Brancaccio Effetti Collaterali Disinflazione Studi Economici 2002

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    POSSIBILI EFFETTI COLLATERALIDELLA DISINFLAZIONE

    Debiti, redistribuzione e rallentamentodella crescita in Italia

    di Emiliano Brancaccio*e Daniela Marconi **

    1. Introduzione

    Nel 1997 leconomia italiana ha fatto registrare, per la prima volta da oltreun trentennio, un tasso dinflazione inferiore al 2%. Levento stato accoltodai responsabili della politica economica e dallopinione pubblica come il

    prodotto di una virtuosa opera di stabilizzazione macroeconomica, ritenutacondizione imprescindibile per lingresso immediato dellItalia nellUnioneMonetaria Europea e per una prospettiva di crescita equilibrata e duratura.Tuttavia, labbattimento dellinflazione stato ottenuto con politiche econo-miche fortemente restrittive, che hanno negativamente inciso sulla dinamicadel prodotto e delloccupazione. Ecco perch la disinflazione stata general-

    mente interpretata qualepremio per un sacrificio collettivo1.Le ragioni per condividere un simile punto di vista sono, senza dubbio,

    numerose e significative. Eppure, come cercheremo di mostrare, possibilevalutare il processo disinflazionistico in termini del tutto diversi. Recuperandounidea autorevole2 sebbene attualmente minoritaria, si pu infatti affermareche se la disinflazione non perfettamente prevista nei contratti di prestito ilsuo verificarsi genera ex-post tassi dinteresse reali elevati, da cui scaturisco-no effetti redistributivi favorevoli ai creditori e a danno dei debitori. Se inoltresi ritiene, per varie ragioni, che siano i debitori a trainare la crescita, allora

    possibile affermare che questa verr ridimensionata dal suddetto fenomenoredistributivo. In sostanza, nel presente lavoro tenteremo di interpretare la di-

    * Universit degli Studi di Napoli Federico II.** Duke University (Durham, NC - USA).1 Su tutti, cfr. Ciampi (1998, p. 3 e ss.).2 Fisher (1933), Keynes (1923). Pi di recente, Tobin (1980), Fitoussi (1995).

    Studi economici n. 78, 2002/3

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    sinflazione non come un premio, bens come una delle possibili causedi unsacrificio collettivo, la scarsa crescita degli ultimi anni 3.

    Larticolo organizzato come segue. Ci soffermeremo innanzitutto sulle-quazione di Fisher (la pi nota relazione teorica tra tasso dinteresse e tassodinflazione), basata sullipotesi di perfetta previsione dellinflazione da partedegli agenti (par. 2). Sottoporremo quindi a verifica tale ipotesi: mediante unastima econometrica basata su un VAR cointegrato, rileveremo che il tassodinflazione registrato in Italia tra il 1980 e il 1998 scarsamente correlato nel

    breve periodo allandamento del tasso dinteresse nominale a breve termine, eche le due variabili presentano un trend stocastico comune di lungo periododove il tasso dinflazione piuttosto che il tasso dinteresse ad adeguarsi agliscostamenti (par. 3). Interpreteremo tali risultati in base allipotesi di esistenza

    di errori di previsione e di ritardi di introiezione dellinflazione da parte degliagenti, che sosterremo rinviando non solo a noti modelli di comportamento easpettative razionali, ma anche riproponendo con Fitoussi (1995) unipotesi diillusione monetaria tra alcuni degli operatori che concorrono alla formazionedei tassi di mercato. Avvalendoci di alcuni fondamentali contributi di Fisher(1933) e Tobin (1980) sul tema, passeremo poi ad indagare sui possibili effettiredistributivi favorevoli ai creditori derivanti da errori e ritardi nella percezio-ne della disinflazione; proveremo inoltre ad abbozzare una quantificazione ditali effetti, e a valutarne il possibile impatto sulleconomia italiana negli anni80 e 90 (par. 4). Infine, proporremo alcune spiegazioni teoriche del perchuna distribuzione favorevole ai creditori possa rappresentare un ostacolo allacrescita economica (par. 5). Riguardo allincapacit del tasso dinteresse di in-troiettare landamento dellinflazione, dalla stima econometrica del par. 3 fa-remo derivare risultati in parte inediti rispetto ad alcuni contributi precedentirinvenibili in letteratura. Inoltre, nel par. 5 proporremo una semplice modificaa un recente modello di Kyotaki e Moore (1997) al fine di mostrare che persi-

    3 Lidea minoritaria per varie ragioni. Innanzitutto perch di norma gli elevati tassi dinte-

    resse reali rilevati in Italia e in Europa negli ultimi anni non sono stati spiegati con la dinsinfla-zione ma con le persistenti politiche monetarie restrittive praticate dalle banche centrali, e inparticolare con la risposta della Bundesbank allunificazione tedesca (cfr. ad esempio Modi-gliani, 1998). In secondo luogo lidea inusuale perch gli elevati interessi reali e la scarsa cre-scita sono in genere collegati per il tradizionale tramite dellefficienza marginale del capitale edelleffetto di disincentivo sugli investimenti; in questa sede, invece, faremo riferimento a tassidinteresse reali che, misurati ex-post, rispecchieranno prioritariamente un effetto di redistribu-zione della ricchezza tra creditori e debitori, e solo attraverso tale effetto verranno connessi a unrallentamento degli investimenti e della crescita. Pi in generale, poi, bene ricordare che lespiegazioni della scarsa crescita in Italia pi comunemente avanzate e dibattute in sede politicafanno riferimento non tanto agli elevati interessi reali quanto piuttosto alla rigidit del mercatodel lavoro o allinsostenibilit delle spese di welfare. Cfr. i vari rapporti OECD e IMF, anni1992-1998.

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    no in un contesto di ottimizzazione dinamica possibile derivare dei nessi te-orici tra redistribuzione favorevole ai creditori e rallentamento della crescita.

    2. Lequazione di Fisher

    Nei suoi contributi del 1896, 1925 e 1930, Irving Fisher si dedic allesamedella relazione esistente tra il tasso dinteresse e il tasso dinflazione, sintetiz-zata in una nota equazione in base alla quale il tasso dinteresse reale (r) de-finito come differenza tra il tasso dinteresse monetario di mercato (ib) e il tas-so dinflazione ().Tale equazione pu essere letta in termini meramente defi-nitori, nel qual caso essa si riferisce semplicemente alla possibilit di sottrarre,

    alla scadenza di un debito, il tasso dinflazione realizzato al tasso dinteressepattuito, in modo da determinare il tasso dinteresse reale conseguito ex-post(ovvero al netto dellinflazione). Alternativamente, lequazione pu essereconsiderata come la rappresentazione sintetica di un modello di comporta-mento degli agenti e di funzionamento dei mercati. Sostituendo il tasso din-teresse reale ex-post con il tasso ex-ante, considerando questultimo dato eso-genamente da produttivit e parsimonia 4, e sostituendo il tasso dinflazioneeffettivo con il tasso atteso alla scadenza del debito posto in essere (e), Fisherripropose lequazione in termini diversi 5, sintetizzabili tramite la seguenteformulazione: ib = r +

    e. In tal caso la relazione rispecchia esclusivamentelintento degli agenti economici di introiettare linflazione attesa al momento

    della stipula dei contratti di debito. In questa sede, si badi, accetteremo lipo-4 In questa sede non discuteremo le determinanti del tasso dinteresse reale. bene tuttavia

    ricordare che, come il dibattito sulla teoria del capitale ha ampiamente chiarito, lidea che il tas-so dinteresse possa scaturire in modo univoco da produttivit e parsimonia (ovvero dai postu-lati primitivi di un modello neoclassico attinenti alla tecnologia e alle preferenze) ha senso e-sclusivamente nel contesto di un modello a un solo bene oppure nellambito di un modello mul-tisettoriale di equilibrio intertemporale soggetto a varie condizioni restrittive. Per un approfon-dimento sulla teoria neoclassica del capitale e della distribuzione, cfr. tra gli altri Bliss (1975).Sul dibattito relativo alla teoria del capitale, cfr. Kurz e Salvadori (1995), cap. 14.

    5 Cfr. ad es. Fisher (1925). bene precisare che la distinzione tra interesse monetario e realeoperata da Fisher (volta semplicemente a misurare il tasso dinteresse al netto dellinflazione at-tesa) non va confusa con la medesima distinzione effettuata nellambito del dibattito keynesia-no sulla natura dellinteresse, ovvero sulla individuazione delle sue determinanti, monetarieoppure reali (cfr. Patinkin, 1965, cap. XV). A tal proposito si noti come, a causa dellipotesi dielasticit unitaria delle aspettative sui prezzi adottata dagli economisti della sintesi neoclassica(cfr. Patinkin, 1965, p. 200, Modigliani, 1963, p. 8), questi non abbiano mai avuto la necessitdi menzionare lequazione di Fisher nelle loro analisi sulle determinanti dellinteresse. La ra-gione che da quella ipotesi ingenua scaturiscono sempre attese di inflazione nulla, il che si-gnifica che gli operatori non si pongono il problema di distinguere tra interesse monetario (det-to anche interesse nominale) e interesse reale nel senso di Fisher.

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    tesi di indipendenza del tasso dinteresse reale ex-ante dal tasso dinflazione,senza porci il problema di valutarne la plausibilit 6. Concentreremo invecelattenzione su cosa si intende per tasso dinflazione atteso. A tal proposito Fi-sher si limitava ad assumere un metodo di formazione delle aspettative di tipoadattivo, inevitabilmente caratterizzato da errori sistematici, sui quali oltretut-to egli bas la propria interpretazione del ciclo 7. Ci nonostante, in letteraturasi spesso definito effetto Fisher quel fenomeno in base al quale le-quazione di Fisher sarebbe caratterizzata da una situazione equivalente a quel-la di previsione perfetta, data lipotesi che allatto della stipula dei contratti didebito gli agenti non compiano errori sistematici sullinflazione futura e quin-di sul tasso dinteresse reale 8. Come vedremo nel prossimo paragrafo, per, leverifiche econometriche non sembrano offrire elementi a sostegno di una si-

    mile ipotesi.

    3. Inflazione e tassi dinteresse in Italia: una stima econometrica

    In misura pi o meno marcata, le verifiche empiriche della equazione di Fi-sher presenti finora in letteratura hanno in generale smentito lidea di previ-sioni sistematicamente corrette dellinflazione da parte degli agenti economi-

    6 Lindipendenza del tasso dinteresse reale ex-ante dal tasso dinflazione (ovvero prescin-

    dendo dal problema della conferma delle aspettative) risale alla tradizionale scissione neoclas-sica tra parte reale e parte monetaria del modello rappresentativo delleconomia, per il cui svi-luppo moderno Fisher forn peraltro decisivi contributi (es. Fisher, 1911). Tale scissione vennein seguito superata attraverso unintegrazione, ad opera di Patinkin (1965), fra la teoria moneta-ria e la teoria del valore, ma i risultati in termini di indipendenza del tasso dinteresse reale daifenomeni monetari (e quindi dallinflazione) non mutarono. Coloro i quali affermano lindipen-denza del tasso dinteresse reale dallinflazione (attesa o meno che sia), mirano in genere a di-mostrare che questultima non solo non determina modificazioni della struttura di portafogliotali da incidere sui prezzi relativi delle attivit (e quindi sui connessi rendimenti), ma al contra-rio provvede, nel caso di variazioni esogene della moneta, al ripristino dellequilibrio (illumi-nante in tal senso Tobin, 1969, par. 5-6). Se ci non dovesse essere (cfr. ad es. Tobin, 1964),lindipendenza del tasso reale dallinflazione sarebbe pregiudicata, e con essa anche lequazio-ne di Fisher. In ogni caso, ripetiamo, in questa sede non intendiamo soffermarci sullipotesi diindipendenza del tasso reale. Per un approfondimento sulle teorie dellinteresse, rinviamo a Pa-tinkin (1972); cfr. anche Jossa (1986).

    7 Fisher (1925).8 Mishkin (1991), Romer (1996, p. 394). Per una definizione opposta di effetto Fisher, pro-

    posta da Tobin (1980), cfr. in seguito, par. 5. Come ben noto, per derivare un risultato di per-fetta previsione non sufficiente avanzare lipotesi di aspettative razionali. I modelli che gene-rano risultati equivalenti a quelli di perfetta previsione sono cio caratterizzati da assunzioniancor pi restrittive, quali lequilibrio continuo su tutti i mercati e la completezza e simmetriadellinformazione. Cfr. ad es. Tobin (1980).

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    ci 9. Pur mantenendosi in parte conforme ai risultati precedenti 10, la nostra sti-ma econometrica amplia lanalisi ponendo laccento sul ruolo assunto da cia-scuna delle due variabili considerate nellaggiustamento verso la relazione diequilibrio di lungo periodo, nonch esplicitando la loro interazione dinamica.Come vedremo, il confronto tra i risultati ottenuti e quelli che ci si sarebbedovuti attendere in base alla logica sottostante lequazione di Fisher, risultaessere molto informativo circa la capacit o meno del tasso dinteresse nomi-nale (ib) di introiettare le aspettative dinflazione

    e.Lipotesi sottostante lequazione di Fisher che i movimenti del tasso

    dinteresse forniscono informazioni sulle aspettative dinflazione. Il tassodinteresse nominale, infatti, incorporerebbe un premio per linflazione attesa.Formalmente:

    (1) ettbt ri 1 .

    Sotto lipotesi di aspettative razionali, gli operatori saranno in grado di ef-fettuare una previsione in media corretta per cui

    (2) 111 ttet e ,

    dove t+1 il tasso dinflazione effettivo registrato ex-post ed et+1 rappresen-ta lerrore di previsione generato da un processo stocastico che viene in gene-

    re definito un rumore bianco11

    . Lulteriore ipotesi che il tasso dinteres-sereale sia anchesso un rumore bianco, intorno ad un valore medio costante.Se il tasso dinteresse ed il tasso dinflazione sono variabili non stazionarie

    le cui serie storiche possono essere descritte da un processo a radice unitaria,allora lequazione di Fisher risulter verificata nel caso in cui si osservi untrend stocastico comune tra le due variabili. In altri termini, laccettazionedellequazione di Fisher esige che le due variabili risultino cointegrate 12. Do-vremmo pertanto verificare che una relazione di questo genere

    (3) ttbt vi 1

    9 Tra gli altri, cfr. Mishkin (1983, 1991), Evans e Lewis (1992), Summers (1983, 1993). Sultema, cfr. anche Ciocca e Nardozzi (1993).

    10 Cfr. Mishkin (1991).11Viene definito rumore bianco un processo stocastico a media nulla, non autocorrelato e

    con varianza costante.12 Sulla definizione del concetto di cointegrazione cfr. Engle e Granger (1986).

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    valga con vt variabile stazionaria. in questo senso che, statisticamente, iltasso dinteresse nominale e il tasso dinflazione atteso dovrebbero mostrareun comovimento di lungo periodo. Questo comovimento descriverebbe unarelazione di equilibrio di lungo periodo, espressa dallequazione di Fisher,verso la quale le due variabili dovrebbero tendere a riportarsi in caso di sco-stamento. Da tale tendenza emergerebbe la stazionariet (vale a dire la non si-stematicit) dellerrore vt.

    Nellanalizzare empiricamente lequazione di Fisher ci poniamo i seguentidue quesiti: 1) qual la miglior proxy dellinflazione attesa: linflazione cor-rente o linflazione futura effettiva? 2) quali sono le caratteristiche salientidella relazione tra tasso dinteresse e inflazione attesa nel breve e nel lungo

    periodo? Secondo la teoria fisheriana i movimenti del tasso dinflazione do-

    vrebbero essere anticipati dallandamento del tasso dinteresse nominale. Inlinea teorica dovremmo pertanto attenderci unesogeneit debole del tassodinteresse nominale rispetto al tasso dinflazione. Il che significa che, a fron-te di scostamenti da una eventuale relazione di equilibrio di lungo periodo,dovremmo rilevare una maggiore reattivit del tasso dinteresse nominale aconvergere nuovamente verso quella relazione.

    La strategia adottata in questa sede per stimare lequazione di Fisher quel-la del VAR (Vector Autoregression) cointegrato. Le variabili di riferimentosono il tasso dinflazione () 13 e il tasso dinteresse nominale a breve termine(ib) 14. I dati, trimestrali, sono riferiti allItalia e vanno dal 1980 : 1 al 1998 : 4.Il primo risultato del nostro esercizio consistito nel rilevare che se il tasso

    dinflazione scelto per lanalisi quello effettivo futuro allora la relazione dicointegrazione stimata, rivelando una relazione inversa tra le due variabili,non risulta concorde con la teoria fisheriana 15. Unalternativa consiste alloranellutilizzare linflazione corrente quale proxy dellinflazione attesa. Questaopzione pu esser giustificata in base alla seguente ipotesi di aspettative ra-zionali. Supponiamo che gli agenti dispongano di un set informativo tale percui tutto ci che possono osservare correttamente sono gli andamenti passati ecorrenti del tasso dinflazione. Supponiamo inoltre che il processo stocasticoche meglio descrive landamento temporale di questa variabile sia quello diunapasseggiata aleatoria del tipo:

    13 Il tasso dinflazione calcolato su base annuale ed costruito sullindice dei prezzi alconsumo. Cfr. IFS (1999), supporto CD-ROM.

    14 ib il prime-rate rilevato dallABI per i crediti in bianco utilizzati in conto corrente,con una scadenza media intorno ai 12 mesi. Cfr. Supplemento al bollettino Statistico dellaBanca dItalia su CD-ROM. Risultati molto simili sono stati ottenuti utilizzando il Moneymarket rate.

    15 Abbiamo ritrovato cio quello che in letteratura viene definito come Fisher Puzzle.

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    (4) 11 ttt

    Sotto tali condizioni si autorizzati ad utilizzare linflazione corrente comemiglior previsore dellinflazione futura. Queste ipotesi non risultano respintedai dati, sia perch effettivamente landamento temporale del tasso dinfla-zione sembra ben spiegato dal processo descritto dalla (4) 16, sia perch tassodinflazione corrente e tasso dinteresse nominale risultano cointegrati e posi-tivamente correlati, come descritto dallequazione di Fisher.

    Qui di seguito riportiamo i risultati della stima pi significativi ai fini dellanostra analisi 17. Una volta verificato lordine dintegrazione delle variabili,che risulta essere pari ad uno, e imponendo 2 ritardi 18, abbiamo verificato lacointegrazione attraverso il trace test di Johansen (1991), riportato nella tabel-la sottostante. Il test rivela la presenza di un rango di cointegrazione, ciolesistenza di una relazione di lungo periodo tra le due variabili.

    Tab. 1 Risultati dei test di cointegrazione

    H0 H1

    -tracev.c 5% -trace Statistiche

    -trace

    r=0 r1 25.32 25.87

    r1 r=1 12.25 7.90

    Lidentificazione di questa relazione 19, ottenuta normalizzando rispetto a ib ,

    d luogo alla seguente equazione:

    (5) tbt ti )03.0()0065.0(

    475.007.0

    dove in parentesi riportato lerrore standard. La (5) ci dice che il tassodinteresse nominale positivamente correlato al tasso dinflazione: a frontedi una variazione di un punto percentuale del tasso dinflazione, il tassodinteresse varia nella stessa direzione di 0.4 punti percentuali.

    Per poter analizzare lipotesi di esogeneit descritta allinizio di questo pa-ragrafo possiamo analizzare la significativit del termine error-correction. IlVAR cointegrato, infatti, pu essere riscritto come un Vector Error Correction

    16 I risultati sono disponibili presso gli autori a richiesta.17 Maggiori dettagli sui test effettuati sono disponibili su richiesta presso gli autori.18 La scelta stata fatta sia sulla base di un test LR, sia sulla base dellispezione grafica dei

    residui, che mostra la sostanziale eliminazione dellautocorrelazione.

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    Model (VECM) dove possibile analizzare il contributo dei termini di lungo edi breve periodo alle variazioni delle due variabili in esame. Nel nostro casoavremo:

    (6) .....1*475.0*3.0

    03.0

    1

    1

    bt

    t

    bt

    t

    ii

    Dove i coefficienti denotati da un asterisco si intendono significativi al li-vello del 5%. La (6) evidenzia in che modo e ib variano rispetto a scosta-

    menti dallequilibrio di lungo periodo, costituito dal prodotto del vettore dicointegrazione, vettore riga al membro di destra, per il vettore delle variabili(in livelli) al periodo precedente. La velocit di aggiustamento data dai coef-ficienti che appaiono nel primo vettore colonna al membro di destra.

    Analizzando la significativit dei coefficienti di aggiustamento, rileviamoche reagisce pochissimo agli scostamenti dalla relazione di equilibrio dilungo periodo (il parametro, oltre ad essere molto piccolo, non statistica-mente significativo). Al contrario, la velocit di aggiustamento di ib molto

    pi elevata e significativa. Anche il segno del coefficiente risulta corretto. Afronte di uno scostamento positivo rispetto alla relazione di equilibrio di lungo

    periodo, ibt tende a diminuire per ripristinare lequilibrio. Possiamo quindiconcludere che debolmente esogena rispetto a ib. In altre parole, il tasso

    dinflazione si muove in maniera sostanzialmente indipendente dal tasso din-teresse nominale sul quale, invece, grava il peso dellaggiustamento verso le-quilibrio.

    Lultimo passo della nostra analisi riguarda lo studio degli effetti dinamiciprodotti da shock strutturali sulle due variabili considerate. Le tecniche utiliz-zate sono quelle delle funzioni di risposta ad impulso e della scomposizionedella varianza, che si ricavano dalla identificazione delle relazioni contempo-ranee tra le variabili attraverso lanalisi del VAR strutturale 20. La fattorizza-zione scelta per identificarlo quella di Choleski, da cui discende la scelta diordinare le variabili dalla pi esogena () alla pi endogena (ib). Delle funzio-ni di risposta ad impulso riportiamo i grafici pi significativi: la risposta di pad uno shock di i

    b(fig. 1) e la risposta di i

    bad uno shock di (fig. 2).

    20 Per un accenno al VAR strutturale si veda lappendice. Per un approfondimento cfr. Ami-sano e Giannini (1997).

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    Fig. 1

    Fig. 2

    Si noti la sostanziale differenza. Mentre la risposta di a ib non significa-tivamente diversa da zero, la risposta di ib a sempre positiva e significati-vamente diversa da zero 21. Conclusioni analoghe sono state ricavate dallascomposizione della varianza, la quale ci dice quanto della varianza di una va-riabile spiegato da shock contemporanei dellaltra: i risultati ripropongono lamedesima interazione tra le variabili, mostrando che mentre la varianza del

    21 La funzione disegnata allinterno di due bande che ne descrivono la significativit al li-vello del 5%. Se allinterno delle bande c lo zero, possiamo concludere che la risposta non statisticamente diversa da zero, al livello di significativit del 5%.

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    tasso dinflazione non risulta spiegata da shock contemporanei sul tassodinteresse, la varianza del tasso dinteresse invece spiegata con un pesocrescente nel tempo da shock contemporanei sul tasso dinflazione. bene in-fine precisare che, anche invertendo lordine delle variabili, si ottiene la me-desima relazione dinamica tra di esse.

    Possiamo quindi concludere che, in accordo con lequazione di Fisher, unarelazione di lungo periodo tra le due variabili risulta chiaramente evidenziatadai dati. Al tempo stesso, per, linterazione dinamica tra le variabili sembre-rebbe invertire i nessi causali propri delle interpretazioni dellequazione di Fi-sher basate sullassenza di errori sistematici di previsione da parte degli agen-ti. Il tasso dinteresse nominale, infatti, non tende ad anticipare il tassodinflazione ma si adegua ad esso, ed proprio questo continuo adeguamento

    che genera il legame di lungo periodo descritto dalla relazione di cointegra-zione. Se questo risultato valido, si potrebbe interpretarlo in base allideache il tasso dinteresse a breve non tende n ad anticipare linflazione futuran ad introiettare linflazione corrente, se non con ritardi significativi 22.

    4. Errori sullandamento dellinflazione ed effetti redistributivi

    Linterpretazione data alla nostra verifica, secondo la quale il tasso din-teresse a breve non tenderebbe n ad anticipare linflazione futura n ad intro-iettare linflazione corrente (se non con ritardi significativi), trova in letteratu-ra numerosi sostegni teorici: ci riferiamo ai problemi di incompletezzadellinformazione sui prezzi, alle difficolt di previsione delle intenzioni delleautorit connesse al grado di credibilit dei loro annunci, o alle analisi sugli

    22 Il risultato pu essere ragionevolmente esteso al tasso dinteresse a lungo termine. Infatti,come abbiamo affermato allinizio del par. 3, per poter inferire le aspettative dinflazione dal-lanalisi econometrica abbiamo dovuto considerare il tasso dinteresse a breve e non quello alungo termine. Ma in presenza di mercati perfetti e sotto lipotesi di assenza di rischio (oppuredi aspettative razionali), la condizione di non arbitraggio esige che il tasso dinteresse nominalesu un titolo a lunga scadenza sia dato dalla media dei tassi dinteresse nominali a breve attesinel corso della vita di quel titolo. In presenza di rischio, invece, il tasso a lunga e la media deitassi a breve potranno differire di un termine talvolta definito premio di liquidit (cfr. Shiller,1990). Ci che conta per che comunque il tasso a lunga considerato una funzione dei tassia breve attesi. Ora, poich i tassi a breve sono a loro volta determinati dallinflazione attesa diperiodo in periodo, chiaro che tutti gli eventuali errori di previsione sullinflazione verranno atrovarsi anche nella determinazione del tasso a lunga. Inoltre, considerato che il tasso a lungotermine viene fissato sulla base di aspettative riferite a tassi dinteresse a breve (ovvero a tassidinflazione) lontani nel tempo, ragionevole credere che nella determinazione dello stesso glierrori previsionali sullinflazione siano ancor pi marcati rispetto alla determinazione dei tassi abreve.

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    errori nelle attese derivanti dalla molteplicit degli equilibri e dei relativi sen-tieri di convergenza 23.Il tratto comune dei contributi citati verte sullintento di far emergere gli er-

    rori di previsione e di introiezione dellinflazione da modelli razionali dicomportamento e di formazione delle aspettative; modelli cio in cui decisionie previsioni vengono tutte determinate in base a un processo di ottimizzazio-ne, vincolato dal contesto nel quale gli agenti si trovano ad operare. La stimaeconometrica, tuttavia, risulta compatibile anche con interpretazioni non in li-nea con la letteratura dominante. Ad esempio, seguendo Fitoussi (1995), si

    potrebbe recuperare la vecchia ipotesi di illusione monetaria 24, in base allaquale una parte non trascurabile degli operatori che concorrono a formare itassi di mercato tarderebbe a contemplare le variazioni dellinflazione allatto

    della stipula dei contratti di debito. Tale scelta interpretativa potrebbe scaturi-re da una particolare concezione delleterogeneit degli agenti 25, in base allaquale alcuni di essi non risulteranno semplicemente vincolati da informazionilimitate, ma sembrano operare in base a modelli rappresentativi della realtcos rudimentali da risultare, in certi casi, del tutto fuorvianti 26.

    23 Tra gli altri, cfr. Lucas (1972, 1973), Frydman e Phelps (1983), Hahn (1982), Pesaran(1987), Radner (1987), Blinder e Esaki (1978), Hibbs (1994). Per lItalia, cfr. Visco (1998), incui si sostiene che in seguito alluscita della lira dallo SME nel settembre 1992, gli operatoriavrebbero mutato le loro attese circa la credibilit degli obiettivi disinflazionistici della BancadItalia e del governo. Tale mutamento, seguito dal sostanziale rispetto del programma di stabi-lizzazione da parte delle autorit, spiegherebbe lesistenza di un errore nelle aspettative dinfla-

    zione, e del conseguente elevato livello ex-post dei tassi dinteresse reali.24 Sulle conseguenze della compatibilit dei risultati empirici con un numero infinito di ipo-tesi possibili, e sulla conseguente possibilit di recupero delle vecchie ipotesi aggiornate, cfr.Friedman (1953).

    25 Che lillusione caratterizzi solo una parte degli operatori e non la totalit degli stessi lo sidesume da numerosi indizi provenienti dalla realt dei mercati finanziari. Ad esempio, nel cor-so dei periodi caratterizzati da forti aspettative di disinflazione le banche private hanno in gene-re erogato mutui vincolati a lungo termine, coprendoli per con lemissione di obbligazioni abreve. Cfr. Targetti suIl Sole 24ore del 30/4/1998, p. 17.

    26 Lidea che i comportamenti degli agenti possano fondarsi su modelli sbagliati, e che nonsussistano forze in grado di indurre una corretta revisione di quei modelli ogni volta che se nerilevino gli errori di previsione, entra naturalmente in contrasto con buona parte della letteraturacorrente. Il problema, tuttavia, stato ampiamente riconosciuto. Hahn (1984) in tal senso ha di-chiarato: ho posto in grande rilievo la differenza tra lambiente come viene percepito e lam-biente come in realt, ma quale sia la relazione tra i due non sembra essere molto noto, ilche, aggiunge Hahn, costituisce un limite fondamentale della teoria economica dominante. Lostesso Lucas (1986) ha dichiarato che il problema dellapprendimento da parte degli individuidelle caratteristiche del modello rappresentativo delleconomia rappresenta il limite principale,forse insuperabile, della moderna teoria economica. Il tema, comunque, apre questioni metodo-logiche sulle quali non pretendiamo di soffermarci. Ci limiteremo, pi semplicemente, a pro-porre una piccola evidenza a sostegno delle nostre ipotesi. Lassidua frequentazione degli ade-renti al Comitato per la modifica della legge 891/1986, sottoscrittori dei c.d. mutui prima ca-

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    Dopo questo breve accenno alle possibili determinanti degli errori di previ-sione e introiezione dellinflazione, ci soffermeremo ora sullidea che tali er-rori generino, in fase disinflazionistica, effetti redistributivi favorevoli ai cre-ditori. Infatti, lincapacit di prevedere linflazione futura al momento dellastipula dei contratti di prestito attiva quello che Tobin (1980) ha definito ef-fetto Fisher, e che pu in un certo senso esser considerato un fenomeno op-

    posto a quello, omonimo, descritto nel par. 2: lidea che variazioni inattesedei prezzi provocano cambiamenti nel valore reale dei debiti, originariamentefissati in termini nominali 27. Si comprende allora che la redistribuzione favo-revole ai creditori derivante dalla disinflazione dipende da un errore previsio-nale alla stipula dei contratti, confermato empiricamente dal rigetto della ipo-tesi di previsione perfetta. Ma la verifica empirica ha rivelato pure un ritardo

    di adeguamento dei tassi che, come osservato da Modigliani e Papademos,rafforza ulteriormente leffetto redistributivo protraendolo nel tempo28.

    La direzione degli effetti distributivi dipender dallandamento crescente odecrescente del tasso dinflazione: in particolare, i creditori sono avvantaggia-ti in caso di disinflazione, la quale, nel caso dellItalia, si verificata in misu-ra massiccia dal 1980 al 1985, e quasi senza interruzioni nel corso degli anni90 29. Quanto alla dimensione di tali effetti redistributivi, per avere unideadella loro rilevanza possiamo trarre spunto ancora una volta da Modigliani e

    sa, ha rafforzato in noi la convinzione che gli operatori non professionali tendono a sottoscri-vere contratti di debito trascurando aspetti essenziali degli stessi. Basti pensare al fatto che il

    carattere iniquo dei mutui sottoscritti stato da essi rilevato osservando il divario crescente,in fase disinflazionistica, tra il tasso ufficiale di sconto e i tassi fissi pagati sui mutui. Un feno-meno, questo, che costituisce solo il riflesso indiretto della causa principale, la caduta del tassodinflazione. A ci si aggiunga il fatto che non uno dei mutuatari da noi intervistati ha individu-ato nell'inflazione futura una variabile in grado di incidere sulla dinamica del reddito monetarioe quindi sulla sostenibilit dei rimborsi da effettuare. Senza pretendere di attribuire alle nostreinterviste informali alcuna validit generale, dalle stesse ci pare emerga che gli operatori nonprofessionali tendono a concentrarsi sui tassi dinteresse monetari e non su quelli reali, e chedifficilmente sottoscrivono i mutui disponendo di una chiara percezione degli eventi futuri edella loro incidenza sullonerosit dei debiti.

    27 Un contratto di debito non indicizzato prevede infatti il pagamento ad una data futura diuna somma fissa in termini nominali; somma che potr, in seguito a variazioni inattese deiprezzi, assumere al momento del rimborso valori reali che non erano stati previsti. Nel caso del-la disinflazione inattesa, in particolare, questa accrescer il valore reale dei debiti (capitale piinteressi) fissati in termini nominali, avvantaggiando cos i creditori. Cfr. Tobin (1980, p. 19), ilquale trae spunto da Fisher (1933). Per un approfondimento, ci permettiamo di rinviare anche aBrancaccio (1998, par. 2.3). A nostro avviso, tale definizione di effetto Fisher risulta pi corret-ta sul piano esegetico di quella citata nel par. 2. Per una rassegna sugli effetti dei contratti fissa-ti in termini nominali, e per una spiegazione delle ragioni che disincentivano il ricorso a con-tratti indicizzati, cfr. Fischer e Modigliani (1987).

    28 Modigliani e Papademos (1978, pp. 749-750).29 Cfr. IMF (1999).

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    Papademos, i quali affermano che, sotto date ipotesi 30, una variazione nonprevista del tasso dinflazione pari all1% provoca una redistribuzione dellaricchezza tra creditori e debitori pari all1% del valore totale delle attivit net-te 31. Ci significa che, se prendiamo come riferimento la ricchezza finanziarianetta delle sole famiglie registrata nel 1993 32, la riduzione di oltre un puntonel tasso dinflazione verificatasi tra il 1992 e 1993 (posto per semplicit chesia stata del tutto inattesa), avrebbe generato un effetto distributivo non infe-riore a 26.000 miliardi di lire, pari allincirca all1% del PIL. Ripetendo il cal-colo per il periodo che va dal 1992 al 1998 si scopre che, anche limitandolanalisi alleffetto redistributivo generato dagli errori nelle attese (cio senzaconsiderare i ritardi di aggiustamento), i creditori avrebbero goduto di un in-cremento nel valore reale della loro ricchezza netta allincirca pari al 5% del

    prodotto interno lordo. La stima, per quanto grossolana, rende a nostro avvisopalese la rilevanza delleffetto, e lopportunit di valutarne le implicazionisullevoluzione recente delleconomia italiana 33.

    5. Possibili nessi teorici tra redistribuzione e crescita

    Interpretati i risultati della stima in termini di errori di previsione e introie-zione della dinamica dei prezzi, e delineatone il possibile effetto redistributi-vo, si tratta ora di stabilire in che modo tale effetto possa incidere sullan-damento del prodotto. Sul piano teorico esiste una notevole variet di nessi, inletteratura, cui possibile rinviare. In unottica keynesiana si pu ad esempioritenere che la distribuzione favorevole ai creditori provochi un calo di spesaaggregata, in base allipotesi (avanzata da Fisher, 1933 e Keynes, 1923, e suc-cessivamente formalizzata da Tobin, 1980) che i debitori presentino una pro-

    pensione alla spesa superiore a quella dei creditori 34. Ci che ci preme in que-

    30 Che se rimosse, si badi, potrebbero anche amplificare leffetto. Ci riferiamo ad esempio

    allassunzione, che pare smentita dalla nostra verifica econometrica, che ex-post i contratti rie-scano sempre ad introiettare linflazione. Cfr. Modigliani e Papademos (1978, p. 749).

    31 Modigliani e Papademos (1978, p. 751). Cfr. anche Fischer e Modigliani (1987, pp.147-150).

    32 Pari a 2.657.111 miliardi di lire. Cfr. Banca dItalia (1993, appendice, p. 199).33 Non rientra negli scopi del presente lavoro esaminare gli effetti redistributivi finali della

    disinflazione. Il punto che liniziale effetto redistributivo attivato dalla variazione dei prezzipotrebbe sollecitare effetti a cascata su altre categorie di operatori. Giavazzi e Spaventa(1989) hanno sostenuto, ad esempio, che negli anni 80 le imprese indebitate avrebbero almenoin parte scaricato sui lavoratori dipendenti il costo della disinflazione, ottenendo ritmi di cresci-ta dei salari monetari inferiori allinflazione. Si pu ritenere che un fenomeno simile si sia veri-ficato anche durante gli anni 90, considerato che la politica dei redditi ha avuto tra i suoi prin-cipali obiettivi quello di contenere la dinamica salariale rispetto a quella dei prezzi.

    34 Per un approfondimento, ci permettiamo di rinviare a Brancaccio (1998).

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    sta sede, tuttavia, di mostrare che non indispensabile rinviare alla tradizio-nale letteratura keynesiana per sostenere lesistenza di una relazione teoricatra distribuzione favorevole ai creditori e rallentamento della crescita. A tal fi-ne apporteremo una leggera modifica ad un recente modello di ottimizzazionedinamica di Kiyotaki e Moore (1997). Si tratta di un modello sotto molti a-spetti rudimentale, che tratta di uneconomia produttrice di una sola mercenella quale operano due categorie di operatori, gli agricoltori e i racco-glitori 35. La struttura dellanalisi, tuttavia, ci permetter di mostrare un risul-tato teorico significativo, e cio che persino in un contesto di ottimizzazionedinamica possibile far emergere un nesso tra la distribuzione dai debitori aicreditori e la bassa crescita economica.

    Gli agricoltori sono dotati di una tecnica produttiva migliore, che consente

    loro di estrarre da un appezzamento di terra una quantit di mele superiore aquella che i raccoglitori sarebbero in grado di ricavare. Ci spinge gli agricol-tori a contrarre prestiti (garantiti dal valore della terra di cui essi gi dispon-gono) in modo da accrescere gli appezzamenti di loro propriet. I raccoglitori,dal canto loro, saranno disponibili a concedere prestiti entro i limiti del valoredelle garanzie. Agricoltori e raccoglitori si troveranno dunque dinanzi ai se-guenti problemi di ottimizzazione dinamica 36:

    Lobiettivo degli agricoltori di massimizzare la funzione37

    35 La presenza di agenti eterogenei finalizzata a rendere espliciti quei rapporti di credito e

    debito che nelle analisi basate sullipotesi di agente rappresentativo rimangono per definizionenellombra. Cfr. Walsh (1998, cap. 7, pp. 307-308).36 Ipotesi cruciale del modello (da cui scaturisce leterogeneit degli agenti) che la funzio-

    ne di produzione degli agricoltori sia lineare rispetto alla terra k, e che invece la tecnologia deiraccoglitori presenti rendimenti decrescenti di scala. Daltro canto, laddove gli agricoltori si ri-trovano in fase di raccolta con delle mele ammaccate (bruised fruit) non vendibili, i raccogli-tori sono in grado di vendere tutte le mele colte dagli alberi. Inoltre, dallipotesi di non sostitui-bilit degli agricoltori sulla terra da essi posseduta, e dalla particolare natura del contratto didebito stipulato (cfr. Kiyotaki e Moore, 1997, p. 217), deriva che i raccoglitori saranno dispostiad erogare credito a favore degli agricoltori esclusivamente entro i limiti del valore della terrafornita come garanzia collaterale. Da ci scaturisce limportante vincolo di credito (3). Ipotesisemplificatrici, non essenziali ai fini dei risultati del modello (cfr. Kiyotaki e Moore, 1997, p.217, nota 5), sono le preferenze lineari rispetto alle quantit x consumate, e i diversi fattori disconto e per agricoltori e raccoglitori (con

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    sotto i seguenti vincoli:

    tttttttt

    ttt

    ttt

    bakckxRbkkq

    kqRb

    kcakFy

    1111

    1

    1

    )()4(

    )3(

    )2(

    Lobiettivo dei raccoglitori, invece, di massimizzare:

    (1)

    0sst

    st xE

    sotto i vincoli:

    (2) tt kGy 1

    (4) ttttttt bkGxRbkkq 111

    Ponendo:

    e sapendo che in equilibrio di stato stazionario xt = ckt-1 38, dalla (3) con ilsegno di uguaglianza 39 e dalla (4) otteniamo 40:

    38 Gli autori dimostrano che il sentiero ottimo di consumo per gli agricoltori quello in cuiessi consumano solo loutput non vendibile e investono tutto il resto nellacquisto di terra. Cfr.Kiyotaki e Moore (1997, p. 220).

    39 Gli autori dimostrano che in equilibrio il vincolo (3) attivo. Cfr. Kiyotaki e Moore(1997, p. 219).

    40 Dalla (5) possibile rilevare unatipica relazione crescente tra il prezzo della terra q e ladomanda di terra da parte degli agricoltori k. Ad esempio, se qt e qt+1 aumentano dell1% (equindi ut aumenta dell1%), la conseguenza che kt aumenta anzich diminuire. La ragione che lusuale relazione inversa tra q e k pi che compensata dal fatto che se qt+1 aumenta il va-lore delle garanzie cresce e quindi il vincolo di credito (6) si allenta; inoltre, se qt aumenta il va-lore netto degli agricoltori (cio il termine tra parentesi quadre dellequazione (5)) aumenta equindi kt aumenta. Ricordiamo a tal proposito che gli agricoltori consumeranno in equilibrio

    0s

    sts

    t xE

    1 ttt q

    Rqu

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    ttt

    tttt

    t

    kqR

    b

    Rbkqau

    k

    1

    11

    1)6(

    1)5(

    e dalle (2) e (4) otteniamo 41:

    Lequilibrio di stato stazionario dato da 42:

    importante notare che tale equilibrio di second best dal momento chegli agricoltori (dotati in stato stazionario di una produttivit marginale mag-giore dei raccoglitori) non sono in grado di acquisire tutta la terra desiderata acausa dellesistenza del vincolo di credito (6). La conseguenza che ogni e-ventuale incremento nella dotazione di terra da parte degli agricoltori provo-cherebbe un aumento del prodotto di stato stazionario 43.

    A questo punto consideriamo la risposta del sistema a uno shock positivosul valore nominale dei debiti: la (6) di stato stazionario in versione aggregata

    solo le mele non vendibili e investiranno tutto il resto nellacquisto di terra (cfr. nota 38 pre-cedente).

    41 Dalla (7) si rileva che, contrariamente agli agricoltori, i raccoglitori non sono vincolati neiprestiti e quindi domandano terra fino ad eguagliare il prodotto marginale della stessa al costoopportunit (ut) derivante dalla detenzione della stessa.

    42 Luso delle lettere maiuscole sta ad indicare che si proceduto allaggregazione degli a-gricoltori e dei raccoglitori (Kiyotaki e Moore (1997) pongono pari a 1 il numero di agricoltorie ad m il numero di raccoglitori).

    43 Per una chiara rappresentazione grafica della relazione tra stock di terra posseduto da a-gricoltori e raccoglitori, e livello di produzione globale, cfr. Kiyotaki e Moore (1997, p. 223).

    tkGR

    )'('1

    )7(

    KR

    aB

    KKm

    GR

    auqR

    R

    1

    1'

    1

    1

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    diventa RB*=(1+)q*K*, con >0. Si tratta in sostanza di un espediente perintrodurre un fenomeno simile alleffetto Fisher in un modello senza moneta,il cui numerario rappresentato proprio dalle mele prodotte 44. Leffetto delloshock 45:

    Tale effetto negativo perch (dq/q*) negativo 46. La variazione dK/K del-la quantit di terra posseduta dagli agricoltori dunque negativa, il che signi-fica che uno shock positivo sul valore nominale dei debiti determina una ridu-

    zione del prodotto di stato stazionario. Un aspetto cruciale di tale risultato che, a fronte di uno shock temporaneo sul valore dei debiti, leffetto sul pro-dotto risulta permanente 47. A maggior ragione, si pu affermare che una se-quenza di shock positivi sul valore nominale dei debiti 48 provocher riduzionicumulate nel prodotto di stato stazionario, o quantomeno tender a frenarneleventuale crescita determinata da incrementi esogeni di produttivit.

    In definitiva, la modifica apportata al modello di Kiyotaki e Moore ci con-sente di affermare che anche in un contesto di ottimizzazione dinamica pos-sibile costruire relazioni logicamente fondate tra distribuzione favorevole aicreditori e calo del prodotto o del suo tasso di crescita. Un risultato, questo,che si aggiunge ai numerosi altri gi presenti in letteratura, e che contribuiscein linea di principio ad avvalorare i collegamenti da noi delineati tra disinfla-

    zione, redistribuzione e crescita.

    44 Leffetto Fisher descritto nel par. 4 si basa sul fatto che i debiti sono generalmente deno-minati in moneta, il che significa che se i prezzi in moneta delle merci dovessero modificarsi ilvalore in termini di merci dei debiti si modificherebbe a sua volta. In un modello senza monetatale fenomeno non pu verificarsi, e quindi per inserire nellanalisi qualcosa che somigli allef-fetto Fisher occorre necessariamente modificare in via diretta il valore nominale dei debiti (chepoi in tal caso coincide anche con il valore degli stessi in termini reali, cio di mele). Cfr. Kiyo-taki e Moore (1997, p. 228 nota 18). La necessit di ricorrere ad un simile espediente ad hoc ri-vela un limite tipico dei modelli reali, cio privi di moneta.

    45>0 lelasticit dellofferta residuale di terra agli agricoltori, rispetto a u*. Cfr. Kiyotakie Moore (1997, p. 225).

    46 Un aumento del valore nominale dei debiti riduce immediatamente la domanda di terra(cfr. equazione (5)) e quindi il suo prezzo scende.

    47 Kiyotaki e Moore (1997, p. 226). La ragione che in seguito allo shock iniziale si attivaun meccanismo cumulativo sul prezzo della terra, sulla capacit produttiva, e quindi sul redditonetto (usato a sua volta dagli agricoltori per investire in terra), che conduce ad un nuovo statostazionario caratterizzato da una quantit di terra posseduta dagli agricoltori diversa dallo statoprecente, e quindi anche da un livello di produzione aggregata diverso.

    48 Che corrisponde sostanzialmente a quanto pare sia avvenuto in Italia, in base alla stimaeconometrica del par. 3.

    1

    11

    Rq

    dq

    R

    R

    K

    dK

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    6. Conclusioni

    La presente analisi offre alcuni elementi a sostegno dellipotesi che un pro-lungato percorso di rientro dallinflazione possa portare con s, quale effettocollaterale, una redistribuzione favorevole ai creditori e un conseguente frenoalla crescita della produzione. Un fenomeno simile, riteniamo, potrebbe avereinfluito negativamente sul sentiero di crescita delleconomia italiana negli ul-timi anni, costituendo pertanto una chiave di lettura complementare dei pro-

    blemi di rallentamento dello sviluppo cos ampiamente dibattuti in sede politi-ca 49.

    Se ad un esame pi approfondito i nessi logici tra errori di previsione e in-troiezione della dinamica dei prezzi, redistribuzione e andamento del prodotto

    trovassero ulteriori conferme, vi sarebbero buone ragioni per invocare una ret-tifica dellidea (entrata forse troppo acriticamente nella storiografia della poli-tica economica nazionale) in base alla quale la disinflazione avrebbe esclusi-vamente rappresentato il premio per i sacrifici sostenuti dalla collettivit nelcorso degli ultimi anni.

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    49 A fronte del consueto confronto con la flessibilit del mercato del lavoro americano, si po-trebbe alternativamente proporre unanalisi comparata con gli Stati Uniti basata sulla strutturadel debito e sui connessi fenomeni distributivi tra creditori e debitori. In tal senso si potrebbetentare di verificare la seguente considerazione: che la migliore performance del Pil USA neglianni 90 sia dipesa anche dal fatto che negli Stati Uniti leffetto distributivo favorevole ai credi-tori sia stato meno marcato a causa di un processo disinflazionistico pi rapido (la c.d. docciafredda dei primi anni 80), di un forte e vantaggioso indebitamento verso lestero, di una politi-ca monetaria tendenzialmente espansiva, nonch di una maggiore capacit dei mercati di intro-iettare linflazione (cfr. Mishkin, 1984, p. 285).

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    Tobin J. (1989),Moneta, crescita e scelte di portafoglio,Il Mulino, Bologna.Visco I. (1998), Politica monetaria e inflazione in Italia, 1994-1996,dicembre. Paper presenta-

    to al CORIPE Piemonte, Moncalieri (TO) il giorno 19 marzo 1999.Walsh C.E. (1998),Monetary Theory and Policy,MIT Press, Cambridge Mass.

    Abstract

    The prolonged Italian disinflation ended in 1997 has often been considered as a sort ofprize for collective sacrifices. We provide a different view on disinflation, based on theanalysis of the redistributive phenomena and the slow growth that it may provoke. From the re-sults of a VAR analysis we derive some empirical support to the assumption that agents are notalways able to predict the inflation rate. Then, we provide some theoretical foundations to theidea that unexpected disinflation redistributes income from debtors to creditors and, by thisway, could inhibit the growth rate of the economy. From this point of view, disinflation can beconsidered as a cause of collective sacrifices instead of a prize for them.

    JEL Classification System: Price level, Inflation, Deflation E31; Determination of InterestRates E43; Distribution D30

    Universit degli Studi di Napoli Federico II, e-mail: [email protected]; Duke University (Dur-ham, NC - USA), e-mail: [email protected].

    (Testo definitivo pervenuto nel novembre 2002)