Braccesi_L' Enigma Dorieo

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Università di Padova Dipartimento di Scienze dell'Antichità

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Università di Padova Dipartimento di Scienze dell'Antichità

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Hesperia

comitato consultivo

D. BRIQUEL (París), A. C. CASSIO (Napoli), M. L. LAZZARINI (Roma), D. MUSTI (Roma)

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HESPERIA, 11

STUDI SULLA GRECITÀ DI OCCIDENTE

a cura di LORENZO BRACCESI

L'enisma Dorieo di

LORENZO BRACCESI

«UERMA» di BRETSCHNEIDER

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Hesperia, 11 LORENZO BRACCESI

Uenigma Dorieo

© Copyright 1999 «L'ERMA» di BRETSCHNEIDER Via Cassiodoro, 19 - Roma

Tutti i diritti riservati. E vietata la riproduzione di testi e illustrazioni senza il permesso scritto dell'Editore.

Hesperia : studi sulla grecità di Occidente / a cura di Lorenzo Braccesi. - Roma : «L'ERMA» di BRETSCHNEIDER. - v. ; 25 cm.

11 : L'enigma Dorieo / di Lorenzo Braccesi. - Roma : «L'ERMA» di BRETSCHNEIDER, 1999. - 96 p. ; 24 cm. - Neirocchietto: Università di Padova, Dipartimento di scienze dell'antichità ISBN 88-8265-063-4

CDD 20. 938,03 1. Grecia antica - Sec. 6. a.C. 2. Dorieo I. Braccesi, Lorenzo

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SOMMAiaO

9 PREMESSA

11 I - UN PERSONAGGIO DA RISCOPRIRE

11 1. II re mancato II 2. La tradizione storiografica 15 3. L'awentura coloniaria

19 II - LA COLONIA IN LIBIA 19 1. II problema della cronología 20 2. Dalla Grande alla PJccola Sirte 22 3. Prima proposta di interpretazione (l'oracolo di Delfi) 22 4. Seconda proposta di interpretazione (l'oracolo di Ammone) 24 5. La duplice concluslone 25 6. Círene e il movente coloniarío

31 III - L'INTERVENTO CONTRO SiBARI 31 1. Dorieo e Filippo 33 2. Sparta e i tiranni 37 3. Ancora su Cirene

39 IV - LA COLONIA IN SICILIA

39 1. Dorieo ed Eracle 42 2. Eraclea di Sicilia 45 3. L'awentura di Eurileonte 47 4. Il sepulcro di Filippo

49 V - GELONE E DORIEO 49 1. La guerra per gli empori 51 2. Il problema delle fonti 53 3. L'interferenza spartana 55 4. La trama deglí eventl

59 VI - FRA ORIENTE E OCCIDENTE 59 1. L'intesa fra Persia e Cartagine 61 2. Dario e Cartagine 65 3. Fra oriente e occidente

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69 VII - LA MASCHERA DI MENELAO, A TUTTO CAMPO

69 1. La testimonianza di Licofrone 71 2. La sovrapposizione di immagine 73 3. L'isola delI'Elba

77 vni - MORIRé PER LA PATRIA 77 1. Il monumento ai compagni di Dorieo 78 2. Eurileonte e il monumento ai compagni di Dorieo 80 3. Areo I, Eurileonte e il monumento ai compagni di Dorieo

83 CARTINE

91 INDICI

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PREMESSA

Era forse fatale che I'autore di un libro su Cleonimo finisse per approdare a Dorieo, per innata propensione sia alia valorizzazione di vicende personali sia a microstorie di ámbito lacedemone. Entrambi - Dorieo e Cleonimo - sono nativi di Sparta, entrambi sono re mancati, entrambi sono protagonisti di vicen- de fallite, entrambi sono vissuti sul crínale di due epoche sconvolte dall'affer- marsi di nuovi equilibri politici in ámbito mediterráneo. L'uno opera sull'e- stremo tramontare dell'età arcaica, quando I'impero di Persia si afferma come unica superpotenza, dalla Cirenaica alla Ionia, dalla Nilotide alia Tracia; I'altro nel primo divenire dell'età ellenistíca, quando I'impero di Alessandro si frantu- ma in grandi monarcati regionali. L'uno, inoltre, anticipa la stagione della lotta contro il bárbaro; I'altro inaugura quella delle avventure personali destínate a sbalzare awenturieri o principi cadetti sul proscenio della storia e, talora, anche su troni più o meno precarí. Ciononostante, diversissime sono le loro persona- lita, le loro avventure, le loro mire espansionistiche, le loro interrelazioni con la patria comune.

Ma veniamo al protagonista di questo libro, Dorieo. Egli, nel divenire della ricerca, assume una dimensione sempre più esclusiva e totalizzante. Opera in Libia, in Italia e in Sicilia. II suo teatro di azione è si triplice; ma in queste regio- ni non è il protagonista di tre avventure separate fra loro, come troppo spesso e troppo frettolosamente ha concluso la critica; bensí di tre spedizioni mñitarí, e solo subordinatamente colonial!, che rispondono tutte a una medesima lógi- ca e traggono tutte awio da un medesimo progetto politico. In una ricerca del genere Íl rischio, sempre in agguato, è quello del teorema precostituíto; ma il lettore che accetti le premesse metodologiche di questo libro non potra non giustificare la nécessita dell'operare entro un paradigma indiziario. Che, comunque, esalta, e mal forza, i dati a nostra disposizione. Solo tre, semplici e linean, sono peraltro le idee di forza da cui muove la ricerca. La constatazione di una coincidenza di intenti fra le spedizioni di Dorieo e le direttrici maestre della política di Sparta. La constatazione di una correlazione cronológica fra

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I'awentura africana di Dorieo e l'annessione della Cirenaica, e forse della stes- sa costa della Sirte, all'impero del Gran Re. La constatazione di una perfetta sincronicità fra l'approdo di Dorieo in Sicilia e il più antico protocollo diplo- mático, con clausole anti-elleníche, richíesto dalla Persia a Cartagine.

L'obiettivo dell'indagine è complesso e intricate, ma mi auguro che 11 libro risulti chiaro e convincente. Per facilitarne la lettura sonó ricorso all'artificio di riferire ed evidenziare, anche più volte, la medesima fonte se pervasa da valen- ze documentarle, o esaminata su livelli discordi, o interrógala in ottiche mute- voli. Il libro, in una parola, mira all'essenzialità del messaggio e alla facilita della comunicazione. Mi dira il lettore se ho saputo cogliere nel segno. Comunque, per non tediarlo, ho limitato di proposito alio strettissimo necessario l'appara- to dei riferimenti bibliografíci, che troppo spesso diventa malvezzo o ingombro erudito. Alessandra e Benedetta e Flavio hanno riletto queste pagine; li ringra- zio con l'amicizia di sempre.

Lorenzo Braccesi

Lido di Venezia, 6 gennaio 1999

La presente monografía rientra nell'ambito temático di una ricerca interuniversitaria (con fínanziamento MURST) su "La colonizzazíone antíca e le sue aree periferiche".

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CAPITOLO I

UN PERSONAGGIO DA RISCOPRIRE

1. ILREMANCATO

Nasce bene Dorieo, il protagonista délia nostra storia. E figlio di Anassandrida re di Sparta, è fratellastro del suo successore Cleomene, è fratello di Leonida, che a sua volta diventera sovrano. Riferendo i casi di quest'ultimo, che morirá alle Termopili nel 480, è Erodoto (7, 204) stesso che ci ricorda, non senza compiacimento, l'altisonante albero genealógico di famiglia che, per entrambi i rami dinastid dei diarchi di Sparta, muove da Eracle. E dunque Dorieo:

fíglio di Anassandrida, figlio di Leone, figlio di Euricratide, figlio di Anassandro, fíglio di Euricrate, figlio di Polidoro, figlio di Alcamene, figlio di Teleclo, fíglio dí Archelao, fíglio dí Egesíla, figlio di Dorisso, fíglio di Leobote, fíglio di Echestrato, fíglio di Egi, fíglio di Euristene, fíglio di Aristodemo, fíglio di Aristomaco, fíglio di Cleodeo, fíglio di Illo, fíglio di Eracle [TOú 'HpaKXçoçJ.

Tale dunque il suo bíglietto da visita. Ma Dorieo è qualcosa di piCi di un príncipe cadetto. È un re mancato; anzi per due volte máncate.

La prima volta, in cui manca l'appuntamento con il trono, è perché Íl regno gli è sottratto dal fratellastro Cleomene a seguito di vicende davvero singolari. Suo padre, il re spartano Anassandrída, aveva una moglie da luí molto amata, ma in apparenza sterile. Gli efori allora gli consigliano di ripudiarla nell'inte- resse della città e di unirsi con una donna féconda. Egli al primo momento rifíu- ta sdegnato, ma poi, alla loro reiterata insistenza, accetta di prendere una secon- da moglie, senza pero ripudiare la prima. Cosi egli, unico tra i re di Sparta, vive in stato di bigamia. La seconda moglie dà subito alla luce Cleomene; ma poco appresso, del tutto inaspettatamente, anche la prima consorte dimostra di non essere sterile, partorendo prima Dorieo e quindi Leonida e Cleombroto, forse tra loro gemelli. Anassandrida, che non aveva eredi, sí ritrova dunque con quat- tro figli, dei quali due primogeniti: Cleomene e Dorieo. L'uno non sarebbe

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12 LOIÍENZO BHACXIES;

stato sano di mente; mentre l'altro, Dorieo, era ritenuto "il primo fra tutti i coetanei". Reputazione che l'aveva indotto a convincersi che avrebbe ereditato lo scettro paterno. Ma, morto il re Anassandrida, gli Spartani "seguendo la legge" lo assegnano a Cleomene per primogenitura assoluta. Al che Dorieo, non tollerando di essere sottoposto al fratello, sceglie sdegnato la via dell'av- ventura. II tutto ci è narrato da Erodoto (5, 40, 2. 41, 1. 41, 3, 42, 1-2) che ci immette in media res rlferendo le parole degli efori:

"Non ti chiediamo dunque il ripudio della donna che hai; a questa continua a dare tutto ció che dai ora, e prenditi un'altra moglie che ti dia fígli". Anassandrida dette retta a quanti dicevano all'incirca cosí e in seguito, avendo due mogü, abitava due nuclei familiari comportandosl in modo per nulla spartano.

Trascorso non moho tempo, la moglie venuta poi dà alla luce Cleomene, Dava cosí un re come succcssore agíi Spartiati; mentre, al contempo, la prima moglie, sterile in precedenaa, finalmente concepî proprio ailora per una fortuita conci- denza. [...] Come partort Dorieo, subito partori anche Leonida e subito dope Cleombroto; ma alcuni dicono che Cleombroto e Leonida fossero gemelli.

Ailora Cleomene, come si racconta, non era sano di mente, ma un po' distúrbalo, mentre Dorieo era il primo fra tutti i coetanei e sapeva bene che avrebbe avuto il regno per il suo valore [f|V Ttov fjXÍKwu Trái/Tcou irptJToc, eu re fimoTaro KQT'

avopaYaOLfiu QùTOç axiiotij^* TT\V ßaatXTiLrii']. In questo modo, pensando cosí, dopo che Anassandrida mon, e i Lacedemoni seguendo la legge fecero re il più anziano Cleomene, Dorieo sdegnato, e non ritenendo giusto di essere govemato da Cleomene, chiese degli uomini agü Spartiati e li condusse a fondare una colonia [...].

Dorieo, che è il primogénito della prima moglie di Anassandrida, deve cosï cederé il passo al primogénito in senso assoluto, anche se fíglio della seconda moglie del re.

La seconda volta, in cui manca l'appuntamento con ü trono, è perché è già morto, proprio per avere corso l'awentura, allorché il fratellastro re, Cleomene, decede a sua volta senza eredi, lasciando lo scettro alia discendenza di primo letto di Anassandrida: quindi, morto Dorieo, a Leonida. EspUcita nuevamente la testimonianza di Erodoto (5, 48), che sottolinea per il 're mancato' l'occasio- ne perduta in un luogo permeato da coloriture etiche insite nella sua rÍflessÍo- ne storiografica; sonó gli uomini, infatti, che, cedendo ÁYhybris^, costruiscono la propria rovina:

Sempre imprescindibili, per vivadla di pensiero, le pagine di C. DEL GRANDE, Hy^m, Napoli 1947, passim.

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UN PEUSONAGGIO DA KISCOPIíHíE

In questo modo era morte Dorieo. Se invece egli avesse accettalo come proprio re Cleomene, e fosse rimaste in patria, sarebbe divenuto re di Sparta [eßaaiXeuae äi' AaKeSatixoTOç]. Infatti non regnó a lungo Cleomene e morí senza figli maschi, lasciande una sola figlia di nome Gorgö.

2. LA TRADIZIONE STORIOGRAFICA

Se Dorieo, cedendo oR'hyhm, costruisce la propria rovina, la sua vicenda sto- rica, a buon diritto, puo costituire un capitolo di quella lettura trasversale' deile histonat erodotee ehe riguardano i Hmiti dell'uomo di fronte al divino^. Esempio insuperato, a livello storico, ne è costituito dai libri relativi alle guerre persiane e alla hybrts del Gran Re Serse, violatore dei limiti di egemonia assegnatigli dalla natural Né è da escludere che Erodoto, scrivendo di Dorieo, pensi già al conflit- to contre il bárbaro gíacché - lo diremo - la narrazione délie sue vicissitudini lo porta per la prima volta a riflettere sul grande tema del duello fra Greci, Persian: e Cartaginesi. Se Dorieo né diventa re né ecista fortunate di città sul confine col bárbaro, in Africa e in Sicilia, è perché pecca di hybris. Ma, se è descritto quaJe tracotante verso la sorte, o privo di pietà verso gil dèi, cio significa che la tradizio- ne cui attinge Erodoto (5, 39-48) non gli è, o non gli è sempre, favorevole.

Ma quale la fonte, o le fonti, cui attinge lo storico? La critica'' si è invano logo- rata nel domandarsi cui si riferisca il "corne si racconta" con il quale Erodoto (5, 42,1) - corne abbiamo visto - introduce la narrazione délia digressione su Dorieo:

Allora Cleomene, corne si racconta [lo? XeyeTai], non era sano di mente, ma un po' disturbato, mentre Dorieo era il primo fra tutti i coetanei e sapeva bene che avrebbe avuto il regno per il suo valore.

L'azione di Dorieo intéressa più teatri di azione. Dove dunque ancorare il "come si racconta"? A Sparta, a Delfi, a Cirene, in Italia, in Sicilia? Il racconto erodoteo nasce si da una digressione sulla successione dinástica a Sparta; ma poi coinvolge sia Delfi (per máncate o dísattese consultazioni oracolari), sia Cirene (per la colonia di Cinipe presso la Sirte), sia Sibari (per la partecipazio- ne alia sua distruzione), sia Crotone (per l'alleanza and-síbarita), sia, infine, la

2 COSí giustamence S. DE VIDO, GliElimi, Slorie di contatti e di rappresentazioni. Pisa 1997, 177. ' Vd., sempre degne di rispetto, le considerazioní di G. NCNCI, ¡ntroduzione alie guerre persiane e altri

saggi di storia antica. Pisa 1958, 60 ss. •'GiàdaR.W, MACAU, Herodotus, The Fourth. Fifth and Sixth Books, London -New York 1895, 183. Vd.

orn, con esaurience informazione, V. KRINC;S, Carthage el les Grecs, c. 580-480 av. J.-C, Leiden • Boston - Köb 1998, 161 SS.

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l^ LORENZO BRAœESI

Sicilia elima (per la fondazione di Eraclea presso Erice). Dove dunque ancora- re il "come si racconta", l'wç Xeyerai? La critica^ troppo spesso privilegia uni- vocamente o una fonte spartana o una fonte occidentale, turina o elima. Ma è assai probabile che le tradizioni, cui attinge, siano due"^. Una lacedemone, inte- ressata alia spinosissima questione dinástica che favorisée Cleomene ai danni di Dorieo^, nonché pronta a registrare la lacerazione profonda che allora turba il mondo spartiate. Una occidentale, da ricercare preferibilmente in Turi, dove Erodoto per più dati documentari poteva uniformarsi al canone deil'autopsia^, anziehe in Atene. Qui, infatti, avrebbe si potuto attingere a notizie 'elime' per tramite della symmachía che la città aveva contratto con Segesta', ma solo lad- dove se ne accetti l'improbabile, e oggi quasi improponibile, datazione alta"*.

Comunque sia, radicatissima nel mondo greco di occidente è la tradizione relativa alia morte di Dorieo, caduto in Sicilia combatiendo centro il bárbaro elimo e fenicio, se Erodoto (7, 158, 1-2), per bocea di Gelone, puo alludervi lapidariamente, in rápida ed efficacissima toccata e fuga, quasi accennasse all'e- vento di un'epopea gloriosa già entrata nella coscienza collettiva:

"Uomini di Grecia, con parole arroganti avete osato invitarmi ad allearmi con voi contro il bárbaro. Ma voi stessi, quando io, tempo fa [...] vi scongiuravo di vendica- re la morte di Dorieo, figlio di Anassandrida, ucciso dai Segestani [TöV Awpieoc TOù

'Ai'aÇai^Spi&ew irpós'EyeaTaiiou' ^àvov eKTrpriCaaOai], voi non veniste a portarmi aiuto né per riguardo a me né per vendicare l'uccisione di Dorieo".

Abbiamo detto che la fonte lacedemone di Erodoto registra anche la lacera- zione profonda che turba Íl mondo spartiate a seguito della contesa dinástica che segue alla morte del re Anassandrida. Se cosÍ non fosse, Erodoto (5,46,1) non regi- strerebbe il nome di ben quattro spartiati mossisi al seguito di Dorieo: Tessalo, Parebate, Celea ed Eurileonte. Nulla sa, invece, lo storico di un monumento com- memorative loro eretto in Sparta, e testimoniatoci da Pausania (3,16,4-5), perché la sua fonte lacedemone è interessata solo a vicende anteriori alla sua erezione, da

' Lo status quacstionis è riassuntoda DE VIDO, GliElimi, cit., 172 ss. e da KRINGS, loc. cit., aile qualÎ rimandiamo per document azi one (con l'aggiunta di G. MAFODDA, LU monarchia di Gelone Ira pragmatismo ideoíogia e propaganda, Messina 1996, 46 ss.).

^ COSí, con equilibrio, Dc VlDü, loc. cit. ^ Vd. in particolare, per un inquadramento del problema, P. CAIíLIEH, La royauté en Grèce avant

Alexandre, Strasbourg 1984, 240 ss. ** COSí già F. JACOBY. S.V. Herodoios, in "RE", suppl. 2, 1913, 205-520, part. 438 s. Vd. ora, per un

aggiornamento di prospettiva, M. GlANCiULlo, Ricerche su Crotone arcaica, Pisa 1989, 192 ss. '•' COSí NCNCI, in Erodoto, LeSlorie, Libro V, Milano 1995, 222. '" I termini del problema sono ora lucidamente ríproposti all'atlenzione da F. RAVIOLA, Tucidide e

Segesta. in Hesperia. 5, 1995, 75-119.

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UN PCIÎSONAGGIO DA líISCOI'KIIÍC 15

riferire - corne diremo - all'età che segue alla seconda guerra persiana. Questo, délia componente Spartiate al seguito di Dorieo, è comunque elemento da non sottova- lutare. Non solamente ci testimonia la lacerazione che divide il mondo Spartiate per la contesa fra Cleomene e DorÎeo, ma ci dice un qualcosa di più: che, cioè, i'im- presa di quest'ultimo non puô essere declassata a fatto personale, scisso da anco- raggi politici dalle direttive di Sparta. Infatti, proprio la presenza, con lui, dî cosî numerosi spartiati conferisce una sorta di legittimità 'statale' alla sua awentura.

Abbiamo detto che la fonte occidentale di Erodoto è turina, anziehe atti- ca. Se cosi non fosse, se - con veicolazione ateniese - lo storico avesse risenti- to di informazioni elime, avrebbe menzionato la fondazione e la distruzione di Eraclea, la città fondata da Dorieo in terra di Sicilia. Delia quäle, invece, siamo únicamente informati da Diodoro (4, 23, 3), che, dipendendo da Timeo, riferisce la tradizione più accreditata in ámbito siceliota: quella, cioè, elaboratasi in età successiva, che la vuele distrutta da un armata púnica per- ché, "ingranditasi questa rápidamente", veniva a costituire un'insidia per la stessa Cartagine.

Queste le fonti, o le informazioni, in nostro possesso sull'awentura di Dorieo. Alie quali è da aggiungere ancora un'importantissima testimonianza di Trogo-Giustino (19, 1,9), dove pero la menzione di Dorieo è stata sostituita da quella del fratello Leonida. Ma l'occultamento di immagine, che riconduce all'importante scenario familiäre, non è da imputare al fatto che, a posteriori, il nome di Leonida, caduto eroicamente alie Termopili, avrebbe conferito più lustro all'episodio riferito da Trogo-Giustino'^, bensí - e lo vedremo - a un banale errore nella trasmissione della notizia.

3. L'AVVENTURA COLONÎARIA

Dorieo tenta per due volte l'avventura dell'insediamento coloniario, in Africa e in Sicilia. Apparentemente, soprattutto ín Sicilia, si mueve rispettando tutte le procedure topiche, richieste da una consolidata tradizione: parte da una metrópoli che lo designa quale ecista, guida compagni disposti a insediarsi in una nuova patria, dispone di una giustificazione mítica per insediarsi là dove si insedia, consulta l'oracolo deifico anche se con procedura Ín effetti inusuale'^. Ciononostante, l'impresa di Dorieo è anómala: si segnala per singolarita e si

11 COSí ora KuiNCS, Carthage, cit.. 186 s. '^ Vd., in margine alia partcnza del colonizzatore. F. TlíOTTA, Lasciûre h maärepatria per fondare una

colonia, Tre cscmpi nclla storia äiSparta, in Idea e reaîtà dclvtaggio, U viaggio ttel mondo aniico, a cura di G. Camassa c S. Fasce, Genova 1991. 37-66.

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l^ LORENZO BKACCESI

arricchisce di contenuti nuovi e peculiari. La crítica'^ ha giustamente rilevato come Dorieo, nella pagina di Erodoto (5, 43), interroghi I'oracolo deifico più da conquistatore che da colonizzatore; gli demanda, infatti, esplicitamente:

se avrebbe conquístalo la regione verso la quäle si dirigeva [et alpéei ¿TT' r[v aréWeTQL x^'Jpn^']•

È il ricorso al verbo aipéco che implica scopertamente l'ídea della con- quista. E questo, nel testo di Erodoto (6,76), lo stesso verbo usato dal mede- simo oracolo per prédire al re Cleomene che "avrebbe conquistato Argo: cioè ['Apyoç aípriaeLu. Se la conclusione è sensata, possiamo ancora rilevare che, per connotare la colonizzazione di Dorieo, la pagina erodotea non solo usa, ma anche abusa, del verbo aípéco. Sempre nel medesimo contesto (5, 43), riferendosi a "Eraclea di Sicilia" la Pizia gli vaticina "che l'avrebbe conquista- ta": cioè XP9 alpTÍaeiu. Poco più avanti (5, 45, 1) i Sibariti imputano la sconfit- ta di Dorieo al fatto che egli ha trasgredito "i precetti" dell'oracolo; se non li avesse disattesi, "avrebbe conquistato" un luego dove insediarsi in Sicilia e "dopo averio conquistato" l'avrebbe saldamente dominate: cioè elXe äv rry

L'idea della conquista si spiega nella particolare temperie del memento, che vede, sull'estremo declinare del VI secólo, tutte le scacchiere mediterrá- neo in fase di lente assestamente, alia ricerca di rinnovati equilibri politici e diplomatici, dope il terremoto violento nelle relazioni interstataU provócate, da Cirene all'Ellesponto, dal consoÜdamento dell'impero persiano. La criti- ca^^ ha esservate come le rotte percerse da Dorieo siano le medesime che ci attestano la maggiore concentrazione di cerámica lacónica. È un date signifi- cativo, sul quale è bene rifiettere, anche se metodológicamente è prudente non assumere i grafici di distribuzione della cerámica come soli indicatori di interessi politici e commerciali. Dorieo viaggia dunque suUe rotte di esporta- ziene del manufatto lacónico! Se il dato non è casuale, cosa significa? Significa che aU'interne di Sparta, di sólito poco incline a una politica com- merciale, esísteva un'aristocrazia in grade di convogliare spinte espansionisti- che verso l'esterno, dove indubbiamente ricettivo era il terreno per acco- glierle". Ció è giuste, ma non sufficiente; esisteva in Sparta, come diremo, un

" COSí I. MMK\N, Religion ûtid Colonizíttion in Ancient Greea\heiden - New York 1987,80 (vd. ID., MyiA and Territory in the Spartan Mediterranean, Cambridge 1994. 194), ora seguito da KlilNCls. Carthage, cit., 172 s.

I** Vd. M. NAFISSI, A propasito degli Aigheidai: grandi ghétie ed empori net rapporti Sparta-Cirene, "AFLPer", 18, 1980/81, 184-213, nonché ID., Baltiadi ed Aigheidai: per la sloria dei rapporti ira Orene e Sparta in età arcaica, in Cyrenaica in Antiejuity, edited by G. Barker -J. Lloyd -J. Reynols, Oxford 1985, 375-386.

" È questa la prospettiva suggerita da DE VIDO, Gli Elimi, cit., 180.

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UN PEUSONAGGIO DA RISCOPKIUC 17

preciso progetto politico che mirava, in regioni transmarine, a trasformare la via del commercio in via del diretto espansionismo politico. Disegno che maturava in parallele al dilatarsi degli obiettivi politici e accentratori della Lega Peloponnesiaca e al dissolversi, per la violenta intrusione persiana, del tradizionale quadro di riferimento internazionale.

Di qui la trasformazione delí'ímpresa di Dorieo in operazione di conqui- sta. È la sua l'ultima impresa coloniaria in terra di occidente, e muove dall'i- stanza di salvaguardare in questa area un primate, o comunque uno spazio, al commercio spartano. II quale, ora, puó essere tutelato solo da una política di forza e da un'intromissione violenta in regioni transmarine. Negli ultimi due decenni del VI secólo, lo scenario mediterráneo muta in fretta, ed è - come dire- mo - in questo periodo che matura, ai danni del mondo greco, la prima intesa fra la Persia e Cartagine. II sacrificio di Leonida alie Termopili non è che l'epi- logo di una política statale e familiäre e dinástica che già aveva visto soccom- bente suo frateUo Dorieo in terra di Sicilia. L'uno mucre combattendo contro il Gran Re Serse, che ai danni della grecità agisce in accorde con Cartagine; l'al- tre, Dorieo, cade sí sconfítte da forze locali, elime e fenicie, ma perché, ai suoi danni, si concreta, un'intesa púnico-persiana che è sollecitata dal Gran Re Dario. Se dell'uno è vendicatore l'ateniese Temistocle trionfatore sui Persiani a Salamina; dell'altro, non a caso, è erede e vendicatore il siracusano Gelone vin- citore dei Cartaginesi a Imera.

Tale, in fondo, la chiave di lettura effertaci da un'attenta, prevecateria, ma non spericolata, riconsiderazione di tutto Tenigma Dorieo'. La quale ci consen- te per la prima volta di dare risposta, e cemunque soluzione unitaria, ai troppi interrogativi che gravane sulla vicenda del principe spartano. Egli ha si per anta- gonista l'elemento fenicio-punice, cosí in Africa come in Sicilia, ma non dobbia- mo dimenticare che, nella pagina di Erodoto, la narrazione della sua vicenda è inserita all'intemo di uno scenario antipersiano. Qui incuba e matura, interrom- pendo la trattazione degli eventi della rivolta iónica con una digressione 'lacede- mone' che è motivata dal ricordo dell'arrivo a Sparta di Aristagora di Mileto, qui giunto per sollecitare, proprio contro la Persia, l'intervento del re Cleomene.

Un'ultima osservazione, di fatto conclusiva. Come siamo usi affermare che Sparta non ha avuto vistosi interessi di respiro transmarino, cosi, a maggiore ragione, siamo solÍtÍ asserire che non ha mai esercitato alcuna egemonia sui mari. Dato, quest'ultimo, di fatto incontestabile. Ma Sparta, molto sbalorditi- vamente, è inclusa dalla tradizione nella Usta delle talassocrazie'^. Precisamente per soli 'due anni' da datare nel biennio 518-17. E questo il minore lasso di

'*' Documentazione e completa discussione del problema in M. Miller, The Thalassocracies, Studies in Chronography, 2, New York 1971, 32 ss, 72 s.

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1§ LORENZO BHACœSI

tempo 'talassocratico' registrato in tutta la lista, su un arco temporale di sette- centodue anni che annovera diciannove popoli, storici e leggendari, greci e bar- ban. Un elemento singolare, che, per noi, diventa ancora più significativo se consideriamo che il biennio di talassocrazia spartana anticipa di soli due anni la data sólitamente fissata per la prima spedizione coloniaria dï Dorieo: cioè il 515 ca. Cosa concludere? Che, appunto, la sua spedizione mirava a consolidare, per Sparta, una posizione di primato marittimo appena conquistara e in qualche misura documentataci dall'espansionismo del manufatto lacónico; resa pero precaria dalle turbativa di un quadro internazionale in assestamento ai danni della grecità. La quaíe, a oriente come a occidente, è soffocata nella morsa di superpotenze, la Persia e Cartagine, che hanno comunanza di interessi anti-elle- nici sia nella determinazione di nuovi spazi di conquista sia nella definizione di nuovi equilibri mediterránea

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Capitulo II

LA COLONIA IN LIBIA

L II PROBLEMA DELLA CRONOLOGíA

L'intera impalcatura cronológica relativa alie awenture coloniaríe di Dorieo si rivela estremamente sfuggente; in modo particolare dibattuta è la datazione della sua prima spedizione ín terra di Libia. Ma un elemento di rÜie- vo, se non per risolvere, almeno per circoscrivere il problema, ci viene da un'at- tenta rilettura di Erodoto. II quale (5, 47), in un luogo scandaglíatissimo dalla critica, ma trascurato per le sue implicazioni cronologiche, ci ricorda che com- pagno di Dorieo, tanto in Libia quanto in Sicilia, fu Filippo figlio di Butacide, aristocrático crotoníate e atleta olí'mpionico:

Seguí Dorieo e mori con lui Filippo di Butacide, uomo di Crotone, che, per essersi fídanzato con !a figlia di Teíi di Sibari, fu costretto a fuggire da Crotone. Poi, deluso nelia sua aspeCtativa di nozze, se ne ando navigando a Cirene [¿9 KupriiTji'] e quindi, muovendo di là, seguí la spedizione con una trireme propria e mantenendo egli stesso uomini al seguito [eK raúrric Ôè óp^iClJ^ievoç mn^éairç- TO OíKTILT) Tç Tpiripeí KOL olKT|ír) aubpdv ba-návq], lui che era un vincitore a Olimpia ['0\i|nTLüWÍKr|s] e il più bello dei Greci del suo tempo. Per la sua bel- lezza, infatti, ricevette onoranze dai Segestani quali nessuno altro mai: sulla sua tomba questi, avendo costruito un tempietío, fanno sacrifiai propiziatori.

Filippo - lo vedremo - morirá con Dorieo in terra di Sicilia. La noüzia del suo esilio ci proietta nel clima delle estilita fra Crotone e Sibari che precede Íl grande scontro fra le due città di Magna Grecia'. Filippo paga con l'esilio i suoi rappor- U con Teli, tiranno di Sibari, che certo si era riproposto, dandogli in sposa la figlia, di acquisire un alicato potente in ámbito crotoníate. Ma i concittadini di Filippo

COSí anche G. NENCI, in Erodoto, LeSiohc, Libro V, Milano 1995, 22L

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20 LoiîENZo BRACCESI

non gradiscono le sue 'aperture' sibarite e lo esiliano. Il che provoca anche il nau- fragio deile sue nozze, poiché, corne prófugo, non è più né uno sposo idóneo per la figlia del tiranno né, politicamente, un utile referente per quest'ultimo^. Ma, qui, non è sull'esÜio deil'atleta crotoniate che intendiamo soffermare l'attenzione quanto sul suo approdo a Cirene.

La testimonianza di Erodoto su Filippo, infatti, se bene esplorata, ci forni- sce non solo un tassello ïn più per ricostruire i movimenti délia spedizione líbi- ca di Dorieo, ma anche per circoscriverne la presumibile cronología.

In primo luogo ci testimonia che il principe spartano ha fatto sosta a Cirene assai probabilmente durante il suo viaggio di andata, se "muovendo di là" FiHppo "segui" la sua spedizione "con una trireme propria".

In secondo luogo ci testimonia un dato assai più consistente relativo alla cro- nología dell'ínsediamento ai Dorieo in terra di Africa. Questo tradizionalmente, e con ragione, si data al 515: cioè, all'incirca, un quinquennio prima délia distruzio- ne di Sibari, che vede Dorieo fra i suoi protagonisti. Ma non sono mancati tenta- tivi, pure intelligenti, di rialzare e circoscrivere la datazione ddla spedizione Hbica di Dorieo agii anni 526/25-524/23 e, di conseguenza, di riaccreditare l'impropo- nibiie datazione dd 524/23 per la distruzione di Sibari^. Orbene, la testimonianza di Erodoto su Filippo ci consente di affossare in forma definitiva, per l'awentura di Dorieo, la proposta dl taie cronología alta. Egli, infatti, già prima dell'esilio, si fregia del titolo di 'OXiJiimovíicris: cioè di vincitore a Olimpia. Ma la vittoria, come ha chiarito la critica, si puo collocare solo negli anni 520 (= 01. 65) o 516 (= 01. 66)-'. In entrambi i casi il terminus ante quem ci riporta in epoca posteriore a quel- la prospettata per la cronología alta.

2. DALLA GRANDE ALLA PICCOLA SIRTE

E Erodoto (5,42,2-3) che ci informa suU'awentura libica di Dorieo, dopo avère accennato al suo contrasto con il fratellastro Cleomene:

Dorieo, sdegnato e non ritenendo giusto di essere govemato da Cleomene, chîese degli uomini agli Spartiati [alniaaç Xr|öv ZirapnriTac nye èç àiTOLKLTii'] elicon- dusse a fondare una colonia; ma senza avare consúltalo roracolo di Delfi per sapere

2 Per lo statut quaestionis, vd. ora N. LUKAGI H, Jimnnidi arcaiche in Sicilia e Magna Grecia, Firenze 1994, 70 sgg.

* Cosi R. GANCI, La spedizione ai Dorieo in Libia, in Hesperia, 5,1995,223-231, pan. 222 s., con a monte le condusioni di V. MCHANTE, SuUe date di/ondazione äiSibari, Crotone cSirûcusa, "KIearchos",2,1966,105- 119, nonchélD.,5«/¿i cronología di Doñeo e su alcuniproblemi connessi, "Historia", 19, 1970, 272-294.

^ Cosl determinatamence L. MOHETTI, Olympionikai, Roma 1957 (= "MAL", s.VIII, 8), 76. nr. 135.

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LA COLONIA IN LIBIA 2l

in quale terra dovesse andaré a fondarla, e non avendo compiuto nessuno degli adem- pimenti rituali, Cos!, sdegnato, dirigeva le navi verso la Libia [¿s Tr|v AißUTiy], e lo guidavano uomini di Thera [avôpeç Gnpaioi]. Giunto a Cinipe [es KÍWTra], abitó una regione bellissima nella terra dei Libyi, vicino a un fiume; ma, cacciato di ÎÎ tre anni dopo e dai Maci e dai Libyi e dai Cartaginés! [rpi• èrei imb MaKewy re Kai Aißuojy Kai KapxnÔoi'iwi'l. tomo nel Péloponnèse.

La testimoniaîiza è stata studiata, e tutto ciô che si poteva dire sull'awen- tura líbica del principe spartano è stato detto^. Ma la critica^ ha sostanzialmen- te trascurato di correlarla con un'altra testimonianza di Erodoto (4, 178) nella quale, con riferimento all'odierna costa sud-tunisina, leggiamo taie descrizione dell'area délia Piccola Sirte:

Ai Lotofagi lungo il mare seguono i Maclui [MdxXues]: si cibano anch'essi del loto, ma meno dei popoli appena nominati. Si estendono fmo a un grande fiume che si chiama Tritone, il quale sbocca neil'immensa palude Tritonide. In questa palude c'è un'isoia [vflaos] chiamata Fia. Si dice che secondo un oracolo l'isola doveva essere colonizzata dagli Spartani [TOUTTIV ôè TTJI' vf\aov AaKeÔaip.ou'ioiai ij>aaL Xoyiov elvaí KTÍaai].

Siamo, geográficamente, sulla sponda sírtica in corríspondenza dei golfi di Gabes o di Bou Grara; golfo, quest'ultimo, delimitate dalle coste di Gerba nella quale potrebbe anche riconoscersi l'isola di Fla^. Dunque siamo in una regione molto più prossima a Cartagine dell'oasi di Cinipe, che parrebbe doversi iden- tificare suU'attuale costa líbica a una ventína di chílometri a oriente di Lebda, la romana Leptis Magna^.

Ma quale la colonia che nell'area della Píccola Sirte avrebbero dovuto stan- ziare glí Spartani? A stare alla nostra documentazione. Túnica segnalazione relati- va a ínteressi spartani in Africa ríconduce alla figura di Dorieo. Orbene, la memo- ria di tale colonia, di fatto mai fondata, se scissa dalla tradizíone relativa all'impre-

5 La documentazione è ora raccolra e discussa da GANCI, in Hesperia, 5. 1995, 223 ss., nonché da L MALKIN, Myth and Territory in the Spartan Mediterranean, Cambridge 1994, 192 sgg.

6 Vd. pero, giustamente. L. MALTEN, Kyrcnc, Berlin 1911, 132 s. e ora M. NAFISSI, A proposito degli Aigheidâi: grandi ghéne ed emporio nei rapporli Sparta-Cirene, "AFLPer", 18, 1980/81, 184-213, part. 207. Contra (fra gli aliri) A. ScHENK VON STAUFFENBERG, Dorieus, "Historia", 9, 1960, Í81-215, part. 207 s. e MALKIN, Myth and Territory, cit., 198. Ulteriore documentazione in P. VANNICELLI, Erodoto e la storia del- I'alto e medio arcaismo. Roma 1993, 130.

^ Per documentazione, informazione e discussione del problema, vd. A. CORCELLA - (M. MEDAGLIA - A. FRASCIIETTI), in Erodoto, Le Storie, Libro IV, Milano 1993, 366.

8 COSí SCHENK VON STAurrcNBERG, "Historia", 9, 1960, 185. Vd. pure E. DE MIRO - G. FIORENTINI,

Leptis Magna, La tiecropoligreco-punica solto il teatro, "QAL", 9, 1977, 5-76, part. 74 s.

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22 LORENZO BIíACCESI

sa di Dorieo, ci attesta che l'intéresse di Sparta per le contrade africane non deve essere relegato a mero fatto episódico. Ma se, viceversa, come è più probabile, la memoria di tale colonia è riconducibile all'azione di Dorieo, la congettura - sen- z'altro legittima come ipotesi di lavoro - ci offre il destro per due proposte di inter- pretazíone, di fatto nuove e fra loro alternative.

3. PRIMA PROPOSTA DI INTERPRETAZIONE (L'ORACOLO DI DELFI)

Dorieo, seconde l'oracolo deifico, avrebbe dovuto fondare una colonia non nella Libia odierna, bensí sull'attuale sponda tunisina della Piccola Sirte, nell'a- rea del golfo di Gabes. iVIa, per vía, muta programma: approda in Libia, passa probabilmente per Cirene, e quindi si insedia a Cinipe, presso Lebda, al margi- ne occidentale della Grande Sirte, in un'oasi situata a meta strada fra Gabes e Cirene. Per questo egli "fonda una colonia senza avere consultato l'oracolo di Delfi", come precisa Erodoto. Di fatto l'avrebbe si consultato, ma trasgredendo al suo volere! Era pero meno grave ammettere di non avere consultato l'oraco- lo, anziehe di averne disatteso Íl responso: come certamente si sara giustificato Dorieo, offrendo dell'accaduto una versione che senza difficoltà poteva filtrare fino alia pagina erodotea.

In questo caso, già in Africa, il suo anómalo comportamento avrebbe antici- pato la condotta medesima da lui tenuta nell'occidente itálico. Dove, come sem- pre ci informa Erodoto (5, 43-48), l'oracolo deifico gli ingiunge di dirigersi diret- tamente a Erice per "fondare Eraclea di Sicilia", mentre, come prima cosa, egli si ferma per via in altra localita: a Crotone, pronto a partecipare alia guerra contro Sibari. In entrambi i casi Dorieo, più che I'archegheta di una spedizione colonia- ria, sembra Íl comandante di una spedizione militare, con compití tanto imper- scrutabili quanto di fatto già a monte predefiniti. In sostanza la sua trasgressione della volontá oracolare, totale o parziale, è dovuta al fatto che egli, probabilmente sollecitato da altri, e sicuramente secondato dal potere centrale di Sparta, sa sem- pre dove deve dírígersi. Peraltro non guida un gruppo di inermi e pacifici coloni, bensí - come specifíca Erodoto - un manipolo di Spartiati: cioè di guerrieri, che lo seguono tanto in Africa quanto in Italia e in Sicilia. Le sue spedizioni sonó dun- que, anzitutto, spedizioni militari.

4. SECONDA PROPOSTA DI INTERPRETAZIONE (L'ORACOLO DI AMMONE)

Dorieo, secondo un diverso oracolo, non deifico, avrebbe dovuto fonda- re un'altra, seconda, apoikía sulla sponda tunisina della Piccola Sirte: quale

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LA CíiLOiviA IN LIBIA 23

subcolonia di Cinipe. Ma quale I'oracolo? Non è certo difficile illazionare che si possa essere trattato di un oracolo locale, e in particolare dell'oracolo di Ammone. Soprattutto considerando che lo Ps. Scilace (§ 109) ci informa che al margine occidentale della Grande Sirte, al confine del paese dei Maci, non lungi dal fiume Cinipe, si trovava un "bosco sacro ad Ammone": cioè un "Ati(iCüi^os- dXaoç. I suoi sacerdoti - è assaí verosimile pensarlo - si saranno fatti portavoce del volere del dio venerato, in terra di Africa, nella remota oasi di Siwah. I cui interessí erano fílo-cirenaici, o comunque filo-ellenici, e non già filo-punici.

Una connessione fra I'oracolo di Ammone, venerato nell'oasi Ubica di Siwah, e un "antico" vaticinio pertinente alia colonizzazione spartana in terra di Africa è peraltro registrata da Plutarco {Lys. 25, 3-4) in una pagina interes- sata a descriverci l'operato, non sempre ortodosso, dello spartano Lisandro:

Eforo dice che Lisandro tentó invano di corromperé la Pizia e poi di convincere, con l'aiuto di Ferecle, le sacerdotesse di Dodona. Ando allora al templo di Ammone e parlo con gli ínterpreti del dio, offrendo loro molto oro; quelli pero, sdegnati, manda- tono emissari a Sparta per accusario. Fu assolto, ma i Libici, nel congedarsi, dissero: "Noi pero, Spartiatí, giudicheremo meglio, quando verrate in Libia ad abitare da noÍ". Secondo un antico oracolo, infatti, gli Spartani erano destinati a stanziarsi in Libia fe 8fi xpTT^lioú nvo? ÖUT05 TraXauiû AaKeSaiiioi'iouç- èv Aißuri KaTOLKrjoeLi'].

Il biógrafo qui riferisce un frammento di Eforo {FGrHist 70 F 206) inte- ressato a Lisandro e al suo spregiudicato comportamento nei confronti, non solo degli dèi, ma anche dei propri concittadini, cui, con compiacenti oracoli, voleva fare approvare una rivoluzionaria riforma costiluzionale^. Ma non è sulle trame di Lisandro che dobbiamo soffermare Tattenzione; quanto sull'e- splicita menzione di un oracolo, di connotazione non deifica'^, relativo a una colonizzazione spartana in terra di Africa. Nella menzione di Spartani che ver- ranne "ad abitare da noi" pare cogliersi, in una serta di presente continuo, una naturale predestinazione lacedemone all'espansionismo sulla costa della Sirte. Nella profezia di Spartani "destinati a stanziarsi in Libia" pare riflettersi, oggi come ieri, l'immagine stessa di Dorieo e la memoria della sua mancata spedi- zione in terra africana.

La testimonianza è importante per il nostro assunto: la pagina di Erodoto

^ Vd. U. BCKNINl, Alodi'Spou Ka'i KaXXtKpaxioa ïuyKpiaii;, Cultura, etica epolítica spartamfra quin- to e quarto secob a.C.,Ver\eú-a 1988 (= "MIV".41). 126 s. e ÍM,G. ANGEU BEHTINELLI - M. MANPIíEDINI •) L. PlCCIRILU - (G. PlSAN)). in Piularen, Le vite di Lisandro e di Silla, Milano 1997, 178,

'^ Sonoiinea il dato MALKIN, Myth tina Territory, cit., 196.

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24 LoiîENZO BUACCESI

potrebbe decodificarsi alla luce délia testimonianza di Plutarco. L'intero qua- dro risulterebbe più nitido. Per Cartagine, che controllava tutta la sponda tuni- sina délia Plccola Sirte, la nuova apoikia di Dorieo, la colonia 'vaticinata' dal- l'oracolo libico, avrebbe costituito una provocazione intollerabile. Ciô spieghe- rebbe la sua decisa reazione, la conseguente sconfitta di Dorieo, e la cacciata di quest'ultimo dal suolo africano. Se le cose fossero ándate cosí, tutto sarebbe assai chiaro. Cartagine non avrebbe aspettato tre lunghi anni anni prima di ricacciare a mare i coloni stanziati presso Cinipe, ma li avrebbe aggrediti, di intesa con le popolazioni indigene, non appena il loro condottiero avesse rive- lato ai propri danni mire imperialistiche. In questo caso, fatale per Dorieo sarebbe stata la stessa dilatazione dei suoi orizzonti di conquista! Cartagine sarebbe intervenuta in armi solo vedendosi direttamente minacciata. Il che awiene "tre anni dopo" il suc insediamento nell'oasi di Cinipe: da riferire, grosso modo, al 515: cioè, all'incirca, a un quinquennio prima délia distruzio- ne di Sibarii^

5. LA DUPLICE CONCLUSIONE

Entrambe le interpretazioni che abbiamo avanzato si basano su legittime ipotesi di lavoro. Non vogliamo né scegliere fra le due né privñegiarne l'una contro l'altra! Ma ci sembra oltremodo probabile riconnettere all'operato di Dorieo entrambe le notizie erodotee relative aile due colonie spartane in terri- torio africano. Tanto più che, per entrambe, abbiamo alcune corrispondenze ehe potrebbero ricollegarle a un vaticinio adattabile ad ambedue i siti o a un progetto di conquista elaborato da un'unica mente. Entrambe le colonie, infat- ti, sorgono o sarebbero dovute sorgere in regioni abítate da indigeni dall'ono- mastica molto simile: i IVIaci (MÓKai) nell'odierna Libia, i Maclui (MáxXuec) nell'attuale Tunisia, come informa Erodoto (4, 175, L 5, 42, 3 e 4, 178). In entrambi i siti coloniari, inoltre, c'è un'isola, su una palude o su un fiume, che avrebbe ospitato, o avrebbe potuto ospitare, lo stanziamento spartano: dell'u- na - come abbiamo visto - ci informa Erodoto, dell'altra lo Ps. Scilace. II quale (§ 109) menziona "il fiume Cinipe" (TTOTQIIOC KLVUÍJ), donde trae nome l'omo- nima oasi, ricordando che "nel fiume ce un'isola": cioè yf^aoc iiTreoTí îTpoç TÓV TTOTaM-ÓV.

COSí stando le cose, nulla esclude che l'oracolo deifico abbia vaticinato a

I' I termini del problema sonoriferiti eanalizzati da B. ViliGlLlo, Commenlo slorico al quinto libro deílc "Storie" di Erodoto, Pisa 1975,146 ss. Comunque - ed è bene precisarlo - l'aggressione di Canagine non awie- ne necessariamenté il terzo anno dopo l'arrivo di Dorieo in Africa, ma "tre anni dopo" il suo insediamento nell'oasi di Cinipe.

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LA C:OL()NIA IN LIBIA 25

Dorieo ai fondare una colonia su un'isola, fluviale o palustre, in una regione abitata da indigeni Maci/Maclui: regione che per il dio è nell'odierna Tunisia, per il condottiere spartano nell'attuale Libia. Donde sempre la trasgressione, anche se inconsapevoÎe, del volere oracolare e, a sua giustificazione, la versione - tràdita da Erodoto - délia non awenuta consultazione del dio.

COSí stando le cose, nulla esclude che Dorieo, mirando a insediare una seconda colonia sulla costa tunisina délia Piccola Sirte, abbia deciso di fondarla in una località che presentava sostanziali corrispondenze topografiche, e quin- di strategico-difensive, con lo stanziamento presso Cinipe. Località, inoltre, che egli poteva ritenere abitata da indigeni a lui ben noti, sia (ancora) come amici sia (già) come nemici.

6. CiRENE E IL MOVENTE COLONIARIO

Abbiamo detto che Dorieo non guida in terra di Africa un contingente di inermi e pacifici coloni, ma un manipolo di scelti guerrier! spartani. E questa, nella storia délia colonizzazione greca, una vistosa anomalía con la quale dob- biamo fare i contl. La sua spedizione ha dunque una duplice connotazione: coloniaria e militare.

Ma quale la meta? Quale Íl progetto del principe spartano? Sólitamente ci si muove con un contingente militare spinti da un obiettivo reale e forti di un plausibile pretesto. Non esistono spedízioni senza obiettivi, e qualsiasi spedi- zione, anche la più aggressiva o imperialista, giustifica il proprio movente nel- l'interesse del bene comune o nel nome di una glusta causa. Si muoveva Dorieo contro il bárbaro, per combatiere Cartagine? Questo lo possiamo tran- quillamente escludere sia perché ancora inattuale il concetto di lotta contro il bárbaro sia, soprattutto, perché presumibilmente troppo esigua la sua truppa. Ma dunque quale il movente? Chi mai poteva avere soUecitato un intervento di Sparta in territorio libico? Quale situazione poteva consentiré di giustifi- carlo? Torna allora alia mente la confusa situazione di Cirene proprio negli anni attorno al 515, quando Dorieo muove alia volta della Libia, clrca un quin- quennio prima della distruzione di Sibari.

Egli, presumibilmente al suo arrivo in Africa, giungendo a Cirene, appro- da in una città attraversata da profonde tensioni caúsate da conflitti intestinl. La guerra civile vi dominava sovrana. Arcesilao III, pochi anni prima, e per la seconda volta, era stato costretto ad abbandonare Cirene per Barce. Qui egli è assassinato, e la sua morte, su richiesta di Feretime, sua madre, provoca pro- prio interno agli anni 515 un pesante e massiccio intervento di Ariande, satra- pe persiano dell'Egitto, per ristabilire l'ordine a Cirene e per renderla nuova-

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26 LORENZí) BRACCESI

mente tributaria del Gran Re'^. I fatti ci sono riferiti da Erodoto (4, 165. 167):

Finché Arcesilao, che era stato la causa del proprio male, visse a Barce, sua madre Feretime godette lei a Cirene dei privüegí del fíglío, attendendo al govemo dello stato e sedendo nella boulé. Ma, sapula la morte di sue figlio a Barce, si affretió a fuggire in Egitto. Essa era In crédito dei buoni servigí che Arcesilao aveva prestato a Cambíse figlio di Ciro. Era stato, infatti, questo Arcesilao che, imponendosi un tributo, aveva sot- tomesso Cirene a Cambíse. Giunta dunque ín Egitto, Feretime si dichiarö supplice di Ariande, e reclamo vendetta; adducendo il pretesto che ¡I figlio le fosse stato occiso per Ü suo medismo [TTpoLOXOp-evri TTpotaaiy có? 6ià TûV [iriôiafioi/ó TTQ'LS 0LTé6i'r]K€].

Allora questo Ariande ebbe pietà di Feretime; le diede Tintera forza militare dell'Egitto [oxpaTÔf TöV èÇ AlyiiTTTOu ÖTrai'Ta], di terra e di mare [...]. Prima di spedire le sue forze, Ariande mando a Barce un araldo, a richledere chi fosse stato l'uccisore dî Arcesilao. Ma i Barcei assunscro tutti su di se la rcsponsabilîtà perché egli aveva fatto loro molto maie. Fu dopo questa risposta che Ariande mando le sue forze insieme a Feretime. Ma la risposta era il pretesto per la spedi- zione; le truppe erano mandate, a mio parère, per sottomettere la Libia [èm Aißurig KaTaaTpoc()r|]. I popoli délia Libia sono molti e molto variegati; e solo pochi sono sudditi de! Cran Re, mentre la più parte non se ne cura affatto.

Due dunque i propositi délia spedizione persiana: risottomettere Cirene e le proprie colonie all'autorità del Gran Re, nonché tendere suddite le tribu délia Libia. Entrambi obiettivi coronati da successo, corne informa sempre Erodoto (4, 202. 204), il quale, da un lato, ci descrive il bagno di sangue cui sottostô la ribelle Barce e, d'altro lato, ci addita l'ultima tribu líbica conquistara dai Persiani in quella degli Evesperidï, abitanti la costa sud-occidentale délia Cirenaica:

I Persiani consegnarono a Feretime i più colpevoli dei Barcei, che ella fece impalare attomo alla cinta murarla. Alle loro donne strappö le mammelle, che pure affísse sulla cinta muraría. Ingiunse ai Persiani di fare bottino dei rímanenti Barcei [TOíC 6è XOLTTOííC

Ttüv BapKaítüu \v({r[V èicéXeuac BéaSai TOíJC TTépoaç],eccetto quanti erano deUastir- pe di Batto e non si erano macchiati dell'assassinio. A costoro Feretime affido la città.

'2 Di rilievo le considerazioní cronologiche di B. GALLOTTA, Dario e ¡'occidente. Milano 1980, 139 ss. La cronología è nuovamente ridiscussn da GANCI, in Hesperia, 5, 1995, 225 ss., che data la spedizione di Ariande al 514/13 in base al sincronismo • actestatoci da Erodoto (4, 143-145) • con la campagna militare di Megabazo in Ellesponto Vd. anche, nella medesima prospettiva, COHCCLLA . (MEDAGLIA • FliASCHETTl), in Erodoto, Le Síorie, cit., 355 ss., nonché VANNICELLI, Erodoto, cit., 142 ss.

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LA COLONIA IN LIBIA 27

La regione più lontana della Libia alia quale giunse questo esercito persiano fu quella degli Evesperidi [éKaaTÓTw èç EùeGirepiSaç fiXÖe].

Tale a Círene la confusa e torbida situazione che, cronológicamente, è da correlare con l'aweniura líbica di Dorieo. Dato il quadro movímentato, dato tale stato di cose, nulla eselude che la sua azione sia stata finalizzata anche ad appoggiare, in Cirene, l'istituzione di un reggimento oligarchico in luogo della tirannide/monarchia che allora, e a dispetto delle riforme di Demonatte di Mantinea, sembrava destinara al definitivo tramonto. In tal caso, potrem- mo Spiegare molto meglío sia la mancata consultazíone dell'oracolo sia l'e- ventuale trasgressione della volontà del dio, perché, nell'uno caso o nell'altro, l'obiettivo primario della spedízione era politico e non insediativo. Dorieo, in una parola, prima ancora di fondare una colonia in Africa, doveva restaurare l'ordine a Cirene, owiamente favorendo l'istituzione di un governo filo-lace- demone.

Sparta, in tal modo, avrebbe conseguito un duplice rísultato: sia quello di liberarsi di un personaggio scomodlssimo in patria, come Dorieo, sia quello di presentarsi per l'ennesima volta quale libératrice di una citta oppressa da regime tirannico. Confinava cosí in terra di Africa un personaggio sgradito, di rango regale, in grado di provocare violente turbativa intestine, e parimenti vi esportava la propría política, connotata da un'ideologia imperialista amman- tata di 'slogan' libertan. Ingerendosi cosí nel quadro di uno scacchiere medi- terráneo delicatissimo; diventato, dopo la conquista dell'Egitto da parte del Gran Re, di primaria importanza per contrastare l'ingerenza persiana almeno sul fronte occidentale.

Ma chi, concretamente, poteva avere sollecitato un intervento di Sparta in territorio libico? Non è difficile rispondere. Come ci informa Erodoto (4, 161, 3), la ríforma costituzíonale del diallaktés Demonatte di Mantinea aveva suddi- viso la cittadinanza di Cirene in tre tribu, di cui una era riservata ai coloni di stirpe peloponnesiaca. Orbene, è più che legittimo pensare che proprio costo- ro si siano rivolti a Sparta, confidando in un suo pronto intervento per ristabi- hre l'ordine aü'interno della citta, sconvolta da disordini da quando Arcesilao III, appena asceso al trono, aveva tentato di abrogare ogni revisione costituzío- nale per godere delle "prerogative" degli antenaci.

Ma abbíamo elementi per ipotizzare che il progetto di Dorieo mirasse in effetti a supportare gli oppositori di Arcesilao III e di sua madre Feretime, e di conseguenza si arricchisse di una valenza anti-persiana? Almeno un dato in nostro possesso potrebbe farlo sospettare. Erodoto - ne abbíamo letta la tesd- monianza - ci informa che guide di Dorieo sono "uomini di Thera". Perché di Thera, e non direttamente della sua colonia Cirene? Il particolare è importan-

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3^ LORENZO BIîA(:C:CSI

te poiché sempre da Erodoto (4, 164, 2) impariamo che l'isola offre ospitalità agÜ oppositori cirenei di Arcesilao III, da lui spediti a Cipro per essere qui giu- stiziati, ma per via salvati dagli Cnidi:

Alcuni si erano allontanati per sempre dal paese; ma altri caddero nelle sue mani, e Arcesilao li mando a Cipro perché vi fossere uccisi. Perô gli Cnidi, alla cui isola i vend li avevano fatti approdare, li salvarono e li mandarono a Thera [éppúcfayjo mi èç 0TÍPT1V àTTéareiXay].

Orbene, al di là di imprecisioni geografiche, ciô implica che, se Arcesilao III è di sentimenti füo-persiani, non le siano i suoi oppositori; da lui catturati e quindi inviati a Cipro per essere eliminatÎ da Eveltone, anch'egli tributario del Gran Re. Ma essi sono salvati dagli Cnidi che li aiutano a riparare a Thera. Ciô implica ancora che l'isola, che li ricetta, fosse apertamente schierata centro Arcesilao III e, per giunta, nutrisse una qualche animosità anti-persiana. Cosi stando le cose, se Dorieo viene scortato in Libia da esploratori di Thera, e non di Cirene, ciô significa che egii - e con tutta probabilità Sparta - hanno operato una precisa scelta di campo: anti-tirannica e anti-persiana.

Ci mancano troppi dati délia storia evenemenziale. Ma non è difficile argüiré che Dorieo, giunto corne un liberatore in Cirenaica, insorta dopo la morte di Arcesilao III e la fuga di Feretime in Egitto, sia state poi scavalcato dall'insospettabile piega presa dagli eventi: cioè dalla massiccia reazione per- siana. Non era ímmaginabile, infatti, che la Persia intervenisse in prima per- sona nel conflitto intestino, né che vi intervenisse con "l'intera forza militare dell'Egitto di terra e di mare". Per Dorieo, che disponeva si di una piccola forza militare, ma non certo di un'armata, era giocoforza arretrare. Fallito il primo obiettivo délia sua spedizione, restava il secondo: l'insediamento colo- niario. Cui egli - non a caso - dà vita molto lontano da Cirene, nell'estremità occidentale del golfo délia Grande Sirte: presso il fiume Cinipe, nell'area délia futura Leptis Magna.

Qui, in un'oasi rigogliosa, fonda la sua città, che è l'ultima colonia greca in terra di Africa, e di qui, dopo tre anni dalla sua ktisis, viene ricacciato a mare, e costretto a tornarsene in patria, dai Cartaginesi e dai loro alleati indigeni.

Abbiamo lasciato aperto il problema del dove i Cartaginesi abbiano assali- to Dorieo: se presso Cinipe, nell'attuale Libia, owero sulla sponda del golfo di Gabes nell'odierna Tunisia. Abbiamo detto che, nel primo caso, è difficilmen- te spiegabile che Cartagine aspetti "tre anni" prima di intervenire e che inter- venga a tanta distanza dalle proprie basi. Ma potremmo ora congetturare che sia intervenuta a seguito di una pressante richiesta del satrapo di Egitto. Infatti, non sarebbe per nulla inverosimile che questi - a nome del Gran Re - abbia

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LA (XJLONIA IN LIUîA -^

esortato il governo púnico a volere tutelare da ingerenze straniere la propria sfera di influenza territoriale. Nel caso opposto potremmo, invece, congettura- re che Dorieo sia stato spinto a fondare una seconda colonia ancora più a occi- dente, quasi a ridosso di Cartagine, proprio per tuteJarsi dalla minaccia persia- na che incombeva, o poteva incombere, da oriente.

Comunque sia, sotto Dario, il successore di Cambise, sono senz'altro testi- moniati, e non su piede di parità, rapporti diplomatie] fra la Persia e Cartagine. È il Gran Re che ordina a quest'ultima di uniformarsi ai propri costumi: quin- di di non immolare vittime umane, di non mangiare carne di cane, di non sot- terrare, bensi di cremare, i morti. Lo riferisce Trogo-Giustino (19, 1, 10-12), in un luego dove pure ci informa délia richiesta, da parte del Gran Re, di aiuti militari in vista di una prossima guerra contro i Greci:

Dum haec aguntur, legati a Dario, Persarum rege, Karthaginem venerunt adferen- tes edictum, quo Poeni humanas hostias immolare et canina vesci prohibebantur; mortuorum quoque corpora cremare potius quam terra obruere a rege iubeban- tur; pétenles simul auxilia adversus Graeciam, cui inlaturus bellum Darius erat.

Mentre ció accadeva, ambasciatori inviati da Dario re dei Persiani vennero a Cartagine recando un editto con il quale si vietava ai Punici di sacrificare vittime umane e di mangiare carne di cane. Inoltre si ordinava loro di cremare i cadaveri dei morti anziehe di seppellirli. Nello stesso tempo, gli ambasciatori chledevano aiuto contro la Grecia alia quale Darío stava per muovere guerra.

Torneremo su questa testimonianza^'. Qui è sufficíente dire che essa, con la secca ingiunzione di Dario, con l'imposizione per edictum della sua volontà, pare poprio presupporre precedenti relazioni diplomatiche già intercorse fra la Persia e Cartagine; a partiré, probabilmente, dall'epoca della conquista persia- na dell'Egitto. In ogni caso, presuppone, e già da vecchia data, l'individuazio- ne nel mondo greco di un comune nemico.

"Cap. VI §2.

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CAPITöLO in

L'INTERVENTO CONTRO SIBARI

1. DORIEO E FlLIPPO

Dopo il fallimento deü'awentura Ubica, Dorieo riapproda in patria, o comunque nel Peloponneso, ma non vi si trattiene a lungo. Con la medesima schiera di armati, con la medesima flotta, e questa volta dopo avère rigorosa- mente interrogato l'oracolo di Delfi, fa rotta sulla Sicilia per fondare una nuova colonia nel territorio di Erice. Sul quale poteva rivendicare legittimi diritti suc- cessori in quanto giá appartenuto a Eracle, suo mitico antenato. Ma cediamo la parola a Erodoto (5, 43):

Gli consiglió allora Anticare di Eleone, seguendo i responsi di Laio, di colonizzare il territorio di Eracle in Sicilia [ 'HpaKXeLrjf Tf]V èv ZiKcXíri KTÍ^eii^], affermando che la terra di Erice [T^V "EpuKoç x^P^i^] apparteneva tutta agli EracHdi perché l'ave- va acquistata Eracle stesso. Egli, udito ció, partí alia volta di Delfí per consultare l'o- racolo e per sapere se avrebbe conquístato la terra verso la quale stava per salpare. La Pizia gli rispóse che l'avrebbe conquistata. Messe Dorieo con la flotta che aveva con- dotto in Libia, e costeggió Tltalia [¿KoníCeTO Trapa TT]V ' IraXÍTii'].

Dorieo - come abbiamo appreso dal suo albero gnealogico' - discendeva da Eracle in quanto figlio di un re lacedemone. Ma era un discendente ingom- brante in Sparta, e tutto fa pensare ancora una volta che pure la spedizione in Sicilia sia stata orchestrata dal potere centrale per allontanarlo dalla patria, sep- pure affidandogli incarichi delicati e ufficiali. Dorieo parte, ma, prima di appro- dare in Sicilia, costeggiando "l'Italia", fa sosta a Crotone. Non si tratta pero di una sosta casuale, perché partecipa, con ruólo di protagonista, alia guerra che la citta sta sferrando contro la rivale Sibari, come ci testimonia Erodoto (5,44):

1 Cap. I § 1.

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32, LORENZO BRACCESI

In quel tempo, come dicono i Sibariti, essi e il loro re Teli si preparavano a condurre una spedizione centro i Crotoniatí; 1 quaü, atterriti, pregarono Dorieo di alutarli e, prégatelo, ne ottennero l'aiuto. Dorieo dunque con essi mosse contre Sibarí e con essi la espugno [auaTpaTeueaSai re 5ri emSußapLv Atupiéa KalcuueXai' rf]V ZOßapti']. Queste dunque dicono i Sibariti che abbia fatto Dorieo e quelli che erano con lui. I Crotoniati ínvece affermano che nessuno straniero prese parte con essi alia guerra centro i Sibariti [où6éya acl)íaL ^aa\ ^áwi'TrpoaeTnXaßeaSaL TOú Trpöc Zußapiraç TToXé|iou], eccetto il solo Callia, deglí lamidi, indovino di Elide.

La critica non ha dubbi sulla sostanziale attendibilíla della versione traman- data dai Sibariti^. Tanto piíi che essi, per suffragarla, indicano la presenza di:

[...] un recinto sacro e un templo, che si trova presso Íl letto asciutto del Crati, il quale essi affermano essere state erette da Dorieo ad Athena, deneminata Cratia dopo la conquista della città [ràv ISpúaaaoaL cjui'eXóvTa Tfjp TTóXIV Awpiéa Xé- youai "AGiívairi eTTtovúiico Kpa6Li;i].

COSí Erodoto (5, 45, 1), che molto difficilmente avrebbe riferito la notízia, se non ne avesse tróvate personali e autoptiche conferme durante il suo lungo soggíorno a Turi. Un templo ce, o non c'è; e, se c'è, e se è "presso il letto asciut- to del Crati", non è difficile a distanza di due o tre generazioni sapere chi l'ha edifícate.

La critica, viceversa, non concorda sul movente della versione dei Crotoniati, sul perché del loro imbarazzato siienzio su Dorieo. Acuito, e reso tanto più sospetto, da una precisa volontà crotoniate di depistaggio politico, fácilmente intuibile dalla pagina di Erodoto (5,45,2):

[...] i Crotoniati mostrano melti terreni scelti e denati a Callia di Elide nella loro terra, ancora fino ai miei giorni posseduli dai díscendenti di Callia; e mostrano che a Dorieo e ai suoi discendenti non fu donato nulla. Mentre, se egli avesse dawero combattute con loro la guerra centro Sibarí [KaÍTOL ei aui^eTreXdßeTO ye TOO

SußapiTLKoO TroXé|iou], i doni elargitigli avrebbero di gran lunga supérate quellí fatti a Callia.

In effetti, non c'è dubbio che i Crotoniati non abbiano colmato di doni Dorieo. Ma non perché questi non lí abbia dawero aiutati a espugnare Sibarí, bensí per un'altra ragione, sicuramente di natura política, che cí sfugge.

2 I termini del problema sonó focalizzati e riferiti da M. GlANGlULIO, Ricerche su Crolone arcaica. Pisa 1989, 200 sgp.

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L'INTCVENTO CONTRO SlliAlt) 33

Possiamo intuirla sulk base dei pochissimi dati in nostro possesso? L'unico elemento che possa dirci qualcosa, che in qualche misura possa aiutarci, ci viene dalla notizia che Doñeo non era solo, bensï scortato nuevamente da Filippo. Questi, certo diventato suo amico e consigliere^ era stato esiliato da Crotone nel clima di ostilità che precede ú suo scontro contro Sibari. Come abbiamo detto-*, Filippo paga con lesilio le sue 'aperture' sibarite. Addiritlura era stato promesso sposo della figlia di Teli, il dranno di Sibari, che, con il pro- getto matrimoniale, si riproponeva di cementare una prezíosa alleanza in ámbi- to crotoniate. Al seguíto di Dorieo, a Crotone, sbarca dunque un personaggio che è popolarissimo in ámbito locale, già campione olimpionico, già protagoni- sta, e probabilmente molto 'chiacchierato', della vita cittadina. Orbene, con questo dato dobbiamo fare i conti; né puo sussistere dubbio che Filippo abbia seguito Dorieo anche in occidente, se con lui muore presso Erice, come ci dice Erodoto (5, 47) ricordandone anche il romántico e insólito sepulcro:

Seguí Dorieo e morí con Iui [KQI cTuvaTTéôaue] Filippo di Butàcide, uomo di Crorone, che, per essersi fidanzato con la figiia di Teli di Sibari, fu costretto a fug- gíre da Crotone [...]. Per la sua bellezza [...] ricevette onoranze dai Segestani quali nessuno altro mai: sulla sua tomba questi, avendo costruito un tempietto, fanno sacrifici propiziatori.

Cosí stando le cose, si impongono più interrogativ! che da sempre tormen- tano la critica. Perché Filippo, amico e compagno di armi di Dorieo, non si ferma a Crotone dope la vittoria su Sibari, riappropriandosi qui del ruólo sociale che gli competeva? Perché preferisce correré ancora l'awentura con Dorieo, andando a moriré in terra di Sicilia? Perché, d'altra parte, i Crotoniati negano tanto recisa- mente di avere ricevuto aiuti da Dorieo, anzi quasi di averio conosciuto?

2. SPARTA E I TIRANNI

La critica più agguerrita^ ci addita come movente della presa di distanza di Crotone da Dorieo una sorta di 'volontà achea' nel sottolineare la propria estraneità alle mené e alle ingerenze del mondo spartano. La spiegazione è giu- sta, ma non sufficiente. È bene riflettere su due dati: la cronología dell'evento e la direttrice maestra della política spartana in questa età. La cronología ci

' Cosi L. PMiKTl. Siudi sidiiûm'e iíaIíoO\ FiTcnzc !920.8. •»CapIISl. 5 Cosi GtANGfULIO, lac. at.

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J4 LORENZO BIíACCXSI

riporta al 510, che è il medesímo anno délia caduta di Ippia ad Atene per deci- sivo intervento di Sparta. La cui política, in questa età, è volta in tutta la Grecia, da Corinto a Sicione, da Atene a Samo, a contrastare i regimi tirannici per inglobare quindi le póleis, liberate dai tiranni, nella struttura della Lega Peloponnesiaca, o comunque nella propria sfera di influenza.

Appunto nel medesimo anno il fratello di Dorieo, ü re di Sparta Cleomene, aiuta gli Ateniesi a riconquistare la liberta. Cosí almeno nello 'slogan' propa- gandístico regístralo da Erodoto (5, 64, 1-2):

Più tardi i Lacedemoni allestírono e mandarono contro Atene un corpo di spedi- zione più numeroso, con a capo Cleomene figlio di Anassandrida. Lo mandarono non più per mare, ma per terra. Alia sua entrata nel territorio attico si scontro con la cavalleria dei Tessali, che fu presto sbaragüata. Ne caddero più di quaranta uomini; i superstiti ripiegarono senz'altro in Tessaglia. Cleomene, raggiunta la città insieme agli Ateniesi che volevano la liberta [ci|ia 'AGiivaúui' xolai ßouXo^iévoLal eÍi'ai èX€u9époLai], assediö i tiranni chiusi dentro la cinta pelasgica.

Dunque un fratello in Attica, e un aítro in Magna Grecia. Il primo caccia Ippia. E il seconde? Data la coincidenza cronológica con la cacciata di quest'ul- timo, e data la presenza anche a Sibari di un tiranno da abbattere, non potrem- mo allora pensare che Dorieo, intervenendo in Italia, fosse interprete di un pre- ciso disegno di Sparta volto a determinare la caduta di Teli^? Volto a sostituire, anche a Sibarí, la tírannide con un governo di marca oligarchica? L'ipotesi è plau- sibile, se riusciamo a dare spiegazione al concitato svolgersi degli eventi. Cosa è mai accaduto? Cosa ha azzerato i progetti lacedemoni? È successo che la distru- zione di Sibari, richiesta e imposta da Crotone, spiazza Sparta: alterandone i pro- grammi, vanificando l'operato di Dorieo, provocando un'insanabile frattura fra il soccorritore lacedemone e la città vincitrice. La situazione - né poteva essere altri- menti - travolge anche Füippo, che è costretto a riprendere la via dell'esüio.

In questo caso, proprío come ad Atene, Sparta avrebbe si vinto nella lotta contro il tiranno, ma poi non sarebbe stata in grado di dominare un tumultuo- so concatenarsi di eventi sfavorevoli. Di qui la différente versione degh accadi- menti offerta dai Sibariti e dai Crotoniati: gli uni, sconfítti, hanno tutto l'inte- resse a ricordare, anzi a enfatizzare, il ruólo avuto dal duce spartano nella loro tragedia; gli altri, víncitori, 'unici' vincitori, a cancellare dalla memoria coUetti- va il ricordo di aiuti esterni o di alleanze tradite.

'• In questo senso. anche se con una certa cautela, potremmo accederé alie conclusion! di G. PUGLIESE CARMTELU, Le vicefideJiSibari cThun, "ASMG", n.s. 13-14, 1974,17-33 i= Scri/tisulmondo amico, NapoYt 1976,365-391).

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L'INTCVENTO CONTRC) Sll3A!tJ 35

È quesia una nuova risoluzione del problema, forse anche spericolata, ma in fondo plenamente suffragata da quanto preciseremo sul movente della spe- dizione di Dorieo in Sicilia, nel corso della quale fa sosta a Crotone. Egli non muove verso Erice sua sponte, con semplici intenti coloniari, ma vi giunge per- ché chiamatovi dalla grecità di Sicilia rivoltasi a Sparta per contrastare la minac- cia cartaginese, come ci consente di capire, necessariamente emendata, una tor- mentara testimonianza di Trogo-Giustino (19, 1, 9):

Itaque Siciliae populis propter adsiduas Karthaginiensium iniurias ad [[Leonidam]] fratrem regís Spartanorum concurrentibus grave bellum natum, in quo et diu et varia victoria fuit proeliatum.

Cosí i popoÜ di Sicilia, a causa delle continue violenze cartaginesi, rícorsero al fra- tello del re di Sparta [[Leonida]]: ne nacque un'aspra guerra, nella quale si com- batte a lungo e con alterna fortuna.

Come diremo^ il Leonidam va soppresso, e il frater régis Spartanorum altri non è che Dorieo. Orbene, se la sua, in terra di Sicilia, non è una personale awen- tura, ma una spedizione ufficiale, allora parimenti ufficiale è anche la sua sosta a Crotone per portarle aiuto nella lotta contro Ü tiranno di Sibari. Né peraltro la cosa deve stupire, se consideriamo che di vecchissima data sono i rapporti e le relazioni fra Sparta e Tarea della Crotoniatide e del promontorio Lacinio. Qui sbarca Menelao, di cui, al presente, Dorieo pare rinnovare la memoria in tutte le aree interessate aile sue imprese". Qui, in epoca arcaica, al tempo della prima guerra messenica, in età anteriore alla fondazione di Crotone achea, gli stessi Spartani inviano una propria colonia^, come ci testimonia Pausania (3, 3, 1):

Morte Alcamene, ereditó il regno [di Sparta] il figlio PoHdoro e gli Spartani invia- rono in Italia le colonie di Crotone [KQI àTTOLKÎai' T€ èç 'IraXiav AaKe8ai|ióyL0L Trii* èç KpÓTwua 'ioTCikavl e di Locri presse il capo Zefirio, e sotto il regno di PoHdoro la guerra detia messenica raggiunse il suo culmine.

Dorieo dunque puô benissimo essersi fermato a Crotone per portarle aiuto - in forma ufficiale, in nome di antichi e mai sopiti legami di amicizia - nella guerra

^ Cap. V § 2. « Cap. VII §§1-2, ' Vd., soscanzialmenie favorevoli aUa valorizzazione della notizia, L. MoscATl CASTCLNUOVO, Pausania e

l'invio ai coloni spartani a Crotone c a Locri.'m MGR, 19, 1995,83-100, part. 92 ss. e L. BltACCCSI, Cn3KoiWg/iî e fondûziom whniarie, 2 (MisceUo e le ire spedivonia Croione).'in Hesper]û,9,1998, 9-17, part. 12.

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36 LORENEÍ) BHACCESI

contra Teli, ñ tiranno di Sibari. Né obsta alia conclusione il fatto che contra costui combatta anche Filippo, un tempo suo 'quasi' genero. Certo i due erano stati amici e alleati, e si accingevano a diventare pure parenti, ma, dopo la rottura del progetto matrimoniale, voluta da Teli, è lógico concludere che la reciproca intesa si fosse tramutata in aperta ostílita. In fondo Crotone aveva si esiliato Filippo, ma Teli, rifiutandogli la mano della figlia, gli aveva anche negato ospitalíta nella pro- pria città. La testimonianza di Erodoto (5,47,1) è esplicita, né lascia adito a dubbi:

Seguí Dorieo [...] Filippo di Butàcide, uomo di Crotone, che, per essersi fidanza- to con la figlia di Teli di Sibari, fu costretto a fuggire da Crotone. Poi, deluso nella sua aspettativa di nozze [tjjeuaoa? Ôè TOú ydiiou], se ne ando navígando a Clrene.

Con ció non vogliamo pero dire, o ripetere, che sia stato Filippo a istigare Dorieo a fermarsi a Crotone^^. Se abbiamo coito nel segno, la missione di que- st'ultimo, cosí come a Cirene, aveva un duplice obiettivo: italiota e sicelíota, siba- rita ed ericino. Ma, concludendo, possiamo disporre di qualche elemento che con- fermi quanto abbiamo congetturato? Che, quindi, ponga in correlazione fra loro le spedizioni di Cleomene in Attica e di Dorieo in Italia? Solo un tenuissimo indi- zio puó forse soccorrerci. Erodoto - come abbiamo detto - ricorda che Dorieo avrebbe eretto e consacrato ad Athena un tempio "presso il letto asciutto del Crati". Perché in quel luogo? Perché ad Athena? Al primo interrogativo si puo rispondere pensando che Dorieo, aUorché la città già era stata distrutta deviando il corso del Crati, allorché si apprestava a partiré per la Sicilia, volesse, con la costruzione del tempio, e in polémica con Crotone, prendere le dovute distanze dalla decisione deUa distruzione della città. Al secondo interrogativo, invece, è più difficile rispondere. Certo Dorieo, anche in vista di altre sue imprese, si sarà volu- to garantiré dalla maledizione della divinità. iVIa perché proprio di Athena? Torna ailora alia mente che in Atene, in quel medesimo anno, il 510, il suo fratello Qeomene aveva suscitato Tira della dea, violandone il penetrale, quando in armi aveva occupato l'acropoli nel vano tentativo di sostituire alla tirannide un reggi- mento oligarchico. Lo riferisce Erodoto (5, 72, 2-3):

Cieomene, con Isagora e con i suoi partlgiani, occupa l'acropoli, dove Íl resto degli Ateniesi lo assedíarono per due giorni, con unità di Intenti. Nel terzo tutti gl¡ Spartani uscirono dal paese in seguito a un negoziato. Per Cleomene cosí si compí

'" COSí PARETI, loe. cit., il quäle pero calca troppo la mano nel ritenere che Filippo, in odio a Teli e ai Sibariti, abbia persuaso Dorieo a intervenire a favore dei suoi concittadini. L'ímponanza, qualunque sia stata, del ruólo di Filippo in mérito all'awentura crotoniate di Dorieo è giustamente sottolineata anche da A. SCMENK VON STAUFrENBElíC, Dorieus, "Historia", 9, 1960, 181-215, part. 186.

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L'lhfTEVENTO CONTRO SlUAKJ 37

il presagio, Perché, quando era salito sull'acropoli, ed era sul punto di occuparía, aveva voluto entrare nel penetrale della dea per salutarla. Ma, prima che egli oltre- passasse ia porta, la sacerdotessa si era levata dal seggio, dicendogli; "O forestiero di Sparta, retrocedí, e non entrare nel santuario, che non è lecito ai Dori penetra- re fin qui [où 7àp öejitTOy Awpieuai Ttapiévai èvQavja]".

C'è un rapporte fra i due episodi, fra la dedica pia di Dorieo e Tempia pro- fana2Íone di Cleomene? È molto difficile sostenerlo. Ma non possiamo neppure escluderlo; per cui è doveroso registrare l'inversa rispondenza fra i due eventi. Certo Dorieo, il quale già aveva fallito nei suoi propositi in Africa e in Magna Grecia, non avrà voluto farsi accompagnare fino in Sicilia dalla maledizione di Athena che gravava sulla sua casata e che era costara al fratello Tonta dell'umi- liazione. Eglí, peraltro, edifica il templo alia dea alia fine della sua awentura ita- liota, quando già Sibari è distrutta, e quindi in una data presumibilmente poste- riere alie sciagurate vicende che, in Atene, coinvolgono il fratello.

3. ANCORA SU CiRENE

Quanto abbiamo detto torna a confermare, alia grande, la validité del quadro che abbiamo proposto per focalizzare la spedízione libica di Dorieo, e meglio specifícarne i moventi. Si un obiettivo insediativo o coloniarío, ma pure, e forse prima di questo, un obiettivo politico mirante a sostituire la tirannideAnonarchia di Arcesilao III con un reggimento oligarchico. A Sibari, per Dorieo, il pretesto per intervenire è dato da una conflittualitá esterna; a Cirene da una contesa intestina. Ma, in entrambe le località, pure tante lon- tane fra loro per coordinate geografiche e per usanze di vita, rítroviamo un tiranno da abbattere e una polis, molto presumibilmente, da cooptare nel- l'ambito di influenza lacedemone^'.

Che altro aggiungere? Se non che proprio la singolare e speculare rispon- denza fra le situazioni riscontrabili nelle due due città, autorizza, per entrambe, ad assegnare un medesimo movente per le interferenze di Sparta, che, comun- que si valutino, sono e vogllono essere appariscenti e vistose.

" Limita il ruolo di spedízione statale, per quella di Dorieo, É. ^]LL, Miliiaäe ei Dorieus. "NClio".?- 9.1956,127-132 í=Hisíoríca Graeco-Hellemslica. Choix d'Ecrils 195Í-1993. Paris 1998.125-129).

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CAPITOLO IV

LA COLONIA IN SICILIA

L DORIEO ED ERACLE

Diciamo subito che è impossibile determinare la durata deila sfortunata spedizione, e quindi dell'infausto soggiomo, di Dorieo in terra di Sicilia. La guerra, che lo vede soccombere, a stare a Erodoto, è anteriore alia guerra per gli empória. Ma di quanto anteriore? Ma come si inserisce I'episodio 'Dorieo' nel quadro altalenante dei rapporti fra Greci e Fenící, e quindi fra Greci e Cartaginesi, sul suolo dell'isola? È proprio difficile precisarlo, anche perché ignoriamo la data della sconfítta di Dorieo che puó collocarsi tanto in età pros- sima al 510 ca. (quando approda ín Sicilia) quanto in época molto posteriore (quando Gelone già ha assunto, o sta per assumere, la 'leadership' sui Greci di Sicilia), Solo un dato è sicuro e, per quanto apparentemente marginale, induce alia riflessione. Erodoto (7, 158, 2) ci informa che, nel 480, Gelone, tiranno di Siracusa, rimprovera agli Spartani di non avere appoggiato i Greci di Sicilia nella loro lotta contro il bárbaro, pagata appunto con ü sangue di Dorieo^. L'anno è il medesimo che vede Gelone e Terone di Agrigento trionfare a Imera sui Cartaginesi e sui loro alleati selinuntini. Dobbiamo allora pensare che la lotta íniziata contro Dorieo si sia prolungata, fra alterne vicende e assai mute- voli alleanze, fino a questa data? Non lo possiamo escludere.

In ogni caso bisogna tenere conto che più indizi indicano come Dorieo, prima di essere sconfitto, abbia in effetti conseguito gli obiettivi di conqui- sta per i quali si era mosso. In Sicilia egli doveva fondare una colonia don- dole il nome di Eracle^, come apprendiamo da Erodoto (5, 42, 3 - 43, 1):

' Gli ambasciatori, a¡ qualí si rivolge Gelone, sonó si spartani, ma non dobbiamo (con G, MADDOLI,

Sparta ela "liberazioiie"degliempori, ¡n APARCAl, "Studi Arias", 1, Pisa 1982,245-252, pan. 249 ss.) soprav- valutare queseo dato perché di fatto essi esprimono ¡stanze panelleniche.

^ COSí giustamente G. NENCI, in Erodolo, Le Slorie, Ubro V, Milano 1995, 215, del quale (a p. 51) seguiamola traduzfone.

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4ü LoiíENZü BRACCESI

Giunto a Cinipe, abito una regione belHssima dei Libi, vicino a un fíume, ma, caccia- to di li tre anni dopo dai Maci délia Libia e dai CartaginesÎ, torno nel Peloponneso.

Là Anticare, un uomo di Eleone, gli conslgliava, sulla base dei vaticini di Laio, di fondare Eraclea di Sicilia ['HpáKXeiau Tí]V èv SLIOIXII]], dicendo che tutta la regio- ne di Erice era degli Eraclidi, avendola conquistata Eracle stesso. Sentîto ciô, Dorieo andava a Delfi per domandare aU'oracolo se avrebbe conquistato la regio- ne verso la quale si dirigeva; e la Pizia gli vatícínava che l'avrebbe conquistata. Allora Dorieo, preso il gruppo [TóL' OTóXOI^] che già aveva condotto in Libia, si dirigeva verso I'ltalia [irapà T^V 'liaXíai'].

La regione era di Eracle perché I'eroe I'aveva sottratta al re Erice, dopo averio sconfitto. Dorieo, in quanto figHo di un re di Sparta, è discendente di Eracle, ed egli, nelle comrade della Sicilia occidentale, deve rivendicare I'ere- dità del mitico antenato seguendo il volere di antichi vaticini.

Eracle è sempre ipostasi dell'awentura umana in terre remote e inaccessi- bili^ Ma qui, in questa età, sul confine con il bárbaro, è qualcosa di più: è un eroe di frontiera, un 'opening hero', che deve vittoríosamente contrapporsl al Melkart fenicio''. La sua è cosí una connotazione di carattere nazionalista; in questa dimensíone la sua leggenda scopre ed esalta una componente di carat- tere indipendentista. Dorieo, in quanto suo discendente, rinnova dunque, sul confine col barbare, le sue gesta. Ma chi connota in tale maniera Eracie? Chi lo trasforma nell'ipostasi del belligérante á'i frontiera, e quindi nel precursore di ogni 'campione' che lotti contro íl bárbaro? Chi inventa, o vulga in Sicilia, la profezia relativa ai discendenti cui sarebbe spettata la propriété del territorio ericino? La critica^ ora, con buoni argomenti, indica in Stesícoro l'artefice di tanta strumentale rílettura del mito; che è compiuta nella sua Gerioneide, data- bile intorno al 560 ca. La conclusione è convincente, ma ne consegue, per imprescindibili ragioni di cronología, che la profezia circa il 'discendente' non è stata coniata per Dorieo, bensî per un altro nipotino di Eracle. Né è difficile intuiré chi egli sia, dato che in effetti, in età anteriore alla composizione della Gerioneide, fra il 580 e il 576, un altro Eraclide è venuto nella Sicilia occiden- tale per cadere vittima, come Dorieo, degli stessi nemici. È questi Pentatlo di Cnido; né ce dubbio che discendesse da Eracle e che vantasse taie sua discen-

' Per un introduzionc a] problema, con ampia documentazione, vd. ora C, JoUHDAiN ANNEQUIN,

Héraclès aux portes du soir, Paris 1989, 307 ss. •^ Cosi 1. MALKIN, Myfh aiid Territory in the Spartan Mediterranean, Cambridge 1994, 203 ss. 5 Cosi sempre MALKIN, loc. cit. Alla suggestione di remote origini euboiche Hconduce ora la senten-

za oracolare L. ANTONELLI. Consideraiioni sulk prima fondazione diZancle, "Kokalos", 42. 1996. 315-325, parc. 324 s.

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LA COLONIA IN SICILIA 4I

denza, se Diodoro (5, 9, 1-3) la ricorda proprío in associazione alla sua ínfelice spedízione in Sicilia:

Essendo le iscle [Eolie] di nuovo e sempre piCi disabitate, alcuni di Cnido e di Redi, malcontenti del pesante giogo imposto dai re d'Asia, decisero di inviare una colonia. Scelsero come loro capo Pentatlo di Cnido, che faceva risaüre la sua ori- gine a Ippote, discendente di Eracle [TO 7€uoç etc 'ITTTTOTHV rbv à^"UpaK\éovç yçyàvTa]; al tempo délia cinquantesima olimpiade - nella quale vinse la corsa dello stadio lo spartano Epitelida - Pentatlo e i suoi uomini navigarono fino alle vici- nanze del capo Liübeo in Sicilia e trovarono che gli abitanti di Segesta e Selinunte erano in guerra fra loro. Persuasi dai Selinuntini ad allearsi con loro, persero nella battaglia molti uomini fra i quali anche Pentatlo.

Pentatlo, che morirá in Sicilia come Dorieo^, è dunque un Eraclide! La profezia sul possesso eracleo di "tutta la regione di Erice", se confezionata da Stesicoro, è di fatto preesistente a Dorieo. È una profezia letteraria, valida per qualsiasi discendente di Eracle, che Anticare attinge da una 'raccolta' scritta di vaticini, suggellata e tràdita col nome di Laio'. Una profezia dunque non pro- ferita ad hoc per Dorieo, anche se quest'ultimo riceve la benedizione deifica. Una profezia, inoltre, che, in quanto preesistente, aggiungeva alla spedizione di Dorieo anche il movente délia vendetta. Egli, infatti, appartiene a una casata il cui progenitore ha fondato sîa Sparta sia Cnido.

In quanto ai "vaticini di Laio", essi rimandano ad ambiente beota, cosï corne allô stesso ambiente rimanda la figura di Anticare di Eleone^. Ma quale il signifí- cate di una tanto sottolineata interferenza beota? E presto detto. Perché, tramite Laio, si approda a Cadmo, suo bisavolo: sí mitico fondatore di Tebe in Beozia, ma, anzitutto, sovrano di stirpe fenicia in quanto figlio di Agenore re di Tiro o di Sidone. II che consente di riagganciare strumentalmente la grecità all'orízzonte cultúrale della Fenicia e delle sue colonie in occidente. Trasparente ne è l'intento propagandístico: quelle di esaltare una serta di synghéneia fenicio-ellenica in fun- zione della conquista del territorio di Erice^. Owiamente si trattava di una 'mítica parentela* che doveva ínteragíre in una duplice ottica: agli occhi tanto dei coloni

^ La comparazione Pentallo-Dórico è ora riproposta ali'actenzione, con equilibrio, da S. Dc VlDO, Gli Elimi. Slohe ai contalli e di rappresentíizioni. Pisa 1997, 194 ss. Sulla spedizione di Pentatlo, con nuove con- clusioni, vd. L. BlíACCCSI, Cronología e fondazioni coloniarie, I (Pentatlo, gli Cnidi e la fondazione di Lipari), in Hesperiû, 7, 1996. 33-36,

' Documentazione e discussione del problema in MALKIN, ¡OC. di. ** Vd. D. ASí IEKI, Erodota e Badde, Considerazioni sulla fcdc di Erodoto negli oracoli (Hdt. VIII 77),

"CISA" 19, 1993,63-76. ''Cosí ora R. GANCI, Erodoto e le origini cadmee degli Egeidi di Sparta e dei Gefirei di Álene, "Kokalos",

pross. pubbl.

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42 LORENZO BRACœSI

greci quanto dei mercanti punici residenti in Sicilia o comunque ivi circolanti. La chiave di lettura è sottile, ma confermata dal fatto che - teste Pindaro (O/. 2,23) - anche gÜ Emmenidi, signori di Agrigento, si ricollegano a Cadmo'o.

Al quale, peraltro, seppure separatamente, si riconnettono per sangue tanto Doñeo quanto lo spartiata Eurileonte'^, che - lo diremo - è suo compagno nelJa fondazione di Erice. II primo è di stírpe regale 'agiade', e gli Agiadi, come pure gli Europontidi, si légano a Cadmo perché discendono dalle nozze di Aristodemo e Argeia. Uuno ha per progenitore Eracle (da cui Illo, Clodeo, Aristomaco, nonché Aristodemo); l'altra per antenato Cadmo, figlio di Agenore (donde Polidoro, Labdaco, Laio, Edipo, Polinice, Tersandro, Tisameno, Autesione, nonché Theras con la sorella Argeia). II secondo, lo spartiata Eurileonte, è di stirpe 'egeide', e gli Egeidi ancora più direttamente si légano a Cadmo perché questi, in asse maschi- le, è antenato di Theras, avo del loro capostipite Egeo^^,

2. ERACLEA DI SICILIA

Sulla base di Erodoto, la meta della seconda spedizione di Dorieo è da loca- lizzare neU'area di Drepanon, di Trapani, ai piedi del monte Erice. Qui Diodoro (4, 23, 3) ci dice che eglí effettivamente fonda una città di nome Eraclea. Ma di nuovo la sua impresa è votata all'insuccesso, poiché egli viene assalito e sconfítto dai Fenici e/o dai Cartaginés!, nonché dagli Elimi di Segesta. Coalizzatesi fra loro queste genti lo uccidono, ponendo fine ai suoi progetti di conquista, come ci informa, con massima stringatezza, Erodoto (5,46,1) e, con maggiore dovizia di particolari, Diodoro C4, 23, 3). Specuiarí, al negativo, sonó le analogie fra questa e l'impresa coloniaria di Pentatlo di Cnido av\'enuta sempre neUa medesima area; ma queste, a nostro awiso, sonó da attribuirsi a rispondenze di carattere ambién- tale anziehe alla contaminazione e alia sovrapposizione di memorie storiografiche neUa narrazione di due episodi fra loro completamente dissociati'^

Ma perché, dopo quella líbica, fallisce pure la spedizione siciliana di Dorieo? Non gli aveva l'oracolo deifico predetto completo successo? Si, ma Dorieo paga perché trasgredisce la volontà del dio, fermandosi, prima di giungere in Sicilia, a Crotone, dove aiuta la città a espugnare la rivale Sibari. Cosí, almeno,

'" Ricostruisce l'albero genealo^íico L. LEIINUS, in Pindaro, OUmpiche, Milano 1981, 39. 1" Vd. GANG./oc. cii. '2 Sugli Egeidi, esui loro interessi mercantili, vd. M. NAn^í,l. A proposito degli Aigheidai: grandi ghé»e

ed empori nei rapportiSparta-Ciretic, "AFLPer". 18, 1980/81, 184-213, nonché ID.. Battiadi cd Aigeidai: per la sloria dei rapporli Ira Ciretje e Sparleí in e/à arcaica, in Cyrciíaica iií Anlíe¡uily, çditedhy G. Barker-}. Lloyd - J. Reynols, Oxford 1985, 375-386.

" Insisie troppo su questo punto L, PARETI, Studi siciliani e italioti, Firenze 1920, 24 ss.

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LA COLONIA IN SICILIA 43

sostengono i vinti e superstiti Sibariti seconde quanto ci riferisce Erodoto (5, 45, 1), il quale certo si fa portavoce di una tradizione gradita anche in ambiente delficoit;

Dorieo era morto per avere trasgredito í precetti dell'oracolo, perché, se non li avesse trasgredid in nulla, avrebbe realizzato ció per cui era partite: avrebbe conquistato il paese di Erice e dopo averio conquistato lo avrebbe tenuto in suo potere [eIXe av Try/

'EpuKÍvriu x^^Pn^ ^i- éXtüf KQTécrxe], enéluiné ilsuoesercitosarebberoperiii.

Dorieo perisce per avere oltrepassato il volere dell'oracolo: la conquista di Sibari gli è fatale per I'impresa siciliana. Ma non è su questo dato che dobbiamo appuntare l'attenzione, quanto sul fatto ehe la testimonianza erodotea pare qui presupporre che Dorieo non sia stato sconfitto in uno scontro da datare quando è appena sbarcato in Sicilia, ma quando già ha conquistato il "paese di Erice". Che egli pero non riesce a conservare "in suo potere" perché ha disatteso la volontà divina. L'interpretazione è sottile, e ambigua resta l'espressione "dopo averio conquistato lo avrebbe tenuto in suo potere", cíoe éXwv Karéaxe'^; ma di fatto è interpretazione senz'altro suffragata da quanto ci dice Diodoro (4, 23, 3), che certo riferisce la tradizione più accreditata in ámbito siceliota'^:

Molte generazioni dopo lo spartano Dorieo, venuto ín Sicilia e impadronitosi della terra [di Eracle], fondo la cittá di Eraclea [eicncje TTóXL^ 'HpdKXeiai']. Ingranditasí questa rápidamente, í Cartaginesi divennero ¡nvídiosi e paventarono che, divenuta più forte di Cartagine, soppiantasse l'egemonia fenicia. Perció la rasero al suolo, dopo avere marciato contro di essa con grandi forze e averia espugnata [arpareuaQi/Teç èv' a\FTr]v jieyáXaLC ôui^àiiçai KOL Kara Kpáros éXói'res' KaréaKO^av}.

Per Diodoro i soli Cartaginesi sonó gli antagonist! di Dorieo; ma probabil- mente egli riflette un clima creatosi post eventum, condízionato da una storia deila Sicilia che è, anzitutto, storia di conflitti greco-punici. Più esatta è forse la versione di Erodoto (5,46, 1), per il quale i responsabili della sconfitta di Dorieo sonó ancora i medesimi che determinarono la disfatta di Pentado, cioè gli Elimi di Segesta alleatisi - probabilmente in entrambi i casi - con i Fenici di Sicilia:

Si erano imbarcati con Dorieo come compagni neila fondazione della colonia anche

'•* COSí anche M. GlANCIULJO, Riccrche su Cwiane arcaica, Pisa 1989, 194. '* Vd. determinatamente PAHCTI. loe. cit. "^ Status quaesliotiis in K. MEISTCK, Die sizilische Geschichte bei Diodor von Jen Anfangen bis zum Tod

des Agiithokles, Diss. München 1967, 22 s.

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44 LOIÍENZO BlíACCESI

altri Spartiati [...] i quali, quando giunsero con tutta la spedÍzÍone in Sicilia, moriro- no vinti in battaglia dai Fenici e dagli abitand di Segesta ['oTTçGayoy iiáxri éaatüoévres úTTó T€ 4>0LyLKwi' KQL 'Eycaraiitív].

Non possiamo pero escludere che abbiano ragione entrambi gli autori. Uuno, lo storico Erodoto, potrebbe accennare agli awersari che Dorieo affrontô sbarca- to sul sucio cÜ Sicilia, e che certo rimasero sul piede dí guerra fino alia sua morte. L'altro, il compendiatore Diodoro, potrebbe alludere a successivi antagonisti che, sommatisi ai primi, furono i diretti responsabili della distruzione di Eraclea. Comunque sia, gli Elimi e í Fenici e/o i Cartaginesi, constátalo il rápido potenzia- mento della colonia di Dorieo, prendono a temeré per la propria egemonia sulla Sicilia occidentale; ragione per la quale Tinvestono con un grande esercito distrug- gendola. Diodoro, interessato ai casi di Sicilia, riferisce in forma esplicita ció che Erodoto, incurante della cronaca isolana, lascia solamente intuiré. Concorde, nella sostanza, è pero la loro testimonianza. La quale conferma in pieno come Dorieo, prima di essere sconfitto, abbia effettivamente conquístalo il territorio sul quale fonda una colonia che è già prospera e rícca allorché viene distrutta.

La cronología resta íncerta, ma un dato rímane acquisito: se egli fonda una città che controUa il "paese dí Erice", e se essa raggiunge uno svíluppo tale da costí- tuire minaccia per le genti limítrofe, non possiamo declassare la spedizíone sparca- na a fatto episódico, né tantomeno possiamo circoscriverla, o soffocarla, all'interno di un arco di tempo troppo contratto: grosso modo ancorabile agli armí íntorno al 510 ca., o dí poco posteriori. L'unico dato cronológicamente di rilievo ci viene da Erodoto. In un contesto interessato non a Dorieo, ma a suo fratello Leonída, egli Í7,205,1) infattí precisa che, quando quest'ultimo divíene re, il fratello è già morto:

Avendo egli infatti due fratelü più anziani, Cleomene e Dorieo, era moho lontano dall'idea di dovere regnare. Ma, morto Cleomene senza figli di sesso maschíle, e non essendo più vivo Dorieo [Awptéoç Tç OùKéTL èovTOç], che era morto anch'e- gli, in Sicilia, awennne che il regno passasse a Leonida: perché era maggíore di età di Cleombroto, che era il fíglio più giovane di Anassandrída, e anche perché aveva sposato la fíglia di Cleomene,

Leonida diviene re di Sparta nel 488/87; quindi questo è l'anno terminus ante quem per datare la morte di Dorieo, awenuta in età anteriore. D che trova piena conferma in un altro dato. II condottiero spartano muore quando ancora Minoa è possesso dei Selinuntini, come precisa Erodoto (5, 46, 1-2) riferendo l'episodio di Euríleonte che è epilogo di tutta la vicenda :

Dei fondatori della colonia solo Eurileonte soprawisse a questo disastro. Egli,

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LA COLONIA IN SICILIA 45

presi con sé i superstití dell'esercito, occupö Minoa, colonia dei Selinuntini [ëoxe Mti^ióiii' Tf)v ZeXivouaitüf dTTOLKÍíiy].

Minoa viene poi fagocitata da Agrigento. Sappiamo dalla Cronaca Lindia {FGrHist 532 F 30) che cío avviene in età pre-emmenide, quando ancora Agrigento è immune da un governo tírannico: quindi in época anteriore all'a- scesa al potere di Terone, che si pone nel 488/87. Ne consegue che Eurileonte lespugna prima di questa data. Ma, quando awiene ció, Dorieo è già morto. Ne consegue ulteriormente che anche la sua morte va coUocata prima di que- sta data, che è esattamente la medesíma dell'ascesa al trono di Leonida.

3. L'AVVENTURA DI EURILEONTE

Su quest'ultima vicenda, sulla curiosissima awentura di Eurileonte, è opportuno soffermare lattenzione per circoscrivere dentro una comice più completa e orgánica Tintera impresa di Dorieo ín terra di Sicilia, e soprattutto la dinámica delle alleanze e delle conflittualitá che le fanno corona.

I tiranni di Selinunte, per vocazione, e spesso per nécessita diplomática, coltivano sentimenti fílo-fenici'^. Anche lo spartiata Eurileonte, superstite compagno di Dorieo, dopo un turbínio di vicende, diviene tiranno di Selinunte, ma è di segno declsamente contrario: ostile, anziehe amico, all'elemento feni- cio-púnico. Oltretutto, alia maschera del tiranno somma - ad accentuare il con- trasto - quella del liberatore, che è eversore di regimi dispotici. E Erodoto (5, 46) che ci informa delle vicende del personaggio, tutte immediatamente suc- cessive alla disfatta di Dorieo:

Si erano imbarcatí con Dorieo come compagnl nella fondazione delia colonia anche altrí Spartiati, Tessaío, Parebate e Celea ed Eurileonte, i quali, quando giunsero con tutta la spedizione in Sicilia, morirono vintí in battaglia dai Fenici e dagli abitanti di Segesta. Dei fondatori dalla colonia solo Eurileonte soprawlsse a questo disastro. Egli, presi con sé i superstiti dell'esercito, occupó Minoa, colonia dei Selinuntini, e aiutô i Selinuntini a liberarsi de! tiranno Pitagora [KQI aui^eXeuoépou leXivouaicu? Toú (iouvdpxou neLOayópew]. Ma po¡, dopo averio abbattuto, egli stesso tentó dí impadronirsi della tirannide di Selinunte e ci riusci, ma per poco tempo perché i Selinuntini si ribellarono e lo uccisero, sebbene eglí si fosse rifugiato presso Tallare di Zeus Agoraios {ài^éKTeivav KaTattuyoi'Ta éirl ALôç àyopaiou ßwiiou].

1^ Vd. BHACCCSI, / tirattni di Sicilia, Roma-Bari 1998, 14 ss.

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4^ LORENZO BUACCESI

Con Dorieo non muoiono tutti i suoi compagni. I superstiti, guidati da Eurileonte, riparano a Minea, ancora piazzaforte dei Selinuntini. La quale, con ogni probabüita, proprlo in questo frangente, in memoria della colonia di Dorieo, muta il suo nome in Eraclea Minoa's. Eurileonte si inserisce quindi, come protagonista, negli affarí interni di Selinunte e aiuta i suoi abitanti a dJs- farsi del tiranno Pitagora. Ma poí egli stesso si trasforma in tiranno e per que- sto motivo viene ucciso.

Come decodificare questi accadimenti, tanto tortuosi quanto, almeno in apparenza, contraddittori? Se i Selinuntini accolgono a Minoa Eurileonte, con i pochi superstiti della spedizione spartana, dobbiamo dare per scontato che essi abbiano combattuto al fianco di Dorieo, esattamente come avevano combattu- to, settant'anni prima, al flanco di Pentatlo. Cosí stando le cose, la sconfitta di Dorieo determina per contraccolpo, contemporáneamente, tanto Tasserraglia- menlo di Eurileonte a Minoa quanto il colpo di stato di Pitagora - presumibile tiranno filo-fenÍcÍo - a Selinunte. Dalla quale, come sempre in questi casi, saran- no poi fuggiti i cittadini di parte awersa: cioè refrattari a intese con il nemíco. Avremmo cosí giustapposti due schíeramenti politici: quello del tiranno e quel- lo degli esuli cittadini, suoi oppositori. Ma dove potevano riparare questi ultimi fidando in aiuti per la propria battaglia? Se concentriamo l'artenzione sui dati in nostro possesso, è facile concludere che non potevano che essersi diretti a Minoa. Qui, poi, avranno perorato la propria causa, fácilmente convincendo Eurileonte della nécessita di marciare su Selinunte per abbattere il tiranno.

Fino qui l'insieme dei fatti potrebbe avere una sua lógica giustificazione. Ma perché poi i Selinuntini, sbarazzatisi di Pitagora, decidono di sbarazzarsi anche di Eurileonte, acensándolo, a sua volta, di essere divenuto tiranno? Chiaramente il motivo addotlo è pretestuoso. Altra è la verità. La risposta, a ben vedere, ci è fornita dagli accadimenti successivi: dal fatto che, nel 480, al tempo della batta- glia di Imera, i Selinuntini sonó alleati dei Cartaginesi, 'ZeXivowríhiv aij|i|iaxoL, come ci testimonia Diodoro (11, 21, 4) dando alia notizia il massimo risalto. Ma che cosa è accaduto nel frattempo? E successo che i Selinuntini, già schierati con Dorieo, sonó ora costretti a invertiré rotta política se vogliono soprawivere in una terra di frontiera che confina con la Sicilia fenicia. È semplice realismo poli- tico: destinato a evitare alia città di sperimentare allri insuccessi e altri regimi tirannici imposti dall'esterno. Muta cosÍ, di nécessita, anche Tatteggiamento verso Eurileonte: prima accolto da liberatore e da amico, quindi, divenuto un personaggio oltremodo scomodo, ucciso come tiranno.

Questo lepilogo estremo della spedizione siciliana di Dorieo. Diremo'^ poi

'" La documentazione è raccolta da F. BASSO, S.V. Brocha Minoa. in BTCGI, 7, 1989, 234-239. l'í Cap. VIII §§2-3.

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LA COLONIA IN SICILIA 4^

come la memoria di Eurileonte, e delle sue gesta, soprawiva e si riattualizzi nella tradizione propagandística spartana. Qui bastí concludere ricordando che i Selinuntiní compiono un atto sacrilego uccidendolo supplice nel tempío di Zeus Agoraios. Sperimenteranno pero solo i loro pronípoti la maledízione del dío, che, un secólo dopo, abbondonerà la città alla furia e alia distruzione del nemico.

4. IL SEPULCRO DI FíLIPPO

Netta, nella tradizione storíografica relativa a Doríeo, la distinzíone fra Greci e non-Greci, netta la contrapposizíone fra íl condottiero spartano e i bar- ban di Segesta o di Cartagíne che gli si oppongono. In questa temperie, nessu- no mai si aspetterebbe che il víncitore, per giunta bárbaro, eríga un monumen- to per onorare il vinto nemico. Non è questi Dorieo, ma pure sempre il suo più fedele amico: Filippo, l'atleta crotoniate, il campione olimpionico. Rileggiamo la testimonianza di Erodoto (5, 47):

Segui Dorieo e mon con lui Filippo di Butàcide, uomo di Crotone, che, per essersi fídanzato con la fíglia di Teli di Sibari, fu costretto a fuggire da Crotone. Poi, deluso nella sua aspettativa di nozze, se ne ando navigando a Cirene e quindi, muovendo di là, seguí la spedizione con una trireme propria e mantenendo egii stesso uomini al seguito, luí che era un vincitore a Olimpia c Íl più bello dei Crecí del suo tempo. Per la sua bellezza, infatti, ricevette onoranze dai Segestani quali nessuno altro mai: sulla sua tomba questi, avendo costruito un tempietto, fanno sacrifíci propiziatori [em yóp Toú TóCIJOU aOToO fiptÓLou ibpvaá[icvoi QvaiTpi airrov ÍXáaKoyxaL].

E probabile - come ha inferito la critica^" - che íl culto si confonda con quello del re indígeno Buta che, unitosí con Afrodíte, avrebbe dato i natali all'inospitale Erice. Ma resta pure sempre un interrogativo, cui non è facile dare risposta. Perché Segesta avrebbe dovuto onorare un nemico che, oltretutto, aveva mosso contro la città una guerra offensiva? Per tentare di rispondere, dobbiamo preHminarmente comprendere quando puo essere stato eretto Vheróojí in memoria di Filippo.

E assolutamente da escudere che esso sia stato eretto nel breve arco di tempo che corre tra la sconfítta di Doríeo e la battaglia di Imera. E ínconcepibile, infatti, che, nel clima della 'guerra per gli emporí' e quindi dell'aperta lotta contro i Cartaginesi^i, i Segestani, alleati di questi ultímí, avessero costruito un heróon per

^" COSí E. CIACEIíI, Culii e mili fwlla sloria delCmilica Sicilia, Catania 1910, 41 ss. 2'Cap.V§l.

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-4g' LoHCNZo BRACC:ESI

commemorare un loro dichíarato nemico. L'unica conclusione plausibile è che il monumento funèbre sia state eretto nel periodo che intercorre tra la battaglia di Imera e l'età nella quale scrïve Erodoto.

Ma quando? La critica^^, con ragione, ha indicato come única occasione possibile quella offertaci dalla notizia dell'offensiva di lerone contre Crotone, nell'anno 477, su richiesta degli esuli sibariti riparati nelle città di Scidro e di Lao. Si trattô di un'aperta sfida di Siracusa a Crotone, che era allora la più forte potenza délia Magna Grecia^î. Ma perché, per Segesta, questo sarebbe l'unico momento plausibile per onorare l'ex-nemíco Filippo? La risposta è semplice. Questi era un crotoniate, e lo scenario délia política internazionale, dalla sua morte con Dorieo, aveva conosciuto un mutamento e una rápida accellerazio- ne. Segesta, al presente, commemorando Filippo, non onorava un nemico, non onorava un compagne di armi di Dorieo, ma il figlio illustre dÎ una città, come Crotone, che è minacciata dalle mire aggressive délia medesima tirannide sira- cusana che aveva provócate la sua sconfitta e quella degU alleati cartaginesi nella giomata di Imera.

In questa prospettiva, non è inutile ricerdare che la critica^-^, indipenden- temente da talí conclusioni, aveva già ipetizzate l'esistenza, prima del 480, di rapperti di amicizia di Crotone con Tlmera di Terille: quindi con una città filo- punica assimilabile, in cette sense, alle stesso orizzonte 'politico' di Segesta.

Che altro aggiungere? Solo una considerazione. Non è necessarie postula- re che Eredote abbia apprese Tinfermazione sul sepolcro di Filippo in Atene, dove la notizia poteva essere filtrata a seguito dei rapporti ehe essa intrattene- va con Segesta25. E più economice pensare che lo storico, cittadino di Turi, pro- prie in Turi abbia apprese la ghiotta notizia pertinente un figlio illustre della limitrofa Crotone insólitamente enerato e menumentate in una città straniera.

22 Vd ora. B. ROSSIGNOLI, in appendice a BnAc:cESI, Doñeo, Un monumento e un epitafio, "Kokalos", pross. pubbl-, con conclusioni che sonó fruteo d¡ conversazioni comuni.

2' La documentazione e la ricostruzlone del quadro politico in N, LURAGl !I, Tirannidi arcaiche in Sicilia e in Magna Grecia, Fírenze 1994, 349 ss.

2-1 Vd. M. Sordi, La leggenda dei Dioscuri nella battaglia della Sagra e di Lago Regillo. "CISA", 1, 1972, 47-70, part. 52,

" COSí NENCI, in Erodoto, Le Storic, Libro V, cit„ 222.

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CAPITOLO V

GELONE E DOKIEO

1. LA GUERRA PER GU EMPORI

Sullo sfondo dell'awentura di Dorieo, forse quale appendice, o più proba- biimente quale segmento continuo coínvolgente Tintera vicenda, è la guerra per gli emporta o 'prima guerra púnica' combattuta da Gelone di Siracusa.

Delia quale poco o nuUa sappiamo. Neppure se essa sia stata interessata a liberare empori commerciali cartaginesi, ovvero - corne ora sostengono i più - approdi di città siceliote divenute fílopuniche'. In taie caso, il conflitto avreb- be anzitutto inreressato i porti di Selinunte e di Imera, città alleatesi, o comun- que allineatesi, con Cartagine nel periodo di tempo che intercorre fra i rivol- gimenti selinuntini che seguono alla morte e alla disfatta di Dorieo {post 510 ca., ante 488 ca.) e gli eventi imeresi ehe preludono alla cacciata del tiranno Terillo {ante4d><) ca.).

A ben vedere, per la guerra degli empória tanto avare sono le nostre informazioni quanto amplifícate sono le sue ripercussioni nel dibattito sto- riografico, e soprattutto nella pagina di Erodoto. Il quale (7, 158, 1-3) attri- buisce a Gelone un ruolo di primo piano in tutta la vicenda, seppure accen- nandovi in rápida toccata e fuga: nel contesto délia narrazione di accadimen- ti pertinenti gli antefatti délie battaglÎe contro il bárbaro combattute a Salamina e a Imera. Nella sua narrazione è Gelone, divenuto signore di Siracusa, che, nel 480, richiesto di intervenire contro i Persiani, allude al con- flitto in discorso diretto, rinfacciando ai Greci, e soprattutto agîi Spartani, di non essere intervenutï al fíanco dei Sicelioti nella lotta contro Í Canaginesi, pagata con il sangue di Dorieo:

I CosiG. MADDOLI, Gelone, Sparta e h "Uheraziane" degli empori, xn APARCA], "Sludi Arias", l,Pisa 1982, 245-252, cui rimandiamo per una compleca informazione bibliográfica. Contra, vd. ora I. MALKIN,

Myih and Territory in the Spartan Mediterranean, Cambridge 1994, 201 ss. che torna a riprospettare I'ubica- zione dcgli empória sulla costa africana. Ulteriori considerazioní in Cap. 6 § 3.

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50 LORENZO BIíA(X;ESI

"Uomini di Grecia, con parole arroganti avete osato invitarmi ad allearmi con voi contro il barbare. Ma voi stessi, quando io, tempo fa, vi pregavo di attaccare insieme con me l'esercito dei barban, nella guerra clie avevo íngaggiato contro í Cartaginesi, e vi scongiuravo di vendicare la morte di Dorieo, figlio di Anassandrida, ucciso dai Segestani, e vi proponevo di aiutarmi a liberare gli scali commerciali [ÚTTOTetvoi'705 re Tó é^TTÓpia aui'eXeuOepoÚL'], dai quaÜvoi avete ricavato grandi util! e vantaggi, voi non veniste a portarmi aiuto né per riguardo a me né per vendicare l'uccisionedi Dorieo [ouTe efieO €V€Ka nXoere ßoTi9r|aowT€s oÜTe TÓy Atapiéoç ^óvou èKTrpriÇo|j.ei'Oi]; e, per quanto sta in voi, tutto cio sarebbe ancora in mano dei barbari. Ma ora, poiché le cose si sono messe bene per me, e procedono al meglio, ora che la guerra ha cambíate campo di azione e si è volta contro di voi, ora finalmente vi siete ricerdati di Gelene".

La testimonianza di Erodoto è tutta qui, spropositatamente avara. Dram- matizza sÍ - sulle labbra di Gelone - la guerra per gli empória, ma nulla poi spe- cifíca circa la sua motivazione, la sua data e la sua durata. Né, a díssipare le té- nèbre che lawolgono, soccorre granché l'ulteriore testimonianza di Trogo- Giustino, che accenna (o parrebbe accennare) alia guerra in due brevi íncisi: entrambi incentrati sul motivo dell'aspirazione púnica alVimpenum Siciliae.

II primo luogo (4,2, 6-7) ci attesta la realtà di una lunga guerra, che è com- battuta dai Cartaginesi contro 'imprecisati' tiranní delia Sicilia per contendere loro il possesso dell'isola; guerra che, di fatto, dopo altalenanti vicende, si con- clude solo nel 480 con la battaglia e la vittoria greca di Imera:

Imperium Siciliae etiam Karthaginienses temptavere, diuque varia victoria cum tyrannis dimicatum. Ad postremum amisso Hamücare ímperatore cum exercitu aliquantisper quievere victi.

Anche i Cartaginesi tentarono di dominare la Sicilia e a lungo, con varia fortuna, combatterono contro i tiranni. Ma alla fine, essende slati vinti e avendo perduto ¡1 loro comandante Amilcare cen l'esercito, rimasero in pace per alquanti anni.

II seconde luogo (19, 1, 9-12) ci attesta la richiesta di aiuto, indirizzata a Leonida, fratello del re di Sparta, da parte délie genti greche di Sicilia angu- stíate dalia minaccia púnica; richiesta di aiuto che sarebbe stata contemporánea a'un'ambasceria indirizzata - come già abbiamo anticipato - da Dario a Carta- gine. Tale Ü testo tradito:

Itaque Siciliae populis propter adsiduas Karthaginiensium ¡niurias ad Leonidam, fratrem regis Spartanorum, concurrentibus grave bellum natum, in quo et diu et

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GELONE E DORIEC) 51

varia victoria fuit proeliatum. Dum haec aguntur, legati a Dario, Persarum rege, Karthaginem venerunt adferentes edictum, quo Poeni humanas hostias immolare et canina vesci prohibebantur; mortuorum queque corpora cremare potius quam terra obruere a rege iubebantur; patentes simul auxilia adversus Graeciam, cui inlaturus bellum Darius erat.

Cosí i popoii di Sicilia, a causa delle continue violenze cartaginesi, ricorsero al fra- tello del re di Sparta Leonida: ne nacque un'aspra guerra, nella quale si combatte a lungo e con alterna fortuna. Mentre cio accadeva, ambasciatori inviati da Dario re dei Persiani vennero a Cartagine recando un editco con il quale si vietava ai Punici di sacrificare vittime umane e di mangiare came di cane. Inoltre si ordinava loro di cremare i cadaveri dei morti anziehe di seppellirli. Nello stesso tempo, gli ambascia- tori chiedevano aiuto centro la Grecia alla quale Dario stava per muovere guerra.

2. IL PROBLEMA DELLE FONTI

Sia la testimonianza di Erodoto sia quelle di Trogo-Giustino sembrano adumbrare uno stato di aperta conflittualita che coínvolge tanto i Sicelioti quanto i Cartaginesi già molto prima del 480 e della battaglia dí Imera, cioè della 'seconda guerra púnica* di Gelone. In certo sense, e valorízzando in forma globale tutte le nostre testimoníanze, potremmo quasi parlare di un ininterrot- to conflitto dí duraia trentennale che sí articola in tre fasi: la guerra di Dorieo iposí 510 ca.); la guerra per gli emporta (post 491 ca.); la guerra, infíne, che si conclude con la battaglia e la víttoria di Imera (nel 480). Ma rimane un fatto innegabÜe - né dobbiamo rimanerne condizionatí - che Erodoto, con accent! trionfalistici, pone suüe labbra di Gelone parole che si adattano più al 'dopo' anziehe al 'prima': che, in definitiva, anche se pronunziate anteriormente alia battaglia di Imera, parlano al lettore solo in questa prospettíva e nell'ottica uni- voca della vittoria greca sul bárbaro^.

Erodoto attribuisce a Gelone un ruólo di primo piano nella guerra per gli empória. Trogo-Giustino, nella sua prima testimonianza, parla di una lunga lotta sostenuta dai Cartaginesi centro 'imprecisatí' tiranni al plurale. La critica^ a ragione, conclude che questi siano da individuare in Gelone e in Terone, il signore di Agrigento. Ma Trogo-Giustino, nella sua seconda testimonianza, con la notizia circa la legazione di Darío a Cartagíne, non ci consente di scendere al

2 Vd. últimamente N. LURACIII, Tirannidi arcaiche in Sicilia e Magna Grecia, Firenze 1994, 280. ' Lo status ^uaeslionis sempre in LuiîAGlIl, Tirannidi. cit., 278 s. Vd. pure L. BRACCESI, / tiranni di

Sicilia, Bari 1998, 25 ss.

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52 LORENZO BIíACCESI

di sotto dell'anno 491. Infatti, Ü Gran Re deve ancora muovere contro la Grecia {adversus Graeciam), dove, nel 490, la sua armata è sconfítta dagli Ateniesi a Maratona. Ma il 491 è pure I'anno nel quale Gelone diviene tiranno di Gela.

Diremo più avanti'' che, a nostro awiso, l'ambasceria di Dario a Cartagine si data molto prima. Ma, pure ammesso e non concesso che essa possa datarsi proprio nel 491, come ritiene la critica, allora cosa dobbiamo concludere? Dobbiamo opinare che Gelone, nello stesso anno, abbia agito su due fronti? Abbia operate il colpo di stato in Gela e contemporáneamente iniziato Taspro conflitto per la liberazione degli empori? Oltretutto, quando ancora inattualí sono le prospettive di conquista di Siracusa, e con esse i propositi di egemonia commerciale sui porti della Sicilia.

A nostro awiso, è difficile ammetterlo. Comunque, anche se cosí fosse^, anche se in effetti Gelone avesse suscitato la guerra anticartaginese simultanea- mente alia sua ascesa al potere, resta pure sempre da aggirare un altro - non meno grave - ostacolo cronológico. Abbiamo precisato che uno degli 'imprecisati' tiran- ni nominati da Trogo-Giustino, nella sua prima testimonianza, altri non è che Terone. Ció implica pero che questi, quando scoppia il conflitto, sia già tiranno di Agrigento. Orbene, se ancoriamo l'inizio della guerra per gli empória all'anno 491, non possiamo non constatare come ci sia una discrepanza con la data che Diodoro (11,53,1) ci offre per la sua ascesa al potere: da lui fissata nel 488/87.

Unica e sola conclusione plausibile è che l'appello indirizzato da Gelone ai Greci di madrepatria "per vendicare l'uccisione di Dorieo" (di cui ci pada Erodoto) nulla abbia da spartire con il consimile appeUo rivolto dalla grecïtà sice- liota "a Leonida, fratello del re di Sparta" (di cui ci informa Trogo-Giustino).

Ma l'appello deUa grecità siceliota è proprio rivolto a Leonida? La critica*^, infatti, non ha escluso che il tràdito ad Leonidam fratrem régis Spartanorum sia corrotto, proponendo di ipotizzare una lacuna dopo ad, di correggere Leonidam in Leonidae, e quindi di restituiré il testo con Íl supplemento Dorieum. Cioè: ad Dorieum Leonidae fratrem régis Spartanorum. Pensare a Dorieo è giusto; ma l'e-

•" Cap. VI § 2. 5 Cosi MADDOLI. in APARCAl "Studi Arias", 1. 247 s. <' Cosl Fr. RüHL. in M. luttiâtJi îuslim Epiioma hisioriarum Philippkarum Pompei Trogi, Lipsiae 1886,

XXXV, nonché ID,, Die Textquellen desjustinus, "Jahrbuch für dassichen Philologie" 6,1872, 15Í-176, part. 157 (sulla base di un suggerimento di A. von Gutschmid), con conclusioni accohe da L, PAIîET!, Studi Sici- lian i ed italioli, Firenze 1914,17 e 79. Vd. inoltre, per una documemazione esauriente, l'apparato di O. SEEL,

M. lutiiam lustiiii Epitoma hisioriarum Philippicarum Pompei Trogi, Stuttgart 1972^, 165 che, per suo conto, annota "error lustini videtur". Di parère contrario sono V. MEIîANTE, Sulla crottologia di Dorieo e su alcutti prohlemi conttessi, "Historia" 19. 1970, 272-293, pan. 282 (con intento pero troppo disinvoltamente volto a rivoluzionare la cronología iradlzionale della spedizione di Dorieo, da lui fissata, con tesi ¡nascoltata, a! 526/25) e MADDOLI, in APARCyil, "Studi Arias", 1, 247 (con intento troppo deliberaramente volto a igno- rare il problema).

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GCLONE E DORIEO 53

mendamento è sbagliato perché áncora la sua spedizione all'epoca stessa di Leonida, cioè a dopo ñ 488: anno nd quale quest'ultimo succède al fraîello Cleomene sul trono di Sparta, divenendo a sua volta sovrano. Il che ha portato a rifiutare l'emendamento in quanto storicamente improponibile'.

3. L'iNTERFERENZA SPARTANA

Ma è bene scavare più a fondo. Il re Cleomene, che muore senza eredi, ha dunque due fratelli, o fratellastri: Leonida, il futuro eroe délie Termopili, che gli succède, e Dorieo, che avrebbe dovuto ereditare il trono spartano se non fosse morto in Sicilia, combattendo, presso Erice, centro gli Elimi di Segesta e i loro aUeati fenicio-punici. L'asserisce esplicitamente Erodoto (5, 48):

In questo modo era mono Dorieo. Se invece egli avcsse accettato corne proprio re

Cleomene, e fosse rimasto in patria, sarebbe dívenuto re di Sparta [eßaaiXeuCTe âv AaKeoaitiovoc]. Infatti non regnô a lungo Cleomene e mon senza figli maschi, lasciando una sola figlia di nome Gorgö,

Tale la sorte di Dorieo: sarebbe dovuto essere monarca in Sparta, ma, in sua vece, gli subentra Leonida, come ricorda ancora Erodoto (7, 205, 1) rife- rendoci dell'ascesa al trono di quest'ultimo:

Avendo egli infatti due fratelli più anziani, Cleomene e Dorieo, era molto lontano dall'idea di dovere regnare. Ma, morto Cleomene senza figli di sesso maschile, e non essendo più vivo Dorieo, che era morto anch'esso in Sicilia [reXcuTriaavTOs KQI TOUTOU èv IiKeXiri], awennne che il regno passasse a Leonida sia perché era maggiore di età di Cleombroto, che era il figlio più giovane di Anassandrida, sia perché aveva sposato la figlia di Cleomene.

Confortât! da queste informazioni, possiamo ritornare alla seconda testi- monianza di Trogo-Giustino. Orbene, nulla ci impedisce di congetturare, con assoluta legittimità, che in seno alla tradizione, nella trasmissione délia notizia, sia awenuta una sorta di confusione tra i due fratelli: nel senso, cioè, che una

' COSí ulrimamente anche S. Dc VlDO, Gli Elimi,Stone ai conlatli e di rappresenlazioni, Pisa 1997, 192 s. e V. KK!NC;S. Carthage et les Grecs, c. 580-480 av. J.-C. Leidel - Boston - Köln 1998, 186 s. (sulla quale vd, Cap. I § 2). Potremmo afiche pensare che Giusiino, epitomando Trogo, abbia malamente con- trallo un cràdito originario del tipo "a Dórico, fratello di Leonida, fratello del re di Sparta": quindi ad [Dorieum] Leónidas fratrem regís Spartanorum [fratrem]. Ma è questa soluzione macchinosa e assai poco convincente.

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54 LORENZO BRACœSI

sottintesa allusione a Doñeo si sia trasformata in un'esplicita menzione di Leonida. Con un processo che di fatto è giustificabüissimo qualora ne attri- buissimo la congiunta responsabilità a un glossatore e a un copista, ambedue maldestri. 11 primo avrebbe potato identificare nel più noto Leonida il fratello del re di Sparta, laddove avesse chiosato un tràdito recante la sola ínformazio- ne che la grecità siceliota si era rivolta per aiuto "al fratello del re di Sparta" (quindi ad fratrem regis Spartanorum). II secondo, il copista, avrebbe potuto inseriré nel testo la chiosa errata, alterándolo nel tràdito "a Leonida, fratello del re di Sparta" (quindi ad Leonidam fratrem regis Spartanorum).

Dunque, a nostro awiso, doveroso e giustificato è l'intervento testuale, ma solo per espungere il tràdito Leonidam. Quindi più correttamente:

Itaque Siciliae popuHs propter adsiduas Karthaginiensium iníurias ad [[Leonidam]] fratrem regis Spartanorum, concurrentibus grave bellum natum, in quo et diu et varia victoria fuit proeliatum.

COSí i popoli di Sicilia, a causa delle continue violenze cartaginesi, ricorsero al fra- tello del re di Sparta [[Leonida]]: ne nacque un'aspra guerra, nella quale si com- batte a lungo e con alterna fortuna.

Soppresso l'accenno a Leonida nella nostra testimoníanza, non vi sonó più ostacoli per riferire a Dorieo la richiesta di aiuto da parte dei Siciliae po- puli. Richiesta che avviene in un'età che, per la menzione degli ambasciato- ri di Dario petentes auxilia adversas Graeciam è comunque anteriore all'a- scesa al potere di Gelone, e quindi all'inizio della guerra per gli empória. Ma di quanto anteriore? La testimonianza di Trogo-Giustino non consente di precisarlo, poiché è cronológicamente troppo poco pregnante l'accenno al- Tintenzíone di Dario di portare guerra ai Greci. Potra, a prima vista, appa- rire forzato il riportare tale suo proponimento all'età in cui Dorieo sbarca in Sicilia; ma - come diremo - anche una siffatta cronología potrebbe trovare una sua convincente giustifícazione^. In ogni caso è certo più arduo ricon- nettere la genesi del grave bellum, sorto in Sicilia, a Leonida che nell'isola mai approda^.

Ci resta cosí in mano un ÍmportantÍssÍmo documento in più relativo alla spedizione di Dorieo, dal quale ne apprendiamo il movente, e un documento in meno in margine alia guerra per gli empória.

s Cap. VI § 2. ^ "Che qui sí alluda a una richiesta di aiuto rimasta senza effetto, non mi pare possibile. L'invito è

dato come causa e principio deila guerra". Cosí giustamente PARETI, Studi, cit., 17 n. 2.

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GELONEEDOIíICO 55

4. LA TRAMA DEGLI EVENTI

Sofferraiamoci sul documento in più. Esso trova piena conferma in una notizia di Pausania (3, 16, 4) che ricorda un monumento, eretto a Sparta, per commemorare coloro che caddero "con Dorieo figÜo di Anassandrida"'o. Se dunque, nella città, un heróon celebrava i compagni di Dorieo, ció testimonia che la sua, in Sicilia, fu in effetti una spedizione voluta dal potere centrale.

Abbiamo realmente un documento in più, fornitoci dalla seconda testimo- nianza di Trogo-Giustino. Per essa la guerra fra i Greci di Sicilia e i Fenici/Car- taginesi è già neü'aria, ma pare iniziare solamente quando Dorieo - cioè il fra- tello del re di Sparta - approda neU'isola. Passo che egli compie su sollecitazio- ne dei Siciliae populi che si rivolgono a lui per aiuto. Questo il fatto nuovo, e degno della massima attenzione! Dorieo non viene in Sicilia sua sponte per fon- dare una città nel "paese di Erice", dove stanziare poveri e inoffensivi coloni, ma vi arriva chiamato dai fratelli di Sicilia a capo di una spedizione militare, certo desiderosa di cavalcare l'awentura come mostra la precedente sosta a Crotone e il coinvolgimento nella guerra contro la rivale Sibari. Non stupisce allora che, al sopraggiungere di Dorieo in Sicilia, il latente conflitto fra elemen- to greco e fenicio-púnico abbia conosciuto una rápida accellerazione determi- nata dagli obiettivi espansionistici del principe spartano: imperialisti prima an- cora che, stricto sensu, coloniari.

Ma quali i SicUiae popuW? Quando Dorieo approda neU'isola è mai pos- sibile che la guerra interessi già tutta la Sicilia greca? È difficile ammetterlo. Più correttamente i Siciliae populi saranno da riconoscere nei Sicelioti delle città di frontiera, sul confine occidentale, coinvoiti più da presso nella cam- pagna militare di Dorieo: cioè, anzitutto, negli abitanti di Selinunte e di Imera. In ogni caso, la guerra innescata dal condottiero spartano è guerra che dura a lungo {diu) e che conosce alterna sorte {varia fortuna). Molto probabilmente si prolunga anche dopo la morte del suo artefice, confon- dendosi con la prima, o forse anche con la seconda, guerra púnica di Gelone, e appunto per questo evolvendo con alterna sorte.

Se ha un costrutto quanto siamo venuti dicendo, possiamo concludere il discorso proponendo una più puntúale periodizzazione degli eventi: 1) chia- mata di Dorieo; 2) sua affermazione suU'elemento elimo e fenicio; 3) fonda- zione di Eraclea presso Erice; 4) sua distruzione, con sconfitta e morte di Dorieo; 5) prima guerra púnica di Gelone volta a liberare glí emporta cadu- ti in órbita anellenica dopo la disfatta del condottiero spartano.

Cap.7§ 1.

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56 LORENZO BIíACCESI

Ma quali questi emporta} Molto probabilmente - come abbiamo antici- pate - i portí commerciali di Selinunte e di Imera". Citta le quall, dopo la sconfitta di Dorieo, sonó costrette a contraire alleanze con l'elemento car- taginese, nonché a tollerare tiranni di sentimenti filo-punici"^. Per riportarle in órbita di influenza greca, per riaprirle ai flussi del commercío ellenico, Gelone avrebbe iniziato la guerra per 'liberare' gli empori. Ma non possia- mo neppure escludere - trattandosi di empória e non di apoíkíai • che essi, viceversa, siano da ricercare sulla costa africana'^ Qui poteva essersi riper- cossa ai danni dei Greci, con ritorsioni economíche e commerciali, la mede- sima conflittualità con l'elemento anellenico presente in Sicilia, divenendo poi tanto più inarginabile dopo la sconfitta di Dorieo.

Comunque sia, e in entrambi i casi, la guerra coinvolge la Sicilia. Alicato di Gelone è Terone di Agrigento'S che riesce a scacciare da Imera Terillo, un tiranno di sentimenti filo-punÍci, legato da profondi vincoli di xenía ad Amilcare - il condottiere cartagínese - come testimonia Erodoto (7, 165). Siamo qualche anno prima del 480; Terone è certo aiutato, ali'interno di Imera, dalla fazione anti-punica. La disfatta di Dorieo genera cosí la 'prima guerra púnica' di Gelone, che puo avere avuto anche un fronte africano. Questa guerra, a sua volta, dopo la conquista agrigentina di Imera, genera una nuova contesa che, per la prima volta, coinvolge in forma diretta e mas- siccia anche Cartagine. È questa la 'seconda guerra púnica' di Gelone, che termina nel 480 con la vittoria greca di Imera, nonché con la sconfitta e la morte di Amilcare.

La guerra per gli empória, o 'prima guerra púnica' di Gelone, affrancata dai vincoli della seconda testimonianza di Trogo-Giustino, potrebbe cosi datarsi tranquillamente in un qualsiasi anno compreso nell'arco del decennio 490- 480^5. Conclusione tanto più convincente anche considerando la vicenda stori- ca di Gelone, prima tiranno di Cela e poÍ, dal 485/84, signore di Siracusa. La guerra per gli empória si combatte sul mare, ma Gela né è - né è mai stata - una potenza marittima. Ragione per la quale è molto probabile che la guerra sia ini- ziata, 0 sia rápidamente cresciuta di intensità, solamente quando Gelone, dive-

l' Conclusione pienamentc conciliabile con le argomentazioni cí¡ MADDOLI, in APAKCAl, "StudÎ Arias", 1, 245 ss. Pensa ad Eracîea MÎnoa (la cui gravitazione in area di Íníluen2a púnica non è pero docu- meniaia in quest'età) R. DESCAKT. Gélon et les emporta de Sicile, "Messana". 13, 1992, 5-16.

'^ Vd. determinatamente BlíACíXSl, / lirûtini, cit., 13 ss. lî Cap. VI S 3. '•• Che diviene suc suocero in scguito al matrimonio con Gelone della propria figlia Damarete, corne

testimonia Diodoro 11. 26, 3. Vd. BHACCESI, Agrigento greca nel suo dîvenire storico, in "Veder greco". Le Jiecropoli di Agrigento, Roma 1988, 3-22, part. 13.

" Cosl, sostanzialmente, anche G. NCNCi, in Erodoto, LeStorie, Libro V, Milano 1994.215 ss. Vd. inoi- tre DE VIDO, S.V. Eraclea di Dorieo, in BTCGl, 1, 1989, 229-233, part. 231.

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GCLONE E DOHICO ^^

nuto signore di Siracusa, è stato costretto, per la prima volta, a porsi il proble- ma di una propria egemonia marittima. Peraltro la prima testimonianza di Tro- go-Giustino - unica dunque pertinente la guerra per gli empória • sembra qua- si sottintendere un rapporto di continuità fra la 'prima' e la 'seconda guerra pú- nica' di Gelone, conclusasi nel 480 sul campo di Imera. Quando appunto, mor- to Amilcare, i Cartaginesi quievere victi.

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CAPITOLO VI

FRA ORIENTE E OCCIDENTE

1. L'INTESA FRA PERSIA E CARTAGINE

II quadro che abbiamo ricostruito pone Dorieo al crocevia fra oriente e oc- cidente. Da un lato la Persia, che íngloba come sua tributaria Cirene, dove il principe spartano fallisce nel probabile tentativo di aiutare gli oppositori di Ar- cesilao III nell'instaurare un governo non soggetto al Gran Re. D'aitro lato Car- tagine, o comunque il blocco fenicio-púnico, che lo sconfigge tanto in Africa quanto in Sicilia.

Muore in terra di Africa la probabile ostilità del Gran Re per Dorieo, ov- vero della Persia per Sparta? Sono fra loro indipendenti le due sconfitte che subisce Dorieo per parte dell'elemento fenicio-púnico, cosí in Africa come in Sicilia? Un'eventuale intesa antispartana fra la Persia e Cartagine, nata in Afri- ca, non potrebbe essersi dilatata fino a proiettarsi suHo stesso fronte siciliano? In questo caso, beninteso, piii nei protocolli diplomatici, piii nei progetti di lot- ta anti-ellenica, più nei limiti di definizione di future sfere di influenza, che non in veri e propri propositi operative Certo gli interrogativi qui formulati sono az- zardati, e - se vogliamo - dirompenti, ma non privi di costrutto soprattutto se rimeditiamo su awenimenti di non molto posteriori.

Sappiamo, infatti, da Erodoto (7, 157, 3) che, nel 480, quando Gelone di Siracusa è richiesto dagli "Spartani e dai loro alleati" di intervenire contro la Persia, questi cosi terminano il loro discorso:

"Non sperare che, quando il re di Persia ci abbia sottomesso vincendoci in batta- glia, non giunga da te; devi guardartene prima. Aiutando noi soccorri te stesso [ßoriGetoy yctp W^^ aetouTw TL[iCjpéeL5]".

La minaccia, peraltro, era tanto reale che Gelone stesso - anie eventum, prima di diventare il campione della liberta greca e il trionfatore di Imera - si garantisce dalle possibili conseguenze 'occidentali' di una vittoria del Gran Re

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60 LORENZO BKACCESI

con l'invio di un proprio plenipotenziario a Delfí, che aveva la consegna di offrirgli atto di sottomissíone. Lo riferisce sempre Erodoto (7, 163, 2):

Appena apprese che il re di Persia aveva varcato l'Ellesponto, mando a Delfi Cad- mo di Cos, figlio dí Seite, su tre pentecontere, con molto denaro e proposte di amicizia. Per attendere qui il risultato della guerra. Se il barbare avesse trionfato, egli doveva consegnargli il denaro, nonché la terra e l'acqua dei sudditi di Gelone [Tó Te xP^M-CtTa OOTIíJ ôiôoi/at Kot yfii' re KQL ijôwp TúV dpx^i ó FAwv]; se in- vece avessero vínto gü Elleni, doveva riportare indietro il denaro.

In una parola, nel caso di victoria del Gran Re sui Greci di madrepatria, Gelone si autoimponeva un tributo da versare alia Persia, proprio come aveva fatto Arcesilao III, a Cirene, al tempo di Cambise. 11 pericolo era dunque reale! Ma ce qualcosa di più. Diodoro (11,1, 4), attingendo a Eforo, e forse anche a Timeo, ci racconta di un'intesa che sarebbe stata contratta fra i Persíani e i Cartaginesi per anníentare, con manovra awolgente, gli Elleni tanto ín Grecia quanto in Sicilia:

Serse [...], volando distruggere tutti gli Elleni, Ínvi6 un'ambasceria ai Cartaginesi per sollecitare un'azione comune, e si accordo con essi: egli si sarebbe mosso centro i Greci residenti in Ellade, mentre i Cartaginesi, al contempo, avrebbero predisposto grandi forze e avrebbero sottomesso i Greci che abitavano in Sicilia e in Italia [KQI

KaTaTToXep-fiaaL TWV 'EXXIíI/OJI' TOùç Trepl SiKeXiai^ KQI 'IraXíav OLKOÚuTa?]. Rispettando i patti, i Cartaginesi con grande somma di denaro raccoisero mercenari dall'Italia e dalla Liguria, e inoltre dalla Gallia e dall'Iberia. In aggiunta a queste forze arruolarono truppe domestiche dalla Libia e da Cartagine. Alia fine, trascorsi tre anni in preparativi [TpifTií xpowi* Trepi TTapaoKeuàs daxüXi^eeuTe?], misero insie- me oltre trecentomila fantí e duecento navi.

La critica' è da sempre divisa suU'attendibÜita di questa notizia. Ma ora, proprio la vicenda storica di Dorieo, se decodificata in filigrana, se opportuna- mente focalizzata, senza prevenzioni, privilegiando le luci alie ombre, ci offre l'occasíone per rimeditarla con piià critica attenzione. Certo di per sé, caduta dall'alto, senza precedent!, la notizia della manovra awolgente della Persia e di Cartagine, e della loro alleanza ai danni della grecità, ci appare come notizia

' Fra gli Studiosi più emínenti schieratisi a favore della notizia (testimoniataci anche da Diodoro 11, 20, 1 eda scolio a Pindaro Py/A. 1, 146 b), vd. G. PUGLIESECARIîATCLLI, Le guerre mediche e ii sorgere della lolidarietà panellcmcäy ¡n AttiCon La Persia e il mondo greco-romano, Roma (1965) 1966, 147-156, part, 154 SS. (= Scritti Stil mondo aniico, Napoli 1976, 20-34. part. 29 ss.). La successiva bibliografía è raccolta e dis- cussa da W. Huss, Geschichte der Karthager, München 1985, 97 ss,

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FiiA OuiENTc c OCCIDENTE 51l

propagandística elaboratasi, con tutta probabilità, per esaltare il molo dell'oc- cidente ellenico e il peso della vittoria siracusana di Imera^. Ma, se ravvisiamo quale 'precedente' o 'presupposto' dell'intesa fra la Persia e Cartagine, contrat- ta neU'eta di Serse, la precedente loro conflittualità contre Dorieo, allora si che la notizia della manovra anti-ellenica, in vista dello scontro del 480, diventa dawero credibüe. Non conosciamo l'anno della morte di Dorieo, che potreb- be datarsi solo un decennio prima di Imera; ma sappiamo ehe l'intesa fra la Per- sia di Serse e Cartagine risale - per testimonianza di Diodoro - ad almeno "tre anni" prima del 480. Siamo cosï nell'età della guerra per gli empória, che - te- ste Erodoto - ha quale suo presupposto proprio la sconfïtta di Dorieo. Dunque, un filo continuo, anche se esile e sottile, pare correré non solo fra l'approdo di Dorieo in Sicilia e lo scontro di Imera, ma anche fra le relazioni che la Persia intrattiene in tutto questo periodo con Cartagine, prima per contrastare i pro- getti del principe spartano e quindi per stritolare la grecità dentro una sola e terribile morsa, tanto a oriente quanto a occidente.

U quadro, cosí deHneato, potrebbe reggere, consentendo una nuova e più articolata risoluzione del problema. In questo caso, troverebbero anche con- vincente risposta gli interrogativi donde siamo partiti. Sonó fra loro indipen- denti le due sconfitte ríportate da Dorieo in Africa e in Sicilia? No, perché ambedue le volte antagonista è sempre l'elemento fenicio-punico, la cui azio- ne e la cui strategia risponde a una stessa lógica: quella di sopprimere sul nascere, cosî a Cinipe come a Erice, l'insediamento spartano, awalendosi in entrambe i casi dell'alleanza con le popolazioni indigene. Muore in terra di Africa la presumibile ostilità del Gran Re ai programmi politicí di Dorieo, owero si dilata fino a proiettarsi sul versante siciliano? No, non muore in area Ubica, perché è ipotizzabile un'intesa antispartana, o comunque anti-ellenica, contratta fra la Persia e Cartagine. Intesa che, per noi, costituisce il presuppo- sto per awalorare la storicita della più nota alleanza che le due potenze avreb- bero stipulato in età posteriore: almeno "tre anni" innanzi dalle vittorie greche di Salamina e di Imera.

2. DARíO E CARTAGINE

Ma, se abbiamo coito nel segno, quando datare questa prima intesa anti- spartana da riportare all età di Dorieo? La risposta ci è offerta da una testimo- nianza che già conosciamo, ma che è opportune rileggere. Scrive Trogo- Giustino(19, 1,9-12):

2 COSí ancora últimamente L. QHAC.Œ%1,1 íiranm diSia'liä, Bari 1998,45 s.

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^ LORENZO BKACCESI

Itaque Siciliae populis propter adsiduas Karthaginiensium iniurias ad [[Leonidam]] fratrem regis Spartanorum concurrent i bus grave bellum natum, in quo et diu el varia victoria fuit proeliatum. Dum haec aguntur, legati a Dario, Persarum rege, Karthaginem venerunt adferentes edictum, quo Poeni humanas hostias immolare et canina vesci prohibebantur; mortuorum quoque corpora cre- mare potius quam terra obruere a rege iubebantur; petentes simul auxilia adver- sas Graeciam, cui inlaturus bellum Darius erat.

Cosi i popoli di Sicilia, a causa delle continue violenze cartaginesi, ricorsero al fratel- lo del re di Sparta [[Leonida]]: ne nacque un'aspra guerra, nella quale si combatte a lungo e con alterna fortuna. Mentre ciö accadeva, ambasciatori inviati da Dario re dei Persian! vennero a Cartagine recando un editto con il quale si vietava ai Punici di sa- crificare vittime umane e di mangíare carne di cane. Inoltre si ordlnava loro di cre- mare i cadaveri dei morti anziehe di seppellirü. Nello stesso tempo, glï ambasciatori chiedevano aiuto contre la Grecia alla quale Dario stava per muovere guerra.

Abbiamo detto che qui sono testimoniati rapporti diplomatici intercorsi fra la Persia di Dario e Cartagine, che non sono su piede di parità. È, infattl, il Gran Re che ordina a quest'ultima di adeguarsi ai propri costumÎ: quindi di non immolare vittime umane, di non mangiare carne di cane, di non sotterrare, ben- sî di cremare, i morti. Abbiamo anche detto che la testimonianza, con la secca ingiunzione di Darío, con l'imposizione per edictum della sua volontà, pare pro- prio presupporre, a monte, precedenti relazioni diplomatiche intercorse fra la Persia e Cartagine già dall'età della conquista persiana dell'Egitto^

In ogni caso, presuppone, e già da vecchia data, l'individuazione nel mondo greco di un comune nemíco per le due superpotenze: cioè per l'impero univer- sale di oriente e per la repubblica marinara di occidente. Ma - prescindendo da più antichi contatti - a quando datare l'ambasceria recante Vedictum di Darío? La testimonianza è esplicita: nelletà nella quale Dorieo, cioè il frater regis Spartanorum, approda in Sicilia: quindi intorno al 510. Ma è possibile che Darío già nel 510, cioè con vent'anni di anticipo su Maratona, richiedesse a Cartagine auxilia adversus Graeciam, cui inlaturus bellum [...] erat? Abbiamo già rilevato corne in effetti possa apparire forzato il riportare taie suo proponimento all'età in cui Dorieo sbarca in Sicilia; ma abbiamo anche detto che non abbiamo scel- la. Poiché se non emendassimo la testimonianza, se conservassimo il tràdito ad Leonidam fratrem regis Spartanorum, arriveremmo all'assurdo paradosso di riconnettere la genesi del grave bellum, scoppiato in Sicilia, all'arrivo di Leonida: cioè all'arrivo di un soccorrítore straniero che, di fatto, nell'isola mai approda.

'Cnp,ll§6.

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FiíA ORIENTE E OCCIDENTE S$

Ma non ci potrebbe essere un'altra più lógica, e anche piCi económica, ríso- luzione del problema? A questo punto si impone da sola: l'occasíone per la quale il Gran Re richiede a Cartagine auxilia adversus Graeciam non è né da ancorare né da legare ai preparativi bellici che precedono la prima guerra per- siana, bensï ai possibili sviluppi di una conflittualità mai sopita, e sempre laten- te, fra Dorieo e il satrapo di Egitto.

In questo caso, la cronología torna aà annum con un sincronismo che è dawero sconcertante. Il Gran Re, ínfatti, si rivolgerebbe a Cartagine nel mede- simo anno nel quale Dorieo salpa per la seconda spedizione 'militare e colo- niale' in occidente. Non si poteva prevedere, dall'esterno, dove fosse diretto, e tanto la Persia quanto Cartagine potevano paventare che la meta della sua spe- dizione fosse nuevamente in territorio Ubico, owero che la guerra in Sicilia, se fortunata, potesse fatalmente spostarsí sulla limitrofa costa dell'Africa.

In questo caso, oltretutto, la richiesta del Gran Re di auxilia adversus Graeciam apparirebbe coerente e plenamente glustificata. Egli, Ínfatti, si rivol- ge a Cartagine dato che comune è l'intéresse ad arginare un'azione offensiva di Dorieo, perseguendo un medesimo oblettlvo e adottando un medesimo piano strategico. Viceversa, potremmo solo molto difficilmente giustificare il fatto che il Gran Re abbia richiesto auxilia a Cartagine in occasione della prima guerra persiana, sia perché non ne aveva bisogno alcuno, sia, soprattutto, perché essa è combattuta assolutamente al di fuori della sfera di influenza púnica.

In quanto ^adversus Graeciam, non sussistono problemi trattandosi del testo di Giustino. L'espressione è certo poco idónea per connotare un'azione offensiva contro il solo Dorieo, ma l'epitomatore di Trogo è spesso inesatto e imprecisa*. Oltretutto è di nécessita approssimativo, perché, riassumendo il testo altrui, trascrive espressíoni che solo qui si giustificano, trovando originaria collo- cazione all'interno di contesti più ampi, più articolati, plù densi di informazÍonÍ, fondamentali e accessorie, e comunque sempre fortemente ideologizzatl.

Peraltro un'espressione del genere potrebbe giustificarsi anche nel lessico politico della grecita classica, se Erodoto (3, 138, 2), alludendo a Taranto, e con riferimento al Gran Re Dario, fa dire all'esule Gillo che "per non sconvolgere la Grecia" (tva Sé ^ifj ouvTapd^Ti rfii^'EXXàSa) sarebbestatobene che "una gran- de flotta" non avesse fatto vela "verso l'Italia". Qui, come in Giustino, la deno- minazione di "Grecia" non indica l'ambito della grecita metropolitana, bensí, genéricamente, quello delle sue propaggini occidentali.

Né deve sorprenderé che pure Cartagine, alia pari della Persia, si qualifi-

^ Status quaestionii e discussíone del problema in G. FORNI, Valore síorico e fon ti di Pompeo Trogo, Urbino 1958, 141 ss. Vd. successivamente L. SANTI AMANTINI, in Giusiitío.Storic Filippiche, Milano 1981.39 ss. II riferimento (che segue) a Erodoto 3, 138, 2 mi è stato suggerito da Mariangela Vaglio.

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casse tanto esplicitamente quale antagonista del mondo greco. Infatti, anche se prescindiamo da quello che è l'orizzonte degli interessi feníci in Sicilia, non dobbíamo dimenticare che la metrópoli púnica confinava con Cirene, la quale, nel caso di vittoria di Dorieo, e di un ritrasferimento del fronte militare in Africa, poteva sperare di affrancarsi dalla sudditanza alia Persia. Ció che avreb- be costituito una diretta minaccia per Cartagine, poiché tutta la sua storia è segnata da conflittualità confinarle, talora anche violente, con la grande colonia ellenica. Tacciono ín proposito le fonti greche; ma non le latine. Apprendiamo cosi da Sallustío {lug. 79,2-5) che tali conflittualità impÜcano scenari di terra e di mare, riproponendosi, di fatto, in forma intermittente:

Qua tempestate Carthaginienses pleraque Africa imperitabant, Cyrenenses que- que magni atque opulenti fuere. Ager in medio harenosus, una specie; ñeque nu- men ñeque mons erat qui finis eorum discerneret, quae res eos Ín magno diutur- noque bello inter se habuit. Postquam utrimque legiones, ítem classes saepe fusae fugataeque et alteri alteros aÜquantum atcriverant, veriti ne mox victos victoresque defessos alius aggrederetur, per indutias sponsionem faciunt uti certo die legad domo proficiscerentur; quo in loco inter se obvii fuissent, Is communis utriusque populi finis haberetur.

Ai tempi che sulla maggiore parte delFAfrica signoreggiavano i Cartaginesi, anche i Cirenei furono grandi e opulenti. Una pianura sabbiosa, sempre uguale, tra loro. Non cera né fiume né monte che potesse segnare il confine; la quai cosa tenne glÎ uni con gli altri in guerra spietata e incessante. Dopo che spesso, da entrambe le parti, ármate e flotte furono del pari sgominate e disperse, dopo che a vicenda Í due popoli si furono logorati non poco, temendo essi che entro breve tempo un nuovo nemico assalisse i vinti e i vincitori stremaii, durante una tregua si accorda- rono che in un giorno prestabilito partissero messi dalle due città. Il luogo dell'in- contro tra loro sarebbe state il confine comune,

II racconto seguita poi ricordando Tepisodio famoso dei fratelli Fileni che donano la vita per la patria. Ma non è su di esso che dobbiamo appuntare l'at- tenzione; bensi sial fatto che, prima del sacrificio dei Fileni, costante è lo stato di tensione fra Cartagine e Cirenei Cosï stando le cose, resta chiarito come la metro- poli púnica, già in terra di Africa, fosse diretta antagonista del mondo ellenico e, come tale, fosse soUecitata ad aderire ad alleanze organiche contro la grecità.

' Senipre utili, in proposito, le considerazioni di J. P. TlIUICC, Rii Cyrefiensi'um, Hafniac 1828, 192 ss. (= ristampa, a cura di S. Ferri, Verbania 1940, 224 ss.). Vd. ora Inoltre V. KRINCS, Canhagc et les Crees, c. 580 -480 av. ¡.C, Leiden 1998, passim.

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FiíA ORIENTE E OCCIDENTE ^%

3. FRA ORIENTE E OCCIDENTE

Di fatto - come il lettore avrà ormai avvertilo - indagare sul personaggio Dórico è cosa molto difficile. Non tanto per la consueta pochezza e reversí- bilita dei dati, non tanto per la costante nécessita di ancoraggio a una dupli- ce comice di riferimento, metropolitana - cioè spartana - e coloniale; ma per- ché Tavventura di Dorieo attraversa storia e propaganda, ergendo la figura del suo protagonista sul crínale di due epoche^. Quella, ormai prossima alle- saurimento, connotata dall'ultíma spinta propulsiva della colonizzazione occidentale e quella, ormaí in fase di decollo, caratterizzata dall'istanza della lotta contro il bárbaro. II quale, in terra di Sicilia, non è solo il cartaginese, ma anche il persiano. Come insegnano i Sami profughi a Zancle dopo la bat- taglia di Lade, al tempo della rivolta iónica. Come insegna Cadmo di Cos, figlio di Seite, che rinunzia alia signoria sulla sua città, autoesiliandosi a Siracusa, per non tradire il proprio ideale di eleuthena in diretta antitesi alia prassi persiana. Come insegna, infine, 'ú. navarca Dionigí di Focea, che, cae- ciato dalla propria città e dalla natia Ionia dal bárbaro di oriente, ripara in Sicilia, dove sí tramuta in pirata ai danni - non a caso - del bárbaro di occi- dente: cioè a spese dei convogli commercíali cartaginesi, fenicí ed etruschí^.

Uazíone di Dorieo, proprio per il suo porsí sul crínale fra due età, anti- cipa, quasi fosse una prova genérale, la storia a venire. In una parola, innesca il meccanismo di aggregazione di un fronte anti-ellenico che sfocía nell'al- leanza - che proprio l'antefatto di Dorieo rende credibile - fra la Persia e Cartagine al tempo di Serse e della seconda guerra persiana. Non solo, ma codifica anche, per la prima volta, le parole di ordine e gli 'slogan' della con- trapposizione ideológica fra Greci e barbari. Inoltre, proprio in questa ottíca, in funzione anti-ellenica, rinsalda in occidente Ü légame fra Etruschi e Cartaginesi cementatosi dopo la sconfitta focea nel mare di Alalia. Né è un caso che la Roma 'etrusca' stipuli il suo primo trattato con Cartagine nel 509; cioè a ridosso della seconda spedizione di Dorieo in occidente e in concomi- tanza con i primi contatti diplomatici punico-persiani.

Questo il quadro di fondo, che consente di afferrare in tutta la sua effetti- va, e non certo artificiosa, drammaticità, la risposta rivolta da Gelone agli ambasciatori greci che richiedevano il suo intervento al tempo della seconda guerra persiana. Rileggíamo la testimonianza di Erodoto (7, 158):

^ Cosí ora (per una caratterizzazione t;enenile del personaggio) S. DE VíDO, GU Elimi, Slorie di coníat- li e di rappresentazioni. Pisa 1997, 172 ss.

^ Vd. ancoraPUGLIESECARllATCLLl.in AttiConLíjPcMMej'/wotfi/oíreco-ra/wíJMo, cit., 153 s. (=Scriíti, cit., 30 s.).

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Ê6 LORENZO BIíACíICSI

"Uomini di Grecia, con parole arroganti avete osato Invitarmi ad allearmi con voi centro il bárbaro. Ma voi stessi, quando io, tempo fa, vi pregavo di attaccare insieme con me I'esercito dei barbari, nella guerra che avevo ingaggiato contre i Cartaginesi, e vi scongiuravo di vendicare la morte di Dorieo, figlio di Anassandrida, ucciso dai Segestani, e vi proponevo di aiutarmi a liberare gli scali commerciaü, dai quaii voi avete ricavato grandi utüí e vantaggi, voi non veniste a portarmi aiuto né per ríguar- do a me né per vendicare Tuccisione di Dorieo; e, per quanto sta in voi, tutto ció sarebbe ancora in mano dei barbari. Ma ora, poíché le cose sí sonó messe bene per me, e procedono al meglio, ora che la guerra ha cambiato campo di azione e si è volta contre di voi [wi-ôè èTTeLÔf) TTepLeXríXu0e ó ITóX€íí05 KOI àmicTaL èç úiiéag], ora finalmente vi siete ricordati di Gelone. Non avete avuto per me riguardo alcune; ma io non vi imitero. Sonó disposto ad aiutarvi. Vi daro duecento triremi, ventimÜa opli- ti, duemila cavalieri, duemila arcieri, duemila frombolieri e duemila cavalleggeri; mi impegno, inoltre, a fomire grane a tutto I'esercito degÜ Eilení fino al termine della guerra. Ma a una condizione: di avere contre il bárbaro il supremo comande degli Elleni. Ad altra condizione non verreme né ie né i miei sudditi".

La memoria di Dorieo è la memoria dí un personaggio gía entrato nel mito. Egli è il campione della grecità ucciso dal nemico di sempre: il bárbaro. Né importa che esso provenga da occidente anziehe da oriente, daH'Africa anziehe dall'Asia. Ció che conta è la rappresentazione drammatica, la sottesa coloritura da tragedia; in una parola, la sottolineatura dell'ansia dei Greci e della nécessi- ta, per essi, del miracolo per trionfare sulle sproporzionate forze dei barbari^. Per Erodoto, che non scrive la storia delle città siceliote e della loro lotta per la liberta, basta solamente questo luego per instillare nel lettore la consapevolez- za fíduciosa che la sconfítta di Dorieo presso Erice è destínata ad anticipare la vittoria di Gelone a Imera. Esattamente come la rotta, alie Termopili, di suo fra- tello Leonida preannunzia la giornata radiosa di Salamina. In entrambi i casi, per Sparta, non si tratta di sconfitte, ma posi eventum di vittorie dei vinti^.

Erodoto tace dell'alleanza fra la Persia e Cartagine, ma è estremamente significativo che faccia dire a Gelone, con riferimento alia seconda guerra persiana, che "ora" la lotta contro il bárbaro "ha cambiato campo di azione". Cosa intende dire? Non puo che alludere, e ín forma scontata, a un único conflitto continuo che nasce in Sicilia e sí sposta in Grecia. Ma, se si tratta di un 'conflitto continuo', egli presuppone che la Persia e Cartagine siano alica- te e protagoniste di un'unica e medesima guerra ai danni della grecità. La

** COSí ancora DE VIDO, loe. cit. 5 Su questo tema, e per la sua riattualizzazione ideológica in età moderna, vd. BHACCCSI, Voesia e memo-

ria, Roma 1995, Í3 ss.

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F«A OKIENTE E OCCIDENTE 67

conclusione è interessante, e lo è tanto di più se consideriamo che Erpdoto qui si coUoca in prospettíva occidentale ponendo il discorso suUe labbra di Gelone. Se poi trovasse conferma l'idea di ubicare ín Africa, e per giunta sul litorale della Grande Sirte, gli empori che Gelone ha tentato di liberare'^, allora tutto il suo discorso acquisterebbe ancora di più in drammaticità. Il 'conflítto continuo', in questo caso, sí sarebbe spostato in Grecia a partiré non solo dalla Sicilia, ma anche daH'Africa, dove la stessa Persia poteva eser- citare una qualche influenza sui porti della Grande Sirte, sítuati in un'area di cerniera fra Cirene e Cartagine.

Un'ultima osservazione. Diodoro non solo ci informa dell alleanza fra la Persia e Cartagine per dlstruggere gli Elleni, tanto in Grecia quanto Ín Sicilia» ma addirírtura ci dice (11, 26, 4-5) che Gelone, l'indomani della vittoria di Imera, e già prima di sapere dell'esito della battaglia di Salamína, avrebbe medítato di dirígersi in Grecia con grandi forze per sconfiggere il persíano:

Si predisponeva a navigare [irXelu] alla volta della Grecia con una grande armata [iToXXri Sumjieije ad allearsi agli Elienl contre i Persian! [KOI aupiiaxeíi' TOÎç

"EXXïiai KaràrCiv TTepaiói']. Stava già per dare corso aU'impresa, quando alcuni giunti da Corinto riferirono che i Greci avevano vinto una battaglia navale a Salamina e che Serse, con parte délie sue forze, si era ritirato daU'Europa.

La notizia è sempre apparsa costruita a posteriori, e quindi destituita di cre- dibilità e di fondamento. Sia perché troppo spettacolare; sia perché Gelone, quale condïzione per intervenire in Grecia, avrebbe preteso il comando gene- rale dell'armata panellenica, come puntualizza Erodoto (7, 158, 4); sia, infíne, perché, se egli fosse direttamente intervenuto in Grecia, avrebbe smentito la prudente posizione 'attendista' assunta in attesa dell'esito del conflítto con il Gran Re, che - come abbiamo detto - ci è sempre testimoniata da Erodoto (7, 163, 2). Ma le notizie false sono il più délie volte notizie falsifícate, o troppo propagandísticamente orientate, che partono da schegge di vcrità da riscoprire e decodificare. Allora, ammesso, e non concesso, che pure questa volta le cose stiano cosí, quale, aile sue origini, la notizia attendibile? La Sicilia è molto più vicina air Africa che non alla Grecia. Non potremmo pensare che Gelone médi- tasse un'azione offensiva anti-persiana proprio sulla costa líbica, tanto più pros- sima alla sua Siracusa e, per luí, tanto più legata a interessi reali? Ma quali le

'" Cosi. con considerazioni degne di attenzione, 1. MALKIN, Mylh and Territory in the Spartan Mediterranean, Cambridge 1994, 201 s. Vd, già prima (con localizzazione perô presso la Piccola Sirte) J.J, DUNBAlilN. The Western Greeks, Oxford 1948, 412 e A. SCHENK vt)N STAUrrENBEliG, Dorieus, "Historia", 9.1960, 181-215, pûrc. 205 SS.

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forze del Gran Re che egli si riprometteva di contrastare? La risposta si impo- ne univoca: quelle, alle dipendenze del satrapo di Egitto, probabilmente dislo- cate presse la Grande Sirte, al di là dell'area di influenza cartaginese.

Qui, come ci ricorda Erodoto (4, 204), erano state assoggettate alia sud- ditanza del Gran Re tutte le tribu indigene insediate fino all estremità sud-occi- dentale del lítorale cirenaíco. Né possiamo escludere che Tarea di influenza per- siana si dilatasse ben oltre, fino a lambire l'oasi di Cinipe, se Erodoto (4, 167, 3), riferendo della spedizione di Ariande, il satrapo di Egitto, annota che la sua armata si muoveva sí per restaurare l'ordine a Cirene, ma anche, di fatto, "per sottomettere la Libia" (ém ALpÚT|CKaTaaTpocí)f|)i'- II nome deí Libyi com- pare, peraltro, fra quello dei popoli sottomessi alia Persia sulla statua di Darío a Susa, in una delle steli onorarie di Suez e nell'iscrizione di Naqs-i Rustam^^, Qui è menzionata anche la popolazione dei 'JVIakya'. Si tratta dei 'Maci' ricor- dati da Erodoto (5, 44,3) che, con i Libyi e i Cartaginesi, cacciano Dorieo dal sucio africano? La critica'^ non lo eselude.

Ma abbiamo almeno un qualche indizio che possa confortarci nelle nostre ardite supposizioni? Uno senz'altro, e non di poco conto: costituito dalla pace mitissima che fu imposta a Cartagine dopo la vittoria di Imera. Pace che, pro- prio per la sua mitezza, ha sempre insospettito antichi e modernii'^. Certo - lo rímarca pure Diodoro (26, 11, 4) - Gelone non voleva lasciarsi alie spalle peri- coli striscianti, o focolai pronti a divampare sotto le ceneri, in vista di ulteriorl suoi progetti di guerra. Ma quali questi progetti? Indirízzati certo contro il per- siano. Ma in Grecia o in Africa? Nel primo caso, non aveva senso guardarsi al- ie spalle da Cartagine, dato che la vittoria di Imera è cosi schiaccíante che ga- rantisce la Sicilia da incursioni puniche per oltre settant'anni. Nel secondo ca- so, sí. Infatti, solo la garanzia, precedentemente contrattata, del non-interven- to cartaginese poteva assicurare successo a un'azione contro la Persia da con- dursi sul suolo Ubico. Azione che poi non vi fu, perché resa inutile e vanificata dalla tríplice sconfitta delle forze del Gran Re a Salamina, a Platea e a Micale.

Orbene, se fosse attendibile questa ricostruzione degli eventi, Gelone, vit- toríoso a Imera, avrebbe meditato di rispondere con una propria operazione di accerchiamento alia manovra avvolgente che doveva attanagliare la grecità den- tro la morsa congiunta delle forze persiano-puniche.

'i Accrédita la notizia J. M. CoüK, The Persian Empire, London- Melbourne- Toronto 1983, 58 ss. '2 La documentazione è tifcrita da A. Corcella -(M. Medaglia - A. Fraschetti), in Erodoto. Le Storie,

Li^w/V.MUano 1993.358. •* Discussione del problema in B. GALLOTTA, Dario e I'occidenic, Milano 1980, 144 nota 6, che è pero

scettico in proposito. '•' I termini del problema in N. LuitACil 11. Tirannidi arcaichc in Sicilia e in Magna Grecia, Firenze 1994,

304 ss. Vd. ora anche BüACCESl, / liranm, cit., 37 s,

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Capitulo VU

LA MASCHERA DI MENELAO, A TUTTO CAMPO

1. LA TESTIMONIANZA DI LICOFRONE

La crítica ha si notato l'esistenza di vistose interferenze fra il teatro geo- gráfico deile awenture ai Doñeo e Väer occidentale delle peregrinazioni di Menelao quale è narrato ntlVAlessandra di Licofrone. Ma ha preferito insistere sull'aspetto délia polivalenza di una leggenda variamente stratificatasi nel tempo*, o ricercare suoi definitivi ancoraggi in livelli cronologici più bassi, suc- cessivi comunque all'età di Dorieo^. Nell'uno caso e nell'altro per la compro- missione di Menelao con scenari 'tirrenici' dissonant!, o non giustificabili, se letti in parallelismo aile imprese del principe spartano. Vedremo come forse si tratti di dissonanze solo apparenti; ma prima rileggiamo l'eruditissima pagina di Licofrone [Alex. 847-876)':

Vedrà i campi irrigati d'estate, / le correnti dell'Asbisco, i letti sulla nuda terra, / sdraiandosi in mezzo alle Bestie fétide. / Tutto sopporterà per la cagna lacónica / madre di femmlne, moglie di tre mariti. / Arrivera errabondo all'esercito degli lapigi [eíc 'laTTÚytüL' arparóv], e dedicherà in dono alla Vergine delle Spoglie [irapoéwi) SKuXriTpLÇi] / un cratère di Tamasso ed uno scudo / di pelle di bue, e le scarpe délia sua sposa. / Arrivera anche a Siri \x\^€i 5è Slpiv] e al golfo Lacinio [KQI AaKivíou ^oxoiJc], / dove la giovenca plantera per la dea Oplosmía / un giar- dino tutto fiorito di piante; / restera costume delle donne di quel paese / portare i! lutto per l'immenso ñipóte di Eaco / e di Doride, il fulmine delle battaglie, / senza ornare con Poro le candide membra, / senza indossare morbidi pepli tint! di porpora, / da quando una dea donó all'altra come dimora / Íl grande promon-

' Cosí I. MALKIN, Myth and Territory in Spartan Mediterranean, Cambridge 1994, 46 ss. 2 Vd. ora G. VANOTTI, Menelao in Sicilia e all'isola d'Elba, "Kokalos". 42,1996, 327-340. ' La traduzione è di (M. FUSILLO - A. HUUST) • G. PADUANO, in Licofrone, Alessandra, Milano 1991,

113 SS. (nostra è la maíuscola per "Spoglie", "Lacinio" e "Falce di Crono").

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70 LORENZO BUAœESI

torio. Arrivera poi / ail'inospitale palestra della lotta col toro [rí^ei ôè Taúpou YUtxuaôaç KQKo^éi'OiJç TráXric] / nato da Afrodite Colotide, Alenzia, / signera del porto di Longuro, girando / attorno alia Falce di Crono ["ApTTiig Kpóuou], all'a- qua Conchea, / a Gonusa ed alie terre dei Sicani, / al tempio del lupo feroce vesti- to di pelle / di leone [SripoxXaívou <jr\KOv M\LT\UTOí} XOKOU]: glielo costrui il ñipó- te di Creteo / dopo avere ancorato la nave con i cinquanta navigatori. / Le spiag- ge conservano ancora la sporcizia dei Minii; / non la puHsce Tonda del mare e nep- pure / gli scrosci di pioggia, per quanto durino a lungo.

Soggetto di tutto íl luogo è Menelao. Licofrone è Túnico autore che ci nar- ri di sue awenture occidentali. Cío significa che esse si sonó venute elaboran- do in un'età che è successiva alla redazione dei poemi sui nóstoi, í quali cono- scono solo le peripezie dell'eroe sulla sponda africana: dall'Egitto alia Libia''.

I punti di contatto geográfico fra le terre toccate da Menelao e da Dorieo sonó dati dalla menzione della Libia, di Crotone e di Erice. Alia Libia, per l'e- rudizione antica, riconducono le sorgenti dell'Asbisto, cioè del Nile, e Asbisti, o Absirti, sonó genti che ne abitano le contrade. A Crotone riporta la menzione del "golfo" che è determinate dal promontorio Lacinio; qui Teti fanciuHa ("la giovenca") aveva donato e consacrato un bosco a Hera, chiamata "Oplosmia" in virtù di un appellative eleo; qui, nel bosco sacro, le donne di Crotone celebrano annualmente un rito di suffragio per ricordare la morte di Achille, vestite a lut- te e prive di ernamenti. A Erice riporta la menzione del "toro nato da Afrodi- te": cioè del gigante Erice, che dà nome al sito nel quale sfidava a misurarsi con lui gli stranieri che vi approdavane, coinvelgendoli cosí nella "inospitale palestra della lotta". Sua madre, Afrodite, è impreziosita dagli epiteti di "Colotide" (di origine cipriota) e di "Alenzia" (di memoria colofonia o eleate-colofonia), non- ché è insignita del titolo di patrona dello sconosciuto "porto di Longuro". Sem- pre a Erice riporta poi la menzione di Drepanon, Trapani, che prende il nome di "Falce di Crono"; città cui sonó limítrofe le "terre dei Sicani" e le ignote lo- calità di Conchea e di Gonusa^.

Licofrone menziona inoltre le contrade della lapigia e della Siritide, che sonó anche esse interessate alia rotta seguita da Dorieo. Per giungere dalla Grecia in Sicilia egii, infatti, doveva necessariamente attraversare il canale di Otranto, quindi doppiare il capo lapigio, entrare nelle acque del golfo di Taranto, poggiare sulla costa iónica, in direzione di Siri o di Sibari, e doppiare infine, presse Crotone, il promontorio Lacinio. Esattamente come fa Menelao.

•' Documentazione e discussione del problema ¡n MALKIN, Myth and Temíoty, cit., 48 ss. Vd. anche A. CoRCELLA • (M. MEDAGLIA - A, FlíASOiETTl), in Eroaoío, LeStorie, Libro IV, Milano 1993, 360.

5 Sempre esauriente è il commente di E. ClACEUI, La Alessaiídra di Licofrone, Catania 1901. 264.

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LA MASCIIEHA DI MENELAO A TUrrO CAMl'O 71

La cui rotta di attraversamento del canale di Otranto è scandita non solo dalla memoria del popólo bellicoso (cioè "esercito") degli lapigi, ma anche dalla vistosa menzione del santuario di Athena presse il capo lapigio, a Santa Maria di Leuca. Dove la dea è ricordata corne Skyletrïa in virtù di un appellativo che allude alle spoglie di guerra dónatele quali offerte votive.

Tutte le località toccate da Menelao nel suo iter occidentale si sovrappon- gono cosí a quelle su cui poggia, o sbarca, Dorieo. Unica eccezione è data dal- l'isola dell'Hba, l'antica Aithalia: identîfîcabile per il "tempio" di Eracle (cioè "del lupo feroce vestito di pelle di leone") qui costruito da Giasone ("il nÎpote di Creteo"). Il quale, nel contesto délie peregrinazioni argonautiche, vi approda con i Mini, originan délia Tessaglia e più precisamente del porto di lolco, donde si dipartono nella loro migrazione. Anche qui, all'Elba, essi si misurano in gare agonistiche, e il loro sudore, raschiato dallo strigile, e divenuto "sporcizia", con- ferisce all'isola, ricca di miniere métallifère, il suo pregnante colore ferrigno.

2. LA SOVRAPPOSIZIONE DI IMMAGINE

È probabile dunque che Licofrone attinga a una tradizione che conosce e divulga una sovrapposizione di immagine fra Menelao e Dorieo, fra l'eroe e il duce spartano. Ma, se sovrapposizione c'è, come si motiva? Come si origina la cattura di immagine? È presto detto. È l'impresa líbica di Dorieo che crea il presupposto necessario alla sovrapposizione di immagine fra i due personaggi. Notissima è, infatti, la tradizione relativa alle peregrinazioni di Menelao in terra di Africa, già vulgata dal poeta délia Telemachia e dagli aedi dei cantan dei nóstoiy e quindi recepita da Pindaro [Pyth. 5, 83) e testimoniata da Erodoto (4, 169, 1)^. Orbene, proprio dalla tradizione 'africana' del nostos di Menelao si origina la sovrapposizione, o la cattura di immagine, fra le gesta dell eroe e quelle di Dorieo, la cui prima spedizione awiene, non a caso, in terra di Libia. Molto probabilmente si tratta di wn imitatio in rebus, e molto probabilmente è io stesso Dorieo l'artefice délia sovrapposizione di immagine fra se e Teroe per meglio propagandare la sua spedizione libica. Successivamente egli stesso, muovendo verso l'Italia e la Sicilia, seguita nel processo emulativo, trasferendo, per la prima volta, le gesta del leggendario antenato anche in terra di occiden- te. Nasce cosî un nuovo iter dei vagabondaggi dell'eroe - dalla lapigia alla Crotoniatide, e quindi alla Sicilia e forse anche all'Elba - che, in tutta la tradi- zione, è recepito e vulgato solo da Licofrone.

f' Per in connessione. in terra di Africa, della leggenda di Elena/Menelao con quelta degli Antenoridi, vd. L. B)tAc;c:ESI, LU leggenda diAntenorc, Venezia 1997^, 63 s&.

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72 LORENZO BIíA{;C:CSI

Entrambi, sía Menelao sia Dorieo, sonó spartani. Entrambi, inoltre, hanno molto a soffríre per colpa di una "cagna lacónica". Che, per Menelao, è Elena, la consorte, la "moglie di tre mariti". Mentre per Dorieo è la seconda moglie del padre Anassandrida, che partorisce Ü primogénito del re, Cleomene; il quale gli sottrae il trono, nonostante egli, nato di li a poco, fosse a sua volta il primogénito della prima moglie del sovrano, a torto ritenuta sterile'.

Ma veniamo, più determinatamente, aWäer occidentale di Menelao. La critica^ ha sempre trovato innaturale la rotta 'licofronea' percorsa dall'eroe, che dairAfrica passa direttamente in lapigia per poi rídiscendere fino alia Sicilia, laddove, ovviamente, era da prefigurarsi una rotta inversa: dalla Libia all'isola dei Ciclopi, e quindí allltalia e alia lapigia. È pero, questa, una rotta sí innaturale, o schizzofrenica, per un eroe reduce da Troia, impedito di ritornare in patria, ma non lo è affatto per il suo emulo Dorieo. II quale, infatti, contrariamente a Menelao, dall'Africa torna in patria per poi riparti- re verso occidente. II che implica che egli abbia risalito il mare Ionio fino all'altezza del canale di Otranto, poggiando quindi, dopo la sua traversata, suUe terre della lapigia.

Regione, quest'ultima, che evoca automáticamente un orizzonte spartano perché, ai suoi margini meridionali, colonia lacedemone è Taranto, costante- mente sul piede di guerra contro gli lapigi; i quali anche da Licofrone sonó caratterizzati con attríbuti bellicosi. Inoltre Taranto è una colonia popolata con cittadini indesiderabili in patria; esattamente come lo è Dorieo, spinto a capi- tanare spedizioni militan e coloniali, prima in Libia e quindi in Italia e in Sicilia, perché personaggio troppo ingombrante in patria.

L'orizzonte spartano evocato con l'accenno "all'esercito degli lapigi" è, pe- raltro, non solo di ordine geográfico, ma anche di incidente spessore politico, se almeno è giusto ipotizzare un'intesa fra Sparta, Taranto e Crotone in ottica antisibarita^. Ottica che parrebbe ben presente alia stessa pagina di Licofrone se il suo Menelao poggia su Taranto (cioè in area iapigia) e quindi su Siri e Cro- tone, trascurando 'deliberatamente' di fare scalo a Sibari: città che, non a caso, è espugnata tramite il fattivo intervento di Dorieo. Al quale, in questa occasio- ne, la maschera di Menelao pare proprío calzare a pennello: Teroe è sí un míti- co re di Sparta, ma un sovrano di stirpe 'achea' cosí come *achea' è la colonia di Crotone. II personaggio Dorieo/Menelao non solo vanta legami di alleanza

** Últimamente, con documentazione, VANOTTI, loe. di. ' Vd. G. PUGLIESE CARIíATELLI, Le viccnde di Sibari e Thuri, "ASMG", n.s. 13/34, 1974, 17-33. part.

23 (= Scriííi sul mondo áulico, Napoli 1976, 365-391. part. 374). Più sfumato in proposito M. GiANCIULIo, Ricerche su Crotone arcaica. Pisa 1989, 209 ss.

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LA MASCI IEIíA DI MENCLAO A TUTTí) CAMI'O |^

con Crotone, ma, nella finzione propagandística, rivendica anche vincoli di stir- pe e di sangue.

La sovrapposizione di immagine fra la nobile coppia spartana, fra il re del mito e il re mancato, si precisa ancora meglio nell'accenno a Erice. La localïtà - già l'abbiamo detto - prende nome dal "toro nato da Afrodite": cioè dall'o- monimo re Erice che sfidava a misurarsi con lui gli stranieri di passaggío, ñ giunti come in una "inospitale palestra della lotta". E qui fin troppo chiara I'al- lusione alia leggenda di Eracle, il quale, vinto Erice, acquisisce il possesso della regione per sé e per i propri discendenti. Fra costoro non figura Menelao, bensl, appunto, Dorieo.

3. L'ISOLA DELL'ELBA

Tutte le località toccate da Menelao nel suo iter occidentale si sovrappon- gono cosí in forma vistosa a quelle su cuí poggia, o sbarca, Dorieo. Go non awiene pero per la sosta dell'eroe all'isola d'Elba, dove il principe spartano mai approda. Ma mai approda o mai 'pensa' di approdare? A questo punto, la domanda si impone spontanea. Quali, in effetti, i programmi di Dorieo? Quali gli 'slogan' che accompagnano la sua spedizione, che è anche l'ultima spedizio- ne coloniale greca in terra di occidente?

La congiunta menzione di Erice e dell'Elba evoca per noi uno scenario gran- dioso: quello della lotta, simultanea e congíunta, contro Cartagínesi ed Etruschi. Cioè contro i responsabili, dopo Alalia, della battuta di arresto dell'espansionismo dei Greci e dei loro commerci nel Tirreno e nel Mediterráneo occidentale. Ma sce- nario grandioso o inattuale? Nulla, a ben vedere, obsta contro Tipotesi di lavoro che Dorieo mirasse nei suoi programmi di conquista, una volta sgominatí gli Elimi e i Fenici di Sicilia, sorretti da Cartagine, a misurarsi anche contro gli Etruschi per riaprire alie vie del commercio greco, e lacónico in particolare, le vie dell occi- dente. O comunque che tali programmi di conquista fossero semplicemente enfa- tizzati negii 'slogan' che accompagnano la sua spedizione. I quali, peraltro, non sarebbero certo apparsí né aweniristici né ínattuabili laddove sí consideri che, grosso modo nella medesima età, dopo la battaglia di Lade, Dionigi di Focea

si diresse verso la Sicilia, e muovendo di là si mise a fare il pirata, non contro i Greci, bensí contro Cartagínesi e Tirreni [ ' E\\r\Viúv \ikv ouSefó?, KapxnSot/úüu 6e Kdi Tuparii'wi'].

Cosí ci testimonia Erodoto (ó, 17). Se da solo, con guerra da corsa, contra- stava la potenza etrusca ü prófugo Dionigi, divenuto pirata all'insegna del nazio-

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74 LORENZO BIIAC:í:ES;

nalismo greco, perché, vincitore in Sicilia, non avrebbe potuto fare la medesima cosa Dorieo, che si sarebbe mosso sempre dalla medesima isola? Oltretutto, avendo alie spalle la più forte e più grande potenza del mondo greco. Inoltre la stessa sua partecipazîone al conflitto contro Sibari poteva prefigurare uno sce- nario ostile agli Etruschi, dato che la citta di Magna Grecia era una delle princi- pal! interlocutrici dei loro commerci'o. E certo, per noi, difficile determinare disegni strategici che non si realizzano per la sconfitta e la morte del loro inter- prete, o tantomeno intuiré 'slogan' propagandistici che di nécessita restaño let- tera morta. Ma non bisogna dimenticare che, in occidente, le guerre contro il bárbaro hanno epilogo, nel 474, nelle acque di Cuma, e cioè in una battaglia navale combattuta contro gli Etruschi. Nulla quindi ci vieta di congetturare che, se vincitore in Sicilia, Dorieo avrebbe potuto anticipare le gesta, posteriori di qualche decennio, dei tiranni di Siracusa che, per bocea di Gelone, nel raccon- to di Erodoto (7, 158,1-2) rivendicano proprio il ruólo di suoi vendicatori:

"Uomini di Grecia [..,] quando ío, tempo fa, vi pregavo di attaccare insieme con me Tesercito dei barbar!, nella guerra che avevo ingaggiato contro i Cartaginés!, e vi scongiuravo di vendicare la morte di Dorieo, figlio di Anassandrida, uccíso dai Segestani, e vi proponevo di aiutarmí a liberare gli scaü commerciali [...], voi non veniste a portarmi aiuto né per riguardo a me né per vendicare I'uccisione di Dorieo [oüre TöI' Awpieos <i^óvov eK-n-pnCónevoO",

Cosí stando le cose, parrebbe acquistare tenuta e credibilitá l'ipotesi di lavoro che la maschera di Menelao celi, a tutto campo, il volto di Dorieo. Ma, perché l'ipotesi possa reggere, dobbiamo potere dimostrare che la menzione dell'Elba non è dovuta a un'inserzione posteriore su una trama narrativa pree- sistente'^ ma che si ancora alio stesso livello cronológico cui sonó da ricondur- re le allusioni alia Libia e all'Italia e alia Sicilia. Owiamente, con esse, ripor- tandoci ancora una volta a un contesto dórico e a un orizzonte spartano. II che, fortunatamente, è facile da dimostrare.

In primo luogo, a rícondurre la memoria dell'Elba al medesimo livello cro- nológico della menzione di Erice, soccorre in entrambe le aree geografiche il pregnante xicordo di Eracle, il mítico antenato di Dorieo, il capostipite delle due cásate dei re di Sparta. A Erice egli è il vincitore della "lotta" ingaggiata con il "toro nato da Afrodite"; all'isola d'Elba egli, il "lupo feroce vestito di

"^ 1 termini del problema sonó riassiinti da P. G. Guzzo, Vie istmiche della Sibañlide e commercio tir- renîco,'in II cowmercio greco nelTirrctio in età arcaica, Salerno 1981,35-55. Vd. (con riferimenio anche a SEC XXII 336) M. GRAS. Trafics íyrrhéinem archaïques. Rome 1985, 245 ss.

" Cosí VANOTTI, loe cit.

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LA MASci íEIíA DI MENELAO A TUTTO CAMPO 75

pelle di leone", è il titolare di un tempio estruttovi da Giasone. Fra ie due terre, fra Erice e l'Elba, Eracle scandisce un duplice légame: che, nella narrazione di Licofrone, è contemporáneamente tanto di livello cronológico quanto di ordi- ne psicológico. Ne consegue che Menelao - cioè leroe che, dopo di lui, appro- da negli stessi siti - sia ipostasi di un medesimo personaggio storico.

In secondo luogo, a ricondurre la memoria dell'Elba alletà di Dorieo, e quindi a un contesto dorieo e a un orizzonte spartano, soccorre la menzione dei Mini. Sono questi i cinquanta compagni con i quali Giasone sbarca all'Elba, e sono essi appartenenti a un popólo migratorio i cui discendenti si stabiliscono a Sparta, si uniscono con donne spartane e ottengono l'incorporamento nel corpo civico lacedemone. Lo racconta Erodoto, il quale ci narra pure un qual- cosa di molto più interessante ai fini del nostro assunto. Cioè che i Mini diven- tano presto cittadini indesiderabili, esattamente come i Partheni fondatori di Taranto o come Dorieo fondatore 'sfortunato' di Eraclea presso Erice. Inoltre essi, proprio come Dorieo, aspirano a "partecipare al regno" di Sparta. Ma lasciamo la parola alio storico (4, 145, 5. 146}:

Gli Spartani decisero di accogiiere i Mini alle loro condizioni: li spinse ad agiré cosí soprattutto la circostanza che i Tindaridi avevano navigate sulla nave Argo. Accolti i Mini, spartirono con loro parte della terra e li distribuirono nelie tribu.

Trascurso non molto tempo, subito i Mini divennero arroganti, demandando di partecipare al regno [Tf\s Te ßaaiXriLTic [iexaLTéoi'Teg] e compiendo azíoni illeci- te. Gli Spartani allora decisero di ucciderli [...]. Quando stavano per metterli a morte, le donne dei Mini, che erano cittadine, e fígiie del príncipalí Spartiati, chíe- sera di recarsí nella prigíone [.,.]. Ma, quando furono éntrate, ecco cosa fecero: consegnati agli uomini tutti i loro vestiti, esse presero quelli dei mariti. Abbigliati con vesti femminili, i Mini evasero come se fossero donne; scampati in tal modo [...] si insediarono sul Taigeto.

Ma che fine fanno i Mini? Ci racconta sempre Erodoto (4, 147-151) che emigrano da Sparta al seguito dello spartiata Theras, e colonizzano prima l'iso- la di Thera, che da lui prende nome, e quindi la Libia'2. Orbene, il circolo delle nostre congetture sí chiude armónicamente: la citazione dei Mini non è casua- le, non è solamente dovuta a un genérico ancoraggio a un orizzonte spartano, ma contiene un duplice aggancio alia vicenda di Dorieo: la 'indesiderabílitá' in

'^ I termini del problema sonó analízzatí da M. CoiíSANO, Mini ed EgiJi a drene, in AttiCon drene (Storia, mito, letteraturá), Urbino (1988) 1990, 123-129. Vd. inoltre, con ampia documentazione, P. VANNICCLLI. Erodoto e la storia deU'alto e medio arcaismo (Sparta - Tessaglia - drene), Roma 1993, 126 ss.

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76 LOHENZO BHACCESl

patria e la 'colonizzazione' in terra ¿i Libia. Le due segnalazioni sono forti; ma, per chi ancora dubitasse della connessione, e quindi dell'invenzione del perso- naggio Menelao/Dorieo, ne possiamo arrecare una terza non meno incisiva. Non solo Dorieo abbandona Sparta "sdegnato e non ritenendo giusto di esse- re governato da Cleomene", ma anche Theras, il suo mítico antenato, emigra dalla città "ritenendo intoüerabile essere governato da altri", come ci riferisce sempre Erodoto (4, 147, 2-3);

Theras, che era di stirpe cadmea, era zÍo materno dei figli di Aristodemo, Euristene e Precie. Finché essl furono ancora piccoii, Theras ebbe come loro tuto- re il trono di Sparta, Ma quando í nipoti crebbero e assunsero lo scettro, allora Theras, ritenendo intollerabile essere governato da altri [ôeiuov TTOLeúnefoc äpx€o9ai úTT' aXXtay] dopo avere gústate il comando, annuncio che non sarebbe rimasto a Sparta, ma che avrebbe preso la via del mare.

Non c'è mai due senza tre. Dinnanzi alia tríplice segnalazione, anche la menzione dell'Elba, almeno come 'slogan' propagandístico, acquista nuova cre- dibilità e pregnante concretezza. U nosios di Menelao, quale narratoci da Licofrone, va tutto riconnesso e sovrimpresso aW'äer - reale o immaginato o propagandato - di un único personaggio storico, che è Dorieo. E nel suo ambiente che si elabora la cattura di immagine con il mítico re di Sparta, che ora, per la prima volta, viene fatto vagare anche in occidente. Un re leggenda- rio, trionfatore a Troia, ma a lungo esule nel Mediterráneo, era certo il perso- naggio piu idóneo sia per propagandare la política di espansionismo spartano in area transmarina sia per ancorarla alia figura di un principe che, nello stesso tempo, è interprete del sistema e, per responsabilità del medesímo sistema, esule volontario.

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Capitulo VIII MORIRÉ PER LA PATRIA

1. IL MONUMENTO AI COMPAGNI DI DORIEO

Abbiamo fínora accennato solo di sfuggita a una testimonianza di Pausania (3,16, 4) relativa a Dorieo, perché significativa solo in ottica spartana e parlan- te, a molta distanza di tempo, passatí oltre due secoli, solo in dimensione pro- pagandística. E pero tempo di riferirla, conducendo il lettore, sulle orme del periegeta, alia riscoperta di Sparta e dei suoi monumenti:

Íóin"i Ôè tüc èm Tag TTUXag àirô TOO XITWI'Oç XiXtowoc éoriu f|pcpou TOO aoct^oO vo\LiCo\iévov Kaï taOTifaíwf pwf TùV Ó|íOú Acopia xy'Aya^ai'ôpiôoi; oraXévTíov è<£ "EiKeXíav'è(7TaXr\oav ôè Triv''EpuKÎL'r|i' x^pcn^ fOfiíCourec TùV àîTo-yowuu TûIV

'HpaKXéoDç elvai KQI Où ßapßdpwv TùV exóiTtúi'.

Se poi li dirigí in direzione délie porte délia cïttà, c'è Yheróon di Chilene, che è consíderato uno dei saggi, e f*** t di quellí che con Dorieo figiio di Anassandrida andarono in Sicilia; vi sí recarono credendo che Íl territorio di Erice appartenesse ai discendentí di Eracle e non ai barbarí che l'occupavano.

II tràdito tàorivaitov pto-t non dà senso, e sterilí o assurdi sonó stati tutti gli interventí proposti per emendare il testo: 'A6r)voScópou (Madvig), ' AQr\vaíiúv p ' (Wade-Gery),aTf|Xri ói/ójiaxa exouaa àvbpùv júv ó|iou Acuptet... GjaXçvriMV (Kaiser) 1. II testo è, e rimane, insanabílmente lacunoso. JVIa è innegabile che qui Pausania ci testimoni 1 esistenza ín Sparta di un monumento fúnebre, heróon o

' Riassume egregiamente problemática e status quacsíioms W.K. PlílTC! lETT, The Greek State at War, 4, Berkeley - Los Angeles • London, 4, 1985, 161 ss. Non ¡ndugia sul problema D. MusT! • ( M. TüRELLO. in Pausania, Guida délia Grecia, 3 [La Läconia), Milano 1991, 224 s. Vd. inoltre M. NAFISSI, La nascita del Kosmos, Studi sulla sloria e la società diSparta, Napoli 1991, 315 e S. Dc VlDO, Gti Elimi,Slorie di contalti e di rappresetitazioni, Pisa 1997, 178.

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78 LORENZO BIíAí;C:ESI

cenotafío o nudo marmo íscritto, eretto o apposto per commemorare i compagni di Dorieo, owero un singólo compagno o un gruppo di compagni al suo seguito.

Monumento fúnebre, con tutta probabÜíta, eretto nel clima trionfaiistico che segue alla seconda guerra persiana con l'intento propagandístico di ricordare il contributo offerto da Sparta anche nella lotta contro il bárbaro di occidente. Gelone - lo precisa Erodoto (7,158,2) - aveva si rínfacciato ai Lacedemoni di non essere intervenuti in Sicilia, in suo aiuto, per:

vendicare la morte di Dorieo, fíglio di Anassandrida, ucciso dai Segestani [TóV

Awpiços ToO 'AfoÇauSpiôew Tipo? 'EycoraUov ^óvov èK-npr]^aaQai].

Ma ora, dopo il 480, dopo la vittoria ellenica sui Persian! e sui Cartaginés!, Sparta, con 1 erezione del monumento fúnebre, risponde orgoglíosamente all'al- tezzoso tiranno siracusano riappropriandosi della guerra di Dorieo quale prima tappa della lotta contro il bárbaro. Operazione, di chiara marca propagandísti- ca, che bene si colloca nel clima trionfaiistico nel quale germina, in opposizione al sincronismo 'ateniese' fra Salamina e Imera, un nuovo sincronismo fra le Termopili e Imera, registrato da Eforo, e quindi da Diodoro {11, 24, 1):

accadde che nello stesso giomo abbia vinto Gelone e abbiano combattuto contro Serse, alie Termopili, quelli al seguito di Leonida [xoùç TTÇpl 0epp.OTnjXaç [xeià AetjfLÔou].

Da questa, innovativa, correlazione cronológica consegue che due figli di Sparta, entrambi fratelli, entrambi proie di Anassandrida, entrambi predestina- ti a succedergli, hanno dato la vita per la causa della salvezza panellenica: il re Leonida in Tessaglia e Dorieo, re mancato, in terra di Sicilia.

2. EURILEONTE E IL MONUMENTO AI COMPAGNI DI DORlEO

Ma disponiamo di altre testimonianze che ricordino il nostro monumento funèbre? La risposta ci viene da un epitafio inciso in Sparta e monumentato in luogo pubblico, come apprendiamo da Plutarco {Lyc. 20, 13) ehe lo riferisce:

Un altro, avendo letta questa iscrizione; Un giomo, mentre spengevano la tirannide, questi il bromeo Ares / rapî; di Selinunte pressa le porte sono morti [o^evvvvias TTOxè ToOcrÔe TupawLÔa xaXKeoç"Apr]s/elXe. SeXii'oOi'roçô' Q\L^\. TTúXQC è9afov], osservô: "è giusto che siano morti: dovevano lasciarla lutta bruciare".

A nostro awiso, non ce il mínimo dubbio che l'epitafio vada posto in

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MOKIRn I'EH LA I'ATHIA •?§

diretta correlazione con il monumento fúnebre connesso alla memoria di Dorieo^, poiché è questi, nell'intera storia spartana, Túnico condottiero coin- volto in fatti di armi neU'area di Selinunte e della Sicilia occidentale. Ma dove era inciso l'epitafío con il misterioso distíco? Inclineremmo a credere che fosse stato inciso e monumentato ín un'epigrafe addossata al monumento fúnebre. L'ípotesi di lavoro - fino a dimostrazione contraria - è più che legittima poiché siamo documentatí dellesistenza di un monumento e di un epitafio che, in Sparta, non possiamo che ríconnettere al medesímo fatto di armi.

Ma ce di più. Il lettore ricorderà l'esistenza di un superstite compagno di Dorieo, di nome Eurileonte, che è coinvolto in lotte contro un tiranno di Selinunte il quale è da lui spodestato^. Rileggiamo la testimonianza di Erodoto (5, 46):

Si erano imbarcatí con Dorieo come compagni nella fondazione della colonia anche altri Spartiati, Tessalo, Parebate e Cclea ed Eurileonte, i quali, quando giun- sero con tutta la spedizione in Sicilia, morirono vinti in battaglia dai Fenici e dagli abitanti di Segesta. Dei fondatori della colonia solo Eurileonte soprawisse [TWV

avyKTwréíúv \iovvoc Sé EùpuXéwi/ Tr€pL€Yéi'€To] a questo disastro. Egli, presi con sé i superstiti deli'esercito, occupo Minoa, colonia dei Selinuntiní, e aiutó í Selinuntini a liberarsi del tiranno Pitagora [eaxe Miuóriv rfii' ZeXivuixjiiai^ àiToïKLTii' KOI

CTuveXeuSépou ZeXiKîuaÎouç TOù [Lowàpxov neiÔayopeio].

Schiacciante è la sconfitta di Dorieo, ma non tutti i suoi compagni peri- scono con lui. Si salva, infatti, Eurileonte che conduce i superstiti della sfortu- nata spedizione a Minoa. Si inserisce quindi, con un ruolo di protagonista, negli affari interni di Selinunte, aiutando i suoi abitanti a disfarsi del tiranno Pitagora. La notizia - come abbiamo precisato - è da inquadrarsi nella temperie del momento. Se i Selinuntini accolgono a Minoa Eurileonte con i superstiti della spedizione spartana, è perché hanno combattuto al fianco di Dorieo. Infatti la sconfitta di quest'ultimo determina, nello stesso tempo, tanto l'asser- ragliamento di Eurileonte a Minoa quanto il colpo di stato di Pitagora, tiranno filofenicio, a Selinunte. Città dalla quale esulano i cittadini di parte awersa per riparare a Minoa, dove convincono Eurileonte a marciare su Selinunte per abbatterne il tiranno. Cosa che puntualmente avviene.

Ritroviamo dunque uno spartiata, Eurileonte, compagno di Dorieo, che combatte a Selinunte per 'spengerne' la tirannide! Molti suoi compagni saran-

2 Cosi anche PlilTCilETT. loc. at. e D.L. PACE, Furihcr Greek Epigrams, Cambridge 1981. 404. Con tutta probabilità è riferibilc alla memoria di Dorieo (o dei siioi compatíni o della sua spedizione) anche il graf- fito, con dedica ad Apollo, ora edito da C. M. SriuliE, Das andere Sparta, Mainz a. R. 1996, 241 ss.

'Cap. 4 §3.

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gQ LORENZO BIîACCESI

no certo morti 'rapiti dal bronzeo Ares' presso 'le porte' délia città. Egli stesso morirá poco dopo, travolto da nuovi conflitti intesííni. Erodoto ci consente cosi di decriptare un testo poético ñnora rimasto oscuro, confortandoci nell'ipotesí di una sua collocazione su un'epigrafe addossata al monumento fúnebre con- nesso alia memoria di Doñeo. Non proponiamo con ció di emendare il testo di Pausania in KQI EupuXeóvTOs TWV; ma, a questo punto, vorremmo sperare che risulti scontato come la notizia ivi contenuta vada sovrapposta a quella offerta- ci da Plutarco e come entrambe siano da decifrare alia luce di quanto ci testi- monia Erodoto.

3. AREO I, EURILEONTE E IL MONUMENTO AI COMPAGNI DI DORIEO

Ma perché Eurileonte? Potremmo rispondere con relativa sicurezza sola- mente se scoprissimo chi ha scritto, o comunque commissionato, Íl distico poé- tico. Ma siamo in grado di riscoprirlo? In certo senso si, poiché Tepitafio sareb- be stato conosciuto dal re spartano Areo I che l'avrebbe letto nientedimeno che in Selinunte, come negli apophthégmata lakonikà ci rivela Plutarco {mor. 2\1 f):

Passando una volta per Selinunte [ôià SEXLI^ODUTOS], in Sicilia, e vedendo un dis- tico inciso su un monumento [LôCôV èm \i.vv\'^ajos èXevelou çTTLYeypaiiiiévof]: Un giorno, mentre spengevano la tirannide, questi il bronzeo Ares I rapt; di Selinunte presso le porte sono morti.

Protagonista dellepisodio è il re Areo I, ma la critica giustamente rifiuta la notizia - non altrimenti attestata - che egli abbia mai vagabondato per la Sicilia. Comunque, se anche vi si fosse recato, mai avrebbe potuto vedere il monu- mento con inciso il prezioso distico, poiché la città era stata distrutta e occupa- ta, oltre un secólo prima, dai Cartaginés!. I quali giammai avrebbero ricostrui- to o riattato un monumento del nazionalismo greco, ideológicamente tanto aggressivo. Sempre che l'epitafio sia stato dawero monumentato a Selinunte in età anteriore alla sua distruzione; cosa, in effetti, resa molto problemática dal- I'indicazione superflua, e del tutto gratuita, ZeXivoûyToç Ô' à\i.à?\. TruXas-*. Il che induce a un'unica conclusione plausibile: che dell'epitafio sia esistita una sola copia, cioè quella incisa a Sparta e letta dal salace e ignoto passante menziona- to da Plutarco {Lye. 20, 13).

Ma, se le cose stanno cosi, perché Eurileonte? Perché, in connessione ail e-

•' Cosi PACJE. Further Greek Epigrams, cit.. 189 s.

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MOKIKE PER LA PATKIA 81

pigrafe sepolcrale, la forte segnalazione del nome di Areo I? La risposta è sem- plice, purché sí richiami alla memoria proprio la política del re agiade. Egli, nel suo lungo regno, dopo il 280, si trova più volte a contendere con Pirro e talora anche in armi^. Orbene, il re epirota, negli anni 278-275, al tempo della cam- pagna di Sicilia, per pubblicizzare la sua spedizione, ripropone nell'isola due temí propagandistici mutuati dalla tradizione spartana, I quaÜ - è inutile sotto- linearlo - non saranno risullatí accetti o suonati graditi in ámbito lacedemone.

In primo luego, Pirro sacrifica in Erice a Eracle rivendicando cosí la discendenza, e quindi l'eredità, dell'eroe. Al quale, come testimonia Plutarco {Pyrrh. 22, 8), chiede di concedergli

occasione di dímostrarsi aglí Eüeni di Sicilia lottatore degno della sua stirpe e della sua gloria [av TOú yéuous KOL TIíIV ÚTrapxói^Twv' ct^iou àyitiv\.oTT\v éauTOv àTToSeiÇri TOîç ZiKeXíav OÍKOOOLU "EWri^^O-

Non solamente Dorieo, ma anche Pirro, è discendente di Eracle! La com- petizione fra i due personaggi, fra !o spartano e l'epirota, si riverbera cosí suUe rispettive patrie. Mentre la rivendicata discendenza eraclea, creando immagine panellenica, consente a Pirro di risolvere anche lo scottante probema della sua ambigua identità greca^.

In seconde luogo, Pirro muove alia volta della Sicilia perché pregato dai Sicelioti di venire in loro soccorso per

aiutarli a cacciare i Cartaginesi e a liberare l'isola dai tiranni [oeóiievoi KapxriôouLouç re auueKßaXelw KQI Ttljv Tvpávvijiv díraWá^ai TX\V VX\üOV].

Lo precisa sempre Plutarco {Pyrrh. 22, 2). Non solamente Eurileonte, ma anche Pirro, combatte in terra di Sicilia contre tiranni che sonó in combutta con íl barbare! In questo case è difficile riscoprire un processo di competizie- ne, o di aemuktio, fra i due personaggi, ma certo, per Pirro, possiamo parlare di appropriazione indebita di temi propagandistíci altrui.

COSí stände le cese, è facile comprendere come in questa temperie si riat- tualizzi Tazione e la figura delle spartiata Eurileonte. Ció implica, anzi giustifi- ca, un'effetdva correlazione fra 11 nostro epitafio e il re Aree I. Ma, benintese, non presuppone che questi l'abbia letto a Selinunte; dove mai si è recato, dove

5 Status quaestionis e disamina del problema in G. MAKASCX), Sparta agli ini'zt deU'età ellenistica: il regm di Areo / (}09/S • 265/4 a.CX Firenze 1980, 91 ss.

^ Cosi DE VIOO. GiiElimi. dr., 201, con riferimenio a G. NENCI, Pirro, Aspimzioniegemoniche ed equilibrio mediterráneo, Torino 1953, 70 ss.

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g2 LORENZO BKACICESI

I'epitafio mai è stato inciso su monumento di sorta, e dove, anche se lo fosse stato, mai sarebbe soprawissuto alla distruzionc délia città. Il rc, in Sparta, per impreziosirlo, e tenderlo più fascinoso agli occhi dei concittadini, ne avrà solo vantata una fittizia, pretestuosa, provenienza da ambiente selinuntino mentre ordinava di inciderlo su un'epigrafe da addossare al monumento funèbre conesso alla memoria di Dorieo. La propaganda antilacedemone e siceliota di Pirro trovava cosï in Sparta una 'regale' e degna risposta.

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CARTINE {a cura di LEONARDO PASQUALETTO)

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84 LOKENZO BHACCCSI

Fig. 1 - II teatro di azione.

MAHE TIRRENO Palermo ••c

SGlinunlD

CauionlB è^.,,„...............: J^ ^^^ ' _, ' Wim':: -Q:. , _, RBggio MAREjÇJiîÎ;,;, "í^ir CorinîS

SíiaciiCa

MARE^MEDITERRAMEO

SabraUía * — «""--v Oca •

Lepils Magna' Clrone

Fig. 2 • II teatro di azione, detcaglio.

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CAlfTlNE 85

.MARE MEDITÍRRANEO:

_„;.... ^^ CIrane ^~^ ,-••:-.,: í;|iií;;/»Tascherla CiïiL.

/•EuQsperlde AiTti^rgos*V;. ;.

^^ Grande

Sino

)

Fig. 3 • Cirene e la Cirenaica.

Piccqla iSirie MARE J^EDITERRANEO

Leptis Magná~

J

^/

Fig. 4 - Il territorio di Cinipe.

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86 LCllîENZO BHACCESI

Adrumeto Leptls Parva*

'^

Fig. 5 • Carcagine e la piccola Sirte.

Fig. 6 - La Sicilia.

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CARTING 87

Fig. 7 - La Sicilia, dettaglio.

Fig. 8 - La Sicilia, dettaglio.

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OO

Fig. 9 - Sicilia e Italia, dettaglio.

D3

Fig. 10 - Sicilia e Italia.

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• Roma

Cuma i, j Napoli

Pliecussa A ^

•v,çVella

MARE HRRENO

¡sois arre

î^ Messies

i_ *MiTinfa /

-^v,-.

PERSiAKO

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Fig. 11 - La Sicilia e il Mare Tirreno. Fig. 12 - L'Impero Persiano.

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INDICI (a cura di LEONARDO PASQUALETTO)

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92

INDICE ANALíTICO

Absirti; v. Asbisti. Achille: 70. Acqua Conchea: 70. aemuîatio: 81. Africa: 13, 15, 17, 20, 21, 22, 23, 25, 27,

28, 37, 59, 61, 63, 64, 66, 67, 68, 71, 72.

Afrodite:47, 70. 73,74. Agenore re di Tiro: 41, 42. Agiadi: 42. Agoraios: v. Zeus. Agrigento: 45. Aithalia:71. Alalia: 65. Alcamene: 35. Alenzia: v. Afrodite. Alessandra: 69. Amilcare; 50, 56, 57. Ammone: 22, 23. Anassandrida: 11, 12, 14, 34, 44, 50, 53,

66,72,74,77,78. Anticare di Eleone: 31, 40, 41. apoikia: 22,24. apophtégmala lakonikâ: 80. Arcesilao III: 25-28, 37, 59, 60. Areo I: 80, 81. Ares: 78, 80. Argeia: 42. Ariande: 25, 26. Aristagora di Mileto: 17. Aristodemo: 42. Asbisti: 70. Asbisto: 69, 70. Asia: 41, 66. Atene: 14, 34. 36, 37, 48 Athena: 32, 36, 37,71. Attica: 34. Barce: 25, 26. Beozia: 41. Bou Gara: 21. Buta: 47. Butacide: 19,36,47. Cadmo di Cos: 60, 65.

Cadmo:41,42. Callia: 32. Cambise: 26, 29, 60. Cartagine: 15, 17, 18, 24, 25, 28, 29, 43,

49-52,56,59-68,73. Celea: 14,45.79. Chilene; 77. Ciclopi: 72. Cinipe: 13.21-25,28,61.68. Cipro: 28. Cirene: 13, 16, 19, 20, 22, 25-28, 36, 37,

47, 59, 64, 68. Giro: 26. Cleombroto: 11,12.44,53. Cleomene; 11-16, 20. 34. 36, 37, 44, 53.

72. 76. Cnidi: 28. Cnido; 41. Colotide: v. Afrodite. Corinto: 34. Crati:32,36. Gratia: 32. Greteo: 70, 71. Cronaca Lindia: 45. Crono: 70. Crotone: 13,19, 22, 31. 33.36, 42, 47,48,

55, 70, 72. Dario: 17,29,51,54.62.63,68. Delfi: 13,20,22.31.39.40,60. Demonaite di Mantlnea: 27. Diodoro: 15,41-44,46, 52. 60, 61, 68, 78. Dionigi di Focea: 65. 73. Dodona: 23. Dori: 37. Doride: 69. Drepanon: v. Trapani. Eaco: 69. Eforo:23,60, 78. Egeida: 42. Egeo: 42. Egitto:25-29, 62,63, 68.70. Elba (isola di): 71. 73-76. Elena: 72.

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INDICE ANALíTICO 93

Elide: 32. Elimi:42,43,53,73. Ellesponto: 16, 60. Emmenidí: 42. empória: 39, 49, 50, 51. 52, 54-57, 61. Eolie: 41. Epitelida: 41. Eracle: 11, 31, 39, 40, 43, 71, 73, 74-77,

81. Eraclea: 14, 15,43,44,55,75. Eraclea di Sicilia: 16, 22, 40. Eraclea Minoa: 46. Erice: 14,22,31,35,40-44,55, 61, 66,70,

73,74,75,77,81. Erodoto: 11-17, 19-28, 31-34, 36, 59, 42-

45, 48-53. 56, 59. 60, 61, 63. 65. 66. 67, 68. 71, 73-76, 78, 79, 80.

Eurileonte: 14, 42,44-47, 78-81. Euristene: 11,76. Europa: 67. Europontidi: 42. Eveltone: 28. Evesperidi: 26, 27. Fenici;39.42-45,55,73,79. Ferecle: 23. Feretime; 25-28. Fileni: 64. Filippo: 19, 20,33.34, 36, 47. 48. Fia: 21. Gabes:21.22.28. Gallia: 60. Gela: 52, 56. Gelone: 14, 39, 49-52, 54-57. 59, 60, 65-

68, 74, 78. Gerba: 21. Gerioneide: 40. Giasone: 71, 75. Gillo; 63. Giustino: 63. Gonusa: 70. Gorgó: 13, 53. Hera: 70. heróon: 47, 55. lamidi: 32. Iapigi:69,71,72. lapigia: 70, 71,72.

lapigio (capo): 70, 71. Iberia: 60. Imera: 17, 39, 46-51, 53, 56, 57, 59, 61,

66. 68, 78. Iolco:71. lonia: 65. Ionio (mare): 72. Ippia: 34. Ippote: 41. Isagora: 36. Italia: 13,22,31,35.40,60.63,71,72,74. Lacinio (golfo): 69. Lacinio (promontorio): 35, 70. Lade: 65, 73. Laio: 41,42. Lao: 48. Lebda:21,22. Lega peloponnesiaca: 17. Leonida: 11, 12, 15, 17,35,44,45,50-54,

62, 66, 78. Leplis Magna: 2i, 28. Libia: 19,21,23,25,28.31,40,60,68,70.

72, 75, 76. Libyi:21,68. Licofrone:69.71.72,75,76. Liguria: 60. Lisandro: 23. Locri: 35. Longuro: 70. Lotofagi: 21. Maci: 21, 23, 24. 25, 40, 68. Maclui:21,24,25. Maratona: 52, 62. Melkart: 40 Menelao: 35, 69-76. Micale: 68. Minii;70.71.75. Minoa: 44, 45,46,79. Naqs-i Rusiam (iscrizione di): 68. Nilo: 70. nósioi: 71. Olimpia: 19, 20, 47. Oplosmia: 69, 70. Otranto (canale di): 70, 71, 72. Parebate: 14, 45. 79. Partheni: 75.

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94 INDICE ANALíTICO

Pausania: 14, 35, 55, 77, 80. Peloponneso: 21, 31, 40. Pentatlo di Cnido: 40, 42, 43, 46. Persia: 17. 18. 28, 29, 59, 60. 61. 63-68. Pindaro:42,7I. Pirro: 81, 82. Pitagora: 45, 46, 79. Pizia: 16,23,40. Platea: 68. Plutarco:23,24.78, 80, 81, Polidoro: 11,35. Procle: 76. Ps. Scilace:23,24. Rodi: 41. Roma: 65. Salamina: 17, 49, 61, 66, 67, 68, 78. Sallustio: 64. Samo: 34. Santa Maria dî Leuca: 71. Scidro: 48. Seite: 60, 65. Segesta: 14, 41, 44, 45, 47,48.79. Selinunte: 41, 45, 46, 49, 55, 79, 80. Serse: 13,17,61,65,67,78. Sibari: 13. 20, 24, 25, 31-34, 37, 43, 55,

70, 72, 74. Sicani: 70. Sicilia: 13-17,19,31,35,37,39.42-46,50,

51-56,59-67,71,72,74.77-81. Sicione: 34. Sidone: 41. Siracusa: 48. 49, 52,56,57,74. Siri: 69, 70, 72. Sirte: 13. Sirte (grande): 22, 23, 28, 67, 68. Sirte(piccola):21,22,24,25.

Siwah (oasi di): 23. Skylctria: 71. Sparta: 11, 13, 14-17, 22, 25, 27, 31, 33,

34,35,37,41,50-55,59,72,75-78,80, 82.

Spartiati:22,23,44, 75. Stesicoro: 40, 41. Susa: 68. Taigeto: 75. Tamasso: 69. Taranto: 63, 70, 72, 75. Tebe:41. Telemachia: 71. Teii: 19,32,34,36. Temistocle: 17. Terillo: 49, 56. Termopili: 11, 15, 17,53,66,78. Terone di Agrigento: 39, 45,51,52,56, Tessaglia:34.71,78. Tessaio: 14, 45,79. Teti: 70. Thera:21,27,28,75. Theras: 42, 75, 76. Timeo: 15. Tirreno (mare): 73. Trapani: 42, 70. Tritone (fiume): 21. Tritonide (palude): 21. Trogo: 63. Trogo-Giustino: 15,29, 35, 50-57, 61. Troia: 72, 76. Tunisia: 24, 25,28. Turi: 14, 48. Zancle: 65. Zefirio (capo): 35. Zeus Agoraios: 45, 47.

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INDICE DELLE FONT!

95

Cronaca Lindia 5, 42, 1-2 5, 42, 1

FGrHisi 532 F 30 p. 45 5, 42, 2-3 5, 42,3

Diodoro: 5, 43-48 5,43

4,23,3 p. 15, 42.43 5, 43, 1 5.9,1-3 p. 41 5,44 11,1,4 p. 60 5, 44, 3 11,21,4 p. 46 5, 45, 1 11,24.1 p. 78 5, 45,2 11,26,4-5 p. 67 5,46 11,53.1 p. 52 5, 46, 1 26,11,4 p. 68 5,46,1-2

5.47 Eforo: 5. 47,1

5,48 FGrHist 70 F 206 p. 23 5, 64, 1-2

5. 72, 2-3 Erodoto: 6,17

6,76 3,138,2 p. 63 7, 157, 3 4. 145, 5 p. 75 7,158 4,146 p. 75 7, 158, 1-2 4.147-151 p. 75 7, 158,1-3 4, 147, 2-3 p. 76 7,158,2 4,161,3 p. 27 7,158,4 4, 164, 2 p. 28 7,163,2 4.165 p. 26 7,165 4.167 p. 26 7,204 4, 167, 3 p. 68 7, 205, 1 4, 169, 1 p. 71 4, 175, I p. 24 Licofrone: 4, 178 p. 21,24 4,202 p. 26 .4/í;í. 847-876 4,204 p. 26, 68 5, 39-48 p. 13 Pausania: 5,40,2 p. 12 5,41,1 p. 12 3,3, 1 5,41,3 p. 12 3,16,4

P .12

P . 13

P .20

P . 24, 39-40

P ,22

P' , 16,31 P' , 39-40 P' , 31-32

P' ,68

p. , 16, 32,43

P- 32

p- 45,79

p. 14, 42,43 P- 44-45 P- 19, 33,47

P- 36 P- 12,53 P- 34 P- 36-37 P- 73

P- 16

P- 59 P. 65-66

P- 14,74 P- 49

P- 39,78

P- 67

P- 60,67

P- 56

p. 11 p. 44, 53

p. 69

p. 35 p. 55, 77

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96 IN Die E DELLE FONTI

Pindaro: Sallustio:

01. 2,23 Pyth. 5, S3

p. 42 p. 71

lug. 79,2-5 p. 64

Plutarco: Trogo-Giustino:

Lys. 25, 3-4 Lye. 20,13 mor. Ill î Pyrrh. 22, 2 Pj-í-í-A. 22, 8

p. 23 p. 78, p. 80 p. 81 p. 81

80 4, 2, 6-7 19,1,9 19,1,10-12 19, 1, 9-12

p. 50 p. 15,54,35 p. 29 p. 50, 61

Ps. Scilace:

§109 p. 23, 24

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Finito di stampare in Roma nel mese di ottobre 1999 per conto de «L'ERMA» di BRETSCHNEIDER

daila Tipograf S.r.l. Via Costantino Morin, 26/A