Bruno chiamatelo Bruno

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Aldo Ferraris Illustrazioni di Ilaria Guarducci B r u n o c h i a m a t e l o B r u n o !

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Aldo FerrarisIlaria Guarducci

Mattia ha conosciuto l’amico Bruno in una

circostanza drammatica: durante il terremoto de

L’Aquila. Da allora, dopo cinque anni, ancora non si

sono separati. Bruno è speciale perché è un enorme

orso marsicano che soltanto Mattia può vedere.

E quando il bambino sarà ospite dei nonni per una

estate, nella loro casa nel Parco Nazionale d’Abruzzo,

Bruno naturalmente lo seguirà.

Professor Ulisse

Cari ragazzi, sono un esperto di animali,e voglio farvi conoscere quelli da proteggere.

Ce ne sono di tante specie: solitari o in branco, amici dell’uomo o feroci predatori.

Questa volta vi parlerò dell’ orso.

Nasce a Novara, nel 1951, come

poeta per grandi pubblicando

numerosi libri. Dopo aver risco-

perto la musicalità e l’allegria

delle filastrocche si dedica alla

narrativa per ragazzi.

Ho vinto per due volte il Premio

La casa della fantasia della Fonda-

zione Marazza.

Con La nuvola a forma di castello

ha vinto il premio Giovanni

Arpino (2014). Ha già pubblicato

per Coccole books Eugenia, storia

di una lavagna (2013-2015).

Ilaria Guarducci vive a Prato

frequenta l'Accademia di Belle

Arti, inventa storie e fa l' illustra-

trice. Si è diplomata nel 2010

all'Accademia Nemo di Firenze, ha

frequentato corsi di specializza-

zione con illustratori come Pablo

Auladell, Gabriel Paceco, Linda

Wolfsgruber.

Ha pubblicato A spasso con gli

alieni e Le straordinarie macchine

del Signor Mustacchio Edizioni

Camelozampa, Sempreverde Edizio-

ni Fatatrac, L’ombra del lupo con

Coccole Books.

Aldo Ferraris

€ 11,00

Aldo Ferraris

Illustrazioni diIlaria Guarducci

Bruno

chiama

teloBruno!

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Aldo Ferraris

illustrazioni di Ilaria Guarducci

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A tutti gli amici immaginari che ancora sorridono dentro di noi.

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Bruno stava seduto per terra, rannicchiato sotto la finestra e guardava con fare interro-gativo Mattia, disteso sul letto, che fissava il soffitto con sguardo corrucciato.Il sole di giugno disegnava un riquadro di luce sulla coperta, come una botola di libertà che invece il ragazzino ignorava, persistendo nella sua immobile cocciutaggine.– Bruno si sente proprio muffico, – disse pia-no Bruno.Il ragazzino voltò appena la testa ancora in ombra, aveva un viso dai lineamenti marcati che lo facevano sembrare più grande dei suoi undici anni.– Ti capisco, amico mio, – rispose Mattia.– Cosa può fare Bruno?– Niente, non puoi fare niente, hanno già de-ciso per noi, non puoi fare proprio niente.– Matti è muffico?

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Mattia si mise seduto, le gambe a penzoloni dal letto, alzò le spalle.– Dovrà passarmi per forza la tristezza.– Forse non è così tombico andare dai nonni.– Un’estate da passare lassù, in montagna, iso-lato, in compagnia di due anziani che nemme-no hanno la tv, non ti pare così negativo?Bruno arricciò il naso, si grattò una guancia.– Bruno pensa che forse c’è aria buona.Mattia tornò a distendersi pesantemente sul letto.– Sì certo, l’aria buona, la natura, le caprette di Heidi!– Bruno non conosce Heidi.– Lascia perdere.Tornò il silenzio, poi si udì una porta aprirsi e chiudersi, dei passi e il rumore di oggetti posati e spostati.– Sono tornata.Una voce femminile attraversò il silenzio in-dolente della stanza, non ci fu risposta. Poi la porta si aprì.Una giovane donna, esile e dagli occhi scuri

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si affacciò.– Ancora lì a rimuginare sulle vacanze?Mattia non rispose.– Non farne un dramma, per favore. Non ho avuto scelta dopo quello che è successo. Poi dai nonni ti troverai bene, vedrai.– Solo perché nel palazzo vicino è caduto un balcone? Non ti pare esagerato mamma?– Ma li hai visti i nastri bianchi e rossi che hanno messo a tutti i balconi? Anche ai nostri? Qui non è questione di esagerare, è questione che queste case, dopo il terremoto, le han-no costruite con il legno non con il cemento, e finché c’è pericolo preferisco che tu te ne vada lontano. Ma queste cose già te le ho det-te, sei abbastanza grande per capire.Mattia sbuffò. Bruno, seduto sotto la finestra, fece un cenno affermativo con il capo.– Sarà solo per due mesi, sino a quando non sistemeranno le cose, vedrai che troverai altri ragazzi in montagna.– Sì certo, come no!Mattia chiuse gli occhi, sua madre scrollò il

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capo, in un gesto di impotenza.– C’è cattivo odore in questa stanza, ti ho sempre detto di mettere le scarpe nel riposti-glio, – così dicendo la donna si diresse verso la finestra, attraversò senza resistenza il cor-po peloso di Bruno e aprì le imposte.Quando uscì, Mattia rivolse uno sguardo scon-solato all’amico, al suo enorme orso bruno che si stava grattando il muso con una zampa, ancora accucciato sotto la finestra.

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Da cinque anni ormai Bruno era l’amico im-maginario di Mattia, da quella notte del 6 aprile 2009, quando il sogno di essere sulle montagne russe, sballottato dai vagoncini in una corsa senza freni, si era trasformato in realtà.Nel sogno si teneva stretto alla barra che gli premeva sul petto e avvertiva il mondo intor-no tremare e vibrare senza possibilità di fer-marlo.Quando si svegliò la casa ancora tremava e l’armadio si era appoggiato contro la parete sopra il suo letto, formando come una capan-na, un rifugio, come quando si nascondeva sotto il tavolo, la tovaglia a nasconderlo, per cercare un momento di intima solitudine. Ma ora era diverso, Mattia si rese conto di non poter uscire da quella condizione, avvertiva rumori, scricchiolii, tonfi soffocati e l’armadio

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gli faceva da tetto, ma nello stesso tempo, lo imprigionava nel suo lettino.Iniziò a piangere, a chiamare la mamma, ma ogni cosa intorno pareva sorda e nemica. Il buio lo avvolgeva come in uno scialle soffo-cante e il suo piccolo peluche, l’orsetto Bruno con una macchia chiara sul muso con cui an-dava a dormire ogni sera, a cui mangiucchia-va un orecchio prima di addormentarsi, era scomparso, non poteva difenderlo, consolarlo.Fu allora che arrivò Bruno, grande, grosso, morbidamente peloso, con la stessa macchia e lo stesso orecchio mangiucchiato. Si mise accanto a Mattia e con il suo dorso forte resse il peso dell’armadio, con le sue grosse zam-pe abbracciò il bambino, lo scaldò. Con la sua voce roca lo tranquillizzò.– C’è Bruno con Matti, non avere tremario. Bruno ti protegge.Fu allora che imparò ad amare quell’essere ingenuo e dal parlare strano, ad abbandonarsi alla rassicurante sensazione di avere qualcu-no di cui fidarsi, con cui condividere senti-

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menti, segreti, fantasie. Specialmente dopo che il padre non tornò.Fu salvato dopo alcune ore, durante le quali aveva parlato silenziosamente con Bruno, si era lasciato cullare, rassicurare.Quando lo estrasse da sotto l’armadio il vi-gile del fuoco aveva le lacrime agli occhi, lo avvolse in una coperta e lo portò in strada, una strada che Mattia non riconobbe più, ma dove la madre lo accolse piangendo e ridendo insieme, dove la madre se lo strinse al petto due volte più forte, come a voler stringere con il figlio anche il corpo del marito che non sa-rebbe più tornato.Quando Mattia, riuscì nuovamente a guardarsi intorno, nella notte illuminata dai fari dei soc-corsi, non vide altro che macerie e un orso, grande, bruno, in piedi sulle zampe posterio-ri, che lo guardava con occhi dolci.Bruno lo seguì anche nella tendopoli, accuc-ciandosi in un angolo, contro il telo, sempre vigile e attento a ciò che accadeva intorno al suo piccolo amico.

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Per Mattia ogni cosa era un tuffo nell’igno-to, la brandina su cui dormiva accanto alla madre, il cibo servito in vassoi di metallo, lo smarrimento che vedeva negli occhi di tutti, il panico che sgorgava come lava sui visi della gente a ogni nuova scossa del terreno.Ma Bruno era sempre là, attento, premuroso, non lo perdeva mai d’occhio e Mattia non si perse, non sprofondò nell’angoscia.Mattia resistette e attraversò quei giorni come se fosse sulle spalle del suo orso, grande, in-vincibile.Dopo la tendopoli furono ospitati in un alber-go sulla costa, a condividere l’esperienza di esuli con altre famiglie. Fu lì che sua madre si accorse di Bruno.Il paesaggio era cambiato, invece che le mon-tagne de L’Aquila, qui si apriva il mare, all’in-finito, con la sua monotona perseveranza.A Mattia piaceva il mare, a Bruno no. Quando scesero per la prima volta sulla spiag-gia Mattia volle subito provare a farsi acca-rezzare i piedi nudi dalle onde, Bruno invece

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indietreggiò, sino all’asciutto.– A Bruno non piace il mare, è troppo moven-toso. A Bruno non piace.Erano con la madre e Mattia, senza pensarci, parlò con lui. Non l’aveva mai fatto prima in presenza di altri, ma ora, in un momento così gioioso, lo chiamò, lo incoraggiò a seguirlo. Gli sembrava naturale farlo, come per condi-videre con un amico qualcosa di unico.La madre lo accarezzò sui capelli.– Con chi stai parlando Mattia? – chiese con un tono misto di dolcezza e apprensione.Mattia avvertì da prima disagio, poi un desi-derio di condividere con la madre il suo se-greto.– Con Bruno, il mio orso. Ma a lui non piace l’acqua.– È qui con noi? È il tuo orsetto che hai per-so?A Mattia non piaceva dire bugie, ma vide ne-gli occhi della madre un’ombra di preoccupa-zione, così mentì.– Sì è Bruno, mi segue sempre.

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La madre sorrise, poi se lo abbracciò forte, pensando che quel bambino conosceva la perdita e l’abbandono, ma almeno la fantasia poteva ancora permettersela, almeno quella, come desiderio di sicurezza.Così anche la madre di Mattia imparò a con-dividere l’esistenza con Bruno, ma sempre con meno convinzione man mano che il figlio cresceva.Quando venne loro assegnata la nuova casa, in una piana vicino alla città, asettica, geome-trica e straniante, decise che per il figlio era tempo di liberarsi del suo amico immaginario, così lo portò da uno psicologo infantile che osservò Mattia, gli fece fare dei giochi, dei di-segni, parlò lungamente con lui, poi prese da parte la madre.– Suo figlio è perfettamente sano, intelligen-te, comunicativo, non c’è nulla di cui preoc-cuparsi. Credo che questo amico immaginario abbia preso il posto della figura del padre, ma con il tempo vedrà che svanirà, come tutte queste presenze immaginarie.

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Ma Bruno non svanì. Mattia capì che doveva preservare il suo amico dalla curiosità altrui, dal giudizio di chi lo fissava stupito quando parlava al nulla.Così si fece prudente, finse di non vederlo, gli parlò unicamente quando erano da soli, lo custodì gelosamente nella sua intimità.E ancora quel giorno, dopo sei anni, Bruno era lì con lui.

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