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Intervista a Edoardo Brugnatelli editor di Strade Blu Mondadori CONTRO LA DISSEZIONE DEL PROPRIO OMBELICO Teresa Gentile Marzo 2010 Oblique Studio

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Intervista a Edoardo Brugnatellieditor di Strade Blu Mondadori

CONTRO LA DISSEZIONE DEL PROPRIO OMBELICO

Teresa Gentile Marzo 2010Oblique Studio

Contro la dissezione del proprio ombelicoIntervista a Edoardo Brugnatelli

Teresa Gentile – © Oblique Studio 2010

Perché? Perché uno degli elementi fondamentali del-l’editoria è quella scienzaampiamente inesatta che è il marketing editoriale, dalmomento che il libro non èuna saponetta o un golf, ma un oggetto che ha moltospesso una forza di identifica-zione marcata per cui c’è la necessità, quando si devepubblicare qualcosa, di pub-blicarlo nel modo giusto per il segmento di mercato giu-sto. Anzi per certi versi le collane e i marchi editorialiservono esattamente a que-sto: a dare una veste adatta a ciascun libro (tenga presen-te che la passione per le collane è una cosa molto italiana e abbastanza rara

Quanto deve essere simbiotico il rapporto tra una collana e i suoi titoli? È una “chioccia” che protegge isuoi figli o i libri possono camminare autonomamente,ognuno con la propria individualità?

Devo fare una premessa alla risposta, anche se temo di sembrarequasi astruso e filosofico. Per poter rispondere a questa domandabisogna prima essersi chiariti che genere di editoria si vuole praticare. La collana rientrerebbe – altrimenti formulato – in unlavoro editoriale che si intende come eminentemente commercia-le (cioè, l’editore si dà come principale o unico obiettivo quello di fare dei profitti), oppure si ha in mente qualche progetto cul-turale (tipo far conoscere la letteratura dell’Estonia, far emergerevoci nuove della letteratura marchigiana, dare una base libraria a una qualsivoglia ideologia o movimento ideologico et similia)?Naturalmente se la risposta è la seconda (un progetto culturalemolto “forte” e ben delineato) è chiaro che la simbiosi tra la col-lana e i libri non può che essere molto stretta, quasi opprimente.Mentre se la risposta è la prima le cose cambiano parecchio. Orasiccome in un modo o nell’altro (tranne alcuni casi di brontosau-rismo o di follia individuale) l’editoria oggi come oggi si devemisurare sempre anche con l’aspetto commerciale, la risposta sifa più articolata, ma non semplice come ci si potrebbe aspettare.

«…dalle aiuole curate e dalle casette e villette per neoevasori venni catapultato nello schifo, nel sangue e nella disperazione di Gomorra»

all’estero, dove al massimo la differenza lafanno i marchi editoriali. Esempi a casaccio: in Francia Gallimard, Seuil, Actes Sud sonoconsiderati raffinati e letterari, Laffont eHachette sono considerati molto commercialie mainstream, in Inghilterra lo stesso vale per Faber, Bloomsbury e Canongate – cool, di tendenza e raffinati – mentre MacMillan ènazionalpopolare. Quindi è giusto aver semprepresente quale è il profilo di insieme della collana, ma va ben tenuto presente che il 99per cento dei lettori legge libri, non collane, e che quindi il lavoro veramente difficile restaquello di non far schiacciare le proprie sceltedalle esigenze di unità di collana, senza – ofcourse – cadere nel delirio opposto, cioè alcontempo pubblicare sia Immanuel Kant che Lino Banfi.

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Lei quindi come procede nel suo lavoro, sceglie i titoli portando sempre avanti l’idea della colla-na o adocchia i potenziali successi a prescinderedal contenitore? Devo dire che le linee strategiche della collana(che discuto a fondo ogni anno prima di pre-sentare un programma editoriale coi miei capie i miei colleghi) servono a orientare l’80-85per cento delle scelte. So cosa cerco e cosadevo trovare. Resta sempre un po’ di casualità.Tenga presente che uno dei miei guru editorialisosteneva che gli editor (quelli che scelgono ilibri) non devono essere intelligenti (e questospiegherebbe perché riesco a fare questo lavo-ro), ma devono esser delle specie di cani da

tartufo, ognuno dei quali sente, avverte eannusa nell’aria determinati odori e aromi e quasi coattivamente corre loro dietro.Naturalmente questo non è del tutto vero,soprattutto se lavori in una grossa casa editrice e hai sempre qualcuno sopra, sotto, o di fianco che ti tira di qua e ti spinge di là,ma resta vero che in fondo uno potrebbe scrivere la biografia personale di un editorscorrendo la lista dei libri che pubblica.

Strade Blu si presenta come una collana tra-sversale, obliqua, che non vuole chiudersi imponendosi limitanti confini di azione. È così?Strade Blu è nata come una collana trasversale,o come si dice adesso “meticcia” (avevo uncane un tempo, grande maestro del pensiero anome Poldo, che sulla sua carta di identità

veterinaria portava alla voce razza il termine“meticcio”, ne deduco che meticcio vuol direbastardo, un tempo era un dispregiativo mentreadesso esser meticci è cool di brutto!). Il motivoin realtà è che i libri e la letteratura sono sem-pre più meticci. Per dire una cosa con terminipomposi ma veritieri: una delle idee di fondodella letteratura post-moderna (da Pynchon aDavid Foster Wallace, per intenderci) era chenon esisterebbe più un alto e un basso (quelloche il circolo di Virginia Woolf a Bloomsburychiamavano Highbrow e Lowbrow Literature)per cui puoi essere un grande letterato scriven-do fumetti, o raccontando storie di fantascien-za (mentre un tempo fantascienza e fumetto

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appartenevamo alla casta dei paria, degli intoccabili della letteratura). Ora questa sorta di rimescolamento complessivo riguarda tutto,non più solo i generi letterari, ma le provenien-ze geografiche, le tendenze culturali eccetera.Come per la cucina e per la musica, l’editoriaoggi come oggi ha a che fare con l’idea di“fusion”. Per cui io pubblico tranquillamente –beh, più o meno – fumetti, libri noir, saggi didenuncia e saggi di lifestyle.

Com’è nata l’idea di questa collana e il suo percorso professionale in questa direzione?Il mio percorso professionale è stato abbastan-za complicato, anche se è avvenuto tuttoall’interno della Mondadori. Sono entrato inMondadori perché uno dei miei professoriall’università (mi sono laureato in Filosofia a

Pavia) era diventato direttore della Mondadorie mi aveva chiesto di andarci a lavorare. Hocominciato come redattore alla saggistica ita-liana, dopo 3-4 anni mi hanno offerto la possi-bilità di fare l’editor per un marchio editoriale,un tempo prestigiosissimo nel campo dellescienze sociali, che era rimasto abbandonatoall’interno della Mondadori da qualche anno:le Edizioni di Comunità. Lì ho lavorato per unaltro paio di anni pubblicando saggi accademi-ci di sociologia, filosofia politica, economiaeccetera. Poi sono passato a fare l’editor juniorper la saggistica della Mondadori e lì ho lavo-rato per un altro paio di anni. La cosa buffa sesi vuole è che – lei non ci crederà – ma io pra-

ticamente fino al 1998 non avevo mai letto unromanzo. Ero stato un megappassionato difilosofia francese e tedesca e di storia all’uni-versità e anche dopo ero rimasto interessato al mondo della saggistica, ma l’universo lette-rario, i romanzi quindi, per me restavano unaterra incognita che pensavo proprio nonpotesse interessarmi in alcun modo. Poi – peruna serie di casi che potrò (se le interessa) raccontarle un’altra volta perché sennò nonfinisco più – mi è nata una passione divoranteper la letteratura, in particolare quella ameri-cana contemporanea, per cui, quando nel 1998si decise di aprire Strade Blu, venni nominatoresponsabile. Strade Blu nacque insieme aun’altra collana della Mondadori che si chiamaSIS (Scrittori Italiani e Stranieri, quella diGiordano, della Mazzantini per intenderci)

perché c’era stata una ricerca di mercato cheaveva mostrato come l’unico segmento in crescita in quel periodo (segmento definito da una certa fascia di prezzo e di conseguenzaanche da una certa impostazione editoriale)era l’unico non presidiato dalla gamma dell’of-ferta della Mondadori. Si trattava del segmen-to aperto da Stile libero, quindi novità edito-riali principalmente di narrativa NON rilegate a un prezzo intermedio tra quello del nostrohardcover e quello degli Oscar. Strade Blu nacque come collana di narrativa (la saggisticaarrivò qualche anno dopo) principalmentestraniera, alla ricerca di autori nuovi per unpubblico giovane.

Quanto i suoi gusti personali possono influen-zare le sue scelte di pubblicazione?I miei gusti personali influiscono sulle scelte(come ho già scritto prima parlando dei cani datartufo). Anche all’interno di una casa editricegrossa e quindi piena di vincoli e direttive, igusti restano e mi hanno portato a volte a faredelle enormi stupidaggini. Un giorno mi hannoportato a rispondere a una mail di un ragazzomolto appassionato e pieno di idee a nomeRoberto Saviano.

Ho letto che l’obiettivo della sua collana ètracciare dei percorsi letterari di marginerispetto ai principali conosciuti. Che cosa significa nella pratica?

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Quella dei percorsi letterari ai margini è unaidea di marketing editoriale, quindi contieneun po’ di verità e un po’ di quello che gli americani chiamano bullshit. Strade Blu è iltitolo di un libro di un nativo americano cheraccontò il suo viaggio attraverso gli USAfatto seguendo le strade secondarie, quelleche sulle mappe americane sono appunto leBlue Highways. Ora a quale lettore non piacel’idea di essere un po’ un loner, un solitario,un ribelle che gira alla scoperta di cose nuove,che gli altri non conoscono? Un po’ come per i turisti: quasi tutti cercano posti dovenon ci siano altri turisti. E quindi la collana tidovrebbe portare là dove altri non hannoavuto la forza, il coraggio o la curiosità diarrivare.

Lei ha dichiarato: “Gli italiani hanno un proble-ma: si dedicano a un’ossessiva dissezione delproprio ombelico. Il pregio dei nuovi americanie dei nuovi indiani è quello di mirare altissimo:scrivono romanzi molto ambiziosi, magari sba-gliano, ma avevano di mira la luna. Non il tinel-lo di casa propria…”. Come vede l’editoria italia-na in questo momento storico?Quella frase sul tinello la scrissi parecchio tempofa, direi che con Gomorra tutto è parecchiocambiato. Roberto ha aperto la finestra di casa eha guardato fuori, ma ha guardato veramente.

Lei è molto schietto quando parla del mondoeditoriale di cui sfata alcuni miti (l’autore chenon si piega alle esigenze commerciali o l’editor

duro e puro). Quali sono i suoi princìpi guida?I miei princìpi guida si chiamano Niky, Anna eMarco. Sono i miei tre figli (o almeno cosìsostiene mia moglie. Ma in effetti da quando hovisto Niky allacciarsi le stringhe sono sicuro alcento per cento che è roba mia). Sono i mieiprincìpi guida perché a loro devo dar da man-giare e devo dare dei valori che mi permettanodi fare libri che vendano ma che contempora-neamente trasmettano delle idee.

Parlando di Italia e italiani una domanda èd’obbligo. Se le dico Gomorra cosa mi dice?Gomorra? Non è la sorella di Sodoma? Un tempo era la sorella poco conosciuta diSodoma, ora è il contrario. Va bene comerisposta? No? Allora le racconto una battuta

(una battutaccia): un giorno Gomorra vennesuperato nelle classifiche dei bestseller da unlibro di papa Ratzinger e Roberto mi scrisseun sms che diceva così: “Oggi Prima Sodoma,Seconda Gomorra”. Così va bene? Neanchecosì? Bene allora… Dunque, un giorno ricevouna mail cortesissima da un ragazzo, il qualeaveva avuto il mio indirizzo da una signorache fa per me delle letture dal tedesco, unascrittrice e poetessa a nome Helena Janeczek.Helena mi diceva che aveva letto delle suecose interessanti sul blog letterario su cuientrambi scrivevano. Ora va detto che a mesinceramente i blog letterari fanno venire ibrividi, perché nel 99 per cento dei casi sonodelle palestre del velleitarismo, della sfiga e

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della pochezza, ma quella mail era piena diuna passione molto vibrante e gli risposi subi-to. Scaricai da Nazione Indiana gli interventie gli articoli di Roberto e mi allontanai dal-l’ufficio (a Segrate ci sono gli open space percui quando vuoi leggere qualcosa in santapace te ne devi andare). Era novembre.Passeggiai intorno alla Mondadori e mi sedet-ti su una panchina in un posto assurdo che èun quartiere-satellite per aspiranti ricchichiamato Milano San Felice. E dalle aiuolecurate e dalle casette e villette per neoevasorivenni catapultato nello schifo, nel sangue enella disperazione di Gomorra. Mi piacquesubito tutto: la passione, la forza, la visiona-rietà, l’onestà. Gli scrissi di vederci e civedemmo una settimana dopo. Arrivò un

pomeriggio con una vecchia cartella di cuoiopiena di quei quotidiani assurdi che ancheadesso mostra alla tv, dalle prime pagine deiquali i boss si mandano messaggi e avverti-menti. Non finiva più di parlare. Aveva unatale angoscia di dover far conoscere quelloche succedeva davvero e di cui al momentonon fregava niente a nessuno. A sera si fermòesausto. Decisi che l’avremmo fatto, che mipiaceva, che quella passione era retta ancheda una gran testa. E cominciò tutta la storia.Va detto che fu un caso particolarmente for-tuito perché io non ero un grande appassio-nato di autori italiani e quindi in genere nonstavo nemmeno a occuparmene. Ma quellavolta mi dissi “se persino un ignorante di

tutto quello che è letteratura italiana del miocalibro è colpito dalla forza di questa scrittu-ra, di sicuro è qualcosa di molto buono”. Caso,un po’ di incoscienza. Ma sapevo che il libroera bellissimo e sapevo che saremmo riusciti a venderne dieci anzi dodicimila copie. Per cuimi arrabbiai quando la prima tiratura fu dicinquemila copie.

Tra i successi di Strade Blu quale considera più“suo” o di cui è più orgoglioso?Il successo di Strade Blu di cui sono più orgo-glioso? Il fatto che una giovane laureata comelei mi abbia sottoposto a questo fuoco di fila di domande. Forse allora davvero i libri che faccio non sono poca cosa come a volte mitrovo a pensare.