante grazie alle nuove possibilità offerte dal nuovo apparecchio. Anche  l’iPad è  in cerca del suo bacino di utilizzo. Si tratta del  primo apparecchio  con un  impiego passivo di  Internet,  perché non consente di postare attivamente contenuti in rete. È usa­to  come piattaforma passiva  con cui mi  posso  informare. Quindi creerà  forme di  utilizzo del  tutto nuove. Suppongo che per molti utenti  diventerà un  terzo apparecchio a metà  strada  tra  laptop e smart phone.  In generale penso che  tutti gli acquirenti dell’iPad si stiano anch’essi  interrogando sul  suo  impiego. Probabilmente  si  inserirà  tra  libro, giornale e computer. Questa è una collocazione sicuramente plausibile e quindi implica anche un mercato.

Come cambia il profilo professionale dell’esperto di marketing?

Deve approfondire la sua conoscenza delle nuove tecnologie. Riten­go che molti manager del marketing ancora non  sappiano bene  come  funziona davvero Google. Molti  affermano di  capire Twitter. Ma credo che nemmeno Twitter conosca il proprio modello commer­ciale. C’è ancora un grande margine di sviluppo.  <

avuto il fenomeno Second Life. I cosiddetti cicli di hype sono sempre più brevi.

Potrebbe rendere meglio il concetto?

Per  dirlo  in  parole  povere,  oggi  ogni  settimana  i  piani  alti  delle  imprese sono pervasi da una nuova idea. In fondo l’attuale discus­sione  incentrata  sui  social media è  la  stessa di  qualche anno  fa, quando ci si interrogava sul senso di Internet. Il 76 per cento degli svizzeri vi accede più volte quotidianamente, pertanto si tratta senza dubbio di un mezzo di comunicazione di massa. Allo stesso tempo  il  confine  tra mondo online e offline  si  assottiglia  continuamente. Oggi dire che si tratta di un mondo virtuale non è più il nocciolo del­la questione. Internet fa sempre più parte della nostra quotidianità. È un processo strisciante. Quindi non ci sarà un’improvvisa rivolu­zione virtuale.

Come devono comportarsi le aziende?

La cosa più importante è provare nuove cose, per capire come fun­zionano. Solo così si accumulano esperienze concrete. Con il nostro istituto  lavoriamo da tempo con  la BMW. Quando, quattro anni fa, tutto  il mondo parlava di Second Life,  la BMW è stata una delle prime aziende a parteciparvi attivamente, per poi uscirne all’apice del ciclo di hype perché si sono detti: ora abbiamo capito.

E cosa faceva la BMW su Second Life? Vendeva automobili?

Niente affatto. Particolarmente popolare è  risultata una  sua  sala riunioni che si poteva affittare. Ma questa esperienza ha consentito alla BMW di prevedere e comprendere più facilmente cosa sarebbe accaduto dopo. Tentare di impostare ex novo una strategia su una pagina bianca è del tutto inutile.

E cosa ne sarà della normale pubblicità, come un’inserzione 

sul bulletin?

Penso che  in parte  sopravvivrà. Una buona pubblicità  su  stampa  è indice di qualità. Se rispecchia il gruppo target, funzionerà anche in futuro. A grandi linee sono fermamente convinto che l’avvento dei nuovi media non segnerà  la scomparsa di quelli  tradizionali. Conti­nuiamo ad ascoltare la radio e nella maggior parte degli uffici c’è un fax. I nuovi mezzi di comunicazione si affermano sempre più, ma non sostituiscono quelli vecchi. Per questo motivo il budget è lo stesso, ma va destinato a un numero di voci sempre crescente. E sorge la questione su come gestirlo nel modo migliore. Allo stesso  tempo prevale la convinzione che qualcosa debba cambiare.

Come influiscono sul panorama mediatico i nuovi mezzi di 

comunicazione?

Naturalmente  aumentando  la  concorrenza. Ma questo  di  per  sé  non è un male, bensì è anche fonte di opportunità. In Germania, ad esempio,  nel  primo  trimestre del 2010  l’editore Axel Springer ha  registrato il miglior risultato della sua storia. Ha saputo combinare i nuovi mass media  con quelli  tradizionali,  in modo da evidenziare maggiormente temi a carattere regionale. Specialmente negli Stati Uniti alcuni giornali regionali hanno dimostrato come avere succes­so dando un taglio ancora più locale alle notizie. Per le news globa­li il giornale non mi serve più. 

E l’iPad dove lo mettiamo? A proposito, ne ha già uno?

No, non ancora. In compenso ne ho regalato uno a mia madre per  il  suo 70°  compleanno. Da allora usa  Internet molto più  spesso  che con un normale  computer. Sono certo  che attualmente  l’uso dell’iPad sia del tutto travisato. Si tratta di un apparecchio ancora alla ricerca del suo mercato. Come già accaduto con l’iPod, creerà un gruppo di consumatori del tutto nuovo. L’iPod piombò in un mer­cato o che non esisteva più, o che era divenuto  improvvisamente  

Marcus Schögel è professore presso l’Istituto di marketing dell’Università di San Gallo. Il suo campo  di investigazione comprende marketing strategico, gestione della distribuzione, cooperazioni nel marke­ting e gestione dei trend nel marketing. Schögel  ha 43 anni e ha studiato economia aziendale alla Freie Universität di Berlino. Nel 1997 ha terminato il dot­torato di ricerca presso l’Università di San Gallo sul tema «sistemi multicanali nella distribuzione». È co­editore della rivista specializzata Thexis, nonché membro della direzione editoriale del Journal of Organizational Virtualness.

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bulletin 4/10  Credit Suisse

16 Consumo  Senza contanti

Vialetti di ghiaia  rastrellati a  regola d’arte  fanno da cornice a uno splendido stagno di carpe Koi. Uno stormo di rondini si libra in volo cinguettando. Circondato da piante di tè e bonsai potati con cura, il 92enne Ryuichi Kawai  siede nel  suo amato giardino, un’oasi  che lo  colma di  orgoglio ed è  la  sua passione. Kawai  vive da  solo e  non ha figli.  In Europa, più che il proprietario di un eden terrestre, l’arzillo pensionato  sarebbe ospite di  una casa per  anziani. Ma  in Giappone  le  cose  vanno diversamente. Grazie  al  «Fureai Kippu»  (in  italiano  «biglietto di  relazione di  cura»),  gli  anziani  possono  in- fatti contare sull’assi stenza di volontari per dimorare il più a  lungo possibile tra le pareti domestiche.

Il 23enne Tosho Agato è uno studente che vive nei pressi del si-gnor Kawai e lo segue diverse ore alla settimana. Oltre a curare il giardino, Agato porta all’anziano pensionato la cena e lo assiste nel-

l’igiene personale, mansioni  a  cui  dedica ogni giorno due ore del proprio tempo che vengono accreditate sul suo conto «Fureai Kippu». In futuro, lo studente potrà scegliere di trasferire le ore accumulate ai genitori o di impiegarle per la propria quiescenza.

Un giapponese su tre sarà presto ultrasessantacinquenne

Il 15 per cento della popolazione nipponica ha già superato i 65 an-ni  di  età,  una  soglia  che da qui  a 40 anni  verrà  raggiunta da un  cittadino su tre. Come nella maggior parte dei paesi europei, anche in quello del Sol  levante  l’aspettativa di vita è  in aumento e  la po-polazione  invecchia.  Benché  in  Giappone  l’ideale  della  famiglia  patriarcale  che abbraccia più generazioni  sia profondamente  radi- cato,  la  tendenza  verso nuclei  familiari  ristretti  è  inarrestabile.  In altri termini, proprio come alle nostre latitudini, al crescente numero 

 Il contrappeso delle monete sociali Gli abitanti degli slum in Brasile raccolgono rifiuti da barattare con alimenti, biglietti dell’autobus o quaderni scolastici. Gli studenti giapponesi prestano assistenza agli  anziani in cambio di tempo da accumulare per la propria pensione. Le monete  «sociali» quali il tempo rappresentano una valida alternativa per regolare aspetti che il denaro  non può più comperare e un intelligente complemento della moneta sonante. 

Testo: Hannes Hug

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Credit Suisse  bulletin 4 /10

Senza contanti  Consumo 17

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 nazioni. Come unità di misura che esprime il rapporto proporzionale tra l’atto di dare e ricevere un bene o servizio, il denaro era invece già diffuso nella Cina di 3500 anni  fa e solitamente consisteva  in conchiglie cauri, perle o pietre. Un millennio più tardi, Creso inventò il denaro sotto forma di monete. L’antico sovrano dell’Asia minore, l’attuale Turchia, utilizzò l’oro estratto dal fiume Pattolo per coniare monete su cui  impresse il proprio sigillo, raffigurante un toro e un leone, con l’intento di fare sfoggio di ricchezza agli occhi degli altri regnanti  dell’epoca. Sin dalla  notte dei  tempi,  il  potere  legato al  denaro non è solo una questione di quantità, bensì anche di estetica e  fattezze. Gli  antichi egizi  introdussero  il  primo sistema valutario duale:  le  transazioni  commerciali  a distanza  venivano condotte  in  oro e altri metalli preziosi, mentre gli affari locali in frumento. A diffe-renza dell’oro, di valore  imperituro,  il  frumento è  infatti  facilmente deperibile e pertanto inadatto a lunghi viaggi via mare. Il commercio locale venne inoltre  integrato da un’altra novità. Per prolungare  la durata di conservazione del frumento, lo si immagazzinava in depo-siti  freschi. La prova del  possesso era  fornita da cocci  di  argilla,  utilizzati come valuta locale a titolo rappresentativo del cereale. L’in-terazione di oro e argilla (o, più precisamente, frumento), dimostra il fascino esercitato dall’idea di una moneta complementare.

Poiché il denaro non è null’altro se non l’accordo preso da una società  in merito all’impiego di  qualcosa come mezzo di  scambio, non deve consistere necessariamente  in monete o banconote.  Il  denaro è espressione di un rapporto tra individui, ha carattere nor-mativo e forgia dunque la nostra cultura. È vero che  il commercio mondiale è disciplinato dal denaro in forma di cartamoneta o metal-lo – tanto che  l’espressione moneta «pesante» calza a pennello –, ma come  la mettiamo con gli  aspetti  dovuti  al  fatto  che  le azioni umane non  sono semplicemente  riconducibili  alla  dinamica della  domanda e dell’offerta? Bernard A. Lietaer, già direttore della 

di  individui che per far fronte alla vita di tutti  i giorni dipendono in una certa  misura dall’aiuto o dall’assistenza altrui si contrappone la scarsa  reperibilità di persone in grado di fornire tali servizi, vuoi per-ché  devono guadagnarsi da vivere per salvaguardare  il «cash flow» della  società nel  suo complesso,  vuoi  perché  la  convivenza  sotto forma di grandi famiglie o clan appartiene al passato.

È vero che le assicurazioni si fanno carico delle prestazioni sani-tarie  più  impellenti,  ma  si  guardano  bene  dall’addurre  il  fattore  temporale  come argomento di  vendita  vincente. La dicotomia  tra desideri e realtà è il pane quotidiano di Tsutomu Hotta, un giurista in pensione che 15 anni  fa ha costituito  la Fondazione Sawayaka, artefice del «Fureai Kippu». Oggi, la moneta alternativa viene utiliz-zata da circa  cento  servizi  locali  nipponici  che colmano  le  lacune dell’offerta dei badanti di professione: disponibilità di tempo, presen-za, ascolto.

Diversi aspetti depongono a favore di questa brillante soluzione. Oltre a non essere più costretti a rivolgersi a un istituto di assisten-za alla comparsa dei primi segni di vecchiaia – un fattore tutt’altro che sottovalutabile per l’economia nazionale –, gli anziani possono trascorrere la terza età  in un ambiente loro familiare, mantenendo  la  propria  indipendenza  e  dignità  anche  se  non  dispongono  dei  mezzi necessari per eliminare le barriere architettoniche. Inoltre, il «Fureai Kippu»  funge da elemento di  coesione  tra  le generazioni, rafforza lo spirito di collettività e fa opera di sensibilizzazione sul rap-porto tra dare e ricevere, lo scambio alla base di qualsiasi relazione commerciale.

Dalle conchiglie alle monete

Il  denaro  inteso come moneta nazionale è una conquista  relativa-mente  recente. Le  valute  vennero  infatti  introdotte  sul  finire del XIX  secolo per  sottolineare  il  carattere e  l’identità delle nascenti 

BIGLIETTOAUTOBUS

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18 Consumo  Senza contanti

Foto: Maria Terezinha Vaz

bulletin 4/10  Credit Suisse

Riciclaggio «made in Brazil»: dove i  camion della nettezza urbana non riescono a farsi strada, vengono in aiuto con i loro tipici carri i carrinheiros, cenciaioli che rimuovono cartone e rifiuti. A Curitiba la spazzatura favorisce il benessere: migliaia di bambini raccolgono e differenziano i rifiuti, che possono barattare con biglietti dell’autobus, quaderni o alimenti.

banca centrale del Belgio e architetto dell’ECU  (il  predecessore dell’euro), è convinto che per far fronte alle sfide future – mutamen-ti  demografici,  scarsità di  risorse ed evoluzione  verso un mondo  multipolare – sia necessario un modello  impostato su un’ottica di respiro tale da non poter essere semplicemente disciplinato dal con-sueto flusso di liquidità.A tale proposito, Lietaer parla di monete «Yin e Yang». Queste 

ultime sono le monete nazionali, tra cui il dollaro funge da valuta di riferimento. La moneta «Yin» incarna invece il baratto, che disciplina la convivenza umana  in veste di valuta dalla matrice «sociale». Un valido esempio del modo  in  cui  individui  socialmente  svantaggiati  e pressoché privi di prospettive di una vita migliore partecipano a un’economia prospera grazie  a una moneta  «Yin»  reca  il  nome di «Curitiba».

Curitiba: la quarta dimensione del riciclaggio

Curitiba è la settima città del Brasile per dimensioni. Ubicata nel sud del paese, la metropoli si fregia oggi della medaglia di bronzo tra i quindici nuclei urbani più ecologici al mondo: un traguardo ascrivibi-le in larga misura all’ex sindaco Jaime Lerner.

Nell’arco di  tre mandati  improntati  a una pianificazione urbana all’insegna della sostenibilità architetturale, infrastrutturale e cultu-rale e conclusisi nei primi anni Novanta del secolo scorso, Lerner  ha arginato il problema dello smaltimento dei rifiuti nelle favela. Co-me  in  tutti  i  paesi  emergenti,  anche  in Brasile  l’urbanizzazione è  alimentata dalla  ricerca di  lavoro nelle  città e Curitiba,  con circa 3,5 milioni di abitanti, non fa eccezione. Ai margini della metropoli proliferano così favela costituite da abitazioni improvvisate, prive di qualsivoglia  logica architettonica. Nelle baraccopoli  dall’organizza-zione caotica, Jaime Lerner si è visto alle prese con montagne di rifiuti che mettevano in serio pericolo la salute degli abitanti, già in condizioni di indigenza. I camion della nettezza urbana non riusciva-

no a farsi strada lungo i sentieri in terra battuta degli slum e manca-vano i fondi per abbattere le baracche e costruire nuove strade.

L’ingegnoso sindaco ha escogitato un sistema semplice ma ge-niale:  ai margini  degli  agglomerati  ha  fatto posizionare  container contrassegnati da colori diversi per la differenziazione dei rifiuti. Chi vi riponeva una borsa con pattume differenziato riceveva in compen-so un biglietto dell’autobus, che a sua volta poteva essere barattato con quaderni scolastici o generi alimentari. Ben presto, migliaia di bambini  hanno  raccolto  i  rifiuti,  contribuendo così  alla  pulizia  del quartiere.

La moneta complementare rafforza l’autostima

Nel giro di un anno, 11 000 tonnellate di rifiuti sono state barattate con un milione di biglietti dell’autobus e 1200 tonnellate di alimenti. Oggi, il reddito medio degli abitanti di Curitiba corrisponde a circa  il triplo di quello del resto del paese. L’esempio dimostra come gli individui privi di contanti possano partecipare all’attività economica e migliorare le proprie condizioni di vita grazie all’introduzione di una moneta  locale. All’interno di  questa microeconomia, molti  di  essi sono  passati  dal  ruolo  di  accattoni  a  quello  di  cittadini  attivi.  In quest’ottica, l’introduzione di una moneta complementare non è  solo un inserimento nella regolare circolazione di denaro o un progetto caritativo dai nobili propositi, bensì crea prospettive concrete e raf-forza l’autostima degli abitanti delle favela, letteralmente relegati ai margini della società. Nelle regioni strutturalmente deboli, le valute complementari creano nuove prospettive e impediscono il deflusso del valore generato a livello locale.

I sistemi monetari alternativi si presentano nelle forme più dispa-rate. A  volte di matrice  ideologica,  a  volte di  natura pragmatica,  costituiscono sempre un’integrazione del regolare flusso di liquidità, mirano a disinnescare i conflitti sociali e offrono un’alternativa a chi non è in grado di partecipare al normale flusso di denaro.  <

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Albert Einstein ha lasciato al mondo la teoria della

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20 Consumo  Energia

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Energia  Consumo 21Foto: Mathias Hofstetter

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All’inizio fu il fuoco. L’uomo riuscì a domarlo e sfruttarlo a proprio vantaggio, distinguendosi così dagli animali e imboccando la strada di un’evoluzione inarrestabile. Attorno al fuoco si rincorrono innume-revoli  saghe e  leggende. Dalla mitologia greca conosciamo Pro- meteo: aveva  ingannato Zeus, che per vendetta decise di  togliere  il  fuoco agli uomini sulla  terra. Prometeo accese  tuttavia una  tor- cia dal carro di Elio, tornò sulla terra e appiccò il fuoco a una catasta di legna.A prescindere da come il fuoco abbia fatto la propria comparsa 

sulla terra (probabilmente grazie a un fulmine), senza questa fonte di  calore  i  nostri  antenati  sarebbero  forse  rimasti  confinati  nelle  «zone calde» della terra, senza la possibilità di colonizzare le aree più settentrionali. E anche la fusione dei metalli o la cottura dell’argilla non sarebbero state possibili.

Avanti a tutto vapore

Già nel 100 a.C. il fisico greco Erone di Alessandria descriveva l’uso del vapore come forza propulsiva. Ma il passo decisivo fu compiuto dall’ingegnere scozzese James Watt, che era riuscito a migliorare una macchina a vapore dell’inventore  inglese Thomas Newcomen, facendola brevettare nel 1769. La produzione in serie delle macchi-ne a vapore segnava così l’inizio dell’era industriale. Con l’impiego 

della forza vapore era stato possibile costruire le prime locomotive, che a loro volta avevano rivoluzionato dalle fondamenta il sistema dei trasporti e influenzato in misura decisiva l’intera economia.

Il petrolio lubrifica gli ingranaggi dell’economia

L’industrializzazione ha trasformato il petrolio in una delle principali fonti di energia della nostra civilizzazione, rendendolo di fatto impre-scindibile. La prima raffineria di greggio aprì i battenti già nel 1859, quando l’americano Edwin Drake iniziò a estrarre grandi quantità di «oro nero». Con l’introduzione della luce elettrica il petrolio sembrò perdere attrattiva, ma fu soltanto un calo passeggero, ben presto arrestato dalla diffusione delle automobili e dalla conseguente forte richiesta di benzina. Oggi, ben un terzo del fabbisogno mondiale di energia è coperto da questa fonte. Ma anche se il petrolio è molto comodo e di facile impiego per fare il pieno o riscaldare, il trasporto fino al consumatore finale non è privo di problemi, come appare evi-dente ogni volta che l’incidente di una petroliera finisce sulle prime pagine dei giornali.

Il lato oscuro dell’oro nero

Una delle maggiori catastrofi ambientali causate da una petroliera in Europa si è verificata il 12 dicembre 1999, quando durante una 

Testo: Andreas Walker

Fame di energiaLa fame di energia è sempre stata una costante nella storia dell’uomo. Nel corso  dei secoli sono state create e utilizzate nuove forme di energia, con conseguenze  dirompenti sullo sviluppo di tutto il genere umano e della società. 

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22 Consumo  Energia

bulletin 4/10  Credit Suisse

tempesta la nave monochiglia «Erika» battente bandiera maltese e con a bordo 30 000 tonnellate di olio combustibile pesante si spez-zò in due al largo delle coste bretoni; furono contaminati 400 chilo-metri di costa e nelle chiazze di petrolio morirono circa 75 000 uc-celli marini.

Ma  il  20 aprile 2010  il mondo ha  scoperto  che  il  naufragio di una petroliera non è il peggio che possa capitare: a seguito di una fuoriuscita  incontrollata di greggio, quel giorno è  infatti esplosa e  poi  affondata  la piattaforma Deepwater Horizon.  Il  conseguente  inquinamento delle acque del Golfo del Messico a causa della fuo-riuscita di petrolio a 1500 metri di profondità ha provocato  la peg-gior catastrofe ambientale di questo tipo negli Stati Uniti. Secondo stime attendibili, soltanto nei primi tre mesi dopo l’evento si sareb-bero riversati in mare quasi dieci milioni di litri di petrolio.

Ma per quanto enorme possa apparire un  simile  inquinamento, tale quantità di greggio risulta pari al fabbisogno mondiale di appena un’ora. Anche se questa  tragedia è  stata per mesi  al  centro del-l’attenzione mediatica,  sarebbe  un  errore  credere  che  nel mare  finiscano grandi quantità di greggio soltanto  in occasione di simili incidenti  spettacolari:  sommate assieme,  le perdite di  petrolio da impianti di trivellazione vetusti e falle di oleodotti  in tutto il mondo assumono proporzioni enormi.Un capitolo molto triste a tale riguardo è rappresentato dalle per-

forazioni  sul  delta del Niger. Da 50 anni  varie  compagnie estere estraggono il petrolio nigeriano, particolarmente facile da raffinare. Gli esperti stimano che fino ad oggi circa due miliardi di litri di greg-gio si siano riversati nel fiume, con un inquinamento pari ogni anno a quello  causato dal  naufragio della petroliera  «Exxon Valdez».  In tale occasione, nel 1989 la fuoriuscita di 40 000 tonnellate di petro-lio aveva compromesso 2000 chilometri di coste di una regione in-contaminata dell’Alaska.

La forza dell’acqua

Insieme al vento, l’acqua è una delle fonti di energia più vecchie. Già in Grecia e Roma antiche venivano infatti impiegate ruote ad acqua per macinare  la  farina. Nel Medioevo erano diffuse grandi  ruote  ad acqua in legno per far funzionare macchine utilizzate in miniere, fucine di fabbri, segherie e officine di levigazione dei materiali o di lavorazione dei tessuti. L’energia  idrica ha svolto un ruolo determi-nante nello  sviluppo delle prime città  industrializzate  in Europa e negli Stati Uniti: le prime centrali idroelettriche furono costruite nel 1880  nella  regione  inglese  del  Northumberland.  E  nonostante  costanti  perfezionamenti,  fino  ad  oggi  la  tecnologia  dei  grandi  impianti di questo tipo non è sostanzialmente cambiata: la genera-zione di elettricità si basa infatti tutt’oggi su diverse tipologie di tur-bine e generatori. A  livello mondiale,  circa un quarto dell’energia complessiva è prodotta con risorse idriche, che peraltro sono pulite e naturali. Ma  la  fame di  energia  spinge alla  costruzione di  laghi  artificiali sempre più grandi e centrali sempre più potenti, una circo-stanza non sempre priva di conseguenze.Anche se oggi si sa molto di più sulle conseguenze comportate 

dalle grandi  dighe,  vengono  realizzate nuove opere di  dimensioni faraoniche. Ad esempio, la diga delle Tre Gole in Cina è uno degli invasi  artificiali  più grandi  al mondo.  Iniziato  il  14 dicembre 1994, questo progetto di sbarramento del Fiume Azzurro ha occupato fino a 18 000 lavoratori e si è concluso il 20 maggio 2006. È stato così realizzato un enorme bacino nell’area delle tre gole Qutang, Wuxia e Xiling. Con i suoi 6380 chilometri, il Fiume Azzurro è il corso d’ac-

321 000 terawattore

nel 2060

160 500terawattore

nel 2030

107 000 terawattorenel 2010

Un mondo energivoroIl fabbisogno di energia a livello mondiale è destinato  

a triplicare entro il 2060. A essere particolarmente affamati  di energia sono soprattutto i paesi emergenti e in via  

di sviluppo, che stanno portando il proprio standard di vita  sui livelli delle nazioni industrializzate.

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Credit Suisse  bulletin 4 /10

Energia  Consumo 23

qua più lungo della Cina e il terzo al mondo. La costruzione di questa gigantesca diga ha imposto la cancellazione di intere città, innume-revoli paesi e fabbriche, tutti sommersi dalle acque, con  la conse-guente necessità di trasferire quasi due milioni di persone.

Energia dal cuore della materia

Dagli anni Sessanta dello scorso secolo, le centrali atomiche hanno iniziato ad assumere un ruolo sempre più importante nella produzio-ne di energia. La fissione dell’atomo fu scoperta nel 1938 dai chi-mici tedeschi Otto Hahn e Friedrich Wilhelm Strassmann. L’energia termica che si libera da questo processo viene poi convertita in ener-gia elettrica mediante turbine e un generatore.

La materia prima della fissione è l’uranio, un metallo pesante che viene concentrato nelle barre di  combustibile. Un chilogrammo di uranio è sufficiente per la produzione di 350 000 kWh, mentre con un chilogrammo di  petrolio  vengono generati  soltanto 12 kWh di elettricità. L’atomo incide per circa il 16 per cento sulla produzione di energia elettrica a livello mondiale, il 23 per cento in Germania e il 39 per cento in Svizzera.

Mentre agli  inizi  dell’era atomica una centrale era  ritenuta puli- ta, efficiente e conveniente, questa fiducia fu profondamente scos-sa dopo il terribile incidente di Cernobyl  il 26 aprile 1986, quando circa  600 000  persone  vennero  esposte  a  una  forte  conta mina-zione radioattiva. Il numero esatto di decessi non è ancora definiti-vamente noto, ma si ritiene ammonti a diverse migliaia. Un ulteriore notevole problema comportato dalle centrali atomiche è costituito dallo  stoccaggio delle  scorie  radioattive,  che  restano pericolose  praticamente  in eterno se raffrontate alla durata della vita umana. Ad esempio, il plutonio ha un tempo di decadimento di 24 110 anni, ovvero  impiega  tutto questo  tempo per perdere  la metà della pro- pria radioattività.

Sulle ali del vento

Senza  la  forza del  vento  che  sospingeva  le  vele delle  caravelle,  forse l’America sarebbe stata scoperta molto più tardi. Già nell’Alto  Medioevo  l’energia eolica era utilizzata nei mulini  a  vento,  soprat- tutto per  la macinatura dei  cereali. Mentre  le  vecchie  costruzioni erano torri tozze e piccole con pale di tela, i moderni impianti eolici hanno sostegni  alti  e  snelli  con  rotori  a  tre pale. Questo  sistema consente  di  convertire  l’energia  cinetica  del  vento  in  energia  di  rotazione,  che a  sua  volta produce elettricità  attraverso un gene-ratore.

Nel solo 2009 sono stati  installati a  livello globale nuovi parchi eolici per una potenza complessiva di 37 466 megawatt (MW), di cui 13 000 MW in Cina, 9922 MW negli Stati Uniti, 2459 MW in Spagna, 1917 MW in Germania e 1271 MW in India. A fine 2009 risultavano installati in tutto il mondo impianti per oltre 150 000 MW.

La fame di energia continua a crescere

Il  fabbisogno  mondiale  di  energia  è  attualmente  pari  a  circa 107 000  terawattore  (un  terawatt = mille miliardi  di watt)  all’anno, con  tendenza  in ulteriore  forte  crescita. Gli  esperti  stimano che  entro il 2030 il consumo mondiale annuo salirà a circa 160 500 tera-wattore, con un raddoppio a 321 000 entro il 2060. Il motivo princi-pale alla base di questo trend è da ricercarsi nei paesi emergenti e in via di sviluppo, che entro tale data avranno avvicinato di molto il proprio stile di vita a quello delle nazioni occidentali industrializzate. Secondo i più recenti dati dell’Agenzia Internazionale per l’Energia 

(AIE), nel 2009 il consumo della Cina è stato già superiore del 4 per cento rispetto agli Stati Uniti.Dall’inizio dell’era  industriale,  l’uomo ha  incentrato gran parte  

della propria economia  sullo  sfruttamento delle  fonti  energetiche fossili. Gli esperti prevedono che, in base ai dati oggi disponibili, le riserve note di petrolio saranno sufficienti ancora per circa 40 anni, quelle di uranio per 50 anni, quelle di gas naturale per circa 60 anni e quelle di carbone per circa 220 anni.

Trasformazioni radicali in vista

L’approvvigionamento energetico del pianeta si trova a un punto di svolta. Nuove  scoperte  e  progressi  tecnologici  possono  indurre  cambiamenti mirati, ma è altresì  probabile uno scenario  in  cui gli stravolgimenti climatici e la forte crescita della popolazione, con la  conseguente fame di energia, indurranno un ripensamento  radicale dei comportamenti. Dal punto di vista odierno sembrano delinearsi soprattutto due tendenze: da un lato i risparmi energetici e una mag-giore efficienza di  impiego, dall’altro  lo sfruttamento di  fonti alter-native di energia come quella solare.

Il contributo alla produzione mondiale di elettricità da parte dei sistemi fotovoltaici è ancora inferiore all’1 per cento, ma con tassi di crescita esponenziali. Dal 1988,  la potenza degli  impianti  fotovol-taici di nuova realizzazione è cresciuta del 35 per cento ogni anno. Soltanto nel 2009 sono stati installati in tutto il mondo nuovi impian-ti con una potenza di circa 5000 megawatt.Viene tuttavia da chiedersi se una crescita costante dei consumi 

energetici sia davvero auspicabile, perché  in questo modo si va a incidere in modo sempre più profondo sui sistemi ecologici.  <

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Il base jumper Marco Büchel si lancia nel vuoto dal «fungo» della parete nord dell’Eiger.

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Robert Bösch è fotografo freelance da oltre un ventennio e coltiva una particolare passione: immortalare le gesta

degli atleti di sport estremo. Con la sua macchina fotografica cattura dei momenti che ai più fanno salire il livello di adrenalina nelle vene già al solo sguardo. Fatto che non sorprende, visto che per anni ha vissuto l’alpinismo e l’arrampicata in un rapporto di stretta dipendenza. Oltre alla fotografia, la sua grande passione sono le montagne, dove il geografo e guida alpina va alla costante ricerca di situazioni estreme per scattare un’immagine mozzafiato. Per un mandato cinefoto­grafico ha scalato il Monte Everest e negli ultimi anni ha documentato molti tour estremi dello scalatore Ueli Steck. Oltre a ciò, Bösch svolge mandati per il settore industriale e quello pubblicitario. Ha realizzato vari volumi illustrati e mostre in gallerie e musei. Inoltre si dedica sempre più spesso alla fotografia paesaggistica e artistica.

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Il mountain biker Tarek Rasouli scende a gran velocità lungo i ripidi pendii color ocra della Provenza.

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Il kayakista Simon Hirter durante uno spettacolare salto nelle schiumose e selvagge acque del fiume Verzasca.

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Discesa con la corda in una grotta della lingua glaciale del ghiacciaio del Morteratsch, in Engadina.

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Ueli Steck durante un’arrampicata free solo, quindi senza alcuna sicurezza, sulla parete Excalibur presso il passo del Susten.

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Credit Suisse bulletin 4/10

Mondo Credit Suisse 31

Credit Suisse nel mondoBusiness / Sponsoring / Società

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Evento di beneficenza a Zurigo

Match for Africa

Non soltanto rivali sul campo. Roger Federer e Rafael Nadal, oltre a contendersi la vittoria nei tornei di tennis e la cima delle classifiche, sono anche amici in nome di un obiettivo condiviso: aiutare i bambini meno fortunati. Il prossimo 21 di-cembre, all’Hallenstadion di Zurigo, si sfideranno in una partita-evento i cui proventi andranno alla Roger Federer Foundation, impegnata a portare istruzione, sport e gioco all’infanzia in Africa.

www.credit-suisse.com/rogerfederer

Aiuti per la catastrofe

Tragica alluvione in Pakistan

Quest’anno le piogge monsoniche hanno scatenato violente inondazioni in Pakistan, dove è stato sommer- so circa un quarto del territorio. Si

stima che il disastro abbia colpito 20 milioni di persone, di cui sei mi-lioni sono rimasti senza un tetto. A fronte del disastro, il Credit Suisse ha stanziato un contributo immedia-to di 250 000 franchi e attivato al-tresì una raccolta fondi fra i propri collaboratori di tutto il mondo, la cui generosità ha fruttato complessi-vamente oltre 600 000 franchi. Il fondo di aiuto in caso di catastrofi istituito dalla Credit Suisse Foun-dation ha provveduto a raddoppiare la cifra raccolta, permettendo di donare una somma di oltre due mi-

lioni di franchi svizzeri. I fondi, devo-luti alla Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Internazionale, consentiranno la fornitura di aiuti immediati alla popolazione pachistana, ivi compre-si assistenza medica, alloggi e ac-qua potabile.

Nomine nel Consiglio direttivo

Eric Varvel nuovo CEO dell’Investment Banking

Dal 1° ottobre David Mathers, al Credit Suisse dal 1998, riveste la carica di Chief Financial Officer (CFO) di Credit Suisse Group AG; Renato Fassbind resterà al ser vizio della banca in qualità di Senior Ad-visor. Pure a inizio ottobre ha avuto luogo un cambiamento ai vertici della regione Asia-Pacifico: Osama Abbasi è il nuovo CEO in sostituzio-ne di Kai Nargolwala, che ricoprirà il ruolo di Chairman. Già da inizio luglio Eric Varvel ha assunto la direzione del l’Investment Banking, preceden-temente assegnatagli ad interim; Paul Calello lo affianca in veste di Chair man Investment Banking. Re-stano alla guida del Private Banking e dell’Asset Management rispetti-vamente Walter Berchtold e Robert Shafir. Quest’ultimo sarà coadiuvato da Antonio Quintella nel ruolo di CEO per le Americhe. A subentrare a Eric Varvel per la carica di CEO per Europa, Medio Oriente e Africa sarà Fawzi Kyriakos-Saad.

Certificazioni per i consulenti

Perfezionamento mirato

Anche nel settore bancario, l’ele-mento chiave per distinguersi nella giungla della concorrenza globale è la competenza dei collaboratori. E ciò è particolarmente vero per i 4000 consulenti Private Banking del Credit Suisse, che entro la fine del 2012 dovranno completare l’im pe-gnativo programma di aggiornamen-to FLT (Front Line Training) e con-seguire la relativa certificazione. La fase pilota del progetto si è con-clusa a Singapore a fine agosto con la consegna dei primi 30 diplomi.

Come risparmiare energia

Un impegno condiviso per l’ambiente

Dall’estate appena trascorsa il bilancio del Credit Suisse in termini di effetto serra è neutro a livello globale. Poiché l’attuazione ottima-le delle misure utili a raggiungere tale obiettivo implica la partecipa-zione attiva dei collaboratori, proprio la sensibilizzazione di questi ultimi è stata un aspetto importante del-

l’iniziativa lanciata nel 2007 con lo slogan «Credit Suisse Cares for Climate». A fine giugno, ad esem-pio, si è svolto a Zurigo un dibattito con esperti esterni ed interni al-l’azienda, tra cui Thomas Vellacott, direttore del WWF Svizzera. Ai col-laboratori sono stati presentati con un nuovo strumento informativo alcuni semplici consigli per rispar-miare quotidianamente energia senza grandi sacrifici, sia sul posto di lavoro che nella vita privata.

www.credit-suisse.com/responsibility

Sin dal 1986, grazie al sostegno del Credit Suisse, giovani musicisti di talento provenienti da tutto il mondo hanno la possibilità di suonare a Davos. Il concerto di apertura del 25° Festival di Davos ha visto esibirsi Martin Helmchen al pianoforte, Antoine Tamestit alla viola e Nicolas Altstaedt al violoncello. Si tratta dei tre ultimi vincitori del Credit Suisse Young Artist Award, splendidamente accompagnati dal violinista Daishin Kashimoto.

Testi: Mandana Razavi, Stefanie Schmid, Andreas Schiendorfer

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bulletin 4/10 Credit Suisse

32 Credit Suisse Mondo

Salvaguardare la foresta pluviale è un’esigenza impellente

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Credit Suisse bulletin 4/10

Mondo Credit Suisse 33

Due terzi di tutte le specie di animali e di piante vivono nelle foreste. Il processo di defore­stazione globale minaccia quindi l’esistenza di fauna e flora e ovviamente anche dell’uomo, in quanto noi tutti dipendiamo dal polmone verde della terra. La fondazione di pubblica utilità Symphasis sostiene la conser­vazione della foresta pluviale in Madagascar.

Strano a dirsi, ma la scienza ne sa di più sul numero di stelle nella nostra galassia che su quello delle specie animali e vegetali sulla terra. Finora le specie classificate sono circa 1,7 milioni, ma le stime indicano un numero compreso tra 8 e 15 milioni. Ad oggi soltan­to i mammiferi, le piante ad alto fusto e gli uccelli sono stati studiati in modo relativa­mente approfondito. Anche l’Anno della Biodiversità indetto dall’ONU non ha portato cambiamenti sostanziali, pur destando una maggiore sensibilità verso questo tema, di concerto con il dibattito sul riscaldamento globale. È infatti innegabile che i danni am­bientali prodotti nella nostra epoca stanno spingendo un numero record di specie ani­mali e vegetali sul baratro dell’estinzione. E la responsabilità per questa devastazione è imputabile in primis all’uomo.

Per secoli, sia il disboscamento volto a estendere le superfici coltivabili sia lo sfrut­tamento dei prodotti silvicoli hanno rap­presentato componenti fondamentali dello sviluppo economico e sociale. Ma negli ulti­mi anni questo equilibrio è stato comple­tamente sconvolto. Ad esempio, tra il 1990 e il 2006 l’Indonesia ha perso un quarto delle sue superfici boschive; in Madagascar, la quarta isola al mondo, oggi è rimasto in­tatto solo il 10 per cento della foresta plu­viale originale. In questo modo, non solo si perde lo spazio vitale per piante e animali, e non solo il polmone verde del mondo è sempre più in affanno: soltanto a seguito degli in cendi per dissodamento del terreno vengono infatti generate ogni anno circa 1,5 milioni di tonnellate di CO2, pari a circa un quinto delle emissioni serra prodotte dall’uomo. Ogni giorno, il disboscamento globale pro duce emissioni di CO2 pari a quelle di migliaia di trasvolate oceaniche da Londra a New York.

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«Se guardiamo alla cartina degli hotspot di biodiversità presenti nel mondo intero, appa­re evidente che questi si trovano soprattutto nei paesi emergenti e in via di sviluppo. Ed è qui che dobbiamo assolutamente concen­trare i nostri sforzi», afferma Dieter Imboden, professore emerito di fisica ambientale pres­so il Politecnico di Zurigo e presidente della commissione di assegnazione del «Fonds Protection des forêts tropicales». «Ma la pro­tezione ambientale non può basarsi soltanto sui divieti: proprio in questi paesi, dove le possibilità di guadagno delle popolazioni lo­cali sono molto limitate, i divieti per la tutela dell’ambiente vanno combinati con soluzioni reddituali alternative».

E, almeno in una fase transitoria, questo comporta lo stanziamento di notevoli risorse finanziarie. Negli ultimi dieci anni le fonda­zioni dei clienti supportate finanziariamente dal Credit Suisse hanno promosso 82 pro­getti del settore «natura ed ecologia», cinque dei quali incentrati sul salvataggio della fore­sta pluviale in Madagascar, Brasile, Perù e Borneo.

«Per impiegare i fondi con la massima efficienza, collaboriamo con partner compe­tenti e affidabili», afferma l’amministratore Daniel Otth. Nei progetti di tutela della fore­sta pluviale, è il WWF Svizzera ad attuare una stretta cooperazione con le organizzazioni locali. «I pagamenti a favore dei progetti sostenuti avvengono in modo rateale, in fun­zione dei progressi compiuti».

Una striscia di bosco diventa parco

Nel caso del Madagascar, Symphasis ha so­stenuto inizialmente un progetto pilota di un anno. Poiché il rapporto finale è stato soddi­sfacente, lasciando intravedere uno sviluppo nella direzione auspicata, sarà ora finanziato fino al 2013 anche il progetto successivo.

Ma di cosa si tratta concretamente? Nel 2003 il governo del Madagascar aveva espresso nella «Visione di Durban» la vo­ lontà di estendere le aree protette al 10 per cento della superficie del paese. Da maggio 2008 l’organizzazione Madagascar National Park è dunque impegnata nella creazione di un parco nazionale di 80 000 ettari parten­do da una cintura boschiva di 180 chilometri nel l’area di Fandriana­Marolambo. È in corso di riforestazione attiva una superficie di 500–800 ettari, mentre un’area di 5000 et­tari è destinata alla rigenerazione passiva. Qui, circa 150 chilometri a sud­est della ca­pitale Antananarivo, vivono almeno 13 specie

di lemuri, tra cui il catta (1) e il sifaka (2), 30 specie di piccoli mammiferi, 29 di rettili, 64 di anfibi e oltre 280 tipi di piante. In oltre l’80 per cento dei casi si tratta di specie endemiche, dunque presenti soltanto in Madagascar, e molte sono a grave rischio di estinzione.

Vantaggi per tutti

Oltre a flora e fauna, l’accento viene posto anche sulla popolazione locale che vive nella regione del futuro parco nazionale. Nel pro­getto sono coinvolte direttamente circa 100 famiglie e associazioni contadine e indi­rettamente l’intera regione con 120 000 abi­tanti. «La nostra priorità consiste nella messa a punto di possibilità alternative di sviluppo economico per la popolazione, che a seguito delle limitazioni introdotte deve fare ricorso a nuove fonti di reddito», precisa Doris Cale­gari, responsabile di progetto presso il WWF Svizzera. «Senza questo approccio, il parco nazionale non avrebbe futuro, e non avrebbe nemmeno un senso».

Assieme ad agricoltori innovativi, sono state quindi adottate nuove tecniche di col­tura e utilizzate nuove varietà di riso, riuscen­do così a raddoppiare i raccolti. Sono stati inoltre incentivati nuovi prodotti come vaniglia e patate e creati i primi vivai di piante. Attra­verso corsi di perfezionamento – anche sul pericolo di distruzione e sull’utilità della fore­sta pluviale – sarà ora l’intera popolazione a godere di vantaggi concreti. Un primo bar­lume di speranza in vista dell’Anno Interna­zionale delle Foreste proclamato dall’ONU per il 2011. schi

Cucinare con l’energia solare La fondazione Symphasis ha sostenuto in Madagascar anche un progetto dell’organizzazione svizzera di assistenza ADES (Association pour le Développe-ment de l’Energie Solaire). ADES cede a condizioni agevolate for- nelli solari prodotti in Madagascar alle fasce di popolazione a basso reddito, così che l’investimento risulta ammortizzato già dopo meno di sei mesi. In questo modo non solo vengono creati posti di lavoro, ma viene incentivato anche un modo di cucinare ecologico e conveniente. Maggiori informazioni al sito www.adesolaire.org.

Protezione della foresta pluviale Nell’autunno 2007 un cliente del Credit Suisse con uno spiccato senso ecologico ha espresso la volontà di apportare un contributo alla salvaguardia della foresta pluviale. E la fondazione di pubbli-ca utilità Symphasis si è dimo-strata lo strumento ideale. Il cliente ha quindi colto la possibilità di creare una sottofondazione, chia- mandola «Fonds Protection des forêts tropicales». Le sue cospicue donazioni hanno finora consen- tito di cofinanziare cinque impor-tanti progetti del WWF Svizzera. In particolare, si trattava (e si tratta tutt’oggi) di progetti nella foresta tropicale in Amazzonia (Perù e Brasile) nonché nel Borneo e in Madagascar (si veda l’articolo in pagina).

Grazie a una consulenza mirata, è stato possibile raddoppiare le rese nella coltivazione di riso.

www.symphasis.ch; www.wwf.ch

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Credit Suisse bulletin 4/10

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Prestigiosi riconoscimenti per il Credit SuisseDiventare la banca più ammirata del mondo: questo l’obiettivo che il Credit Suisse si è posto e verso il quale, secondo «Euromoney», ha compiuto un passo importante. Complessivamente, il Credit Suisse ha infatti ottenuto 16 riconoscimenti, tra cui quelli di «Best Global Bank 2010», «Best Emerging Markets Investment Bank» e «Best Bank in Switzerland».

Il Credit Suisse ha retto egregiamente alla crisi e grazie alla riduzione del rischio nell’at-tività di investment banking e soprattutto allo spiccato orientamento alla clientela ha compiuto un ulteriore passo verso il traguar-do di diventare la banca più ammirata del mondo, come confermato a metà luglio dalla prestigiosa rivista specializzata londinese «Euromoney».

Fra le banche meglio gestite al mondo

Non è la prima volta che il Credit Suisse si aggiudica un premio «Euromoney»: già nel 2007, 2008 e 2009, la banca ha infatti conquistato l’ambito award «Best Bank in Switzerland», mentre il più importante titolo di «Best Global Bank» le è stato conferito per la prima volta nel 2010. «Forte dell’at-tuazione efficace di una nuova strategia e degli elevati proventi realizzati grazie a un modello di business caratterizzato da una sensibile riduzione dei rischi, il Credit Suisse oggi figura con ogni probabilità tra gli istitu-ti finanziari meglio gestiti al mondo», scrive «Euromoney». «Molte altre banche cercano ormai di ispirarsi a questo modello, se non proprio ricopiandolo in toto, almeno ripren-dendone alcuni elementi. Le cifre di tale successo parlano da sé: nel primo trimestre di quest’anno il tier 1 ratio si è attestato al 16,4 per cento, il tasso più alto di tutto il settore, mentre il valore degli attivi pondera-

ti per il rischio (218 miliardi di dollari) è risul-tato il più basso del gruppo di riferimento».

Con il premio «Best Emerging Markets Investment Bank» la rivista ha reso merito alla forte presenza del Credit Suisse nei paesi di nuova industrializzazione, rilevando il ruolo fondamentale che l’Emerging Mar-kets Council, introdotto a fine 2009 a livello di intera banca, sta svolgendo nell’intercon-nessione tra i mercati.

La Svizzera si conferma ai vertici

I continui flussi di raccolta netta e l’intensi-ficata collaborazione e intermediazione tra le divisioni Private Banking, Investment Banking e Asset Management hanno con-sentito al Credit Suisse di fregiarsi per la quarta volta consecutiva del titolo di «Best Bank in Switzerland», che va ad aggiungersi a quello di «Best Debt House in Switzerland» e di «Best M & A House in Switzerland». Que-

st’ultimo premio attesta gli ottimi risultati della banca nelle transazioni a livello nazio-nale e internazionale.

Complessivamente, il Credit Suisse si è ag giudicato oltre una decina fra riconosci-menti regionali e nazionali, ad esempio, in ag giunta ai già citati, quattro titoli di «Best Investment Bank», cinque di «Best M & A House» e due di «Best Equity House».

C’è proprio di che essere soddisfatti, come hanno sottolineato il presidente del Consiglio di amministrazione Hans-Ulrich Doerig e il vicepresidente Urs Rohner rivol-gendosi ai 49 000 collaboratori, non mancan-do tuttavia di avvertire che si tratta di rico-noscimenti riferiti a risultati passati: «Per continuare a mietere successi anche in futu-ro, dobbiamo mantenere concentrate le no-stre forze e sapere reagire con flessibilità alle trasformazioni in atto nel nostro settore».

Elevati traguardi ampiamente raggiunti

«Contribuiamo attivamente alla creazione di un sistema finanziario più resistente e stabi-le sostenendo i clienti in un contesto di mer-cati difficili e mantenendo un dialogo aperto e costruttivo con le autorità di vigilanza», ha dichiarato il CEO Brady W. Dougan commen-tando l’andamento del secondo trimestre. «A tale proposito ci impegniamo in particolare per l’istituzione di una regolamentazione condivisa a livello internazionale in materia di vigilanza bancaria».

Nel primo semestre (i dati relativi al ter-zo trimestre saranno pubblicati il prossimo 21 ottobre) il Credit Suisse ha registrato un utile netto pari a 3,7 miliardi di franchi sviz-zeri, una redditività del capitale proprio del 20,1 per cento e una raccolta netta positi-va per 40,5 miliardi. Ad oggi, i ricavi prove-nienti dalla collaborazione fra le divisioni hanno ampiamente superato i due miliardi di franchi. schi

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Fedeli al mito anche nel 2010«Dallo scontro tra dei e umani nasce la tragedia»: questo il motto del Festival di Salisburgo, svoltosi all’insegna del doppio anniversario «90 anni di Festival» e «50 anni di Grosses Festspielhaus». Nonostante il tema della tragedia, il bilancio risulta tutt’altro che tragico: tutte le 250 manifestazioni sono state molto ben frequentate (sale mediamente occupate in misura del 95 per cento) e hanno ottenuto ovunque un ottimo consenso. E anche le finanze sono in buona salute: grazie ai 249 730 visi-tatori provenienti da 73 nazioni, fra cui sempre più ospiti della regione Asia-Pacifico, sono stati realiz-zati introiti per complessivi 24,5 milioni di euro. L’eccedenza dei quattro anni sotto la direzione di Jürgen Flimm è così salita a 8 milioni di euro. Una manifestazione di beneficenza per la popolazione indigente del Pakistan ha raccolto 300 000 euro.

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1 Dionysos. L’opera «Dionysos» di Wolfgang Rihm, eseguita in prima assoluta il 27 luglio, ha superato tutte le aspettative, che peraltro erano molto ambiziose. Gli spettatori della prima hanno capito che il compositore tedesco si era intensamente occupato della materia per 15 anni. Fa piacere che la musica moderna abbia un suo pubblico: alle quattro rappresentazioni erano mediamente occupa- te 85 sedie su cento. Johannes Martin Kränzle ha entusiasmato la platea nel ruolo di «N.» (Nietzsche).

2 Primo soprano. Già convincente nel 2009 nel «Theodora» di Händel, Kränzle ha impressionato anche Mojca Erdmann (primo soprano), la quale ha conquistato il pubblico a partire dal 2006 con le sue esibizioni nel ruolo di Zaide, nell’omonima opera di Mozart, e di Zelmira, nell’«Armida» di Haydn.

3 Inconto estivo. La manifestazione patrocinata dal Credit Suisse, che introduce una prima operistica, si è svolta presso la Casa per Mozart ed è stata dedicata all’opera «Dionysos». Il compositore Wolfgang Rihm (al centro nella foto) ha convinto gli oltre 100 giornalisti anche per le sue doti retoriche. Al suo fianco: il sovrintendente Jürgen Flimm, il direttore Ingo Metzmacher, lo scenografo Jonathan Meese e il regista Pierre Audi (da sinistra).

4 Young Singers Project. Questo progetto si propone di aiutare i giovani ad acquisire esperienze pratiche sul palcoscenico. La sua direzione è passata da Michael Schade alla nota cantante d’opera Marjana Lipovšek, che qui dirige il mezzosoprano americano Emily Righter.

5 Master class. Oltre a numerose lezioni a porte chiuse, i talenti dello Young Singers Project hanno partecipato anche a quattro master class ben frequentate, con Christa Ludwig, Marjana Lipovšek, Sir Thomas Allen e Jürgen Flimm. Il sovrintendente ha sempre dato molta importanza alla promozione dei giovani. Qui osserva il so- prano tedesco Regine Isabelle Sturm e il baritono italiano André Schuen.

6 Concerto finale. Come già nel 2009, la serata conclusiva nel Mozarteum con l’Orchestra del Mozarteum di Salisburgo diretta da Ivor Bolton ha costituito un momento indimenticabile. Questo anche per il soprano irlandese Claudia Boyle e il tenore italiano Antonio Poli.

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Sydney Symphony: nel nove-ro delle migliori orchestre Nella regione Asia-Pacifico, oltre al Festival musicale di Pechino, al Festival Arti - stico di Hong Kong e all’Orchestra Sinfonica di Bangkok, il Credit Suisse sostiene ora nell’ambito della musica classica anche la Sydney Symphony Orchestra.

John C. Conde, direttore della Sydney Symphony, osserva il programma del con-certo al Lucerne Festival e afferma sorri-dendo: «Sono una sorta di ambasciatore di Beet hoven». Il messaggio coglie nel segno e il concerto per pianoforte n. 5 (L’Imperatore) si inserisce a pieno titolo fra i momenti clou della ras segna. L’«artiste étoile» Hélène Grimaud interpreta l’opera, composta men- tre Vienna veniva bersagliata dai cannoni di Napoleone, non già con virtuosismo eroico, bensì in modo più leggero e incerto,

e attraverso la sua magia delle note più de-licate fa fermare il tempo, magistralmente accompagnata dal l’orchestra. Fatto che non stupisce, considerate le straordinarie doti di pianista dello stesso primo direttore Vladimir Ashkenazy. Ma la Sydney Sym- phony Orchestra ama e sa anche essere bombastica, come di mostrato a Lucerna nell’esecuzione della Sin fonia Manfred di Cjaikovski.

Oppure nei concerti dedicati a Gustav Mahler. «Ci rende davvero fieri il fatto che in

entrambi gli anni dell’anniversario Vladimir Ashkenazy provi tutte le sinfonie e i princi-pali Lieder di Gustav Mahler; è un progetto eccezionale», spiega il managing director del l’orchestra Rory Jeffes osservando la partitura della «Sinfonia dei Mille» ancora fresca di stampa.

Ambasciatrice delle Olimpiadi del 2000

Fondata nel 1932 come National Broad-casting Symphony Orchestra e ribattezzata Sydney Symphony Orchestra (SSO) o sem-pli cemente Sydney Symphony nel 1946, la formazione, in crescendo per dimensioni e bravura, ha a lungo prediletto il suolo austra-liano, tant’è vero che ha messo piede in Europa solo nel 1974 e 1995, acquisendo fama mondiale unicamente nel ruolo di am-basciatrice culturale dei Giochi Olimpici del 2000 a Sydney. Dopo lo strepitoso succes-so riscontrato a Stresa, Lucerna, Londra Wiesbaden, Brema, Amsterdam, Edimburgo e Grafenegg, non v’è dubbio che non dovre-mo più attendere così a lungo prima di ap-plaudire altre esibizioni in Europa, anche se la sua attenzione rimane ovviamente punta- ta sull’Asia.

Esemplare sostegno ai giovani

Il 17 agosto, poco prima dell’esordio della tournée, il CEO di Credit Suisse Australia David Livingstone ha reso nota una stretta collaborazione con la Sydney Symphony Orchestra, che costituisce il primo grande impegno del Credit Suisse in Australia. «Ne-gli ultimi anni l’orchestra ha compiuto enormi progressi, sviluppandosi da formazione di spicco a livello nazionale a orchestra di ran- go mondiale», motiva la scelta Tony Krein, responsabile dello sponsoring culturale al Credit Suisse. «L’orchestra svolge inoltre un pregevole programma per la promozione dei giovani, che abbiamo il piacere di sostenere assieme ad altri».

Nel quadro della Sydney Symphony Fel-lowship, nove dei migliori giovani talenti australia ni vengono formati per un anno in tutti gli ambiti che contraddistinguono i musicisti di un’or chestra. Pur non avendo la certezza di es sere assunti, i partecipanti potranno facilmente trovare un posto in una buona orchestra.

Sono già stati pianificati anche dieci con-certi di gala del Credit Suisse con la Sydney Symphony nonché con i pianisti Lang Lang ed Evgeny Kissin e il mezzosoprano Anne Sofie von Otter. schi

1 La Sydney Symphony davanti al celebre Teatro dell’opera di Sydney. 2 L’orchestra accompagnata da Hélène Grimaud ha entusiasmato il pubblico del Lucerne Festival.

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Credit Suisse bulletin 4/10

A Londra per ritrovare i migliori «fotografi » del-l’antica VeneziaConsiderata la grande popolarità di Canaletto in Inghilterra, stupisce che non vi sia mai stata organizzata una mostra sul tema «Venezia nelle immagini». La National Gallery di Londra provvede ora in grande stile a colmare questa lacuna.

Dal VII secolo fino alla sua sconfitta per mano di Napoleone nel 1797, la Repubblica di Venezia svolse un ruolo importante so-prattutto come potenza commerciale e finan-ziaria, dotata di grande abilità diplomatica. Anche sotto il profilo della storia dell’arte, durante il Rinascimento e il Barocco Venezia divenne un altro polo di grande rilievo in con-trapposizione a Firenze. Si ricordino nomi come Carpaccio, Giovanni Bellini, Tiziano, Tintoretto o Giovanni Battista Tiepolo. E naturalmente Canaletto, un nome d’arte che fu usato due volte: prima da Giovanni Antonio Canal (1697–1768) e un po’ più tardi da un pittore di minore rilevanza, suo nipote Bernardo Bellotto (1721–1780).

Canaletto è il più famoso pittore di vedu-te italiano. Dopo l’iniziale attività di sceno-grafo si specializzò nella rappresentazione dettagliata e quasi fotografica dei panorami della sua città natia, forse ricorrendo alla camera oscura. Erano molti i figli dell’aristo-crazia europea che durante il loro «grand tour» – la visita formativa obbligatoria delle principali città di cultura – acquistavano le vedute di Venezia, preziose immagini ricordo in un periodo in cui non esistevano ancora le cartoline postali. Le opere di Canaletto era-

no particolarmente apprezzate dai collezioni-sti inglesi ai quali venivano intermediate da Joseph Smith, console britannico a Venezia dotato di grande abilità negli affari. Ebbero poi ulteriore diffusione grazie al soggiorno decennale di Canaletto in Inghilterra, du rante il quale il pittore trovò nel Duca di Richmond il suo mecenate.

A guardare le sue opere sembra che il tempo si sia fermato, poiché il nucleo della Serenissima è ancora oggi fondamental-mente immutato. Forse era proprio questo il desiderio di Canaletto in un’epoca di lento declino per la sua Repubblica: fermare il tempo. Le sue opere sono però molto di più di una fotografia dipinta, dimostrando di essere inconfondibili grazie ai loro forti con-trasti di luce e ombra. Nella mostra «Venice: Canaletto and His Rivals» viene esaltato il loro fascino in tutta la sua magia. schi

Canaletto, «Il Bacino di San Marco», circa 1738–39, olio su tela, 124,5 × 204,5 cm, Museum of Fine Arts, Boston MA. Abbott Lawrence Fund, Seth K. Sweetser Fund e Charles Edward French Fund.

«Canaletto and His Rivals». Opere di Canaletto, Luca Carlevarijs, Gaspar van Wittel, Michele Marieschi, Bernardo Bellotto, Francesco Guardi, Antonio Joli, Pietro Bellotti, Francesco Tironi e Giambattista Cimaroli. National Gallery, Londra. 13 ottobre 2010–16 gennaio 2011. National Gallery of Art, Washington, 20 febbraio–30 maggio 2011.Il Credit Suisse è partner della National Gallery.

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bulletin 4/10 Credit Suisse

40 Credit Suisse Svizzera

Credit Suisse in SvizzeraBusiness / Sponsoring / Società

Inserzione

Partnership con Zurich Vita

Offerta previdenziale integrata con polizze vita

«Per rispondere alle mutate esigen­ze dei clienti nell’ambito della consulenza previdenziale, il Credit Suisse ha iniziato il 1° ottobre una collaborazione con Zurich Vita Svizzera», spiega Hanspeter Kurz­meyer, responsabile Clientela pri­vata Svizzera della banca. «L’intesa riguarda i prodotti assicurativi con una componente di risparmio o in fondi, in linea con il nostro modello di consulenza globale». Grazie alla partnership possiamo offrire le polizze vita Life Invest, Life Classic e Life Plan a condizioni particolar­mente vantaggiose.

www.credit-suisse.com/previdenza

i­factory al Museo dei Trasporti

i-days 2010: l’informatica come motore trainante

Il Museo Svizzero dei Trasporti, meta ogni anno di quasi un milione di persone, realizza con questa i­factory un’esposizione dedicata ai principi di base dell’informatica, che potrà essere visitata per alme­no cinque anni. Aprono la mostra gli i­days dal 18 al 20 novembre. «Il nostro scopo come presenting partner è quello di suscitare en­tusiasmo per la materia nei ragazzi tra gli 11 e i 18 anni, e nel contem­po mostrare che il Credit Suisse è uno dei principali datori di lavoro nell’ambito dell’IT in Svizzera. Solo

Primo simposio e libro della Fondazione Alfred Escher

Le lettere di Alfred Escher in forma elettronica

Forse in futuro si comunicherà solo per e­mail o sms e nessuno saprà più cos’era una lettera. D’altra parte, per capire personalità ed eventi del XIX secolo lo studio delle missive è imprescindibile. La Fondazione Alfred Escher, per la quale il direttore Joseph Jung ha già pubblicato presso le Edizioni Neue Zürcher Zeitung biografie di Alfred Escher e Lydia Welti­Escher molto apprezzate dai lettori, ha anche un ambizioso progetto dedicato proprio alla corrispondenza tenuta dal pioniere della Svizzera moderna. Al primo volume di 808 pagine «Alfred Escher zwischen Lukmanier und Gotthard», orientato per argomenti, è seguito in agosto «Alfred Eschers Briefe aus der Jugend­ und Studentenzeit. 1831–1843», uno studio di 324 pagine impostato in ordine cronologico, rivisto e com­mentato da Bruno Fischer. Il progetto consiste in sei volumi, che consen­tiranno tuttavia di pubblicare e commentare non più di un quinto della corrispondenza di e per Alfred Escher ad oggi nota. Non sorprende quindi il grande favore con cui al primo simposio della Fondazione Alfred Escher è stata accolta la notizia della pubbli cazione completa in forma elettronica già nel 2011.

Sulle pubblicazioni della Fondazione Alfred Escher sono disponibili ampie informazioni all’indirizzo www.credit-suisse.com/bulletin.

nel nostro paese impieghiamo 4000 specialisti, e il fabbisogno sarebbe ancora maggiore», fa notare Karl Landert. L’importanza dell’informatica per il Credit Suisse è tale che Karl Landert, respon­sabile IT, siede in Consiglio diretti­vo. Nella promozione di questo settore la banca investe annual­mente oltre dieci milioni di franchi, ad esempio finanziando il centro di sviluppo IT nel «Quartier de l’in­novation» del Politecnico Federale di Losanna (EPFL), dove verran­no creati entro fine 2011 circa 250 posti di lavoro.

www.ictswitzerland.ch; www.verkehrshaus.ch

I 10 anni di Venture Incubator

Capitale iniziale per giovani imprenditori

Alla fine degli anni Novanta, l’ETH di Zurigo e McKinsey & Company avviarono una società d’investimen­to che aveva l’obiettivo di fornire sostegno finanziario e know­how a giovani imprenditori promettenti, in particolare quelli con un diploma universitario. Per il fondo di capitale di rischio Venture Incubator venne­ro coinvolte dieci grandi aziende svizzere, fra le quali il Credit Suisse, che misero a disposizione dieci milioni di franchi ciascuna. Venture Incubator è stata un successo: in dieci anni sono stati investiti 107 mi­lioni di franchi in 34 imprese, che hanno creato ad oggi 750 nuovi po­sti di lavoro. Alcune di queste im­prese sono già passate di mano, con ricavi per 53 milioni di franchi a di­sposizione di Venture Incubator per

ulteriori progetti. Nella primavera del 2010 i fondatori hanno deciso di trasformare il loro investimento, inizialmente previsto per una durata limitata a dieci anni, in un impegno «evergreen». I primi due lustri saranno celebrati il 23 novembre.

www.vipartners.ch

Teatro PurPur

Favorire il talento creativo

Partecipare all’attività di un teatro, inventare i propri giochi o dipingere e fare bricolage con gli amici: dal 1996, il Teatro PurPur di Zurigo of­fre a bambini e ragazzi l’opportunità di mettere in scena la propria crea­tività. Al centro, sempre la promo­zione delle idee dei partecipanti. Per

permettere anche a bambini di fa­miglie più disagiate di prendere par­te alle iniziative del teatro, è stato creato un fondo sociale con il soste­gno del Fondo del Giubileo della Credit Suisse Foundation.

www.theater-purpur.ch

Business School

Disegni animati e formazione manageriale

Paul è il simpatico protagonista di una serie di brevi film in forma di disegni animati creati dal Leadership Institute della Business School nel­l’ambito di «Learn How Learn Now». L’obiettivo delle clip è di presen­tare ad attuali e futuri manager del Credit Suisse, in una versione in­

I membri dell’asso-ciazione studentesca Zofingia di Zurigo fanno la riverenza al loro ex presidente centrale, Alfred Escher. A destra: il prof. dr. Joseph Jung.

www.credit-suisse.com/bulletin

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Inserzione

novativa, temi di conduzione come motivazione, talento e feedback. La serie di clip è stata premiata come prodotto didattico multimediale par­ticolarmente efficace dalla Gesell­schaft für Pädagogik und Infor­mation (Società per la pedagogia e l’informazione) con il «Comenius­EduMedia­Siegel 2010».

Nuova pubblicazione

Premi per l’insegnamento alle università

L’obiettivo dei premi per l’insegna­mento è riconoscere le perfor­mance, fare da incentivo e contri­buire a incrementare il livello generale di qualità della didattica. Negli ultimi anni molte università hanno rice vuto questo tipo di riconoscimento. A parte l’aspetto simbolico, qual è stata la loro effi­cacia concreta? L’editore Waxmann di Münster ha pubblicato in set­tembre «Ausgezeichnete Lehre!», un libro che approfondisce l’argo­mento e include fra l’altro un saggio di Fritz Gutbrodt, direttore della Credit Suisse Foundation, dal titolo «Fussnoten und Geistesblitze: Zur Motivation des Credit Suisse Award for Best Teaching».

Anniversario degli insegnanti

Un futuro per la scuola media superiore

La Società svizzera degli insegnanti delle scuole secondarie (SSISS) ha celebrato a fine agosto l’anniver­sario dei 150 anni. Per l’evento svoltosi all’Università di Berna, che il Credit Suisse ha sostenuto, oltre al Consigliere di Stato bernese Bernhard Pulver, al Consigliere agli Stati di Appenzello Ivo Bischofberger e alla Consigliera di Stato di Friborgo Isabelle Chassot, è stato possibile avere come relatore ufficiale Jakob Kellenberger, presidente del CICR.

Pur nel clima di festa, i partecipanti hanno sostanzialmente guardato avanti: «Un futuro per la cultura ge­nerale» è quanto si augura a ragion veduta l’associazione. Un panel di elevato profilo, con il presidente del­la SSISS David Wintgens, ha svilup­pato un dibattito sul tema «Quale futuro per l’insegnante della scuola secondaria di secondo grado?». Le prime risposte sono pubblicate su Internet all’indirizzo qui indicato.

www.vsg-sspes.ch

Certificazione per Direct Net

Online banking senza barriere

Consultare il saldo del conto, effet­tuare pagamenti e investimenti, osservare l’andamento del proprio patrimonio: il tutto in modo rapido, a qualsiasi orario e da qualsiasi luogo. Uno speciale programma per la lettura dello schermo consente ora anche alle persone con handi­cap (visivo) di accedere senza bar­riere a Direct Net del Credit Suisse, grazie ai testi descrittivi riportati in Braille su una tastiera ad hoc oppure espressi via audio dal com­puter, e ai comandi molto rapidi con circa 150 combinazioni di tasti. Un passo avanti verso una maggiore integrazione e libertà. In agosto Direct Net ha ottenuto per la secon­da volta la certificazione «Accesso per tutti» della Fonda zione svizzera per una tecnologia adeguata alle persone disabili.

Forum europeo di Lucerna

Competitiva grazie a forma-zione, ricerca e innovazione

Il dialogo tra economia, scienze e politica in programma l’8 e 9 novem­bre a Lucerna verte su formazione, ricerca e innovazione come fatto­ ri centrali e decisivi per il successo della piazza industriale svizzera. Con la presidente della Confedera­zione Doris Leut hardt e il ministro finlandese dell’economia Mauri Pekkarinen è stato invitato come relatore anche Johannes Suter, CEO della SVC­SA per il capitale di rischio delle PMI, che potrà già rife­rire dei primi contratti della nuova società, fondata nel maggio scorso.

www.svc-risikokapital.ch; www.europa-forum-luzern.ch

Testi: Mandana Razavi, Stefanie Schmid, Andreas Schiendorfer

Otto dei 27 studenti dell’Istituto sul Rosenberg che hanno partecipato alla manifestazione «Invest in Your Future».

A scuola sul RosenbergL’Istituto sul Rosenberg di San Gallo, fondato nel 1889, è una delle scuole private più rinomate a livello mondiale e offre una comunità multiculturale e plurilingue, caratte-rizzata da un senso di appartenenza speciale che gli allievi conservano per tutta la vita. Recentemente la scuola ha ricevuto la visita di un suo ex allievo, il messicano Mario J. Molina, premio Nobel per la chimica. Tradizione e disciplina sono alla base dell’offerta educativa, modellata su un prin-cipio: per avere qualcosa da dire domani, devi saper ascol-tare oggi. Facile da formulare e difficile da mettere in pratica. Ci sono riusciti i partecipanti all’evento del Credit Suisse «Invest in Your Future»: Daniel Heine e Wolfgang Jenewein, docenti di istituto superiore di San Gallo, hanno saputo catturare l’attenzione dei giovani ascoltatori con le loro spiegazioni approfondite ma anche affascinanti dedicate al -l’economia finanziaria e alla leadership in seno a team a elevata performance. Presenti e interessati anche Monika A. Schmid, direttrice dell’Istituto, e Marcel Küng, respon sabile Credit Suisse Svizzera orientale. Il divertente Investment Game ha svelato diversi futuri talenti della finanza e il team primo in classifica si è aggiudicato uno stage bancario. In realtà è stata una vittoria per tutti i partecipanti, in base al principio enunciato da Pestalozzi: «Imparare a vivere è il fine ultimo di ogni forma di educazione».

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Svizzera e musica classica, grande binomioAssistere a un appuntamento musicale all’estero, come il Festival di Salisburgo durante l’estate o un concerto di grande richiamo abbinato a una vacanza da lungo programmata, ha senz’altro il suo fascino. Tuttavia: la Svizzera non deve temere confronti con la scena musicale internazionale. Il Lucerne Festival si è affermato ai vertici delle rassegne di musica classica. Lo stesso vale, nell’ambito della promozione dei giovani talenti, per il Festival di Davos. E il successo di Avenches, San Gallo e Zermatt non è certo do- vuto soltanto al loro particolare ambiente. L’Orchestra della Tonhalle di Zurigo, l’Orchestra della Svizzera Romanda, la kammerorchesterbasel, il Musikkollegium di Winterthur e naturalmente l’Opernhaus di Zurigo fanno sì che dal picco estivo si passi senza interruzione a un picco permanente. schi

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Svizzera e musica classica, grande binomio 1 La più grande orchestra della Svizzera. L’Orchestra della Tonhalle di Zurigo e l’Orchestra della Svizzera Romanda si sono esibite assieme, come già avvenuto nel 2008. Dopo la messa funebre di Berlioz, a Montreux e al Lucerne Festival (nostra foto) 150 musicisti e 200 coristi hanno interpretato sotto la guida di David Zinman i Gurre- Lieder tardo-romantici di Arnold Schönberg. Una delizia per gli occhi e le orecchie.

2 Händel con Kasarova. La kammerorchester-basel – con l’acclamato mezzosoprano Vesselina Kasarova – ha iniziato la stagione con musiche di Georg Friedrich Händel. Alla prima di Basilea sono seguiti concerti al Festival di Zermatt (foto) come pure a Wetzikon, Sciaffusa e Belgrado.

3 Festa mozartiana. «Mozart era forse di Winter-thur?», si è chiesto il Musikkollegium di Winterthur, pur non ottenendo alcuna risposta. Fatto sta che l’origine della nonna di Mozart, Anna Maria Sulzer, merita senz’altro un’indagine genealogica più approfondita. La festa mozartiana, svoltasi in agosto e settembre, non ha per contro lasciato desideri inevasi. Nella foto vediamo l’orchestra sotto la dire- zione del pianista Alexander Lonquinch.

4 Montagna incantata. Da ormai un quarto di secolo il Festival di Davos si propone di promuovere e incoraggiare i giovani talenti. Ciò vale anche per i compositori moderni, come l’ungherese Gregory Vajda, la cui opera «Zauberberg. Eine Oper im Kurhotel» lo scorso 30 luglio è stata brillantemente eseguita in prima assoluta sulla Schatzalp.

5 Dopo il diluvio la crociata. «Sono già trascorsi cinque anni dai Carmina Burana?». Sembra in- credibile che il Festival di San Gallo già festeggi il primo lustro di vita. Eppure, visto lo scenario davvero unico davanti all’Abbazia, sorge un piccolo rammarico: «Perché non prima?» Ma tant’è. Dopo «Il Diluvio Universale» ecco «I Lombardi alla prima crociata», a Donizetti segue Verdi. La prima si terrà il 24 giugno 2011.

6 Cambio della guardia. Il Festival dell’Opera di Avenches, fondato nel 1995, è uno dei principali appuntamenti di musica classica a cielo aperto. Non da ultimo grazie a Sergio Fontana, che si è ora accomiatato con «Lucia di Lammermoor» di Donizetti. Il nuovo direttore artistico è Eric Vigié, direttore del Teatro dell’Opera di Losanna.

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Picasso: il poliglotta dell’arteL’11 settembre 1932 il Kunsthaus di Zurigo fu il primo museo a inaugurare una mostra su Pablo Picasso, comprendente oltre 200 opere selezionate dal maestro stesso. Con una collezione di settanta dipinti, il museo ricostruisce oggi il profilo della retrospettiva di allora. Tobia Bezzola, curatore presso il Kunsthaus, illustra i retroscena di entrambe le esposizioni.

bulletin: La mostra del 1932 è stata

ricostruita su scala ridotta, con circa

70 quadri invece di 225. Quanto

è stato difficile reperire i capolavori?

Tobia Bezzola: Il compito più arduo è con sistito nell’individuare le opere esposte in occasione della prima mostra. Nel 1932 non era ancora abitudine pubblicare cataloghi illustrati. Dei dipinti di allora ci sono per venute solo 24 raffigurazioni e gli unici dati disponibili riguardano le misure, il proprietario originale e il titolo, che però nella maggior parte dei casi non è di grande aiuto, in quanto si limita a un laconico «ritratto» o «natura morta». Poiché sulle fotografie dell’epoca si riconoscono solo circa 40 quadri, abbiamo innanzi tutto dovuto individuare le re- stanti 180 opere. Il catalogo attuale con le immagini dei 225 capolavori documenta l’intera esposizione del 1932 e ha pertanto un’indubbia valenza storico- artistica.

La mostra attuale ospita dunque circa

un terzo delle opere del 1932. Come avete

ricreato un’immagine rappresentativa del

modello storico?

Nella scelta dei dipinti, Picasso ha tra-scurato la sua prima produzione. Si narra che alla mostra di Zurigo avesse liquidato alcune opere del periodo blu con un lapidario «c’est horrible», considerandole tutte orribili a eccezione di una e accor-dando la prefe renza alla fase cubista, agli

approcci surrealisti e alle serie di ritratti dedicate a Marie-Thérèse Walter, la sua amante. Abbiamo tentato di ricostruire questo profilo atte nendoci il più possibile alla ripartizione ori ginale.

Quali differenze sussistono tra le due

mostre in quanto a spazi espositivi?

Nel 1932 la mostra si tenne nel museo, dove vennero rimossi tutti gli altri pezzi, compresa la collezione, per far spazio ai Picasso. Dagli ultimi anni Cinquanta vantiamo una spaziosa ala espositiva che ora ospita le 70 opere dell’artista e sod-disfa le moderne esigenze di climatizzazio-ne e spazio per i visitatori.

Quale fu il ruolo di Picasso come

curatore?

Oggigiorno al curatore è affidato il duplice compito di selezionare le opere e stabilir- ne la disposizione, mentre a quei tempi le mansioni erano ancora distinte. Come voleva la tradizione di allora, Picasso operò dunque una cernita dei dipinti, che però vennero esposti a cura del presidente della commissione della mostra, il pittore ticinese Sigismund Righini. Il maestro non esitò a tesserne le lodi.

Come venne accolta dai media la sele-

zione personale di Picasso?

Pur apprezzando la qualità della mostra, la stampa critica si rammaricò a più riprese della totale assenza di un filo conduttore che collegasse i dipinti, disposti non già in ordine cronologico, bensì in virtù di criteri decorativi. In realtà, le opere erano state esposte proprio in ordine cronologico e non erano suddivise per gruppi stilistici.

E come fu l’eco in generale?

L’evento attirò nel complesso quasi 35 000 visitatori, in parte provenienti dall’estero,

e la mostra venne persino prolungata di due settimane. Gli introiti si rivelarono tut- tavia insufficienti per coprire tutte le spese e, nonostante un contributo della città, la Zürcher Kunstgesellschaft registrò un deficit di circa 7000 franchi.

A quei tempi anche il Museum of Modern

Art (MoMA) manifestò interesse nei

confronti di una mostra su Picasso. Cosa

lo indusse a optare per Zurigo?

Nel 1931 la Galerie Georges Petit di Parigi ospitò un’esposizione in grande stile dedi cata a Matisse, perenne rivale di Picasso. Il maestro voleva semplicemente surclassare l’artista francese. Inoltre, il MoMA di New York aveva alle spalle solo tre anni di storia e, lungi dall’aver con-quistato la fama odierna, nei circoli artistici veniva considerato pro vinciale. A sfavore del MoMA giocò anche il fatto che il cura- tore era sordo alle richieste di Picasso, mentre Wilhelm Wartmann, allora direttore del Kunsthaus di Zurigo, gli lasciò carta bianca: un approccio rivoluzionario per i criteri dell’epoca.

Quale fu il ruolo del Kunsthaus come

istituzione privata?

In qualità di associazione, possiamo ven- dere i dipinti esposti. Tale aspetto fu indub biamente motivo di grande interesse per i commercianti d’arte, dalle cui colle-zioni proveniva gran parte del corpus della mostra. Già allora la Svizzera era infatti un centro nevralgico del mercato dell’arte internazionale.

Fu una scelta redditizia anche per

Picasso?

È difficile parlare di cifre, perché il commer-cio era affidato alle gallerie. Va però detto che all’epoca Picasso era il pittore vivente di gran lunga più caro. Nel 1932 godeva già di grande fama, aveva un autista e allog-giava in hotel di lusso.

Che effetto ebbe questa prima grande

mostra sulla carriera dell’artista?

Si tratta di una questione assai complessa, da considerare alla luce degli eventi del tempo. I nazionalsocialisti si insediarono al potere in Germania nel 1933, solo un anno dopo la mostra. L’assetto politico ed eco- nomico dell’Europa intera versava in condi- zioni critiche, e negli anni Trenta il commer-cio d’arte subì un duro colpo. La cosiddetta «arte degenerata» come quella di Picasso venne messa al bando e la sua diffusione, oltre che pericolosa, divenne di fatto im praticabile. Nel 1939 il MoMA dedicò

Tobia Bezzola, curatore del Kunsthaus di Zurigo

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1 Una delle poche fotografie pervenuteci dal 1932: veduta della mostra al Kunsthaus di Zurigo. 2 Pablo Picasso, «Studio con testa di gesso» («Atelier avec tête et bras de plâtre»), 1925, olio su tela, 97,9 × 131,2 cm.

Per ulteriori informazioni sulla mostra: www.kunsthaus.ch e www.credit-suisse.ch/online

Il Kunsthaus di Zurigo vanta una lunga tradizione in fatto di mostre di artisti del primo trentennio del XX secolo. L’omaggio alla prima retro-spettiva di Picasso è un ambizioso progetto realizzato con il sostegno del Credit Suisse in qualità di sponsor principale in occasione del centenario del museo e si ripropone di illustrare la genesi dell’evento negli anni Trenta e il suo influsso sulla carriera dell’artista, che da allora godette di fama mondiale. Oltre ad articoli su Picasso, il catalogo della mostra contiene le immagini di tutte le 225 opere esposte al l’epoca. Un ricco programma di divulgazione artistica prevede spe-ciali visite guidate e relazioni in materia. La mostra aprirà i battenti il 15 ottobre 2010 e potrà essere visitata fino al 30 gennaio 2011 sola-mente a Zurigo.

a Picasso una mostra di ampio respiro. Fu proprio questa l’unica ancora di salvezza per l’intera arte moderna occidentale: l’esilio a New York, dove trovarono rifugio anche Breton, Duchamp e Miró. Pertanto, è difficile dire quale sarebbe stato l’effetto in condizioni normali.

La mostra venne dunque organizzata

a Zurigo in extremis?

Sì. Più tardi sarebbe stato impossibile, se non altro perché numerosi prestiti proveni-vano dalla Germania, dove molte gallerie vennero espropriate già pochi mesi dopo la mostra. Picasso avrebbe voluto portarla a Berlino, ma non se ne fece nulla.

Torniamo al presente: come si è trovato

nel ruolo di curatore incaricato di organiz-

zare una mostra con un corpus predefinito?

È stata un’esperienza diversa e stimolante, che però non vorrei necessariamente ripetere (ride). Tra l’altro, se avessi operato una simile selezione di opere in qualità di curatore, la scena artistica non me l’avreb-be fatta passare liscia. Solo la situazione contingente ha permesso di presentare Picasso in una prospettiva così esasperata e parziale.

Quali novità attendono i visitatori della

mostra?

Soprattutto con riferimento a Picasso sussiste una credenza, una sorta di dogma- tismo secondo cui l’evoluzione artistica coinciderebbe con stili ben definiti: periodo blu, periodo rosa, cubismo e via dicendo. È una tesi che molti studiosi hanno tentato di suffragare. Eppure, a partire dal 1915 la produzione picassiana non denota più alcuno sviluppo lineare bensì un parallelismo di tratti stilistici diversi. La mostra presenta proprio questo volto di Picasso: il poliglotta dell’arte. Regula Brechbühl

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Foto: Mario Merz, «1, 1, 2, 3, 5», 1976 circa, Kunstmuseum di W

interthur, 2010 ProLitteris, Zurigo | Georg Aerni | G

erhard Richter

Ritorno a Winterthur per i capolavori della modernitàDopo due anni di chiusura, a fine ottobre riapre i battenti il Kunstmuseum di Winterthur, ristrutturato e ampliato con nuove sale per accogliere una raccolta in continua crescita. La rilevanza della collezione trova piena espressione  nella grande mostra tematica «La natura dell’arte».

Cavi bianchi spuntano dal muro e si avvolgo­no in spirali, puntelli d’acciaio si ergono tra le  superfici  in  calcestruzzo di  pavimenti  e soffitti;  in giro  sono  sparsi  teli  trasparenti, scale, un secchio e altri oggetti; le aperture sono sbarrate con tavole di legno gialle. Non si tratta di  improvvisate casupole realizzate con mezzi  di  fortuna  come  quelle  ritratte  dal fotografo Georg Aerni (nato nel 1959 a Winterthur)  durante  il  suo girovagare nelle grandi città, come recentemente a Mumbai. Stiamo  invece parlando del Kunstmuseum  di Winterthur, che da novembre 2008 si pre­sentava  in questo aspetto a  causa di  una vasta  ristrutturazione.  Assieme  all’artista Mario Sala, anch’egli originario di Winterthur, Aerni  era  stato  invitato  a  seguire  i  lavori  con  la  sua  fotocamera. Ha così  preso  vita una serie fotografica di impressionante qua­lità formale che oltre a documentare il can­tiere gli  conferisce  la dignità di  un’installa­zione artistica.

Per quanto nell’immediato  i  suoi  effetti siano  spiacevoli,  una  ristrutturazione  crea possibilità di cambiamento e può generare 

una nuova consapevolezza di quanto esiste­va già: come la collezione di un museo trop­po spesso trascurata a causa delle mostre temporanee  che  calamitano  il  pubblico.  Il Kunstmuseum  ha  sfruttato  la  chiusura  di quasi  due  anni  per  restituire  smalto  alla  sua eccellente collezione. Le principali ope­re  sono  state  protagoniste  della  mostra  itinerante  «Capolavori  della modernità. La collezione  del  Kunstmuseum  Winterthur», partita  da Bonn  e  terminata  a Salisburgo passando da Trento e Rovereto. Una selezio­ne ristretta ha proseguito il cammino addirit­tura  verso  il Giappone, dove  sarà esposta fino a marzo 2011.

Densità qualitativa grazie ai privati

L’esposizione itinerante era parte della serie «Grandi Mostre», di cui hanno già fatto par­te i Musei Vaticani, il Museum of Modern Art, il Museo Pushkin e il Guggenheim Museum. La possibilità di Winterthur di essere acco­stata  a  simili  calibri  non  dipende  dalle  di­mensioni quantitative della collezione, bensì dalla  sua densità qualitativa. Dall’apertura 

del Kunstmuseum nel 1915, la cui costruzio­ne  era  stata  finanziata  in  larga  parte  con elargizioni  private,  anche  i  suoi  fondi  sono stati  costantemente ampliati  attraverso do­nazioni e legati di collezionisti di Winterthur. Il  museo  si  è  guadagnato  l’appellativo  di  «Capolavori  della  modernità»  soprattutto  grazie  alla  collezione di  opere della moder­ nità  classica  donate  nel  1973  dai  coniugi Clara ed Emil Friedrich­Jezler, con dipinti che  vanno da Léger, Braque, Gris e Arp fino a Mondrian. Queste opere  si  sono unite alla collezione Wolfer,  che  aveva  apportato  al Kunstmuseum un elevato numero di dipinti francesi  da Delacroix, Monet  e  van Gogh fino  a  Bonnard.  E  quando  le  opere  del Kunstmuseum di Winterthur hanno  iniziato  a  girare  per  il mondo,  sono  state  seguite dall’aura  che  diversi  industriali  e  rappre­sentanti  dell’alta  borghesia  di  Winterthur hanno  conferito  alla  loro  città:  i  coniugi  Hedy e  Arthur Hahnloser­Bühler, la cui rac­colta è ora ospitata a Villa Flora, così come Oskar Reinhart,  le  cui  due  importanti  col­lezioni  sono  esposte  nello  Stadtgarten  e  «Am Römerholz».

Il  Kunstmuseum  di  Winterthur  amplia  costantemente  la  propria  raccolta,  tanto  da  vantare  oggi  un  percorso  ininterrotto  dal l’impressionismo  fino  al  presente.  Le  acquisizioni più recenti comprendono un’ele­vata  concentrazione  di  pittura  americana,  tra cui spicca Robert Mangold, ma anche di esponenti  italiani  dell’arte  povera  come  Mario e Marisa Merz, Giulio Paolini e Jannis Kounellis.

La successione di Fibonacci, in cui un numero è dato sempre dalla somma dei due precedenti, riveste per Mario Merz un ruolo centrale come simbolo di espansione e di crescita nella natura. Il Kunstmuseum di Winterthur è in possesso dell’opera «1, 1, 2, 3, 5» (1975).

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Inserzione

Le  sale di  esposizione nel  vecchio edificio sono tornate ora a trasmettere  la sensazio­ne di calda accoglienza dei salotti, grazie ai pannelli  di  legno  originali  perfettamente  conservati, alla  tappezzeria murale e ai nu­merosi tappeti. Così, dopo aver viaggiato per tutto  il mondo, soprattutto  i dipinti paesag­gistici potranno tornare a sistemarsi per ora su  queste comode pareti.

Rapporto reciproco tra natura e arte

L’esposizione  concepita  per  la  riapertura coinvolge  l’intero edificio,  dalla  vecchia  co­struzione alla nuova ala inaugurata nel 1995 e  progettata  dallo  studio  di  architettura  Gigon & Guyer,  fino  al Gabinetto Grafico. Intitolata «La natura dell’arte: incontri con la natura dal XIX secolo al presente», questa panoramica di  oltre 150 anni  abbraccia  in tutta  la  sua  ampiezza  il  rapporto  recipro­co  tra natura e  arte. Partendo dalla  «Soir d’été» di Vincent van Gogh e dai paesaggi di Pierre Bonnard che si perdono nella luce e nel  colore del Sud della Francia,  il  viaggio prosegue  attraverso  le  vedute  delle  Alpi  svizzere di Ferdinand Hodler,  per  passare poi  attraverso  l’Italia  settentrionale  con gli igloo e le tele di Mario Merz che non espri­mono  più  la  natura  in  sé  bensì  i  principi  sottostanti, e tornare infine in Svizzera con la cascata di Sils­Maria dipinta da Gerhard Richter.  I  diversi  paesaggi  e  approcci  arti­stici mostrano  tutta  la  potenza espressiva della collezione del museo. Un viaggio che varrà  la  pena  di  compiere  anche  quando la  grande mostra tematica sarà conclusa e le opere  in prestito saranno  ritirate, con  la  collezione che  indosserà una nuova  veste espositiva.  Meret Arnold

Sabato 30 ottobre 2010, ore 17.00: riapertura del Kunstmuseum di Winterthur e della Collezione Oskar Reinhart «am Römerholz», anch’essa chiusa a causa di lavori di ristrutturazione. Contemporaneo vernissage dell’esposizione «La natura dell’arte: incontri con la natura dal XIX secolo al presente» (fi no al 27 febbraio 2011); in parallelo possono essere visitate due altre mostre: «Elba» di Gerhard Richter, un’opera giovanile del 1957 fi nora mai esposta, nonché fotografi e e disegni di Georg Aerni e Mario Sala. In occasione dell’esposizione a Bonn è stato realizzato da Horst Brandenburg un interessante fi lm dal titolo «Von Stiftern und Anstiftern: Das Kunstmuseum Winterthur» (Fondatori e fomentatori: il Kunstmuseum di Winterthur). Il Credit Suisse è partner del Kunstmuseum di Winterthur e nella stessa località sostiene anche il Musikkollegium.

I due artisti di Winterthur Georg Aerni e Mario Sala, rispettivamente fotografo e disegnatore, hanno seguito la ristrutturazione del museo ed espongono ora i loro lavori nella mostra «Progetto Ristruttura­zione» (fino al 27 febbraio 2011). 

Gerhard Richter, «Cascata», 1997, olio su tela. Kunstmuseum di Winterthur. All’artista nato nel 1932 a Dresda è dedicata la mostra «Elba» (fino al 27 febbraio 2011).

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48 Credit Suisse Svizzera

Un dialogo attivo con i clientiDue giorni dopo la partita contro l’Inghilterra il ct Ottmar Hitzfeld ha assistito alla Credit Suisse Cup per scoprire nuovi talenti e incontrare vecchie glorie.

Uno degli obiettivi dichiarati del Credit Suisse è offrire ai suoi clienti non solo servizi e pro-dotti di prim’ordine, bensì anche espe rienze uniche. Ne sanno qualcosa i circa 400 ospi-ti del Credit Suisse che dal 15 al 17 settem-bre hanno potuto assistere ai concerti della Filarmonica di Vienna e dell’orchestra del Teatro Bolshoi durante il Lucerne Festival.

Nell’ambito della Credit Suisse Cup inoltre, in occasione di una manifestazione svoltasi il 9 settembre allo Stade de Suisse di Berna, un gruppo di ospiti sportivi ha avuto l’onore di disputare un’indimenticabile partita tra le file di una squadra composta da collaborato-ri del Credit Suisse e vecchie glorie quali Stéphane Chapuisat, Adrian Knupp, Andy Egli, Christophe Bonvin, Marco Pascolo o Martin Weber. E sebbene qualche ripartenza sulle fasce sia stata puntualmente fischiata

da Massimo Busacca poiché ritenuta in fuo-rigioco, l’allenatore della nostra nazionale, Ottmar Hitzfeld, assistito da Murat Yakin, è sicuramente riuscito a incrementare il suo ba gaglio di conoscenze tecnico-tattiche prendendo spunto dall’una o l’altra giocata di tutto rispetto. Ciò che conta in queste occa-sioni è tuttavia divertirsi e divertire, e in que-sto l’obiettivo è stato centrato in pieno.

Per riuscire a individuare in modo ottimale le esigenze dei nostri clienti, il 27 e 28 ago-sto Urs Dickenmann, responsabile Premium Clients, ha tenuto un seminario di due giorni al quale hanno partecipato circa 100 colla-boratori. Particolare interesse ha riscontrato l’intervento di Ariane Ehrat, rappresentante del Premium Brand of the Alps. schi

1 Agonismo appassionato allo Stade de Suisse. 2 Ariane Ehrat, direttrice dell’ente turistico Engadina-St. Moritz, ha svelato alcuni segreti per avere successo.

Maggiori informazioni sui tre eventi di cui sopra al sito www.credit-suisse.com/bulletin

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Experts Economy / Daniel Vasella / Patrick Kron / A.G. Lafley / Nan cy McKinstry / Alain Thierstein / Hans Wolfgang Brachinger / Zhouying Jin / Wolfgang Drobetz / Giles Keating / Thomas Straubhaar / Warren Buffet / Anthony Bolton / Peter Lynch / Richard H. Driehaus / Bill Gross / Wei Gu / Thorsten Hens / Policy/international organizations / Jakob Kellenberger / Trevor Manuel / Vivian Balakrishnan / Rajendra K. Pachauri / Anna Tibaijuka / Hartadi A. Sarwono / Martín Redrado / Thomas J. Jor-dan / Randall S. Kroszner / Ivan Šramko / Ilona Kickbusch / Joachim von Braun / Javier Santiso / Danny Quah / Larry Kochard / Science / C.K. Prahalad / Richard Watson / Ray Kurzweil / Martin de Jong / Charles Correa / Rolf Pfeifer / Zhang Xin / Tonia Kandiero

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Barbara Ellmerer, «Hexenpilz », 2008, olio su cotone, 150 × 200 cm

Sigla editorialeEditoreCredit Suisse AGCasella postale 2CH-8070 ZurigoTelefono +41 44 333 11 11Fax +41 44 332 55 55

Redazione Daniel Huber (dhu, Direzione redazionale), Dorothee Enskog (de; Economia internazionale), Mandana Razavi (mar; Corporate Citizenship), Andreas Schiendorfer (schi; Mercato Svizzera, Sponsoring); Regula Brechbühl (rb), Michael Krobath (mk), Fabienne de Lannay (fdl), Stefanie Schmid (sts)

E-mailredaktion.bulletin@credit -suisse.com

Collaboratori di questo numeroMeret Arnold, Nicole Brändle, Dennis Brandes, Barbara Hatebur, Thomas Herrmann, Hannes Hug, Kevin Lyne-Smith, Manuela Merki, Martin Regnet, Christine Schmid, Claudia Steinberg, Bernard Van Dierendonck, Andreas Walker, Sarah Winter

Internetwww.credit-suisse.com/bulletinwww.credit-suisse.com/bulletin

MarketingVeronica Zimnic (vz)

Traduzione italianaServizio linguistico del Credit Suisse: Francesco Di Lena, Luigi Antonini, Michele Bruno, Deborah Cometti Prati, Livia Marazzi, Roberto Negroni, Ezio Plozner

Progetto grafi cowww.arnold.inhaltundform.com: www.arnold.inhaltundform.com: Arno Bandli, Raphael Bertschinger, Monika Häfliger, Arno Bandli, Raphael Bertschinger, Monika Häfliger, Karin Cappellazzo (gestione del progetto)

Inserzioniprint-ad kretz gmbh, Andrea Hossmann ed Esther Kretz, General-Wille-Strasse 147, CH-8706 Feldmeilen, telefono +41 44 924 20 70, [email protected]

Tiratura certifi cata REMP 20097521

Registrazione ISSNISSN 1662-4580

StampaSwissprinters Zürich AG

Commissione di redazioneRichard Bachem (responsabile Marketing Private and Business Banking Switzerland), René Buholzer (responsabile Public Policy), Urs P. Gauch (responsabile Clientela commerciale Svizzera – Grandi imprese), Fritz Gutbrodt (direttore Credit Suisse Founda-tion), Anja Hochberg (responsabile Investment Strategy Asset Management), Angelika Jahn (Investment Services & Products),Bettina Junker Kränzle (responsabile Internal Corporate Publi-shing & Services), Hanspeter Kurzmeyer (responsabile Private Clients Switzerland), Martin Lanz (Economic Research), Andrés Luther (responsabile Group Communications), Charles Naylor (responsabile Corporate Communications), Christian Vonesch (responsabile Private & Business Banking Aarau)

Anno 116Anno 116Esce 5 volte all’anno in italiano, tedesco, francese e inglese. Riproduzione di testi consentita con l’indicazione «Dal bulletin del Credit Suisse».

Cambiamenti d’indirizzoVanno comunicati in forma scritta, allegando la busta di consegna originale, alla vostra succursale del Credit Suisse oppure a: Credit Suisse AG, SULA 213, Casella postale 100, CH-8070 Zurigo.

La presente pubblicazione persegue esclusivamente fi ni in-formativi. Non costituisce né un’offerta né un invito all’acquisto o alla vendita di valori mobiliari da parte del Credit Suisse. Le indicazioni sulle performance registrate in passato non garanti-scono necessariamente un’evoluzione positiva per il futuro. Le analisi e le conclusioni riportate nella presente pubblicazione sono state elaborate dal Credit Suisse e potrebbero essere già state utilizzate per transazioni effettuate da società del Credit Suisse Group prima della loro trasmissione ai clienti del Credit Suisse. Le opinioni pubblicate in questo documento sono quelle del Credit Suisse al momento della stampa (con riserva di modifi che). Il Credit Suisse è una banca svizzera.

La collezione d’arte del Credit Suisse, oltre a essere improntata alla promozione dei giovani talenti, si propone di tutelare gruppi di opere coerenti di singoli artisti. La scorsa primavera è stato così acquistato il dipinto a olio «Hexenpilz» («Boleto lurido») di Barbara Ellmerer. Della raccolta del Credit Suisse fanno già parte sette opere dell’artista zurighese, tra le quali fi gurano nature morte e ritratti di tutte le fasi creative della pittrice. Quest’ultimo acquisto è esposto nell’area clienti della sede di Paradeplatz, dove è possibile ammirare una selezione rappresentativa della collezione. Le ultime opere di Barbara Ellmerer consistono perlopiù in ampie tele caratterizzate da colori forti e ricche di energia e dinamismo, con soggetti tradizionali quali fi ori o piante e funghi osservati nei boschi. L’artista registra le proprie impressioni e le traduce in maniera intuitiva e soggettiva in una vivace pittura. Un fungo dal colore rosso fuoco in primissimo piano su uno sfondo scuro domina il campo visivo, avvolto da una potente luce mistica. La pastosità dei colori rende tangibili alcune parti della rappresentazione che, strato dopo strato, prende possesso dell’intera tela. I contorni sfumati e imprecisi del fungo gli imprimono un misterioso moto vibratorio. L’osservatore diviene così parte di una brillante esperienza visiva e testimone di diversi processi percettivi. Maggiori informazioni all’indirizzo www.credit-suisse.com > Tutto sul Credit Suisse > Sponsorship > Arte > Collezione del Credit Suisse Barbara Hatebur, Servizio Arte

Tutela di gruppi di opere coerenti di singoli artisti

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L’ecologia in parole e fatti Udiamo gli omini di pietra parlare, i fiori risplendere e i ghiacciai fondersi. Il nuovo audiopercorso del­l’organizzazione myclimate ci accompagna al nuovo rifugio del Monte Rosa sulle orme del cambiamento climatico. L’esempio di architettura ecologica risplende e risente di una massiccia ondata di visitatori.

variegata compagnia invitata da myclimate, l’organizzazione per la tutela del clima, alla pri­ma ricognizione dell’audiopercorso climatico.

Virtuale, individuale e reale

Siamo accomunati dai grandi auricolari e dal­la meta: la nuova capanna del Monte Rosa del Club Alpino Svizzero (CAS). Le audiogui­de possono essere noleggiate gratuitamen­ te alla stazione a valle della Ferrovia del Gornergrat. Diversamente da quanto accade in un museo, dove questi apparecchi sono ad attivazione automatica o un pannello invi­ta ad attivarli, siamo noi a decidere quando e dove ascoltare uno dei nove capitoli. Ma Thomas Dünsser, guida del centro alpino di Zermatt, ci consiglia di concentrare prima l’attenzione sul percorso. Il montanaro ac­

Stavolta l’attrezzatura per l’escursione com­prende un piccolo lettore audio e un paio di cuffie. «Mini Steimannjini sind Wägwieserä i Züekunft. Wo wellentsch gah?» (I miei omini di pietra sono un segnavia per il futuro. Dove stanno andando?), chiede una bassa voce maschile in strettissimo dialetto vallesano. È la voce melodiosa del barbuto creatore di figure antropomorfe in pietra di Rotenboden. Ci accompagna per un episodio dell’audioper­corso climatico lungo un itinerario che si sno­da dalla stazione della ferrovia a cremagliera del Gornergrat di Zermatt fino alla nuova capanna del Monte Rosa. Attraverso gli au­ricolari racconta degli omini di pietra e della valenza e importanza che rivestono anche per il popolo degli inuit. Poi il vallesano doc invita a costruirne uno. Gli inuit chiamano peraltro

Nalunaikkutaq, ovvero «colui che annulla il caos mentale», i cumuli di pietre disposte in equilibrio verticale. Ma la montagna ci chia­ma: anziché ammucchiare pietre è bene che sia l’escursione a guidare i nostri pensieri. La voce del montanaro e la musica si frappon­gono fra noi e l’ambiente circostante. È come se i piedi si muovessero da soli sul suolo roccioso. Il panorama alpino che si apre allo sguardo e abbraccia Cervino, Breithorn, Polluce, Castore, Liskamm e il massiccio del Monte Rosa scorre come un documentario dinanzi agli occhiali da sole finché le voci narranti dell’audioguida, Lina Bader e Pius Anthamatten, non ci invitano a spegnere il let tore audio: la prossima stazione d’ascolto coinciderà con un fiore particolarmente visto­so. Premendo un pulsante ci ritroviamo in una

La scenografia dell’audiopercorso climatico: ascoltiamo ed esploriamo a piedi racconti e fatti sul Cervino, il Gornergrat (a destra) o lo scioglimento del ghiacciaio del Gorner.

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compagna il nostro gruppo e ritiene che il sentiero sia di facile percorrenza, ma anche esposto. Sotto di noi si apre un salto verti­cale di 300 metri sul ghiacciaio del Gorner, la cui superficie è adornata da notevoli mo­rene centrali, strutture arcuate di ghiaccio, vallette e acque di ruscellamento. Il ghiaccio è di un bianco splendente.

Prima di calzare, un’ora più tardi, i ramponi e inerpicarci sul ghiacciaio, ascoltiamo sedu­ti su un masso accanto a un paio di fiori gial­li il prossimo capitolo. Le voci di Lena Bader e Pius Anthamatten descrivono alcune specie erbacee d’alta quota, ad esempio l’astro alpi­no al quale, grazie ai suoi petali azzurro­vio­letto e al disco centrale giallo brillante, nessun insetto di passaggio riesce a resistere. O an­cora il doronico proprio accanto a noi. Alpini­sti, cacciatori e persino funamboli ne consu­mavano in passato le radici nella speranza di non soffrire di vertigini come i camosci. Non siamo riusciti a rinvenire la silene a cuscinetto: è forse già stata tutta mangiata da altre spe­cie? La pianta pulvinata rosa trattiene al suo interno le foglie decomposte come humus. Questo terreno fertile è gradito anche da pian­te più grandi, che soppiantano i graziosi fiori. Una sostituzione che fa prospe rare alcune delle specie erbacee d’alta quota specializ­zate. I botanici riferiscono che a seguito del cambiamento climatico la zona vegetativa si sposta sempre più in alto. 100 anni or sono sulle vette superiori a 3000 metri erano rinve­nibili 14 specie vegetali, oggi sono già 61! Ma le varietà alpine non possono più ripiegare e spingersi oltre in quota, quindi scompaiono.

Ghiacciaio in movimento

Dal ghiacciaio del Gorner in poi la via che conduce al rifugio è contrassegnata da una segnaletica bianca­blu­bianca. A questo punto occorre esperienza e un adeguato equipaggiamento alpinistico. In altri anni, racconta la guida, i ramponi non sarebbero stati necessari fino a metà agosto. Ma quest’anno l’intero manto nevoso che rico­priva il ghiaccio si è già sciolto nella calura di inizio estate. Per percorrere il primo tratto in verticale sul ghiaccio sfavillante indossiamo i ramponi e apprezziamo lo spesso corrimano di funi installato dal guardiano del rifugio. Un tempo, narrano le voci dell’audioguida, si passava praticamente diritti dal sentiero al ghiacciaio e poi alla capanna. Oggi bisogna prima scendere ripidamente e poi risalire faticosamente tra detriti morenici e rocce. Il ghiacciaio del Gorner si assottiglia come

1 Il sentiero che conduce al rifugio lungo il ghiacciaio è percorribile da escursionisti esperti. 2 L’astro alpino e il doronico (3) sono irresistibili e fanno dimenticare la paura dell’altezza. 4 Andrea Kuster, Miss Earth Svizzera, e Maximilian Horster, direttore di Climate Neutral Investments Ltd., sono ospiti di myclimate. Ascoltano e discutono i capitoli dell’audiopercorso climatico che conduce alla nuova capanna del Monte Rosa.

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quasi tutti i ghiacciai monitorati in Svizzera. Stando a una tabella riportata nella rivista del CAS «Die Alpen» (D, F), nell’anno di osser­vazione 2007/08 il gigante di ghiaccio si è ritirato di 200 metri, complice anche il fatto che la strettissima lingua glaciale ha perso il contatto con la massa principale. Nel perio­do successivo si è ritratto fortunatamente di soli sei metri. I grandi ghiacciai tollerano le oscillazioni climatiche di breve durata, ma se fondono si rendono protagonisti di un evento che accade una volta ogni secolo.

A dispetto del repentino ritiro, le masse glaciali in questo paesaggio di straordinaria ampiezza e grandiosità rimangono di un’im­ponenza tale da farci sentire davvero minu­scoli al loro cospetto. Pali di legno indicano la via. Cristalli di ghiaccio scricchiolano e si sbriciolano sotto i piedi. Il sole splende sul viso. Attraversiamo con un balzo un torrente glaciale che pochi metri più avanti scompare gorgogliando in una fenditura. Il ghiaccio si muove. Qui uno scricchiolio, là un masso rovina rumorosamente a valle. Grati ci ser­viamo degli scalini che la guida ha scavato in uno stretto costone di ghiaccio; a sinistra e a destra si spalancano crepacci.

Poco prima di lasciare il ghiacciaio per l’ultimo tratto del sentiero per la capanna, il nostro sguardo vaga in alto oltre la morena laterale e ai 300 metri in verticale che anco­ra ci attendono. All’orizzonte, su un crinale roccioso fra la Punta Dufour e il Liskamm, entrambi di oltre quattromila metri, brilla al sole il nuovo rifugio del Monte Rosa.

Magia dell’high-tech e difficoltà iniziali

La capanna che il CAS ha eretto in collabo­razione con l’ETH in occasione del 150° an­niversario del Politecnico è molto più di un alloggio per alpinisti: è un laboratorio futuri­sta per l’edilizia sostenibile, l’efficienza ener­getica e l’utilizzo di energia rinnovabile. La struttura, interamente rivestita di alluminio, presenta uno strato isolante spesso 30 cen­timetri. Il marchio distintivo del rifugio è una scala elicoidale che invero altro non è che un grande condotto d’aerazione. La ventilazione controllata impedisce al calore di disperdersi nell’ambiente e mantiene costanti le tempe­rature all’interno. Il progetto energetico del rifugio è inteso a consentire alla costruzione da sei milioni di franchi di produrre in autar­chia fino al 90 per cento dell’energia neces­saria, mentre le emissioni di CO2 per pernot­tamento diminuiranno di due terzi rispetto alla vecchia capanna del Monte Rosa.

Sulla terrazza del rifugio ci accoglie Peter Planche, già presidente della sezione Monte Rosa del CAS. Ha seguito i lavori sin dall’ini­zio e ci guida nel seminterrato, dietro una massiccia porta in alluminio dove è disposto il locale macchine. Secondo Planche è stato posato più di un chilometro di cavi. Numero­si accumulatori immagazzinano l’energia prodotta con pannelli fotovoltaici integrati, mentre l’acqua è conservata in una grande cisterna sotterranea. E siccome in cucina si sta lavorando a pieno regime, si sente anche il ronzio di un generatore di corrente alimen­tato con olio di colza.

Per quanto impressionante possa sem­brare il tutto, le difficoltà iniziali della capan­na inaugurata in marzo non sono ancora superate. La torma di visitatori – già a metà stagione ne sono stati contati 5000, tanti quanti ne erano previsti per l’intera stagio­ ne – ha mandato in tilt l’ingegnoso sistema di depurazione delle acque reflue. I bagni puzzano all’inverosimile. Planche è irritato: «Il fetore è insopportabile. In realtà il depurato­re dovrebbe ripulire le acque grigie finché non assumono un color Rivella e non Coca­Cola come adesso».

L’acqua è il fattore chiave della gestione del rifugio. Planche: «I geologi avevano as­sicurato che la grotta nella roccia primitiva dietro la capanna era a tenuta ermetica. Ma non era così, tanto che è stato poi necessa­rio rivestirla con una pellicola per renderla stagna. In inverno il guardiano della capanna ha perforato con una motosega lo spesso strato di ghiaccio del lago di Gorner per arrivare all’acqua. Un elicottero l’ha poi tra­sportata fino alla grotta».

A cena – lo staff della capanna serve un menu completo di quattro portate – questi problemi iniziali sono presto dimenticati. Rivolgiamo uno sguardo incantato al pae­saggio che si apre dalla vetrata panora­ mica e alle travi di legno in vista nella sala da pranzo, artisticamente intagliate da un impianto CAD. Dopo il dessert gli alpinisti si ritirano per la notte nella camera a otto letti. Per loro la sveglia sarà già alle 2 del mattino. Noi turisti indugiamo ancora da­ vanti alla capanna. Il pendio di ghiaccio del Liskamm risplende nella meravigliosa luce della sera. Davanti alla facciata argentea del rifugio c’è un omino di pietra, e il pen­ siero corre alla voce del barbuto costruttore di queste figure: «Mini Steimannjini sind Wägwieserä i Züekunft. Wo wellentsch gah?». Bernard van Dierendonck

Altre spettacolari immagini dell’audiopercorso climatico e file audio tramite questo codice QR.Funziona così: per ricevere il link basta caricare l’applicazione BeeTagg Reader sullo smartphone e fotografare il codice.

Gli apparecchi per l’audiopercorso sono disponibili gratui tamente presso la stazione della Ferrovia del Gornergrat a Zermatt (contro de- po sito cauzionale). Con una stazio-ne di ricarica è possibile caricare l’audioguida anche sul cellulare. L’audiopercorso integrale è dispo-nibile su www.klimahoerpfad.ch.

Il sentiero per la capanna è contras-segnato e percorribile da escur-sionisti con esperienza alpinistica. In caso di scioglimento del manto nevoso del ghiacciaio sono neces-sari i ramponi. L’escursione dalla stazione di Rotenboden richiede tre ore (altrettante il ritorno). La sta- gione dura sino alla fine di settem-bre. In inverno la salita non è se- gnalata ed è possibile solo con sci da alpinismo (dalla metà di marzo).

Informazioni e prenotazioni per pernottamenti nel rifugio: www.section-monte-rosa.ch

Informazioni generali: www.neuemonterosahuette.ch

Nel 2007 il Credit Suisse ha donato al CAS 25 000 franchi attinti dal Fondo del Giubileo per sovvenzio-nare la costruzione della capanna; dal 2009 è inoltre partner dell’or-ganizzazione my climate.

Guide alpine: www.alpincenter-zermatt.ch

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comportamento  rispettoso e  leale al  posto  di lavoro.

150 nuovi posti di tirocinio

Nel  suo  intervento Hans-Ulrich Meister  ha ribadito l’impegno del Credit Suisse nell’am-bito della promozione delle giovani leve. Da anni,  infatti,  una  delle  principali  sfide  del  Credit Suisse consiste nell’offrire ai giovani buone prospettive professionali. E siccome è  importante  investire nella  formazione dei giovani anche nel mezzo di una crisi econo-mica, nel dicembre 2009 il Credit Suisse, uno dei principali datori di lavoro in Svizzera, ha lanciato un’iniziativa  che si  prefigge di  au-mentare del 25 per cento il numero dei posti di  tirocinio nel giro di  tre anni, portandoli a quota 750. In questo modo la banca non so-lo  sostiene  la piazza  formativa e  lavorativa svizzera, ma affronta anche il problema della disoccupazione giovanile.

Che il Credit Suisse prenda sul serio il suo compito di formatore viene apprezzato anche dai nuovi entrati. «Ho scelto il Credit Suisse non da ultimo perché si mostra molto  inte-ressato a noi apprendisti e perché è molto attivo in questo campo», così Federico  spiega perché  abbia  deciso  di  puntare  sul Credit Suisse come datore di lavoro. Durante la ma-nifestazione di benvenuto era particolarmen-te ansioso di ricevere maggiori informazioni sulla banca e fare nuove conoscenze. Anche Helena, una sua collega, era curiosa di co-noscere questo nuovo mondo. «La settimana introduttiva mi  aiuta a  inquadrare meglio  il Credit  Suisse  e  mi  permette  di  farmi 

Il Credit Suisse dà il ben­venuto ai suoi giovani talenti

Lo scorso 2 agosto, 185 giovani hanno at-teso  fiduciosi  e  con  curiosità, mista  a  un  pizzico di apprensione, l’inizio della manife-stazione «Start-up Credit Suisse», un evento di  benvenuto  organizzato  dal  team Young Talents. Probabilmente molti di loro la notte prima  non  avevano  chiuso  occhio,  e  non  certo per i botti del primo agosto, bensì per la  nuova fase della loro vita che si sarebbe- ro apprestati a  iniziare all’indomani.  I nuovi  tirocinanti, per la maggior parte sedicenni e provenienti  da  tutta  la Svizzera  tedesca,  si sono riuniti al Forum St. Peter di Zurigo, pun-to di  partenza per  il  loro  «viaggio»  in  seno  al Credit Suisse, che è iniziato con una delle tre giornate  introduttive e  che  si  protrarrà fino al termine del tirocinio.

Passo dopo passo in un mondo nuovo

«Anzitutto vorrei congratularmi con voi. E lo faccio  rivolgendovi  addirittura  un  triplice  augurio: in primo luogo per essere stati scel-ti tra migliaia di candidati, poi per aver pre-ferito il Credit Suisse come datore di lavoro e  infine per aver scelto un  tirocinio profes-

Anche quest’anno, al termine delle vacanze estive, numerosi nuovi appren- disti hanno iniziato la loro formazione bancaria o IT al Credit Suisse. Le giornate introduttive «Start-up Credit Suisse» hanno lo scopo di facilitare ai giovani l’accesso al mondo del lavoro e al tempo stesso consentire loro di allacciare  i primi contatti. 

sionale». Con queste parole Marion Fürbeth del team Young Talents di Zurigo ha accolto i  nuovi  apprendisti  bancari  e  informatici all’evento di benvenuto, che quest’anno ha visto riuniti per la prima volta gli apprendisti dell’intera Svizzera tedesca. Per i tirocinanti del Ticino e della Svizzera francese si sono svolte manifestazioni analoghe nelle rispet-tive regioni linguistiche. Il compito di esporre ai  presenti  la  cultura  imprenditoriale  e  i  principi del Credit Suisse, facilitando così ai nuovi arrivati  il primo  impatto con  il mondo del lavoro, è spettato a Michael Steiner della Business School  e ad altri  specialisti  della banca,  appoggiati  da Hans-Ulrich Meister, CEO del Credit Suisse Svizzera.

Gli  apprendisti  sono  stati  introdotti  alle varie  tematiche attraverso esempi pratici  e un giro di domande e risposte. Tra  l’altro,  i relatori  hanno  accennato  alle  origini  della banca e  illustrato  il Codice di  condotta del Credit Suisse,  che contiene dieci  valori  di base  dell’attività  bancaria,  vincolanti  per  tutti  i dipendenti. Particolare risalto è stato dato al  trattamento dei  dati  dei  clienti  e  al 

Gli apprendisti traspongono su carta l’inizio del loro percorso al Credit Suisse e ne discutono insieme  ai loro vicini di posto. 

Primi contatti e scambi di opinioni tra gli apprendisti.  

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Nuovo ambito di attività La Fonda­zione Speranza aggiunge alle sue iniziative il progetto di «Assess­ment riorientamento professiona­le». I giovani disoccupati che hanno concluso una formazione di base vengono indirizzati, mediante un assessment professionale con con­ sulenza di carriera, a settori sen­ za surplus di offerta e alla relativa formazione supplementare. Il respon sabile della Fondazione Jörg Sennrich è convinto che «le loro possibilità di reintegrarsi nel mondo del lavoro aumentino così note volmente». Dato che il Credit Suisse finanzia questo pro­getto nell’am bito della sua ini­ziativa contro la disoccu pazione giovanile, ogni anno circa 1000 giovani possono av valersi gratuita­mente dell’assess ment.

Ancora di salvezza

Mezzogiorno, ristorante del centro sportivo Baregg presso Baden. È davvero un mezzo-giorno di fuoco: nella cucina fumante fervono i preparativi non solo per il pranzo, ma an- che per il banchetto serale con cento invitati. Tobias Gspandl deve occuparsi dei dessert, infatti mescola con cura la crema di vaniglia nella terrina. Ha 18 anni, ha iniziato l’appren-distato di cuoco da due settimane e afferma: «Mi impegno al massimo, dato che voglio cogliere la mia ultima possibilità».

Anche lui, come ogni anno altri 2500 ra-gazzi circa, dopo la scuola si è trovato senza tirocinio e con la triste prospettiva di dover dipendere dall’assistenza sociale. Ma i pro-blemi erano già cominciati alla scuola me- dia: «Ero fuori dal giro. A un certo punto ne ho avuto abbastanza delle offese dei miei compagni, ho cominciato a marinare la scuo-la e a prendere voti sempre più bassi». Du-rante l’apprendistato di prova si divertiva a lanciare le patate nelle pentole, giocandosi così la possibilità di concludere la formazione come cuoco. Poi ha frequentato il decimo anno alla scuola cantonale di formazione pro-fessionale, dalla quale però è stato sospeso

Ogni anno, circa 2500 ragazzi in Svizzera non riescono a trovare un posto di apprendistato e rischiano di trasformarsi in casi sociali. Di questa categoria particolarmente a rischio si occupa con successo la Fondazione Speranza.

dopo tre richiami disciplinari. L’unica possi-bilità che gli restava, a soli 16 anni, era l’Uf-ficio regionale di collocamento (URC), dove ha conosciuto la Fondazione Speranza.

Integrazione nel mercato reale

Dal «Progetto Speranza», varato nel 2006 dall’imprenditore e consigliere nazionale PRD Otto Ineichen, è nata due anni più tardi la Fondazione Speranza, una specie di an-cora di salvezza per i più deboli fra i deboli. La Fondazione si occupa di giovani fino a 25 anni senza prospettive professionali: «In-terveniamo dove lo Stato ha le mani legate colmando una lacuna» spiega il responsabile Jörg Sennrich, e anche il motto della Fon-dazione, «a ogni diplomato un lavoro assi-curato», sottolinea quanto la mancanza di formazione professionale possa causare danni anche all’economia. Sennrich spiega poi che, come dimostrano gli studi in mate- ria, i giovani «in assistenza», in programmi di in tegrazione o con pene da scontare pesano sul bilancio pubblico per centinaia di milioni di franchi.

L’impegno della Fondazione si basa su due principi. Da un lato, i suoi «networker» vicini al mondo economico motivano gli impren-ditori a bandire nuovi posti di ap prendistato e praticantato, ciò che ha consentito la creazione di circa 10 000 nuove opportunità di formazione in tutta la Svizzera. Sennrich tiene particolarmente a questo aspetto: «Non è un inserimento in ‹aziende protette›, ma un’integrazione nel mercato del lavoro reale. Si tratta per lo più di formazioni di base biennali con attestato federale (EBA, incl. formazione empirica) per ragazzi che fanno più fatica negli studi».

In secondo luogo, Speranza mette a di-sposizione un «anno di formazione» della durata di 12–18 mesi in un apposito istituto (Institut für Bildung – IfB) per preparare chi soffre di deficit importanti ad affrontare il mercato del lavoro con il supporto di coach, ossia di specialisti e imprenditori di provata esperienza. Molti giovani presentano proble-matiche sfaccettate (contesto migratorio, carenze scolastiche, comportamenti a ri-schio) e una netta mancanza di motivazione.

bulletin 4/10 Credit Suisse

54 Credit Suisse Svizzera

un’idea di ciò che esattamente mi aspetta. Sono ansiosa di iniziare il tirocinio e pronta a confrontarmi con nuove realtà». Nel corso della giornata i partecipanti hanno avuto di-verse occasioni per scambiare idee e allac-ciare contatti. Muniti di carta e pennarelli sono tra l’altro stati invitati a disegnare l’inizio del loro cammino al Credit Suisse e a discu-terne con i loro vicini di posto. Per la maggior parte dei presenti è stato un ot timo esercizio nell’ottica di scrollarsi di dosso la tensione iniziale. «Adesso non sono più tanto agitato, ma il primo giorno di lavoro sono certo che lo sarò, perché la paura di commettere qualche errore c’è sempre», spiega Marco. «Ma dopo la giornata odierna sono fiducioso. L’iniziale nervosismo ha già fatto posto al piacere di trascorrere qui i prossimi tre anni».

Complessivamente quest’anno circa 220 giovani hanno potuto iniziare la loro formazio-ne professionale al Credit Suisse. Nella sola regione di Zurigo sono stati venti in più ri-spetto all’anno scorso. L’iniziativa sui posti di tirocinio rispecchia da un lato la responsabi-lità aziendale della banca e dall’altro rientra nella sua strategia d’affari. Il bagaglio di co-noscenze di cui gli apprendisti dispongono una volta terminata con successo la forma-

zione professionale fa di loro collaboratori richiesti e affidabili. Hans-Ulrich Meister ha fatto notare che il tirocinio, così come viene praticato in Svizzera, è unico al mondo e offre molti vantaggi. «Imparare a conoscere il mondo bancario partendo dai fondamenti significa poter contare su un ventaglio di conoscenze più ampio. Infatti, oltre alla parte teorica si impara a conoscere anche il lato pratico». Il tirocinio professionale, quindi, se accompagnato dalla necessaria mobilità e da corsi di perfezionamento, rappresenta un trampolino di lancio ideale per una carrie-ra professionale promettente all’interno del-la banca. Lo dimostra il fatto che nel 2009 circa l’85 per cento degli apprendisti del Credit Suisse ha trovato un impiego fisso al termine del tirocinio. Sotto questo punto di vista, come ha sottolineato Hans-Ulrich Meister, la banca continuerà su questa stra-da anche in futuro. Fabienne de Lannay

750apprendisti entro il 2012

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Credit Suisse bulletin 4/10

Svizzera Credit Suisse 55

Spesso il loro programma di vita è «chill out» (rilassati, fatti un giro), precisa Sennrich. Non esiste la consapevolezza di appartenere a una società dove bisogna dare un contribu- to. «Proprio per questo, spesso dobbiamo cominciare dall’inizio, puntando su qualità come ordine, puntualità, tenacia e senso di responsabilità». Durante gli appositi «campi professionali con prospettive di lavoro» di più settimane nelle regioni montane, i ragazzi sperimentano una tabella di marcia giorna-liera e lo svolgimento di compiti per acquisire

Maggiori informazioni al sito www.stiftungsperanza.ch

Il Credit Suisse contribuisce alla promozione della Svizzera come paese dalle eccellenti possibilità di formazione e di lavoro impegnan­dosi per il miglioramento delle opportunità profes sionali per i giovani. Nell’ambito dell’ini­ziativa di lotta alla disoccupazione giovanile ha stanziato 30 milioni di franchi. Nei prossimi tre­cinque anni collaborerà con sette partner.

Già presentate:Die Chance, fondazione per la pratica pro­fessionale con sede nella Svizzera orientale (bulletin 2/2010) Intégration pour tous. Progetto Jeunes@Work (bulletin 3/2010)

«Voglio cogliere la mia ultima possibilità»: grazie a Speranza, Tobias Gspandl (18 anni) ha trovato un posto di apprendista.

competenze chiave utili sul mercato del la-voro. Solo dopo inizia la fase della pianifi-cazione professionale vera e propria: oltre a colmare le lacune scolastiche, durante gli stage i ragazzi si confrontano attivamente con la loro scelta professionale e mettono in curriculum le prime esperienze.

A Speranza i giovani disoccupati arrivano attraverso i servizi cantonali o i comuni di domicilio. Anche Tobias Gspandl ha seguito questo percorso. All’inizio non è stato facile, ci racconta l’aspirante cuoco: come già a

scuola, Tobias recitava il ruolo del clown e si faceva emarginare. Anche con il coach c’erano problemi, ma da quando gli è stato assegnato un nuovo assistente è scattato un clic e le cose hanno iniziato a funzionare. Certo non è stato tutto rose e fiori: in alcuni momenti c’era tensione e anche stress, visto che il coach pretendeva determinate cose dal ragazzo, senza mai però perdere la calma e incoraggiandolo sempre. «A un certo punto ho abbandonato il mio atteggiamento in fan-tile e capito che si faceva sul serio». Lo svol-gimento di alcuni stage gli è valso il posto di apprendista al ristorante Baregg.

Le spese per l’anno di formazione ammon-tano a 21 000 franchi, un affare rispetto ad altre offerte simili e meno della metà dei circa 43 000 franchi che lo Stato sborsa per ogni ragazzo in difficoltà. E i successi di Speranza sono notevoli: dal 2007, circa 300 giovani hanno trovato un posto di ap-prendista dopo la conclusione del corso. Nella fascia dei 16–17enni la quota è del-l’80  per cento, mentre tra gli ultra 18enni del 50–60 per cento. «Il nostro concetto di for-mazione a tutto campo e individualizzato nonché il contatto con l’economia pagano», afferma Sennrich, «sia per i giovani che per l’economia». Ma c’è di più: grazie a Speran- za Tobias Gspandl ha (ri)trovato la fiducia in se stesso. Il suo quaderno è già pieno di schizzi: i progetti dell’hotel che vuole co-struire in riva mare. Michael Krobath

Il Credit Suisse è convinto che la responsabilità aziendale verso la società e l’ambiente sia un fattore importante ai fini del successo economico.

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56 Economia  Sanità

bulletin 4/10  Credit Suisse

          Prove di   equilibrio  per la sanità   svizzera

Foto: Mathias Hofstetter

  Ospedale universitario  Ospedale cantonale   Ospedale regionale/distrettuale, 

cliniche psichiatriche,  cliniche di riabilitazione,  cliniche private, cliniche specializzate

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Credit Suisse  bulletin 4/10 

Sanità  Economia 57

          Prove di   equilibrio  per la sanità   svizzera

La sanità svizzera è chiamata a contenere le spese pur garantendo  l’accesso agli erogatori di servizi. Le differenze nell’assistenza regionale  sono diminuite, mentre le aziende diventano sempre più grandi.  La rete dei fornitori di servizi sanitari oggi è distribuita in modo più ampio  sul territorio svizzero rispetto anche a solo dieci anni fa. Fino a che punto questa dilatazione regionale concorre a far aumentare le spese  della sanità svizzera?    >>>

Testo: Manuela Merki, Senior Economist, Credit Suisse Economic Research

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58 Economia  Sanità

bulletin 4/10  Credit Suisse

La salute ha  il  suo prezzo.  In effetti,  per  il  settore  sanitario  la Svizzera  sostiene  spe- se superiori al 10 per cento del PIL ed è su-perata  in questa  classifica  solo dagli Stati  Uniti e dalla Francia. D’altro canto, tuttavia, la  sanità  svizzera  vanta un posto di  spicco anche per la qualità dei risultati: l’aspettativa di  vita  è  tra  le  più  alte  al  mondo  (donne 84,4 anni, uomini 79,7 anni) e dai sondaggi svolti a  cadenza regolare emerge che la po-polazione è oltremodo soddisfatta dei servi-zi sanitari offerti.

I  riflettori sono però attualmente puntati sul futuro del settore e  il dibattito verte so-prattutto  sul  timore che  le  spese  finiscano fuori controllo. Si stima che nel 2009 siano stati  spesi  complessivamente più di 60 mi-liardi  di  franchi  per  i  servizi  sanitari,  e  la  tendenza punta verso l’alto (si veda la figura 1). E così, mentre da un lato i pazienti si trova- no a dover pagare premi della cassa malati sempre più onerosi, anche le spese sanitarie finanziate indirettamente dalle casse statali lievitano in media del 4,7 per cento all’anno (1998–2007).

Più consumo significa più uscite

Le uscite hanno subito un’impennata in tut-ti  gli  ambiti  prestazionali,  in media del  3,7 per cento all’anno tra il 1998 e il 2007, con l’aumento più  forte nel  settore ospedaliero ambulatoriale in seguito allo spostamento di prestazioni dal comparto stazionario.La crescita delle  spese  sanitarie dipen- 

de più da fattori quantitativi che non econo-mici. Tra il 1998 e il 2008, infatti, l’inflazione media in tutto il settore della sanità non ha superato  lo 0,4 per  cento, ma  tra  i  singoli beni  e  servizi  si  possono notare differenze considerevoli. L’aumento maggiore riguarda i  prezzi  delle prestazioni  ospedaliere  (+1,3 per cento all’anno), mentre i prezzi dei servi-zi medici  sono  rimasti  invariati  e quelli  dei farmaci sono addirittura calati (–1,8 per cen-to all’anno).

I decisi  incrementi quantitativi non sono casuali.  La  crescita  della  popolazione  e  l’invecchiamento demografico  spingono  la domanda di  servizi  sanitari. Una parte  so-stanziale delle maggiori spese è però dovu-ta anche alle crescenti esigenze dei pazien-ti e agli  incentivi  intrinseci del sistema che favoriscono  un’assistenza  (eccessivamen- te)   intensa.  Le  famiglie  svizzere  si  fanno  carico  di  una  parte  rilevante  delle  spese  sanitarie, che tuttavia è costituita prevalen-temente dai  contributi assicurativi e non di-pende dalle prestazioni godute. Anche sul 

fronte dei  fornitori  gli  incentivi  vanno nella direzione  dell’espansione  quantitativa.  In  parole semplici: i «medici bravi», che curano i  loro  pazienti  velocemente e  in modo du-raturo, guadagnano meno dei «medici catti-vi»  che  ottengono  poco  con  tante  spese. L’incertezza  riguardo  al  successo dei  trat-tamenti rafforza il tendenziale aumento del consumo.

In campo sanitario, raramente chi dispone, utilizza e paga una prestazione è  la stessa persona. I vari tasselli delle informazioni so-no distribuiti tra i diversi attori e spesso non sono liberamente accessibili. I costi effettivi restano quindi  nascosti  ai  vari  organi  deci-sionali. Queste distorsioni e la crescita delle spese portano il sistema al suo limite di sop-portabilità.

Il carico delle spese nel sistema sanitario svizzero è distribuito su molte spalle e la di-sponibilità al cambiamento è scarsa. Troppi attori approfittano dell’attuale impostazione dell’assistenza sanitaria e pertanto le riforme procedono solo  lentamente. La crescente pressione dei costi sta comunque iniziando a smuovere le acque.Nella  struttura dell’offerta  si  notano al-

cuni  cambiamenti. Per  tutti  gli  erogatori  di servizi  sanitari,  ad  esempio,  negli  ultimi  dieci  anni  si  può constatare una  tendenza all’aumento  delle  dimensioni  aziendali.  In molti settori il numero delle aziende è anda-to calando, in altri ha quantomeno rallentato fortemente la crescita rispetto al numero di equivalenti a tempo pieno. Solo in psicotera-pia/psicologia e  in medicina generale  l’oc-cupazione  (in equivalenti  a  tempo pieno) è diminuita negli ultimi dieci anni. La medicina speciale  (medici specialisti, cliniche specia-lizzate)  è  cresciuta molto più  rispetto  alla  medicina generale.

Maggiore concentrazione negli ospedali

I  processi  di  concentrazione per  le grandi voci di spesa (ospedali e medici) così come per  la  cura  a  domicilio  sono  i  più  intensi;  questi sono riconducibili da un  lato a  incre-menti  di  efficienza particolarmente elevati grazie alla  concentrazione  in questi  settori, mentre dall’altro sembrano essere sostenuti dalla forte pressione pubblica e politica. La riforma del  finanziamento ospedaliero e  la conseguente introduzione dei forfait per  caso entro  il  2012  imprimeranno nuove spinte e condurranno  a  un  riassetto  del  panorama ospedaliero. Il modello Managed Care a sua volta  intensificherà la concorrenza tra i vari modelli  di  assistenza e quindi  rafforzerà  la 

1  Svizzera sul podio La Svizzera spende più del 10 per cento  del PIL per la sanità, subito dopo Stati Uniti  e Francia. Fonte: UST, Seco, Credit Suisse Economic Research

40

45

50

55

60

65

mia. di CHF PIL

35

400

450

500

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650

350

98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09

Spese sanitarie, totalePIL

2  Meno differenze regionaliTra il 1998 e il 2008 la differenza nel rapporto tra occupati nel settore sanitario e abitanti è diminuita. Fonte: UST, Credit Suisse Economic Research

19982008

0,1

0,2

0,3

0,0

Ospedaligenerici

Studimedici

Cura Totale

0,5

0,6

0,7

0,8

0,4

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Sanità  Economia 59

tendenza verso studi di maggiori dimensioni e reti di medici.

Il settore sanitario si trova quindi sospeso tra concentrazione e specializzazione da un lato e vicinanza ai clienti o pazienti dall’altro. Le considerazioni  inerenti  alla  suddivisione del lavoro e all’efficienza depongono spesso a  favore di  una concentrazione dei  servizi prestati, mentre la vicinanza ai consumatori e la funzione di assistenza le fanno da con-traltare.

Nella distribuzione geografica degli  ero-gatori di servizi sanitari si nota una concen-trazione  elevata  negli  agglomerati  attorno ai centri economici, riconducibile alla doman-da  fortemente concentrata e alla  funzione di centri sovraregionali di competenza e as-sistenza svolta da tali regioni.Sostanzialmente,  la  concentrazione nei 

centri non si è rafforzata a scapito delle regio-ni periferiche. Nello sviluppo dell’assistenza regionale si possono riscontrare solo proces-si parziali di concentrazione e specializzazio-ne. Dal rapporto tra il numero di dipendenti e il numero di abitanti risulta che tendenzial- >

mente le differenze regionali si stanno addi-rittura riducendo (si veda la  figura 2).

Più assistenza nelle aree periferiche

Per  quanto  riguarda  le  possibilità  di  assi-stenza  in  rapporto  al  numero  di  erogatori di servizi sanitari entro un raggio costante di 30 minuti  d’auto,  si  registra  addirittura un aumento più  forte nelle  regioni periferiche; le  regioni  si  vanno allineando. Colpisce so-prattutto  il modello dell’aumento del poten-ziale  di  assistenza  in  determinate  regioni  periferiche per gli ospedali generici  (si veda la figura 3) e i medici.A  fronte  dei  timori  di  un  livello  di  assi-

stenza  sanitaria  insufficiente o  limitato per le   regioni  periferiche, queste constatazioni  sorprendono. È presumibile che questo svi-luppo  regionale  degli  erogatori  di  servizi  sanitari e  l’assistenza elevata nelle aree ru-rali siano dovuti non solo a nuovi posiziona-menti o specializzazioni, ma abbiano anche ragioni politiche. Soprattutto nella medicina generale uno sviluppo superiore alla media nelle  regioni  periferiche  non  offre  presso-

ché alcun vantaggio economico. Sino a che punto la diffusione geografica della sanità e la discrepanza tra bacino d’utenza geografi-co e competenza politica spingano le spese verso l’alto, rimane una questione aperta.

La struttura  legislativa e decisionale de-centrata è una particolarità svizzera. Le re-sponsabilità  differenti  e  in  parte  intercon-nesse tra Confederazione, cantoni e comuni sono molto  complesse e generano compe-tenze  poco  chiare,  ridondanze  o  soluzioni inappropriate. Considerando l’impegno profu-so nei tagli alle spese e nella concentrazione, le prove di equilibrio tra la politica sanitaria nazionale e quella regionale sono destinate a diventare ancora più impegnative.

Il  quadro normativo esistente  soffoca  la concorrenza, mentre a medio termine sareb-be importante creare un vero mercato inter-no. Fatta eccezione per l’assistenza minima di  base, molte prestazioni  possono essere rimandate  per  poi  essere  fornite  e  consu-mate fuori dal proprio luogo di domicilio. An-che  rispetto all’internazionalizzazione,  che aumenterà pure nel settore della sanità, 

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Inserzione

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60 Economia  Sanità

bulletin 4/10  Credit Suisse

una maggiore concorrenza  interna sarebbe un’ottima condizione propedeutica. In futuro, trasparenza e  informazioni sulle prestazioni erogate  e  la  loro  qualità  svolgeranno  un  ruolo importante.

Una previsione  sul  futuro  fabbisogno di assistenza regionale e sul potenziale di svi-luppo  regionale mostra  come  per  le  varie  regioni  si  creino  opportunità  anche  in  un  mercato maggiormente  orientato  alla  con-correnza  e  con  una  crescente  specializza-zione. La chiave –  fatta eccezione per  l’as-sistenza di  base – è  rappresentata da una maggiore  specializzazione  e  concentrazio- ne delle competenze. Nelle regioni di cresci-ta attorno ai centri economici sta nascendo un  fabbisogno  nel  campo  dell’assistenza  medica di base (si veda la figura 4). Nelle regio-ni  rurali,  invece,  si  registrerà uno  sviluppo superiore alla media nel  settore della  cura, perché  in  tali  regioni  l’attuale densità  assi-stenziale  è  piuttosto  bassa  e  la  crescita  attesa dell’indice di dipendenza degli anziani (percentuale  della  popolazione  over  65  ri-spetto a persone da 20 a 64 anni) è partico-larmente alta. Potenziale di  sviluppo  viene registrato  anche  nel  settore  della  riabilita-zione e cura o nel wellness e bellezza. Per-tanto, in un’ottica di lungo periodo, la strate-gia migliore è affrontare attivamente i nuovi sviluppi  nelle  strutture  organizzative  e  di  mercato.  <

3  Mezz’ora d’auto fino all’ospedale più vicinoNelle aree rurali la densità assistenziale tra il 1998 e il 2008 è aumentata. Questo sviluppo,  che in tali regioni non offre pressoché alcun vantaggio economico, è verosimilmente dovuto  anche a ragioni politiche.  Fonte: UST, Credit Suisse Economic Research

4  Aree urbane e rurali hanno esigenze mediche diverseNegli agglomerati economici la domanda riguarda maggiormente l’assistenza medica  di base, mentre nelle aree rurali con una quota più elevata di anziani la domanda di servizi  di cura è destinata a salire.  Fonte: UST, Geostat, Credit Suisse Economic Research

Il Credit Suisse: centro di  competenza per temi legati all’economia svizzera

Il 24 agosto 2010 è stata presen­tata ai media la nuova pubblica­zione sul settore sanitario elvetico. Questo studio analizza la sanità svizzera e illustra in particolare  la dimensione regionale focaliz­zandosi sulla sanità come fat­ tore economico regionale e sul­  l’assistenza alla popolazione. Lo studio completo è disponibile  su Internet sul sito www.credit­suisse.com/research (Economia svizzera/Settori).

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bulletin 4/10  Credit Suisse

62 Economia  Esportazioni

Foto: George Doyle, Getty Im

ages

 Il nostro mercato è il mondo:vola l’export svizzero di beni di consumo Ogni anno il mondo spende 35 750 miliardi di dollari per il consumo privato. Anche la Svizzera ne beneficia grazie alle sue solide società esportatrici.

Testo: Dennis Brandes, Credit Suisse Economic Research

Il fine ultimo di ogni sistema economico è il consumo, inteso come domanda globale del­le  famiglie di  beni  e  servizi  in  tutta  la  loro diversità: articoli di lusso, pigione,  nutrimento, vacanze, assistenza sanitaria. Non lavoriamo per  risparmiare  o  investire,  ma  per  poter  coprire,  oggi  e domani,  le nostre esigenze  e quelle delle persone a noi  care. Natural­mente risparmiamo e investiamo anche, con l’effetto di  ridurre  il  consumo corrente, ma se la strategia seguita è corretta aumenta in contropartita il benessere futuro e quindi le future possibilità di consumo.

Non stupisce dunque che la parte prepon­derante del  prodotto economico mondiale venga spesa per finalità di consumo privato. Nel 2008 sono stati 35 750 miliardi di  dollari, grossomodo il 60 per cento del PIL  mondiale o settanta volte il risultato economico annuo della Svizzera. Buona parte del consumo di un paese viene soddisfatto direttamente  in loco, gli affitti ad esempio o i generi alimenta­ri prodotti localmente; ma una quota tutt’altro che trascurabile di beni di consumo proviene 

da tutto il mondo (automobili dalla Germania, televisori  dalla Corea, mobili  dalla Svezia), motivo per cui ai consumatori svizzeri si offre una  scelta molto più  ampia e articolata di quella che potrebbero proporre i soli produt­tori  svizzeri. Viceversa, questi  ultimi  hanno un bacino di clienti assai più esteso: anziché 7,6 milioni di potenziali consumatori, teorica­mente quasi il centuplo. E sebbene le impre­se svizzere di beni di consumo non possano naturalmente annoverare  fra  i propri  clienti ogni  individuo su questa  terra,  in numerosi settori sono protagoniste di primissimo piano.

Una storia di successo tutta svizzera

Le esportazioni di beni di consumo totaliz za­no una quota ragguardevole di tutte le ven­dite oltreconfine di merci svizzere. Lo scorso anno sono stati  esportati  beni  di  consumo per 92,4 miliardi di franchi, pari a una quota del  51,3  per  cento  dell’intero  export.  Le esportazioni  di  generi  di  consumo  hanno espresso valori di eccellenza non solo in ter­mini proporzionali, bensì anche sul versante 

della resistenza alla crisi e con una flessione del 3,2 per cento hanno evidenziato una con­trazione decisamente più contenuta dell’inte­ro export elvetico, crollato del 12,5 per cento.

I  produttori  svizzeri  esportano  natural­mente un ricco assortimento di beni e sono competitivi in numerosi settori. Ciò malgrado, in termini di volume la statistica del commer­cio estero è dominata  solo da poche cate­gorie merceologiche, con i quattro maggiori gruppi di prodotti a totalizzare quasi il 90 per cento delle esportazioni di beni di consumo (figura 1). Il comparto più significativo si indi­vidua nella categoria dei farmaci, che racco­glie quasi 60 miliardi e quindi due terzi del­l’export di generi di consumo e un  terzo di tutte le esportazioni di merci. Alle esportazio­ni farmaceutiche va anche sostanzialmente accreditata la buona performance messa a segno nell’anno di crisi 2009, poiché mentre le esportazioni della maggior parte dei grup­pi merceologici hanno lamentato una flessio­ne, le vendite all’estero di prodotti farmaceu­tici sono progredite di oltre il 5 per cento.

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Credit Suisse  bulletin 4/10 

Esportazioni  Economia 63

–2,0

–1,0

–3,0

–4,0

0

1,0

2,0

3,0

4,0

In deviazioni standard

0989 91 93 95 97 99 01 03 05 07

Soglia di crescita del barometroEsportazioni (tasso di crescita annuo in %)Crescita tendenziale esportazioni(media mobile sull’arco di 6 mesi)Barometro (+1T)

Prodotti farmaceutici (incl. articoli per l’igiene) 62,9%Orologi13,4%Generi alimentari 6,3%Bigiotteria, oggetti di gioielleria e oreficeria 5,7%Abbigliamento e calzature 2,2%Prodotti di manutenzione e pulizia 1,2%Arredamenti 1,0%Altro 7,2%

Al secondo posto dell’export di beni di con­sumo si  posiziona uno dei  prodotti  svizzeri forse più  tipici: gli  orologi. A dispetto della recessione  globale,  nel  2009  sono  stati esportati orologi per 12,4 miliardi di franchi, dato che corrisponde pur sempre a una re­gressione di oltre un quinto rispetto al 2008. Questa  interazione  fra beni  fortemente vul­nerabili  all’andamento congiunturale e piut­tosto resistenti alla congiuntura trova anche espressione  nelle  successive  posizioni  in classifica nella statistica del commercio este­ro: ai comparativamente stabili generi alimen­tari (5,8 mia. di franchi nel 2009, +0,9 per cento rispetto al 2008) seguono gli articoli di gioielleria piuttosto sensibili alle variazioni congiunturali  (5,3 mia. di  franchi nel 2009, –11,5 per cento rispetto al 2008). Per l’export svizzero la combinazione fra prodotti tenden­zialmente  resistenti e sensibili alla congiun­tura  rappresenta di  fatto un punto di  forza apprezzabile che consente sia di partecipare all’espansione economica sia di resistere al­le crisi meglio di molti altri paesi.

Prospettive grazie all’indicatore export

Dopo il forte calo accusato nel 2009, nell’an­no  in  corso gli  esportatori  hanno  ritrovato smalto e una condizione migliore. Sarà così anche  nei  prossimi mesi? Per  chinarsi  su questo interrogativo, l’Osec e il Credit  Suisse hanno messo a punto  insieme  l’indicatore export  delle PMI,  che associa  la domanda estera al clima export tra le PMI svizzere (si veda la scheda in pagina). Nel terzo trimestre entrambi gli indicatori, ovvero domanda este­ra e clima export, segnalano una crescita.

Il barometro delle esportazioni del Credit Suisse, che riflette la domanda estera di pro­dotti  svizzeri,  ha  registrato un’ulteriore pro­gressione nel corso degli ultimi tre mesi. Nel terzo trimestre sarà raggiunto un valore di 1,1, ampiamente superiore alla soglia di crescita di –1 e anche superiore al valore zero, che in­dica una normalizzazione (figura 2). Pur se at­tualmente si sta profilando un rallentamento della dinamica, il barometro delle  esportazioni continua a stazionare sopra la soglia di cresci­ta, cosicché nel prossimo futuro le prospetti­ve per l’export svizzero rimangono favorevoli.

Le prospettive di export dell’Osec eviden­ziano l’impatto degli impulsi esteri sulle PMI. Per il terzo trimestre annunciano un lieve raf­freddamento del clima delle esportazioni da 76,8 a 68,5 punti, valore comunque ben su­periore alla soglia di crescita di 50,0 punti. In proposito, i produttori di beni di consumo hanno espresso particolare ottimismo.  <

Barometro delle esportazioni del Credit Suisse

Il barometro delle esportazioni del Credit Suisse Economic Research si basa sugli indici dei direttori agli acquisti (PMI) dei 28 principali mercati acquirenti della Svizzera. Sfrutta il fatto che la congiuntura estera è in relazione di dipendenza causale con l’andamento del­l’export in Svizzera e possiede un valore precursore fino a un semestre rispetto all’evoluzione dell’export.Per maggiori informazioni sul tema: Credit Suisse (2009), Commercio estero in Svizzera –  fatti e tendenze, Swiss Issues Settori, disponibile all’indirizzo www.credit­suisse.com/research

Prospettive di export delle PMI espresse dall’Osec

Le prospettive di export delle PMI si fondano sul sondaggio trime­strale svolto presso un gruppo fisso di oltre 200 PMI svizzere che rappresentano i settori farmaceutica/chimica, metalmeccanica, beni di consumo, industria metallurgica, carta, elettrotecnica, industria  di precisione e servizi. Gli interpellati forniscono inoltre ulteriori  informazioni, per esempio sui motivi della variazione dei loro volumi d’esportazione, sui mercati di export, ecc. Queste indicazioni  resti tuiscono un’immagine eloquente e significativa delle attività di esportazione delle PMI svizzere.Per maggiori informazioni sul tema: www.osec.ch/exportindikator

1  I prodotti farmaceutici costituiscono le principali esportazioni di beni di consumo della SvizzeraNel 2009 i farmaci e gli articoli per l’igiene nonché gli orologi hanno totalizzato tre  quarti di tutte le esportazioni svizzere. Un’am­pia diversificazione è tuttavia importante. Fonte: Amministrazione federale delle dogane

2  Il barometro delle esportazioni del Credit Suisse indica una normaliz­zazione dell’exportL’industria d’esportazione elvetica ha com­piuto il giro di boa e vanta buone prospettive per i prossimi mesi.  Fonte: OCSE, Amministrazione federale delle dogane, Datastream, Credit Suisse Economic Research 

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64 Economia  Opportunità

bulletin 4/10  Credit Suisse

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Occasione persa?Per le imprese, i governi e la società in genere la recente crisi finanziaria ha  rappresentato l’occasione più unica che rara di rompere gli schemi, dar concretezza a idee anticonformiste e accelerare i processi di riforma. Hanno perso quest’occasione? 

Testo: Kevin Lyne-Smith, responsabile Equity Research Europe and America

Nell’ultimo secolo  il  nostro pianeta è  stato messo a soqquadro soltanto quattro volte, e altrettante sono state le occasioni di voltare radicalmente pagina: i due conflitti mondiali, la  grande  depressione  nel  periodo  tra  le due guerre, e per l’appunto la crisi finanziaria dei nostri giorni. La ricostruzione totale del-la Germania e del Giappone dopo  la  resa  può essere  ritenuta a buon diritto  la pietra miliare della prosperità di cui ambedue i  paesi godono tuttora. Pur non volendo parificare la situazione odierna a quella ben più estre-ma di allora, dobbiamo riconoscere che l’at-tuale crisi finanziaria, dispensatrice di svaria-te occasioni  di  rinnovo, presenta numerosi punti in comune con la grande depressione degli anni Trenta, anch’essa alla base di una nuova regolamentazione dell’industria finan-ziaria del tempo.

In simili circostanze  l’elettorato è pronto  a  sostenere  interventi  politici  radicali,  su-scettibili di porre  freno alla crisi. Una delle ca ratteristiche costanti  è  la  rapida perdita  di fiducia, riconducibile sia al forte calo dei  posti  di  lavoro e alle numerose bancarotte aziendali,  sia  alle  insufficienze  di  taluni  comparti  del mercato  finanziario,  struttura portante dell’economia di mercato dei pae- si   progrediti.  Il  fallimento di  istituti  finanzia- ri   genera  insicurezza  e  apprensione  nella  clientela,  preoccupata dei  propri  averi  pen-sionistici  e  a  risparmio.  La  recente  crisi  finanziaria non ha  fortunatamente prodotto  

i  drammatici  effetti  registrati  nel 1929. Le  perdite patrimoniali e il calo di fiducia hanno tuttavia  innescato problemi di  bilancio  che limitano le possibilità dei governi di superare la crisi mediante l’allentamento della spesa pubblica.  Costrizioni,  va  ribadito,  sfociate perlopiù  in una maggiore austerità di bilan- cio e in approcci creativi alla risoluzione del-la crisi.Siccome  le possibilità d’intervento  sono 

pressoché  illimitate,  nei  sei  esempi  che  vi proponiamo ci concentriamo soprattutto sul-l’Europa.

Integrazione  europeaL’euro è stato tenuto a battesimo  il 1° gen-naio 1999  in un clima di  reticenza e scetti-cismo. Nel 2002 ha sostituito le monete di 16 paesi  europei  e nei  sei  anni  successivi ha saputo guadagnare quasi costantemente terreno sul  dollaro. L’introduzione dell’euro avrebbe dovuto  rappresentare  il primo pas- so  concreto  verso  un’integrazione  politica  ed  economica  degli  Stati  di  Eurolandia.  I  problemi  con cui  si  dibatte  la Grecia,  e  in  misura minore anche  la Spagna e  l’Irlanda,  mettono però a nudo  le crepe del progres- so  e  i  rischi  cui  si  espongono  16  nazioni  ac comunate sì dalla stessa moneta, ma pri-ve di  concertazione  sul  da  farsi.  In Grecia 

nulla  o quasi  è  cambiato  rispetto  ai  tempi della dracma, eccezion fatta per la possibili-tà,  dalla sua adesione all’eurozona, di acce-dere a capitali artificialmente vantaggiosi, e per di  più a  tassi  d’interesse  vicini  a quelli tedeschi.

L’Europa dovrebbe prendere  spunto dal modello federalistico elvetico, capace di abbi-nare ottimamente funzioni regionali e nazio-nali. Uno schema possibile potrebbe concre-tizzarsi  in un’Europa  federalistica,  con una chiara separazione dei poteri tra Parlamento europeo e Stati membri, entrambi legittima-ti a riscuotere imposte per finanziare i rispet-tivi mandati.

Le economie più  influenti  avrebbero do-vuto sfruttare l’occasione di dare una sferza-ta risoluta al rafforzamento dell’integrazione europea.  F

oto: H. P. M

erten, Keystone | Daniel B

oschung, Roy McM

ahon, Corbis

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Credit Suisse  bulletin 4/10 

Opportunità  Economia 65

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bulletin   mobile2

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mozione di  obiettivi  ambientali  più  ragione-voli, la rimozione di barriere commerciali e il risanamento dei bilanci pubblici.

Riforme  pensionisticheÈ imperativo rivalutare i sistemi sociali dalla prospettiva  del  loro  finanziamento  futuro,  tenuto conto della speranza di vita in aumen-to. Nei  decenni  a  venire,  in   Europa  le  im-prese dovranno verosimilmente confrontarsi con una carenza di forza lavoro, visto che il tasso di natalità, fermo a bassi livelli, contri-buisce ad accrescere  l’età media della po-polazione.  Stando  ai  dati  pubblicati  dalla CIA nel «The World Fact Book», in  Europa la  speranza media di vita ha ormai superato  i 79 anni, con conseguente prolungamento dei versamenti pensionistici.A  dispetto  di  tale  rialzo,  sinora  l’età  di 

 passaggio alla pensione è  rimasta straordi-nariamente  stabile.  In Grecia  l’età  di  pen-sionamento è ora stata innalzata, passando dagli incredibilmente prematuri 53 anni a 63; in Spagna si prevede un aggiustamento da 65 a 67 anni. A questo punto ci  si  chiede come  mai  non  sia  stata  fissata  un’età  di  pensionamento unica. Per i governi la sfida principale è  tuttavia  racchiusa nell’aspetto psicologico di una popolazione che invecchia: nel  nostro mondo del  lavoro,  ossessionato dal  culto  della  giovinezza,  dopo  i  55  anni è pressoché  impossibile  trovare un nuovo  impiego. Sarebbe  ad  esempio  ipotizzabile  costringere  le  imprese a motivare  le diffe-renze tra la ripartizione per classi di età nel loro organico e nell’intera popolazione. Negli Stati Uniti  questo principio è ancorato nel-l’«Age  Discrimination  in  Employment  Act» (ADEA) del 1967, un testo di legge adottato per  contrastare  la discriminazione dei  lavo-ratori più anziani (ultra 40enni). Di fronte 

SovvenzioniIl  termine  sovvenzione può essere definito come  «sostegno  finanziario elargito dal go-verno a un individuo o a un gruppo per pro-muovere un’impresa  la cui esistenza è  rite-nuta  di  pubblico  interesse».  L’«interesse  pubblico» è un concetto di per sé piuttosto vago, spesso e volentieri utilizzato per tute-lare  industrie politicamente  sensibili  e non competitive, alimentando  in  tal modo un’ul-teriore distorsione della concorrenza. Anche i recenti round di colloqui dell’Organizzazione mondiale del commercio  (OMC) non hanno cavato un ragno dal buco, a riprova del fatto che gli Stati non hanno nessun interesse a diminuire  le  sovvenzioni  o  a  smantellare  le barriere al commercio. Tuttavia, vista  la vo-lontà dei governi di tagliare radicalmente la spesa pubblica, una riduzione delle sovven-zioni –  in particolare quelle che ostacolano un commercio sostenibile – andrebbe vaglia-ta  seriamente. Molti  paesi  sostengono ad esempio  l’industria  ittica sebbene esistano prove scientifiche inconfutabili di un massic-cio sfruttamento irrazionale di tali riserve. In molti  paesi  l’acqua  è  tuttora  disponibile  a prezzi  sovvenzionati  che  non  riflettono  il reale livello dei costi, favorendone lo spreco e  in ultima analisi  la coltivazione poco eco-nomica di prodotti agricoli che ne richiedono ingenti quantità, come il riso o la leguminosa alfalfa (detta anche lucerna) in regioni semi-aride. In Europa la Politica agricola comune rappresenta tuttora la principale fonte di sov-venzioni. Nota positiva:  il  recente annuncio secondo cui  nel  2012 sarà  interrotto  il  so-stegno all’industria carbonifera europea. Ov-viamente ci  sono anche eccezioni  sensate: in Svizzera,  ad esempio, gli  aiuti  finanziari alle aziende agricole di per sé non redditizie favoriscono sia l’ambiente che il settore del turismo.  In generale,  tuttavia,  lo  smantella-mento delle  sovvenzioni  favorirebbe  la pro-

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66 Economia  Opportunità

bulletin 4/10  Credit Suisse

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con un immenso ventaglio di possibilità, da concretizzare mediante progetti nazionali e internazionali.

Paradossalmente sono proprio  i paesi occi-dentali, produttori pressoché insignificanti, a consumarne in grandi quantità. A livello po-litico la sicurezza energetica e la protezione dell’ambiente dovrebbero favorire l’adozione di fonti alternative al petrolio.Per  l’industria  automobilistica  l’introdu-

zione  di  veicoli  a  propulsione  unicamente elettrica  rappresenta  una  vera  e  propria  rivoluzione. Nei  prossimi  anni  saranno  lan-ciati  sul mercato gli  sviluppi  più  recenti.  In tema di  tecnologie ecocompatibili  l’Europa occupa una posizione di prim’attrice. Ciono-nostante l’industria non potrà fare a meno di un certo supporto, segnatamente nell’offer-ta di stazioni di ricarica. Prendendo spunto dalla legislazione della California o nel qua-dro di  incentivi  finanziari  o  fiscali  i  governi potrebbero giocare la carta del sostegno ai veicoli elettrici. Purtroppo sinora i program-mi di  promozione statale hanno favorito per-lopiù  i  veicoli  con  motori  convenzionali  a  diesel  e  ad accensione comandata. Nella  sola Germania  i  premi per  la  rottamazione hanno raggiunto i cinque miliardi di euro.La  crisi  finanziaria  ha  invogliato  molte 

 persone a riconsiderare il mondo da un’altra prospettiva. Sinora, tuttavia, non ci sembra di aver colto l’occasione di reagire in ottica sostenibile.  <

Energia nucleareLa  consapevolezza  collettiva  del  cambia-mento climatico in atto costituisce un fonda-mento  ideale per  sfruttare anche  in  futuro l’energia atomica. Il ricorso alle sole fonti di energia  rinnovabile  non  basta  infatti  per  soddisfare entro  i  tempi  previsti  i  criteri  di riduzione dei gas a effetto serra  fissati dal Protocollo di Kyoto. Ai governi  si  presenta così l’occasione di prendere due piccioni con una fava. Una moratoria al potenziamento di tutti gli impianti per la produzione di energia elettrica a eccezione delle energie  rinnova-bili  (solare,  eolica)  o del  nucleare  costitui-rebbe un importante passo avanti verso un futuro a emissioni ridotte, e fornirebbe mag-giori garanzie in campo energetico, visto che la dipendenza dalle  importazioni di greggio, carbone e gas si affievolirebbe. La Francia produce già l’80 per cento circa del proprio fabbisogno di elettricità tramite il nucleare. Il governo britannico sostiene la costruzione di nuove centrali  nucleari  coinvolgendo  l’eco-nomia privata, mossa quanto mai opportuna in tempi di ristrettezze finanziarie della mano pubblica. Gli investimenti andrebbero a van-taggio di numerose  imprese europee come Areva, EDF, Alstom e Siemens.

Vetture elettriche Nel  luglio del  2008  il  prezzo del greggio – 144  dollari  al  barile  –  raggiungeva  il  suo apice,  innescando  una  spirale  di  sfiducia  sia sul mercato  finanziario che  tra  i consu-matori.

all’evidenza  di  una  penuria  di  forze  lavoro  accompagnata da  versamenti  pensionistici prolungati, per le società la risposta appare più che scontata.

 InfrastrutturaPur ammettendo che l’infrastruttura alimen-ta il dibattito pubblico da neppure un secolo, siamo concordi nel considerarla il fondamen-to su cui poter erigere una società. Proprio la crisi economica mondiale ha evidenziato, secondo quanto affermano Solow, Kendrick, Gordon, Abramovitz e David, come alla base degli enormi aumenti della produttività regi-strati negli Stati Uniti tra il 1929 e il 1941 vi sia stato il massiccio incremento degli  inve-stimenti  a  favore dell’infrastruttura,  seguiti dalle ingenti spese per la ricerca e lo svilup-po,  documentati  dai  lavori  di  Schmookler  prima, e Mensch poi. È interessante notare come le uscite siano state ripartite sulla mag-gior parte dei settori.In  Europa  i  progetti  a  favore  dell’infra-

struttura  sono  attualmente  al  guinzaglio  dei programmi di risparmio. Inoltre, fornitori di  energia  come  i  gruppi  tedeschi RWE e E.ON  sono  gravati  da  imposte  aggiuntive che  tarperanno senz’altro  le ali  agli  investi-menti  infrastrutturali.  I  progetti  a  favore dell’infrastruttura  sono spesso alla base di nuovi  posti  di  lavoro  presso ABB, Alstom, Siemens, Holcim  e  Lafarge.  Il  denaro  im-piegato nel miglioramento, nell’ampliamento o nel  rinnovo dell’infrastruttura ha  ricadute positive sull’intera società, abbracciando ad esempio  il settore dei trasporti (autostrade, ferrovie, aeroporti, porti marittimi), la comu-nicazione, l’approvvigionamento (idrico, elet-trico,  legato allo  smaltimento dei  rifiuti),  le scuole,  gli  ospedali  e  altro  ancora. Come  ad  esempio  per  le  tratte  ad  alta  velocità  del traffico ferroviario, i governi si ritrovano 

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Credit Suisse bulletin 4/10

Emerging banking  Economia 67F

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 Paesi emergenti: la carica dei clienti retailNel 2030 le economie emergenti potrebbero vantare 1,2 miliardi di clienti bancari  appartenenti al segmento retail e pertanto in grado di generare reddito. L’urbanizzazione  e il desiderio di finanziare il consumo privato gonfiano le vele del settore bancario  soprattutto nelle città.

Testo: Christine Schmid, Research Analyst

La rapida espansione e le mere dimensioni del mercato dei consumi nei paesi emergen-ti, unitamente al crescente numero di clienti bancari, connotano lo sviluppo del settore bancario di tali paesi. Questi fattori racchiu-dono un potenziale di crescita strutturale sull’arco di più anni grazie al quale, per gli istituti finanziari ben posizionati, si profilano a medio termine prospettive oltremodo favo-revoli.

Trend chiave nel settore bancario

A trarre profitto dal modello di crescita degli emergenti saranno anche i servizi di gestione patrimoniale e i loro fornitori: numerose banche private di tutto il mondo sono già ai nastri di partenza per lanciarsi nella corsa e servire un crescente numero di clienti bene-stanti. Tuttavia, proprio in considerazione dell’aumento di questo target di clientela, prevediamo che più in là nel tempo anche i gruppi bancari locali cominceranno a offrire servizi di private banking.

È altresì lecito ritenere che i servizi ban-cari mobili daranno un colpo di acceleratore a questo sviluppo nelle regioni rurali delle economie emergenti. Pur non essendo per ora un business molto proficuo, essi potreb-bero fare da volano alla crescita dei clienti bancari redditizi. Attualmente sostengono inoltre la redditività e la crescita degli offe-renti di sistemi e tecnologie mobili.

La Banca mondiale prevede che il nume-ro delle persone appartenenti alla classe media (con un reddito annuo fino a 30 000

dollari) passerà da 400 milioni nel 2000 a 1,2 miliardi nel 2030, una cifra che corrispon-de a quattro volte la popolazione americana o a quasi il doppio di quella europea.

Alla luce di queste proiezioni e della ten-denza di lungo termine verso un mondo mul-tipolare, il comparto bancario ha recente-mente iniziato a evidenziare enormi tassi di crescita. Riteniamo che vi sia sufficiente potenziale di espansione sia per le banche locali sia per coloro che si affacceranno sul mercato nel corso di una seconda ondata, a condizione che possano liberamente acce-dere ai rispettivi mercati locali. I prodotti retail quali conti bancari, carte di credito, carte di pagamento, crediti al consumo e ipoteche saranno verosimilmente diffusi su vasta scala. Inoltre, siccome i clienti dei paesi emergenti sono generalmente propen-si ad allocare i propri risparmi, prevediamo

che i prodotti d’investimento metteranno le ali non appena sarano disponibili i relativi importi.

Asia: elevate barriere all’entrata

Complice una limitata assegnazione di licen-ze, numerosi mercati asiatici del retail ban-king presentano elevate barriere all’entrata. In una prima fase le carte migliori le avranno quindi verosimilmente il settore bancario nazionale e determinati istituti che a livello di percezione sono considerati locali, come HSBC o Standard Chartered. In America latina lo scenario è diverso, con le banche estere che godono di un ampio accesso al mercato, legato al contesto storico. L’esem-pio più evidente è il Messico, dove gli istituti stranieri (perlopiù spagnoli) controllano i due  terzi del mercato bancario. Al gruppo spagnolo BBVA appartiene la più grande banca messicana, mentre Santander figura fra i tre principali istituti finanziari presenti in Brasile.

A causa dei rischi associati alla rapida crescita, le banche devono applicare rigide direttive che tengano conto del merito di credito dei loro clienti privati. Inoltre, le au-torità di vigilanza e le banche centrali devo- no garantire, aumentando i requisiti di riser-va o tramite strumenti di politica fiscale, che la crescita del credito rimanga costante e gestibile per i sistemi finanziari dei singoli paesi. I sintomi che questi parametri stanno sfuggendo di mano devono essere attenta-mente monitorati. <

Classe media benestante in crescitaÈ probabile che nel 2030 il numero di clienti benestanti nel redditizio segmento retail sarà triplicato rispetto al 2000.  Fonte: Banca mondiale

Milioni di persone 2000 2030E

America latina 150 190

Asia orientale 120 600

Europa e Asia centrale 80 170

Medio Oriente 30 70

Africa 20 30

Asia meridionale 0 140

Totale 400 1200

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68 Economia  Infl azione

bulletin 4/10 Credit Suisse

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Paesi di nuova industrializzazione

Inflazione, tasso annuale in %

Paesi industrializzati

1960 1970 1980 1990 2000 2010Le linee continue raffigurano il valore centrale (mediano) del tasso d’inflazione per i due gruppi di paesi. Le aree ombreggiate si estendono dal quartile superiore a quello inferiore di ogni gruppo.

L’infl azione è dietro l’angolo?Nel secondo dopoguerra non pochi Stati ricorsero alla zecca per risolvere i propri problemi di bilancio, scatenando spesso fenomeni infl ativi. Oggi le banche centrali autonome e la disciplina del mercato vegliano a che ciò non accada. La gran parte delle economie progredite segnala rischi infl ativi irrisori, che acquistano invece spessore nei paesi di nuova industrializzazione o in forte espansione, come l’Australia.

Testo: Thomas Herrmann, Senior Economist, e Oliver Adler, responsabile Global Economics and Real Estate Research

Cala il sipario sulla «grande moderazione»?Ad eccezione di una piccola parentesi al rialzo prima della crisi fi nanziaria del 2008, da decenni il trend infl azionistico è al ribasso. Nei paesi industria-lizzati il processo ha preso avvio all’inizio degli anni Ottanta, dopo la «stagflazione» imperante degli anni Settanta. I paesi in via di industrializzazione hanno seguito la stessa tendenza. Qui i rischi ciclici d’inflazione risultano attualmente maggiori rispetto alle economie più progredite, ma nessun  attore sembra intenzionato a voler abbandonare le conquiste della grande moderazione.  Fonte: Datastream, Bloomberg, FMI, OECD, Credit Suisse

GRANDE

POSTERSULL’INFLAZIONE

accluso a

questa rivista

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Credit Suisse bulletin 4/10

Inflazione  Economia 69

A seguito della crisi economico-finanziaria globale le uscite dei governi sono lievitate ovunque e le banche nazionali hanno ridotto drasticamente il livello dei tassi. Alcuni isti-tuti, capeggiati dalla Federal Reserve, hanno acquistato volumi ingenti di titoli di Stato e altri strumenti mobiliari. Ciò ha permesso ai mercati finanziari di ritrovare l’equilibrio dopo la bancarotta di Lehman Brothers ed evitare il collasso generalizzato dell’economia. Tutta-via, il binomio tra spesa pubblica in aumento e gettito fiscale in ribasso si traduce in ele-vati deficit di bilancio e forte progressione dell’indebitamento statale. Gli istituti centra-li hanno «stampato» quantitativi esorbitanti di denaro, che hanno gonfiato i loro bilanci.

Se durante la crisi aleggiava lo spaurac-chio della deflazione, ora i media, la popola-zione ma anche alcuni economisti sono por-tati a credere che tutto il denaro immesso nel sistema, unito all’esplosione dei debiti, mate-rializzerà inevitabilmente un nuovo fantasma, ossia l’inflazione. Per gli investitori è di cru-ciale importanza accertare se il pericolo sia davvero reale. Nell’ultima edizione del «Global Investor» diversi esperti approfondi-scono il tema. Nell’articolo che segue abbia-mo riassunto i punti salienti.

Il denaro «stampato» attizza l’inflazione?

Molti istituti centrali hanno emesso denaro fresco e acquistato prestiti obbligazionari o anche divise, come la Banca nazionale sviz-zera. Parafrasando Milton Friedman, l’inflazio-ne è sempre e comunque un fenomeno mo-netario. Dunque, se viene «stampato» troppo denaro, a lungo termine si avvertiranno gli effetti del rincaro. Friedman precisava tutta-via che la condizione posta era l’effettiva en-trata in circolazione del nuovo denaro nel-l’economia globale, seguita da un aumento generalizzato della domanda. Il quesito da porsi è pertanto se l’afflusso di denaro abbia effettivamente sovrastimolato la domanda complessiva, o se sia in procinto di farlo in tempi brevi. Per la maggior parte dei paesi industrializzati la risposta è no. Uno sguardo al ciclo finanziario permette di affermare che in Europa e negli Stati Uniti il rischio d’infla-zione è ancora contenuto. La pressione dei regolatori induce tra l’altro le banche ad au-mentare il capitale e ridurre i rischi, gettando le basi per un’erogazione oculata del credito.

L’indebitamento statale causa inflazione?

Alla circospezione indotta dalla grande mas-sa di denaro fresco si aggiunge il timore che le banche centrali possano finanziare le ec-

cessive uscite statali tramite l’emissione di banconote, confidando poi nell’effetto rego-larizzante del rincaro per abbattere il debito pubblico. In passato le ondate di rincaro an-davano a braccetto con l’esplosione del de-bito pubblico, soprattutto quando le banche centrali stampavano denaro per finanziare le operazioni belliche. Uno studio pubblicato di recente dai professori Reinhart e Rogoff conferma che dopo la Seconda guerra mon-diale nei paesi di nuova industrializzazione i governi hanno spesso attinto al denaro fresco di stampa per finanziare le uscite statali, per giunta anche in tempo di pace.

Per la maggior parte delle economie pro-gredite, invece, l’analisi dello stesso periodo non ha permesso di riscontrare correlazioni sistematiche tra l’indebitamento e il rincaro (si veda il grafico a pagina 68). Tuttavia, possiamo presupporre che sarà effettivamente così anche in futuro? Sebbene la situazione finan-ziaria di molti paesi sia precaria, diversi fat-tori lasciano presagire che nelle economie industrializzate fortemente indebitate un fi-nanziamento sistematico del debito con con-seguenze dirette sul rincaro sia improbabile.

Un aspetto importante è l’autonomia con-quistata negli ultimi decenni da molte banche centrali dall’organo che sovrintende alla po-litica fiscale. Un altro fattore, addirittura più rilevante, è l’effetto disciplinante dei merca-ti dei capitali, che reagirebbero prontamente e con vigore a un ricorso sistematico al de-naro fresco da parte degli istituti d’emissione. I rendimenti obbligazionari verrebbero proiet-tati alle stelle con conseguente crisi di finan-ziamento e forse anche monetaria che met-terebbe effettivamente alle corde la politica economica espansiva. Un mercato dei capi-tali flessibile e attento al rischio presenta un conto ben più salato del normale a un’even-tuale politica intenzionalmente e sistemati-camente di matrice inflazionistica.

L’inflazione è un fenomeno politico

Non sarebbe tuttavia una mossa scaltra confidare in tutto e per tutto nell’autonomia istituzionale delle banche centrali o nella di-sciplina del mercato. A ragion del vero, infat-ti, gli istituti di emissione finanziano i governi inclini alla spesa pubblica soltanto se il pro-cesso politico ve li induce. E ciò accade in base al volere della cerchia dominante, sia essa un’élite circoscritta o una maggioranza eletta democraticamente. Siamo dell’avviso che il crescente invecchiamento della popo-lazione nelle democrazie industrializzate de-ponga piuttosto a favore del risparmio e non

della spesa eccessiva scatenante fenomeni inflativi, visto che questi ultimi corroderebbe-ro il valore dei patrimoni messi a risparmio.

Il quadro si presenta analogo anche nella gran parte dei paesi di nuova industrializ-zazione, dove in passato ampie fette della popolazione hanno fortemente sofferto del rincaro. Anch’essi non saranno propensi a rimettere in gioco le conquiste della «grande moderazione», ossia la flessione segnata negli ultimi decenni e l’aggiustamento dell’in-flazione a basso livello. Frattanto, nei paesi industrializzati, dalla Grecia agli Stati Uniti, è difficile trovare il sostegno politico a un consolidamento dei bilanci pubblici. La pres-sione esercitata sulle banche centrali a so-stegno della congiuntura sarà forte e potreb-be durare fino alla normalizzazione dei tassi. La problematica del debito solleverà indiret-tamente il dubbio che la politica monetaria non persegua sempre la stabilità dei prezzi e un basso tasso d’inflazione. L’incertezza che ne deriva potrebbe quindi dare avvio a una marcata volatilità dei mercati.

Dal 2009 l’economia mondiale è in ripre-sa. Tuttavia, la produzione industriale è ben lungi dal girare a pieno regime. A medio ter-mine la domanda delle economie domestiche sarà frenata dall’elevato tasso di disoccupa-zione; improbabili anche le tensioni salariali con effetti inflazionistici. In molti paesi le turbolenze avranno un effetto calmierante sulle prospettive di crescita, visto che i defi-cit pubblici in calo si tradurranno su un taglio della spesa o su un aumento delle aliquote fiscali. L’autonomia delle banche centrali e l’effetto disciplinante dei mercati finanziari allontanano a loro volta l’ipotesi di un incon-trollato aumento dei prezzi. Riteniamo per-tanto che nella maggior parte dei paesi indu-strializzati il rischio d’inflazione sia minimo. Il rischio maggiore si presenta nelle economie sfiorate appena dalla recessione, e che ora attestano una solida crescita, ossia molti paesi di nuova industrializzazione e alcune economie progredite in rapida espansione come l’Australia, dove le redini della politica economica sono state ampiamente allentate, gettando spesso le basi di una situazione di «sovrastimolazione» congiunturale. In Cina, ad esempio, la domanda è schizzata alle stelle e negli scorsi mesi si sono moltiplicati i segnali di insufficienti capacità sul mercato del lavoro. Mentre alcune banche centrali hanno già imboccato la strada del rigore, soprattutto qui sussiste il rischio di una rea-zione troppo lenta, con possibili conseguen-ze sulla rapida ricomparsa del rincaro. <

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Comenasce

l’inflazioneCome nasce l’inflazioneL’inflazione è difficile da comprendere e ancora più difficile da prevedere. La causa principale del l’in- flazione (o della deflazione) è la politica troppo espansiva (o troppo restrittiva) della banca centrale. Tuttavia, il denaro generato dalla banca centrale deve attraversare vari canali prima di essere speso. È lungo tale percorso verso la «torre dell’indeflazione» che viene influenzata l’intensità dei flussi monetari e, di conseguenza, la portata del rischio di inflazione o deflazione, a opera di molteplici fattori economici e istituzioni, come mostra l’illustrazione. Nei riquadri spieghiamo come ciò accade.

www.credit-suisse.com/globalinvestor

3 - CROLLO DEL MERCATO IMMOBILIARE La banca centrale interviene per frenare la congiuntura: prendere in pre-stito denaro dovrà costare di più. Rialza i tassi, e anche le banche chiedono interessi più elevati per i crediti concessi. Molte imprese non se li possono permettere e preferiscono ridurre la produzione. Meno crediti significa più liquidità. Si ricorre a licenziamenti per risparmiare sui costi salariali. Chi ha perso il lavoro non è più in grado di rimborsare la propria ipoteca alla banca che, nel peggiore dei casi, diviene proprietaria della casa. Per otte-nere liquidità le banche cercano di vendere gli immobili in loro possesso, provocando un calo dei prezzi. I disoccupati consumano meno e le giacen-ze aziendali aumentano. Vi sono altri licenziamenti e altri casi d’insolvenza. Si incomincia ad accumulare il denaro in banca. Le banche non concedo-no più prestiti e i prezzi scendono. Scendono anche gli interessi, ma senza alcun beneficio. Siamo in fase di recessione.

4 - DALLA SALVEZZA DELLE BANCHE AL DEBITO PUBBLICOLo Stato interviene per evitare il collasso totale delle banche. La banca centrale acquista ipoteche e prestiti dalle banche che, tuttavia, anziché concedere crediti conservano il denaro o acquistano titoli governativi. Per sostenere l’economia lo Stato si indebita. Vende titoli obbligazionari per pagare l’indennità di disoccupazione. La gente ha di nuovo accesso al denaro e consuma. Diminuiscono le giacenze aziendali. I prezzi calano più lentamente, ma il debito pubblico aumenta. A questo punto le banche vogliono liberarsi dei titoli di Stato: calano i corsi e salgono gli interessi. L’economia è troppo debole per sopportare interessi più elevati. Lo Stato contrae ancora più debiti. La banca centrale acquista ora titoli governativi. Il denaro così ottenuto viene impiegato dallo Stato affinché la gente con-sumi di più. Per timore dell’inflazione, si acquista il più possibile e i prezzi salgono rapidamente. È di nuovo inflazione.

5 - RINCARO DEL PETROLIOL’economia nazionale risente degli effetti negativi del mercato immobiliare e del debito pubblico. In molti paesi le cose vanno meglio, ma le banche cen-trali e i ministri delle finanze, per timore che i problemi potessero minacciare anche queste economie, hanno aumentato a loro volta la massa monetaria e il disavanzo pubblico, dando un forte impulso all’economia. Il fabbisogno di energia in questi paesi è dunque maggiore e questo provoca un rialzo del prezzo del petrolio a livello mondiale, con un conseguente rincaro dei beni sul mercato nazionale. Un fenomeno che ricorda l’inflazione ma, dato che i salari non aumentano, i beni ora più costosi restano invenduti. Aumentano quindi le giacenze aziendali. Il calo degli ordinativi provoca licenziamenti e i salari diminuiscono. Le scorte di magazzino continuano a crescere, e si di-scute della possibilità di ridurre i prezzi. Un aumento del prezzo del petrolio non provoca necessariamente un’inflazione di lunga durata a meno che la banca centrale, temendo le ripercussioni dello «shock petrolifero», non ten-ti di rilanciare l’economia. A quel punto si ripresenterebbe il primo scenario.

2 - BOOM IMMOBILIARE La situazione economica è positiva. La banca centrale decide di non accre-scere più la massa monetaria e di non concedere ulteriori crediti. Dato che l’inflazione si mantiene relativamente bassa, non occorre ancora inter-venire. Le banche reputano meno rischioso concedere crediti e offrono interessanti ipoteche anche a clienti con riserve finanziarie moderate. Di conseguenza, si acquistano più case e i prezzi sul mercato immobiliare aumentano. Il valore degli immobili sale e le banche offrono ipoteche con importi sempre maggiori. Gli immobili si trasformano così in una macchina per soldi. Con i fondi dell’ipoteca in eccedenza, i proprietari possono acquistare altre cose o anche una casa più grande in un quartiere migliore. I prezzi degli immobili continuano ad aumentare, così come quelli di beni e servizi, e lo Stato incassa più tasse. La spirale dei prezzi procede sem-pre più rapidamente verso l’alto. Che cosa può fare la banca centrale per tenere la situazione sotto controllo?

1 - RIPRESA ECONOMICA Dopo una crisi si assiste a una ripresa dell’economia, che tuttavia risen- te della disoccupazione, delle considerevoli giacenze aziendali e della situazione delle commesse nelle imprese. La banca centrale decide di far ripartire la congiuntura aumentando la massa monetaria all’interno del-l’economia nazionale. A tale scopo acquista titoli di Stato o divise dalle banche, le quali in questo modo possono accedere alla liquidità con inte-ressi molto bassi. Di ciò beneficiano le imprese, che ottengono crediti presso le banche a condizioni convenienti, investono il denaro ricevuto e assumono nuovo personale. Il mercato del lavoro inizia a prosciugarsi e i salari aumentano. Le giacenze aziendali invece si riducono e la merce diviene più costosa. Per accrescere la produzione occorre più personale; lo Stato a sua volta riscuote più tasse, in quanto è maggiore il numero di lavoratori e consumatori. Inizia così a rimborsare i debiti sul mercato dei capitali. Gli interessi si riducono e i crediti sono ancora più convenienti. Così s’innesca la spirale.

Ministero delle finanze

Banca centrale

Imprese Importazioni

Mercato dei beni

«Torre dell’indeflazione»

Famiglie/Mercato del lavoro

Mercato dei cambi

Banche/Mercato dei capitali

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70 Economia  Strategie d’investimento

bulletin 4/10 Credit Suisse

20%

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40%

35%

Liquidità 5%Titoli obbligazionari 35%Azioni 40%

Investimenti alternativi 20%• Hedge fund 10%• Immobili 5%• Materie prime 2,5%• Oro 2,5%

La diversificazione del portafoglio clienti privati: 

 mito o realtà?Un portafoglio ben diversificato, e quindi con un rischio diluito, è generalmente alla base di un’efficace strategia d’investimento a lungo termine. Questo principio è valido anche  di fronte a situazioni particolari sui mercati finanziari? Con il passare del tempo sono even-tualmente cambiate anche le sinergie di diverse categorie d’investimento come azioni, titoli obbligazionari, materie prime e oro? In questa puntata della nostra serie «Strategie d’investimento» vi mostriamo come mettere in pratica la teoria del portafoglio.

Testo: Jörg Franzen, Anja Hochberg, Georg Stillhart, Asset Management, CIO Office

La premessa fondamentale della suddivisio­ne del patrimonio (asset allocation) illustrata nelle scorse edizioni del bulletin prevede che le varie categorie d’investimento mantenga­no le loro caratteristiche di diversificazione per un periodo prolungato. Le nostre analisi mostrano che in genere questa premessa viene soddisfatta. Per chiarire il concetto bi­sogna ora considerare le correlazioni. Se il loro valore è alto (tendente a uno), allora si parla di correlazione positiva e le variabili si muovono nella stessa direzione. In chiave di gestione tecnica del portafoglio due investi­menti caratterizzati dallo stesso andamento non sono adatti alla diversificazione. Gli in­vestimenti con una correlazione molto nega­tiva (tendenti a meno uno) si presterebbero ottimamente a una diversificazione perché, combinandoli, il rendimento rimarrebbe uguale ma il rischio tenderebbe a zero. Pur­troppo, nella prassi quotidiana questi tipi d’investimento sono molto rari.

Di conseguenza, per comporre un por­tafoglio ottimale la correlazione degli inve­stimenti dovrebbe essere debole o bassa. Il grafico 2 indica l’andamento delle correlazioni tra azioni, titoli di Stato e obbligazioni socie­tarie. Ne desumiamo quanto segue. 1. Contrariamente a un’opinione diffusa,

la correlazione tra azioni e titoli di Stato è rimasta bassa, ovvero negativa, anche du­rante la crisi.

2. Negli ultimi anni la correlazione tra ti­toli di Stato e obbligazioni societarie si è persino indebolita.

È pertanto evidente che nella crisi finan­ziaria la diversificazione si è dimostrata un

valido strumento. In questo ambito, azioni e titoli obbligazionari continuano a offrire un notevole potenziale. Le obbligazioni societa­rie hanno inoltre visto aumentare notevol­mente questo potenziale e consentono quin­di di diversificare ancora di più un portafoglio basato su azioni e titoli di Stato.

Ma si possono ricavare nuovi riscontri anche dalle cosiddette categorie d’investi­mento alternative: hedge fund, materie prime o immobili vengono aggiunti al portafoglio per consentirne un’ottimizzazione che superi la diversificazione tradizionale ottenuta con azioni e obbligazioni. Il grafico 3 mostra le

correlazioni tra azioni e investimenti alterna­tivi rilevanti, da cui si deduce quanto segue.1. Le sottoclassi di investimenti alternati­

vi evidenziano una correlazione molto diversa con le azioni, per quanto concerne sia il livel­lo sia l’orizzonte temporale.2. La correlazione tra hedge fund e azioni

non è aumentata solo con la crisi finanziaria, bensì già dal 2003.3. Storicamente le materie prime sono

poco correlate alle azioni, anche se si è re­gistrata una lieve inversione di tendenza du­rante la crisi. Tuttavia, con una correlazione pari a 0,5 si può ancora parlare di diversifi­cazione molto marcata.4. Dal 1999 in poi la correlazione tra azio­

ni e immobili è in costante calo; durante la crisi finanziaria ha tuttavia raggiunto un livel­lo analogo a quella con le materie prime.

5. Azioni e oro presentano una scarsa correlazione, anche se è nettamente più vo­latile.

Per una strategia d’investimento a lungo termine ne consegue che nell’allocazione patrimoniale resta tuttora utile diversificare ricorrendo a investimenti alternativi. Nel­l’ambito degli hedge fund la scelta dello stile d’investimento dovrebbe diventare più rile­vante poiché la loro correlazione può variare molto, ad esempio con le azioni.

Come utilizzare queste indicazioni nel­l’impostare il portafoglio? L’allestimento di un portafoglio orientato al cliente comincia con la definizione della strategia d’investi­mento a lungo termine in cui, oltre ai mag­giori trend economici, confluiscono anche questi riscontri. Il grafico 1 mostra un porta­

1  Questione di equilibrioUna strategia d’investimento a lungo termine* punta su un profilo bilanciato.  Fonte: Credit Suisse AG

* Con varianze nel quadro dell’asset allocation tattica.

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Credit Suisse bulletin 4/10

Strategie d’investimento Economia 71

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Azioni internazionali vs. titoli di Stato (globali)Titoli di Stato (globali) vs. obbligazioni societarie (USA)Azioni internazionali vs. obbligazioni societarie (USA)

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Azioni internazionali vs. hedge fundAzioni internazionali vs. fondi immobiliari CHAzioni internazionali vs. oroAzioni internazionali vs. materie prime

foglio improntato sul lungo periodo per un investitore con una propensione al rischio media, nella sua valuta nazionale, vale a dire in franchi svizzeri (profilo: bilanciato in CHF).

Questa strategia d’investimento a lungo termine è il perno dell’impostazione del pa­trimonio e consente al cliente di beneficia­re dei principali trend. Tale impostazione è possibile grazie alla diversificazione del portafoglio. Per realizzare un rendimento supplementare, nella gestione patrimoniale utilizziamo anche opportunità d’investimento prevalentemente a breve termine. Nel quadro di questa asset allocation tattica definiamo le varianze a breve termine rispetto alla stra­tegia d’investimento di lungo periodo e applichiamo anche le conoscenze acquisite in tema di diversificazione. <

2  Potenziale di diversifi cazione Azioni e titoli obbligazionari hanno un elevato potenziale di diversificazione. In aumento  anche le obbligazioni societarie. Fonte: Bloomberg, Ibbotson, Credit Suisse AG

3  Materie prime e azioni Storicamente le materie prime sono poco  correlate alle azioni e pertanto continuano ad avere un forte effetto diversificante. Fonte: Bloomberg, Ibbotson, Credit Suisse AG

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bulletin 4 /10  Credit Suisse

72 Economia  Strategie d’investimento

Foto: Rainer Wolfsberger | S

ven Hoffmann, Keystone, Caro

 Compromesso tra  consumo e risparmioAndreas Russenberger, responsabile Multi Asset Class Solutions (MACS) Mandates and Funds del Credit Suisse, spiega come il «consumo» possa essere interpretato in relazione allo sviluppo di strategie d’investimento.

Intervista: Daniel Huber

bulletin: Cosa le viene in mente quando si 

parla di consumo?

Andreas Russenberger: Consumo deriva dal latino consumere, che significa da una parte adoperare, ma dall’altra anche logorare.  In­teressante è in questo contesto il contrario di consumare, ovvero risparmiare. In ultima analisi risparmiare non è altro che rimandare al futuro un possibile consumo presente.

Cosa preferisce, dall’ottica attuale?

Nella loro forma estrema, sia consumare che risparmiare possono avere conseguenze ne­gative. Non da ultimo, ad esempio, l’eccessi­vo consumo è stato una delle cause principa­li della crisi economica del 2008. Prima della crisi  negli  Sati Uniti  si  consumava  chiara­mente troppo, solitamente a credito e in par­te anche con l’aiuto dello Stato. Si riteneva che ogni americano dovesse possedere una  casa di proprietà e una carta di credito. Per questo c’era il denaro a buon mercato, con cui si doveva consumare possibilmente mol­to. Molti americani vivevano così al di sopra delle  loro  possibilità. Allo  stesso  tempo è venuta a crearsi una bolla  immobiliare, che poi com’è noto è scoppiata. Dall’altra parte, però, anche un risparmio sistematico senza alcun consumo può avere conseguenze de­vastanti, perché strangola l’economia. I prez­zi crollano, e si arriva alla deflazione.

Quali insegnamenti se ne traggono?

Ci sono voci critiche che bollano come asso­lutamente  inutile e persino dannoso  l’inter­vento dello Stato nella crisi. In questo modo, sostengono,  si  è  inutilmente accresciuto  il debito  pubblico.  Sarebbe  inoltre  stato  un  errore aiutare coloro che non si erano com­portati correttamente e avevano vissuto al di sopra delle  loro possibilità, sostenendo per così dire con denaro buono una cattiva ma­niera di gestirlo. Oggi non sono  in pochi a 

promuovere un approccio economico al de­naro, da parte degli Stati e dei consumatori. È  imperativo minimizzare  i debiti. Ma se al­l’improvviso  tutti  cominciano a  risparmiare sistematicamente, a un certo punto l’intera economia non può che arrestarsi. Penso che gli interventi anche e soprattutto della Banca nazionale svizzera abbiano avuto un senso.

Ma nemmeno continuare a consumare 

come è avvenuto finora ha un senso.

Naturalmente, continuare a consumare al di sopra delle proprie possibilità porta a lungo andare a un eccessivo  indebitamento,  che ha come conseguenza un rigoroso program­ma  di  risparmio.  Sarebbe  ideale mirare  a  un compromesso tra le due soluzioni senza andare oltre. Consumando sì, ma non conti­nuamente a credito.

Cosa significa questo per gli investitori?

In  un contesto di  deflazione,  in  cui  i  tassi sono bassi e i prezzi tendono a scendere, è sensato detenere liquidità. Anche se i tassi sono bassi, in questo contesto il denaro ac­quista valore. Prendiamo l’esempio di Spagna e Stati Uniti: coloro che negli ultimi due anni hanno detenuto denaro  contante possono 

oggi acquistare case a Marbella, Maiorca o in Florida a metà prezzo, e in cambio del pro­prio denaro ricevono dunque molto di più di quanto avrebbero ottenuto due anni fa.

Ma questa situazione non resterà così 

per sempre.

No, non lo credo nemmeno io. Gli Stati han­no pompato così tanto denaro nei mercati e i  tassi  sono  così  bassi  al momento  che è  impossibile che la situazione rimanga tale per sempre. Presumo che nel 2011 potremmo avere i primi segnali di un’inversione di ten­denza, con un ritorno a un contesto maggior­mente inflazionistico e a tassi più elevati. A quel punto detenere liquidità cesserà di es­sere  interessante.  Ipotizzando un’inflazione ad esempio del  4 per  cento,  alla  fine del­l’anno il denaro perderà esattamente questo 4 per cento del suo valore.

In che modo ci si può difendere dal- 

l’inflazione che va delineandosi?

Sicuramente bisogna mantenere una picco­la posizione  in  liquidità.  Inoltre si dovrebbe investire in obbligazioni a breve termine e in parte indicizzate all’inflazione, nonché in va­lori reali, quali ad esempio immobili, materie prime, azioni o anche oro. Questi valori offro­no infatti una protezione migliore in caso di aumento dell’inflazione. L’importante è non perdere l’attimo giusto per entrare.

Il mondo occidentale ha esaurito  lenta- 

mente il proprio ruolo di volano dei consumi?

Europa e USA restano indi spensabili. Ma se si  guarda a Cina e Brasile,  il  potenziale è enorme. Tanto più che in questi paesi sono in  atto  poderosi  sforzi  per  incrementare  il reddito generale e  rendere così  il mercato maggiormente  autosufficiente. Ma per  far questo ci vorrà ancora tempo. Ciononostante già in queste condizioni molti mercati emer­genti hanno sorpassato vari Stati europei.  <

«L’eccessivo consumo è una delle cause principali della crisi economica del 2008», afferma Andreas Russenberger. 

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Credit Suisse bulletin 4/10

Credit Suisse 73

InvestAnalisi e prognosi

Ulteriore indebolimento dell’USD

I dati tecnici e fonda­mentali indicano un’ulte­riore debolezza del cambio USD/CHF. Sul fronte fondamentale la rinnovata debolezza del cambio USD/CHF si evince in particolare dallo scarso differen­ziale tra i tassi e dallo squilibrio delle partite correnti.

L’economia globale s’indebolisce, pur non scivolando nuovamente nella recessione. I ME crescono costantemente più dei paesi industria­lizzati.

Visti i bassi rischi d’inflazione, se non addirittura dei rischi di deflazione nei paesi industrializzati, la politica monetaria in queste nazioni resta molto espansiva.

I mercati azionari globali dovrebbero continuare a trarre vantaggio dalla ripresa economica, mentre si ridimensionano le preoccupazioni relative all’indebitamento statale in Europa e a un ritorno alla recessione. Le valutazioni appaiono attraenti.

Ad agosto le materie prime sono tornate a crescere e ci aspettiamo un ulteriore potenziale al rialzo. I metalli industriali presentano i migliori dati fondamentali. L’oro dovrebbe attestarsi oltre quota USD 1300 per gran parte del prossimo anno.

Manteniamo un atteggiamento neutrale nei confronti del cambio EUR/CHF per via della sopravvalutazione del CHF e dell’atteggiamento prudente della BNS su 12 mesi. La debolezza dell’USD dovrebbe permanere in virtù dei tassi bassi e del deficit della bilancia delle partite correnti negli USA.

Congiuntura globale

Indebolimento dopo l’accelerazione

Congiuntura Svizzera

PMI: fine dei rialziAd agosto l’indice PMI ha chiuso netta­mente al di sotto del massimo storico registrato a luglio. La flessione dell’indice è pertanto un precursore significativo del rallentamento della crescita da noi previsto. cm

Dopo la crescita, la congiuntura ha ral­lentato, il che era prevedibile. Siamo dell’idea che le economie con sfide strut­turali (ad. es. bolla immobiliare, debiti) cresceranno più lentamente dei ME. th

Peggioramento del mercato del lavoro USA più drastico che altroveFonte: Bloomberg, Credit Suisse

IndiceIndice (destagionalizzato)

50

40

30

60

70

95 98 01 04 07 10

Il PMI ha perso 5,5 punti dal suo massimoFonte: Credit Suisse

Stati UnitiGiapponeZona euroGran Bretagna

Indice, 12.2007 = 100

95

94

93

96

97

98

99

100

12.07 06.08 12.08 06.09 12.09 06.10

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bulletin 4/10 Credit Suisse

74 Credit Suisse

Sintesi

Prospettive globaliapprezzamento delle valute dei ME rispetto all’USD. mh

Negli ultimi mesi la ripresa economica globale si è notevolmente ridimen sio-nata dopo una crescita molto signifi ca-tiva, ma dovrebbe proseguire. In un quadro caratterizzato da preoccupa-zioni sul piano congiunturale e da una politica delle banche centrali molto espansiva nel prossimo futuro, in parti-colare sono decisamente calati i ren-dimenti delle obbligazioni. Pertanto le azioni presentano una valutazione relativamente favorevole e raccoman-diamo di sovrappesarle. Sui mercati delle materie prime intravediamo l’av-vio di un nuovo trend al rialzo.

Tassi e obbligazioni

Il quadro di bassi tassi con-tinua nel prossimo futuroAlcune banche centrali hanno cominciato ad effettuare i primi rialzi dei tassi (ad es. Australia, Norvegia). In particolare la Fed, ma anche le principali banche centrali euro-pee mantengono una politica molto espansi-va per via della bassa inflazione o addirittura dei rischi di deflazione. La politica dei tassi bassi delle grandi banche centrali ha con-tribuito a far scendere a livelli molto ridotti i rendimenti dei titoli di stato. Gli investitori ricercano i rendimenti altrove. La conseguen-za è che molto denaro confluisce nei merca-ti emergenti. Nonostante un miglioramento dell’andamento economico e dei maggiori rischi inflazionistici, esse esi tano a rialzare i tassi per non rischiare dei consistenti ap-prezzamenti valutari. th

Mercato azionario

Costituire posizioni strategiche in azioni Prevediamo che la ripresa globale continue-rà e che i timori di un ritorno alla recessione potrebbero ridimensionarsi. Gli elevati livelli di liquidità delle imprese potrebbero deter-minare attività di acquisizione e distribuzioni dei dividendi più consistenti. A nostro parere questi fattori dovrebbero sostenere i merca-ti azionari in un quadro di 6–12 mesi, sebbe-ne non siano da escludere ribassi nel breve. Inoltre le valutazioni delle azioni sembrano vantaggiose rispetto ai titoli di stato sia in termini assoluti che relativi. Raccomandiamo pertanto di costituire delle posizioni azionarie strategiche. Favoriamo le azioni che potreb-bero avvantaggiarsi di un’ulteriore ripresa, in particolare sui ME. rs

Valute

Nessun sostegno dai tassi per l’USDNegli ultimi mesi la crisi europea del debito è finita in secondo piano. I mercati delle di-vise, in virtù dei bassi tassi negli USA, hanno spostato la propria attenzione sui fattori negativi per l’USD nel lungo termine: deficit fiscale e del commercio estero, oltre che tassi bassi. Siamo dell’opinione che l’USD continuerà a indebolirsi nei confronti della gran parte delle valute fintantoché la politica monetaria USA resterà espansiva. Giocano a favore del CHF non solo il ristretto diffe-renziale tra i tassi, ma anche l’elevato sur-plus delle partite correnti della Svizzera. Dovrebbe permanere il trend strutturale di

Netta crescita di metalli e materie prime agricole. Fonte: Bloomberg, Credit Suisse/IDC

CSCB Energy Index CSCB Agriculture IndexCSCB Precious Metals IndexCSCB Industrial Metals Index

01.08 05.08 09.08 01.09 05.09 09.09 09.1001.10 05.10

Indice, gennaio 2008 = 100

20

40

60

80

100

120

140

Premio al rischio azionario (globale)+/–1 deviazione standard+/–2 deviazione standardMedia

%

8

06.91 06.97 06.03 06.09

–2

6

4

2

0

10

Le prospettive di tassi bassi negli USA sono negative per il cambio USD/CHF Fonte: Bloomberg, Credit Suisse

USD/CHFSwap differenziale dei tassi a 2 anni USD meno CHF(sc. d. dx.)

0.90

1.10

1.20

1.00

1.30

1.40

USD/CHF

01.04 01.05 01.06 01.07 01.08 01.09 01.10

in %

–0,5

3,5

2,5

1,5

0,5

USA Zona euro Giappone Gran Bretagna Svizzera

%

5

6

01.99 01.01 01.03 01.05 01.07 01.09

0

4

3

2

1

Premio al rischio azionario (rendimento utili meno rendimento titoli di stato) prossimo a un massimo storico Fonte: Datastream, Credit Suisse/IDC

Trend dei tassi di importanti banche centrali Fonte: Bloomberg, Credit Suisse/IDC

Materie prime

Materie prime: inizio di un trend al rialzo Da agosto i prezzi delle materie prime sono saliti molto, e intravediamo un ulteriore po-tenziale al rialzo per via delle condizioni sui mercati finanziari e degli andamenti sul mer-cato fisico. Sui mercati finanziari si osserva la crescita della liquidità sulle borse delle materie prime. Sul mercato fisico si rileva un incremento degli acquisti. Molti consu-matori hanno rinviato i propri acquisti per paura di una nuova recessione – poiché le scorte sono esaurite, si ritorna sul mercato. Ciò riguarda soprattutto i metalli, ma anche le materie prime agricole. L’oro dovrebbe godere del sostegno dei tassi bassi. Il pe-trolio presenta solo un moderato potenziale al rialzo per via delle scorte elevate. tm

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Credit Suisse bulletin 4/10

Credit Suisse 75

Dopo che, nel primo semestre, l’economia svizzera ha registrato una solida crescita, ci attendiamo un raffreddamento nel secondo seme­stre. Da ultimo l’inflazione è scesa a livelli molto bassi e prevediamo anche nel prossimo anno una bassa pres­sione sui prezzi. In virtù dell’indeboli­mento della crescita e della solidità del CHF, la BNS ha rivisto nettamente al ribasso la sua previsione sull’infla­zione nel medio termine. Ora ci aspettiamo il primo rialzo dei tassi solo nel giugno 2011.

Sintesi

Prospettive Svizzera

Tema principale

La recessione ha limitato gli utili

Mercato azionaria

Vantaggiosa valutazione delle azioni svizzereDurante la ripresa globale favorevole ai mercati azionari, la solidità del CHF dovreb­be determinare delle difficoltà sul mercato elvetico nel breve. Presentiamo quindi una stima neutrale per l’SMI. In virtù dei tassi bassi, i titoli che distribuiscono dividendi sono una soluzione attraente per un’espo­sizione azionaria difensiva. Raccomandiamo anche le società con un’esposizione verso i ME e un solido portafoglio di prodotti. rs

Valute

Sopravvalutazione del CHF risp. all’EURL’apprezzamento del CHF risp. all’EUR, ini­ziata nel 2007 con l’EUR/CHF a quota 1.60, difficilmente dovrebbe proseguire in questi termini. Dopo essere stati a lungo positivi nei confronti del CHF, assumiamo su 12M una posizione neutrale per il cambio EUR/CHF poiché il CHF è sopravvalutato secon­do il fair value del CS e i rialzi dei tassi della Banca nazionale svizzera (BNS) non costi­tuiscono un tema di rilievo. mh

Nel 2009 la quota dei salari ha raggiunto un nuovo massimo. Fonte: Ufficio federale di statistica

+1 deviazione standardFair value EUR/CHF–1 deviazione standard 17.09.2010

1.20

1.40

1.60

1.80

2.00

2.20

2.40

EUR/CHF

82 86 90 94 98 02 06 10

Siamo strategicamente neutrali per il cambio EUR/CHF per via della sopravvalutazione del CHF risp. all’EUR e della BNS prudente Fonte: Bloomberg, Credit Suisse

Rendimento da dividendi SMI ben al di sopra della media storica Fonte: Datastream, Credit Suisse/IDC

1,0

3,5

3,0

2,5

2,0

1,5

4,0

Rendimento da dividendi in %

09.00 09.02 09.04 09.06 09.08 09.10

SMI

Quota dei salari rispetto al PIL

59

61

60

62

63

64

65

91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09

%

Lo scorso anno i costi della recessione sono andati più a carico delle imprese che non dei dipendenti. La quota dei salari, ossia la percentuale dei pagamenti salariali in rapporto al PIL complessivo, ha raggiunto un nuovo massimo sopra il 64%. Al contrario, è calata la quota degli utili aziendali a un misero 36%. In media, i salari nel 2009 sono addirittura saliti, essendo già stati determinati prima del sorprendente crollo dell’economia a fine autunno 2008. Dall’esperienza delle pre­cedenti riprese si evince che, in futuro, la quota dei salari tornerà a calare. cm

Tassi ancora bassi in Svizzera Fonte: Datastream, Credit Suisse/IDC

LIBOR a 3 mesiBanda target

01.00 01.02 01.04 01.06 01.08 01.10

2,0

1,0

0,0

3,0

4,0

%

Tassi e obbligazioni

Tassi: nessun rialzo prima di metà 2011 A settembre, come ci si attendeva, la BNS ha lasciato invariata la sua banda target per il LIBOR a 3 mesi tra lo 0% e lo 0,75%. In riferimento alla sua strategia di politica monetaria futura, la BNS ha lanciato un se­gnale chiaro: a fronte di una revisione al ribasso della sua previsione sull’inflazione nel medio termine e dell’aspettativa di un «netto indebolimento della crescita», è ca­lata parecchio la probabilità di un incremen­to dei tassi nel breve termine. In particolare la BNS ritiene un pericolo l’apprezzamento del CHF e il ridimensionamento della dina­mica della congiuntura. Rivediamo la nostra previsione di un primo rialzo dei tassi a di­cembre e ipotizziamo un intervento solo nel giugno 2011. fh

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bulletin 4/10 Credit Suisse

76 Credit Suisse

bulletin 4/10 Credit Suisse

76 Credit Suisse

22 settembre 2010

Sintesi previsioni

Impressum InvestEditore Credit Suisse AG, Global Research, Uetliberg-

strasse 231, casella postale 300, CH-8070 Zurigo

Redazione Marcus Hettinger (mh), Thomas Herrmann (th),

Fabian Heller (fh), Tobias Merath (tm), Marcel Thieliant (mt),

Claude Maurer (cm), Roger Signer (rs)

Ulteriori pubblicazioni del comparto Research disponibili

su Internet o su richiesta.

E-mail [email protected]

Internet www.credit-suisse.com/research

Riproduzione con l’indicazione «tratto dal bulletin del

Credit Suisse»

Informazioni importantiLe informazioni e le opinioni espresse in questa relazione

sono state prodotte dal Credit Suisse alla data riportata e

sono suscettibili di modifiche senza preavviso. Il documento

è stato redatto unicamente a scopo informativo e non

rappresenta pertanto né un’offerta né un invito, da parte o

per conto del Credit Suisse, ad acquistare o vendere titoli

o strumenti finanziari simili, o a partecipare a una particolare

strategia di trading in un determinato ordinamento giuridico.

La presente relazione è stata redatta senza prendere in

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o d’investimento. Inoltre, non costituisce in nessun modo

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co man dazione rivolta a determinati investitori. Qualsi voglia

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Tutti i diritti riservati.

Crescita reale del PIL in %Fonte: Bloomberg, Credit Suisse

2009 2010 2011

CH –1,9 2,4 1,2

UME –4 1,6 1,6

USA –2,4 2,7 2

GB –4,9 1,4 2,7

Giappone –5,2 3,3 1,8

Inflazione in %Fonte: Bloomberg, Credit Suisse

2009 2010 2011

CH –0,5 0,6 0,7

UME 0,4 1,4 1,4

USA –0,4 1,8 1,2

GB 2,2 3,1 2,1

Giappone –1,4 –1,2 –0,4

Tassi a breve LIBOR a 3MFonte: Bloomberg, Credit Suisse

22.09.2010 3M 12M

CHF 0.18 0.7 – 0.9

EUR 0.88 1.4 – 1.6

USD 0.29 0.3 – 0.5

GBP 0.73 1.2 – 1.4

JPY 0.22 0.2 – 0.4

Divise (cambi)Fonte: Bloomberg, Credit Suisse

22.09.2010 3M 12M

USD/CHF 0.99 0.93 – 0.97

EUR/CHF 1.32 1.31 – 1.35

JPY/CHF 1.17 1.12 – 1.16

EUR/USD 1.34 1.38 – 1.42

USD/JPY 84 81 – 85

EUR/JPY 113 114 – 118

EUR/GBP 0.85 0.83 – 0.87

GBP/USD 1.56 1.63 – 1.67

EUR/SEK 9.17 8.40 – 8.80

EUR/NOK 7.88 7.75 – 8.15

AUD/USD 0.95 0.92 – 0.96

NZD/USD 0.74 0.71 – 0.75

USD/CAD 1.03 0.98 – 1.02

Azioni e materie prime: selezione di indiciFonte: Bloomberg, Credit Suisse

Selezione 22.09.2010 YTDProspettive

a 3MObiettivi

a 12M S&P 500 1’134.28 1,9 % 1’217

SMI 6’344.88 –3,8 % 7’350

FTSE-100 5’551.91 2,1 % 5’827

DJ Euro Stoxx 50 2’752.77 –7,7 % 3’034

Nikkei 225 9’566.32 –9,3 % 11’000

Oro 1’291.35 18,1 % 1’300

Petrolio WTI 74.71 –5,8 % 82.5

Dow Jones UBS Commodity Index 277.2298 –0,1 % 295

Rendimento titoli di stato a 10 anniFonte: Bloomberg, Credit Suisse

22.09.2010 3M 12M

CHF 1.41 1.8 – 2.0

EUR 2.35 2.7 – 2.9

USD 2.56 3.0 – 3.2

GBP 2.97 3.6 – 3.8

JPY 1.03 1.1 – 1.3

Economia svizzera

(variazione % rispetto all’anno precedente)Fonte: Credit Suisse

2010 2011

Prodotto interno lordo reale 2,4 1,2

Consumi privati 1,5 1,2

Consumi pubblici 0,8 1,5

Investimenti edilizi 0,5 –2

Investimenti in attrezzature 1,5 2,5

Importazioni 6,5 3,5

Esportazioni 8 3,5

Occupazione (equivalenti a tempo pieno)

0 0,5

Tasso di disoccupazione 3,9 3,7

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Buono a sapersi  Economia 77

Credit Suisse bulletin 4/10

 Buono a sapersiDefinizioni e recensioni in ambito economico

Politica dei consumatori [misure per la tutela degli interessi dei con­sumatori]. Può accadere che lo stesso biglietto ferroviario sia più caro all’automatico che allo spor­tello, che il nuovo tostapane consu­mi più energia di quanto dichia­ rato sull’apposita etichetta, o che la confezione famiglia di detersivo all’improvviso non basti più per l’abituale numero di lavaggi. Sono tutti esempi di pratiche commerciali sleali da parte degli offerenti, di cui spesso i consumatori non sono consapevoli e che la politica deiconsumatori ha lo scopo di com­battere. Con iniziative mirate favo­risce i consumatori e i loro inte­ ressi in modo da impedire che questi, per carenza di conoscenze specifiche o di informazioni, sia­ no in una situazione di vulnerabilità e quindi soggetti a manipolazioni. I principali ambiti d’intervento sono tre: innanzi tutto i consumatori devono acqui sire consapevolezza sulle loro possibilità di consumo e sui prodotti disponibili mediante in formazioni oggettive. Inoltre, norme giuridiche ad hoc devono tutelarli dagli abusi degli offe­ renti. Infine, la politica dei consu­matori deve trasmettere ai con­sumatori conoscenze basilari sul loro ruolo e i loro diritti già a partire dalla scuola. fdlIndice nazionale dei prezzi al 

consumo [valore statistico della variazione media dei prezzi]. «La vita è sempre più cara». È una frase ricorrente, soprattutto dopo un acquisto costoso e un’occhiata al portafoglio vuoto. Eppure sca­turisce perlopiù da impressioni soggettive piuttosto che da dati di fatto. Chi vuole andare sul sicuro può consultare l’indice nazionaledei prezzi al consumo, che mostra se i prezzi di merci e servizi ac­quistati dalle famiglie per motivi di consumo sono aumentati. L’anda­mento medio dei prezzi di alimenti, abbigliamento, istruzione e servizi di altri settori rilevanti viene cal­colato su una base di diversi anni e rappresentato graficamente. Grazie al grafico basta un’occhiata per capire la situazione econo­ mica in cui si trova il paese e se, come menzionato all’inizio, la vita è davvero diventata più cara, o

se invece siamo stati semplicemen­te spendaccioni. stsEcologia aziendale [gestione

efficiente delle risorse nell’im­presa]. Come possiamo ridurre il consumo energetico dei nostri immobili? Come svolgere le nostre attività aziendali rispettando l’am­biente? Sono molte le imprese a porsi queste domande. Infatti, oltre alla comunità internazionale e ai singoli individui, anche le imprese si sforzano di contribuire diretta­mente ad arginare il cambiamento climatico, cercando di improntare la loro attività commerciale al rispetto dell’ambiente. L’obiettivo dell’ ecologia aziendale consiste nel ridurre il consumo di risorse e i costi mediante misure di rispar­mio adeguate. Nel far questo bisogna innanzi tutto individuare l’origine dell’impatto ambientale e quindi i punti in cui intervenire più tempestivamente. A questo scopo vengono calcolati il consumo di energia, carta e acqua, il chilo­metraggio dei viaggi di servizio e la quantità di rifiuti prodotta. In una fase successiva alcuni specia­listi lavorano a un miglioramento del bilancio climatico promuovendo, tra l’altro, l’impiego di tecniche di domotica a basso consumo e il passaggio dall’energia conven­zionale a quella rinnovabile, così come motivando i collaboratori a una riduzione attiva del consumo energetico. fdl

Un anno senza «Made in China». L’avventura di una famiglia nell’economia globale Sara Bongiorni, Baldini Castoldi Dalai, 2008308 pagine, ISBN­13: 978­8860734532

La Cina è il principale produttore mondiale di beni di consumo. La giornalista economica Sara Bongiorni scopre l’inquietante egemonia dei prodotti cinesi nella sua vita quotidiana e azzarda un esperimento gravido di conseguenze: insieme alla sua famiglia decide di sfidare il colosso economico asiatico boicottandone le merci per un anno intero. Nel suo libro descrive con acribia come questa decisione incida sulla sua vita e su quella della sua famiglia. E non si tratta solo di consumo ed economia, bensì anche di crisi matrimoniali, bambini in lacrime, una madre sarca­stica e vicini di casa saputelli. Il messaggio si afferra al volo: senza importazioni cinesi l’americano medio (e probabilmente anche l’europeo medio) non è più in grado di placare la sua fame di consumo. I reiterati tentativi e gli aneddoti di Bongiorni sono davvero indispensabili per capirlo? Secondo getAbstract talvolta la sua esposizione risulta davvero un po’ faticosa. Eppure questo tentativo in prima persona è più illuminante di quanto potrebbe essere anche la ricerca scientifica più seria. Una lettura consigliata a chiunque s’interessi di economia. © getAbstract

Neuromarketing.  Attività cerebrale e comportamenti d’acquistoMartin Lindstrom, Apogeo, 2009, 256 pagine, ISBN­13: 978­8850327348

Cosa rivela lo sguardo nel cervello del consumatore? I molti insuccessi nello sviluppo di nuovi prodotti testimoniano i limiti della ricerca di mercato classica. Secondo il guru del marketing Martin Lindstrom, le scansioni cerebrali forniscono informazioni molto più utili. Lindstrom è stato iniziatore di un vasto studio internazionale sul neuromarketing e ne espone i risultati in que­ sto libro, spiegando in modo comprensibile come funzionano le scansioni cerebrali e come analizzarle e tradurle in marketing intelligente. Inoltre offre tanti consigli pratici da poter utilizzare anche senza le costose apparecchiature descritte. Meno male, perché quale direttore marketing può vantare un ufficio con tanto di scanner per la risonanza magnetica? Gli attestati di auto­ stima tutt’altro che scarsi di Lindstrom possono infastidire un po’, però bisogna concederglielo: le sue scoperte aprono una nuova frontiera al marketing e allo sviluppo dei prodotti. getAbstract raccomanda questo libro a tutti i marketing e product manager, nonché ai manager pubblicitari che conoscono già a memoria le teorie classiche. © getAbstract

© getAbstract. Per altre recensioni: www.getabstract.com/bulletin.

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78 Leader  Shirin Ebadi

bulletin 4/10  Credit Suisse

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Credit Suisse  bulletin 4/10 

Shirin Ebadi  Leader 79Foto: Elisabetta Villa

Al servizio della giustiziaIl timore dei conflitti non è di certo uno dei suoi tratti caratteriali. Altrimenti non si spiegherebbe la sua impavida lotta per la democrazia e il rispetto dei diritti umani. Shirin Ebadi, avvocatessa iraniana e premio Nobel per la pace, non esita a dire la sua ai grandi e potenti della terra.

bulletin: Lei è stata la prima donna giudice nella storia dell’Iran.

Che cosa l’ha indotta a optare per una professione tradizional-

mente maschile?

Shirin Ebadi: Sin da bambina ho nutrito interesse per la questione della giustizia e mi sono sempre schierata dalla parte dei più  deboli, anche a costo di buscarle di santa ragione. A differenza della maggior parte delle persone, non ho però mai avuto paura  di dire la mia. Al contrario: l’idea di cambiare il corso degli eventi  attraverso dibattiti o perfino atti di protesta mi ha sempre af­fascinata. La decisione di intraprendere gli studi di giurisprudenza è stata dunque dettata dalla mia indole naturale. All’inizio avevo tuttavia il fermo proposito di diventare giudice e votare la mia vita al servizio della giustizia, un traguardo che ho raggiunto all’età  di 23 anni.

Com’è diventata avvocatessa dei diritti umani?

Ai tempi della rivoluzione sono stata destituita dal ruolo di magi­strato e retrocessa a quello di assistente giudiziaria. Testimone forzata di innumerevoli discriminazioni e violazioni dei diritti umani, ho deciso di oppormi attivamente. Nel 1992, dopo aver ottenuto dall’ordine degli avvocati iraniano l’abilitazione all’avvocatura,  ho aperto uno studio legale in proprio. Da allora mi impegno per  il rispetto dei diritti dell’uomo nel mio paese.

La sua attività è rivolta in primo luogo alla tutela dei diritti

di donne e bambini, tanto che ha fondato un’associazione per la

difesa dei diritti dei minori.

I miei genitori hanno cresciuto mio fratello, mia sorella e me come individui indipendenti, sicuri di sé e soprattutto di ampie vedute, 

senza mai fare alcuna distinzione tra maschi e femmine. Ecco perché mi ci sono voluti anni per comprendere che, al di fuori del mio nucleo familiare, in Iran la parità dei sessi non è affatto  data per scontata. Durante gli studi mi sono pertanto concentrata sugli ambiti giuridici attinenti alle donne e ai bambini, che in  molti paesi rientrano purtroppo ancora tra i membri della società maggiormente vulnerabili. Nella ferma convinzione che sia nostro dovere proteggere i più deboli, da oltre 20 anni difendo dunque prevalentemente i loro diritti in veste di avvocato. Quando in Iran è aumentato il numero dei perseguitati politici o religiosi, mi sono inoltre presa a cuore la causa dei prigionieri politici.

Com’è la situazione giuridica in Iran su questo fronte?

Purtroppo, ci attende ancora un lungo cammino. Ai sensi delle leggi varate all’indomani della rivoluzione iraniana, l’età della  punibilità dei minori è stata per esempio abbassata a 9 anni per le femmine e a 15 anni per i maschi. Concretamente ciò significa che, in caso di reato, a una ragazza di dieci anni può essere  inflitta una pena altrettanto grave di quella imposta a un adulto quarantenne. Non a caso si assiste di continuo a condanne a morte di giovani: nel 2009 l’Iran ha registrato il record di esecu­zioni capitali minorili.

Cosa ci può dire a proposito dei diritti delle donne?

Dopo la rivoluzione iraniana del 1979 sono state varate molte  leggi che, pur pregiudicando gravemente le donne, sono tuttora  in vigore: in un processo, la deposizione di una donna conta  per esempio la metà di quella di un uomo. In caso di violenza  carnale, una donna deve pertanto essere in grado di convocare 

Intervista: Sarah Winter

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80 Leader  Shirin Ebadi

bulletin 4/10  Credit Suisse

Foto: Kaveh Kazem

i, Corbis Spector | France Keyser, Corbis Spector | H

asan Sarbakhshian | Jean Guichard, Sygma, Corbis

due testimoni a suo favore. Siamo onesti: quando mai vi sono  testimoni che assistono ad atti di violenza sessuale o domestica?

Come conduce la sua lotta contro queste ingiustizie?

Battendomi giorno dopo giorno, ormai da anni, per opportune  riforme del sistema giuridico, soprattutto con riferimento alle  donne e ai bambini. Inoltre, ho fondato in Iran due organizzazioni non governative: nel 1995 l’Association for Support of Children’s Rights, una piattaforma di divulgazione dei principi della Con­venzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia nel paese, e  nel 2001, con la collaborazione di altri giuristi iraniani, lo Human Rights Defence Centre, tramite cui ci impegniamo a favore dei  diritti delle minoranze e offriamo gratuitamente assistenza legale agli individui perseguitati per motivi politici o ideologici. Infine, svolgiamo attività di sensibilizzazione sui diritti dell’uomo.

Islam, democrazia e diritti umani sono tre tematiche che il

mondo politico e i media considerano inconciliabili.

Si tratta di affermazioni formulate dal politologo statunitense  Samuel Huntington nel suo libro «Lo scontro delle civiltà», di cui tanto si parla. Ancora oggi le sue tesi sono spesso una freccia all’arco di quanti vogliono giustificare le tensioni e i conflitti in atto in Medio Oriente, poiché sottintendono l’inevitabilità di un dissidio tra civiltà occidentali e orientali. È però importante interpretare tali asserzioni senza estrapolarle dal rispettivo contesto, in quanto risalgono all’epoca del crollo dell’Unione Sovietica e dei paesi  socialisti. In seguito alla guerra fredda, l’occidente si mise alla  ricerca di un nemico immaginario. Eppure, la storia ci insegna  che i musulmani e gli ebrei hanno convissuto pacificamente in Medio Oriente per secoli. Anche gli attuali conflitti sono di  matrice non già religiosa bensì palesemente politica e, in quanto tali, presumibilmente appianabili.

Dunque l’islamismo non esclude il rispetto dei diritti dell’uomo

o un governo democratico?

Diversi studi dimostrano che non si tratta di un’ipotesi utopica, benché molti paesi islamici siano innegabilmente ancora in  alto mare in quanto a rispetto dei diritti umani. I musulmani di  oggi sono tuttavia fermamente convinti che tutto ciò non abbia nulla a che vedere con l’islam in quanto religione, bensì con  il modo in cui viene interpretato. Ritengo che una chiave di let­ tura della realtà islamica che si concilia con i principi di ugua­glianza e democrazia sia addirittura un’autentica espressione di pura fede.

La guerra al terrorismo in atto nel mondo intero è un metodo

efficace per instillare i concetti di democrazia e diritti umani?

È fuori dubbio che il terrorismo vada combattuto a spada tratta. Ma per eliminarlo di fatto è necessario affrontare il problema  alla radice. Il terrorismo è figlio del fanatismo, a sua volta frutto dell’ignoranza umana, e dell’ingiustizia. Limitarsi a combattere il terrorismo è dunque una lotta contro i mulini a vento: bisogna estirparne le radici. In quest’ottica, un passo fondamentale sareb­be l’incentivazione dell’educazione, antidoto per antonomasia contro l’ignoranza. D’altronde, sono naturalmente dell’avviso che la guerra non porti al trionfo dei diritti umani. La democratizza­zione è un processo di sviluppo che non si può imporre a paesi e popolazioni a suon di bombe.

Attualmente, tutto il mondo sembra intimorito dall’islam.

Perfino in Svizzera è stata vietata la costruzione di minareti e

sono in corso dibattiti per mettere al bando il burqa. Quali

ritiene siano le cause?

Shirin Ebadi è nata nel 1947 a Hamadan, in Iran. Nel 1971 ha conseguito il master in giurisprudenza presso l’Università di Teheran. A soli 28 anni è stata la prima donna giudice del paese a essere eletta preside del tribunale di Teheran, carica da cui è stata destituita dopo la rivoluzione del 1979 per essere retrocessa alla funzione di assistente giudiziaria pres- so lo stesso tribunale. Nel 1992 ha ottenuto l’abili-tazione all’avvocatura e ha aperto uno studio legale. Oggi, Ebadi è docente di giurisprudenza presso l’Università di Teheran e s’impegna per il rispetto dei diritti umani e il rafforzamento dello status giuridico delle donne e dei bambini in Iran. Ebadi ha inoltre fondato due organizzazioni non governative: l’Asso-ciation for Support of Children’s Rights e lo Human Rights Defence Centre.

Nonostante un arresto e ripetute minacce di violenza, Shirin Ebadi esercita tuttora la professione foren-se. Per il suo coraggioso impegno a favore della demo- crazia e del rispetto dei diritti umani è stata insignita di numerosi riconoscimenti, quali il Nobel per la pace nel 2003 e il premio internazionale di Bonn per la democrazia nel 2010.

Shirin Ebadi è autrice di svariati articoli e libri sui diritti umani e di un’autobiografia intitolata «Il mio Iran. Una vita di rivoluzione e speranza».

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Credit Suisse  bulletin 4/10 

Shirin Ebadi  Leader 81

1 Shirin Ebadi durante una conferenza stampa presso l’FIDH (International Federation for Human Rights) nel dicembre 2003 a Parigi: due mesi prima le era stato assegnato il premio Nobel per la pace, che rendeva omaggio al suo impegno per la democrazia e i diritti umani. 2 Gli studenti iraniani esortano regolarmente la popolazione a scendere in piazza per protestare contro il regime. Immagine di una dimo-strazione del 7 dicembre 2002: il governo ha cercato di impedire altre proteste attraverso lo schieramento di milizie, attacchi mirati alle dimo- strazioni nonché l’arresto e la tortura di studenti. 3 Molte giovani iraniane s’impegnano per migliorare i diritti delle donne nel loro paese.

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82 Leader  Shirin Ebadi

bulletin 4/10  Credit Suisse

Forum internazionale sui diritti umani di Lucerna Il Forum internazionale sui diritti umani di Lucerna (IHRF) si ripropone di sostenere e sviluppare in modo duraturo il dibattito sui diritti dell’uomo e di incentivare con un approccio mirato la sen-sibilizzazione dell’opinione pubblica mettendo a disposizione di numerose personalità del mon- do politico, scientifico ed economico, stakeholder e rappresentanti dei media, della cultura e del vasto pubblico una piattaforma per collaborare a una tematica attuale attinente ai diritti del- l’uomo. Allo scopo di promuovere il dibattito anche al di là dell’attività operativa in senso stretto, nel 2009 il Credit Suisse ha avviato una partner-ship con l’IHRF.

La 7ª edizione del Forum internazionale sui diritti umani, tenutasi a Lucerna il 18 e il 19 maggio 2010, è stata dedicata al tema «Diritti umani e digita-lizzazione della vita quotidiana». La dott.ssa Ebadi è intervenuta in qualità di relatrice esterna assie- me a numerosi altri esperti svizzeri e internazionali.

Per ulteriori informazioni sul Forum internazionale sui diritti umani di Lucerna rimandiamo al sito http://www.ihrf.phz.ch.

L’islamofobia dilagante sulla scena mondiale reca in larga misura la firma di alcuni mezzi di comunicazione. Viene letteralmente  alimentata e diffusa attivamente dalla stampa internazionale. Per­sonalmente, anche in questo caso ritengo opportuno esprimere un giudizio differenziato. È necessario operare una distinzione tra gli atroci delitti commessi da alcuni gruppi islamici e la religione  in sé, che vanta milioni di fedeli onesti e retti che la praticano  pacificamente. Il fatto che un attentato perpetrato da estremisti musulmani venga sempre bollato dall’opinione pubblica come  «atto terroristico islamico» è un palese torto nei confronti della  comunità mondiale dei credenti islamici. In fondo, nessuno  attribuisce all’ebraismo la responsabilità della mancata attuazione delle risoluzioni finora varate dall’ONU da parte del governo  israeliano o sostiene che i crimini in Bosnia siano stati commessi in nome del cristianesimo.

Nonostante la sua dura battaglia per i diritti umani nei

paesi islamici e la critica mondiale all’islamismo, è tuttora una

musulmana credente.

Senza dubbio. Non la considero affatto una contraddizione.  Anzi: la fede mi dà forza sul lavoro. Sono una musulmana profon­damente convinta. E amo il mio paese. Per quanto controver­ so, è splendido. Gli iraniani sono un popolo caloroso, generoso  e straordinariamente ospitale.

La sua attività comporta anche grandi pericoli. È stata

arrestata e il suo nome è già apparso su un elenco di condannati

a morte. Non ha paura?

La paura è un semplice riflesso con cui bisogna imparare a con­vivere. Sono un’ottimista e credo ciecamente che il persegui­mento pacifico di obiettivi equi spianerà la strada alla democrazia, anche se il traguardo non è dietro l’angolo.

Che cosa significa per lei essere stata insignita quest’anno

del premio internazionale di Bonn per la democrazia e del Nobel

per la pace nel 2003?

Vado naturalmente fiera di questi riconoscimenti, che hanno  contribuito molto alla mia notorietà e, soprattutto, attirato  l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sul mio operato  e sulla questione dei diritti umani. Le mie richieste raggiungono ora una cerchia di persone ben più vasta, che posso sensibilizzare sulla tematica e coinvolgere nel nostro impegno. Confido in  una presa di coscienza globale dell’importanza del rispetto dei  diritti dell’uomo.  <

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