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1 Breve corso sul trattamento del dolore post operatorio Dr Andrea Veneziani “Per quasi 30 anni ho studiato le ragioni dell'inadeguato trattamento del dolore postoperatorio, e queste rimangono le stesse. ....Una applicazione in propria o inadeguata dell'informazione e delle terapie disponibili è certamente la ragione più importante per un trattamento insufficiente del dolore post operatorio”. John Bonica 1990 INTRODUZIONE La citazione di questo maestro, che ha dedicato tutta la sua vita allo studio del dolore in tutte le sue forme, riflette molto bene quale sia la realtà attuale del trattamento del dolore post operatorio. È essenziale per conoscere ovvero per trattare meglio il dolore sia con metodi semplici o forme di analgesia sofisticate, una buona conoscenza dei farmaci e delle tecniche disponibili, ed un approccio al problema da parte di un team con delle buone relazioni di lavoro tra tutti i membri che lo compongono e con il paziente. Solo insieme questo gruppo di persone può giocare un ruolo maggiore nel migliorare l'efficacia e la sicurezza di tutti metodi per il trattamento del dolore post operatorio. Infatti spesso viene citata come una delle ragioni principali di una scarsa analgesia postoperatoria la mancanza di conoscenze che sia gli infermieri che i medici hanno dei farmaci e dei loro metodi di somministrazione. Una conoscenza inadeguata associata con alcune falsi miti sul trattamento del dolore sono state ragione di un'analgesia inefficace per molti pazienti. Questi vecchi preconcetti comprendevano: il dolore non è pericoloso per il paziente, il trattamento del dolore può mascherare i segni di complicanze chirurgiche, il paziente può diventare dipendente dagli oppioidi, il rischio e la depressione respiratoria con il oppioidi è alto, il peso del paziente è il miglior indicatore della posologia degli oppioidi, la massima dose consentita di oppioidi è una fiala e non si devono somministrare più spesso che ogni 4 ore. Le attuali conoscenze della fisiologia del dolore e della farmacologia applicata al suo trattamento hanno ampiamente chiarito tutti i dubbi in proposito. LO STRESS CHIRURGICO Dopo una lesione tissutale quale quella chirurgica si manifestano profonde alterazioni neuroendocrine dovute alla stimolazione dell’ipotalamo che è direttamente collegato alle vie del dolore. Queste modificazioni definite “reazione da stress”, sono caratterizzate dall’increzione di ormoni catabolici (cortisolo, glucagone, ormone della crescita , catecolamine) e dalla inibizione di sostanze anabolizzanti come il testosterone e l’insulina La cosiddetta risposta allo stress chirurgico è il fattore patogenetico chiave della morbilità postoperatoria se si escludono errori nella tecnica chirurgica o anestesiologica. Lo stress chirurgico è una caratteristica comune condivisa da tutti i pazienti chirurgici che comporta ampie modificazioni della funzionalità dei vari organi.

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Breve corso sul trattamento del dolore post operatorio

Dr Andrea Veneziani

“Per quasi 30 anni ho studiato le ragioni dell'inadeguato trattamento del dolore postoperatorio, e queste

rimangono le stesse. ....Una applicazione in propria o inadeguata dell'informazione e delle terapie disponibili è

certamente la ragione più importante per un trattamento insufficiente del dolore post operatorio”. John Bonica 1990

INTRODUZIONE

La citazione di questo maestro, che ha dedicato tutta la sua vita allo studio del dolore in tutte le

sue forme, riflette molto bene quale sia la realtà attuale del trattamento del dolore post operatorio. È

essenziale per conoscere ovvero per trattare meglio il dolore sia con metodi semplici o forme di

analgesia sofisticate, una buona conoscenza dei farmaci e delle tecniche disponibili, ed un

approccio al problema da parte di un team con delle buone relazioni di lavoro tra tutti i membri che

lo compongono e con il paziente. Solo insieme questo gruppo di persone può giocare un ruolo

maggiore nel migliorare l'efficacia e la sicurezza di tutti metodi per il trattamento del dolore post

operatorio. Infatti spesso viene citata come una delle ragioni principali di una scarsa analgesia

postoperatoria la mancanza di conoscenze che sia gli infermieri che i medici hanno dei farmaci e

dei loro metodi di somministrazione. Una conoscenza inadeguata associata con alcune falsi miti sul

trattamento del dolore sono state ragione di un'analgesia inefficace per molti pazienti. Questi vecchi

preconcetti comprendevano: il dolore non è pericoloso per il paziente, il trattamento del dolore può

mascherare i segni di complicanze chirurgiche, il paziente può diventare dipendente dagli oppioidi,

il rischio e la depressione respiratoria con il oppioidi è alto, il peso del paziente è il miglior

indicatore della posologia degli oppioidi, la massima dose consentita di oppioidi è una fiala e non si

devono somministrare più spesso che ogni 4 ore. Le attuali conoscenze della fisiologia del dolore e

della farmacologia applicata al suo trattamento hanno ampiamente chiarito tutti i dubbi in proposito.

LO STRESS CHIRURGICO

Dopo una lesione tissutale quale quella chirurgica si manifestano profonde alterazioni

neuroendocrine dovute alla stimolazione dell’ipotalamo che è direttamente collegato alle vie del

dolore. Queste modificazioni definite “reazione da stress”, sono caratterizzate dall’increzione di

ormoni catabolici (cortisolo, glucagone, ormone della crescita , catecolamine) e dalla inibizione di

sostanze anabolizzanti come il testosterone e l’insulina

La cosiddetta risposta allo stress chirurgico è il fattore patogenetico chiave della morbilità

postoperatoria se si escludono errori nella tecnica chirurgica o anestesiologica. Lo stress chirurgico

è una caratteristica comune condivisa da tutti i pazienti chirurgici che comporta ampie

modificazioni della funzionalità dei vari organi.

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Durante e dopo l'insulto chirurgico, l’organismo risponde con modificazioni endocrine e

metaboliche in aggiunta ad alterazioni nelle funzioni d'organo. Questi cambiamenti sono

caratterizzati dall'aumentata secrezione di ormoni catabolici, da una diminuita secrezione o efficacia

di ormoni anabolici, dall'aumentato metabolismo e dall'aumentato lavoro cardiaco causati

dall'attivazione del sistema nervoso autonomo, dal deficit della funzione polmonare, dal dolore, da

effetti collaterali gastrointestinali con nausea e ileo, da modificazioni nel sistema coagulativo -

fibrinolitico, che favoriscono la coagulazione e la trombosi, da perdita del tessuto muscolare e dalla

immunosoppressione.

Sebbene la risposta allo stress chirurgico possa rappresentare un meccanismo cellulare a scopo

difensivo, i cambiamenti indotti dallo stress nelle funzioni degli organi possono essere implicate

nello sviluppo delle complicanze postoperatorie. Di conseguenza sono state proposte delle forme di

anestesia e chirurgia prive di stress per attenuare le risposte fisiologiche al trauma indotto

dall’intervento e quindi con conseguente riduzione della morbilità. Nella chirurgia elettiva il

principale meccanismo della risposta allo stress è una stimolazione nervosa afferente dall'area

chirurgica. Questa comporta modificazioni che si pensa siano mediate dai cambiamenti endocrini e

metabolici indotti dal trauma chirurgico e dall’attivazione di diversi sistemi di cascate

biochimiche tipiche della risposta infiammatoria (citochine, complemento, metaboliti dell’acido

arachidonico, ossido nitrico, radicali liberi dell’ossigeno ecc.). La risposta chirurgica allo stress è

correlata alla grandezza dell’insulto chirurgico e quindi la morbilità è ridotta dopo procedure

chirurgiche minori includendo la chirurgia minimamente invasiva. Sono state sviluppate molte

strategie basate sul concetto di anestesia e chirurgia esenti dallo stress per ridurre o prevenire la

risposta allo stress chirurgico dopo che si è sviluppata. (Fig1)

Fig.1 Risposta allo stress chirurgico e metodi per minimizzarne gli effetti Da Kehelet H British Journal of

Anaesthesia 1997; 78: 606-617

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Una riduzione del grado del trauma chirurgico da parte di una chirurgia poco invasiva riduce il

catabolismo proteico, la risposta di tipo infiammatorio, il deficit della funzione polmonare e la

convalescenza. Il tipo di anestesia generale usato per l'intervento non ha un importante effetto sulla

risposta allo stress eccetto per l'anestesia con alte dosi di oppioidi che può inibire la risposta

ormonale catabolica intra ma non postoperatoria. Viceversa bloccando a livello del midollo spinale

le afferenze nervose afferenti per mezzo di tecniche che prevedono blocchi nervosi centrali

(anestesia peridurale e anestesia subaracnoidea o spinale) con anestetici locali, si attua una

riduzione molto efficace della risposta classica catabolica all'intervento, specialmente nelle

procedure del basso addome e con l'uso di una infusione continua analgesica peridurale. Questo è

stato dimostrato previene l’aumento usuale delle concentrazioni del cortisolo, delle catecolamine e

del glucosio, riduce la resistenza all'insulina e la tolleranza al glucosio e migliorata la quantità delle

perdite azotate che sono l’espressione più evidente dell’accentuato catabolismo postoperatorio. I

cambiamenti sfavorevoli nel sistema fibrinolitico coagulativo, sono anche modificati in favore di

una minore formazione di trombi. I blocchi centrali invece non sembrano avere effetti sulla

funzione immunologica e sull’infiammazione. Il trattamento del dolore per mezzo di altre tecniche

come l’uso peridurale o sistemico di oppioidi, l’uso di FANS o clonidina (Catapresan) è risultato

meno efficace che un blocco centrale con estetici locali. Altre strategie includono la

somministrazione di substrati aspecifici o specifici come glutamina, arginina e fattori ci di crescita

ormonali tutti i quali possono ridurre il catabolismo. La riduzione della risposta infiammatoria può

includere varie misure farmacologiche atte a inibire gli eventi biochimici indotti dal trauma

tissutale ma per adesso le conoscenze sono ancora alla fase sperimentale.

Sebbene queste risposte si attuano presumibilmente per scopi difensivi, possono tuttavia se

prolungate o amplificate contribuire all’erosione della massa muscolare dell’individuo della sua

riserva di capacità psicologica.. I fattori responsabili del rischio perioperatorio e delle risposte

neuroumorali all’insulto chirurgico che possono contribuire alla morbilità postoperatoria sono

esposti nella tabella 1 sottostante.

Durante il corso degli anni è aumentata la conoscenza dei meccanismi biochimici ed endocrini

che intervengono in risposta allo stress chirurgico e che si traducono in una domanda aumentata

della funzione dei vari organi e apparati ed è stato sviluppato un numero di tecniche nel tentativo di

attenuare queste risposte come è descritto dalla figura (Fig1)

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Fattori Effetti sull’outcome Trattamento

Pre-operatori:

Malattie concomitanti

Malnutrizione

Abuso di alcool

Aumentano globalmente la morbilità

Aumentano le complicanze infettive, ritardano il recupero

Aumenta globalmente la morbilità

Valutaz. preop. e ottimizzazione funzione degli organi

Nutrizione preop.

Astinenza preop. o riduzione dell’introito

Intra operatori:

Stress chirurgico

Trasfusioni di sangue

Perdita di calore

Aumenta la domanda d’organo, porta a catabolismo e

disfunzione d’organo

Deprime il s. immunitario: aumenta le complicanze

infettive e il rischio di recidive del cancro

Aumenta la risposta allo stress chirurgico durante la fase di

riscaldamento

Chirurgia minimamente invasiva, blocchi anestetici

centrali, terapia del dolore, trattamento farmacologico

Evitare l’uso di sangue non necessario

Ridurre le perdite di calore o usare un riscaldamento

esterno del paziente

Post-operatori:

Dolore

Immunodepressione

Nausea/ileo

Ipossiemia

Disturbi del sonno

Catabolismo/perdita

muscolare

Immobilizzazione

Drenaggi/sondino

nasogastrico/tradizioni

Deprime la funzione degli organi e ritarda la

mobilizzazione e complessivamente la ripresa

Aumenta le complicanze infettive e il rischio di recidive del

cancro

Riduce il recupero e la nutrizione precoce, aumenta il

catabolismo

Aumentato rischio di complicanze cardiache, cerebrali e

delle ferite (infezione, ritardo della guarigione.

Possono aumentare l’ipossiemia postoperatoria, la fatica e

aumentare lo stress

Aumenta globalmente la morbilità, la fatica e ritarda la

ripresa

Aumentato rischio di tromboembolie e di complicanze

polmonari, aumento della fatica, ipossiemia e perdita della

massa muscolare

Ritardano la ripresa, possono aumentare le complicanze

infettive

.Efficace trattamento del dolore anche durante il movimento

con una terapia multimodale

Riduzione dello stress, immunomodulazione

farmacologica, evitare trasfusioni

Trattamento del dolore usando blocchi centrali FANS,

riduzione dell’uso degli oppioidi, uso di farmaci antiemetici

(antagonisti serotonina ecc.)

Somministrazione di ossigeno, mobilizzazione, riduzione

dello stress, evitare disturbi del sonno

Riduzione dello stress, trattamento del dolore, riduzione

dell’uso di oppiacei, , riduzione del rumore e degli

interventi notturni

Riduzione dello stress, trattamento del dolore, riabilitazione

attiva, precoce ripresa della nutrizione orale.

Trattamento del dolore, mobilizzazione attiva precoce

Evitarne l’uso non necessario, rivedere i programmi di

assistenza perioperatoria.

Tab.1 Fattori di rischio perioperatori e risposte patofisiologiche alla chirurgia che devono essere riconosciute, evitate

o trattate per controllare la fisiologia postoperatoria e ridurre la morbilità

Tuttavia i risultati di numerosi studi hanno indicato che un controllo maggiore del dolore

postoperatorio da solo non migliora necessariamente l’outcome complessivo sebbene molti studi

abbiano dimostrato un miglioramento della morbilità complessiva con un trattamento analgesico

adeguato. Solo l’integrazione del controllo del dolore effettivo in un approccio multimodale e

multidisciplinare (Fig. 2) per la gestione del paziente postoperatorio, con altre misure come il

precoce esercizio postoperatorio e la precoce nutrizione enterale può, tuttavia, portare a un miglior

outcome complessivo.. Questo approccio rappresenta una espansione dell’interpretazione corrente

dell’Acute Pain Service (APS) che deve provvedere all’analgesia senza prendersi la responsabilità

per la riabilitazione complessiva del paziente. Quindi l’approccio multimodale rappresenta

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un’estensione dell’approccio di squadra dell’APS e il suo successo dipenderà non solo

dall’entusiasmo e dall’impegno profuso ma anche dall’istruzione continua di chirurghi anestesisti,

infermieri dei reparti chirurgici e pazienti.

Fig. 2 Approccio multimodale nel trattamento dei pazienti Da Kehelet H British Journal of Anaesthesia 1997; 78:

606-617

FISIOLOGIA DEL DOLORE

Una delle definizioni del dolore (Associazione Internazionale per lo studio del Dolore) è la

seguente: “Il dolore è una esperienza sensitiva ed emozionale spiacevole associata ad un danno

potenziale od attuale dei tessuti dell’organismo” oppure come lo definisce Bonica “Il dolore è la

cosciente consapevolezza della lesione tissutale”.

Coesistono già da queste definizioni , in particolare dalla prima, due componenti , quella sensitiva

che mette in relazione il dolore ad uno stimolo così come altre esperienze sensoriali (vista, olfatto

ecc) ad una componente affettiva più difficoltosa da studiare e quantificare, influenzata da

precedenti esperienze, dal background culturale, dal tipo di malattia, dallo stato mentale ecc. Non

sorprende difatti che spesso esista poca correlazione tra la valutazione del dolore da parte del

paziente e la stima che di questo ne viene data da medici o infermieri.

La percezione del dolore può essere divisa in due componenti:

1. La componente sensoriale-discriminativa che permette di localizzare lo stimolo doloroso (più

preciso, veloce, violento ma transitorio) trasmesso da fibre amieliniche sottili (fibre A delta)

connesse con il neotalamo e la corteccia sensoriale.

2. 2. La componente affettivo causale , più lenta (dolore meno preciso, più diffuso, più lento ma

più costante), condotta dalle fibre C , connessa con il tronco , i nuclei della base e la corteccia

limbica.. Tale componente costituisce la “memoria del dolore” e quindi le modificazioni

comportamentali ad essa collegate.

La percezione del dolore o nocicezione è data dall’attivazione di nocicettori ossia dei recettori

specifici a livello dei tessuti che una volta attivati da stimoli adeguati (termici, meccanici, o

chimici) trasmettono il segnale sotto forma di impulso elettrico al sistema nervoso centrale alle

corna posteriori del midollo e da qui ai centri superiori (Fig. 3). Nel caso del trauma chirurgico

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questo provoca la liberazione di sostanze come ioni K+, bradikinina (BK) e serotonina (5HT)

responsabili dell’attivazione dei recettori meccanici e delle reazioni tipiche dell’infiammazione

(rubor e tumor, vasodilatazione ed edema). Dall’azione delle BK si attiva in forma di cascata

biochimica il sistema delle prostaglandine (PG) che prolungano la sensibilizzazione dei recettori

dolorifici e causano l’abbassamento della soglia del dolore provocando quelle che vengono definite

iperalgesia (alterazione della sensibilità a causa della quale l’intensità della sensazione dolorosa

indotta da uno stimolo è enormemente aumentata) e allodinia (condizione per la quale uno stimolo

non altrimenti doloroso viene percepito come tale). Iperalgesia e allodinia accompagnano molti

processi infiammatori (ferite, abrasioni, ustioni ).

Fig. 3 Percorso centripeto della sensibilità dolorifica e punti di azione dei trattamenti anestetici e analgesici

PERCHE’ TRATTARE IL DOLORE POSTOPERATORIO

Oggi e ben conosciuta l'importanza degli effetti di un dolore non totalmente abolito sul benessere

e sul comfort durante il decorso postoperatorio dei pazienti chirurgici . Nella Tabella 1 sottostante

vengo elencati di potenziali rischi legati a un inadeguato trattamento del dolore post operatorio.

Il trattamento del dolore post operatorio in forma efficace è tuttavia non privo di rischi di effetti

collaterali o di complicanze potenzialmente importanti e non è possibile migliorare la qualità del

trattamento analgesico postoperatorio senza un aggravio dei costi anche se sono state proposte delle

forme di Acute Pain Service a basso costo. .

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Tab.1

Possibili effetti negativi di un non adeguato trattamento del dolore postoperatorio severo

Respiratori Riduzione dei volumi polmonari (Volume Tidal, CFR) ,

atelectasie, ridotta capacità di tossire, ritenzione delle

secrezioni, rischio di infezioni, ipossiemia

Cardiovascolari Tachicardia, ipertensione, aumento delle resistenze

vascolari periferiche, , aumentato consumo miocardico di

ossigeno, ischemia miocardica, alterazioni di flusso

ematico a livello distrettuale, trombosi venose profonde

Gastrointestinali Ridotta motilità gastrointestinale

Genitourinari Ritenzione urinaria

Neuroendocrini Aumentati livelli di ormoni dello stress quali

catecolamine, cortisolo, glucagone, e di ormone della

crescita, vasopressina, aldosterone e insulina

Psicologici Ansietà , paura, privazione del sonno

Muscoloscheletrici Spasmo muscolare, immobilità (aumentato rischio di

trombosi venosa profonda)

Trattare il dolore postoperatorio non si traduce solamente in un miglioramento del comfort del

paziente, vale a dire non ha solo un effetto cosmetico sulle sue condizioni: sia il trattamento del

dolore nell’immediato post operatorio che nel decorso a lungo termine possono essere influenzati

dalla qualità del trattamento antalgico dopo intervento chirurgico o trauma .Un trattamento

adeguato del dolore post operatorio può tradursi in degli innegabili effetti favorevoli per il paziente

(Tab 2) Addirittura si sono rilevati effetti benefici maggiori quando il dolore è stato trattato con la

tecnica epidurale o altre forme di analgesia locoregionale continua, rispetto ad altre metodiche di

analgesia che prevedevano la somministrazione parenterale di oppiacei.

Miglioramento del comfort del paziente: è’ molto importante riconoscere che un minor dolore ed

un comfort maggiore per il paziente non sono sufficienti da soli a migliorare l’outcome. Un buon

trattamento del dolore postoperatorio permette una maggior attività e dev'essere utilizzato

all’interno di un programma di riabilitazione postoperatoria dove la stimolazione dell'attività fisica

e respiratoria e un alimentazione precoce sono parti essenziali. Un miglioramento del comfort del

paziente ridurrà la sua fatica postoperatoria: sarà più motivato e più abile a prendere parte ad un

programma di riabilitazione postoperatoria, ad alimentarsi precocemente, essere mentalmente attivo

e pronto per un trattamento riabilitativo; viceversa un trattamento inefficace renderà il paziente

sofferente per dolore, nausea, sedazione, vertigini, confusione. Se il paziente non sarà motivato per

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nessun regime di riabilitazione, cercherà di muoversi il meno possibile, avrà respiri superficiali con

incapacità a tossire e a prendersi cura delle sue funzioni naturali.

Tab. 2

Possibili effetti favorevoli per il paziente legati ad un trattamento ottimale del dolore postoperatorio severo

Aumentato comfort del paziente: ridotto stress mentale e fisico, aumento della motivazione e capacità ad una

mobilizzazione attiva

Miglioramento delle funzioni polmonari e riduzione delle complicanze polmonari

Ridotto stress del sistema cardiovascolare

Riduzione delle complicanze tromboemboliche

Ripresa più rapida della motilità gastroenterica

Riduzione delle complicanze settiche

Ridotta disfunzione del sistema immunitario

Riduzione della mortalità nei pazienti ad alto rischio

Riduzione dei tempi di recupero dopo l’intervento

Minore insorgenza di dolore cronico post-chirurgico di tipo neuropatico

Riduzione dei costi del trattamento sanitario

Riduzione delle complicanze polmonari: il dolore acuto può causare riflessi toracici e della parete

addominale in grado di ridurre il volume tidal o volume corrente, la capacità vitale, la capacità

funzionale residua, e la ventilazione alveolare. Ne seguiranno collasso alveolare, e possibile

diminuzione della disponibilità di ossigeno. Quando il dolore inibisce la tosse la ritenzione delle

secrezioni contribuisce alle atelectasie e conseguentemente alle infezioni polmonari ed aggrava

l’ipossiemia. Il trattamento del dolore con analgesia bilanciata comprendente una analgesia

regionale o epidurale riduce o addirittura elimina questi eventi avversi.

Minor stress e minori complicazioni cardiovascolari: il dolore causa un'iperattività del sistema

simpatico con tachicardia, ipertensione e aumento della resistenze vascolari periferiche. In pazienti

ad alto rischio con insufficienza coronarica, l’aumento del lavoro cardiaco e della domanda di

ossigeno per il miocardio possono condurre a ischemia miocardica, a infarto, a scompenso

cardiaco. Le complicanze polmonari indotte dal dolore che causano ipossia accentuano questo

scenario. Una buona analgesia epidurale durante e dopo la chirurgia maggiore può ridurre questi

effetti.

Minori effetti negativi sul sistema gastrointestinale ed urinario: una aumentata attività del sistema

nervoso autonomo indotta dal dolore acuto interferisce con la muscolatura liscia intestinale e

l’attività sfinterica riducendo la motilità peristaltica dell'intestino. Possono conseguire

sovradistensione gastrica e intestinale ed ileo post operatorio. La infusione di morfina epidurale o

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parenterale può prolungare l'ileo post operatorio in confronto con quanto succede con la

somministrazione epidurale di anestetici locali con o senza oppioidi. Un deficit del sistema nervoso

autonomo indotto dal dolore può anche contribuire alla ritenzione urinaria postoperatoria.

Riduzione degli eventi avversi endocrini e metabolici: il dolore severo è uno dei fattori che

contribuisce ad una risposta ormonale catabolica esagerata consecutiva al danno chirurgico:

ritenzione di sodio e di acqua da parte dell’aumentata secrezione di aldosterone e ormone

antidiuretico e iperglicemia dovuta ad aumentata secrezione di cortisolo e adrenalina. Il bilancio

azotato negativo nel periodo post operatorio può essere prolungato ed esagerato quando il dolore

non è trattato efficacemente tanto da causare immobilità, perdita di appetito e ridotto apporto

calorico.

Minori complicanze tromboemboliche: permettendo al paziente di muoversi attivamente senza

discomfort un adeguato trattamento del dolore riduce le complicanze tromboemboliche. L'anestesia

epidurale durante la chirurgia seguita da una prolungata analgesia epidurale con una bassa dose di

anestetico locale e di oppioidi porta benefici aggiuntivi sulla trombogenesi, sulla fibrinolisi e sul

flusso ematico. Di conseguenza sono ridotte le complicanze venose e arteriose tromboemboliche.

Ridotto deficit del sistema immuno-difensivo e minori complicanze settiche: diversi studi hanno

dimostrato una riduzione del deficit della funzione immunologica postoperatoria o meglio peri

operatoria quando l’anestesia epidurale è stata confrontata con l’anestesia generale; è stata osservata

una minor incidenza di complicanze settiche nei pazienti ad alto rischio chirurgici che ricevevano

un trattamento epidurale analgesico prolungato.

Minor dolore cronico neuropatico post operatorio: l'incidenza del dolore post chirurgico di tipo

cronico può essere influenzata dalla severità del dolore nell’immediato periodo postoperatorio e

dalla qualità del suo trattamento durante la prima settimana postoperatoria.

Riduzione di effetti avversi psicologici e mentali: minor dolore ovvero ridotto affaticamento

postoperatorio. Un dolore non adeguatamente controllato causa privazione del sonno, ansietà e

sensazione di sentirsi abbandonati. Questo causa esaurimento mentale, riduce le riserve

psicologiche e aumenta l'affaticamento postoperatorio.

Riduzione dei costi del trattamento sanitario: un recupero postoperatorio più rapido una minor

necessità di cure intensive, una riduzione della degenza ospedaliera, e una riduzione dei costi

sanitari sono stati ben documentati da studi dove sono stati confrontati trattamenti analgesici

bilanciati perioperatori con analgesia epidurale in pazienti ad alto rischio,con trattamenti

postoperatori per il trattamento del dolore più convenzionali. Il risparmio si è dimostrato essere

significativo con riduzione dei costi anche del 35%.

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COME SI MISURA IL DOLORE

Ci sono diverse tecniche che permettono di misurare il dolore e di valutare l’efficacia del

trattamento. Il miglior metodo consiste in una autovalutazione da parte del paziente. La

osservazione del comportamento del paziente e dei segni vitali non è viceversa una stima sicura e

non dovrebbe essere impiegata per valutare il dolore del paziente fino a quando questi non può

esprimersi.. Nell’adulto i tre metodi più comunemente impiegati sono:

• la scala analogica visuale VAS

• la scala numerica verbale VNS

• la scala a categorie

La scala analogica visuale : usa una linea nera lunga 10 cm con due punti finali descritti come

“assenza di dolore” sull’estremità sinistra e “il più forte dolore immaginabile “ al termine della

linea dal lato destro. Il paziente viene invitato a indicare un punto ( di solito facendo scorrere un

cursore) che rappresenti meglio il suo dolore. La distanza dal margine sinistro viene misurata in cm

e quel dato numerico è assunto come punteggio, il punteggio VAS. I vantaggi sono che la linea

rappresenta una continuità e che quindi sono possibili anche misure in millimetri che possono essere

lette agevolmente sul retro della scala. Gli svantaggi del sistema VAS sono che occorre più tempo

per un suo utilizzo, richiede un piccolo righello peraltro facilmente fruibile, e che alcuni pazienti

hanno difficoltà a capire e ad adoperare questi punteggi specialmente nel periodo postoperatorio

immediato. Il VAS può anche essere utilizzato per misurare altre variabili soggettive come la

soddisfazione al trattamento, la nausea, il sollievo dal dolore ecc.

La scala verbale numerica: VNS è molto simile al VAS. I pazienti vengono inviatati a

immaginare lo 0 come “assenza di dolore” e il 10 come “il più forte dolore immaginabile “ e quindi

ad esprimere un numero, un voto potremmo dire , di tale scala che rappresenti al meglio il loro

dolore. Il vantaggio è che non richiede alcuno strumento ma possono insorgere difficoltà se il

paziente non comprende il sistema a punteggio.

Con entrambe le scale possono esserci variazioni interindividuali e quello che potrebbe essere un

punteggio “confortevole” 1-2 per altri potrebbe essere 4 o 5. Questo ovviamente potrebbe fare

insorgere dei problemi al momento che si faccia una titrazione del farmaco solo sulla base del

punteggio. Ed è incerto se non sia meglio aggiungere la domanda se il paziente stia bene e sia

soddisfatto con la terapia di quel momento. . E’ stata tuttavia dimostrata una buona correlazione tra

il metodo VAS e quello VNS.

La scala a categorie: altri sistemi usano vocaboli differenti per definire il dolore, come i termini

nessuno, lieve, moderato, severo, molto severo e insopportabile. Non è generalmente pratica e

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sicura per tutti i tipi ed i modi di somministrazione dei farmaci ed appare rispetto alle altre due

metodiche molto limitativa.

Lo scopo del trattamento dovrebbe essere il comfort del paziente, sia a riposo che durante il

movimento e la tosse.

QUANDO VA MISURATO IL DOLORE:

Un monitoraggio regolare e affidabile dell’intensità del dolore dei pazienti da parte degli

infermieri di reparto è importante per stimare lo standard di cura fornito. La realizzazione di

routine della valutazione del dolore può essere stimato come un primo passo, fondamentale ,

verso una migliore qualità della gestione del dolore postoperatorio. Vale anche ricordare che in

assenza di schede per la valutazione del dolore, molti infermieri continueranno a credere che i

pazienti che non si lamentano non sentano dolore. Inoltre l’uso di protocolli di monitoraggio di vari

parametri permette una rapida scoperta degli effetti collaterali del trattamento.

I pazienti vengono interrogati a intervalli fissi, in genere ogni 3 ore, a riposo. Un miglior

indicatore dell’efficacia dell’analgesia è la valutazione del dolore durante la tosse, i respiri

profondi o i movimenti (ad esempio nei cambi di posizione nel letto). Il dolore dovrebbe essere

misurato regolarmente durante il periodo postoperatorio alla stessa stregua di come si misurano la

temperatura del paziente o i segni vitali. La frequenza delle rilevazioni dovrebbe aumentare se il

dolore è poco controllato o se si è fatto un aggiustamento del trattamento.

Importante è che si adoperi sempre la stessa scala per misurazioni successive.

IL RUOLO DELL’INFERMIERE PROFESSIONALE

Il trattamento del dolore postoperatorio è del tutto insoddisfacente nella pratica quotidiana, e

questa realtà è comune a gran parte degli Ospedali non solo del nostro Paese. Ciò è dovuto

principalmente all'ignoranza diffusa della problematica nel personale medico infermieristico che

tutto oggi considera dolore come parte integrante ineluttabile di un intervento chirurgico più meno

complesso. Il paziente stesso poi è convinto che un certo grado di sofferenza debba far parte del

suo iter terapeutico e subisce passivamente tale realtà. Per fortuna da alcuni anni si è imposta la

convinzione che non è più moralmente ed eticamente accettabile non alleviare il dolore

postoperatorio e che il suo trattamento è parte centrale delle cure postoperatorie. Quindi è dovere

degli operatori sanitari riuscire a fare cambiare le aspettative del malato per il sollievo del suo

dolore e a soddisfare in tal senso le sue richieste. A questo scopo oltre al trattamento postoperatorio

ci dovremo avvalere di una adeguata istruzione pre operatoria verbale e per mezzo di materiale

illustrativo creato ad hoc, anch’essi elementi importanti per ridurre l’ansia e lo stress perioperatorio.

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L’infermiere della corsia ricopre un ruolo centrale nell’informazione e nel trattamento del dolore

postoperatorio poiché rispetto ad altre figure sanitarie è quella che rimane più tempo a contatto

diretto con il malato ed è sicuramente anche quella che meglio di altri può valutare l’efficacia della

terapia analgesica impostata. Proprio una mia recente esperienza di aggiornamento in Svezia ha

potuto dimostrare nella realtà quanto era stato pubblicato sulle riviste specializzate: una maggiore

qualità del trattamento del dolore post operatorio si può ottenere addestrando lo staff

infermieristico. L’intensità del dolore viene misurata ogni 3 ore assieme alla rilevazione dei

parametri vitali e tutti i pazienti con un VAS maggiore di 3 ricevono un pronto trattamento

analgesico. Esiste poi una figura di infermiera responsabile che giornalmente fa la verifica tra i

reparti e ha funzioni di coordinamento dell’attività tra lo staff infermieristico delle corsie

chirurgiche e il servizio di anestesia che è il diretto responsabile della terapia. Tale infermiera ha

poi compiti di addestramento del personale e di verifica trimestrale dell’attività svolta e

regolarmente si promuovono riunioni di aggiornamento e revisione dei protocolli. Tale sistema si è

rivelato semplice, efficace e poco costoso rispetto ad altri sistemi di gestione che prevedendo la

figura medica per le verifiche del trattamento del dolore, come ad esempio negli Stati Uniti, sono

assai più costosi.

La principale responsabilità dell’infermiere professionale è quella di impedire che il paziente

soffra senza motivo. Il suo compito è quello di rilevare i segni del dolore, valutare la sua intensità

ed iniziare, quando prescritto, la terapia..

Un buon trattamento richiede quindi:

• la conoscenza della fisiopatologia del dolore

• la valutazione regolare e sistematica del dolore

• una pronta risposta alle richieste del paziente misurata sulle singole necessità

• la rilevazione immediata delle complicanze della terapia

• la conoscenza del funzionamento e la capacità di usare gli strumenti tecnici

• un buon rapporto con il paziente

Il dolore acuto è per molti pazienti causa di grave sofferenza ed essi si attendono quindi

giustamente un pronto ed adeguato trattamento. Non bisogna mai dimenticare che il dolore è

un'esperienza strettamente per personale e solo il paziente ne potrà descrivere le caratteristiche e

l’intensità. E’ quindi indispensabile, nelle prime ore dopo l'intervento chirurgico, determinare

l'intensità la qualità del dolore in modo da aggiustare sulle singole necessità la terapia.

Al paziente dovremo chiedere quant’è forte il dolore (intensità), che tipo di dolore è (qualità)

dove localizzato (localizzazione), perché il paziente ha dolore (ragioni).

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Le linee guida da seguire sono:

• il dolore non deve mai raggiungere intensità elevata

• bisogna utilizzare intervalli di somministrazione brevi o tecniche d’infusione continua

• è meglio somministrare gli analgesici a tempo fisso e prima che il dolore ricompaia

Lo scopo non è quello di abolire completamente il dolore ma di mantenerlo ad un livello

accettabile così da migliorare il comfort del paziente (in genere un VAS o un VNS di 3 o inferiore è

indice di un trattamento adeguato) e quindi migliorare la respirazione la mobilizzazione. Nelle fasi

non acute terremo presenti anche trattamenti non farmacologici quali caldo il freddo di massaggio e

la posizione corretta.