Buio a mezzogiorno di Arthur Koestler · librerie, Koestler venne bollato come traditore dai suoi...

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Buio a mezzogiorno di Arthur Koestler Questo romanzo è una delle più dure condanne del regime stalinista, e ha avuto un ruolo importante nel profondo ripensamento dell’idea stessa di comunismo, così come uscita dai tragici eventi del Novecento. La trama è lineare. Al commissario del popolo Rubasciov tocca la stessa sorte che egli stesso aveva riservato ad altri membri del “partito”: è arrestato, incarcerato, interrogato e infine condannato in nome di un superiore “interesse collettivo”, per fatti che non ha commesso ma che è indotto a confessare. Le vicende del romanzo fanno chiara allusione alla parabola di Nikolaj Bucharin, da ex “delfino” di Lenin a principale imputato nei “processi di Mosca”, fucilato nel 1938. Ma è nel confronto tra Rubasciov e il giudice Ivanov, suo ex compagno di lotta e amico e ora suo inquisitore, che troviamo le migliori pagine del libro, quelle in cui diventa esplicito il meccanismo della “fede” nel partito e nei suoi più alti scopi, del prevalere dei fini sui mezzi, dell’utilità sociale sull’etica, della collettività sull’individuo. L’accoglienza iniziale del romanzo fu deludente, la prima edizione del 1940 in inglese passò sotto silenzio (1.000 copie appena), ma l’edizione francese uscita nel dopoguerra con il titolo Le zéro et l’infini batté tutti i record, oltre 400.000 copie nel solo 1946, e il romanzo venne tradotto in almeno trenta lingue. Un tale successo fece scalpore tra i militanti comunisti, in Francia il Pcf tentò di acquistare tutte le copie disponibili nelle librerie, Koestler venne bollato come traditore dai suoi ex compagni (era uscito dal partito comunista nel ’39, di ritorno dalla Spagna) ed emarginato dall’ambiente intellettuale della rive gauche parigina, dove allora viveva. Finì col trasferirsi a Londra, prese la cittadinanza britannica, divenne un sostenitore acerrimo della posizione filo-americana nella Guerra Fredda, schierato a favore delle bombe atomiche “buone” americane contro quelle “cattive” sovietiche. Un così drastico voltafaccia si spiega con la sua stessa biografia. Nato da una famiglia ebrea ungherese nel 1905, studiò a Vienna, visse per pochi anni in un kibbutz sionista in Palestina, tornò in Europa nel ’29 lavorando come inviato per un gruppo editoriale tedesco, a Berlino, a Parigi, in Unione Sovietica. Si iscrisse nel ’31 al KPD, nel ’36 fu in Spagna dove venne arrestato dai franchisti. Si allontanò dal comunismo al suo rientro dalla Spagna, dopo l’internamento in un “campo” francese, e a Parigi – dopo il “patto Molotov-Ribbentrop” – scrisse la sua “trilogia” maggiore: I gladiatori (1939), Buio a mezzogiorno (1940), Arrivo e partenza (1943). Per sfuggire all’internamento e alle armate hitleriane, si arruolò nell’esercito inglese, lavorò per i servizi segreti anglo-americani e negli anni della Guerra Fredda aderì a numerose organizzazioni anticomuniste e antirusse. Se Koestler ha denunciato in anticipo (di una generazione) il sistema staliniano, rimane tuttavia figura esemplare del destino di chi – e sono stati molti nel Novecento – in un momento storico drammatico si è trovato a compiere una scelta senza alternative tra fascismo e comunismo, rimanendo su un terreno più ancora esistenziale (di “dignità”) che culturale (cioè politico). Arthur Koestler (a destra) con il poeta afroamericano Langston Hughes (a sin.) e un colcosiano uzbeko, in occasione del viaggio nell’ Asia centrale sovietica, 1932. Sopra: La prima edizione di Buio a mezzogiorno uscì a Londra nel 1940. Sotto: l’edizione francese del 1946.

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  • Buio a mezzogiorno di ArthurKoestler

    Questo romanzo è una delle più dure condanne del regimestalinista, e ha avuto un ruolo importante nel profondoripensamento dell’idea stessa di comunismo, così come uscitadai tragici eventi del Novecento.

    La trama è lineare. Al commissario del popolo Rubasciov toccala stessa sorte che egli stesso aveva riservato ad altri membridel “partito”: è arrestato, incarcerato, interrogato e infinecondannato in nome di un superiore “interesse collettivo”, perfatti che non ha commesso ma che è indotto a confessare. Levicende del romanzo fanno chiara allusione alla parabola diNikolaj Bucharin, da ex “delfino” di Lenin a principale imputatonei “processi di Mosca”, fucilato nel 1938. Ma è nel confrontotra Rubasciov e il giudice Ivanov, suo ex compagno di lotta eamico e ora suo inquisitore, che troviamo le migliori pagine dellibro, quelle in cui diventa esplicito il meccanismo della “fede”nel partito e nei suoi più alti scopi, del prevalere dei fini suimezzi, dell’utilità sociale sull’etica, della collettività sull’individuo.

    L’accoglienza iniziale del romanzo fu deludente, la primaedizione del 1940 in inglese passò sotto silenzio (1.000 copieappena), ma l’edizione francese uscita nel dopoguerra con iltitolo Le zéro et l’infini batté tutti i record, oltre 400.000 copie nelsolo 1946, e il romanzo venne tradotto in almeno trenta lingue.Un tale successo fece scalpore tra i militanti comunisti, inFrancia il Pcf tentò di acquistare tutte le copie disponibili nellelibrerie, Koestler venne bollato come traditore dai suoi excompagni (era uscito dal partito comunista nel ’39, di ritornodalla Spagna) ed emarginato dall’ambiente intellettuale dellarive gauche parigina, dove allora viveva. Finì col trasferirsi aLondra, prese la cittadinanza britannica, divenne un sostenitore acerrimo della posizione filo-americana nella Guerra Fredda,schierato a favore delle bombe atomiche “buone” americanecontro quelle “cattive” sovietiche.

    Un così drastico voltafaccia si spiega con la sua stessabiografia. Nato da una famiglia ebrea ungherese nel 1905,studiò a Vienna, visse per pochi anni in un kibbutz sionista in Palestina, tornò in Europa nel ’29 lavorando come inviato perun gruppo editoriale tedesco, a Berlino, a Parigi, in UnioneSovietica. Si iscrisse nel ’31 al KPD, nel ’36 fu in Spagna dovevenne arrestato dai franchisti. Si allontanò dal comunismo alsuo rientro dalla Spagna, dopo l’internamento in un “campo”francese, e a Parigi – dopo il “patto Molotov-Ribbentrop” –scrisse la sua “trilogia” maggiore: I gladiatori (1939), Buio amezzogiorno (1940), Arrivo e partenza (1943). Per sfuggireall’internamento e alle armate hitleriane, si arruolò nell’esercitoinglese, lavorò per i servizi segreti anglo-americani e negli annidella Guerra Fredda aderì a numerose organizzazionianticomuniste e antirusse.Se Koestler ha denunciato in anticipo (di una generazione) ilsistema staliniano, rimane tuttavia figura esemplare del destinodi chi – e sono stati molti nel Novecento – in un momentostorico drammatico si è trovato a compiere una scelta senzaalternative tra fascismo e comunismo, rimanendo su un terrenopiù ancora esistenziale (di “dignità”) che culturale (cioè politico).

    Arthur Koestler (a destra) con il poetaafroamericano Langston Hughes (a sin.)e un colcosiano uzbeko, in occasione delviaggio nell’ Asia centrale sovietica, 1932.

    Sopra: La prima edizione di Buio amezzogiorno uscì a Londra nel1940. Sotto: l’edizione francese del1946.

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