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RIVISTA FONDATA DA S. GIOVANNI BOSCO NEL 1877 Giugno 2007 Mensile - Anno CXXXI - nr. 6 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PD Spedizione nr. 6/2007 RICCO NORDEST POVERI RAGAZZI (pag. 14) UCRAINA TERRA DI SPERANZA (pag. 20) EDEBÉ UN PROGETTO EDUCATIVO (pag. 23)

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RIVISTA FONDATADA S. GIOVANNI BOSCONEL 1877

Giugno 2007Mensile - Anno CXXXI - nr. 6Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003(Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PDSpedizione nr. 6/2007

RICCO NORDEST

POVERI RAGAZZI

(pag. 14)

UCRAINA

TERRA DI SPERANZA

(pag. 20)

EDEBÉUN PROGETTO EDUCATIVO

(pag. 23)

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GIUGNO 2007 BS

I l disegno ori-ginale di Dionon prevede-

va il peccato ela morte sinoalla distruzionedel creato. Manemmeno l’al-leanza suggel-lata successi-

vamente con l’uma-nità, con la promessa di non annien-tarla con un nuovo diluvio che avreb-be ripiombato la creazione al caos, èriuscita a convincere l’uomo che soloin Dio poteva trovare la sua pienezza.Per riportare l’uomo nell’orbita di Dio,il Signore ha dovuto inventare unastoria di salvezza e ripartire da Abra-mo, che diventa così padre della fede(cfr Gn 12). Da lui ha preso l’avvioquel popolo che un giorno ha dovutoliberare dalla schiavitù egiziana e conil quale ha siglato sul Sinai un’allean-za bilaterale: Dio s’impegnava a es-sere Dio d’Israele e Israele si impe-gnava a essere Popolo di Dio.

� I dieci comandamenti indicano itermini del patto stipulato con il suopopolo e lo spazio non materiale mamorale e spirituale in cui Israele vienea trovarsi, e che delimita il regno dellavita. Oltrepassare quei limiti signi-fica addentrarsi nella morte. I diecicomandamenti sono dunque dieciparole orientate ad assicurare la vitanella stessa maniera con cui i genitori

STRENNA 2007di Pascual Chávez Villanueva

significano queste istruzioni, questeleggi e norme che il Signore nostroDio vi ha date? Tu risponderai a tuofiglio: Eravamo schiavi del faraone inEgitto e il Signore ci fece uscire dal-l’Egitto con mano potente. Il Signoreoperò sotto i nostri occhi segni e pro-digi grandi e terribili contro l’Egitto,contro il faraone e contro tutta la suacasa. Ci fece uscire di là per con-durci nel paese che aveva giurato ainostri padri di darci. Allora il Signoreci ordinò di mettere in pratica tuttequeste leggi… La giustizia consi-sterà per noi nel mettere in praticatutti questi comandi… come ci haordinato» (Dt 6,20-25).

� Per questo, Mosè, mediatore diquesta straordinaria alleanza, invita ilpopolo a vivere secondo le nuovepossibilità fornite da Dio stesso: «Io vi

guidano il figlio, cercando il suo bene.Sono dieci sentieri che portano allaVita stessa che è Dio. È significativoche nel presentare i termini dell’al-leanza sinaitica l’autore sacro riferi-sca: «Queste sono le parole che Diopronunziò…». Ed è ugualmente rile-vante che il Deuteronomio, che cipresenta la seconda versione del de-calogo (5,6-22), introduca la storiadella salvezza così: «Queste sono leparole che Mosè rivolse a tutto Israeleoltre il Giordano, nel deserto, nellavalle dell’Araba…» (Dt 1,1). QuantoDio ha fatto a favore di Israele diven-ta il fondamento delle sue leggi e nor-me. I dieci comandi rappresentano lavia che il Signore offre al suo popoloperché cammini davanti a Lui, lungo ilsentiero della vita. Ecco una bella ca-techesi familiare: «Quando in avveni-re tuo figlio ti domanderà: Che cosa

AMARE LA VITAIL SENTIERO DELLA VITA

LE 10 PAROLE“Io sono il Signore tuo Dio… Non avere altri che me...

Non usare il mio Nome per scopi vani... Ricordati di consacrarmi il sabato... Rispetta tuo padre e tua

madre... Non uccidere... Non commettere adulterio... Non rubare... Non testimoniare il falso... Non desiderare quel

che appartiene a un altro... Non desiderare la donna di un altro”(Es. 20,1 s passim)

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Il Sinai, il monte dell’alleanza di Dio con il popolo di Israele, attraverso il suo condottiero, Mosè.

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BS GIUGNO 2007

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In copertina:I volontari in Cambogiacurano la distribuzione

di viveri e materiale scolastico ai bimbi

dei villaggi che altrimentinon frequenterebbero

le lezioniFoto: Giancarlo Manieri

Giugno 2007Anno CXXXI

Numero 6

RIVISTA FONDATADA S. GIOVANNI BOSCONEL 1877

Giugno 2007Mensile - Anno CXXXI - nr. 6Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003(Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PDSpedizione nr. 6/2007

RICCO NORDEST

POVERI RAGAZZI

(pag. 14)

UCRAINA

TERRA DI SPERANZA

(pag. 20)

EDEBÈUN PROGETTO EDUCATIVO

(pag. 23)

Mensile di informazionee cultura religiosa editodalla Congregazione Salesianadi San Giovanni Bosco

Direttore:GIANCARLO MANIERI

CHIESA12 Quo vadis Europa? (8) di Silvano Stracca

CASA/FAMIGLIA14 Ricco Nordest poveri ragazzi di Angelo Durante

VIAGGI18 Angelita tra le risaie di Giancarlo Manieri

MISSIONI20 Terra di speranza di Rino Pistellato

INSERTO CULTURA23 L’Edebé, un collaudato progetto educativo di M. Muntada Torrellas

FMA28 Il passaporto del cuore di Graziella Curti

RUBRICHE2 Il Rettor Maggiore – 4 Il punto giovani – 6 Lettere al Direttore – 8 In Italia & nelMondo – 11 Osservatorio – 16 Box – 17 Zoom – 22 Lettera ai giovani – 27 Bagliori – 30 Libri – 32 On Line – 34 Come Don Bosco – 36 Arte Sacra – 37 Laetare et beneface-re… – 38 Sfide etiche – 40 Dibattiti – 41 Varia – 42 I nostri morti – 43 Il mese – 44 Prima pagina – 45 Relax – 46 I nostri santi – 47 In primo piano/Focus

ho insegnato leggi e norme come ilSignore mio Dio mi ha ordinato, per-ché le mettiate in pratica nel Paesein cui state per entrare e prendernepossesso. Le osserverete… perchéquella sarà la vostra saggezza e lavostra intelligenza agli occhi dei po-poli, i quali, udendo parlare di tuttequeste leggi, diranno: Questa grandenazione è il solo popolo saggio e in-telligente. Infatti qual grande nazioneha la divinità così vicina a sé, come ilSignore nostro Dio è vicino a noi…?»(Dt 4,5-8). Perciò Dio va amato «contutto il cuore, con tutta l’anima, e contutte le forze» (Dt 6,5) e il prossimova amato come si ama se stessi (Mc12,30-31). Non c’è dunque spazioper nessun tipo di idolatria, adorandodèi che non possono salvare, che«hanno occhi e non vedono, hannoorecchie e non ascoltano, hanno boc-ca e non parlano» (Sl 115,5). È unavera stoltezza adorare esseri umani,animali, astri del cielo, opere delle no-stre mani (Sap 13,1 ss), o divinità dipopoli viciniori. Proprio perché la leg-ge del Signore altro non è che il sen-tiero della vita, la cui essenza è l’a-more, a noi tocca accogliere quantodice Mosè: «Badate di fare come ilSignore vostro Dio vi ha comanda-to. Non ve ne discostate né a destrané a sinistra; camminate in tutto eper tutto per la via che il Signore vo-stro Dio vi ha prescritto, perché viviatee siate felici e rimaniate a lungo nelPaese di cui avrete il possesso» (Dt5,32-33). Quanto differente è la men-talità odierna che vuol presentareDio e la sua legge come una minac-cia per la felicità dell’uomo! Gesù hasintetizzato tutto nel comandamentodell’amore, unica energia capace diriempire di senso la vita e di aprirele porte della morte. �

È possibile leggere in anticipoil prossimo numero, collegandosi

al sito Internet:http://biesseonline.sdb.org

Redazione: Maria Antonia ChinelloNadia Ciambrignoni - Giancarlo De Nicolò - Franco LeverNatale Maffioli - Francesco Motto - Vito OrlandoSegreteria: Fabiana Di BelloCollaboratori: Severino Cagnin - Ernesto CattoniGiuseppina Cudemo - Graziella Curti - Enrico dal CovoloCarlo Di Cicco - Bruno Ferrero - Cesare Lo Monaco Giuseppe Morante - Vito Orlando - Marianna PacucciGianni Russo - Roberto Saccarello - Fabio SandroniArnaldo Scaglioni - Silvano StraccaFotoreporter: Santo Cicco - Cipriano DemarieChiara Fantini - Tadeo Martin - Vincenzo OdorizziGuerino PeraProgetto grafico: Pier BertoneImpaginazione: Puntografica s.r.l. - Torino

Il BOLLETTINO SALESIANO si stampa nel mondo in 56 edizioni e 29 lingue diverse. Raggiunge 135 Nazioni,più di quelle in cui operano i salesiani.

Direttore Responsabile: Antonio MartinelliRegistrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949Diffusione e Amministrazione: Giovanni Colombi (Roma)Stampa: Mediagraf s.p.a. - Padova

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Abramo, padre dei credenti.

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di Carlo Di Cicco

Oggi si direbbe un “bullo” diquelli che gettano l’allarme tra i benpensanti ma pure tra

educatori, scuola, istituzioni, cittadiniquieti e normali. La storia di MicheleMagone racconta come affrontare un “bullo” con efficacia. La sperimentazione educativa per riuscirvi è stata condotta dalsacerdote Giovanni Bosco.

� Il suo incontro con quel piccoloadolescente, capobanda irrequieto e inventivo che impensieriva la zonadella stazione di Carmagnola e ilseguito di quell’incontro piuttostofugace e occasionale sono un brevetrattato di metodo utile anche ai giorninostri. C’è infatti un certo allarme per il bullismo che si va trasformando –complici i media – in una categoriasociale permanente e inquietante nellasocietà. Specialmente nella scuola enegli spazi di ritrovi giovanili. Bullismoè un tarlo che colpisce giovani e adulti.Se prima nella scuola provocavanoqualche senso i ragazzi bulli, ora ci sipreoccupa pure di genitori ancora piùbulli quando si schierano alla ciecacon le pretese dei loro figli.

� Rispetto ai tempi in cui Don Boscostrinse un’importante amiciziaeducativa con “il piccolo generale diCarmagnola” come Magone vennechiamato, il bullismo ha raggiuntopunte pericolose di violenza pervarietà e quantità e per la sua qualitàche viene incrementata in particolaredagli effetti delle droghe largamentediffuse. Se si considera inoltrel’ideologia imperante che attribuiscealla prepotenza individuale o di clan la capacità di fondare diritti sociali diprevaricazione, il cerchio si chiude. Ci si lamenta del bullismo, sono tantele voci allarmate ma quasi nessunache chiami in causa la paternità delbullismo. Allo stesso tempo, infatti, ilbullismo è un male dei tempi nostri maè pure originato dal nostro contestoeconomico, culturale e sociale. Unamano a questa penosa situazione l’hadata il degrado etico che intacca pure

la politica. Il bene comune è statoscalzato dall’individualismo sfrenatosenza vincoli. Il circuito mediatico,specialmente televisivo, premia larissosità. È ipocrita o almenosuperficiale quindi lanciare allarmi sulbullismo senza mettere in questione i contesti che lo alimentano. I giovanifaticano a capire i divieti loro impostiper comportamenti che trovano tantodiffusi e accettati nella restantesocietà. Nessuna meraviglia se pureessi vogliano tutto, qui e subito, a ognicosto, perfino ricorrendo a crescenteaggressività, prepotenza e cialtroneria.

� L’esperienza con i giovani carceratidel suo tempo aveva convinto Don Bosco che la soluzione alle pauredella società verso la delinquenzagiovanile non si trova dietro le sbarre.Egli pensava che si dovesse cambiarela società dal suo interno, creareconvinzioni personali, condividerevalori religiosi o almeno etici, pensareprogetti solidali di società. Le carceri,specialmente quelle per i giovani, nonrisanano il disagio sociale, ma rinvianonel tempo la sua soluzione.Il capobanda Magone Michele hacominciato a mutare la sua vita dopoquel dialogo con Don Bosco dal qualeuscì frastornato dall’amorevolezza diquel prete. Si sentì amato per sestesso. Questo amore disinteressato e non funzionale ad altro, rispettosoperciò della libertà e dei tempi dimaturazione, ha messo in crisiMichele Magone. Di lì sono partiti il ripensamento sulla propria vita e il vuoto esistenziale per la distanzadai valori capaci di originare un pretecome Don Bosco. Occorre infatti nondimenticare che il santo educatoreproponeva ai suoi ragazzi il vangelo,ma la sua proposta diventava credibileperché i giovani avvertivano primadistintamente di essere amati per quelche erano al momento del primoincontro con Don Bosco.

� Se la scuola resta un grandeparcheggio sociale non sarà ingrado di contrastare il bullismo. �

IL “GENERALE” BULLOMichele Magone. Professione: “scugnizzo” di Carmagnola neltorinese a metà dell’Ottocento. Siamo ai tempi di Don Bosco.

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IL PUNTO GIOVANI

GIUGNO 2007 BS

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Cosi

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ni che dirigenti; sì, sembranosuperiori alla legge e alla mo-rale, agiscono come se nonpossedessero una coscienza.“È gente che ha il potere di vi-ta e di morte, se non fisica cer-tamente lavorativa e spessoanche psichica”, continua lostesso studente. Ho conosciutostudenti/esse traumatizzati dal-l’alterigia incosciente di catte-dratici che barattano voti conprestazioni di altro genere (!)invece che intellettuali. Devodirvi tuttavia che la colpa rica-de anche sugli studenti, nonsolo sul sistema. Se si mobili-tassero in blocco contro certemacroscopiche ingiustizie, ilproblema non avrebbe le di-mensioni che ha. Ma “gli uni-versitari, scrive Simona dellaNormale di Pisa, sono troppospesso degli opportunisti chepensano unicamente a se stes-si, al pezzo di carta da conqui-stare, anche a costo di… ven-dersi”. Troppo spesso l’oppor-tunismo batte la giustizia, scal-za il diritto, e molla perfinol’onore personale. Mi vedo co-stretto, perciò, mio malgrado,a confermare quanto dite econfesso di non avere rimedi.Il giorno in cui chi governariuscirà a pensare meno ai votidegli elettori (opportunismoanche questo), agli interessi dipartito, a non scontentare i po-tentati economici e/o sindaca-li, e si applicasse di più a rad-drizzare le disfunzioni del si-stema, in primis quello univer-sitario, certamente andremomolto meglio. Vi devo ancheconfessare che geremiadi con-tro il baronaggio continuanoad arrivarmi e trovo difficoltàa rispondere, perché non co-nosco armi atte a infrangere leimmarcescibili difese dei privi-legi. Molti parlano con malce-lato disprezzo dei privilegidella Chiesa… È davvero sin-golare che questi signori pas-sino bellamente sopra a quellidel baronaggio, del caporala-to, del nonnismo, del mobbi-smo, ecc. e a quelli altrettan-to consolidati dei parlamen-tari. Mi consolo perché, pre-dica un proverbio danese, “ipotenti hanno braccia lun-ghe, ma non tanto da arriva-re fino al Cielo”.

“gioia che si oppone alla tri-stezza, dono che viene elargitoa chi lo invoca”. Sono altresìconvinto che non siano “né ilpiacere né il dolore che costi-tuiscono il problema della sto-ria degli uomini, ma la capa-cità di caricare piaceri e doloridi significato e di finalità”. Sì,non è impossibile che la reli-gione oltre che una fede, possaessere anche una terapia perchi crede; e probabilmente –con ciò smentisco quanto hoscritto all’inizio – non è unsemplice placebo, ma un’au-tentica energia positiva, capa-ce di reinterpretare il sensodella vita, e di influire su un fi-sico malato come una sferzatarivitalizzante, un analgesicocorroborante.

D ELUSIONE UNI-VERSITÀ. Egregio di-

rettore, sono una studentessauniversitaria delusa […]. L’u-niversità sfrutta gli studenti.Ci sono docenti che discrimi-nano con votazioni più basseall’esame. Ho ascoltato inor-ridita alcuni prof chiamarenoi studentesse “cagne senzacollare”, e sono rimasta scioc-cata quando uno di loro ha in-veito contro alcune con estre-ma volgarità e apprezzamentipesanti (Valentina, Padova).Credo che lei sappia del pote-re dei baroni che fanno quelloche vogliono, quando voglio-no e come vogliono. Sembra-no al di sopra del bene e delmale, bypassano legge e mo-rale. Quello che capita all’u-niversità avviene anche inospedale […]. Alcuni primari– che più baroni non si può –fanno il vento e la pioggia,commettono ingiustizie da faraccapponare la pelle… E tuttisi inchinano […]

Antonella, Milano

Care studentesse, qualcuno di-rebbe: avete scoperto l’acquacalda. Si sa da una vita che il“baronaggio” è un “sistema”consolidato… Anzi, mi scriveuno studente, “è la mafia delleuniversità e degli ospedali”. Ibaroni in realtà sono più tiran-

5. Una ragazza di poco più di15 anni resta incinta. Non èsposata e il padre del bebè nonè il promesso sposo. Le direstiche è meglio abortire?Allora, se rispondi sì, avrestiimpedito che venisse al mon-do nel 1° caso Ludwig vanBeethoven, uno dei maggiorigeni musicali del mondo; nel2° Ethel Waters, una delle piùfamose cantanti nere di blues;nel 3° avresti ucciso papaWoityla e ciò non ha bisognodi commenti; nel 4° John We-sley, il fondatore dei metodisti,uno dei più grandi predicatoridel Settecento. E nel 5° caso,cara signorina, avresti impedi-to che venisse al mondo GesùCristo! Non so se mi spiego.

R ELIGIONE COME TE-RAPIA. Pietra Ligure

15 agosto 2002 […] Ricovera-to per infarto al miocardio, midanno l’estrema unzione e ilprete dopo mi sussurra “Erne-sto è la festa di Maria Assuntain Cielo”. Il mio cuore che siera fermato ha ripreso a batte-re… Caro Direttore, si praticala musicoterapia, la psicotera-pia, ecc. Ho constatato cheanche la religione può essereuna terapia… Infatti da allorami dedico all’assistenza reli-giosa di malati e anziani.

Ernesto, Savona

Caro signore, non stento a darcredito alle possibilità tera-peutiche del sacramento del-l’Unzione, se non altro comeun “efficace” placebo. Del re-sto la Chiesa da sempre credeche l’Unzione degli infermifaccia bene sia al corpo sia al-lo spirito… E non sono pochi icasi documentati di ammalatiguariti dopo l’assunzione del-l’olio santo. L’essenza delladottrina cattolica afferma chela vita vince la morte, che oriz-zonti “altri” si schiudono a chiè giunto sull’ultimo crinaledell’esistenza. Quella cristianaè la religione della speranza.“La speranza, scrive lei stesso,diventa tensione e sorriso”, èuna marcia in avanti, è lampa-da che illumina il cammino, è– sono ancora sue parole –

L ETTERE AL DIRETTORE

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A BORTO. Egregio di-rettore […] perché con-

tinuate a ostinarvi contro l’a-borto? […] Possibile che an-che lei che sembra intelligen-te non capisce che è un granbene per lo Stato, per la fami-glia, per la società che si im-pedisca che vengano al mon-do bambini indesiderati, chesoffrirebbero e farebbero sof-frire, che avrebbero una vitad’inferno, che… […]

Lella, Palermo

Cara signorina, prima di tuttograzie per l’apprezzamento.Sono già altre volte intervenu-to sul tema della vita. Per nonripetermi, vado a ripescarequanto mi ha inviato un amicoqualche mese fa: mi sembrauna di quelle risposte ad ho-minem che può essere illumi-nante. Eccoti cinque casi:1. Una coppia, lui asmaticolei tubercolotica, hanno avuto4 figli: il primo cieco, il se-condo sordo, il terzo natomorto e il quarto ha ereditatola malattia del padre. La don-na è di nuovo incinta. Consi-glieresti l’aborto?2. Un bianco stupra una ra-gazzina negra di 13 anni cheresta incinta. Se tu fossi il pa-dre le consiglieresti di inter-rompere la gravidanza?3. Una signora rimane incinta.Ha già altri figli, il marito è inguerra e lei, ammalata, non hamolto da vivere. Le consiglie-resti di sbarazzarsi del bimboche porta in grembo?4. Una coppia estremamentepovera ha avuto 14 figli. Vi-vono nella fame. Incoragge-resti la donna ad abortire ilsuo 15° rampollo?

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OGNI MESECONDON BOSCOA CASA TUAIl BollettinoSalesiano vieneinviato gratuitamentea chi ne fa richiesta.Dal 1877 è un donodi Don Bosco a chisegue con simpatiail lavoro salesiano trai giovani e le missioni.

Per la vostra corrispon-denza:

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Diffondetelo tra iparenti e gli ami-ci. Comunicatesubito il cambiodi indirizzo.

BS GIUGNO 2007

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po mesi o non arrivava affat-to. Non credo che abbiamoavuto tempi migliori – almenoa sentire quelli che si occupa-no di storia e sociologia. “Èche oggi siamo diventati iper-sensibili, forse perché siamomeno pronti dei nostri nonni asopportare la vita, e a reagir-vi personalmente”, mi scriveun giovane. Insomma siamopiù gregge quando si tratta difare qualcosa che scoccia(mal comune mezzo gaudio –dice il proverbio –), e siamopiù individui per tutto il resto.Questo vuol dire, cara signo-ra, che siamo dei dissociati.Chi ci pesta i calli… “malgliene incoglie”: non soppor-tiamo più nulla. Che cosa fa-re? Quasi nessuno glielo sadire. Ma tutti sono arciconvin-ti che “qualcosa bisogna fa-re”, a ogni costo, pena il caosnon solo morale, ma anchesociale. Noi siamo convintiche occorrano leggi serie, che

le leggi vadano applicate, esenza eccezioni. Ma ciò nonbasta. Si ha l’impressione chetroppi adulti abbiano rinun-ciato alla fatica dell’educazio-ne, troppi genitori temono lospauracchio dell’insuccesso,sono travolti dal panico dellacontestazione tra le mura do-mestiche; troppi temono lereazioni incontrollate dei figli.Questi figli, oggi superprotettima in modo sbagliato: sempredifesi, mai puniti perché inuovi profeti della pedagogiadicono che le punizioni sonodiseducative… Quando mai?Questi figli oggi talmente “li-beri” che possono permettersidi tutto con la nuova terribilearma di cui dispongono (ilcellulare). Questi figli ormaiunici padroni di casa. Questifigli che a livello etico… nonhanno più livelli: figli di papào figli di ’ndrocchia, come di-rebbero a Napoli, pari sono.Se continuiamo così, saremopresto costretti a raccogliere icocci… anzi lo stiamo già fa-cendo. C’è da correre ai ripa-ri. E pure in fretta, prima diessere costretti a scrivere l’e-pitaffio di una civiltà che sem-bra senza più educatori. Mi sidomanda quale sia il metodomigliore per ricuperare unpo’ di “buoni sentimenti”. Io,ovviamente, sono un tifoso delSistema preventivo e dei suoitre grandi pilastri: ragione,religione, amorevolezza. De-vo invece prendere atto, trop-po spesso, che stiamo diven-tando professionisti di bana-lità, perché produrre banalitàcosta poca fatica, ma stiamopagando caro questo disimpe-gno dalla fatica dell’educare.Oggi dicono che il businesssia la leva che muove tutto;che la democrazia sia tantoimportante che vale la penaesportarla anche con le armi(?); che la politica sia il moto-re degli Stati… Noi continue-remo a credere e a gridareche l’educazione è sopra tutto,che all’educazione compete ilprimo posto sulla tavola dellapolitica, che la famiglia, etquidem la famiglia unita, è in-dispensabile per la crescitaarmonica dei figli.

C HE COSA SUCCE-DE? Gentile direttore,

mi preoccupa l’avvenire dimio nipote: stiamo vivendo unperiodo di cambiamenti, l’in-vasione di stranieri, ladri nellecase, giovanetti (non giova-notti) che girano armati dicoltello, ragazzini che violen-tano ragazzine con spettatoripronti a filmare la vergognosabravata. Come neo/nonna so-no spaventata. Come recupe-rare i buoni sentimenti? Checosa sta succedendo?

N.N.

Cara signora, (avrei preferitoche si firmasse, ma pazienza)sta succedendo quello che èsempre successo. La novità èche oggi queste aberrazionisono sotto gli occhi di tuttipressoché in tempo reale, datal’invasione pervasiva dei me-dia che ti perseguitano anchequando sei alla toilette. Pri-ma, una notizia o arrivava do-

Non ci è stato possibile pub-

blicare tutte le lettere perve-

nute in redazione. Ce ne

scusiamo. Provvederemo a

suo tempo alla pubblicazio-

ne o alla risposta personale.

APPELLISono un uomo di mezza età,di carattere molto buono,dolce, fine, sensibile, cattoli-co, il quale desiderava moltocortesemente corrisponderecon gentilissime amiche dai50 ai 65 anni, scopo veraamicizia e scambio di pen-sieri. Odorico Balloni, Piaz-za G. Leopardi 5, 62019Recanati (MC).

Desidererei trovare amiciper poter scambiare idee ri-guardo allo sviluppo, al pae-se, alla razza, all’età e alsesso. Scrivete a: Gali-mukatonda Paschal, P.O.Box 367, Mityana, UGAN-DA oppure all’e-mail [email protected].

I’d like to correspond withpeople interested in makingnew friendship and talkingabout religious and historicalsubjects. I’m 31 years old.Claudio Dito, Via G. Sara-gat 8, 87029 Scalea (CS).

Desidero rintracciare unacoppia di Milano, che nel

mese di settembre passa levacanze a Golf Juan e inspiaggia viene al ristoranteOasis, ci siamo conosciuti 2anni fa. Hanno 2 gatti e leg-gono come me il bollettinosalesiano. Teresita Colom-bo, Via Borgazzi 2/c,20030 Camnago (MI).

Sono un collezionista di im-maginette sacre di santini, diGesù e della Madonna, ve-nerata sotto tantissimi titoli.Rizzo Tommaso, Via Guic-ciardini 14, 73032 Andra-no (LE).

Mi chiamo Anna, ho 28 an-ni e gradirei ricevere escambiare medagline reli-giose. Carotenuto Anna,Corso Nazionale 153 -Traversa dei Portici,84018 Scafati (SA).

Cerco qualcuno con cui po-ter condividere la mia pas-sione dei santini. Rispostaassicurata. Tricoli Paola,Via Gabara 26, 93017 SanCataldo (CL).

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giose, politiche, economiche…e il gioco è fatto.

(Dalla lettera di…… Anacleto, Parma)

C’è un cammino inverso. Al-cuni individui e/o organizza-zioni perdono lentamentesmalto perché si lasciano inti-morire dai contrasti, dallamentalità corrente… e lenta-mente ma inesorabilmente ca-dono nell’ombra, diventandosempre meno presenti e perciòsempre meno significativi, finoa scomparire del tutto. Capitacosì che un’opinione maggio-ritaria perda consensi fino afarsi cancellare. Di chi è lacolpa? Troppo facile dire del-la società! La società è fatta dipersone, e se le persone si na-scondono… Lei mi insegnache quando un gruppo di sol-dati è sopraffatto dalla paura,non combatte più, fugge: è l’i-nizio della fine. Siamo tutti re-sponsabili ogni volta che“stiamo zitti”, ogni volta checi ritiriamo in buon ordine pernon aver “seccature”, ognivolta che ci defiliamo per nonaver grane. Capita allora co-me capita all’automobilistache assiste o provoca un inci-dente e non si ferma, fuggeper paura delle conseguenze.Chi poteva essere salvatomuore, lui no, ma vivrà brac-cato dalla polizia e, soprattut-to, dalla coscienza. Come fa-cevano i primi cristiani a con-quistarsi la visibilità, fuggen-do forse? Uno sparuto gruppodi giudei nella potentissimaRoma imperiale è riuscito indue o tre secoli a trasformarel’impero pagano in imperocristiano, sovvertendo ogniprevisione. Ed è tutta questio-ne di visibilità, caro signore;si sono resi tanto visibili chemolti erano torce umane neigiardini imperiali di Nerone.

S PORT ASSASSINO?Beh, direttore, i salesiani

non dicono nulla sullo sportassassino che ha deturpato inostri stadi e fuori? […]

Marzia, Roma

Potrei risponderle che i sale-siani hanno detto, eccome! Eper bocca di uno “abbastan-za in alto” visto che si trattadel Segretario di Stato Vati-cano, il cardinale TarcisioBertone. Il quale, risponden-do a un’intervista sulla que-stione ha chiaramente enu-cleato il problema e fornito lasua risposta che è anche larisposta salesiana. Glielariassumo. Nello sport si liberano levirtù più alte ma anche lepassioni più disumane.Forme di violenza esistonosia “dentro” sia “fuori” de-gli stadi: il disagio sociale haraggiunto limiti insopportabi-li, eppure la passione sporti-va unisce...È un’analisi che riconosce esottolinea l’ambivalenza del-lo sport. Il cardinale salesia-no indica poi i rimedi per laparte negativa.La questione fondamentale èsempre una questione educa-tiva.Il rimedio principe è nellapreventività, nell’educazionedel cuore, nell’educazione aldominio di sé, alla conviven-za, al rispetto reciproco.Quindi indica la base, le co-lonne portanti di questo siste-ma che Don Bosco ha chiara-mente individuato in quellatriade che è rimasta famosa,e qualifica tutt’ora il metodosalesiano: ragione, religione,amorevolezza. La vera sfidaconsiste nel far convivere letre cose. E questa, signora èla risposta che anch’io nonpotrei non darle. Come uomi-ni inseriti in una società, l’e-ducazione ci salverà, non ilbusiness, i soldi, il divismo, iltifo sfegatato, ecc… E comecristiani… già lo sa; del restolo dice il vocabolo stesso.

L’ ISOLA DEI FA-MOSI. Direttore, vor-

rei proprio un parere spassio-nato sull’Isola dei Famo-si[…]. Davvero ma a che co-sa e a chi serve? Che cosa e achi insegna? […].

N.N.

Non serve a niente se non aisoliti ricercatori di “stranez-ze che fruttino” (soldi ovvia-mente). Né insegna qualcosa.Tutt’altro. Sono già interve-nuto su questo sfaglio del cer-vello, ed ho già espresso ilmio parere. Posso solo ag-giungere che ciò che per iguardoni nostrani è puro in-trattenimento che si basa suuna finta giornata di fintinaufraghi che fanno finta distare insieme, di arrabbiarsi,di darsele – metaforicamenteper fortuna – di santa ragio-ne, di urlare, di confessarsi, equant’altro… Un reality checon la realtà ha poco a chefare: sia con quella dei prota-gonisti sia con quella deigarífuna, gli abitanti, afro di-scendenti dell’arcipelago deiCayos Cochinos che lottanoda anni per il riconoscimentogiuridico delle terre che abi-tano. L’isolotto di Cayo Palo-ma – dove ha preso stanza latroupe di Rai 2, è stato di-chiarato off limits: nessuno cisi può avvicinare: deve darel’illusione di essere deserto.Ma così si è tolta ai garífunauna zona di pesca. Un com-portamento che Miriam Mi-randa, leader di Ofraneh (Or-ganización Fraternal Negradi Honduras) chiama vergo-gnoso. L’aggressione all’ar-cipelago è iniziata nel 1992quando l’inventore dell’oro-logio Swatch comprò una del-le 13 isole, poi altri acquistisono stati fatti e man mano lapopolazione di poveri pesca-tori è costretta a sgombrare.La scusa è di fare una riservanaturale ma la meta è l’inva-sione turistica. I garífuna siarrangino, basta che se ne va-dano. Le ingiustizie non fini-scono mai! C’è di più: CayoPaloma – 250 metri quadri disuperficie – è stata dichiaratapatrimonio dell’umanità dal-l’Unesco, per via delle tarta-rughe giganti che vi depongo-no le uova. Ora l’ecosistema ècontaminato e le suddette nonci andranno più a nidificare…ma il WWF, che pure è ferocein altre occasioni, stavolta èstato zitto: “i dollari fannoandare l’acqua per in su”, co-

O FFERTE TELETRA-MESSE. Caro diretto-

re, molte volte i parroci rivol-gono l’invito a fare offerte perle opere parrocchiali, missio-narie, ecc. […]. Occorre ri-svegliare più spesso la buonavolontà dei cristiani. Molti se-guono la messa in televisione.Sarà possibile raccogliere of-ferte anche alle messe teletra-smesse?

Anacleto, Parma

Caro signore, di per sé l’ideanon è “peregrina”, ma forse èpoco percorribile. Vede, perlanciare una qualsiasi inizia-tiva pubblica – soprattuttoquando si tratta di soldi – oc-corre richiederne l’autorizza-zione. La TV pubblica non èin mano alla Chiesa (fortuna-tamente), ma a un Consigliodi Amministrazione, in qual-che modo legato al Governo,dal quale in ultima analisi di-pende la gestione degli spazie dei tempi delle iniziative.Concedere il permesso di ce-lebrare la messa festiva da-vanti alle telecamere della TVnazionale non vuol dire con-cedere anche quello di fareuna colletta per chicchessia.Per questo che si configuracome “altro” dalla semplicecelebrazione, occorre unatrattativa a parte. Probabil-mente la cosa sarebbe più fa-cile per una TV privata. Co-munque, lei ha ragione: spro-nare alla carità generosa nonsolo non è un reato è per ilcredente un impegno di fede.

V ISIBILITÀ. Caro diret-tore, la visibilità è l’ico-

na del mondo moderno. Vivechi è visibile. Chi non è visi-bile è come se fosse morto esepolto. Chi l’ha capito sta vin-cendo la partita. Man manoche un problema trova qualcu-no capace di “sacrificarsi”, digiocare la propria vita… essoviene alla luce dall’ombra incui era relegato e comincia ainquietare prima la coscienzadi qualcuno, poi quelle di mol-ti, poi quelle delle autorità reli-

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“negritudine” hanno scritto escrivono parole di fuoco con-tro un Occidente colonizzatoreche ha devastato l’antica lorociviltà cambiando perfino ilnome alle persone. “Io cheavevo un nome armonioso,Luce nella notte, sono statosegnato nell’anagrafe dei co-lonizzatori come Antonio (fiord’asino!)”, ha confidato scon-solato un filosofo bantù in unmeeting interculturale svoltosiin Italia e a cui ero presente.Sono d’accordo con lei sull’i-gnoranza marxista: il sociali-smo reale di disastri ne ha fattiquanti il nazismo. Ma non sipuò negare che l’odio oggi fada padrone nel mondo, né chedi buona parte di esso siamodiretti responsabili con i no-stri giochi economici senzascrupoli, che mettono in gi-nocchio intere nazioni e ridu-cono alla fame interi popoli.

C HIUSURA ESTIVA.Caro direttore, “Chiusura

estiva da sabato… a…” è ilcartello che ho letto all’in-gresso di un grande nostroOratorio. Mi ha preso un col-po! Quarant’anni fa nell’Ora-torio della mia città la dome-nica era “più aperto” che ne-gli altri giorni, e in estate an-cora di più. Che vi sta succe-dendo? Vi siete imborghesiti?Chiudere in agosto… Ma l’O-ratorio non è un’attività com-merciale!… e poi, la gelaterialì a 50 metri, stracolma digiovani giorno e notte, nonchiude in agosto!

Sergio, Bologna

Caro signore, la sua è anchela mia grande nostalgia: quel-la di oratori com’erano “aitempi andati”. La “CHIUSU-RA ESTIVA” assomiglia moltoa una bestemmia salesiana, eme ne dispiaccio, non immagi-na quanto. D’altronde, però,sono obbligato a prendere attodi una realtà che avrei volutonon accadesse mai. Molti ora-tori, non solo quello che lei ci-ta, sono costretti a chiudere,per vari motivi. Gliene elencoalcuni.

– La città in agosto si spopolae i ragazzi sono al mare, o inmontagna, ai campi scuola, oin vacanza con la propria fa-miglia o con gli amici (non ècome 40 anni fa)…– L’incaricato dell’oratorio ingenere dirige un campo estivoo un Grest, trasferendo attivitàludiche ed educative dove sitrova con i suoi ragazzi (inmontagna o al mare).– Oppure approfitta per uncorso di aggiornamento, o peruna muta di esercizi spirituali(ogni tanto c’è bisogno di unaricarica spirituale, in un mon-do come questo).– Oppure si reca in famiglia(ce l’ha anche lui una famigliae anche lui ha diritto a un po’di “tregua”). Tutto questo per-ché non c’è abbondanza di so-stituti come una volta. Il calodelle vocazioni è un fatto realee drammatico, di cui occorreobtorto collo prendere atto, estudiare strategie nuove per“rinvigorire” le fila. È anchevero che non pochi oratori rie-scono a preparare dei laici(cooperatori o exallievi) per“tirare avanti la baracca” an-che in tempi di emergenza.Ma… laici che siano disposti aimpegnare le proprie ferie la-vorando il doppio di prima inun oratorio, lei capisce, sonorari come le “mosche bian-che”. Le dirò, come conclusio-ne, che personalmente conti-nuo a credere in una ripresa,di cui qualche segno s’intrave-de. Don Bosco, del resto, hasempre predicato l’ottimismo,e io continuo a sperare controogni speranza.

me predica il proverbio. Hoanche letto che l’isolotto nonha sorgenti. Che cosa bevonoi nostri inguaribili “tronisti”?Comunque, mentre da noi cisi diverte con le stupidagginidei “fumosi” Miranda dice:“L’isola dei famosi perchénon ve la fate a casa vo-stra?”.

L A SUPERIORITÀ OC-CIDENTALE. Caro di-

rettore, ricorda l’accoltellato-re palestinese del povero vo-lontario Angelo Frammarti-no? Il padre del ragazzo ucci-so ha dichiarato: “Mio figlio èvittima del clima di odio nelmondo (cioè, alla fine, di Bu-sh e Berlusconi – era lui allo-ra presidente del Consiglio).Invece, Angelo era vittimadell’ignoranza marxista. […]io credo che la solare superio-rità umanistica dell’Occidenteabbia mosso l’invidia e l’odiodell’accoltellatore […].

Luigi, Perugia

Caro Luigi, dubito molto chedicendo del clima di odio nelmondo, Frammartino volesseriferirsi a Bush e a Berlusconi.Con il dolore la politica c’en-tra poco. In secondo luogo, leisa che non è proprio così so-lare “la superiorità umanisti-ca d’Occidente”. Mi spiego.Se intende la letteratura, l’ar-te, l’antropologia culturale,devo ricordarle che altissimisono in questo campo i livelliraggiunti dalle popolazioni siaafricane, sia asiatiche, la cuiciviltà sopravanza di secoli lanostra. Se invece tale superio-rità si applica ai diritti umani,alla libertà, alla democrazia,beh oggi (dico “oggi”) indub-biamente potremmo impartirequalche buona lezione. Ma so-lo “teorica”, perché a livellodi prassi siamo frane (AbuGhraib, Guantanamo, ecc.,docent!). Per di più, chi è an-dato a rompere le uova nelpaniere ad africani e asiaticisono stati i paesi coloniali,che, guarda caso, sono quasitutti occidentali. Alcuni filoso-fi africani della cosiddetta

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GIUGNO 2007 BS

PEROSA E I SALESIANI

1881-1973 STORIA DI UN ISTITUTOSTORIA DI UN PAESEdi Renzo Furlan

Il prof. Furlan espone il frut-to di un’appassionata ricercasulla traccia indicata già dal

IN ITALIA NEL MONDO&ROMA, SS. AMBROGIO E CARLO

“FATTI A MANO”

Un’esposizione di mobili pe-ruviani realizzata dai giovani“campesini” delle Ande che,grazie alla scuola fondata dadon Ugo De Censi, sono di-ventati artisti di grande ta-lento. Il Don Bosco dei pic-coli artigiani di Torino rivi-

ve tra i piccoli artigiani andi-ni. All’inaugurazione dellastraordinaria esposizione pres-so la basilica dei SS. Ambro-gio e Carlo al corso ha par-tecipato lo stesso fondatoredell’operazione Mato Gros-so, don Ugo, che poi ha riba-dito, dai microfoni di RadioVaticana che “tutti i soldiguadagnati dalla vendita deimobili ritornano ai ragazzi,perché tutto deve tornare aipoveri”. L’esposizione è sta-ta sostenuta dallo stesso Se-

gretario diStato, cardinal Bertone,che ha rivelato come anchealcune nunziature dell’Ame-rica Latina hanno, come ar-redamento, i mobili dei ra-

gazzi delle Ande. Le foto te-stimoniano la bellezza diquesti manufatti.

titolo, la storia di un paese,Perosa Argentina, nella qua-le si inserisce la vita dell’i-stituto salesiano, a partiredai primi contatti epistolaricon Don Bosco nel 1881 fi-no al settembre 1973, annodella chiusura. Periodo di vi-talità, lotte e traguardi rag-giunti. Sarà don MicheleRua ad accogliere la richie-sta del Parroco don Giusep-pe Paolasso. Il 12 aprile del1897 si posa la prima pietrae il 27 novembre dell’annosuccessivo si inaugura. Lapopolazione di Perosa che vipartecipa è tanta che il pavi-mento della cappella scric-chiola e minaccia di cederesotto il peso. Si tratta di unlavoro svolto con impegno,competenza e delicatezza so-prattutto nei punti scabrosi,usando con saggezza le tantefonti di archivio. Grazie perla dedica finale: “Il presentelavoro vuol essere il dovero-so tributo di riconoscenza diun exallievo ai salesiani chegli sono stati straordinarimaestri di vita”.

VIENNA, AUSTRIA

DON BOSCO YOUTH NET

La Don Bosco Youth Net è larete che unisce le organizza-zioni giovanili di 11 Paesi eu-ropei (Italia, Austria, Slove-nia, Slovacchia, Malta, Spa-gna, Germania, Polonia, Re-gno Unito, Olanda) per scam-

bi di esperienze, attività diformazione e volontariato.S’incontrano due volte l’annoe ogni organizzazione ha mo-do di presentare i progetti cheintende realizzare. Presentisalesiani, collaboratori laici evolontari degli 11 Paesi ade-renti. Per l’Italia, socio fon-datore della rete, ha parteci-pato tramite la FederazioneSCS/CNOS. www.federazio-nescs.org.

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BS GIUGNO 2007

redazionale

NUMISMATICAa cura diRoberto Saccarello

V CENTENARIODELLA BASILICA DI SAN PIETROIN VATICANOIl 18 febbraio del 1506 papa Giulio II (Giulianodella Rovere 1443-1513) poneva la prima pietradella nuova Basilica di S. Pietro in Vaticano, rea-lizzata sullo stesso sito dell’antica, fatta edificarenel 315 d.C. dall’imperatore Costantino sul luogodove si venerava la tomba del primo apostolo diCristo.

Per celebrare i 500 anni dell’evento, la Reveren-da Fabbrica di S. Pietro ha autorizzato l’emissionedi un’artistica medaglia che mostra sul diritto ilritratto di Benedetto XVI in abiti pontificali e sulrovescio la facciata della Basilica Vaticana che fada sfondo alla scena di Gesù che consegna lechiavi a san Pietro, tratta dal balcone centrale del-la stessa Basilica.

La medaglia è stata realizzata in alpacca-bronzo(a 5,00) e in argento (a 30,00).Per saperne di più:Interfinum, Borgo S. Spirito, 14 - 00193 RomaTel. 06.6874315.

I RAGAZZI NELLA «RETE»

di Valerio Bocci,Elledici 2007, pp. 36

“Mondo Nuovo” fa 250: lastorica collana dei tascabiliElledici dedica il suo 250°titolo fresco di stampa e diattualità a “I ragazzi nella‘rete’”. Il nuovo volumetto,curato da Valerio Bocci, di-rettore di Mondo R, presentain cinque agili capitolet-ti, corredati da un preziosoglossario, chi sono e comecomunicano gli adolescenti ei preadolescenti di oggi, tuttialle prese con TV, videogio-chi, Internet, e-mail, telefo-nini, chat, SMS e MMS. E apartire da questa lettura,l’autore cerca i possibili

punti di contatto e di dialogocon il mondo degli adulti, gli“sponsor ufficiali” della lorofatica di crescere.

NUNZIATA, CATANIA

Nunziata ha festeggiato i 125anni di presenza FMA. Lesuore sono presenti dal 1882,chieste dall’allora parroco donAngelo Patanè. Culmine dellecelebrazioni è stata la vegliadi preghiera del 30 gennaioche ha visto radunarsi centi-naia di giovani provenientidalle diverse comunità parroc-chiali della diocesi di Acirea-le. Momenti particolarmente

intensi sono stati la testimo-nianza di suor Emanuela Ro-bazza e il video messaggio delvescovo di Acireale, monsi-gnor Pio Vittorio Vigo, inviaggio pastorale in Brasile.L’eucaristia del 31 è stata pre-sieduta dal salesiano monsi-gnor Calogero La Piana, neoArcivescovo di Messina. Inoccasione dei festeggiamenti,i ragazzi delle scuole presentiin paese hanno partecipato alconcorso “Sorrisi & Casta-gne”, giunto alla 20ª edizione.

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GIUGNO 2007 BS

La prima adunanza di sezione è presieduta daS.E. Mons. Pasquale Morganti, Arcivescovo diRavenna; Mons. Alfonso Andreoli, Vescovo diMontefeltro, Mons. Federico Polloni, Vescovodi Bertinoro, Mons. Francesco Baldassari,Vescovo d’Imola, e Mons. Ernesto Piovella,Vescovo eletto di Alghero.Sono presenti anche vari illustri membri dellaicato cattolico, tra cui il comm. Pericoli, pre-sidente della Gioventù Cattolica, il cav. Grossi-Gondi, e il signor conte Carlo Zucchini.Sono rappresentati i giornali l’Avvenire d’Ita-lia, il Momento, la Gioventù Nova, il Piccolo,il Savio, l’Etruria, l’Osservatore Cattolico, ilPro familia, ecc.Don Trione apre la seduta ringraziando gliintervenuti e invitando tutti ad un lavoro inten-so e proficuo con la discussione franca e serenadelle proposte.Comincia la discussione su vari punti concer-nenti l’erezione, l’organizzazione e il personaledegli Oratori. N’è relatore il prof. D. FrancescoTomasetti, direttore dell’Ospizio del S. Cuoredi Gesù in Roma.

Il BS di giugno 1907 offre la relazione del “III Congresso degli Oratori festivi”,tenuto a Faenza con la partecipazione del cardinale Svampa, arcivescovo di Bologna e del Rettor Maggiore, orabeato, don Michele Rua. Impressionante la partecipazione, grande l’entusiasmo.Annotiamo l’inizio della relazione della “I Adunanza di sezione”.

EMIGRAZIONE E PRESENZA ITALIANA IN CUBA

di Domenico Capolongo

Quanti sono stati i salesianiitaliani missionari nel mon-do? Molte migliaia e tuttorasono circa mille. Il fenome-no meriterebbe uno studio.Per Cuba lo studio è statofatto dal cooperatore salesia-no Germáno Bello Gonzálezche nel saggio Presencia ita-liana en Cuba en la Obrasalesiana, pubblicato nel vo-lume in collaborazione Emi-grazione e presenza italianain Cuba (Collana di StudiStorici, Roccarainola 2005)in un capitolo di circa 50 pa-gine, ha dato spazio e visibi-lità all’ottantina di salesianie alla quarantina di Figlie diMaria Ausiliatrice italiani, iquali, assieme a missiona-ri di altri Paesi, hanno lavo-

rato nell’isola a servizio deigiovani più bisognosi e dellapopolazione locale, negli ol-tre 90 anni della loro presen-za. Anni non tutti facili, co-me ben si sa. Ovviamen-te nel saggio non manca uncenno anche alle decine difondazioni, di cui purtroppomolte sono state soppresse(Motto).

CITTÀ DEL VATICANO

GLI UNIVERSITARI E IL PAPA

La V Giornata Europea degliUniversitari (10 marzo 2007)ha radunato migliaia di stu-denti degli atenei romani nel-l’aula Nervi del Vaticano do-ve con papa Benedetto hanno

recitato il rosario, collegan-dosi anche con i loro colleghidi una decina di altre Nazio-ni. Davvero suggestivo il te-ma che il Papa stesso hacommentato: “La carità intel-lettuale: via per una nuovacooperazione Europa-Asia”.Questo tipo di caritas eliminale distanze e lega le personesul piano della ricerca e dellatestimonianza.

Ecco come era il cortile nel 1907.

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OSSERVATORIOAnna Rita Delle Donne

“Ha detto miamadre che amezzanotte

devo essere a casa”,dice Alice con aria triste.“A mezzanotte? – ribatteViola strabuzzando gliocchi – ma nessuno vaallo school party prima dimezzanotte. Se non rie-sci a convincerla a fartirestare almeno fino alletre, è meglio che resti acasa”. “Lo so. Ma nonc’è niente da fare, mam-ma dice che…”. “Magliel’hai detto che c’èanche mia sorella? ”. “I miei non credono chetua sorella avrà voglia distare tutto il tempo acontrollare noi. Lei hadiciotto anni…”. “Beh,infatti mica ci controlle-rebbe – Viola ha un sor-riso malizioso – Comunque Sara e Chiara vengono,mancherai solo tu. Peccato!”.

� “È stato fichissimo – urla nella cornetta Sara –abbiamo conosciuto un sacco di ragazzi grandi.Che peccato che non c’eri! ”. “Già! ”, mormora Ali-ce, mortificata. “Abbiamo anche bevuto della birra.Chiaretta ha anche vomitato…”. “Si è sentitamale? ”, chiede Alice. “Ma no, ha solo fatto unafigura da pivella! Piuttosto sai niente della sorelladi Viola? ”. “No, che cosa è successo? ”. “Sembrache sia stata male sul serio, l’hanno portata inospedale…”. “E me lo dici così? In ospedale? ”.“Sembra abbia preso qualcosa… Pensavo ti aves-se chiamata Viola…”. “No, non l’ho sentita, anziscusa, ci sentiamo dopo”. Alice chiama subitoViola, ma né a casa, né sul cellulare riceve rispo-sta. È preoccupata. Allora, nonostante siano gior-ni che tiene il broncio ai genitori, corre a racconta-re che cosa è successo. Papà Giulio capiscesubito: uno sballo! E si offre di accompagnarla inospedale. Appena arrivati, egli si avvicina ai geni-tori di Viola che hanno l’aria stanca e smarrita,Viola corre ad abbracciare Alice. Piange, maormai solo di sollievo: “Adesso sta bene – dice –

però se l’è vista dav-vero brutta. È stato ter-ribile. Era svenuta…così ho chiamato papàe mamma, e l’abbiamoportata qui. I medici di-cono che abbiamo fattoappena in tempo”. Vio-la sorride tra le lacrime.“Dai, è andato tuttobene”, dice Alice ab-bracciando l’amica.

� Poco più in là, ungruppetto di amici dellasorella di Viola sembra-no cani bastonati. “So-no stati qui tutta la not-te. Credo proprio cheper un po’ non ci sa-ranno serate in discote-ca per nessuno di noi –dice Viola – Alice, scu-sa per le cose che ti hodetto l’altro giorno. So-

no stata una stupida. E tu sei una vera amica, gra-zie!”. Dopo un po’ Alice e papà Giulio si congeda-no. In macchina lui, visto il silenzio preoccupatodella figlia, commenta: “Vedi, Alice, io non pensoche la discoteca sia un luogo da non frequentare.A me e alla mamma piaceva andare a ballare,solo che eravamo un po’ più grandi di te. Sonoconvinto che ci sia l’età giusta per ogni cosa, eche quattordici anni siano un po’ pochi per restarealzati fino alle tre di notte. Penso che tra tantiragazzi simpatici e divertenti ce ne possa esserequalcuno un po’ sciocco, e forse anche qualcunocon cattive intenzioni. Tu sei troppo giovane perassumerti la responsabilità di capire tutte questecose, così lo facciamo io e la mamma per te,ancora per un po’. Non ci piace dirti di no però,quando lo riteniamo necessario, ci prendiamo laresponsabilità di scegliere al posto tuo. La sorelladi Viola ha qualche anno più di voi, eppure ha fat-to una sciocchezza. E alcune sciocchezze sipagano care”. “Papà, scusa se sono stata arrab-biata in questi giorni… E grazie di non aver detto:te l’avevo detto”. Giulio allunga la mano per unacarezza alla figlia. Poi restano in silenzio fino acasa, soprappensiero. �

ALICE E GLI ALTRI (3)

Divagazioni (mica tanto!) su un’altra normalità: la discoteca, rito del sabato sera.

BS GIUGNO 2007

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Ricordate Friedrich Nietz-sche? Ricordate la famosapagina del pensatore tedesco

che inizia con questa frase: “Avetesentito di quel folle uomo che ac-cese una lanterna alla chiara lucedel mattino, corse al mercato e simise a gridare incessantemente:Cerco Dio… Cerco Dio”? E ricor-date pure, sicuramente, l’agnostici-smo banale e plebeo degli uominiche al mercato “ridono di colui checerca Dio”? La pagina di Nietz-sche sembra esprimere in modoemblematico il dramma dell’Euro-pa senza Cristo. Certo è follia ac-cendere una lanterna nella pienaluce del mattino, ma in realtà l’uo-mo d’oggi comincia a sentire l’esi-genza di dover riaccendere unanuova luce proprio quando tuttointorno pare illuminato. La luceche viene dal secolo dei “lumi”,dalla ragione, dalla scienza, dai po-teri del mondo, non appare più suf-ficiente per il suo cammino. Tantisegni lo spingono a rimettersi inricerca. Basta pensare alle doman-de angosciose suscitate daglieventi storici planetari succedutisiin questo scorcio del XXI secolo.

CHIESA

detto XVI provò a scuotere la so-cietà occidentale “sorda” alle ra-gioni di Dio. “Il grande problemadell’Occidente è la dimenticanzadi Dio, l’oblio che si diffonde”, af-fermò convinto che, in definitiva,tutti i singoli problemi possano es-sere ricondotti a un’unica fonte.Dunque, riscoprire Dio, e non unDio qualsiasi, ma il Dio con unvolto umano, poiché “quando ve-diamo Gesù Cristo vediamo Dio”.Un tema decisivo per il futuro delnostro continente, che oggi da’l’impressione di un’apostasia si-lenziosa da parte dell’uomo sazio,che vive come se Dio non esistes-se. “Oggi nel mondo occidentale –è l’analisi di Papa Ratzinger – vi-

L’11 settembre 2001. La guerra inMedio Oriente. L’incancrenirsi delterrorismo. L’emergere tumultuo-so sulla scena geopolitica mondia-le di Cina e India. La grande pres-sione dei migranti alle frontiereeuropee…

IN CERCA DI QUALCOSA DI PIÙ

La nuova ricerca di Dio – questadomanda di qualcosa “di più gran-de” che sale dal profondo dell’uo-mo – è un leit-motiv ricorrente sul-le labbra del Papa tedesco. Dalcuore stesso dell’Europa, nella suaBaviera, il settembre scorso, Bene-

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QUO VADISEUROPA? (8)L’eclissi di Dionel vecchiocontinentedi Silvano Stracca

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L’Europa unita...

“Vogliamo possedere il mondoe la nostra stessa vita in modoillimitato. Dio ci è d’intralcio. Osi fa di Lui una semplice frasedevota o Egli viene negato deltutto, bandito dalla vita pubbli-ca, così da perdere ogni signifi-cato” (Benedetto XVI).

Siamo chiamati a riscoprire il Dio dal volto umano.

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Dio”, lamenta il Papa. “Non riu-sciamo più a sentirlo, troppe fre-quenze diverse occupano i nostriorecchi. Quello che si dice di lui cisembra pre-scientifico”. Attenti,ammonisce il Pontefice. Proprioquest’eclissi di Dio – che è alla ra-dice in Occidente della profondacrisi attuale della verità – rischia diportare l’Europa in rotta di collisio-ne con tante parti dell’umanità. “Lavera minaccia per la loro identità ipopoli d’Asia e d’Africa non la ve-dono nella fede cristiana, ma invecenel disprezzo di Dio e nel cinismoche considera il dileggio del sacroun diritto della libertà e che eleval’utilità a supremo criterio morale”.

LE RAGIONI DELLO SCONTRO

Dunque, la nuova Europa si rige-neri ritrovando la fede in Dio e de-nunciando con coraggio tutto ciòche è contrario alla vera dignitàdell’uomo. Papa Ratzinger rove-scia, in sostanza, lo schema del co-siddetto scontro di civiltà. Le ra-gioni di fondo dello scontro nonsono religiose, ma politiche e so-ciali. E se l’anima africana e l’ani-ma asiatica restano sconcertate difronte alla freddezza della nostrarazionalità, è importante dimostra-re che da noi non c’è solo questo.“Il mondo laicista – incalza Bene-detto XVI – si renda conto che lafede cristiana non è un impedimen-to, ma invece un ponte per il dia-logo con altri mondi”. Proprio perla nuova interculturalità nella qua-le viviamo, “la pura razionalitàsganciata da Dio non è sufficien-te, ma occorre una razionalità piùampia che veda Dio in armoniacon la ragione”. Di qui il grandecompito che attende i credenti nel-l’Europa senza Cristo: “mostrareche la Parola che possediamo nonappartiene ai ciarpami della sto-ria, ma è necessaria anche oggi”.

(continua)

LA PECULIARITÀ OCCIDENTALE

Benedetto XVI mette a fuoco unpunto fondamentale. L’eclissi diDio in Occidente non è comune adaltre grandi zone del pianeta, dovela religione ha forza ed attualità, eche ormai non vedono più l’Europacome una guida, ma come un luogoinsicuro e, appunto, senza Dio. Lasempre più forte secolarizzazione faapparire l’Occidente alieno e diver-so rispetto al resto del mondo, l’A-frica, l’Asia, i paesi islamici. L’Oc-cidente appare cinico, utilitarista,arido nell’idolatrare scienza e tecni-ca, estraneo a continenti interi per iquali l’identità religiosa è un valoree il disprezzo del sacro è cosa ribut-tante. “Le popolazioni d’Africa ed’Asia – sottolinea il Papa – ammi-rano le nostre prestazioni tecniche ela scienza dell’Occidente, ma alcontempo si spaventano di fronte aun tipo di ragione che esclude total-mente Dio dalla visione dell’uo-mo”. Guai, fa capire insomma ilPontefice, se l’Europa non si rendeconto che una cultura senza Dioprovoca contraccolpi negativi nelleterre dell’Islam, del Buddismo, del-l’Induismo, ecc. dove il sacro si in-treccia intimamente al quotidiano.Per scuotere l’anima del continente,risvegliare la funzione di lievito peril mondo intero svolta fino a oggidall’Europa, Benedetto XVI ricorrealla parabola del Vangelo in cui Cri-sto guarisce il sordomuto mettendo-gli un po’ di saliva sulle orecchie.“Apriti”, disse Gesù e il sordomutoguarì. Ma l’Europa e l’Occidentenon vogliono guarire. “Esiste unafreddezza d’udito nei confronti di

viamo un’ondata di nuovo drasticoilluminismo o laicismo, comunquelo si voglia chiamare. Credere è di-ventato più difficile, poiché ilmondo in cui ci troviamo è fattocompletamente da noi stessi e inesso Dio, per così dire, non compa-re più direttamente. Non si beve al-la fonte, ma da ciò che, già imbot-tigliato, ci viene offerto. D’altraparte, l’Occidente oggi viene toc-cato fortemente da altre culture, incui l’elemento religioso originarioè molto forte, che sono inorriditeper la freddezza che incontrano inOccidente nei confronti di Dio. Equesta presenza del sacro in altreculture tocca nuovamente il mondooccidentale, tocca noi che ci tro-viamo al crocevia di tante culture”.

Friedrich Nietzsche: “Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna e… al mercato…. si mise a gridare cerco Dio?”.

Nelle religioni orientali,Islam, Buddismo, Induismoil sacro s’intrecciaintimamente al quotidiano.

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Chi ha detto che dove c’èricchezza c’è felicita? Chi ha detto che dove si sta bene non esistonoproblemi? Chi ha dettoche dove tutto èorganizzato tutto filaliscio? A Udine si è sentitoil bisogno di una strutturaper i giovani in difficoltà. E i salesiani si sonoattivati…

Sono una novantina di storie difficili,con risvolti talvolta drammatici, dipoveri orfani della nostra società po-stindustriale nel ricco Nordest. Sonoragazzi meno fortunati, svantaggiatidal punto di vista sociale, profonda-mente segnati nella crescita affettiva,deprivati spesso del diritto naturaledi essere felici e spensierati come iloro coetanei. È della vita di questiragazzi “poveri e pericolanti”, comeli definiva Don Bosco, per certi versiadulti prematuri, che abbiamo contri-buito a scrivere un capitolo impor-tante.

IL METODONel lavoro di ogni giorno gli opera-

tori dei due centri – e se ne attendeun terzo – sono investiti dalla graveresponsabilità di guidare tutti i piccolio grandi interventi educativi, a entra-re in punta di piedi, con il massimorispetto, con amore esigente e pazien-te, senza prepotenza nella vita di unatenera pianticella, per sostenerla e ac-compagnarla, per offrirle il calore

umano indispensabile alla crescitache non di rado manca o è disordina-to. L’obiettivo è unico: aiutare i ra-gazzi a crescere sani e robusti “den-tro”, offrire degli strumenti perchépossano un giorno affrontare da solila loro strada come da veri protagoni-sti. Quando si è tentati dallo scorag-giamento per la scarsa risposta, sup-plisce l’incorreggibile ottimismo ver-so il mondo giovanile che si respira-va a Valdocco: “Non ho mai cono-sciuto un giovane che non avesse insé un punto accessibile al bene, fa-cendo leva sul quale ho ottenuto mol-to di più di quanto desideravo”. Pa-role di un profondo conoscitore deigiovani, Don Bosco. Ogni tanto qual-cuno ritorna, per rivedere la sua casa,ricordare anni difficili, per dire che ècambiato e raccontare del lavoro,confidare progetti, lasciando intende-re che qualcosa ha imparato da noi,non abbiamo sprecato tempo e fatica,e abbiamo ben giocato la carta dellafiducia! La comunità è come unagrande famiglia: ragazzi, educatori,volontari, famiglie d’appoggio, ami-

CASA/FAMIGLIA

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RICCO NORDESTPOVERI RAGAZZI

Abbiamo solo 13 anni, e se il13 è un numero fortunato,siamo a cavallo. Tredici anni

fa, dunque, nasceva la casa/famiglia“Domenico Savio” per i giovani delfortunato (?) Nordest, per quelli chedi fortuna ne hanno avuta poca, quel-li che potremmo definire sfortunatinella fortuna. Rovistando nell’archi-vio si contano 72 schede di ex, piùgli attuali 9 terremoti della Casa Do-menico Savio e i 5 sbarbatelli dellaMichele Magone di recente apertura:

di Angelo Durante

Una cameretta/studio.

La Casa/famiglia di Udine.

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ragazzi ogni aiuto era inutile se nongli si dava una casa”, scriveva DonBosco nelle sue Memorie. Così l’i-dea di una casa per i preadolescentiin difficoltà prese forma e si feceprogetto: accompagnare i ragazzi neldelicato lavoro di costruire e consoli-dare la propria identità, portandoli adaccettare se stessi, a migliorare i rap-porti con la famiglia, a vivere rela-zioni più serene con l’ambiente, adassumere con gradualità valori eorientamenti che li aiutino a diventa-re buoni cristiani e onesti cittadini,convinti che la chiave stia nel coniu-gare armoniosamente “ragione, reli-gione e amorevolezza”, secondo ilmetodo preventivo di Don Bosco.Senza sostituire o porsi in concorren-za con la famiglia in difficoltà, ma inpiena e leale collaborazione, e soli-dale sostegno.

MIRACOLI CON NOME E COGNOME

Si comincia come si può. C’è all’i-stituto Bearzi un appartamento pocoutilizzato: ospitava la comunità dellesuore che gestivano cucina e lavan-deria. Con pazienza e in economia, sisistemano le camere con letti a ca-stello per otto posti. Il personale? Unsalesiano e un obiettore. Il primo ra-gazzo, orfano di padre e con la madrein difficoltà, arriva che la strutturanon è ancora pronta. Ci si arrangiafacendo di necessità virtù. Cominciail lavoro: si ascolta tanto, si cerca dicapire senza giudicare. Quando arri-vano due volontarie la comunità ac-quista una sua fisionomia educati-va… Dopo breve tempo non si riescepiù a far fronte alle richieste, e pro-

gettiamo di allargarci. Mentre l’archi-tetto stende il progetto, bussiamo atutte le porte. In Comune l’assessorec’incoraggia e ci aiuta, stanziando uncongruo contributo con cui iniziamo ilavori. La signora Nice offre un’in-gente somma e dopo alcune settima-ne mi chiama perché – dice – non ècontenta. Perché mai? Ci vado conun certo timore. Appena mi vede,porge una busta: “Voglio fare cifratonda. Che nessuno sappia!”. Passa-no due mesi, e arriva da un paesino dimontagna la telefonata della signori-na Iva, anziana maestra in pensione,che nessuno conosce, ma da sempreinnamorata di Don Bosco. Offre uninvestimento di decine di milioni,frutto dei suoi risparmi, giusto per or-dinare i serramenti. La casa è pagata.Mancano solo le suppellettili, dallacucina alle camere. La provvidenzaquesta volta si chiama Giuseppe, undistinto signore che ha per le maniuna somma considerevole destinata aun orfanotrofio. Ha già girato il Friulisenza risultato. Capita al Bearzi, vi-sita la nostra costruzione ormai qua-si pronta, s’informa, guarda, rifletteesamina e: “È quello che cerco!”.Così ci togliamo anche il pensierodell’arredo. Poi ci sono Matteo, Ele-na, Pierre, Filippo, Lia, Luigino, Mi-ra, Cristian, l’alpino dall’Australia,l’exallievo del Canada, quello di Ge-mona… e tanti altri anonimi; tuttipartono dalla stima per Don Bosco eportano “ai suoi ragazzi” un investi-mento per il domani della nostra so-cietà. A noi rimane l’incombenza dicredere nel valore del compito educa-tivo, convinti che ci sarà quel “pane,lavoro e paradiso” che Don Bosco hapromesso in abbondanza a salesiani ecollaboratori. �

ci... Succede pure che Norma, unanonnina sola, scelga di festeggiare isuoi 80 anni attorniata dai ragazzi, al-meno per una volta educati e rispetto-si. Il dono più gradito per certi anzianibenefattori e amici che non esconopiù di casa è la visita dei nostri caridiscoli che fanno loro dimenticareper un momento gli acciacchi.

LA NASCITAA fine settembre 2004, abbiamo fe-

steggiammo il nostro 10° complean-no nella più genuina tradizione sale-siana: una festa di famiglia, condivisacon numerosi amici e collaboratori, etanta gioia. È stata un’occasione persensibilizzarci sulla condizione deiragazzi in difficoltà, fare il punto,programmare il futuro: una secondacasa, grande e spaziosa per poter aiu-tare altri ragazzi, perché ci piange ilcuore ogni volta che non possiamoaccogliere i loro appelli per mancan-za di spazio. Tredici anni, un’età incui si crede molto ai sogni; se ne hatutto il diritto! I nostri sono accompa-gnati dai progetti dell’architetto, dal-l’attenzione delle autorità, dal soste-gno generoso di benefattori e amici.Vogliamo sperare che i nostri, comequelli di don Bosco, non siano solosogni o che non rimangano tali permolto tempo, perché abbiamo frettadi crescere. Ma Don Bosco tutto que-sto già lo sa.

Ritorniamo agli inizi per dare ra-gione della nostra scelta. Alla finedegli anni Ottanta, dopo una lungariflessione sul significato della pre-senza salesiana a Udine, abbiamo in-dividuato come urgenza la necessitàdi realizzare qualcosa per i meno for-tunati: “Ero persuaso che per molti

Attività. Le passeggiate amalgamano il gruppo e creano amicizie durature.

Attività. Il teatro è un formidabile mezzo educativo.

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Il Fondatore beato Giacomo Cusmano.

ROMA, ITALIA. “DonnaCoraggio” ed “Eroe per la fi-ne della schiavitù moderna”.I due premi del Dipartimentodi Stato USA sono stati asse-gnati a suor Eugenia che è al-la guida dell’UISG (UnioneItaliana Superiore Generali)ma che lavora anche sullastrada per togliere dalla pro-stituzione le giovani sfruttateda trafficanti senza scrupoli.Alle ragazze dà alloggio epossibilità di riabilitazione.“Le nostre suore lasciano lasicurezza dei conventi di not-te per raggiungere queste ra-gazze!”, ha dichiarato.

AIX-EN-PROVENCE. Ve-nerdì 30 marzo, davanti alletelecamere suor Marie-Si-mone-Pierre, 46 anni, ha di-chiarato di essere guarita dalParkinson grazie all’inter-cessione di papa Wojtila.Era stata costretta a lasciareil suo lavoro di infermieradata la gravità del suo male.Le sue sorelle hanno chiestol’intercessione del grandePapa, che soffriva dellostesso morbo. Da allora suorMarie è guarita e ha ripresoil suo posto in ospedale.

BREVISSIME DAL MONDO

CITTÀ DEL VATICANO.In tempi di globalizzazionetutto viene a contatto con tut-ti. Anche le religioni. Perciò,non si può non dialogare. Madialogo e tolleranza non si-gnificano livellamento in unsincretismo che impoverisce,ha sottolineato lo stesso Be-nedetto XVI.

LI KÖNIGSTEIN. Due an-ziane sorelle cattoliche (85 e79 anni) sono state ammaz-zate a Kirkuk nel nord Iraq,a scopo di rapina. Pare chele due donne conoscessero iloro aggressori. Le comu-nità cristiane in Iraq vivonoin situazione di precarietà enon pochi meditano di la-sciare definitivamente ilmartoriato Paese.

MILANO. Presso le suoreOrsoline di Via Lanzone 53,è organizzato un corso di“Educazione pre e post na-tale con la musica” per ottoweek-end a cominciare daquesto mese di giugno. Èaccreditato dal Ministerodella Salute e rivolto a tuttigli operatori di settore. E-mail: [email protected],cell. 333/42.62.845.

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OMNIA IN CARITATE

IL SERVO DI DIO DON FELICE CANELLIdi suor Francesca Caggiano

“Il mondo ha bisogno di santiche abbiano genio, come unacittà dove infierisce la peste habisogno di medici. Dove c’ènecessità c’è obbligo!”, scrivel’autrice che è anche la postu-latrice della causa di questouomo di Dio, vero genio dellacarità, “vivo, dinamico, dal ca-rattere impetuoso, vulcanico,creativo…”. Un uomo che hapreso a modello Don Bosco es’è guadagnato l’ammirazionee l’affetto dei parrocchiani. Èun libro da leggere. Il BS asuo tempo dedicherà a donCanelli un articolo.

tamente il 1964 quando rima-sero vittime dei ribelli circa200 tra sacerdoti, religiosi esuore, oltre a migliaia di con-golesi. Padre Spoto percorre-va in quel periodo il territoriodella Missione per rendersiconto delle necessità dellagente e dei suoi missionari,quando in una capanna dellaforesta presso il fiume Kibalivenne intercettato, seviziato.La sua agonia fu straziante,durò 15 giorni. La Chiesacontinua a essere un serbatoiodi martiri. Grazie al loro sa-crificio essa continua la suamarcia verso “cieli nuove eterre nuove”.

BEATO FRANCESCO SPOTO MARTIRE

Dal 21 aprile un altro beatoarricchisce la numerosissimaschiera di coloro che sono ca-duti martiri della fede. Appar-teneva alla congregazione dei“Missionari Servi dei Poveri”fondata dal palermitano Gia-como Cusmano, contempora-neo di Don Bosco – e mortonello stesso anno 1888 –. Sitratta del beato FrancescoSpoto, siciliano di Raffadali.È caduto sotto i colpi dei“Simba”, i “leoni” comunisti,che imperversavano in Congonegli anni Sessanta del secoloscorso. Fu pestato a morte dadue giovani guerriglieri e ab-bandonato nella capanna dovel’avevano sorpreso. Non eraun missionario qualunque don

BOX

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redazionale

Francesco, era il superiore ge-nerale della sua congregazio-ne, eletto ad appena 35 anni,nel 1959, che si era recato invisita canonica alla missione

in Congo. I ribelli “Simba”imperversavano nella regione,spargendo ovunque terrore emorte. Furono molti i religio-si e le religiose, uccisi senzapietà. L’anno peggiore fu cer-

Il giovane martire Francesco Spoto.

ROMA, ITALIA. È notoche in Cina l’informati-ca sta vivendo una stagionestraordinaria. Da oggi i cri-stiani cinesi, sacerdoti e re-ligiosi – ma anche i fede-li laici – hanno a disposi-zione un sito in cui vie-ne presentata l’intera Litur-gia delle Ore, il Messalequotidiano e la breve storiadel santo del giorno in lin-gua cinese. Si tratta delnuovo sito www.MHChi-na.net preparato dal sale-siano don Paul Leung, pre-sidente di Peace Commu-nication Network, PCN(www.pcn.net).

CITTÀ DEL VATICANO.Il cardinale salesiano Tarci-sio Bertone, Segretario diStato di Sua Santità, il 4aprile 2007 è stato nominatoCamerlengo di Santa Ro-mana Chiesa. Il Camerlengopresiede la Camera Aposto-lica e svolge l’ufficio di cu-rare e amministrare i beni ei diritti temporali della San-ta Sede nel tempo in cuiquesta è vacante, dopo lamorte del Papa.

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TONJ, SUD SUDANIl coadiutore salesiano si-gnor Giacomo Comino hafesteggiato nella Missionedi Tonj, il suo 50° di pro-fessione religiosa. Alla ce-rimonia c’erano un mare dipersone, e lo stesso Go-vernatore del Sud Sudan.

Ha solennizzato la giorna-ta la Banda Don Bosco di-retta da don John Lee. Co-mino è da una vita in mis-sione: è stato per 32 anniin Corea e per 14 in Su-dan, dove tuttora svolge ilsuo apostolato a Khartoumcome economo dell’opera.

CASERTA, ITALIAIl 31 gennaio ultimo scor-so, presso il Santuario delCuore Immacolato di Ma-ria, la Famiglia Salesianadi Caserta ha vissuto unmomento di gioia e spe-ranza con la promessa di

nove salesiani cooperato-ri. “Saremo tralci di Cristonel filare di Don Bosco”ha detto uno di loro sinte-tizzando la volontà di tuttidi essere testimoni disperanza tra i giovani e iragazzi più bisognosi.

FORLÌ, ITALIAIl salesiano cooperatoresignor Euristeo Ceraolo,assistente presso il con-vitto salesiano di Forlì èstato onorato della nomi-na a membro dell’Acca-demia dei Benigni di Ber-tinoro, fondata dal vesco-vo Isidoro della Robbia

nel 1642, con la motiva-zione “… per le attività dalei svolte e il sicuro appor-to culturale…”. La cerimo-nia si è svolta nella “Salade Quadri” del Municipioalla presenza del Sinda-co. Dell’Accademia è so-cio anche il Maestro Ric-cardo Muti.

ROSENHEIM,GERMANIALa missione polacca equella italiana si sono uni-te insieme per ricordareDon Bosco. Ospiti l’ispet-tore di Cracovia, il signorRudolf Barth responsabileper le missioni straniere, ilcoro della missione polac-

ca e il tenore italo/argenti-no Mariano Spagnolo. Do-po la festa religiosa inchiesa, quella fraterna atavola con due piatti fortidella tradizione culinariapolacca, il Kapusniak e ilGulasz. Il riunirsi per la fe-sta di Don Bosco è ormaiun tradizione consolidata.

GAMBELLA, ETIOPIALa missione di Pugnido(Gambella) si mette inmoto per due progetti: lacostruzione della ScuolaMaterna con mensa quo-tidiana per 50 bambinescelte tra le più povere einfelici che non avrebbe-ro alcun futuro, data la

loro condizione sociale.E la Scuola di taglio ecucito per 30 ragazze“povere e abbandonate”.E come sempre, percompletare l’opera, i sa-lesiani confidano nell’aiu-to dei buoni: senza di lo-ro è di f f ic i le qualsiasirealizzazione.

a cura del direttore

GIOIOSA MAREA,SICILIAIn una società sempre piùchiassosa e distratta oc-corre ritrovare le ragionidel silenzio e della medita-zione. Strutture adatte sor-gono un po’ dovunquepresso conventi o istitutireligiosi. Anche le parroc-

chie si muovono comequella di Gioiosa Mareache nella contrada Galbatoin posizione splendida, hacreato il “Villaggio della pa-ce”, per settimane di frater-nità, ritiri, campi scuola,convegni, vacanze…Tel./Fax 0941/39100E-mail: [email protected]

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I volontari sono una forzatrainante... proprio perchésono volontari. Nonaspettano gratificazioni,lavorano perché sannoche il loro servizio èsperanza di futuro pergente che avevacominciato del futuro a disperare.

Quel giorno partimmo per lavisita a due villaggi del “Pro-getto Scuole” ideato e porta-

to avanti attraverso la Don BoscoChildren Fund con l’aiuto indispen-sabile di volontari, veri angeli per lagente assistita. “Questa carità costacirca un milione di dollari l’anno!”,specificò don Battista che, essendostato economo per tanto tempo, eraanche un uomo estremamente con-creto. “E dove li trovate tanti soldi?”.Alzò occhi e braccia al cielo, poi dis-se: “Ehi, miscredente! C’è o non c’èla Provvidenza?”. “Certo che c’è; sichiama Stato, benefattori, organizza-zioni non governative, procure mis-sionarie e tanti anonimi donatori,non sempre ricchi…”. “Bravo! Saitutto, quindi sono inutili altre spiega-zioni”. “Posso chiederne ancorauna? Com’è la ripartizione?”. “Conil cucchiaino! La cifra sembra grossa

ma le necessità qui vanno ben oltre.Allora: una parte va per il riso: nediamo un sacco a famiglia ogni me-se, una parte per la scuola dei bam-bini, cioè noi paghiamo, già te lo dis-si, le famiglie perché mandino i figlia scuola. Gli diamo 10 dollari al me-se… ma i villaggi sono 90 e le fami-glie ben di più… Un’altra parte pergli attrezzi che forniamo alle famiglieper il lavoro dei campi, per la cuci-na, ecc. Una parte ancora per la pre-venzione dell’AIDS: qui è una piaga.Quattro dollari al giorno servono perpagare gli insegnanti delle tantescuole che sosteniamo, perché il go-verno non li paga, se non con una re-galia di una decina di dollari almese”. Ho capito perché un milionedi dollari non erano poi una gran ci-fra. “L’operazione villaggi è gestitadai volontari… sono i nostri angeli”.

A WATCHOMPÀStavamo viaggiando verso un vil-

laggetto sulle rive del Basaic, unodegli affluenti del Mekong. Si chia-mava Watchompà. Stavamo percor-rendo una strada sterrata che gli in-numerevoli e profondi solchi longi-tudinali e trasversali, le buche, i sas-si, il fango avevano trasformato inuno spasimo per la schiena e lo sto-maco, che a ogni sobbalzo, in prati-ca ininterrottamente, sembrava vo-lessero cedere. Anche quel calvariofinì, con somma gioia dei passegge-ri, e pure dell’autista. Era abitato dauna comunità vietnamita quasi inte-ramente cattolica. Non c’era l’om-bra di una strada asfaltata o di unpezzo di terreno mattonato… Le ca-se (beh, dire case è un eufemismo!)erano quasi tutte su palafitte, e nonpoche galleggiavano in mezzo alfiume… ma, lo giuro, Venezia nonmi è venuta in mente nemmeno perun istante! Girammo un po’ tra

VIAGGI

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ANGELITRA LE RISAIE

Un gallo da combattimento.

A Muat Kassak una natura selvaggia…

di Giancarlo Manieri

Un’abitazione di Muat Kassak.

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che era il posto dei passeggeri. Eratirata a secco e potemmo salire abordo senza difficoltà. Le quali tut-tavia cominciarono subito dopo.Come avevo previsto la tettoia erabassa anche per me che sono basso,tanto da costringermi – benché fossiseduto sul nudo assito, a tener pie-gata la testa, per non sfondare lostraccio che ricopriva l’intelaiaturadi centine. In compenso don Batti-sta, più alto, stava molto peggio,però non si lamentava. Due passeg-geri erano più che sufficienti a rico-prire lo spazio utile. Due passeggerie due uomini di equipaggio: il cari-co era al gran completo. Mentre ilmozzo, un ragazzino di una decinad’anni, se ne stava aggrappato al-l’orlo della chiglia tenendo un sec-chiello tra le gambe, il pilota, forseil padre, strattonava pervicacementela corda per avviare il motore chesembrava non avesse alcuna vogliadi partire: brontolava a ogni stratto-ne della corda per qualche istantepoi si acquietava. “Don, qui non siparte!”. “Si parte, si parte!”. Dopouna quindicina di strappi, il pilotasudava come un cavallo da tiro eringhiava parole incomprensibili…Se tutto il mondo è paese, sapevoquello che diceva! Quando il moto-re decise di avviarsi, arrivò un altroguaio: l’acqua che lambiva la chi-glia, mossa dall’elica, cominciò aspruzzare abbondantemente l’assito.Allora benedissi il tettuccio! Ognitanto il motore calava di tono e labarca si fermava. Allora il bimbettoriempiva il barattolo con l’acqua delfiume e lo scaricava sul vecchiofuoribordo che sembrava riprenderevita e ripartiva per un altro tratto.

A MUAT KASSAK NON SOLO

Come Dio volle arrivammo a MuatKassak. Ci presero subito d’assaltodei tassisti con motorini… che asso-migliavano più a vecchi cimeli. Pre-ferimmo, ovviamente, camminare apiedi. Il villaggio aveva di bello solola pagoda, e una natura selvaggia. Ilresto era la solita minestra: palafitte,galline, cani, galli in gabbia, maiali,mucche. E bambini seminudi, qual-cuno solo con il vestito che gli fecemammà. Giocavano, maschi e fem-mine in promiscuità, con la più asso-luta naturalezza. La vista degli stra-nieri li richiamò attorno a noi. Nonchiedevano se non un sorriso, una pa-rola, una carezza, cose che Battistadistribuiva a profusione.

Qualche giorno prima, durante ilviaggio di avvicinamento a PhnomPenh, avevamo visitato altri villaggidel “Progetto Scuola”. Ovunque ac-colti a inchini, discorsi, fiori e perga-mene. Ne conservo una gelosamente,scritta in calligrafia dai bimbi di unascuola elementare, per me. La con-servo come una reliquia anche se nonci capisco un’acca. In uno gli alunnici hanno mostrato i loro lavori, e pre-sentato orgogliosi il terreno dovepiantavano verdura, fiori, alberi dafrutta… I 69 ragazzi di suor BeataBienias, a Battambang, portati ascuola strappandoli dalle fabbrica dimattoni, hanno cantato per noi. In unaltro villaggio i ragazzi si sono fattitrovare tutti irreggimentati con tantodi omaggio floreale per lo straniero,che poi ero io (Battista lo considera-vano uno di loro). Un’esperienza in-dimenticabile. �

viuzze lerce e piccoli slarghi occu-pati da misere bancarelle che vende-vano di tutto un po’, ma nessun oc-cidentale si sarebbe fatto venire lavoglia di comprare qualcosa. Gentece n’era; tantissimi i bambini. Pe-rò… “Don, questo paese è senzaanziani?”. “Ottima osservazione. Dagiornalista”. “Lascia stare i com-plimenti e rispondi”. “Gli anzianisono stati fatti fuori da Pol Pot, mane riparleremo, adesso non chieder-mi di più”. Così giungemmo all’im-barcadero (ma anche questo è uneufemismo). Ci aspettava una spe-cie di sampan, come ne avevo vistiin Cina sul fiume di Lin-chow, sen-za alberi con una tettoietta ad arcotalmente bassa che dubitavo potes-simo entrarvi in due, quando seppi

Pronti per l’accoglienza nella scuola di un villaggio del Progetto.

Roberto e don Battista alle prese con i ragazzi di Muat Kassak.

La bella pagoda del villaggio.

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I salesiani in Ucraina sono“sbarcati” la prima voltanel 1936. Ci restarono peruna decina d’anni, finchéil regime non li cacciò.Sono poi tornati negli anniNovanta, dopo la cadutadei rossi e oggi gestiscono sette presenze.Alcune vicende cheriguardano i figli di Don Bosco in Ucraina.

Fatta costruire trail 1934-38 dal-l’Arcivescovo diLeopoli (Lviv),fu affidata ai sa-

lesiani polacchi dirito latino, che la ressero fino al1946. Intanto gli avvenimenti belliciregistrarono nel 1944 la ritirata delletruppe tedesche dal territorio ucrainoe la ripresa delle zone occupate daparte dell’armata russa. A ricordodella vittoria sul fascismo, davanti al-la chiesa venne collocato come trofeoil carro armato sovietico che per pri-mo entrò nella città di Leopoli. Vi ri-mase fino al 1996.

I LIBRI DEL PARTITOTornando alla nostra chiesa, con la

rioccupazione da parte di Mosca, ilsuo destino era segnato: fu requisita,trasformata in deposito di libri del

partito che da qui venivano smistatiin tutta la regione. In seguito al crollodel regime (1989), il salesiano donBasilio Sapelak, che lavorava il quelperiodo con gli ucraini emigrati inArgentina, ritornato nel 1990 provvi-soriamente a Leopoli, chiese all’Arci-vescovo di intervenire presso le auto-rità competenti per ottenere la chiesa,nei cui sotterranei, a partire da quel-l’anno, qualche sacerdote della cittàaveva ripreso a celebrare ogni dome-nica. Nel maggio 1991 un decreto or-dinava la restituzione all’autorità reli-giosa e l’immediato trasferimento de-gli occupanti in altro luogo.

24 agosto 1991: arriva definitiva-mente don Basilio Sapelak per pren-dere possesso della chiesa, affidatadal Rettor Maggiore don Egidio Vi-ganò ai salesiani ucraini di rito gre-co cattolico.

Non erano finite del tutto le diffi-coltà; infatti i libri del partito resta-

MISSIONI

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Una nazione che ha riconquistato la propria

UCRAINATERRA DI SPERANZA

Era difficile nasconderla, farlasparire nel nulla, anche perchéera una costruzione di notevoli

dimensioni. Eppure il regime sovieti-co cercò di sottrarla, almeno in parte,agli occhi della gente, mediante unabarriera di folta vegetazione. Accan-to a essa scorre una via molto fre-quentata in direzione est della città,zona periferica. Si tratta della chiesadedicata alla Madonna venerata dallatradizione orientale con il titolo diPokrova, corrispondente per noi adAusiliatrice.

di Rino Pistellato

Il Rettor Maggiore a Lviv con tutti i confratelli dell’Ucraina.

La cartina dell’Ucraina con le case salesiane.

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indipendenza nel 1990, dopo il periodo sovietico.

dei quali ammassati fuori della chie-sa. Nel ’92 iniziano i lavori di rico-struzione, terminati nel 95, anno incui la chiesa è riconsacrata duranteuna celebrazione che fu vera apoteosidel sacro, nella tipica atmosfera dellareligiosità orientale, tra spire d’in-censo e armonie di struggente dol-cezza: la chiesa è adornata di fiori efestoni, i convenuti portano sul vesti-to una coccarda, i passanti si ferma-no ad accendere una candela. Unafesta che si porta dietro le sofferenzee il sangue dei martiri della repres-sione bolscevica.

Per i salesiani di rito greco catto-lico questa chiesa è come il cuoremariano della loro presenza inUcraina e centro di irradiazione nelvasto territorio che ha una superfi-cie doppia rispetto all’Italia.

Questa terra sta proseguendo nelsuo cammino di ricostruzione a piùvoci, in una pluralità di orientamentiche si fanno lentamente luce dopol’oscura uniformità del regime, do-po le truffe dell’ideologia e dellagestione dispotica degli oligarchipost-sovietici.

Il lavoro principale è senz’altroquello educativo. “I giovani sono

come le rondini, vanno verso la pri-mavera”, diceva un santo laico deinostri giorni impegnato nella cultu-ra e nella politica.

I salesiani di Ucraina stanno vi-vendo con i giovani questa migra-zione verso la primavera, impegnatisul fronte dell’animazione neglioratori, nei centri giovanili, nellascuola e in quello non meno impor-tante dell’orientamento vocazionale.In poco tempo sono già otto le pre-senze, con l’obiettivo di spingersisempre più verso l’est del paese, ingran parte ateo. Lì già opera coneroica testimonianza e grande cuoremissionario, l’anziano vescovo sale-siano emerito, monsignor AndrijSapelak, vero pioniere e battistradain attesa dell’arrivo di confratelli.

IL FUTUROL’estate scorsa il Rettor Maggiore

don Pascual Chávez ha visitato, be-nedetto e incoraggiato il lavoro dei43 salesiani che già operano sul ter-ritorio della nazione.

Ho iniziato raccontando la vicen-da della nostra chiesa: chiesa che ri-nasce è per noi segno dell’uomo cherinasce sotto il patrocinio della no-stra Pokrova-Ausiliatrice.

Sono stato di recente a un concer-to di ragazzi cantori: è stato ammi-revole per la suggestione delle vocidal biancore supremo di cristallo eper quegli acuti simili a guglie dora-te di suono. Bastava chiudere gli oc-chi ed era subito un angelo chesplendeva. Capolavoro dell’educa-zione, l’arte per eccellenza, che fafiorire la vita in tutte le sue qualitàpiù belle. Proprio quello che facevae vuole fare qui da noi in UcrainaDon Bosco, quel grande profeta disperanza educativa. �

vano ancora al loro posto e le pro-messe di trasloco venivano conti-nuamente procrastinate. Stava avvi-cinandosi una data importante: 14ottobre, festa patronale. Alcuni fe-deli, spazientiti e desiderosi di so-lennizzare la festa, entrarono di for-za, rimossero pacchi, scaffali, cata-ste di libri: si poteva così entrare inchiesa.

SI RIPARTE14 ottobre 1991: il Vescovo ausi-

liare benedice le mura, l’altare prov-visorio, circondato da sacerdoti, mo-naci basiliani, studiti, redentoristi efedeli in quantità, la maggior parte

Giovani dell’“Estate ragazzi”; sullo sfondo la bella chiesa dei salesiani.

Allievi della scuola salesiana di Leopoli.

L’interno della chiesa durante una celebrazione per i giovani.

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Carissimo, ti va di fare quattro chiacchiere? Loprendi un caffè, un tè, al bar con me? Ho da confidarti qualcosa che ti riguarda. Ti aspetto in pizzeria? Ci stai? A stasera.Celentano in una canzone di successo si lamentava di non trovare neppure un prete con cui parlare.Il bisogno di confidarsi, di avere qualcuno con cuiattaccar bottone è resomacroscopico dal boom dei telefonini e dall’alluvione incontenibile della posta elettronica.Tutto diventa e-mail ovvero appiccica tutto. A questopunto entro nel tema con quattro affermazioni

Non c’è colpa più grande che tenersi tutto dentro.La palude fa imputridire tutto, anche i fiori piùbelli. Ti invito a procedere con una vera operazionechirurgica. Perché una conversazione porti frutto devisbarazzarti dei rifiuti che porti dentro. Non temere di affidare il tuo sfogo a chi è capace di asportarti il veleno di alcune esperienze. Fai un torto alla tuapersonalità se la lasci come l’hai trovata.

Non c’è disgrazia più grande che non trovare un amico.Guardare se stesso attraverso gli occhi di unamico è più che un esame di coscienza. È superare la paura di diventare intimi, di ritrovare se stessi.Se vuoi arrivare a conoscerti, fatti conoscere da un uomo saggio capace di condividere e ascoltare.Se vuoi giungere a qualche risposta vera, orientale tue domande a un maestro di virtù.Un amico è un faccia a faccia con te stesso. Un amico non è un fiore di plastica che da lontano sembra vero. È un fiore vero. Te ne accorgi da vicino.

Non c’è difetto più grande del silenzio ostinato.La confidenza è in agonia. I palinsesti televisivi non riescono

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FARE 4 CHIACCHIERE

letteraai giovani

LA VOGLIADI...

a dribblare i frastagliati arcipelaghi affettivi, se non incagliandosi in improvviseviolenze o efferati omicidi. A uscirne vittima è la parola. La parola non è scomparsa. È rimasta la sete, il desiderio che qualcuno parli al posto di noi.Rompi il silenzio. Quando parli è come se firmassi.Nascosto dietro ogni parola dimora una persona.Tacere ostinatamente è un corto circuito. Unascintilla ti ha portato il buio e la notte nel cuore.

Chi si confida trova vita e futuro.Anche un piccolo filo d’erba ha bisogno di sole; senza luce impoverirebbe eseccherebbe. Il vissuto diventa più ricco quando laconfidenza e l’amicizia crescono. Se ti apri diventi sensibile e la vita stessa più grande. La guarigione dell’anima arriva quando si supera la febbre della chiusura, del silenzio a tutti i costi. La scoperta di te stesso avviene quando ti manifesti. È l’inizio di un nuovo corso. È la primavera dell’anima. Solo così ogni momento diventa una nuova scoperta, ogni attimo porta con séuna nuova gioia. Quando mi sento dire: prendi un caffè, una tazza di tè, una pizza è come se mi sentissi dire: ho voglia di farequattro chiacchiere con te.

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Presentiamo in questo numero di giugno del Bollettino Salesiano la bella realtà

di una delle più qualificate imprese di comunicazionedella Spagna salesiana, la editrice Edebé

(Editrice Don Bosco) di Barcellona.

INSERTO

CULTURA

EDEBÉUn collaudato

progetto educativodi Maria Muntada Torrellas

Più di cento anni e mille libri di testo avallano la Edebé come editoria di punta nell’ambito educativo. Nel ricordo rimangono la creazione

della Escuela Tipografica di Sarriá, pioniera delle tipografie salesiane iberiche, e la pubblicazione di El Joven instruido,

il primo grande successo editoriale, oltre ai manuali di formazione professionale che per anni hanno guidato

l’istruzione e l’educazione di moltissimi giovani.

La sede della Edebé.

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L’importanza che la congrega-zione salesiana attribuisceall’educazione come mezzo

di formazione dei giovani è statala premessa fondamentale che haguidato la editrice EDB nel corsodi un secolo di pubblicazioni.Negli anni Sessanta era conosciu-ta come “Ediciones Don Bosco”,ma già negli anni Ottanta, in pie-na espansione e fase di consoli-damento, si trasformò in gruppoEdebé, denominazione che anco-ra oggi la contraddistingue.

Il cammino non è stato per nien-te facile e, come sempre capita perorganizzazioni complesse, i re-sponsabili hanno dovuto affrontareogni tipo di congiuntura sia a livel-lo redazionale che economico, e

stabilire obiettivi editoriali compa-tibili con una situazione educativain continua evoluzione. Proprioper questo motivo si è rivelata fon-damentale la proposta del modelloeducativo salesiano e su tale mo-dello è stato elaborato il ProgettoEducativo Edebé. L’apporto di in-segnanti e genitori come anche de-gli stessi alunni è stato in qualchemodo chiave di volta per la defini-zione di un progetto aperto e inperfetta consonanza con il nostrotempo.

IN ASCESA ED ESPANSIONE

L’Edebé è un’editrice che valo-rizza il lavoro in équipe, nonostan-te la notorietà di qualche singoloautore. Ogni progetto, studiato pri-ma a tavolino, è poi affidato per larealizzazione a professionisti di di-stinte aree che lavorano con il pre-supposto di elaborare libri di qua-lità, soprattutto quelli che riguarda-no il settore pedagogico. L’editricetuttavia non si ferma ai ragazzi, of-fre invece anche spazi di riflessio-ne e di orientamento per gli inse-gnanti e gli educatori, attraversol’interscambio di esperienze, lamodernizzazione e l’adattamentodelle nuove tecnologie ai curricoliscolastici.

Negli anni Novanta, la Edebéporta a termine la sua grandeespansione diventando protago-nista nella nuova carta geograficadelle autonomie spagnole. Creamarchi per ciascuna delle comu-

nità educative: Giltza nei PaesiBaschi, Rodeira nella regione del-la Galizia, Marjal nella comunitàdi Valencia, Guadiel in Andalusia.Infatti, le sue pubblicazioni sononelle varie lingue parlate nelle di-verse regioni dello Stato ed editalibri specifici per ognuna delle re-gioni autonome.

A livello internazionale, assiemealle ispettorie argentine e messica-ne e a quella cilena, inizia a con-cretizzare il Progetto Ispanoameri-cano che prevede e programma lacompartecipazione di progetti edesperienze con questi Paesi.

La creatività, l’immaginazione,lo sforzo e la tenacia di tutti imembri dell’équipe che componela Edebé sono stati determinantiquando si è trattato di contribuireal consolidamento sia dal punto divista editoriale sia dal punto di vi-sta economico del gruppo. Il suosviluppo in questi due settori fon-damentali gli ha permesso di si-tuarsi tra le editrici leader del mer-cato spagnolo per quanto riguardai libri di testo. Ugualmente, l’edi-trice è leader, da qualche anno aquesta parte, nella fascia educati-va dell’infanzia, ed eccelle nei te-sti di religione cattolica per l’edu-cazione primaria.

LE NUOVE TECNOLOGIEOvviamente, le nuove tecnolo-

gie non potevano rimanere assentinelle offerte dell’editrice. L’infor-matica è, ormai da tempo, arrivatanella scuola, anche nella primaria.

Il direttore generale Antonio Garrido.

Il logo del gruppo “Editrice Don Bosco”.

La grande redazione della Edebé.

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Cosciente di questo fatto, la divi-sione digitale della Edebè ha svi-luppato programmi speciali, diven-tando pioniera nell’utilizzazione diInternet nelle scuole, e ha svilup-pato e incrementato contenuti spe-cifici per le differenti tappe educa-tive. Programmi di formazione per-manente pensati per professori ealunni attraverso la rete hannopropiziato la creazione di un“Campo Virtuale di Educazione”dell’editrice salesiana, in accordocon l’università di Barcellona.

AMPIO CATALOGO DI LIBRI

La Edebé possiede in questomomento un vasto catalogo,comprendente più di cinquemila

pubblicazioni, che praticamentecoprono le necessità educativedegli alunni dai due anni (siamoa livello di scuola materna) finoal Baccellierato e alla Formazio-ne Professionale. L’offerta di testie di materiale didattico è rivoltasia agli alunni sia agli insegnanti.C’è tuttavia da sottolineare chenon tutti i testi editi sono pretta-mente scolastici.

Negli anni Novanta l’editricesviluppa un importante progettoletterario per tutte le età che inclu-de: le collezioni “Tren azul” per ilettori più piccoli, “Tucán verde”rivolta a preadolescenti e adole-scenti, “Periscopio y Nómadas”pensata per i giovani. Per quantoinvece riguarda la formazione deiprofessori, l’editrice pubblica alcu-ne collane che nel corso degli an-

ni hanno assunto una notevole no-torietà e importanza; si chiamano“Innova” e “Innova Universitas”.Per i professori di religione ha ap-prontato materiali didattici specifi-ci, con l’intenzione di tenerli ag-giornati, scommettendo sull’inno-vazione non solo dei mezzi maanche delle linee educative.

Ultima iniziativa particolare del-l’editrice è la serie di fumetti ani-mati che, con chiaro riferimentoalla Edebé si chiamano “Edebits”.Narrano le avventure di Bet, ragaz-zina di 11 anni che vive in una ba-se scientifica dell’Antartide ed è te-stimone della nascita magica dicinque divertenti personaggi, gliEdebits appunto, che diventanosuoi inseparabili amici: Arts, Gov,Net, Org, Com, opportuno riferi-mento a sigle del web. I pupazzi

Una collana. La collana di letteratura.

Collana per ragazzi. Pubblicazioni religiose.

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sono stati disegnati dal fumettistaGustavo Ariel Rosenfent in arteGusti che dal 1986 realizza illu-strazioni per i libri per ragazzi didiverse editrici nazionali e interna-zionali, e disegna fumetti. La seriedegli Edebits viene trasmessa daClan TVE, un’emittente della Tele-visione spagnola, ed è visibile an-che su Digitale Terrestre.

PREMI E PROGETTIInfine, occorre mettere bene in

evidenza che ogni anno la qualitàdel fondo letterario viene avvalora-ta dai numerosi premi che si rice-vono praticamente dopo ogni edi-zione di libri fatta dalla Edebè. Gliultimi sono stati i quotati “WhiteRavens”, concessi dalla “Bibliote-ca Infantil y Juvenil” di Monaco, eda quelli della IBBY (International

Year’s Book) e ancora ricevuti dal-la CCEI (Comisión Católica Espa-ñola de la Infancia).

Dall’anno 1993, queste collezio-ni si sono ulteriormente rafforzatee arricchite per il fatto che l’editri-ce ha istituito un premio annualeintitolato “Premio Edebé de Litera-tura Infantil y Juvenil”. Nella suadodicesima edizione, quella nel-l’anno 2004, ha avuto un ricono-scimento prestigioso e un elencodi scrittori di fama e con titoli ditutto rispetto. I libri dell’editricevengono ormai tradotti nelle varielingue dello Stato. Il 25 gennaio2007 si è svolta la XV edizione delpremio letterario. Era presente l’In-fanta di Spagna, Donna Cristina diBorbone di Grecia, a significare ilprestigio che ormai riscuote questamanifestazione. Erano in palio,quest’anno, 55 mila euro e al con-

La stampatrice. Pulizie e controlli.

In fase di stampa. Fascicoli appena stampati.

corso sono state iscritte ben 244opere originali. Non pochi gli au-tori di largo prestigio che hannopartecipato alle edizioni preceden-ti, come Carlos Ruiz Zafón, An-dreu Martín Farrero, César Mal-lorquín, Elia Barceló.

Nella sua lunga traiettoria, laEdebé di Barcellona ha saputoadeguarsi in ogni momento dellasua ormai lunga storia, alle ne-cessità delle comunità educativee impiantare un modello d’impre-sa possibile (vitale, realizzabile)per il suo sviluppo, sempre tutta-via nel rispetto dei principi, deivalori e del carisma salesiano. Ilfuturo consiste nel continuare aeducare e a offrire mezzi e stru-menti ai giovani e ai loro inse-gnanti in questa importante tappadella formazione.

Marta Muntada Torrellas

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GIANNI BONATOUNA VITADA ATLETA

Èdi nuovo festa nella fami-glia Bonato di San Donàdi Piave quando il 12 feb-

braio 1948 nasce Giovanni, quar-to di sei fratelli educati e seguitidal paziente amore dei genitori.Breve ma ricca di episodi edesperienze significative la vita diGiovanni che è sempre in corsaverso qualcosa: animato da fre-sco entusiasmo e motivato daambiziosi propositi, si fa quasifebbrile la sua ricerca di tagliaresubito il prossimo traguardo permettersi poi alla ricerca e conqui-sta del successivo, seguendo peròuna sentiero luminoso. La suastrada è, infatti, rischiarata daDio a cui egli offre la sua incon-dizionata devozione fino ad ap-prodare a vera e propria missio-ne. Ma facciamo un passo allavolta. Il 1954 è un anno impor-tante, perché segna l’ingresso diGiovanni in un’altra grande fami-glia, quella salesiana, diventandochierichetto nella Chiesa dell’O-ratorio ed entrando nel gruppoADS (Amici Domenico Savio),da poco costituitosi.

� La naturale inclinazione diGiovanni a servire Gesù da ades-so in poi crescerà nutrendosi dinuove esperienze, vissute gomi-to a gomito con persone di com-provata fede, quali il salesianocoadiutore Antonio Nino DalSanto e dal direttore don Gior-gio Zancanaro. Piccolo uomo diDio e nello stesso tempo giova-ne segnato da uno sviluppatopragmatismo che lo hanno sem-pre tenuto con i piedi per terra,

senza sbavature misticheggianti,ma concreto, positivo, dotato dicapacità logiche e organizzative.Era un po’ il leader tra i suoicompagni, e sempre pronto amettere in piedi incontri e mani-festazioni, senza per questo in-contrarne alcuna gelosia. Macon lo stesso zelo, non trascura-va le cose di Dio: servire volen-tieri la messa, un impegno cheeseguiva con grande gioia. Ave-va 12 anni quando volle fare lastessa promessa che a suo tempoaveva fatto Domenico Savio, dicui era grande ammiratore e de-voto: “I miei amici saranno Ge-sù e Maria. La morte ma non ipeccati”. Queste parole a distan-za di anni dalla sua scomparsasuonano ancora come una profe-zia, ma per Giovanni rappresen-tarono il senso che volle dare al-la sua breve ma intensa vita nel-la direzione della Verità.

� Camminando la sua giorna-ta con Dio, maturò presto l’ideadi entrare in seminario e conqueste parole annunciò la deci-sione ai genitori: “Voi siete imiei genitori e siete padroni difare come volete ed io vi obbe-dirò, se però volete farmi con-tento lasciatemi andare adessoin seminario per diventare sa-cerdote”. Le iniziali perplessitàdi mamma e papà Bonato cedet-tero il passo alla forza della suadeterminazione. Così Giovannipoté entrare nel seminario Ve-scovile di Treviso nel 1959.Continuò con più slancio il suocammino verso la perfezione.

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[email protected]

Gianni Bonato(San Donà di Piave 1948-1961).

Scriveva nel suo diario: “Lamorte mi fa paura perché dopoc’è il giudizio di Dio. Per que-sto devo prepararmi bene. Que-sto vuol dire che non sono moltopreparato, perciò devo miglio-rare la mia vita… Attualmentenon sono tanto sicuro, non mi ti-rerebbe tanto di morire”. Instan-cabile atleta di Dio, stava cor-rendo verso la meta attesa delsacerdozio. La morte lo colseprima che potesse arrivare. Era,infatti, in bicicletta sotto casa.Mentre stava pedalando lenta-mente verso la chiesa, poco di-stante dall’abitazione fu violen-temente urtato da un camion.Morì sul colpo. Era la mattinadel 4 ottobre 1961. �

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A Cremisan, una piccolafrazione a pochi chilometrida Betlemme,sta la casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice dove bambini e giovanitrovano spazio e modoper crescere nonostante i vicini venti di guerra e la presenza,poco lontano, di campi profughipalestinesi e diinsediamenti israeliani.

segnanti per la scuola di recupero;con la presenza domenicale di dia-coni salesiani che risiedono a Geru-salemme, la casa di Cremisan è di-ventata un approdo sicuro e sereno.

INSIEME PER …«Il nostro motto – dicono le sorelle-

è Insieme per… L’abbiamo sceltocon i ragazzi perché esprime la nostravolontà precisa di collaborazione.Quando cause esterne ci vogliono di-videre, è il momento di serrare le filae tessere reti di solidarietà». Sono tremissionarie italiane e una del MedioOriente, piene di energia e di passio-ne per i giovani. Insieme, stanno af-frontando la situazione di violenzache dura da tempo e che in quest’ulti-mo periodo si è più fortemente esa-

sperata. Ci confidano che Samar, unadelle animatrici, musulmana, al se-condo anno di università, in una “not-te nera” in cui, dopo le notizie del te-legiornale, non riusciva a dormire, hascritto una poesia/preghiera: «che an-che loro condividono – aggiungono –il cui testo è diventato un po’ la vocedella nostra comunità. Sono paroleche riflettono la nostra vita, ma chedicono anche l’apertura agli altri, achi soffre più di noi». Eccone alcune:«Posso ascoltare della musica, mac’è chi sente solo grida di fame, dimorte, di dolore, di fallimento o pian-to… Io un rifugio ce l’ho, mentre cisono migliaia il cui unico rifugio seitu, Dio. Posso godere ogni giorno losplendore del sole. C’è invece chidalla finestra non può guardare fuori.Aprici la mente per pensare e giudi-care nella giustizia. Hanno bisognodi te i nostri cuori, per non indurirsidopo ciò che vediamo. Donaci, o Dio,la fede e la speranza che, anche pernoi, pace e giustizia un giorno saran-no “REALTÀ”!».

ATTIVITÀProprio riflettendo sulla situazione

del Paese, che esprime condiziona-mento e miseria, le religiose si sonomesse in contatto con il gruppoAleimar, una Onlus italiana che sioccupa di adozioni a distanza e sov-

FMA

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Progetti di pace quotidiana in Palestina,

IL PASSAPORTODEL CUOREdi Graziella Curti

P resso il centro giovanile dellesalesiane ci si interroga sullasituazione del Paese, nono-

stante la zona sia ancora una dellepiù tranquille dove i ragazzi posso-no studiare, giocare, fare attività diogni tipo. Le suore, infatti, non sisono lasciate scoraggiare dalle catti-ve previsioni della stampa interna-zionale o dai fatti dolorosi che giàhanno colpito conoscenti o vicini diterritorio. Si sono invece sentite sti-molate a creare reti con associazio-ni, a elaborare progetti di sviluppoper garantire serenità ed educazioneattraverso l’assistenza, la scolariz-zazione e l’oratorio: spazi e luoghiper crescere e mantenere la capacitàdi sognare nonostante tutto. Insiemecon una dozzina di animatori e ani-matrici giovani, con l’aiuto di tre in-

Cremisan, un gruppo di ragazze dell’oratorio: insieme musulmane e cristiane.

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terra biblica per eccellenza.

ce al mercante cacciatore di tempo“se avessi cinquantatré minuti daspendere camminerei adagio adagioverso una fontana”. Valori che ven-gono mediati dal teatro, dall’espres-sione corporale, dai canti, dalle im-magini, dai giochi di ruolo e che sipongono come alternativa alla vio-lenza, all’odio. C’è pure un giornali-no realizzato dagli stessi ragazzi e in-titolato Momenti. In copertina, la fotodi un soffione che lascia volare i suoipetali verso il cielo e sotto una fraseche è un po’ la sintesi di un ideale pe-dagogico risalente a don Bosco«Ogni vittoria nella vita inizia con unsogno». Qui cristiani e musulmani,insieme, riescono a credere e a so-gnare un futuro diverso per il loroPaese, questo pezzo di terra tantoconteso e dove, “gli uomini hannodeciso che Dio esiste”. Qui si ci siimpegna per la pace a ogni costo epace per tutti.

L’hanno più volte proclamato igiovani che frequentano la casa del-le FMA di Cremisan: «Abbiamo im-parato ad amare questa benedettapace, a sforzarci di diffonderla attor-no a noi. Non è stato facile all’iniziocoglierne il significato vero, ma,grazie al quotidiano incontro forma-tivo durante i campi estivi, e alla no-stra assiduità al Centro Giovanile,nonostante le pressioni esterne, sia-mo arrivate a sperimentarne la bel-lezza e questo ci ha rese forti e capa-ci di influire nell’ambiente in cui vi-viamo, specialmente scuola e fami-glia. Davvero la pace è diventata lanostra preghiera, il nostro canto, il

nostro quotidiano impegno. Conquesto non vogliamo dire di averlagià raggiunta, ci vuol ben altro; lapace vera è frutto di tanta fatica e sa-crificio, ma con tenacia e insistenzacontinueremo a ricercarla fino allasua realizzazione, nonostante legrandi difficoltà in cui viviamo».Senz’altro, alla base di questi pen-sieri sta la presenza educativa dellesorelle. Sta la certezza che quanto èscritto all’entrata della loro casa,presto si compirà: «Verrà un giornoin cui non ci saranno più frontiere,né confini, né barriere. E l’unicopassaporto sarà il Cuore!». �

venziona opere di sviluppo, e ha or-ganizzato una scuola di recupero peri ragazzi che non riescono a seguirei programmi di normale insegna-mento al fine di un loro reinserimen-to nella struttura ufficiale. Oggi, lascuola è legalmente riconosciuta dalCentro di Educazione palestinese e irisultati sono molto buoni. Hannopensato pure a un campo estivo e aun’attività per le mamme per garan-tire loro una piccola, ma costantefonte di guadagno tenendo conto cheper gli uomini, a causa della difficilesituazione del Paese, ormai da tem-po è impossibile trovare un lavoro.Queste attività sono frequentate dal-le mamme della zona e da tutti ibambini sia cristiani sia musulmani,e diventano un’opportunità di cam-mino interreligioso e interculturale.Ma il fiore all’occhiello delle FMAè l’oratorio. Qui si insegna a pensa-re, a perdonare, a guardare con re-sponsabilità alla vita.

LA PACE È LA NOSTRAPREGHIERA

Ogni anno, a Cremisan, s’inventaun percorso educativo stimolante. Lastoria de Il piccolo principe ha carat-terizzato tutto il 2006. Alla sua scuo-la, i bambini e i ragazzi hanno impa-rato che addomesticare, come ha fat-to la volpe con il suo piccolo amico,vuol dire creare legami. Hanno pureimparato il valore del tempo. Nellalentezza sta, spesso, la possibilità ditrovare un tesoro. Questa è la convin-zione del piccolo principe quando di-

“La pace è diventata la nostra preghiera, il nostro canto, il nostro quotidiano impegno”, dicono i giovani dell’oratorio.

Le suore assieme al consistente gruppo di animatori e animatrici.

A Cremisan è come in tutti gli oratori salesiani di questo mondo: si gioca, si prega, si fa gruppo, si discute, s’impara a essere persone degne di fiducia.

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QUALE CHIESAVERITÀ DI VISSUTE

UN NUOVO VOLTO DI CHIESA L’esperienza coraggiosae innovativa della diocesidi Poitiers a cura di Albert Rouet e altri Paoline, Milano 2007 pp. 144

CERCA LA TUA VERITÀ Storia di vita e di sogni,di addii ed incontri di Carmelo Gaudiano Ed. VivereinRoma-Monopoli 2006 pp. 102

Nell’esperienza comune nonè facile trovare un “collegia-le” del ’66 che abbia ancoraviva nel cuore “l’immagineche aveva fissato nellamente del suo educatore eil suo profilo intimo, inalte-rato, corrispondente allagrande considerazione cheserbava di lui”. Viene quidescritta un’esperienza vivadi chi si porta nell’animoricordi incancellabili, affet-tuosi e pieni di gratitudine esincera nostalgia. Si trat-ta di una testimonianzache, oltre a suscitare gran-de interesse pedagogico,può aiutare i giovani e me-no giovani a riscoprire i va-lori fondamentali: la since-rità, la gratitudine, l’amici-zia, la capacità relazionale.Ci si trova davanti a unanarrativa valoriale, che silegge con piacere perchériporta a un “gusto” della vi-ta, a una finezza spiritualeoggi raramente presenti.

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GIUGNO 2007 BS

a cura di Giuseppe Morante

IL MESE IN LIBRERIA

SCOMMESSASULL’UOMOdi Claudio Dalla Costa ElleDiCI, Leumann (To)2006, pp. 176

L’autore descrive un“viaggio” che penetrala condizione umana at-traverso i sentieri del-lo spirito. Le tappe delpercorso sono: “Uomochi sei?”, “Ripartire daDio”, “Gesù Cristo, la mi-sericordia del Padre”,“La Chiesa”, “Segnale-tica per vivere il van-gelo”, “Incontrare Dio?”,“I santi”, “Lo stupore”,“L’umorismo e la vitacristiana”, “Il misterodel dolore”, “La morte:fine o inizio?”. Accantoalla presentazione tra-dizionale del messag-gio cristiano affronta al-cuni argomenti checercano di mostrarecome Dio si fa incontroa coloro che sono ca-paci di stupore davantialla creazione: i santi, iconvertiti, gli evange-lizzatori, i cristiani chesanno “condire” la fedee la vita di ogni giornocon la gioia e l’umori-smo, che sono notecaratteristiche dei figlidi Dio.

FAMIGLIA O ALTRO?

UNIONI DI FATTO,MATRIMONIO, FIGLI tra ideologia e realtà di Carlo Casini Ed. fiorentina, Firenze 2007pp. 148

PER SEMPRE SPOSE Una proposta di spiritualità vedovile a cura di Francesco Piloni Effatà ed., Cantalupa (To)2006, pp. 168

Nel primo testo l’autore ri-sponde a domande moltoattuali, chiarificando le ideea partire da considerazionigiuridiche e dal senso stes-so del vivere umano, dellasocietà, della storia: perchéin molti atti internazionali enazionali la famiglia è di-chiarata “nucleo fondamen-tale della società e delloStato”? Vi è una differenzatra la famiglia e le altre for-me di compagnia? È pro-prio vero che i conviventisono oggi privi di ogni tute-la? Nel secondo libro si af-fronta il problema delle ve-dove nella dimensione cri-stiana. Essa non cessa diessere sposa: l’alleanzamatrimoniale rimane ma inmodalità nuove. L’autoredelinea la fecondità spiri-tuale della vedovanza, radi-cata nella relazione conCristo Sposo, e la possibi-lità di un grande contributoalla pastorale della Chiesa.

La Chiesa occidentale ha bi-sogno di una vera trasfor-mazione, per annunciare al-l’uomo d’oggi la Parola disalvezza. Lo fa descrivendola coraggiosa Chiesa di Poi-tiers con il dinamismo e lacreatività della sua imposta-zione pastorale. Rileva chetale esperienza può far rina-scere la fede in questo mon-do miscredente, la possibi-lità di suscitare nei sacerdotiun nuovo entusiasmo e offri-re ai laici una responsabilitànell’organizzazione pastora-le. Non si crea un nuovomodello di Chiesa da soli ocon documenti; si richiedeuna vera e fattiva corre-sponsabilità di tutti. Chi leg-ge queste esperienze potràtrovare un esempio da dovepartire e come avviare il pro-cesso di rinnovamento perfar cambiare il volto abba-stanza sbiadito delle nostrecomunità cristiane.

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BS GIUGNO 2007

CELEBRARE E ANNUNCIARE LA PAROLA DI DIO a cura dell’UPS (Istituto di Spiritualità) LAS, Roma 2007, pp. 112

PAROLA E VITA

NON SI FA VENDITA PER

CORRISPONDENZA. I libri

che vengono segnalati si pos-

sono acquistare presso le libre-

rie cattoliche o vanno richiesti

direttamente alle rispettive

Editrici.

UN GIORNO DI 5 MINUTI Un educatore legge il quotidiano di Vittorio Chiari Centro AmbrosianoMilano 2006, pp. 246

L’adulto non è colui che“sta a vedere” la crescitadel ragazzo ma colui chesa intervenire in modo se-reno, positivo, testimonian-do uno stile di vita. L’auto-re sostiene che bisogna ri-trovare il gusto di tornare aeducare, di stare con i gio-vani, di rispondere alle lorodomande, di testimoniare ilvalore della vita, vissuta co-me dono, nell’amore. Trop-pi fuggono dall’educare (in-segnanti, genitori, animato-ri…) e così i ragazzi fuggo-no dagli adulti. Il libro èsgorgato da una vita dieducatore vissuta con losguardo rivolto verso i gio-vani. “Tutti dicono di amarei ragazzi – diceva il cardina-le Martini – ma ditemi: co-me mai essi fuggono da ca-sa, dalla scuola, dalla Chie-sa, dallo Stato e spesso an-che dalla vita? I suggeri-menti qui offerti possono di-ventare una scintilla di vita.

DEMOCRATICI E CATTOLICI di Giorgio Merlo Effatà ed., Cantalupa (To)2006, pp. 168

URGENZA

DELL’EDUCARELINGUAGGI

POLITICI

Nel clima del dibattito politi-co-culturale attuale s’inseri-sce la proposta della ricom-posizione dell’area cattolica,che prescinde da qualsiasiipoteca confessionale o diprovenienza clericale ma ri-sponde a una domanda dirinnovamento e di proget-tualità politica che provienedai settori più vivaci del cat-tolicesimo italiano. Dopo lastagione dei cosiddetti “ateidevoti”, della difesa degli in-teressi cattolici confusi conla riaffermazione di un’ap-partenenza religiosa in al-ternativa a una presunta de-riva laicista, forse è giunto ilmomento per riaffermareuna presenza dei cattolici inpolitica capace di saper de-clinare nella società con-temporanea il pensiero delpopolarismo di ispirazionecristiana che richiede unarinnovata presenza.

In questo agile quaderno sioffrono diverse prospettivesulla Parola di Dio, perchénella pastorale giovanile de-ve avere un saldo punto diriferimento. La Parola tra-sforma se trova un cuoreche ascolta. Tutte le occa-sioni possono offrire unospunto per illuminare la vi-ta in modo nuovo: la paro-la celebrata nella Liturgia;la sintonia con il cuore diDio attraverso la sua pa-rola; parole che illuminanoil nostro cammino spiritua-le; omelia e vita spiritua-le; esercizi spirituali conla Bibbia; comunicazionee Parola di Dio. Ognuno diquesti contributi è comple-tato da domande orientatealla riflessione e al confron-to comunitario. La propostaè sufficientemente comple-ta nel settore che approfon-disce, e offre la possibilitàdi aprirsi a una visione del-la vita illuminata dalla lucedi Dio.

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GIUGNO 2007 BS

Un breve profilo del signor Arnaldo Montecchio che per 61 anni ininterrotti ha rettol’Ufficio Propaganda e Diffusione del Bollettino Salesiano, con entusiasmo e competenza. Era conosciuto da tutti.

ON LINE ALESIANI COADIUTORI

IL PATRONDEL BSdi Giancarlo Manieri

Dicono che la botte piccola ha il vino migliore… Ar-naldo era il più piccolo di statura, ma decisamenteil più vivace dei figli di mamma Oletta, e il piglio con

cui sempre affrontò la vita e i suoi problemi non diminuì diun “et” nemmeno quando una paresi gli ridusse drastica-mente la libertà di movimento. Non si scoraggiò più ditanto, e con il sottoscritto ci scherzò sopra: “Signor Mon-tecchio, mi presento: sono il nuovo direttore del BS”. “Oh,bene! Sei in gamba?”. Scherzai: “Capperi! Ne ho due digambe!”. Mi ricambiò subito la battuta: “Io sto meglio dite… invece di due gambe, ne ho quattro… e con le ruo-te!”. Si riferiva al girello con il quale scorazzava dovun-que, ancora pieno di vita e di voglia di fare. Continuai: “Si-gnor Arnaldo, lei è ormai una cinquantina d’anni che ser-ve il BS”. “Sessantuno, prego!”, precisò.

UNA VITA AL BSIn effetti Montecchio è stato il “patron” del BS per unavita. Era il capo dell’ufficio diffusione; ha avuto in manol’indirizzario e ha potuto constatare il flusso costante dirichieste di abbonamento che sopravanzava di gran lun-ga quello di coloro che per vari motivi lo disdicevano.I superiori che desideravano sapere qualcosa sull’anda-mento della rivista ufficiale della congregazione si rivol-gevano a lui. Fu un aiuto prezioso per i direttori. Le que-stioni burocratiche, infatti, le risolveva lui: i contatti con leditte, i problemi di spedizione, le proteste, le lamentele,tutto finiva sul suo tavolo. “Al BS ho voluto bene come aun figlio”, andava ripetendomi quando aveva capito cheintendevo trasferire a Roma l’archivio, l’indirizzario edunque anche l’Ufficio Diffusione. Mi fece vedere conorgoglio la grande macchina elettrica che alloggiava inun cilindro circolante le circa 400 mila schede dell’indiriz-zario. Era un po’ il suo fiore all’occhiello quella diavoleriasemiautomatica. L’aveva comperata per snellire le pro-

cedure, e ci rimase un po’ male quando dovetti dirgli cheera ormai obsoleta, perché il computer con il suo softwa-re specifico aveva abbondantemente superato la sua“Ferrari”, come la chiamava lui, rendendola del tutto inu-tile. Disse sì alle proposte di trasferimento, “armi e baga-gli”, del BS, ma per un anno seguì meticolosamente l’an-damento per rendersi conto che tutto andasse “meglio”di quanto avesse potuto fare lui. Si acquietò definitiva-mente quando si convinse che “la creatura” di DonBosco continuava a godere ottima salute.

DALLA CAMPAGNA PADOVANAVeniva da un paesetto del padovano di un migliaio diabitanti. Terzogenito di sette fratelli e otto sorelle. Unafamiglia patriarcale, come usava a quei tempi, siamoagli inizi del secolo XX, dedita all’agricoltura. Lui e suasorella Marcella lasciarono i campi per studiare. Arnaldofrequentò gli studi ginnasiali a Valdocco. Piccolo di sta-tura ma vero funambolo, si distingueva soprattutto incortile dove eccelleva in ogni gioco. Non altrettantocapitava con lo studio: pesava troppo sulla sua esube-ranza. Così quando scelse di restare con Don Bosco,imboccò la via del salesiano coadiutore. S’accorse pre-sto di averla azzeccata: gli studi tecnici al posto di quelliclassici furono un successo. Nel 1938 ricevette la suaprima obbedienza come salesiano che fu anche l’unicadella sua vita: fu inviato a Valdocco per essere addettoal Bollettino Salesiano. Divenne l’uomo del Bollettino:“Si può dire che i lettori conoscessero più me che ildirettore del Bollettino”. Probabilmente aveva ragione. Ineffetti mi precisò che a non pochi lettori che chiedevanospiegazioni, o si lamentavano di qualche disfunzione, ocercavano aiuto, egli rispondeva personalmente.“Insomma, mi ci sono buttato a capofitto”, affermò conuna certa compiacenza. Era, in effetti, attentissimo a

Il signor Arnaldo Montecchio(Pernumia [PD] 18/11/1912-Torino 28/11/2001).

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tutto e voleva che tutto funzionasse “meglio di un orolo-gio svizzero,” perché “non volevo far fare cattiva figuraa Don Bosco che del BS fu il fondatore”. Proprio il lavo-ro al Bollettino lo fece conoscere un po’ dovunque.“Signor Montecchio, le posso chiedere qual è stata lasua grande soddisfazione durante tanti anni di lavoroper il BS?”. “Glielo devo proprio dire?”. “Tanto lo imma-gino: quando fu creato cavaliere dell’Ordine di San Sil-vestro”. “Sbagliatissimo! ”. “E allora quando? ”. “Quandoil direttore don Enzo Bianco mise per la prima volta ilmio nome sul BS. Ufficio Propaganda: Arnaldo Montec-chio, via Maria Ausiliatrice 32, 10100 Torino, telefono(011) 482924. Era il mio telefono, quello del mio uffi-cio!”. “E si ricorda l’anno?”. “Altro che! Anche il mese. Èstato nel numero di gennaio del 1977”. Gli ridevano gli

occhi come a un ragazzino, al signor Montecchio chegirava ormai in girello “come un ragazzino! ”, precisavalui stesso. Sì, un ragazzino di 87 anni!

QUALCHE TRATTO DI CARATTEREArnaldo faceva parte di quella genia di salesiani coa-diutori – tanti ne sfornò il Colle – preparatissimi, lavo-ratori d’eccezione, e religiosi d’eccezione. Amanti delteatro educativo, del canto, dello sport; innamorati diDon Bosco. Le cronache hanno tramandato un Mon-tecchio allegro, scherzoso, arguto, dalla battuta sala-ce. Quando era nel coro, stava davanti a tutti “se no,anche se ero solo in seconda fila, scomparivo”. Nell’o-peretta “Il marchese del Grillo”, era il più piccolo dellafila degli inglesi che entravano in Piazza Navona can-tando “D’Angleterra figli siam, bella Roma visitiam.Yes! Goddam!”, e le sue mosse facevano sbellicare. Anche lui ebbe le sue traversie di salute. Ammalatosiabbastanza seriamente, ricevette la visita della sorellasuor Marcella, delle FMA. Per consolarlo – si lamentavadei suoi dolori – lei le disse: “Tranquillo Arnaldo, orafarò una novena a don Rinaldi, e vedrai…”. Non lalasciò finire: “Cambia santo, per favore, che ancora donRinaldi ha combinato poco come guaritore!”. Un giorno,nel corso di una conversazione – andavo a trovarlo ognimese quand’ero a Torino se non altro per un saluto –mi disse all’improvviso: “Beh, direttore, mi guardi bene –aveva stranamente incominciato a darmi del lei, non soperché – a chi somiglio? ”. Preso alla sprovvista non mivenne nessuno in mente. Lui continuò: “Sa, una voltalungo Corso Regina Margherita, un tale si fermò a guar-darmi, curioso. Quando gli arrivai vicino gli dissi: non sipreoccupi, mi chiamo Arnaldo, non Amintore”. Alloracapii. In effetti, Montecchio aveva una curiosa rassomi-glianza con il famoso politico Amintore Fanfani. “Siamoperfino alti uguale!”, concluse ridendo. In una delle ulti-me visite scoppiai a ridere quando mi disse: “Direttore,ami il BS, è Don Bosco che entra nelle case della gen-te. Gli faccia fare sempre bella figura a Don Bosco. Miraccomando! Io l’ho amato. Mi possano cascare le pal-le… degli occhi se non l’ho amato!”. �

ALESIANI COADIUTORI

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Sempre con il Bollettino Salesiano aperto.

La sorella suor Marcella, FMA, dal Papa.

La macchina targhettatrice che il signor Arnaldo ha usato per anni.

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COME DON BOSCO l’educatoredi Bruno Ferrero

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NATURALMENTEBambini da balcone, ingabbiati in un centinaio di metri quadrati,

seduti a far da spettatori o a giocare con una macchina…

litigano o collaborano, intessonouna rete di relazioni che si potreb-bero anche chiamare “sociali”. Mac’è qualcosa ancora più importante.

L’intelligenza ecologica

«La terra ha bisogno di noi e noi dilei» scrive Pina Tromellini. «In unabbraccio stretto in cui le emozionisono un tutt’uno con l’aria, l’acqua,gli alberi, le nuvole: sentire gli odo-ri, gli aliti delle brezze, come ab-bandonarsi alle sensazioni forti checi dona la natura. I bambini siimmergono nell’ambiente naturalecon un approccio spontaneo, forsemeno condizionati di noi; in realtàquesto è ormai vero solo in parte,perché il cemento delle città, il traf-fico delle strade e la carenza dispazi verdi limita la voglia diesprimersi liberamente. I grandisono distratti e frettolosi perché iltempo e le incombenze li portanolontano; anche se nella maturità siritorna a essere epidermici e lasensibilità, affinata dall’esperienza,ricrea contatti e dialoghi con il cie-lo, l’aria, gli alberi. I danni provocatialla natura dalle scelte sbagliatedegli uomini costringono a moltepli-ci riflessioni: come si fa ad allenarel’intelligenza ecologica? Come sicostruisce un giusto rapporto traindividuo e ambiente, che è il con-

P er molti ragazzi gran partedella settimana trascorre inuno spazio che non è uno

spazio. Nessuno dovrebbe meravi-gliarsi se poi hanno la tendenza aesplodere. Sta nascendo una gene-razione per la quale tutto è virtuale,anche le molte vite guadagnate operse alla playstation. Bambini chenon hanno mai sentito un vero can-to di uccelli, che non hanno mai at-traversato un vero torrente… Quelloche non hanno è uno spazio in cuimuoversi: nelle città contemporaneelo spazio è un elemento prezioso econteso. Non può essere “sprecato”per coloro che giocano o che vor-rebbero giocare. Lo spazio è il verogiocattolo, per il piacere fisico e psi-cologico che se ne può trarre. Unambito in cui i bambini possonomuoversi come gli pare, guardare,toccare, assaggiare.

L’intelligenza dimenticata

Queste attività, definite dagli spe-cialisti come “giochi percettivo-motori”, servono al bambino perraccogliere informazioni e fareesperienze. Cioè imparare. L’impa-rare a sua volta diventa poco apoco attitudine sempre più spiccataalla conquista del mondo. Il ragaz-zino s’impadronisce dei concetti dimisura, forma, colore e peso, sco-pre come scorre il tempo, che cos’èla distanza, afferra l’idea della velo-cità, si rende conto delle posizionidelle cose e delle persone, capisceil significato dei numeri, decifra isimboli visivi. Evidentemente, gio-cando nello spazio l’organismo delragazzo si allena e viene sempremeglio controllato dal cervello, gliautomatismi lasciano il campo adazioni programmate e condotte dal-

la volontà. In breve, il bambinoimpara a fare quello che vuole conuna precisione che va aumentandodi continuo e sente ingigantire den-tro di sé il gusto dell’indipendenzae dell’autonomia, la sicurezza, lafiducia in se stesso. Accumulaesperienze e ne ricava nuove ini-ziative. Genitori, insegnanti, re-sponsabili civili devono favorire ilcontatto dei piccoli con l’ambiente elo spazio naturale. L’importante èche bambini e ragazzi possanomuoversi, impadronirsi del propriocorpo, giocando a palla, rincorren-do le bolle di sapone, lanciando eraccogliendo oggetti, imitando glianimali, impiegando anche mezzidotati di ruote, arrampicandosi, sal-tando in alto o in basso, valendosidi strumenti idonei a favorire il sen-so dell’equilibrio, facendo flessionisulle gambe e sulle braccia, caprio-le, ecc. Inoltre, giocando con altriscambiano informazioni con i com-pagni, apprendono parole nuove,manifestano accordo o disaccordo,

L’importante è che bambini e ragazzi possano muoversi, impadronirsi del proprio corpo, giocando a palla, rincorrendo le bolle di sapone…

Chia

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il genitoredi Marianna Pacucci

Come tutte le mamme, ho cer-cato di risarcirli con la cura del-le piantine aromatiche e dei

gerani sul balcone; l’ospitalità a coc-cinelle, lumache, passeri e gatti dipassaggio nel giardino di casa; qual-che passeggiata al parco; le gite neiboschi o al mare; le vacanze all’ariaaperta. Credo che tutti i genitori cer-chino, quando possono, di ricreareper i loro bambini un contatto con lanatura e di educarli a una sana men-talità ecologica. Ma so anche chenon sono solo queste le scommesseche una famiglia deve vincere con iragazzi. La posta in gioco è molto piùimpegnativa: aiutarli a costruire unacosmologia che consenta loro nonsolo di abitare la terra e rispettarel’ambiente, ma di poter percepire il lo-ro essere stati, in un tempo originario,impastati di terra, oltre che animatidallo Spirito di Dio e, soprattutto, diessere stati progettati per assapora-re, già su questa terra e in questa vi-ta, il gusto di una felicità vera.

� Essere terra: occorre che noiadulti ricordiamo ai più giovani l’esi-genza di essere più concreti e di radi-carsi in uno spazio e in un tempo deli-mitati, che possono condizionare l’e-

sistenza ma anche offrire prezioseopportunità per realizzarsi e per rea-lizzare il proprio compito esistenziale;di avere una consapevolezza gioiosadella materialità e una considerazio-ne serena della piccolezza della sin-gola persona rispetto alla grandezzadel pianeta; di poter sperimentare lafertilità che consente a ogni esserevivente di vivere una scintilla anchemicroscopica della capacità creativadi Dio; di gustare come questa im-mensità non è affatto né casuale nécaotica, ma ha un senso e una logicache occorre cercare tutti i giorni.Essere terra: c’è in gioco la com-prensione di come il macrocosmoambientale e il microcosmo dellapropria anima sono posti in unamisteriosa ma concreta relazione,che dà armonia alla natura e allepersone; la convinzione che l’ecolo-gia riguarda allo stesso tempo l’habi-tat naturale, la comunità sociale, ilcuore e la mente dei singoli. Lacomune origine e appartenenza diceche la salvezza è un evento corale,che il futuro è nelle mani, allo stessotempo, di ciascuno e di tutti.

� Se la storia della terra è, in fondo,fatta di positività e non solo di negati-

ESSERE TERRAESSERE CIELO

Vivo da sempre in città e quindi i miei figli sono nati e cresciutiin questo ambiente per tanti versi artificiale.

testo vitale in cui ciascuno speri-menta e socializza?»

La capacità di contemplazione

L’ambiente naturale costituito dal-l’erba, dai fiori, dalle piante è ilgrande spazio, il “grembo” chedona a ogni essere umano emozio-ni e sentimenti che costituisconol’originalità di ciascuno. Un tempo,non era banale l’espressione “Ma-dre Natura”. Lasciato libero in unprato, il bambino tocca, assaggia,manipola con il gusto della scoper-ta. Salta nella pozzanghera perosservare gli spruzzi e le onde chesi scontrano tra loro. Apre la boccaper inghiottire il vento. Si attaccaagli alberi, si sdraia sull’erba... Sco-pre una dimensione che fa partedella sua umanità. I ragazzi cheabitano le città rischiano di smarrirequesto tipo d’intelligenza. I bambinie i ragazzi hanno bisogno dellanatura per crescere con il rispettoper la grande vita che pulsa nell’U-niverso e non con il “complessodell’ingegnere”. Hanno bisogno deigrandi spazi per assaporare il silen-zio, elemento sconosciuto per chivive perennemente con l’auricolaredell’i-pod nelle orecchie. L’apprez-zamento per le bellezze della natu-ra educa i bambini a una visioneesistenziale armoniosa e pacifica.Hanno bisogno di genitori e deinonni che insegnino loro a con-templare, a seminare, attendere eraccogliere, a costruire case su-gli alberi, a correre sulla spiag-gia, nuotare, conquistare unavetta e orientarsi con le stelle. Levacanze servono soprattutto perquesto, per ritrovare il cielo, la ter-ra, il mare, le stelle, un’idea di infi-nito e l’intelligenza perduta. �

Chia

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Passeggiate, gite in campagna o al mare; vacanze all’aria aperta…I genitori devono ricreare per i loro bambini un contatto con la natura.

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GIUGNO 2007 BS

vità, è proprio perché la gente haaccettato di collaborare per rag-giungere obiettivi comuni; perchéha letto nell’interdipendenza e nellacomplessità una risorsa e non unproblema; perché non ha avutopaura di sfidare le dimensioni deltempo e dello spazio per condivide-re e trasmettere la ricchezza eticache il genere umano ha paziente-mente accumulato nel corso dellasua esperienza. Quando invece cisi è chiesti: “Chi me lo fa fare?”, laterra è diventata più angusta e me-no vivibile, un deserto affollato difantasmi divorati dalla sensazionedi aver ritrovato l’inferno, mentrecercavano tutt’altro. Proprio perchéle generazioni adulte cercano tutto-ra di sopravvivere a questa trage-dia, è giusto risparmiarla ai giovani:lo si può fare partendo dalla capa-cità di innaffiare ogni giorno la pian-tina di basilico sul balcone o fa-sciando la zampetta di un miciomaldestro; ma quel che conta è nonfermarsi qui: l’universo (o meglio il“pluriverso” come oggi viene defini-to il nostro mondo) è, in fondo,un’immagine incompiuta che riman-da a qualcos’altro.

� Se la cultura attuale spessosuggerisce che Dio è un grandevecchio che gioca a dadi con ilmondo per contrastare la noia chederiva dall’eternità, mi piace inse-gnare ai miei figli che Egli è il Padreche ha costruito con la forza dellaparola un mondo in cui l’uomo ela donna potessero davvero speri-mentarsi come sua immagine e so-miglianza, assumendo la responsa-bilità di proteggere e migliorare laqualità della vita di tutti, di una far-falla come di un elefante, di un filod’erba come di una quercia, di unfossile come di un bosco, delle per-sone e delle loro differenze.Per fare tutto questo, però, nonbasta osservare con attenzione tut-to quel che vive intorno a noi;occorre anche alzare lo sguardoverso l’alto. Contemplare di notte ilcielo stellato: è un’esperienzadoverosa perché l’essere terra e ilvivere sulla terra non significhinorestare intrappolati in confini angu-sti, ma poter cercare con gli occhi,nelle dolci sere d’estate ma anchenei primi albori di fine inverno, lalinea di orizzonte che congiungel’oggi e il sempre, l’io e il noi, lacreazione e il suo Creatore. �

Una tragedia immane e un do-lore atroce permeano la scul-tura del Crocefisso dell’arti-

sta marchigiano Salucci, ricavato daun tronco d’albero. Un Cristo anchi-losato, i cui moncherini vorrebberoabbracciare il mondo ma, impotenti,si trasformano nell’urlo straziantediligentemente annotato nel Vangelodella Passione: “Perché mi hai ab-bandonato?”. Un grido che è con-temporaneamente invocazione diaiuto e drammatico interrogativo.L’artista raffigura il Cristo proprionel momento del suo costernato in-terrogativo. La bocca spalancata dal-la forza straziante della domandasembra rivolgere il suo richiamo allaterra più che al cielo, agli uominipiù che al Padre, alle due informi fi-gure, senza volto, rappresentantianonimi di tutta l’umanità peccatri-ce, che si aggrappano disperatamen-te a quel tronco che il Cristo è di-ventato e da quel tronco invocano eattendono salvezza.

� Il grido invocante del Cristo nonè tanto grido di dolore quanto soprat-tutto grido di redenzione: quellasoffocata invocazione è l’inizio dellasoluzione del problema più gigante-sco dell’uomo, il dilemma del male.Il “Perché mi hai abbandonato” èdetto più per i figli a lui aggrappati

che per se stesso morente sul legno.Un interrogativo che ha già in sé larisposta: la croce non segna l’abban-dono dell’uomo da parte di Dio, alcontrario significa e ribadisce il suototale immedesimarsi nella creaturaproprio attraverso quel Figlio che,accettando una morte tanto crudele,sembra aver rinunciato alla sua divi-nità per assumere fino in fondo l’u-manità, legarla a sé, e in sé fonderlafino a farla risorgere con sé all’albadel “terzo giorno”.

� L’artista non è sempre così dram-maticamente impegnato nelle sueopere. La Via Crucis del 2000, peresempio, raccontata dai bassorilievibronzei di Sestino, narra in modosemplice e lineare la vicenda di un in-nocente umiliato e deriso che accettadi morire per salvare. Tuttavia anchenelle formelle della Via Crucis forti eperentorie sono le simbologie e glielementi surreali che proiettano la vi-cenda oltre l’umano.La splendida opera è, dicevamo,collocata a Sestino, borgo di 1500abitanti circa, situato in provincia diArezzo, nella cosiddetta Marca To-scana, a un’altitudine di 458 metris.l.m., ricco di centri rurali. La ViaCrucis segna e impreziosisce la sali-ta che porta alla pieve di San Pan-crazio. �

Sergio Salucci, artista marchigiano,nasce a Sassocorvaro di Urbino nel 1949.Autodidatta, partecipa a mostre d’artecontemporanea in ogni parte d’Italia.Le sue opere, molto apprezzate, sonopresenti in collezioni pubbliche e private.

ARTE SACRA: CROCIFISSIdi Filippo [email protected]

SERGIO SALUCCIUN GRIDO DI SPERANZA

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AFORISMI di Francesco Ferrara1) Non tutti i poveri si sentono “ricchi dentro”.2) Al giudizio universale i ricchi si presenteranno

con i loro avvocati.

LAETAREET BENEFACERE…

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BS GIUGNO 2007

di Aloi & César

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La vita è un dono di Dio,anzi è il dono di Dio in assoluto, sgorgato dalsuo infinito amore perl’umanità: un dono chesolo Dio può dare e che,quindi, solo Dio puòtogliere.

non altro. Nessuno può arrogarsi ildiritto di appropriarsi della vita diun altro… il severo monito di Dionella Genesi, dopo l’uccisione diAbele, “Nessuno tocchi Caino”, re-sta emblematico e supera i millenni.

La vita fisica ha, è utile ribadirlo,un valore assoluto nel senso che è labase di ogni altro valore: non si pos-sono discutere e affermare altri valorise prima non sosteniamo la vita inquanto realtà fisica, bene in sé, indi-pendente dal valore che altri uominipossono attribuirgli: la vita fisica, in-

PERSFIDE ETICHE

per ragazzi, genitori, educatori

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GIUGNO 2007 BS

La vita esige ogni cura… qualsiasi vita

AMMINISTRATORI NON PADRONI di Giovanni Russo [email protected]

Dio è Signore della vita, affer-ma il Libro Sacro: è Lui chefa morire e fa vivere, che fe-

risce e risana (Dt 32,39). È Lui,dunque, la fonte della vita la qualeperciò è solo nelle sue mani e nonpuò essere nelle mani dell’uomo.L’uomo possiede la sua vita in pre-stito e perciò non ne può disporrecome gli pare e piace. Il precetto“Non uccidere” (Es 20,13) sigla unaverità immarcescibile: la vita è fuoriportata per l’uomo, proviene da unafonte “altra” che supera ogni sua ca-pacità, ogni sua pretesa di disporne.La vita insomma ha un valore asso-luto ed è un bene non-a-disposizio-ne dell’uomo, che lo riceve per am-ministrarlo, curarlo, difenderlo,

fatti, è un bene assoluto nel sensoche è un valore che non ammettepluralismo o tolleranza; se si ammet-tesse un pluralismo, bisognerebbe ri-spettare alla pari tanto chi stima lavita quanto chi la disprezza, ma que-sto non consentirebbe alcuna basesolida alla convivenza civile, perchédovremmo tollerare sia chi promuo-ve la vita sia chi vuole utilizzarla se-

VALORI IN QUESTIONE

■ La vita è il dono di Dio in assoluto:

un dono che solo Lui può dare o to-

gliere.■ L’uomo è amministratore della sua

vita e per tale motivo non ne può di-

sporre a piacimento.

■ La vita propria è un dono da salva-

guardare, curare con la massima dili-

genza e da restituire a Dio.

■ Il martire non rinuncia alla vita, ma

la afferma ancor di più “donandola”.

MGS

Triv

enet

o

La vita è un dono da salvaguardare e curare con la massima diligenza e da restituire a Dio.

Il severo monito di Dio nella Genesi, dopo l’uccisione di Abele, “Nessuno tocchi Caino”, resta emblematico.

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ha la sua dignità, anche quella animale.

18,20). Nessuno è pa-drone e signore dellapropria vita e tantomeno di quella deglialtri: non esiste nes-sun dominio sulla vi-ta, né alcun vincolodeterminato da con-dizionamenti umani,quali la razza, la lingua, la politica ol’economia (Costa). Di conseguen-za, la vita di ogni essere umano, loripetiamo per l’ennesima volta, è in-tangibile e inviolabile. Nessuno puòprevaricare o conculcare la vita diun’altra persona, per nessuna ragio-ne, anche quando questa fosse mac-chiata di gravi crimini. L’inviolabi-lità si riferisce sia alla vita degli al-tri come alla propria, per cui, in for-za di questo principio non si giusti-ficano a livello etico dal punto divista oggettivo né l’omicidio, né ilsuicidio.

Anche la vita fisica è un dono: co-me tale va custodito e fatto crescere.Abbiamo detto che la vita va curata,per cui l’uomo ha l’obbligo moraledi custodire la salute del proprio cor-po, evitando comportamenti che pos-sano essergli nocivi. La vita va curatamigliorandone le condizioni globalie particolari ed evitando comportantio situazioni che possono metterla arepentaglio. Per ragione di questoprincipio non si giustificano inter-venti troppo onerosi per l’organismo,a meno che non abbiano finalità tera-peutica, né sport estremi o pericolosiche possono incidere gravementesulla vita propria o altrui.

IL MARTIRIO?Proprio perché è un valore invio-

labile, la vita va anche difesa e pro-mossa, come dicevamo: difesa daeventuali ingiusti aggressori, senza

condo visioni personali anche di tiporazzista (si pensi al totalitarismo diHitler, di Stalin o di quanti hannoscelto di distruggere massivamenteesseri umani: lungo la storia, pur-troppo, non sono mai mancati). Senon si tollerano regimi assolutisti, èperché non si tollerano visioni mul-tiformi sulla dignità della vita uma-na. Ecco perché questo valore si af-ferma in maniera perentoria, senzaeccezioni, ed esige convergenza.

LA CURA DELLA VITA

La preziosità della vita dell’uomoè indicata dalla scelta di Cristo,morto per portare vita all’uomo (cfr.Rm 5,6). Il credente non può di-sporre della sua vita e di quella delprossimo a suo uso e consumo. Lapropria vita è un dono da salvaguar-dare, curare con la massima diligen-za e da restituire a Dio. Anche la vi-ta degli altri è un dono: anch’essava tutelata e custodita, e infine ri-consegnata. Questa indisponibilitàdella vita a essere manipolata dal-l’uomo diviene il primo terreno diverifica per valutare la capacità dipossedere la certezza “dell’ingressonella vita” eterna (Mt 19,18; Lc

per questo voler direttamente inci-dere sulla vita dell’aggressore; vadifesa particolarmente e con mag-gior rigore imperativo quando è in-difesa e innocente, quando è mal-trattata, quando subisce abusi. E lavita va anche promossa, in ogni cir-costanza, perché nulla è superiore aessa sulla terra, va promossa nellasua qualità, nel suo miglioramento,nel suo rispetto, nel suo valore. Èdoveroso promuovere la vita, crean-do una cultura dell’accoglienza edella stima.

Un’eventuale “rinuncia” alla vitafisica può essere solo per moti-vi “trascendenti”, ossia quando oc-corre affermare la preziosità diquesto valore, che è in condizionidi grave minaccia. Un martire co-me Massimiliano Kolbe non ha ri-nunciato alla vita, ma l’ha affer-mata ancor di più “donandola”.Alla vita non si può rinunciare,perché si può solo donare. Non sitratta di eccezioni al principio, madi rafforzamento. Chi offre la suavita per la vita degli altri sta soloaffermando al massimo l’assolu-tezza di questo principio. Perciòcomportamenti come l’omicidio, ilsuicidio, il genocidio, l’eutanasia,l’aborto, ecc. non sono accettabiliin quanto violazione diretta di que-sto principio. �

Un martire come Massimiliano Kolbe non ha rinunciato alla vita, ma l’ha affermata ancor di più “donandola”.

CONFRONTIAMOCI INGRUPPO E IN FAMIGLIA■ Sono convinto che l’unico vero si-gnore assoluto della mia vita è Dio?■ La salute e la cura della vita sonoun obbligo morale per il cristiano.Che dire del fumo e dell’alcol?■ Che cosa faccio per difendere la vi-ta vulnerabile di bambini o anziani?■ Sono pronto a donare fino al marti-rio la mia vita?

Giovanni Segantini (1858-1899): “L’angelo della vita”.

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GIUGNO 2007 BS

DIBATTITI

Giornate mondiali

7a Giornata mondiale del Rifugiato. L’Italia nonha ancora una leggeorganica sui rifugiati ed èl’unico paese dell’UnioneEuropea che ne siasprovvisto.

CERCA CASA E SPERANZA

Il rifugiato non va confuso né conl’emigrato né con l’esiliato. È l’unicosenza diritti. Pochi riflettono sull’in-credibile coraggio e la straordinariaforza morale di chi è costretto afuggire dalla sua patria lascian-do tutto, casa, lavoro e fami-gliari. Forse è la categoria dioppressi più sconosciuta.Credo sia una fortunache talora i media porti-no alla ribalta il lorogrido, come il romanzoIl cacciatore di aquilo-ni dell’afghano Hosseini,il réportage sugli emarginatiPianeta dimenticato a Radio Uno, elo strazio armeno de La masseriadelle allodole, di Antonia Arslan por-tato sugli schermi dai fratellli Tavia-ni: “Fino a poco fa i sopravissuti pre-ferivano tacere, piuttosto che subirel’incredulità dei più, ora la pellicolaparla per loro”. Esce Mi racconti…Ti racconto, di Reza Rashidy sull’im-migrazione in Italia. È per questomotivo che la VII Giornata mondialedel 20 giugno può diventare un’occa-sione per un discorso importante:questa del 2007 è dedicata al dirittodi asilo, come condizione primaria.Ognuno di noi deve liberarsi dallapaura del diverso e aprirsi alle diffe-renze, senza necessariamente identi-ficarsi con esse.

PER UNA SOCIETÀNUOVA

Molti si sono mossi: il comitato deiGesuiti per i rifugiati (JRS), la Coali-zione Internazionale contro la deten-zione dei rifugiati, il cardinale Renato

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DIRITTOD’ASILOdi Severino Cagnin

La mancanza di una normativaper i rifugiati provoca graviconseguenze sulla condizio-

ne degli stranieri, che non hannoun’abitazione, un lavoro, la scuolaper i figli, i servizi sanitari. Le mag-giori associazioni, impegnate nelsociale, hanno fatto appello a Go-verno e Parlamento per una leggeorganica su Il diritto di asilo. I re-sponsabili hanno risposto affermati-vamente. Dal ministro dell’Interno aquello della Solidarietà Sociale tuttisembrano d’accordo. L’invito vieneanche da Oltretevere dal Papa, e dalColle dal Capo dello Stato. Ma nonè facile tradurre in pratica i principigenerali della Convenzione di Gine-vra del 1951 e dell’articolo 10 dellaCostituzione Italiana. Ancora nonsappiamo bene chi sia un rifugiato!

Martino presidente del PontificioConsiglio Giustizia e Pace, l’Altocommissario dell’ONU António Gu-terres, che ha visitato quattro paesiafricani colpiti dalla tragedia e ha as-segnato all’oculista giapponese Ka-nai il Premio Nansen per i rifugiati.Ma il problema non è risolto e apparesempre più difficile. Non si sbloccané insistendo sui principi, né interve-nendo con azioni concrete e isolate.Iniziare dalla casa è indispensabile.“Chiedete a chiunque degli oltre 20milioni di rifugiati qual è la cosa chedesidera di più al mondo – ha dettoRudd Lubbers – e la risposta conterràsicuramente la parola casa. Che sitratti di una costruzione distrutta aKabul, di una baracca con il tetto difoglie nello Sri Lanka o di ricomin-ciare da zero in una terra lontana”. LaCaritas Europa va oltre e chiede diaiutare quanti vivono nella precarietàe nell’irregolarità. Ciò può favorire lapromozione della legalità, stabilizza-re il mercato del lavoro, migliorare lecondizioni di vita e contribuire a unnuovo Modello Sociale Europeo. �

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lasciarsi trasportare dalle emozio-ni, dal desiderio, dall’impulso an-che violento, che tanto “fannocultura” oggi.La musica, come nella tradizionedei cantautori, è costruita al servi-zio del testo: la melodia, piuttostomonocorde e asettica nelle strofe,lascia spazio al fluire delle paro-le e prende movimento solo nel

ritornello, catturando, con unoscarto ritmico, l’attenzione pro-prio sulla parola “pensa”; l’arran-giamento è essenziale, senza fron-zoli e senza trovate particolari. Laforza della canzone sta, quindi,tutta nell’interpretazione, intensaed eloquente, che, da sola, bastaa comunicare con efficacia la du-rezza del testo. �

Fabrizio Moro ha 32 anni; dimestiere fa il facchino in un al-bergo della capitale e, per “ar-

rotondare” (ma anche per seguireuna passione), scrive e canta le suecanzoni. Per dieci anni nulla di fat-to: qualche singolo, un album e unapartecipazione nel 2000 al Sanre-mo Giovani senza risultati. Poi sitrova a vedere un film-Tv su Borsel-lino e gli viene fuori quasi all’istanteuna canzone: Pensa. Da lì, il primoposto nella sezione giovani dell’ulti-mo Festival di Sanremo, il ricono-scimento della critica, il successo dipubblico, il nuovo album, i passag-gi radio e Tv. Lui però continua afare il facchino con la consapevo-lezza che nel mondo della canzonequello che arriva all’improvviso al-trettanto velocemente può sparire eche, anche se si è giovani, non sipuò fare a meno di assumersi leproprie responsabilità. Scrive, infat-ti, in un’altra canzone del suo al-bum: rispondi alle domande / noncercare di scappare / per non esserecostretto a rincorrerti più in là /quando avrai i tuoi quarant’anni ele risposte ancore vaghe (PAROLE RU-MORI E GIORNI di F. Moro).

� Dopo aver passato un anno Iltesto di Pensa è un omaggio a tuttele persone che si sono impegna-te contro la mafia senza paura dimettere a repentaglio la loro vita;è anche un ringraziamento per laloro opera di educazione alla fi-ducia nella Giustizia e nelle Istitu-zioni. Ma, di più, c’è il monito anon “ragionare solo con la pan-cia” che sembra principalmente ri-volto ai giovani e che si pone con-trocorrente ai continui richiami a

canzonicanzoni

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PENSAdi Lorenzo Angelini

Non si può scegliere,giudicare, agire soloseguendo l’istinto; c’è bisogno anche di ponderazione, di ragionamento, di pensiero.

Ci sono stati uomini che hanno scrittopagine / appunti di una vita dal valoreinestimabile / insostituibili perché han-no denunciato / il più corrotto dei siste-mi troppo spesso ignorato / uomini oangeli mandati sulla terra / per combat-tere una guerra di faide e di famiglie /sparse come tante biglie / su un’isoladi sangue che fra tante meraviglie fralimoni e fra conchiglie / massacra figlie figlie / di una generazione costretta anon guardare / a parlare a bassa voce/ a spegnere la luce / a commentare inpace ogni pallottola nell’aria / ogni ca-davere in un fossoCi sono stati uomini che passo dopopasso / hanno lasciato un segno concoraggio e con impegno / con dedizio-ne / contro un’istituzione organizzata /“cosa nostra” “cosa vostra” “cosa è vo-stro” / è nostra / la libertà di dire che gliocchi sono fatti per guardare / la boccaper parlare le orecchie ascoltano nonsolo musica non solo musica / la testasi gira e aggiusta la mira ragiona / avolte condanna a volte perdona sem-plicemente

Pensa prima di sparare / pensa pri-ma di dire e di giudicare prova apensare / pensa che puoi decideretu / resta un attimo soltanto un atti-mo di più / con la testa tra le mani

Ci sono stati uomini che sono morti gio-vani / ma consapevoli che le loro idee /sarebbero rimaste nei secoli / come pa-role iperbole intatte e reali come picco-li miracoli / idee di uguaglianza idee dieducazione / contro ogni uomo cheeserciti oppressione / contro ogni suo si-mile contro chi è più debole / contro chisotterra la coscienza nel cemento

Pensa prima di sparare / pensa primadi dire e di giudicare prova a pensare /pensa che puoi decidere tu / resta unattimo soltanto un attimo di più / con latesta fra le mani

Ci sono stati uomini che hanno conti-nuato / nonostante intorno fosse tuttobruciato / perché in fondo questa vitanon ha significato / se hai paura di unabomba o di un fucile puntato / gli uomi-ni passano e passa una canzone / manessuno potrà fermare mai la convin-zione / che la giustizia no / non è soloun’illusione

Pensa prima di sparare / pensa prima didire e di giudicare prova a pensare /pensa che puoi decidere tu / resta un at-timo soltanto un attimo di più / con la te-sta fra le mani / pensa / pensa che puoidecidere tu / resta un attimo soltanto unattimo di più / con la testa fra le mani

PENSAdi Fabrizio Moro

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GIUGNO 2007 BS

I NOSTRI MORTIPER SOSTENERELE OPERE SALESIANE

Notifichiamo che la DirezioneGenerale Opere Don Bosco consede in Roma, riconosciuta conD.P.R. 2-9-71 n. 959, e l’Istitu-to Salesiano per le Missionicon sede in Torino, avente per-sonalità giuridica per Regio De-creto 13-1-1924 n. 22, possonoricevere Legati ed Eredità. Queste le formule:

se si tratta di un Legatoa) di beni mobili“… Lascio alla Direzione Ge-nerale Opere Don Bosco, consede in Roma (o all’Istituto Sa-lesiano per le Missioni, con sedein Torino) a titolo di legato lasomma di € … o titoli, ecc. peri fini istituzionali dell’Ente”.

b) di beni immobili“… Lascio alla Direzione Ge-nerale Opere Don Bosco, consede in Roma (o all’Istituto Sa-lesiano per le Missioni, con sedein Torino) l’immobile sito in…per i fini istituzionali dell’Ente”.

Se si tratta invece di nominareerede di ogni sostanza l’uno ol’altro dei due enti sopraindicati“… Annullo ogni mia prece-dente disposizione testamenta-ria. Nomino mio erede univer-sale la Direzione Generale Ope-re Don Bosco, con sede in Ro-ma (o l’Istituto Salesiano per leMissioni, con sede in Torino)lasciando ad esso quanto mi ap-partiene a qualsiasi titolo, per ifini istituzionali dell’Ente”. (Luogo e data) (firma per disteso)

NB. Il testamento deve essere scritto perintero di mano propria dal testatore.

INDIRIZZIDirezione Generale Opere Don BoscoVia della Pisana, 111100163 Roma-BravettaTel. 06.65612678 – Fax 06.65612679C.C.P. 462002

Istituto Salesiano per le MissioniVia Maria Ausiliatrice, 32 10152 TorinoTel. 011.5224247-8 – Fax 011.5224760C.C.P. 28904100

FANONI BELTRAMI sac. José,salesiano,✝ Linare (Chile), il 16/02/1972, a 45 anni

A 35 anni dall’immatura scomparsa, il BSricorda un salesiano eccezionale, nativo diChiesa Valmalenco (Sondrio) ma che hasvolto tutto il suo apostolato in Cile. Dopo ildottorato alla Gregoriana, ha insegnatoSacra Scrittura a Santiago. Accettò volen-tieri di fare il parroco e per quattro annisvolse questo ministero, apprezzato daisuperiori e amato dalla gente. Inviato perun anno in Germania per un corso di ag-giornamento, tornò in Cile dove fu nomina-to professore di Sacra Scrittura presso l’U-niversità Cattolica di Santiago. Era un uo-mo colto e saggio, forse il più preparato delChile nel campo delle Scienze Bibliche; maera anche un apostolo, dedito anima e cor-po ai poveri. Proprio mentre si trovava inuna delle più povere parrocchie della peri-feria di Linares, dove si era recato per unbreve periodo di riposo e in realtà dedicavatutto il suo tempo alle necessità della gen-te, morì improvvisamente, annegando nel-le acque del fiume Achibueno. La parroc-chia chiese che fosse sepolto lì, e la tombanon è mai stata abbandonata dalla gente.

CARLE sr. Adelaide, Figlia di MariaAusiliatrice, ✝ Giaveno (TO), il 07/05/2006, a 84 anni

Suor Adelaide è stata un’icona di bontà e diaccoglienza. La si ricorda per l’amabile se-renità e arguzia, il sorriso buono, la dolcez-za accogliente, l’amore alla natura, la fe-deltà viva e profonda alla preghiera e aimomenti comunitari. Tutti le volevano bene:bimbi, ragazzi, adulti, nonni, persone cono-sciute da tempo o appena incontrate. Nondimenticava nessuno, arrivava a mille gen-tilezze. Le sorelle portano in cuore i suoi in-coraggiamenti nelle difficoltà, la gentilezzastraordinaria con i loro genitori e parenti, lacura materna e l’attenzione per i sacerdoti;ne sottolineano la fedeltà al dovere, il vivosenso di responsabilità nel delicato compitodi portineria e di accoglienza, la discrezionee l’intelligenza del suo intervento, lo spiritodi collaborazione e di apertura. La sua sa-lute si era indebolita già parecchi anni fa.Ha sempre offerto tutto con pazienza e fe-de per don Lino e per la famiglia della so-rella, a cui era legata da grande e reciprocoaffetto.

GAMBAUDO sig. Giuliano,exallievo, ✝ Torino, il 23/05/2006, a 73 anni

Di famiglia poverissima, ma di solidi principireligiosi, Giuliano frequenta la scuola pressoi salesiani del Colle, recandovisi in bicicletta,anche in pieno inverno e in calzoncini corti.A 14 anni riesce a farsi assumere comeoperaio alla Lancia. Di giorno lavora e di not-te continua a studiare fino a conseguire il di-ploma di geometra. Con il tempo diventa unpubblicitario stimato e rispettato, allaccia re-lazioni con ditte e personaggi del mondo im-prenditoriale, gira il mondo. Ma rimane sem-pre fedele alle sue modeste origini e agli in-segnamenti appresi in famiglia e nella scuo-la di Don Bosco. Gli stessi insegnamenti tra-smette al figlio: il valore della rettitudine e delsacrificio, dell’onore e dell’umiltà, spesso

leggendogli gli articoli del Bollettino Salesia-no, cui è stato sempre abbonato. Quando ilmale lo ghermisce, è ancora di esempio aifamiliari per la coraggiosa e cristiana accet-tazione del suo destino.

GHARGHOUR sac. Abboud,salesiano,✝ Aleppo (Siria), il 19/06/2006, a 59 anni

Un tragico e banale incidente stradale èstato la causa della sua morte, avvenutasull’autostrada per Aleppo, quando un ca-mion ha perduto improvvisamente la cas-setta degli attrezzi e costretto la macchinadove viaggiava don Abboud a una manovrapericolosa che l’ha fatta capottare. Orato-riano di Aleppo, ha sentito la chiamata allavita salesiana e l’ha seguita. Si è dedicatoai giovani come delegato di pastorale gio-vanile per vari anni e insegnante, poi è statodirettore in varie case. Buon musico, inse-gnava ai ragazzi, che li imparavano con gu-sto, canti da lui stesso composti. Sempresorridente, vivace, ottimista, nonostante ildiabete di cui soffriva come male ereditario.“Vale la pena di vivere la mia vocazione dasacerdote, arabo e salesiano in MedioOriente”, diceva. Su tutte, la testimonianzascritta di un giovane: “Ho imparato da te lagioia del dono e l’amore per gli altri”.

MASOERO sac. Luigi, salesiano,✝ Torino Valdocco, l’11/10/2006, a 86 anni

Fede e lavoro erano le caratteristiche dellasua famiglia, che egli ha mantenuto pertutta la vita. Fu conquistato dall’ambientefamiliare di Valdocco dove entrò come stu-dente e dove scelse di rimanere divenendosalesiano e sacerdote. Le doti di mente edi cuore lo hanno portato a essere direttoree insegnante per molti anni, lasciando neiconfratelli un esempio di laboriosità, gene-rosità, equilibrio. Sempre attento alla di-mensione spirituale nonostante le attivitàche aveva a suo carico: scuola, doposcuo-la, musica, canto… Gli piaceva ricordaregli anniversari dei confratelli cui non man-cava mai di inviare un biglietto di auguri euna sua poesia composta per l’occasione.

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“Reciso in terra

torna a fiorire

nel giardino di Dio”Ag

nese

Gas

paro

tto

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SGANGA sig. Francesco,cooperatore salesiano,✝ Alcamo (TP), il 23/06/2006, a 66 anni

Ricordiamo il suo entusiasmo, il suo co-stante ottimismo, la sua fede sincera eoperosa. Di questo è andato a ricevere dalSignore della Vita la giusta ricompensa ilnostro amico Francesco. Fu un caro fratel-lo cui tutti hanno sempre riconosciuto unaserena umiltà e una costante disponibilitàverso chi aveva bisogno del suo aiuto e delsuo consiglio, virtù provenienti dalla suasensibilità ai valori cristiani e salesiani. Lasua coerente testimonianza di vita salesia-na era di esempio e di stimolo. Innamoratodi Don Bosco, si è prodigato nell’animazio-ne delle attività oratoriane che per diversianni ha curato con impegno e disinteresse.Gli ultimi sei anni della sua vita, quandol’energia e le forze cominciavano ad affie-volirsi, non si è chiuso in se stesso ma,sorreggendosi sulle stampelle, ha profusole sue forze per l’Associazione dei coope-ratori, curando la parte amministrativa delCentro Cooperatori Salesiani di Alcamo.

PALAZZO sig.ra Costanza (Titina),exallieva e cooperatrice salesiana,✝ Martina Franca (TA), il 18/01/2007, a 75 anni

Gli amori di Titina furono la sua famiglia, laChiesa e le suore salesiane! Si poteva diredi lei che i santi salesiani li conosceva e lifaceva conoscere come se fossero perso-ne di famiglia. Parlava di Don Bosco contale fervore che incantava chi l’ascoltava.Ha vissuto con intensità la sua promessadi salesiana cooperatrice, ma anche conrealismo operativo: era una donna abile econcreta. Sempre presente agli incontri,sempre disposta a imparare, sempre atten-ta agli altri, generosa nel servizio, concen-trata nella preghiera, accogliente nelle re-lazioni. Il Signore l’ha colta preparata algrande evento del suo ricongiungimentocon il Dio della vita.

DEGIOVANNI POZZO sig.ra Angela,mamma di un salesiano,✝ Albugnano (AT), il 20/02/2007, a 95 anni

Madre esemplare di sei figli, tra cui il sale-siano don Vittorio Pozzo, già ispettore inMedio Oriente. Lucida e attiva fino alla fi-ne, si fece voler bene da tutti, mostrandosisempre disponibile al servizio, saggia e ge-nerosa nel dispensare consigli di qualsiasigenere a chiunque si rivolgesse a lei. Conla sua fede profonda e la preghiera assi-dua superò tutte le difficoltà della sua lun-ga e ricca esistenza e lasciò un preziosotestamento spirituale in cui scrisse tra l’al-tro, citando il santo Curato d’Ars: “I vostrifigli non si ricordino di ciò che avete detto,ma di ciò che vi hanno visto fare”.

FARDIN sac. Marcello, salesiano,✝ Castello di Godego (TV), il 09/01/2007, a 73 anni

Ha passato la sua vita apostolica in MedioOriente, dove si è recato da novizio nel1950 e dove ha svolto i suoi studi e la suamissione di salesiano e sacerdote. È stato

insegnante apprezzato e rispettato al Cai-ro, ad Alessandria, Porto Said, Aleppo eNazareth. Fu anche Delegato regionale delCentro dello Spettacolo e della Comunica-zione Sociale per l’Egitto e in Medio Orien-te. Non fu mai un colosso di salute, tantoche nel 1984 dovette tornare in Italia. Dal1998 fino alla morte dimorò a Verona, percurare il suo cuore malato. La morte lo hacolto mentre era presso la casa di riposo diCastello di Godego.

PETTENUZZO sac. Carlo,salesiano,✝ Castelfranco Veneto (TV), il 24/12/2006,a 90 anni

Don Carlo era l’insegnante delle “cose diDio”, professore negli studentati teologici diSacra Scrittura, ebraico e greco biblico. Inquesta veste fu a Torino Crocetta, a MartìCodolar (Barcellona), e ancora a Valencia,Bilbao, Roma UPS, Cremisan (Israele). Lasua figura di salesiano “es recordadisima”,scrive il segretario ispettoriale di Barcello-na. Pronto al ministero come sacerdote, te-nace come studioso, geniale come scritto-re. Gli ultimi anni della sua lunga e laborio-sa vita testimoniano anche l’umiltà del suocarattere e la carità del suo cuore. A Cisondi Valmarino e Gorizia visse dedito a umiliservizi, sempre sollecito nell’accontentare iconfratelli.

SCIOCCHETTI sig. Italo, exallievo salesiano,✝ Terni, il 30/10/2006, a 68 anni

Il signor Italo è stato per anni la guida e ilpresidente dell’Unione exallievi di Terni,sempre attento alle esigenze di tutti. Cono-sciutissimo, era l’anima delle feste oratoria-ne e parrocchiali, cui dedicava il suo tempoe la sua competenza, perché riuscissero“come Dio comanda”: era un innamorato diDon Bosco. Oltre al suo impegno ecclesia-le, molto apprezzato e benedetto era il suoimpegno sociale soprattutto verso gli anzia-ni e i disabili per i quali si prodigava conpassione, sbrigando per loro pratiche buro-cratiche, accompagnandoli presso gli ufficistatali o all’ospedale, visitandoli in casa. Untumore lo ha portato via troppo presto, to-gliendo alla comunità parrocchiale e sale-siana un aiuto prezioso. Il suo funerale èstata quasi un’apoteosi, a testimonianzadell’affetto e della stima di cui godeva.

BUSOLIN sac. Piergiorgio,salesiano,✝ Castelfranco Veneto (TV), il 29/10/2006,a 65 anni

Socievole ed equilibrato don Piergiorgio inmezzo ai giovani oratoriani ha speso inten-se energie e ha avuto modo di manifestarein mille attività tutte le sue doti di organiz-zatore e animatore del cortile, di educatorenei gruppi, mettendo in mostra qualità invi-diabili, tanto da farsi amare dai giovani edai confratelli. Da buon salesiano, era unoche non si tirava mai indietro e sapeva an-dare al sodo con tutti. Anche per questo,venne incaricato della Comunità Proposta,come incaricato vocazionale per la suaispettoria. A sessant’anni, senza alcuna re-

mora o timore è stato capace di rituffarsitra i giovani, ritrovando l’entusiasmo orato-riano: incontri, giornate di studio, campiscuola, ritiri, direzione spirituale. Felice diaiutare i giovani ad amare la vita salesia-na. Il cuore gli ha ceduto in pochi giorniportandolo alla morte. “Quando avverràche un salesiano soccomba lavorando perle anime… “.

SEMENZANO sig.ra Adele in Annoè, cooperatrice, ✝ Noale (VE), il 29/01/2007, a 99 anni

Adele è la prima di dodici figli di una fami-glia di solide virtù cristiane. Sposata nel ’38ha due figli che educa cristianamente conattenzione e trepidazione nel furore della 2ªGuerra Mondiale. Molte mattine d’invernosveglia il primogenito e con passo veloce efurtivo si reca alla 1ª messa per poter torna-re a casa al sorgere del sole e non pesaresul lavoro. Il primogenito Ernesto lascia lacasa per entrare nel collegio salesiano, eunirsi ai figli di Don Bosco come salesianolaico. Ella continua a governare la casa e lasua numerosa prole, a consolidare rapportifra famiglie, a prestare aiuto a chi ha biso-gno, sempre con umiltà e forza d’animo.Accetta la vecchiaia con serenità, ringraziaper ogni attenzione prestatale, non fa pesa-re su altri i suoi incomodi. Nelle ultime setti-mane della sua lunga e operosa vita ripetea fior di labbra l’Ave Maria, la preghieratante volte da lei suggerita ai suoi bambiniprima di addormentarli.

DEL GIUDICE sr. Carmela, Figlia di Maria Ausiliatrice,✝ Napoli (NA), il 23/10/2006, a 65 anni

L’oratorio la conquistò all’ambiente salesia-no e scelse di diventare FMA, affascinatadallo spirito di don Bosco. Lavorò come in-segnante di lettere nella scuola, animatricenell’oratorio e nelle Polisportive GiovaniliSalesiane (PGS), delegata delle exallieve,impegnata in attività apostoliche presso al-cune Parrocchie e zone a rischio. Comeanimatrice del VIDES, fece notevoli espe-rienze in Australia, Africa, America e Asia,coinvolgendo numerosi giovani che resta-vano conquistati dal suo spirito di intrapren-denza e di dedizione. Negli ultimi anni d’in-segnamento presso l’Istituto dei Salesianidi Napoli-Vomero è stata guida sicura, ami-ca dei giovani, loro consigliera fidata anchese esigente. Il suo carattere volitivo edenergico, infatti, non la faceva passareinosservata, anche perché era dotata diuna forte carica di originalità che trasparivadal suo modo deciso di affrontare problemie situazioni, di impostare dialoghi e rappor-ti. Uno suo alunno scrive: «Non ho impara-to benissimo l’italiano e il latino, ma graziea te ho imparato a stare con gli altri».

SALTARELLI sr. Maria Angela,Figlia di Maria Ausiliatrice,✝ Roma, il 1°/11/2006, a 74 anni

Durante la guerra, sotto il bombardamentodi Cassino, è costretta ad abbandonare ilsuo paese natale, Minturno, e raggiungereRoma. Dopo la liberazione ritorna a casa,ma sente per un impulso interiore il deside-

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rio di tornare a Roma. Il Comitato deglisfollati la invia all’Asilo Patria, dove ha mo-do di conoscere le FMA, si sente attrattadal carisma e decide di entrare nell’Istituto.Fino all’anno 1991 assolve l’ufficio di cuci-niera presso i salesiani tra le quali l’UPS ela Pisana. Le consorelle vissute con lei laricordano come una persona buona, umile,silenziosa, laboriosa e sacrificata, ricca difede e di carità verso tutti. Nel 1991 è diret-trice nella casa salesiana dell’UPS, ma do-po tre anni, per motivi di salute, chiede diessere esonerata dall’incarico e torna nelNoviziato di Monte Mario che l’aveva ac-colta tanti anni prima. Continua a lavorarenella cucina con serenità, perché affermache ciò che conta non è il lavoro, ma l’a-more con cui lo si fa.

ALFARANO sr. Rosa,Figlia di Maria Ausiliatrice,✝ Contra di Missaglia (LC), l’11/11/2006,a 82 anni

“Qualunque cosa avrete fatto al più picco-lo… l’avrete fatta a me”. Questo vangelo divita ha caratterizzato i lunghi, laboriosi annidi presenza di suor Rosina tra i piccoli e ipiù bisognosi. Sia in Puglia sia in Calabria,come pure in Lombardia, ella ha vissuto lasua missione nella scuola materna e nell’o-ratorio donandosi, con vivo spirito apostoli-co, cordialità e generosità incessante a tut-ti. Aveva una spiccata attitudine al teatro elo proponeva ai ragazzi, curando con gustoe competenza le coreografie, affinché tuttofosse educativo e a vantaggio dei bambinie dei giovani. Cordiale e aperta, benvolutada tutti, era un punto sicuro di riferimentoper i genitori, per i piccoli e i grandi. Tutti ri-cordano la sua semplicità, la sua umiltà, ilsuo fare scherzoso, le sue battute simpati-che, la sua capacità di “stare al gioco”.

DE BORTOLI sac. Carlo, salesiano, ✝ Civitanova Marche Alta (MC), il 23/12/2006, a 94 anni

Don Carlo era un montanaro, amante dellamontagna. Più di una volta ha accompa-gnato il Rettor Maggiore don Vecchi nellesue scalate. “Lassù” trascorreva sempre lesue vacanze estive, e non vi rinunciò nem-meno a 90 anni. Ogni anno, rinfrancato nelcorpo e nello spirito dall’aria pura, dallecamminate, dai panorami, dalla preghierafatta dove sembra di essere più vicini aDio, tornava nella sua Macerata rinvigorito,e con nuova lena ricominciava il suo lavo-ro, diviso tra scuola e cortile, tra lezioni eassistenza. Scuola, assistenza, educazio-ne: un trinomio che ha guidato l’intera suavita. Gli allievi, tantissimi, sono diventati af-fezionati exallievi che don Carlo seguivacon cura meticolosa, aiutandoli a utilizzareal massimo gli insegnamenti dell’adole-scenza. La rudezza aspra della montagnaaveva anche influito sul suo modo di rela-zionarsi, ma bastava poco per capire cheera solo corteccia. Cuore e anima eranoquelli di un salesiano che amava a tuttocampo i giovani e la loro educazione cultu-rale, civile, religiosa e morale.

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L’ANIMALE FANTASTICOCENTAURONella mitologia greca, Centauro –corpo di cavallo, testa, busto ebraccia d’uomo – è nato dall’unio-ne della dea Giunone con il re deiLapiti, Issione, ed è capostipite diun popolo che vive sui monti dellaTessaglia. Ha pregi e difetti umani,espressi al massimo livello: sag-gezza e crudeltà, nobiltà d’animo eorgoglio, virtù e passioni sfrenate.In genere ha buona reputazione,perché il cavallo è animale intelli-gente, forte, veloce ed elegante.Nel Medioevo, è simbolo sia degliuomini falsi, sia degli eretici, metàcristiani e metà pagani. Dante col-loca i centauri nell’Inferno (cantoXII), come custodi e giustizieri deiviolenti. Qualche autore medievalevede nel centauro un’allegoria del-la doppia natura di Cristo, umanae divina. Oggi il nome è sinonimodi motociclista.

VITA DA PAPI• 1 giugno 1846: muore GregorioXVI, Bartolomeo Alberto Cappellari.• 2 giugno 575: è eletto Benedet-to I. Nel 657, muore Eugenio I,santo.• 3 giugno 1963: muore GiovanniXXIII, Angelo Giuseppe Roncalli.• 4 giugno 1992: papa GiovanniPaolo II inizia il suo 55° viaggioapostolico.• 5 giugno 1305: è eletto ClementeV, Bertrand de Gouth, che trasferi-sce la Santa Sede ad Avignone eabolisce l’ordine dei Templari.• 6 giugno 1527: durante il “sac-co di Roma”, papa Clemente VIIGiulio de’ Medici, capitola e fuggeda Roma. • 7 giugno 879: papa Giovanni

VIII riconosce al principe Branimiril dominio sulla Croazia.• 8 giugno 536: è eletto Silverio I,santo, figlio di papa Ormisda, pri-ma che diventasse sacerdote.• 9 giugno 1537: papa Paolo III,Alessandro Farnese, dichiara chegli indio americani “sono uominicome tutti gli altri”.• 10 giugno 1969: Paolo VI visita ilConsiglio Ecumenico delle Chiese.• 11 giugno 1899: papa LeoneXIII consacra il genere umano alSacro Cuore.• 12 giugno 816: muore Leone III,che nell’anno 800 ha incoronatoCarlo Magno. • 13 giugno 1003: è eletto Gio-vanni XVII, Siccone, romano.• 14 giugno 1434: Eugenio IV,Gabriele Condulmer, travestito damonaco, fugge da Roma. • 15 giugno 1475: Sisto IV, Fran-cesco della Rovere, rifonda laBiblioteca Vaticana. • 16 giugno 1846: è eletto Pio IX,Giovanni Maria Mastai Ferretti.• 17 giugno 676: muore papaAdeodato II.• 18 giugno 1155: Adriano IV, uni-co papa inglese, incorona FedericoBarbarossa.• 19 giugno 325: sotto Silvestro I,l’imperatore Costantino convoca il1° Concilio di Nicea.• 20 giugno 1667: è eletto Cle-mente IX, Giulio Rospigliosi.• 21 giugno 1002: nasce Brunodei conti di Egisheim-Dagsburg,Leone IX. • 22 giugno 1276: muore Inno-cenzo V, Pierre de Tarentaise.• 23 giugno 964: è deposto Bene-detto V, noto come Grammatico.Antipapa, se si considera legittimoLeone VIII.• 24 giugno 1951: Pio XII, cano-nizza santa Maria Mazzarello.• 25 giugno 253: è eletto san Lu-cio I. • 26 giugno 684: è eletto Bene-detto II, santo. • 27 giugno 678: è eletto Agatone,d’origine siciliana, santo. • 28 giugno 767: muore Paolo I,fratello e successore di Stefano III. • 29 giugno 1951: Joseph Ratzin-ger è ordinato sacerdote; il 27giugno del 1977, papa Paolo VIlo crea cardinale. • 30 giugno 296: è eletto san Mar-cellino; muore martire sotto Dio-cleziano.

LA SALUTE DEL MESE

FOLGORAZIONEÈ causata dal passaggio di corren-te elettrica nel corpo. Nei casi lievi,provoca la cosiddetta “scossa”,senza conseguenze; poi, secondola gravità, ustioni, contrazioni mu-scolari, perdita di coscienza, bloccodell’attività cardiaca e persino lamorte. Più lungo è il contatto con lafonte elettrica, minore è la possibi-lità di sopravvivenza. Chi prestasoccorso deve staccare subito l’in-terruttore generale; se è fuori casa,invece, deve spostare il filo elettri-co dal corpo dell’infortunato, usan-do un bastone di legno, mai dimetallo. Mai toccare la persona.Interrotto il contatto elettrico. Incaso di assenza di respirazione ebattito cardiaco – e se si è capaci– rianimarlo con la respirazionebocca a bocca e con il massaggiocardiocircolatorio e chiamare l’am-bulanza. La folgorazione domesticaè la causa più frequente dei dannicausati dalla corrente elettrica, cau-sa prese “volanti”, fili scoperti, ecc.

IL MESEIL MESE

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Savina Jemina

BS GIUGNO 2007

Giugno Gregorio XVI

Paolo III

Giovanni XVII

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Cayetano Castello sdb

Il mate non è una bevanda. O non è solo unabevanda. È vero che è un liquido e… si beve, main Argentina, come del resto in Paraguai e in Uru-

guay, nessuno beve il mate perché ha sete. È piutto-sto un costume, una forza socializzante. Il mate èagli antipodi della TV. Questa ti costringe al silenzioperché ti ruba l’attenzione, isolandoti dagli altri.Quello ti spinge a colloquiare se stai con qual-cuno e ti aiuta a pensare se stai da solo.

� Quando qualcuno ti viene a farvisita, la prima cosa che si dice è“Hola – Salve!” e subitodopo: “Gradisci un ma-te?”. Questo dovun-que e con chiun-que: ricchi o po-veri, giovani e an-ziani, donne chiac-chierone e anzianesilenziose. È graditissimonei ricoveri per anziani, ma anche traadolescenti, mentre studiano, conversano o fannogruppo. Lega padri e figli, amici e avversari. Peronistie radicali, comunisti e nazionalisti si trovano attornoalla “pava”, il recipiente per preparare la “miracolo-sa” bevanda. Non ha stagioni: in estate o in inverno,a primavera o in autunno il mate è il compagnoindispensabile. Non si sorbisce solo quando si dor-me, per impossibilità fisica, se no… Il mate è l’unicacosa che accomuna il boia alle vittime, i buoni aicattivi, i santi ai delinquenti. Se hai un figlio gli dai ilmate appena te lo chiede, lui si sentirà grande e tuorgoglioso che un rampollo del tuo sangue inizi asorbire mate. Ti emozioni più che alla prima poppa-ta. Con il passar degli anni saranno loro stessi, i figli,a decidere se prenderlo amaro o dolce, caldo o solotiepido, con buccia d’arancia o senza, con uno spic-chio di limone o no!

� Il giorno in cui conosci qualcuno, lo inviti subi-to a dividere un mate. Se non hai ancora confi-denza gli domandi: “Dolce o amaro?”. Sai già chel’altro risponderà: “Come lo prendi tu”, e il ghiac-cio è rotto! L’informatico al computer ha vicino lacaraffa con la bevanda nazionale e… i pulsantidella sua tastiera sanno di mate! In una casa può

mancare di tutto, ma ilmate no! In tempi

d’inflazione, di fa-me, di regimemilitare o di de-mocrazia, in-somma in qua-

lunque frangen-te, il mate non

ti molla. Qual-siasi maledizione

si abbatta sulla tuatesta o sulla tuacasa, il mate non

tradisce. E se ungiorno dovessi rimanere

senza erba, il vicino te laoffre, è certo, perché sa che senza mate è come sefossi nudo. Tutti i popoli hanno una cerimonia diiniziazione che segna il passaggio all’età adulta: iromani avevano la toga, gli ebrei la circoncisio-ne… Gli argentini hanno il mate! Il giorno in cuituo figlio sente la voglia di farsi un mate, per laprima volta da solo e prende la pava per preparar-si la bevanda, puoi giurarci che è diventato gran-de! Forse nessuno ricorda il giorno in cui è passa-to dal latte al mate!… ma certo non è stato ungiorno qualsiasi: dentro è scoppiato l’orgoglio del-l’adultità! Il mate è solidarietà, rispetto, sincerità,compagnia, sensibilità, modestia, generosità, ospi-talità, attitudine etica… Troppo? Si vede che nonsiete argentini! �

PRIMA PAGINA

MATEPER SOCIALIZZARE

“Se in Europa si conoscesse il mate… ci sarebbero meno divorzi”, ha scritto Arturo Paoli.

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GIUGNO 2007 BS

FabianaDi Bello

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BS GIUGNO 2007

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IL SEMEINVISIBILE

Tuoim Namprahat, un operaioche lavora da 13 anni nellascuola di Pra Me Mari aBangkok, opera dell ’ Istitutofondato da don Carlo DellaTorre, il 25 marzo 2000 è statoricoverato all’ospedale a causadi difficoltà respiratoria. Addor-mentatosi mentre stava masti-cando semi di frutta, si sentìimprovvisamente mancare il re-spiro. Esaminato parecchie vol-te dai dottori con i raggi X, nongli fu trovato nulla. Intanto ven-ne a visitarlo una suora dell’I-stituto fondato da don DellaTorre e gli raccomandò di chie-dere l’aiuto del Servo di Dio. Lofece con devozione, poi si ad-dormentò. Non molto tempodopo, si svegliò a causa di forticolpi di tosse che gli feceroeruttare sangue dalla gola. Do-po attento esame, il dottore ri-scontrò che tra il sangue versa-to sul pavimento c’era un se-me. Sorpreso e perplesso, di-chiarò che si trattava di una co-sa straordinaria, perché questoseme non era apparso ai raggiX. Praticata un’altra radiografiae non r iscontrando nul la dianormale, il dottore dimise dal-l’ospedale il paziente.

Tuoim Namprahat, Bangkok (Thailandia)

FRECCIANELL’OCCHIO

Tolojanahary Eric Aliocha, 10anni di età, era degente all’o-spedale civile di Mahajanga(Madagascar). Colpito all’occhioda una freccia, non poteva ve-dere nulla. Vicino al suo lettoc’era Fanamby, un bimbo di 6anni, con un tumore alla cavitàdell’occhio sinistro. Era assistitosolo dal nonno, poiché la mam-ma era impegnata ad allattareun piccolo di 7 mesi. Non poten-do il nonno pagare i medici, masolo la degenza e l’ospedale,questi non si erano curati delbimbo. Allora la signora Raza-namahefa Haingo Lalao Lylvie

Hélèna, di 33 anni, mamma diEric Aliocha, ha cominciato a in-teressarsi di Fanamby, parlan-done con la direttrice di una co-munità di suore Figlie di MariaAusiliatrice, presso la cui scuolalei lavora. Eric Aliocha sta fa-cendo delle cure chemioterapi-che in un ospedale della capita-le. Scongiurata l’operazione,cioè l’asportazione dell’occhio,tante persone ora sono state in-teressate a pregare Don Boscoper Fanamby, sostenute dallastessa fiducia che nutre mam-ma Haingo: “Penso che il Signo-re abbia permesso che mio fi-glio venisse ferito e ricoveratoall’ospedale, perché il piccoloFanamby guarisca dal suo tu-more”. La fede di questa mam-ma è già stata premiata, comelei stessa ha dichiarato e sotto-scritto: “Testimonio che un oc-chio di mio figlio TolojanaharyEric Aliocha, che era stato colpi-to da una freccia e che non po-teva vedere niente, è ora guari-to, grazie alla mia preghiera aDon Bosco e a Maria Ausilia-trice dei cristiani e alla benedi-zione di Dio. Egli sta ancoracontinuando il trattamento. Siabenedetto Dio solo”.

Haingo Hélèna,Mahajanga (Madagascar)

I NOSTRI SANTIa cura di Enrico dal Covolo postulatore generale

Per la pubblicazione non si

tiene conto delle lettere non

firmate e senza recapito. Su

richiesta si potrà omettere

l’indicazione del nome.GIUGNO 2007 BS

NON AVER PAURATuoim Namprahat il 31 marzo2000, a Bangkok, stava lavoran-do intorno alla statua di don Car-lo Della Torre, situata davanti al-la Casa Madre dell’istituto fonda-to da questo stesso sacerdote.All’improvviso si sentì girare la te-sta e un gran calore in corpo.Soffrendo di disturbi al cuore, ilsuo dottore gli aveva consigliatodi tenere sempre con sé delle pa-stiglie da mettere, all’occorrenza,sotto la lingua. Per sfortuna quelgiorno s’era dimenticato di portar-le con sé. Mentre cercava dichiedere aiuto a un operaio chelavorava vicino a lui, svenne.Qualche tempo dopo si svegliònella camera dell’ospedale. Il dot-tore gli disse che dall’esame pra-ticatogli risultava bloccato qual-che capillare sanguigno del cer-vello. Di conseguenza erano pa-ralizzati gli arti della parte sinistradel corpo. Mentre era ricoveratoin ospedale, quest’uomo sognòdi vedere don Carlo Della Torre

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Martiri spagnoli L. Olivares

GRAVIDANZACOMPLICATA

Mi chiamo Valeria: nel 1998 hoavuto un bellissimo bambino dinome Paolo, che ha sempredesiderato la compagnia di unfratellino o di una sorellina.Purtroppo il 24 maggio la gravi-danza tanto attesa e desiderataterminò con un aborto interno.Fui colta quasi dalla dispera-zione, ma il Signore non mi hamai abbandonato. Mi confortòtramite le suore F.M.A., che miparlarono del particolare patro-cinio di san Domenico Savioverso le mamme in attesa. Midiedero l’abitino e il libricino perla novena. Ho subito iniziato apregare e nel mese di marzo2005 ho avuto una nuova gra-vidanza, che si è subito pre-sentata complicata: minacce diaborto, problemi alla tiroide,diabete gravidico… Tuttavia lagravidanza si è conclusa felice-mente con la nascita di Marta il13 dicembre 2005. Non ho maismesso di recitare la preghieradella mamma in attesa, sia perme, sia per le future mamme.Alla mia preghiera si è aggiuntaquella di tutte le suore che mihanno quotidianamente inco-raggiata.

Liberti Valeria, Roma

SOLLEVATADALL’ANGUSTIAHo subìto un intervento chirur-gico al cervello, per tumorebenigno, dopo essere stata ri-coverata in ospedale per tremesi. Durante la degenza, ilmio pensiero era per mio figlio

Mamma Margherita

Giuseppe, non sposato, chevive con me. Ho altri due figli:uno ingegnere, l’altro avvoca-to. Ormai prossima a esseredimessa dall’ospedale, pensa-vo: ”Come farò, appena torna-ta a casa, se non ho un aiutodomestico?”. Con questapreoccupazione mi sono rivol-ta a Mamma Margherita, cheessendo madre di san Gio-vanni Bosco – di cui sonomolto devota – mi avrebbeaiutata. Una mattina, mentreero in corridoio, fui avvicinatada una donna addetta alle pu-lizie, la quale mi chiese conbel garbo se avevo bisogno diun aiuto casalingo, poiché lasua sorella rumena era in cer-ca di lavoro. Immediatamentemi venne spontanea un’escla-mazione di felice sorpresa chenon potei trattenere (se ne ac-corsero meravigliati alcuni de-genti, che si volsero verso dime): “Grazie, Mamma Mar-gherita e san Giovanni Bo-sco!”. Ora quella persona la-vora a casa mia e mi è digrande aiuto.

Prunotto Gemma, Alba (CN)

vicino al suo letto, vestito di nero,con in mano la foglia di un albero(della cui specie non aveva la mi-nima idea) che gli diceva: “Nonaver paura; mangia questa foglia,e fra due o tre giorni sarai guari-to”. Egli, sempre in sogno, man-giò quella foglia, mentre il sacer-dote si avviava lentamente versola porta della camera. Proprio inquel momento si svegliò. Tra-scorsi tre giorni da quel sognoriuscì a muovere mani e piedi au-tonomamente, senza l’aiuto dinessuno. Ciò sorprese gli infer-mieri che gli chiesero come riu-scisse da solo. Rispose sempli-cemente che neppure lui lo sape-va. Il quarto giorno si sentì quasiguarito e il quinto si sentì del tuttoa posto. Il dottore gli raccomandòdi restare in ospedale qualchegiorno in più, ma egli rifiutò, di-cendo che si sentiva benissimo.Allora il dottore lo lasciò fare,mentre gli assicurava che la suaguarigione era un fatto straordi-nario dal punto di vista medico.Restava inoltre il fatto che se fos-se giunto in ospedale 10 minutidopo, avrebbe certamente mes-so a rischio la sua vita.

Tuoim Namprahat,Bangkok (Thailandia)

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UN SECONDOFIGLIO… CONTROL’ABORTO

Mia sorella e suo marito eranofelici per la vicina nascita del lo-ro secondo figlio, ma ben prestola loro gioiosa attesa si tra-sformò in preoccupazione, poi-ché dalle prime visite prenataliveniva diagnosticata la presen-za di un virus, che avrebbecompromesso la corretta forma-zione del feto. Successivi esamiconfermarono tale presenza e imedici consigliarono l’aborto.Informata di questa situazione,io, che da tanti anni conoscevosan Domenico Savio qualeprotettore delle mamme in atte-sa, procurai a mia sorella l’abiti-no del santo. Ella lo portò sem-pre con sé e pregò san Domeni-co Savio. Il 2 ottobre 2005 è na-to Fabio Domenico, perfetta-mente sano. Grande è la nostragratitudine verso questo santo,che ha protetto il nostro piccoloangelo.

Marchetti S., Vicenza

STORIATRAVAGLIATA

La mia storia travagliata dimamma comincia con Leonar-do, il mio primo bambino, mortoil 4 maggio 2002, il giorno primache lo partorissi. Ringrazio Diod’avermi sempre sostenuta conla fede. Non ho mai perso lasperanza di avere prima o poiun altro bambino. Ho pregato in-cessantemente san DomenicoSavio, con la novena e la pre-ghiera della mamma in attesa.Ho indossato il suo abitino finoal giorno del parto di FrancescoMaria, avvenuto i l 23 aprile2005. Ho conosciuto la potenzadel piccolo grande santo sanDomenico Savio tramite unamia amica, che mi consigliò diprocurarmi e d’indossare il suoabitino miracoloso. Sia lode aDio che realizza sempre ciò chepromette.

Catanese Luisa, Terni

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• Don, qualcuno ti ha definito un salesiano itinerante. Perché?Mi definisco così anch’io… perché per 40 anni ho continuato a pas-

sare da un posto all’altro. Ho fondato molti centri in tutta la Colombiaper recuperare i ragazzi di strada. Mi ero accorto che erano troppi etroppo abbandonati.

• Hai trovato molte difficoltà nel tuo lavoro?Certo. È normale. I confratelli mi consideravano un po’ strambo,

perché gli riempivo la casa di monelli di strada e quelli facevano ildiavolo a quattro! Beh, i poveri salesiani avevano anche ragione a la-mentarsi, non riuscivano ad avere più un minuto di pace, e poi i “casi-ni” che combinavano i ragazzi…

• Quali sono i problemi più gravi che hai attualmente?Quelli di sempre, le risorse economiche… E poi trovare lavoro per i

ragazzi dei centri, convincerli a uscire dalla droga, farli diventare di-sciplinati, puliti...

• Ti è mai capitato qualche episodio particolare con loro?Altro te. Te ne racconto solo uno. Una volta ho fatto come Don Bo-

sco. Sono entrato in conflitto, diciamo, educativo con il direttore di uncarcere: lui diceva che per quei delinquentelli non c’era altro che lafrusta, io dicevo che con il sistema preventivo… A corti discorsi l’hosfidato: “Dammi 30 dei più discoli, io li porto al mare per una giornatae stasera te li riporto”. Me li ha concessi. E… li ho riportati tutti. È ri-masto a bocca aperta. Da allora ho avuto più aiuti dal Governo.

• Come mai questa situazione di degrado giovanile in Colombia?Per l’eccesisva disoccupazione e la conseguente povertà. Si sfascia-

no le famiglie e comincia il disastro. C’è molta violenza tra le muradomestiche, e i ragazzi preferiscono fuggire e si ritrovano in bande perla strada, con tutto quel che segue.

• Quanti ragazzi raccolgono complessivamente i tuoi centri?Più di 15 mila. Per novemila di loro mi aiuta il Governo, per gli altri

sei o settemila i privati: tutti i giorni quindicimila pranzi come direquindicimila Euro. Ma la cosa più importante è trovar loro lavoro: senon c’è lavoro non c’è nulla da fare. Abbiamo laboratori di ceramica,facciamo vetrate, disegni su tessuti, scuola di musica… Abbiamo 230fra officine e laboratori d’arte. Insomma ci diamo da fare in tutti i modinei nostri 90 centri. Tel. 00-57-315.643.81.87; [email protected]

IN PRIMO PIANO redazionale

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P. JAVIER DE NICOLÒDa 58 anni in Colombia tra i “niños de la calle”. È italiano di Bari, oratoriano del Redentore. Ha fatto il tirocinio a Baranquilla. Si definisce un salesiano itinerante.

PICHVive a Phnon Penh, ha 13 an-

ni, 4 fratelli e una nonna. Pichè affetto da Acquired ImmuneDeficiency Sindrome, l’AIDSin parole povere, la stessa ter-ribile malattia che gli ha giàportato via i genitori. La non-na è troppo anziana e i fratellisono più piccoli di lui, sicchéPich suo malgrado si ritrovacapofamiglia e una giornatatroppo piena per i suoi anni:levata alle ore 4 del mattinoper approntare la bancarellache sarà gestita (si fa per dire)dalla nonna la quale cerca divendere… tutto ciò che è ven-dibile! Poi sveglia ai fratellini,colazione per loro e via tutti ascuola. Ci resta anche lui, maappena finisce corre subitovia, perché lo attende il lavoroper il resto della giornata: fa illustrascarpe a 12 centesimi didollaro al paio. A sera si man-gia se la nonna e lui hannonella giornata raggranellato asufficienza. Se no… si riman-da il pasto all’indomani. E lastoria di Pich è uguale a quelladi tanti altri. Ora il VIS si staoccupando dei ragazzini comelui con vari progetti e dice chebastano 300 f l’anno per unsostegno a distanza. Per sapernedi più: 06.51.62.91; [email protected]

BS GIUGNO 2007

T. M

artin

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