Bottecchia

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Giacomo Revelli – Andrea Ferraris Bottecchia ®

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l'eroe del ciclismo

Transcript of Bottecchia

Giacomo Revelli – Andrea Ferraris

Bottecchia

®|

Euro 12,00

Ottavio Bottecchia fu il primo italiano a vincere, nel 1924, il Tour de France. Uno sforzo estremo, riservato a pochi: tappe di quattrocento chilome-tri, strade spesso non asfaltate, biciclette senza il

cambio e nessuna assistenza in corsa. Botescià, così chiamato dai francesi, per comodità calzava

scarpette da ballerina.

Prima che un eroe, però, Ottavio Bottecchia fu un uomo che non sfuggì alla Storia. Conobbe la guerra, la povertà, la lontananza da casa. Il fascismo nascente

volle farne una bandiera, ma a Botescià non interessava fare proclami e compiacere il regime, bensì tagliare il traguardo…

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Bottecchia

Giacom

o Revelli – A

ndrea Ferraris

Prospero’s Books«Noi siamo fatti della materia di cui sono fatti i sogni…»

(Prospero, da La Tempesta di William Shakespeare)

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Bottecchia

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Bottecchia

collana «prospero’s books» n. 35

i edizione: aprile 2011

Soggetto: giacomo revelli

Sceneggiatura, disegni e lettering: andrea Ferraris

grafica di copertina e impaginazione: tunué S.r.l.

illustrazioni di copertina: andrea Ferraris

text and illustrations

copyright © 2011 revelli/Ferraris/tunué S.r.l.

all rights reserved.

direzione editoriale: massimiliano clemente

tunué S.r.l.

Via dei Volsci 139 – 04100 latina – italy

tel. 0773 661760 | fax 0773 1875156

[email protected] | www.tunue.com

iSbn-13, gS1 978-88-97615-15-6

Finito di stampare nel mese di aprile 2011 presso:

Stampa Sud S.p.a.

Via paolo borsellino 7

74017 mottola (ta) – italy

carta:

Hello Silk + 300 g/m2 (copertina)

munken print 1,8 115 g/m2 (interni)

Bottecchia è stampato su carta «amica delle foreste» certificata FSc

con il gratuito patrocinio

del comune di colle umberto

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Andrea Ferraris (Genova 1966) disegna da

molti anni storie di Paperi e Topi.

Dopo aver vissuto qualche anno a Barcellona

si trasferisce a Cagliari dove vive, con la sua

famiglia, a un passo dal mare.

La passione per il ciclismo arriva dal nonno,

con il quale, da ragazzino, seguiva alla televi-

sione le tappe del Giro e del Tour.

A Daniela e Sarvari,

e alla loro pazienza.

Giacomo Revelli (Sanremo 1975) ama la bici-

cletta, vive a Genova e lavora come redattore

per i siti web della Regione Liguria.

Scrive su mentelocale.it e ha sue rubriche su

quotidiani locali. Ha scritto racconti pubblica-

ti in varie antologie, il suo ultimo romanzo, Del-

l’approvvigionamento idrico della città di Ge-

nova, è un noir sul difficile rapporto di Geno-

va con l’acqua.

Dal 2005 lavora alle sceneggiature e alle ricer-

che di ZemiaFilm, unità di video-produzione

di documenti etno-antropologici sul territorio

ligure.

Bottecchia è il primo di una trilogia dedicata

al triathlon.

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Il campione Ottavio Bottecchia (ultimo a destra) davanti alla casa natale, con gli oltre trentafra nipoti e cugini vestiti a nuovo grazie ai premi delle sue vittorie. La prima a sinistra è lamoglie Caterina Tonel. La figlioletta Fortunata Vittoria è al centro, davanti, in abito chiaro.Per gentile concessione di Renato Zarpellon.

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Allez Botescià!

Un�eroe�di�tutti�i�tempidi Giacomo Revelli

Quella raccontata inquesto libro non è soltan-to la storia di un uomo,di un atleta, di un cicli-sta. È anche la storia del-l’Europa, dell’Italia, delciclismo.

L’avventura di OttavioBottecchia avviene in unperiodo storico fonda-mentale, in cui il mondoandava strutturandosi edefinendosi e in cui legrandi scoperte dellascienza e della tecnica,dopo la tragedia del Pri-mo conflitto mondiale,stavano cambiando la vi-

ta quotidiana, mentre un nuovo benessere favoriva l’entusiasmo e la fede nel progres-so. Da lì a poco si sarebbe formata la modernità che conosciamo oggi.

Ma, anche allora, come in ogni altra epoca storica, c’era bisogno di eroi. E i supe-reroi di quel periodo, se non erano ancora capaci di trasformarsi un una cabina deltelefono e salvare il mondo dai progetti del cattivo di turno, sapevano compiere im-prese per l’epoca straordinarie: correvano maratone, combattevano incontri di pugi-lato, correvano in spericolate corse d’automobile o pedalavano per chilometri in bici-cletta. I poemi epici che ne narravano le imprese erano le strade delle città, i giorna-li che ne diffondevano le notizie.

Ottavio Bottecchia nacque a San Martino di Colle Umberto il primo agosto 1894 efu uno di quegli eroi. Ma, prima che un eroe, fu uomo del periodo e come tale nonsfuggì alla Storia: partecipò alla Prima guerra mondiale, ottenendo una Medaglia diBronzo al Valor Militare. Poi emigrò in Francia e trovò lavoro come muratore e car-rettiere. Conobbe la guerra, la povertà e la lontananza da casa e cercò fortuna all’este-ro, come accadde a molti in quegli anni e ancora oggi. Non è però per questo che ilsuo nome è scritto sui libri di storia: Ottavio Bottecchia, reduce ed emigrato friula-no, fu il primo italiano a vincere il Tour de France nel 1924.

Per gentile concessione della Cineteca del Friuli.

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Il Tour de France, nel 1924 era uno sforzo estremo, ri-servato a pochi. Tappe di 400 chilometri per volta, sustrade spesso non asfaltate e con mezzi poverissimi: lebiciclette dell’epoca non avevano nemmeno il cambio enon era prevista alcuna assistenza in corsa. In più, l’or-ganizzatore, henri Desgrange, fondatore de L’Equipe – ilgiornale il cui colore diede nome alla maglia gialla, sim-bolo del primato – imponeva regole ferree che rendevanola corsa durissima. Il ciclismo dell’epoca era dunque pro-fondamente diverso da quello di oggi e con la biciclettaera più facile entrare nell’epica che accumulare ricchez-ze e sponsor. Correre, vincere, era il risultato di fatica esacrificio, tanto che i ciclisti vennero definiti «i forzatidella strada». La tecnologia e la scienza non avevano an-cora il peso di oggi; vittorie, sconfitte e primati arrivava-no come conseguenze delle qualità vere di un uomo, for-tuna compresa. In una cosa soprattutto, il Tour era di-verso da oggi: non era un circo, una macchina trita-sol-di. attraverso città e campagne, portava un messaggio dilibertà e rivincita per tutti: anche i meno fortunati pote-vano sperare in un futuro migliore, la fatica dei ciclistiaveva un valore catartico per la società intera. Per questoquando passava la corsa le strade erano sempre affolla-te di spettatori, gli incroci brulicavano di donne, uominie bambini che incitavano i corridori. Molti nomi sono en-trati nella leggenda: Frantz, alancourt, i fratelli Pelissier.

Fino alla vittoria di Bottecchia, il Tour deFrance o la «Grande Boucle», come vienechiamato in Francia, l’Italia restò piuttostoindifferente alla gara, che, anzi, veniva defi-nita «brutale martirio di uomini». Ma proprioin quegli anni il regime fascista cercava di af-fermarsi in Europa ed era alla ricerca di eroiche lo sostenessero. Bottecchia forniva al fa-scismo una grande occasione: venne indettauna sottoscrizione per farlo partecipare alTour. Ma tutto non andò come previsto. Bot-tecchia corse il Tour concentrando le proprieenergie sulla gara, non gli interessava fareproclami e compiacere Mussolini, ma arriva-re al traguardo: dopo aver visto l’inferno del-la guerra sapeva bene come gestire le proprieenergie. Si attirò dunque l’ostilità di gerar-chi. Correva poi per una squadra apolide, ca-pitanata da un corridore di indole anarchicae ribelle, henri Pelissier.

Per gentile concessione dellaCineteca del Friuli.

Per gentile concessione della Cineteca del Friuli.

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Come atleta, Bottecchia era fortissimo: nessuno era in grado di seguirlo appena lastrada cominciava a salire. Dopo il primo Tour de France nel 1924, vinse anche ilTour nel 1925. Poi la fortuna cambiò il suo corso. L’anno successivo dovette ritirar-si. In più, perse suo fratello in un incidente: un’auto pirata lo travolse e uccise pro-prio mentre era in bicicletta.

Il 3 giugno 1927, mentre stava preparandosi per correre il Tour, Ottavio Bottecchiafu trovato agonizzante lungo una strada di campagna, a Peonis, vicino Gemona delFriuli. Ricoverato, morì dopo 12 giorni. Le cause della sua morte non sono state maichiarite.

Per gentile concessione della Cineteca del Friuli.

È così densa questa storia, così ricca di immagini ed emozioni, che solo con un fu-metto poteva essere raccontata. I personaggi dovevano essere vivi e carichi come ef-fettivamente furono, le vicende lasciano spazio alla fantasia, quanto ne lascerebberoi fotogrammi di un film.

E Botescià, il Bottecchia disegnato da andrea Ferraris è, certo, un eroe, imbattibi-le in salita, abile stratega nelle tappe di trasferimento, ma anche un uomo, su cui siabbatte, inesorabile, il destino.

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Ottavio Bottecchia fu il primo italiano a vincere, nel 1924, il Tour de France. Uno sforzo estremo, riservato a pochi: tappe di quattrocento chilome-tri, strade spesso non asfaltate, biciclette senza il

cambio e nessuna assistenza in corsa. Botescià, così chiamato dai francesi, per comodità calzava

scarpette da ballerina.

Prima che un eroe, però, Ottavio Bottecchia fu un uomo che non sfuggì alla Storia. Conobbe la guerra, la povertà, la lontananza da casa. Il fascismo nascente

volle farne una bandiera, ma a Botescià non interessava fare proclami e compiacere il regime, bensì tagliare il traguardo…

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o Revelli – A

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