Brigantaggio postunitario

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 BRIGANTAGGIO POSTUNITARIO Per Brigantaggio postunitario si intende una forma di movimento armato che, già presente sotto forma di banditismo nel sud peninsulare e in Sicilia in e tà borbonica e murattiana, si sviluppò ulteriormente subito dopo l'annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna assumendo spesso le connotazioni di una rivolta popolare. Con l'appoggio del governo borbonico in esilio e dello Stato Pontificio, la ribellione fu condotta principalmente da elementi del proletariato rurale ed ex militari borbonici (oltreché da renitenti alla leva, disertori ed evasi dal carcere) che, spinti da diverse problematiche economiche e sociali, si opposero alla politica del nuovo governo italiano. L'espressione Brigantaggio postunitario è contestata da taluni degli storici, che considerano tale rivolta motivata politicamente e socialmente. EVOL UZIONE STORICA Stampa satirica dell'epoca: il cardinale Giacomo Antonelli benedice l'alleanza fra i briganti e le forze antiunitarie All'indomani della spedizione dei Mille e della conseguente annessione del Regno delle Due

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BRIGANTAGGIO POSTUNITARIO

Per Brigantaggio postunitario si intende una forma di movimento armato che, già presentesotto forma di banditismo nel sud peninsulare e in Sicilia in età borbonica e murattiana, sisviluppò ulteriormente subito dopo l'annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno diSardegna assumendo spesso le connotazioni di una rivolta popolare. Con l'appoggio delgoverno borbonico in esilio e dello Stato Pontificio, la ribellione fu condotta principalmenteda elementi del proletariato rurale ed ex militari borbonici (oltreché da renitenti alla leva,disertori ed evasi dal carcere) che, spinti da diverse problematiche economiche e sociali, siopposero alla politica del nuovo governo italiano. L'espressione Brigantaggio postunitario ècontestata da taluni degli storici, che considerano tale rivolta motivata politicamente esocialmente.

EVOLUZIONE STORICAStampa satirica dell'epoca: il cardinale Giacomo Antonelli

benedice l'alleanza fra i briganti e le forze antiunitarie

All'indomani della spedizione dei Mille e della conseguente annessione del Regno delle Due

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Sicilie al nuovo Regno d'Italia, diverse fasce della popolazione meridionale cominciaronoad esprimere il proprio malcontento verso il processo di unificazione. Questo malcontentoera generato innanzitutto da un improvviso peggioramento delle condizioni economichedei braccianti della provincia meridionale, che, abituati ad una condizione economicapovera ma sopportabile (caratterizzata da un costo della vita moderato, da una bassapressione fiscale e dalla libera vendita dei prodotti agricoli) si ritrovarono a doverfronteggiare un nuovo regime fiscale per loro insostenibile e una regolamentazione del

mercato agricolo svantaggiosa per loro sotto ogni aspetto. Un altro importante motivo chespinse alla rivolta i contadini fu la privatizzazione delle terre demaniali a vantaggio deivecchi e nuovi proprietari terrieri, che così ampliarono legalmente i loro possedimenti incambio di un maggior controllo del territorio e della fedeltà al nuovo governo. Tutto ciòdanneggiava i braccianti agricoli più umili, cioè quelli che lavoravano a giornata con lavoroprecario e senza un rapporto di radicamento nel territorio, che con la sottrazione delleterre demaniali da loro utilizzate si ritrovarono a dover vivere in condizioni economicheancora più disagiate e precarie rispetto al passato. A tutto ciò si aggiunse l'entrata invigore della leva obbligatoria di massa, che in periodo borbonico avveniva invece tramitesorteggio e interessava solo pochi uomini, essendo l'organico dell'esercito borbonico,diversamente da quello piemontese, in parte costituito da truppe straniere. In talecontesto si cominciarono a formare, oltre alle bande di contadini e pastori che si davano al

brigantaggio come estrema forma di protesta, anche gruppi organizzati di ex soldati deldisciolto esercito napoletano, rimasti fedeli alla dinastia borbonica. Tra questi si inserironoanche malviventi e latitanti di vecchia data, adusi a vivere alla macchia. Inoltre, in taluniposti, erano avvenuti da parte dell'esercito di Vittorio Emanuele eccidi e devastazioni(come il massacro di Pontelandolfo il 14 agosto 1861) a causa dei quali i sabaudi non sierano fatti certo amare.

Da ultimo, l'annessione al Regno d'Italia era sentita dalla parte della popolazione consentimenti religiosi come una minaccia alla propria fede cattolica e alle proprie tradizioni.Inoltre dal vicino Stato pontificio, in cui si erano rifugiati i reali borbonici, arrivarono aiuti ecostanti incitamenti (fino al 1867) alla lotta armata senza quartiere contro uno Stato cheaveva espropriato i beni dei conventi e minacciava la stessa sopravvivenza del poteretemporale del Papa.

REPRESSIONE DI CIALDINI (1861)

Nel luglio 1861 venne inviato a Napoli il generale Enrico Cialdini, con poteri eccezionali peraffrontare l'emergenza del brigantaggio.

Comandò una dura repressione messa in atto attraverso un sistematico ricorso ad arrestiin massa, esecuzioni sommarie, distruzione di casolari e masserie, vaste azioni controinteri centri abitati: fucilazioni sommarie e incendi di villaggi erano frequenti, restanopresenti nella memoria storica gli eccidi dei paesi Casalduni e Pontelandolfo nell'agosto1861, teatri di eccidi effettuati da circa 200 briganti capeggiati da Cosimo Giordano. Pervendetta, il colonnello dell'esercito Pier Eleonoro Negri, al comando di un battaglione di

500 bersaglieri, massacrò un numero stimato di oltre 400 inermi cittadini e distrusse ilpaese incendiandolo.

L'obiettivo strategico consisteva nel ristabilire le vie di comunicazioni e conservare ilcontrollo dei centri abitati. Le forze a sua disposizione consistevano in circa ventiduemilauomini, presto passate a cinquantamila unità nel dicembre del 1861. I metodi repressivi diCialdini impressionarono perfino il governo di Torino e scandalizzarono la stampa estera,per questo venne sospeso nel settembre di quello stesso anno e sostituito dal generaleAlfonso La Marmora.

Nell'agosto 1863 venne emanata la legge Pica, che prese il nome dal redattore della leggel'abruzzese Giuseppe Pica, una legge speciale che colpiva non solo i presunti e veribriganti, ma affidava al giudizio dei tribunali militari anche i loro parenti e congiunti o

semplici sospetti di collaborazione coi briganti.

CONDIZIONI ECONOMICO-SOCIALI

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Il brigantaggio diventa la protesta selvaggia e brutale della miseria contro secolariingiustizie, congiunta ad altri mali che la infausta signoria dei Borboni creò e ha lasciatinelle provincie napoletane: l'ignoranza, la superstizione e segnatamente, la mancanzaassoluta di fede nelle leggi e nella giustizia.

Giuseppe Massari

Il nascente Regno d'Italia si ritrovò subito con enormi problemi da affrontare: nel 1861 la

popolazione italiana contava 26.043.000 cittadini,di cui più di 7 milioni vivevano nelle soleprovince meridionali, con un reddito nazionale di Lire 47.048.000. Dal 1861 al 1876 ilPartito Moderato fu alla guida della nuova nazione Italiana, con il compito di completarel'unità del Paese, risanare il grave deficit finanziario, incrementare lo sviluppo delle vie dicomunicazione e quello industriale, ridurre l'analfabetismo, distruggere il brigantaggio erisolvere la "questione meridionale".

L'analfabetismo riguardava il 78% degli italiani e nel Meridione e nelle isole la percentualearrivava a sfiorare quasi il 90%, la situazione non migliorò di molto con l'estensione a tuttoil regno della Legge Casati poiché nel Mezzogiorno la frequenza scolastica era scarsissimae i bambini sin dalla tenera età lavoravano per contribuire al misero bilancio familiare.C'era anche il problema della comprensione della lingua, l'italiano era parlato poco e

spesso sia al sud che al nord gli stessi maestri si esprimevano nel loro dialetto. Il Regnod'Italia aveva riunito sotto un'unica nazione stati i cui sistemi monetari e metrici eranodifferenti. Il ministro delle finanze, Quintino Sella, il 12 luglio 1862 varò il provvedimentoper sostituire la moneta borbonica con la cartamoneta piemontese, la Lira. La riforma delcambio monetario provocò una devastazione economica alla quale si aggiunse la Leggesull'unificazione tributaria (9 agosto 1862) che al sud portò ad un incremento di più del32% delle imposte. A tutto ciò si univano usi, costumi, tradizioni, senso morale e mentalitàdifferenti da Nord a Sud. I contadini, che avevano aderito in massa alla causa unitariasperanzosi di vedere nella rivoluzione garibaldina un cambiamento radicale delle loromiserevoli condizioni di vita, dovettero ricredersi quando la Destra storica affrontò la piagasociale della questione meridionale con un'alleanza tra i ricchi possidenti del nord e igrandi proprietari terrieri del sud.

In questo periodo il brigantaggio subì una fase calante per poi prendere nuovamentevigore nel 1866 nel momento in cui, per lo scoppio della terza guerra d'Indipendenza,gran parte dell'esercito italiano era stato richiamato al fronte. La maggioranza delle bandededite al grande brigantaggio di tipo politico erano state già sgominate e quelle"sopravvissute" si dedicavano soprattutto al compimento di reati comuni.

BRIGANTAGGIO IN BASILICATA

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La guerra civile durò oltre cinque anni ed interessò tutta la Basilicata e le regioni limitrofe.L'alveo delle forze dei briganti divenne il Vulture ed il suo capo più rappresentativo fuCarmine Crocco.

Scappato dal carcere perché reo d'aver ucciso un signorotto che picchiò sua madre, Croccoaveva partecipato ai moti unitari del '60 ma non avendo ottenuto l'amnistia fu arrestato e,una volta scarcerato, si unì all'esercito borbonico di Francesco II, lo stesso esercito contro

cui combatté sotto Garibaldi. Crocco riuscì a formare un esercito di oltre duemila uomini, lamaggior parte dei quali contadini disillusi e minacciati dalle ordinanze del Governo pro-dittatoriale che prevedevano la pena di morte per chi partecipava ai moti di occupazione erivendicazione delle terre. Le ostilità si aprirono l'8 aprile del 1861 con l'assalto aRipacandida, seguito da quello di Venosa, dove trovò la morte Francesco Nitti, nonno diFrancesco Saverio, futuro presidente del consiglio. L'occupazione si diffuse nel Vulture etalvolta i briganti venivano accolti come liberatori dalle popolazioni affrante e sopraffattedalla miseria.

Nell'ottobre del 1861, dopo l'assalto a Ruvo del Monte ed il violento scontro accaduto inagosto con i reparti dei Bersaglieri fra Avigliano e Calitri, ai briganti di Crocco e NincoNanco si affiancò Josè Borjes, il generale catalano spedito alla ventura nel tentativo dirinfocolare la reazione borbonica nel Mezzogiorno. Ma la sua fu un'impresa inutile e

disperata poiché, seppure cercò per diversi mesi di guidare la rivolta al fianco di Crocco,dovette prendere atto della sostanziale indifferenza dei briganti agli astratti programmipolitici di restaurazione borbonica. Dopo aver fallito il tentativo di occupare Potenza nelnovembre del 1861, Borjes fu disarmato ed allontanato da Crocco, morendo poi fucilato daibersaglieri presso Tagliacozzo l'8 dicembre dello stesso anno.

Nella primavera successiva, trascorso l'inverno negli impenetrabili rifugi del Vulture, ibriganti tornarono all'attacco e nel 1862 la lotta si fece agguerritissima al punto che inagosto il governo proclamò lo stato d'assedio e, successivamente, inviò sul posto ilreggimento Ussari di Piacenza. Proprio in quel periodo, tramite la mediazione di autorevoliesponenti della borghesia locale si era giunti ad un accordo con Crocco ed altricinquecento briganti, convinti ad abbandonare il campo con promessa di rifugio sicuro suun'isola. Questa ipotesi venne scartata aprioristicamente dal governo che confermavainvece la linea dura, accusando anche di complicità coloro che avevano intentato latrattativa e, ignorando qualsiasi forma di mediazione, approntò la legge Pica con la qualesi istituivano i tribunali militari e si autorizzavano fucilazioni immediate.

Il 13 marzo del 1864, presso Avigliano, veniva localizzato e circondato da Carabinieri eGuardia Nazionale Italiana il comandante dei briganti Ninco Nanco. Prima ancora di poteressere tratto in arresto, fu colpito a morte a tradimento da un colpo d'arma da fuocoesploso dal caporale della G.N. Nicola Coviello, probabilmente per motivi di risentimentopersonale o politici. Pallavicini riuscì a sorprendere la banda di Crocco sull'Ofanto, il 25luglio. Ciò nonostante Crocco riuscì a fuggire con undici dei suoi e a raggiungere incolume iterritori dello Stato pontificio credendosi in salvo; ma così non fu, il clima politico eracambiato e proprio Pio IX dopo la cattura avvenuta a Veroli per mano delle truppe

pontificie, lo fece rinchiudere nelle carceri nuove di Roma. Così terminavano gli anni piùaccesi della guerriglia brigantesca e Carmine Crocco, condannato a morte a Potenza l'11settembre del 1872, riuscì a scontare il carcere a vita nel bagno penale di Portoferraiodove divenne uomo di lettere e dettò le sue memorie.

Anche nella provincia di Matera il fenomeno fu di non minore eclatanza ed ebbe comeepisodio precursore l'uccisione di un latifondista, il Conte Gattini, avvenuta l'8 agosto 1860a Matera. I contadini materani infatti si sollevarono contro i proprietari terrieri a causadelle lentezze nella ripartizione delle terre demaniali ai privati. Tra le varie bande esistentinel materano le più importanti erano quella di Rocco Chirichigno, detto Coppolone; diMontescaglioso; di Vincenzo Mastronardi, detto Staccone; di Ferrandina; di EustachioFasano ed Eustachio Chita detto Chitaridd. Quest'ultimo viene considerato l'ultimo brigantein quanto anche dopo la sconfitta del brigantaggio post-unitario continuò a operare in

maniera isolata fino alla sua uccisione avvenuta nel 1896.

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BRIGANTAGGIO IN CALABRIA

In Calabria, diversamente dalle altre province meridionali, il brigantaggio postunitario nonseguì la corrente politica finalizzata a restaurare la spodestata monarchia Borbonica sultrono di Napoli. Pochissime, infatti, furono le bande legittimiste, quelle di FerdinandoMittica e di Luigi Muraca ne sono un raro esempio. In prevalenza le bande calabresipreferirono restare estranee ai grandi avvenimenti del brigantaggio politico lucano e

pugliese, poiché il malcontento che esplose in Calabria era dovuto essenzialmente allamancata risoluzione della questione agraria. Le province in rivolta furono quelle dellaCalabria Citra (Cosenza) e della Calabria Ultra (Catanzaro), mentre il fenomeno era deltutto inesistente a Reggio Calabria. Dopo l'annessione delle province meridionali al Regnodi Sardegna un generale malessere si diffuse in tutta la Calabria, poichè le promesse fatteai contadini non vennero mantenute.

Con l'Editto di Rogliano (31 agosto 1860) Garibaldi aveva concesso alle popolazionicontadine del circondario di Cosenza gli usi gratuiti del pascolo e della semina sui terrenidel demanio statale. Il 5 settembre 1860 il nuovo governo liberale della Calabria Citra, cona capo Donato Morelli,apportò importanti modifiche all'Editto favorendo di fatto i vecchiproprietari terrieri, ciò scatenò la reazione popolare e la nascita del movimento contadinoche tra il gennaio e il luglio 1861 portò all'occupazione dei fondi demaniali da parte della

popolazione delle campagne cosentine e catanzaresi. Il movimento venne stroncato sulnascere con l'intervento della forza pubblica che estromise con violenza gli occupanti daifondi. Con la proclamazione del Regno d'Italia (17 marzo 1861) e la conseguente"piemontesizzazione " del territorio la situazione peggiorò ulteriormente. Losmantellamento del Polo siderurgico di Mongiana (Vibo Valentia) contribui' al fenomenodella disoccupazione. Tutte queste cause portarono, in Calabria, all'ingrossamento delle filebrigantesche. Nelle bande dedite al brigantaggio affluirono quindi: contadini senza terra,braccianti,ex soldati borbonici ed ex garibaldini, renitenti alla Leva e delinquenti comuni,ma anche preti, poveri indebitati e donne. Il brigante più famoso di tutti fu Pietro Monaco,già ex soldato borbonico ed ex garibaldino, che aveva la sua base operativa tra i boschidella Sila Grande, mentre "signore" della Sila Greca era l'imprendibile Domenico Strafacealias Palma, già brigante ai tempi del Borbone. Sul versante catanzarese erano presenti le

bande di Pietro Bianco e di Pietro Corea. Tra le donne la più famosa fu Maria Oliverio,moglie di Monaco.  

La "guerra" di Monaco e compagni fu una "lotta contadina" contro baroni e galantuomini,che si erano schierati per i loro interessi con i nuovi governanti. I briganti della Silacombattevano quindi per se stessi, ed erano "costretti" a far la guerra contro i soldatiitaliani sia per legittima difesa e sia perché l'Esercito rappresentava un governo che si eraapertamente schierato con i ricchi possidenti e contro pastori e contadini. Obiettivo dellebande era l'invasione delle proprietà terriere e la depredazione delle stesse, spessoseguita dall'incendio di campi e palazzi e dall'uccisione dei capi di bestiame. Nonmancavano però gli omicidi, i sequestri di persona, gli assalti alle diligenze; il bottinoveniva poi spartito tra la banda e il popolo affamato.

Il brigantaggio calabrese si differenziò da quello lucano perché seguì essenzialmente unacorrente di tipo sociale e non politica, anche se entrambe le due forme nascevano dallavoglia di riscatto del mondo contadino nei confronti del mondo dei "signori".

BRIGANTAGGIO FEMMINILE

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  Maria Oliverio

Molto enfatizzato nella memoria storica è anche il ruolo svolto dalle brigantesse, cheseguirono i loro uomini unendosi alle bande e partecipando ai combattimenti. Importante èpertanto la figura di Maria Oliverio, moglie di Pietro Monaco. Con la banda di Pietro Monacola Oliverio fu protagonista di diversi atti di brigantaggio: il più noto fu il sequestro di diversinobili di Acri avvenuto il 31 agosto 1863. Tra questi nobili c'erano il fratello e il padre delpatriota ed eroe della spedizione di Sapri, Giovan Battista Falcone, e del Maggiore dellaGuardia Nazionale Raffaele Falcone. In seguito alla morte del marito ad opera del suobraccio destro, prese il comando della banda. Catturata nel 1864 fu l'unica donna adessere condannata a morte. La pena venne in seguito commutata in ergastolo.