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1 arte Il boom dell'Asia nell'anno della crisi / L'arte low cost in mostra a Milano focus corner Financière de l’Echiquier / Experian Decision Analytics Global Consulting Practice / Ignis Asset Management / Pragmae Financial Advisory Group / Swisscanto storie di business Wincor Nixdorf Italia /Kedrios speciale Outsourcing n. 9 / gennaio - febbraio 2012

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Banca & Mercati - Il magazine on line su banche e dintorni

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arteIl boom dell'Asia nell'anno della crisi / L'arte low cost in mostra a Milano

focus cornerFinancière de l’Echiquier / Experian Decision Analytics Global Consulting Practice / Ignis Asset Management / Pragmae Financial Advisory Group / Swisscanto

storie di businessWincor Nixdorf Italia /Kedrios

specialeOutsourcing

n. 9 / gennaio - febbraio2012

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Direttore responsabile: Andrea Bigi

Testi a cura di: Andrea Bigi e Elena Giordano Bellini

www.bancaemercati.com

Top News

Previsioni Abi: le banche e lo scenario economico del prossimo biennio

L’Italia risente ancora delle incertezze congiunturali, perciò la crescita economica del Paese nel 2010 dovrebbe attestarsi attorno

all’1%, nel 2011 allo 0,9% e nel 2012 all’1,3 per cento. E’ il quadro tracciato dal Rapporto di Previsione Afo-Financial Outlook

2010-2012 dell’Abi. Negativi invece i dati per il 2011 del mercato del lavoro, con un tasso di disoccupazione all’8,5%, che potrebbe

scendere all’8% nel 2012. Quanto al tasso d’inflazione, dovrebbe stabilizzarsi all’1,5% nel biennio 2010-2011, con un lieve

incremento nel 2012. In questo scenario difficile, sottolinea Abi, le banche restano solide continuando a fornire credito a famiglie e

imprese. Gli impieghi al settore non finanziario dovrebbero crescere nel 2010 a un tasso del 2,2%, simile a quello del 2009, per poi

crescere poco meno del 5% nel biennio 2011-2012. In particolare, presenta variazioni positive e in accelerazione il flusso di prestiti

alle imprese: da una riduzione annua del 2,3% nel 2009 a tassi di espansione del 4,9% nel 2012. In ogni caso, il ciclo economico

attuale determinerà un ulteriore incremento del 10% delle sofferenze bancarie per il 2011 (dopo la crescita di oltre il 20% nel 2010)

per poi attenuarsi nel 2012 stabilizzandosi al -1.7 per cento. Dopo una riduzione del 29% nel 2009, l’utile netto delle banche potrà

segnare una lieve ripresa pari a 5,5 miliardi di euro nel 2011-2012, mentre il Roe raggiungerà nel 2012 un livello del 3,3%, valore

comunque ancora inferiore ai livelli pre-crisi.

Solvency II, quanto mi costi

Il traguardo del 2012 per Solvency II, che impone alle compagnie di assicurazione di tutta Europa di adottare un insieme comune di

norme in materia di solvibilità, verrà certamente raggiunto, quanto a tempistica, dalle compagnie europee. Ma a un prezzo inatteso e

superiore, rispetto alle previsioni, per più della metà delle assicurazioni. Lo indica un’indagine Accenture su 29 compagnie europee

(appartenenti soprattutto ai rami vita e danni), che segnala anche che un terzo delle società intervistate si aspetta di spendere più di

25 milioni di euro per adeguarsi alla direttiva. Tra queste, il 7 % prevede di spendere più di 100 milioni di euro. Si pensi che solo tre

anni fa, in un sondaggio analogo di Accenture, solo il 4% delle compagnie prevedeva di superare i 26 milioni di spesa.

Gli Atm italiani sono sempre più “evoluti”

Presso gli Atm non si preleva solo più il contante: i dispositivi sono diventati “evoluti” e offrono

al cliente numerosi servizi, che comprendono, oltre al saldo e ai movimenti di conto corrente,

anche la disponibilità residua di prelievo su conto corrente, la verifica della situazione assegni e la

consultazione della posizione mutui e finanziamenti. Secondo l’Abi, che ha fotografato la

situazione dei 46mila Atm italiani, gli sportelli automatici sono di supporto anche per le

operazioni routinarie, come il pagamento di bollette e multe, le ricariche telefoniche o le

donazioni. Nel corso del 2009 sono state usate agli sportelli automatici 37 milioni di carte, per un

totale di un miliardo di operazioni e un ammontare delle transazioni pari a 131 miliardi di euro (di

questi, 121,8 miliardi di prelievi). Va precisato che ormai la metà degli Atm a disposizione presso

gli istituti bancari è web based, dunque in grado di garantire alti livella di efficienza e aggiornamento dati.

Flash News

Domanda di mutui: +1% nel 2010

La newsletter di Banca&Mercati / n.13

interviste

Marco Boni, Zurich Italia

Federica Alletto, Genertel

storie di business

Oberthur / Sia-Ssb / Ipc

editorialeForziere Italia

n. 3 / dicembre - gennaio 2011

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Focus corner

• Il vizio della “repressione finanziaria” / Didier Le Menestrel di Financière de l’Echiquier 16

• Azioni ancora in lieve sovrappeso / Thomas Härter e Andrea Ferrante di Swisscanto 17

• Gestione del rischio e profittabilità / Carlo Gabardo e Daniele Vergari di Experian Decision Analytics Global Consulting Practice 18

• Oro: tre rischi reali nel 2012 / Adrian Ash di BullionVault 20

• I quattro cavalieri ell’apocalisse / Stuart Thomson di Ignis Asset Management 22

• Largo al principio della stabile organizzazione / Gaetano Maria Alaimo di Pragmae Financial Advisory Group 23

News&Eventi

• Oro in Cina: continuerà la richiesta? 24

• Antiriciclaggio: così migliora la qualità delle segnalazioni 26

• Intranet, la crisi non blocca gli investimenti delle banche 27

• Attenzione al Mobile Malware 28

• Al via Crif Academy 2012 30

Flash News 08

Editoriale 07

Speciale: Outsourcing

• L’outsourcing si trasforma per la banca in cerca di efficienza / Università Cattolica di Milano, CeTIF: Chiara Frigerio 32

• Chi può fare a meno dell’outsourcing? / Accenture: Salvatore Anello 34

• E’ l’approccio che fa la differenza / Gruppo Bassilichi: Leonardo Bassilichi 35

• La via dell’efficienza / Cedacri: Andrea Pettinelli 37

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• Più sinergie con le banche / Cse: Vittorio Lombardi 38

• Dal cloud ai dati / Ibm Italia: Lucio Marcandelli 39

• La risposta all’impasse delle banche / Sec Servizi: Paolo Pecchiari 40

Carriere 42

Banca&Mercati è un periodico on lineRegistrazione presso il Tribunale di Milano, n. 291 del 26/05/2010Banca&Mercati è una testatadi Business Gallery di Andrea Bigi, P.Iva IT07041300968C.F. BGINDR69H16E897M

Anno III numero 9gennaio - febbraio 2012

Banca&MercatiBlend Tower, Piazza IV Novembre 720124 Milano

Tel. +39 02 87 34 30 19Fax +39 02 87 34 44 44www.bancaemercati.com

BG Business Gallerydi Andrea BigiP.Iva IT07041300968C.F. BGINDR69H16E897M

Via Ariberto 22, 20 123 Milano

Direttore responsabileAndrea Bigi

Testi a cura di Andrea Bigi e Elena Giordano Bellini

Grafica e webCarlo Ghelfi

per informazioni e [email protected]

per informazioni commercialiValeria Rossana Volpe [email protected]

hanno collaborato Gaetano Maria Alaimo, Adrian Ash, Andrea Ferrante, Carlo Gabardo, Thomas Härter, Didier Le Menestrel, Annaida Mari, Stuart Thomsonv, Ben Traynor, Daniele Vergari

Storie di business

• Così si diventa service solution provider 46

• Il mercato cerca l'outsourcing 48

n.9 gennaio - febbraio 2011

Arte

• Il boom dell'Asia nell'anno della crisi 52

• L’arte Low Cost in Mostra a Milano 55

Art Market ReportGennaio 2012Numero 11

Stile

• Era una casa molto carina... 50

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Uomini e Tecnologie

A serviziodel clienteLavoriamo insieme

con passione e determinazionecondividendo valori e obiettivi

www.bassilichi.itFirenze • Siena • Bologna • Cagliari • Milano • Padova • Pisa • Palermo • Roma • Sassari • Torino

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Editoriale

Andrea Bigi, direttoredi Banca & Mercati

Il Governo Monti ha superato il traguardo dei cento giorni. In questo momento si gode l’apparente tranquillità della pausa dall’emergenza europea dopo l’ennesimo salvataggio della Grecia. Lo spread Btp-Bund pare essersi stabilizzato attorno a quota 350, un valore comunque elevato ma accettabile se confrontato allo scenario di fine autunno, e comincia finalmente a ridursi anche lo spread ingiustificato e ingiustificabile con i Bonos spagnoli. In realtà non è affatto sicuro che la Grecia sia salva, anzi è probabile il contrario, tutti lo sanno eppure continuano a enfatizzare il pacchetto da 130 miliardi di euro di aiuti elargito da Bruxelles parlando impropriamente di “momento storico”. E’ il solito gioco delle parti a cui partecipano gli stessi mercati, ma la risposta definitiva arriverà soltanto solo nei prossimi mesi, di fronte ai dati dell’economia reale provenienti dalla Grecia. E così oggi l’attenzione del Governo è tutta concentrata sulla cosiddetta “Fase 2”, ovvero gli sforzi per modernizzare il Paese e mettere le basi per una nuova fase di crescita negli anni a venire. Dopo il controverso decreto sulle liberalizzazioni, è in corso il dibattito, anzi la trattativa, fra il Governo e le parti sociali in merito a una possibile riforma dello Statuto dei Lavoratori, e in particolare dell’intoccabile articolo 18 relativo alla reintegrazione sul posto di lavoro nelle imprese con più di 15 dipendenti. E’ inutile ripetere in questa sede quello che tutti sentono dire sui media dai rispettivi interessati, e cioè, da una parte, che la riforma del mercato del lavoro è fondamentale e ormai ineludibile per dare una possibilità in più alle nostre imprese di continuare a esistere, e dall’altra che non è attraverso una maggiore flessibilità in uscita che l’Italia tornerà a essere competitiva. Per quanto ci riguarda, aggiungiamo che oggi il 95% delle imprese italiane ha meno di 10 dipendenti (e quindi non si applica l’art. 18), e che nel nostro Paese lavorano attualmente quasi quattro milioni di precari, per i quali parimenti non si applica lo Statuto dei Lavoratori e l’art.18, e quindi forse la vera questione è la flessibilità in entrata. In ogni caso, la questione del mercato del lavoro è solo apparentemente scollegata a quella del debito pubblico e alla crisi dell’Eurozona. Esiste infatti soltanto un modo per allentare definitivamente la pressione sul nostro Paese, che stando così le cose, e cioè poggiando la propria economia su uno stock di debito pubblico straordinariamente elevato, continuerà a subire periodiche pesanti spallate dai

mercati obbligandosi a costose manovre correttive per ritornare in sella, in pratica autodistruggendo lentamente il proprio bacino di risparmio privato. L’unica via possibile è dunque ridurre il debito in maniera strutturale, e ciò può avvenire con una crescita del Pil sostenuta (ossia qualcosa che manca in Italia da oltre vent’anni, né è pronosticabile nel medio periodo) oppure riducendo sensibilmente le uscite del bilancio statale. E qui veniamo al punto chiave che nessuno osa nemmeno citare nel dibattito sull’evoluzione del mercato del lavoro, ma che potrebbe diventare il vero nodo dell’uscita dalla crisi per quanto ci riguarda se lo scenario generale dovesse improvvisamente peggiorare. Ci riferiamo naturalmente ai dipendenti pubblici. Per tanti anni, anzi per decenni, in questo Paese il settore pubblico è stato concepito e gestito come un gigantesco ammortizzatore sociale, con sprechi enormi (ovunque, ma in specie nel Sud Italia) a fronte di una produttività risibile. Chiunque può rendersene conto: va bene citare i casi limite dei forestali in Calabria o degli operatori ecologici a Napoli, ma in realtà basterebbe entrare in qualsiasi ufficio pubblico, o magari in un ospedale (anche nell’efficientissimo Nord), per rendersene immediatamente conto. Il peso di questi sprechi sul bilancio pubblico è da tempo insostenibile per le nostre finanze. La disastrata Grecia, per poter salire sull’ultimo treno europeo, ha dovuto impegnarsi a tagliare del 22% il salario minimo degli statali e a licenziare nello spazio di un anno 15mila dipendenti pubblici (e ben 150mila entro il 2015). La stessa Spagna del nuovo premier Rajoy ha varato una riforma del lavoro che prevede forti riduzioni degli stipendi dei dirigenti pubblici e la possibilità di licenziare per ragioni economiche anche gli impiegati del settore pubblico. Con buona pace della lotta all’evasione fiscale, che per come viene fatta oggi serve solo a titolare i giornali, la vera riforma che ancora non c’è è una sola: quella di un settore pubblico sostenibile. E tuttavia, purtroppo, è anche la riforma che probabilmente nessun governo è in grado di fare.

Andrea Bigi

La riforma che non c’è

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Flash news

Abi, Borsa Italiana e Confindustria hanno firmato un’intesa per sostenere le piccole e medie imprese italiane che parteciperanno al progetto Elite di Borsa Italiana. Il progetto Elite è uno strumento di potenziamento e training dedicato alle Pmi che desiderano strutturarsi per accedere al mercato dei capitali, facilitandone i processi di patrimonializzazione, crescita e internazionalizzazione. L’intesa punta ad agevolare le condizioni di accesso al credito, soprattutto individuando alcuni elementi qualitativi che potranno essere considerati nella valutazione del merito creditizio delle società del circuito Elite. “Siamo convinti che la crescita delle Pmi del nostro Paese richieda uno sforzo sinergico e di sistema, ha commentato Raffaele Jerusalmi, amministratore delegato di Borsa Italiana. Questo accordo, all’interno del nostro progetto Elite, conferma l’impegno e l’attenzione di Borsa Italiana per lo sviluppo del tessuto imprenditoriale made in Italy e il nostro ruolo di coordinamento e incentivazione di progetti concreti. L’intesa rappresenta un importante strumento per la crescita della cultura finanziaria di tutte quelle società che parteciperanno all’iniziativa Elite”.

Raffaele Jerusalmi, amministratore delegato di Borsa Italiana

Abi, Borsa italiana e Confindustria insieme per la crescita delle PmiIntesa nell’ambito del progetto Elite di Borsa Italiana

Un progetto Open Source per le esigenze di amministrazioni pubbliche, cittadini, banche e imprese. Intesi Group, azienda italiana specializzata in prodotti e servizi di firma digitale e Application & Service Management, ha annunciato insieme al partner Sinossi Software il rilascio della soluzione di Strong Authentication I-AM e la sua integrazione nel server di sicurezza PKBox di Intesi Group. Ideata per organizzazioni con grandi basi utenti come istituti bancari e amministrazioni pubbliche,

I-AM libera gli utenti dal dover memorizzare username e password differenti per ciascuno dei servizi cui accedono. Con I-AM s’inverte infatti il tradizionale processo d’identificazione, perché l’identità elettronica di cittadini e utenti non è imposta volta per volta dal servizio cui accede, ma è indicata da loro stessi al momento della scelta e dell’utilizzo di un servizio. Cittadini o utenti ottengono, infatti, una sola credenziale - rilasciata da uno degli identity provider autorizzati - e possono utilizzarla per autenticarsi in qualsiasi servizio abilitato ad accettare I-AM. Secondo la filosofia dell’Open Source, ogni attore coinvolto nel processo di autenticazione può verificare in qualsiasi momento la consistenza e correttezza dei percorsi di verifica della propria credenziale, senza il tradizionale controllo di un’autorità teoricamente super partes, affidato invece a ciascun utente e organizzazione aderente al network, che costituisce così una vera e propria Open Community. Il risultato è che, ad esempio, un cittadino può passare da un servizio all’altro di una o più amministrazioni pubbliche tra loro federate, senza digitare credenziali diverse. Nel caso di

banche e imprese, invece, queste potranno decidere – per proprie strategie commerciali - di installare I-AM in modalità stand-alone, cioè escludendo l’interoperabilità con altri soggetti esterni e potenzialmente concorrenti, ma agevolando i clienti nel passaggio e nella fruizione di diversi servizi all’interno della propria offerta. L’organizzazione che adotta la soluzione I-AM può, peraltro, “marchiarla” con il proprio brand. “I-AM, afferma Egidio Casati, Ceo di Sinossi Software e Co-founder di I-AM Association, costituisce un modello ergonomico di autenticazione federata. Una definizione che può apparire ostica ma che invece ne esprime la capacità e l’ambizione di essere un modello generale di sicurezza per le organizzazioni attente a un’identificazione certa e sicura dei propri interlocutori. E’ un modello iperbolicamente ‘ergonomico’ perché affranca gli utenti dall’obbligo di token e dispositivi similari, semplificandone drasticamente le operazioni di accreditamento e conferendo loro massima libertà nel passaggio immediato da un servizio all’altro, o addirittura tra diverse organizzazioni, grazie a un sistema ‘federato’ di autenticazione”.

La Strong Authentication “federata” di Intesi Group e Sinossi SoftwareDisponibile la nuova soluzione I-AM

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Flash news

American Express ha lanciato in Italia Carta Explora. Di colore bianco, studiata per rispondere alle esigenze di un target dinamico e particolarmente attivo nel mondo on line (i cosiddetti “Urban

Explorer”), Carta Explora offre numerosi benefici come i “Favourite 5”, ovvero la possibilità per i titolari di personalizzare la carta in base ai propri interessi e alle proprie abitudini di spesa, massimizzando in particolare le potenzialità in ambito e-commerce. E’ possibile scegliere 5 siti di e-commerce da una lista di oltre 56 partner suddivisi nelle aree shopping, tempo libero, spese ricorrenti e viaggi. Tra i partner selezionabili tra i Favourite 5, ci sono brand come Direct line, Alitalia, Volagratis, Vente Privee, Groupalia, The Space Cinema, Mediaset Premium e molti altri. Una volta individuate le aree di interesse e selezionati i partner, i titolari possono personalizzare la loro carta e accumulare così tripli punti Membership Rewards per ogni euro speso tutto l’anno. I punti accumulati si possono trasformare poi in miglia Alitalia, in un premio scelto dal catalogo Membership Rewards o in tutti i prodotti di

elettronica offerti ad esempio da Mediaworld, in un sito realizzato appositamente per pagare con i punti. Si segnala inoltre la flessibilità per quanto riguarda la formula di pagamento: Explora infatti, per ciascun acquisto, può essere utilizzata come una carta di credito con pagamento a saldo oppure con pagamenti a rate. “Abbiamo sviluppato una carta ideale per rispondere alle esigenze, legate allo stile di vita e al desiderio di ottenere premi e benefici unici, proprie di un nuovo target in forte crescita in Italia, afferma Melissa Peretti, Vp head of Products, Communication, Rewards & Partnerships di American Express Italia. Questo target è rappresentato da donne e uomini tra i 25 e i 35 anni che definiamo ‘urban explorer’, ovvero persone dinamiche, spesso all’inizio della loro carriera, che desiderano vivere esperienze nuove e interessanti e, soprattutto, molto attive sul web e sui social media”.

La “carta bianca” di American ExpressCarta Explora è dedicata a un target particolarmente attivo nel mondo on line

Milano: il bancomat per rinnovare l’abbonamento AtmGrazie alla partnership fra Atm, UniCredit e Tsp (Gruppo Sia)

La tecnologia self-service che facilita la mobilità. Dal 31 gennaio è possibile rinnovare l’abbonamento al trasporto pubblico milanese utilizzando i 543 tra bancomat e chioschi multifunzione di UniCredit a Milano e nella provincia (complessivamente oltre 1.100 in Lombardia). Il servizio, frutto dell’accordo fra Atm - Azienda Trasporti Milanesi e UniCredit con la partnership tecnologica con Tsp (Gruppo Sia), è fruibile da tutti i possessori di carte bancomat di qualsiasi istituto di credito, attraverso una procedura guidata analoga a quella che viene utilizzata per le ricariche telefoniche dei cellulari. “Il progetto realizzato con UniCredit e Tsp, afferma Giampaolo Codeluppi, responsabile Pianificazione d’Impresa di Atm, è il primo in Italia per una rete di trasporto così complessa. Si tratta di una tappa importante in un

percorso che ci vede impegnati a tutti i livelli per offrire sempre nuovi servizi di promozione dell’utilizzo del servizio pubblico”. “Si parte da Milano con un nuovo servizio pionieristico per il settore integrato dei trasporti, spiega Monica Cellerino, Responsabile di Territorio per la Lombardia di UniCredit, a tutto vantaggio dei cittadini che vivono a Milano, i quali potranno così effettuare gratuitamente, velocemente, in ogni momento e da tutta Italia, la ricarica dell’abbonamento per il servizio di trasporto pubblico del Comune di Milano. Infatti, grazie ai nostri 7.820 bancomat presenti sul territorio nazionale, di cui oltre 400 nella città di Milano e ai 2.140 chioschi multifunzione in Italia, di cui 142 a Milano, siamo in grado di poter offrire 24 ore su 24 un sistema integrato di servizi - oltre al pagamento dell’abbonamento Atm,

anche il pagamento dei bollettini postali, delle utenze e quelli con alcuni enti convenzionati - che ci consente di posizionarci come una comoda alternativa agli uffici postali, con il vantaggio ulteriore di offrire questo servizio senza file e a qualsiasi ora del giorno”.

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Flash news

Il 53% dei conti correnti in Italia, ovvero oltre 17 milioni di conti, è on line, in aumento di oltre il 12% rispetto al 2009. Lo rivela il settimo rapporto su “La multicanalità delle banche” realizzato dal Consorzio Bancomat con Abi e aggiornato ai dati del 2010. I conti esclusivamente on line sono 10,7 milioni, più del doppio rispetto ai 4,2 milioni dell’anno precedente. Ogni conto effettua in media 1,5 accessi a settimana. Anche quest’anno - con 823 milioni di informazioni su saldo, movimenti e condizioni di conto corrente richieste alle banche - la consultazione dell’estratto conto è l’operazione più frequente. Al secondo posto si confermano i bonifici: nel 2010 ne sono stati fatti 57,4 milioni via internet (pari al 40% del totale), per un valore complessivo di oltre 68,2 miliardi di euro. Seguono le ricariche del cellulare (33,3 milioni per un miliardo di euro), i pagamenti on line (31,4 milioni per 36,3 miliardi) e le ricariche delle carte prepagate (7,6 milioni per 493 milioni).Per quanto riguarda il phone banking, i conti abilitati sono 10,1 milioni, pari al 31% del totale dei

conti correnti delle famiglie e in linea con gli 11 milioni registrati nel 2009. In un anno, la banca telefonica ha fatto registrare oltre 47 milioni di contatti complessivi per chiedere informazioni sul conto corrente (27,5 milioni di richieste) o sull’attività di trading (12,8 milioni). Nello stesso periodo, via telefono sono stati eseguiti 2,5 milioni di bonifici (per un valore complessivo di 2,9 miliardi), 1,5 milioni di ricariche telefoniche (43 milioni), 611mila ricariche di carte

prepagate (43 milioni) e 1,2 milioni di operazioni in borsa (1,2 miliardi di euro). Infine, in relazione al trading on line, i conti abilitati alla compravendita di titoli via Internet sono 4,5 milioni, stabili rispetto al 2009. Aumentano del 3% le operazioni di trading on che superano i 21,7 milioni, grazie soprattutto al trading azionario, che rappresenta il 90% del totale e cresce per numero di transazioni (19,6 milioni, +4 per cento).

La multicanalità che avanzaUn conto su due in Italia è anche on line

Volume operazioni dispositive relative ai servizi di Trading (‘000 unità)

Un nuovo servizio che fornisce un supporto consulenziale ai consumatori che desiderano valutare la propria situazione creditizia e capire l’eventuale sostenibilità di un nuovo finanziamento, prestito o mutuo. Si tratta di Mettinconto di Crif, che mette a disposizione tutto il patrimonio informativo utile alla valutazione del merito di credito e fornisce un’elaborazione di tali informazioni in termini di affidabilità creditizia. Inoltre, il servizio integra strumenti di calcolo finanziario utilizzabili per la simulazione di prestiti, mutui e per il calcolo dell’equilibrio del bilancio familiare. Il consumatore può richiedere il servizio direttamente dal sito www.mistercredit.it o dal sito www.crif.com, compilando il modulo di acquisto ed effettuando il relativo pagamento.

Entro 48 ore riceverà le credenziali di accesso per entrare nella propria area riservata dove troverà una verifica di tutte le informazioni creditizie personali presenti nel Sistema di Informazioni Creditizie di Crif, le informazioni di fonte pubblica più rilevanti (ad es. protesti, ipoteche legali, pignoramenti, ecc.) e le indicazioni elaborate da Crif circa la sua affidabilità creditizia. Tramite speciali calcolatori interattivi il consumatore potrà anche simulare prestiti e mutui – ad esempio per ottenere indicazione sull’importo della rata, ipotizzare piani di rimborso o verificare i costi del finanziamento a seconda della durata – e verificare l’impatto sul proprio bilancio familiare.

Da Crif un servizio per valutare il proprio merito creditizioDisponibili anche strumenti di calcolo finanziario per la simulazione di prestiti, mutui e per il calcolo dell’equilibrio del bilancio familiare

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Flash news

Ig Markets ha lanciato un nuovo contratto per differenza (Cfd) che permetterà di investire sul titolo Facebook prima della effettiva quotazione prevista per maggio 2012. Ig Markets quoterà come market maker in via continuativa un prezzo di acquisto e vendita basato sull’aspettativa di capitalizzazione dell’azienda alla chiusura di contrattazione nel primo giorno di quotazione. I prezzi rifletteranno le aspettative del mercato sul valore di capitalizzazione di Facebook. “Ig Markets, afferma Alessandro Capuano, managing director della filiale italiana della società, vanta un’esperienza trentennale nella creazione e quotazione di questo tipo di prodotti, ma è la prima volta che quotiamo un prodotto in grey market per un’azienda americana. È evidente che per una Ipo come Facebook l’interesse da parte dei nostri clienti sia molto elevato; molto di più rispetto ai precedenti casì di Linkedin e Groupon, dove nonostante ci fossero state richieste, non abbiamo ritenuto interessante creare un Cfd apposito per la pre-Ipo di questi titoli. I social media rappresentano un nuovo mercato e, al di là delle prospettive di crescita, attireranno da subito molti scambi. Fare da market maker ci permetterà di monitorare costantemente le aspettative sul titolo e il nostro Cfd sarà un ottimo indicatore sull’andamento della Ipo e del prezzo che ci si aspetta alla chiusura del primo giorno di negoziazione”.

Il Cfd di Ig Markets sul titolo FacebookPermetterà di investire sul titolo prima della quotazione prevista per maggio 2012

Il potenziale per le banche italiane derivante dall’utilizzo di tecnologie di accesso sugli smartphone, attualmente quasi del tutto inesplorate, si aggira intorno agli 800 milioni di euro di ricavi aggiuntivi annui, di cui 280 milioni attribuibili a iniziative nel mobile commerce e 250 milioni a soluzioni di mobile payment. E’ questo il profilo tracciato da uno studio realizzato dall’area Pianificazione Strategica, Research e Investor Relations di Banca Monte dei Paschi di Siena, in collaborazione con Centro Arcelli per gli studi monetari e finanziari (Casmef). Il dato di partenza è che la telefonia mobile non sembra conoscere crisi in Italia, dove la diffusione degli smartphone è inarrestabile: nel primo trimestre del 2011, i possessori di “telefoni intelligenti” hanno superato i 20 milioni, con una crescita del 52% rispetto allo stesso periodo del 2010. I dati sull’utilizzo degli smartphone mostrano la maggiore concentrazione soprattutto nella fascia di popolazione di età compresa fra i 18 e i 29 anni. In Italia gli smartphone vengono utilizzati prevalentemente per navigare in Internet (73%) e leggere e-mail (70 per cento). Più del 50% dei possessori utilizza i device per collegarsi a social network, blog e forum. Nell’ambito dei servizi bancari e finanziari la percentuale dei possessori che utilizzano lo smartphone per gestire operazioni

di mobile banking è pari a circa il 25 per cento. In questo quadro, sottolinea l’indagine, la maggioranza delle banche italiane offre servizi di mobile banking “di base” (consultazione e gestione del proprio conto corrente) laddove invece un recente studio di Efma afferma che nel giro dei prossimi due anni oltre il 90% delle banche europee si sarà dotata di un’offerta specifica in questo comparto. “La diffusione degli smartphone fornisce alle banche la possibilità di offrire servizi innovativi in grado di generare valore aggiunto sia in termini di revenue addizionali che di acquisition di nuova clientela. Le potenzialità derivanti dall’utilizzo di questi dispositivi, come emerge dall’osservazione di alcune best practice internazionali, vanno ben oltre la semplice offerta di servizi di mobile banking di base. Le banche più innovative hanno infatti cominciato a sviluppare applicazioni di mobile commerce, personal financial management, mobile payment, image capture ecc.”

Tutto il potenziale dello smartphone bankingUna ricerca a cura di Banca Mps in collaborazione con Casmef indica una cifra intorno agli 800 milioni di euro di ricavi aggiuntivi annui per le banche italiane

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Flash news

Da Prisma Sgr arriva REvolution, il primo fondo immobiliare nel panorama italiano dedicato all’acquisizione di immobili in aste giudiziarie, da ricollocare successivamente sul mercato. REvolution è rivolto a investitori qualificati con particolare focus su investitori privati, family officers e corporates con un obiettivo di raccolta di 30 milioni di euro. La durata del fondo è di sette anni, con un tasso interno di rendimento atteso superiore all’8 per cento. La strategia d’investimento prevede l’acquisizione di immobili in asta giudiziaria e la successiva valorizzazione degli stessi tramite un selezionato canale di agenzie immobiliari territoriali. Prisma Sgr gestirà tutte le fasi del processo avvalendosi anche delle capacità professionali di primari operatori specializzati: REsolution, società di consulenza immobiliare che si occupa di valorizzazione delle garanzie immobiliari nel settore del recupero crediti, opererà in qualità di advisor per la selezione delle proposte di investimento, mentre il Gruppo Fondocasa, che svolge attività di consulenza e intermediazione immobiliare tramite un network di agenzie territoriali, si occuperà della vendita degli immobili acquisiti dal fondo. “Il mercato delle aste giudiziarie, dichiara Alberto Carpani, amministratore delegato di Prisma Sgr, rappresenta circa il 6% del totale delle transazioni immobiliari complessivamente realizzate in Italia, con un potenziale di crescita molto significativo, dato che il mattone si conferma un’asset class remunerativa e il fondo immobiliare, in particolare, uno strumento efficiente nell’ambito della strategia di diversificazione del portafoglio. Il fondo REvolution è un prodotto innovativo nel panorama dei fondi immobiliari italiani, contando sulle capacità professionali di diversi operatori che vantano competenze specifiche in quella nicchia di mercato. Prisma Sgr e REsolution puntano a sviluppare insieme altre iniziative nel settore degli investimenti immobiliari cosiddetti non performing, anche rivolte a investitori istituzionali”.

Il fondo Prisma che investe in immobili acquisiti in aste giudiziariePrisma Sgr si avvarrà della collaborazione della società di consulenza immobiliare REsolution e del Gruppo Fondocasa

L’Abi critica i nuovi parametri europei su garanzie emissioniSecondo Palazzo Alteri vengono penalizzati gli istituti italiani privi di rating

“Le nuove modalità per determinare il prezzo della garanzia statale a supporto dell’emissione di passività bancarie penalizzano gli istituti italiani privi di rating costretti a subire un sovraccosto stimabile in circa 30 punti base”. E’ la critica che l’Abi ha comunicato via lettera al viceministro dell’Economia e delle Finanze, Vittorio Grilli, stigmatizzando le indicazioni europee recepite dal governo italiano nel decreto di dicembre su “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”. L’Abi, nel ricordare che “questo orientamento è in netto contrasto con l’intento espresso dallo stesso presidente della Bce di fare meno affidamento sul giudizio delle agenzie di rating”, evidenzia un trattamento estremamente penalizzante per

le banche che non dispongono di rating, deciso sulla base di un documento di lavoro, informale e non pubblicato, della Commissione Europea. Si tratta dunque di “modalità di diffusione delle informazioni assolutamente prive di qualsiasi trasparenza e ufficialità” che determina “un giudizio di disvalore verso tutti quegli operatori economici che, per caratteristiche strutturali, dimensioni, o per sfiducia verso il giudizio di dette agenzie, non si sono sottoposte a determinate procedure”. La conseguenza per l’Abi è un ulteriore appesantimento alla piena operatività delle banche italiane. “Il rischio è un nuovo ostacolo alla necessità di indirizzare al meglio la capacità di erogazione creditizia per le Pmi e l’economia in generale. Pertanto è urgente che il Governo intervenga con vigore a livello europeo per segnalare questa criticità, evidenziando la necessità sia di appositi approfondimenti tecnici sia la definizione di una procedura di calcolo della garanzia trasparente, certa e non penalizzante”.

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Flash news

La nuova prepagata di Veneto BancaCon One - Conto in tasca è possibile eseguire le principali operazioni bancarie (prelievi, bonifici e pagamenti) senza disporre di un conto corrente tradizionale

Da Veneto Banca arriva One - Conto in tasca, carta-conto prepagata con cui è possibile eseguire le principali operazioni bancarie (prelievi, bonifici e pagamenti) senza disporre di un conto corrente tradizionale. Il prodotto, destinato principalmente ai giovani, a chi non ha un conto corrente, a coloro che hanno un’attività lavorativa precaria e agli immigrati, coniuga le potenzialità di una normale carta prepagata a quelle di un conto corrente, poiché è dotata di un codice Iban. One - Conto in tasca, che prevede una quota di ammissione una tantum e nessun canone mensile ed è ricaricabile da Atm, in filiale e tramite il canale

Sisal, è una carta nominativa emessa su circuito Mastercard. Permette di effettuare prelievi da Atm e pagamenti Pos in Italia e all’estero, ricariche telefoniche, bonifici in ricezione e in invio e pagamenti in Internet. Inoltre, consente di essere sempre aggiornati su saldo e movimenti sia allo sportello, sia da casa via web. La sicurezza è garantita dal sistema “chip & Pin”, tecnologia di verifica dell’identità che prevede un duplice sistema di controllo (oltre al microchip è prevista la digitazione di un Pin in sostituzione della firma), e dal servizio Sms gratuito che avvisa il titolare di pagamenti e prelievi uguali o superiori a 100 euro.

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Experian ha nominato Giglio Del Borgo nuovo country manager per l’Italia. Del Borgo, 58 anni, riporterà direttamente a Chris Clark, managing director di Experian Emea (Europa, Medio Oriente e Africa). Il suo compito sarà quello di coordinare e dare ulteriore impulso all’intero business di Experian in Italia, che spazia dai servizi informativi per il credito, alla fornitura di soluzioni antifrode, alla consulenza, fino ai servizi per il marketing. Del Borgo fino a gennaio 2010 è stato

Ceo di Jakala eBusiness, società di e-commerce del gruppo Jakala, e in precedenza vanta una consolidata esperienza in American Express, dove ha ricoperto la carica di country manager per l’Italia oltre a diversi incarichi internazionali.

A Giglio Del Borgo il timone di Experian in ItaliaRiporterà direttamente al managing director di Experian Emea Chris Clark

Giglio Del Borgo, country manager per l’Italia di Experian

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Flash news

La Banca Popolare di Sondrio ha scelto la soluzione CA SiteMinder per la gestione sicura degli accessi di tutti i dipendenti alle applicazioni presenti nella propria intranet

aziendale. Con le proprie funzionalità di gestione avanzata della sicurezza e di amministrazione dei siti enterprise-class, CA SiteMinder fornisce una soluzione di controllo

centralizzato dell’autenticazione degli utenti e controllo degli accessi ad applicazioni e portali web. CA SiteMinder si occupa oggi del single sign-on e del controllo degli

accessi dalle circa 3.500 postazioni che costituiscono l’infrastruttura client del sistema informativo di Banca Popolare di Sondrio. Il progetto è partito all’inizio del

2010 e all’incirca un anno dopo ha visto giungere a compimento la componente di migrazione della intranet (denominata Cristallo) e delle applicazioni distribuite alle filiali, come, ad esempio, quelle che gestiscono i mutui, i bonifici o la pratica elettronica dei fidi. “In generale, sottolinea Enrico Faifer, responsabile Applicativo Nuovo Sportello di Banca Popolare di Sondrio, la nuova logica di single sign-on delle applicazioni che abbiamo portato in casa adottando CA SiteMinder è stata molto più semplice e sicura. Prima era necessario l’intervento degli sviluppatori al fine di integrare la sicurezza, oggi questa è garantita dalla sola presenza di SiteMinder e dalle sue caratteristiche intrinseche di sicurezza infrastrutturale”. Attualmente, si sta completando il ridisegno dell’applicazione di sportello, ovvero quella utilizzata dai cassieri nelle varie filiali. Una volta terminata la fase di sviluppo, anche questa porzione di software sarà affidata alla protezione di CA SiteMinder e quindi integrata nella intranet.

Soluzione CA per la sicurezza intranet della Popolare di SondrioCA SiteMinder permette il controllo centralizzato dell’autenticazione degli utenti e il controllo degli accessi ad applicazioni e portali web

“Un regalo alla mafia”. E’ la secca critica che Ranieri Razzante, presidente Aira e consulente della Commissione Parlamentare Antimafia, ha espresso in merito al recente decreto liberalizzazioni del Governo, più specificatamente l’articolo 3 del cosiddetto decreto “Cresci Italia”. “L’introduzione delle Srl con capitale sociale da 1 euro per gli under 35, ha dichiarato Razzante, costituisce un veicolo attraverso il quale riciclare denaro sporco mediante la costituzione di società fittizie. L’assenza di controlli di legalità da parte dei pubblici ufficiali, dato che gli atti costitutivi non avranno forma obbligatoria, non consentirà tra l’altro alcun controllo antiriciclaggio, previsto

dalla normativa a carico dei notai quando si trovano a trattare operazioni sospette. L’art. 3 del decreto ‘Cresci Italia’ andrebbe urgentemente emendato, anche perché a me risulta che la classe notarile si è offerta di non applicare le parcelle sui rogiti riguardanti le imprese in questione. Queste società saranno poi escluse dal credito bancario in quanto non potranno fornire adeguate garanzie patrimoniali. Insomma, conclude Razzante, la semplificazione degli adempimenti burocratici in materia societaria è assai opportuna, a condizione che non crei i presupposti di inquinamenti del mercato reale e di quello finanziario”.

Un regalo alla mafia le nuove norme societarieSecondo Ranieri Razzante, presidente Aira, la nuova normativa favorisce sostanzialmente il riciclaggio

Ranieri Razzante, presidente Aira e consulente della Commissione Parlamentare Antimafia

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Il vizio della “repressione finanziaria”

Didier Le Menestrel, presidente di Financière de l’Echiquier

Perché le grandi banche europee continuano a concedere prestiti a tassi ridicolmente bassi a Stati che non fanno altro che biasimarle? E’ uno scenario da “financial repression”, in cui gli investitori si cimentano in un gioco dalla futura remunerazione particolarmente aleatoria

L’autentica “repressione finanziaria” che fa digrignare i denti ai banchieri e sorridere i politici in campagna elettorale non merita che si indugi sui dettagli, tanti sono i discorsi pronunciati a fini sanzionatori, di inquadramento o di risegmentazione del mondo bancario. Non erigiamoci né a difensori né ad accusatori ma limitiamoci a riconoscere che se le banche hanno attraversato momenti cupi (i subprime, i mutui “esotici” o i bonus smisurati), stanno oggi vivendo delle traversie che non sono loro direttamente imputabili:

la deriva dell’esoso debito di Stato nei paesi europei non potrebbe essere loro rimproverata. Un punto, questo, degno di approfondimento: come e perché instancabilmente le grandi banche europee concedono ancora prestiti a tassi ridicolmente bassi a Stati che continuano a biasimarle? Gli inglesi, i nostri vicini con

maggiore esperienza di noi in ambito finanziario, ricorrono all’espressione “financial repression” per qualificare una ben strana situazione in cui gli investitori si cimentano in un gioco dalla futura remunerazione particolarmente aleatoria. Questa espressione anglosassone, la cui paternità va attribuita a due economisti americani, Edward Shaw e Ronald Mc Kinnon, indica il tasso di interesse reale negativo applicato a un debito di Stato. Se svolta con successo, una simile politica consente allo Stato di rifinanziarsi a un tasso “anormalmente basso”, la cui controparte è l’impoverimento progressivo dei detentori dello stesso debito. L’esercizio difficile consiste quindi nel convincere gli investitori ad acquistare e conservare un debito dal rendimento quasi ridicolo. Due gli “stimoli”: la paura di possedere ogni altro asset oppure i vincoli normativi che impongono di detenere titoli di Stato. Ogni somiglianza a situazioni in atto… non è casuale: è indubbio che la “financial repression” sia oggi in corso nel mondo occidentale e spieghi chiaramente perché gli investitori si precipitino a fare credito agli Stati Uniti a cinque anni a fronte di un rendimento dello 0,7 per cento.

Fidarsi delle aziende

I puristi disquisiranno: la “financial repression” è volontaria o involontaria? Nel primo caso lo Stato “costringe” gli investitori facendo leva sui vincoli normativi (Basilea 3, Solvency 2 oggi o i prestiti obbligatori una volta); nel secondo, l’investimento è spontaneo: gli investitori rinunciano scientemente a ogni altro collocamento perché mossi essenzialmente dalla paura. Benché “financial repression” e “repressione finanziaria” non abbiano lo stesso significato, il risultato è pressoché simile: il mondo finanziario continua a essere sotto pressione e offrirà d’ora in poi poche prospettive di remunerazione per i capitali che può o deve affidare senza correre rischi. L’unica domanda cui vogliamo fornire una risposta oggi è sapere come sfuggire a questa “repressione” bifronte e remunerare i capitali che ci sono affidati dagli investitori. La letteratura economica è ricca, ma per semplificare le alternative sono due: il rendimento e i titoli di crescita, traguardo virtuoso che continua a essere appannaggio delle aziende. Quelle stesse aziende che possono, pure loro, non darla vinta a nessuna delle due parti perché hanno peccato meno delle banche e gestito meglio degli Stati. Fidarsi delle aziende, ecco un buon tema per il 2012!

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Azioni ancora in lieve sovrappeso

Thomas Härter, responsabile strategie di investimento di Swisscanto, e Andrea Ferrante, responsabile mercato Italia

Grazie ai provvedimenti adottati dalla Bce, la crisi di liquidità delle banche europee per il momento non costituisce più un’emergenza. Per motivi di valutazione restano comunque appetibili le azioni

Le recenti decisioni della Banca Centrale Europea e della Fed americana spiegano sostanzialmente perché siamo orientati a dare un giudizio positivo sull’andamento dei mercati azionari, anche se, a ben guardare, non mancano contraddizioni nella politica adottata delle Bce sotto la presidenza di Mario Draghi. Da un lato vi sono le nette prese di posizione a favore di una linea dura, che tenga buoni paesi finanziariamente “virtuosi” come la Germania e o i Paesi Bassi. Dall’altro, le misure varate denotano piuttosto un ammorbidimento dei principi finora sanciti. Ne è un esempio l’allentamento delle regole per il deposito di titoli di credito, che ha consentito anche alle banche europee in sofferenza di accedere a sufficiente liquidità. La Fed ha sostenuto a sua volta questa politica monetaria espansiva annunciando l’intenzione di non alzare i tassi fino a metà del 2014. Anche se in questo modo è diminuita la probabilità di una crisi del sistema bancario, resta il problema fondamentale della mancanza di solvibilità dei Paesi della periferia europea e dei singoli istituti di credito.

Si allenta la tensione su Italia e Spagna

A dispetto della più elevata propensione al rischio degli investitori, che segnala sempre un potenziale consolidamento, abbiamo una visione leggermente positiva nei confronti delle azioni. Grazie soprattutto alla politica monetaria decisamente espansiva delle banche centrali, i mercati dovrebbero confermare la loro tendenza rialzista. Nell’ambito della strategia azionaria sovrappesiamo Europa, Usa e mercati emergenti, mentre sottopesiamo Asia e Giappone. Tenuto conto della criticità del contesto economico, manteniamo un atteggiamento prudente nei confronti delle small cap. Anche le misure di sostegno adottate hanno contribuito a ridimensionare, in parte, il nostro scetticismo verso i titoli del debito pubblico italiano e spagnolo. Giudichiamo attraente il segmento high yield, in considerazione del fatto che molte aziende dovrebbero poter resistere senza gravi contraccolpi a una lieve recessione. Sul fronte delle valute manteniamo il marginale sovrappeso del dollaro Usa rispetto al franco svizzero. Il biglietto verde è sottovalutato, spunta un leggero vantaggio in termini di tasso di interesse e continuerà a essere considerato una valuta rifugio fino a

quando la Banca nazionale svizzera difenderà il cambio minimo di 1,20 franchi per 1 euro. Infine resta invariato il nostro giudizio positivo sulle valute scandinave Nok, Sek e sulla corona danese.

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Per banche e società di servizi finanziari la capacità di gestire il rischio in modo attivo sta diventando chiave di successo. Esistono almeno tre strategie utilizzabili (Risk-Based Pricing, Rorac Selection, Risk-Based Processing), ma nel contesto di Basilea 3, con vincoli di liquidità e capitale minimo più stretti, l’approccio ideale si basa sulla combinazione di diverse strategie in ragione degli obiettivi da raggiungere

Gestione del rischio e profittabilità

Carlo Gabardo e Daniele Vergari, senior business consultants, Experian Decision Analytics Global Consulting Practice

Gli assunti di partenza sono noti: l’ulteriore innalzamento dei requisiti minimi di capitalizzazione (Basilea 3) e l’acuirsi della concorrenza sui mercati creditizi. Palese è anche la crescita della pressione sui margini degli operatori. Ciò che forse non è ancora abbastanza acquisito è che, per banche e società di servizi finanziari, il ricorso alle strategie di Value Based Risk Selection sta diventando urgente. Molti operatori hanno già adottato modelli conformi ai dettami di Basilea, sempre più puntuali, come quelli che invocano decisioni non più basate sulla probabilità di default, ma sulle perdite attese. I margini di miglioramento delle prassi correnti sono però ancora molto ampi. La decisione ottimale non è infatti solo questione di rischio di default, ma del profitto che ogni richiesta di finanziamento può generare. E per di più il profitto dipende da diversi elementi, non solo dalle perdite attese. La tabella 1 mostra gli elementi da tenere in conto. La componente di rischio è data dal costo del capitale allocato a copertura o “economic capital”, come definito dai modelli VaR interni o dalle formule Basilea Irb. Includere il costo del rischio è essenziale per una visione completa dei costi totali del credito concesso.

Risk-Based Pricing e market price

I clienti più rischiosi dovrebbero subire condizioni (pricing) più onerose. Tuttavia, l’utilizzo di strategie di pricing coerenti - basate sul valore espresso dal cliente ponderato al rischio (Risk Adjusted Customer Value) - non è pratica così diffusa. In molti mercati, non c’è nesso tra prezzi e rischi (fig. 1). La curva dei prezzi correlati ai rischi (Risk Adjusted Price), che indica il prezzo minimo da applicare ai diversi richiedenti per tenere conto dei rischi (più alto è il rischio, più alto è il prezzo), non è quella comunemente presa a riferimento. Molti operatori agiscono da price taker, adottando i prezzi di mercato esistenti e limitandosi a scartare i clienti con evidenti criticità. Finiscono così per accettare anche clienti che dovrebbero rifiutare (non profittevoli, collocabili nell’area B nella fig. 1), deprimendo la performance complessiva del portafoglio. E’ vero che molti operatori non sono in condizioni o inclini ad adottare una strategia di commisurazione piena delle condizioni

ai rischi (Full Risk-Based Pricing Strategy). Essi però possono migliorare le prassi rovesciando i termini del problema: • decidendo di accettare o meno una richiesta di finanziamento sulla base della performance ponderata al rischio (Expected Risk Adjusted Performance), utilizzando metriche specifiche, ad esempio il Rorac;• variando i termini contrattuali per ridurre i costi impliciti nel rischio, lasciando il prezzo invariato e senza deprimere i ricavi.

Risk-Adjusted-Performance: l’approccio Rorac

Nel primo caso, la performance ponderata al rischio di ogni richiesta di finanziamento è calcolata prendendo in conto i parametri di profitto e perdita (P&L) a prezzi dati. La richiesta è accettata se il ritorno atteso è positivo o eguale a zero, e cioè solo se crea valore a condizioni date.

Il Risk-Based Processing

Gli operatori finanziari possono però anche decidere di

Figura 1: Confronto tra Market Price e Risk-Based Pricing

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cambiare le condizioni contrattuali (ad esempio chiedendo garanzie reali o di terzi), in modo da ridurre gli oneri di rischio e rendere possibile l’applicazione dei prezzi di mercato correnti. Questo è l’approccio di Risk-Based Processing (fig. 2). Il caso di un Rorac < 0 è nell’area dove il prezzo corrente (o prezzo di mercato) è più basso del prezzo correlato al rischio (Risk-Adjusted Price, quello che dovrebbe essere il minimo ideale). I termini contrattuali non garantirebbero una copertura adeguata, ma l’introduzione di nuovi termini contrattuali (es.

garanzie) spinge a sinistra e in basso i costi del rischio, al di sotto della soglia accettabile per l’applicazione dei prezzi di mercato. La scelta degli elementi per raggiungere questo nuovo equilibrio è fondamentale, perché essi hanno effetti molto diversi sul costo del rischio. La tabella 2 mostra i tipici fattori di rischio e di mitigazione e la loro efficacia. Il Risk-Based Processing è tanto più efficace quanto più si può ricorrere alle garanzie. La riduzione dell’ammontare del credito (e magari anche dei tempi di rimborso) è anch’essa utile, ma può indurre i clienti a rivolgersi a una pluralità di operatori per avere comunque la somma voluta, con una sottostima dei rischi che essi presentano per l’intero sistema finanziario. Questo vale

soprattutto quando il richiedente ha un fabbisogno urgente e non comprimibile. In altri casi, ad esempio connessi ai prestiti personali, può invece avvenire un fenomeno virtuoso, e cioè che l’interessato sia indotto a limitare i fabbisogni.

Meglio combinare le strategie

La capacità di gestire il rischio in modo attivo sta diventando chiave di successo. Le tre strategie viste (Risk-Based Pricing, Rorac Selection, Risk-Based Processing) sono variamente utilizzabili a seconda degli scopi: migliorare la gestione di nuove nicchie di mercato (es. clienti sub-prime); affinare i parametri di riferimento (prezzi, termini, maxi-rate iniziali, ecc.) per domande di finanziamento provenienti dai dealer; sviluppare vendite e profitti. Tutte e tre le strategie mirano a massimizzare il rendimento del portafoglio in rapporto ai rischi (Expected Risk-Adjusted Portfolio Profitability), anche se poi in condizioni di normale operatività non è facile considerare tutte le variabili. La spinta alla massimizzazione dei margini tende infatti ad avere ripercussioni sugli altri parametri di performance (qualità del portafoglio, perdite attese, accantonamenti, requisiti minimi di capitale, e così via). Le strategie in esame dovrebbero pertanto essere applicate in ragione degli obiettivi, che possono essere diversi da caso a caso; ad esempio ridurre il tasso di rifiuto o tutelare la qualità del portafoglio. L’approccio ideale si basa così sulla combinazione di diverse strategie. Ad esempio, prima selezionando i richiedenti in ragione della loro probabilità di default, e poi aggiustando il prezzo in ragione dei rischi per quelli meritevoli di accettazione. Ciò fermo restando che gli operatori possono adottare approcci ancora più articolati. Quanto appena visto è essenziale negli scenari prodotti dalle regolamentazioni Basilea 3, con le banche chiamate a tener conto di vincoli di liquidità e di capitale minimo più stretti. Le tecniche miste di ottimizzazione sono infatti quelle che più permettono di agire in termini di Risk-Adjusted Profit in presenza di vincoli regolatori e di business (pricing, ammontare del prestito, allocazione del capitale). Sono quelle che permettono in concreto di puntare alla massima profittabilità.

Tabella 1: voci P&L

Figura 2: La strategia Risk-Based Processing

Tabella 2 : L’impatto dei fattori di rischio sui costi

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I nostri lettori più assidui sanno che l’oro può rendere le crisi in qualche modo divertenti. I sostenitori del bull dell’oro sono stati così tranquilli negli ultimi anni, che qualcuno avrà gioito al crollo dei prezzi del 20% avvenuto a fine 2011. “Riteniamo che il picco avverrà verso la fine di quest’anno o forse durante la prima metà dell’anno prossimo”, ha dichiarato Neil Meader, direttore ricerche di Gfms, la società di consulenza sui metalli preziosi acquisita dalla Thomson-Reuters nel 2011. L’elemento che scatenerà l’ascesa finale dell’oro e quindi

il declino? “Qualsiasi indicazione data ai mercati che gli sbilanci strutturali e i vari problemi che le valute stanno affrontando appartengono al passato, e che ci stiamo muovendo verso una fase successiva rispetto alla crisi finanziaria in corso” ha sostenuto Meader intervistato da TheStreet, dopo il lancio a New York del Gold Survey Update, il più recente report di Gfms. A prescindere dal rischio insito nella previsione, gli investitori in oro dovrebbero essere contenti che uno dei fornitori di dati e analisi più autorevoli al mondo stia prendendo in considerazione la possibilità che il bull dell’oro finisca. Tale evento sarà comunque inevitabile, e quindi non può che essere saggio considerarlo in maniera razionale.

Contano i tassi d’interesse reali

In particolare, continua Meader, “un segnale manifesto al quale si dovrà fare attenzione è il rialzo dei tassi di interesse. I tassi di interesse bassi sono una condizione necessaria affinché gli investimenti in oro siano appetibili”. Il punto è che il rischio di tassi di interesse più alti durante

il 2012 sembra essere allo stesso livello dei tassi stessi, ovvero a zero. Anche nei casi in cui il costo del denaro o il rendimento sui depositi sia positivo, non è così se si conta l’inflazione. E come noi di BullionVault non ci stanchiamo di ripetere, è quel tasso (il tasso di interesse reale al netto dell’inflazione) che conta veramente quando si considera il ciclo di domanda e offerta dell’oro. Si nota quindi che gli investitori tendono a preferire l’investimento in oro quando i conti deposito non stanno al passo con l’inflazione. Ecco spiegata l’ascesa decennale del prezzo dell’oro, non solo contro il dollaro ma contro tutte le valute. Il grafico, che si riferisce al Global Gold Index (GGI), lo mostra chiaramente. Il Global Gold Index misura il prezzo dell’oro contro un paniere costituito dalle dieci valute che sottendono le dieci economie più importanti al mondo. Le proporzioni sono soppesate, quindi il dollaro ha la percentuale maggiore, poi viene l’euro, lo yuan, lo yen, la sterlina e così via. Il GGI è cresciuto di cinque volte negli scorsi dieci anni, tanto quanto l’index S&P delle 500 compagnie più importanti negli Usa. Diversamente dallo S&P 500, però, l’oro non era già cresciuto di cinque volte nei 15 anni precedenti. La storia insegna che i bull market non durano all’infinito. Gfms ha notato che “il prezzo dell’oro prima o poi cambierà

direzione”. Lasciando per un attimo da parte l’ipotesi di una fine prossima del bull dell’oro, ecco tre elementi che chi ha deciso di investire in oro deve tener d’occhio durante il 2012:1. L’EuropaL’oro offre un’assicurazione unica contro il default o la svalutazione, perché non può essere creato o distrutto e, purché lo si possegga fisicamente, non dipende dall’affidabilità di nessuno. A breve termine, però, una contrazione del credito potrebbe avvantaggiare il dollaro e creare una crisi di liquidità sul mercato dei derivati, inclusi i futures sull’oro. Ripetendo l’impatto del crollo di Lehman nel 2008, la contrazione del credito in Europa durante la seconda metà del 2011 ha provocato il collasso di MF Global, che a sua volta ha causato la caduta delle posizioni speculative del mercato dei futures dell’oro negli Stati Uniti. Questo tipo di situazioni influisce negativamente sul prezzo dell’oro nel breve termine, anche se la richiesta di oro da investimento (lingotti e monete) continua a salire per timori legati alla situazione politica e monetaria.2. La CinaIl gigante asiatico sembra essere solo un bene per il prezzo dell’oro. Diversamente dalle previsioni sia nostre che

Gli investitori in oro dovranno tenere d’occhio l’Europa, dove una contrazione del credito potrebbe avvantaggiare il dollaro e creare una crisi di liquidità sul mercato dei derivati (inclusi i futures sull’oro), l’evoluzione del mercato cinese e il rischio volatilità

Oro: tre rischi reali nel 2012

Adrian Ash, head of research di BullionVault

Il Global Gold Index – lungo termine (Source: Bullion Vault via IMF, LBMA, BoE, St. Louis Fed, BCB, Banxico)

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della Gfms, la Cina non ha superato l’India nel 2009 e probabilmente rimarrà al numero due per quanto riguarda la richiesta di oro fisico anche durante il 2012. Si consideri però che diversamente dagli investitori occidentali, la richiesta d’oro dei privati in Cina mostra un chiaro e significativo collegamento positivo con la crescita economica (e nessuno sa ancora quale potrebbe essere l’effetto di una contrazione del credito sulla domanda in quella che è stata finora la nazione più avida di oro fisico). La nostra previsione è che un credito limitato non favorirà l’oro. La risposta di Pechino potrebbe favorirlo, però, se il 2008-2009 è un’indicazione significativa.3. VolatilitàForte nel 2011, la volatilità del prezzo dell’oro è stata comunque contenuta rispetto a quella del mercato azionario americano. Si tratta di una magra consolazione, per chi ha acquistato oro sperando di dormire sonni tranquilli. Possedere oro fisico significa evitare rischi legati al credito, non legati al prezzo. Questo è il vantaggio

rispetto a molti prodotti finanziari di oggi, ma chi ha scelto di custodire la propria ricchezza nell’oro fisico, sappia che la crescente volatilità è notoriamente un deterrente per gli acquisti privati in India, la nazione di maggiore richiesta al mondo. Le importazioni sono cadute dell’8% in volume durante il 2011, a causa di un quasi-collasso negli ultimi tre mesi. C’è anche un chiaro rischio che, dopo una crescita continua anno dopo anno dal 2001, la volatilità del prezzo possa dissuadere anche gli investitori occidentali. Dopotutto l’oro dovrebbe essere un porto sicuro in ogni condizione, ma nella seconda metà del 2011 ha mancato tale obiettivo, nonostante il suo valore sia triplicato negli ultimi cinque anni. Le considerazioni che abbiamo fatto oggi basteranno per tener svegli per qualche notte chi ha comprato oro. Per quanto riguarda domani, esistono tante altre minacce alla propria ricchezza di cui preoccuparsi. Ma è molto improbabile che l’incremento dei tassi di interesse e dei rendimenti sui conti deposito possa essere una di queste.

C’è anche un chiaro rischio che, dopo una crescita continua anno dopo anno dal 2001, la volatilità del prezzo possa dissuadere anche gli investitori occidentali. Dopotutto l’oro dovrebbe essere un porto sicuro in ogni condizione, ma nella seconda metà del 2011 ha mancato tale obiettivo, nonostante il suo valore sia triplicato negli ultimi cinque anni.

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I quattro cavalieri dell’apocalisseLe ipotesi peggiori su quel che ci aspetta per il 2012 secondo Ignis Asset Management: dalle dispute politiche dovute ai problemi in Europa, Asia e Usa alle performance al di sotto del potenziale dell’economia globale, con la conseguenza di una maggiore volatilità sui mercati

Stuart Thomson, co-gestore del fondo Ignis Absolute Return Government Bond di Ignis Asset Management

In questo periodo, l’andamento dei dati ufficiali sulla crescita continuerà a essere condizionato dalla capacità dei politici di adattarsi all’aumentata volatilità economica nella scia del credit crunch. Non siamo molto fiduciosi e perciò prevediamo un’attività più intensa rispetto alle stime nel primo trimestre del 2012, seguita da un brusco indebolimento nella parte centrale dell’anno. Questo forzerà tutte le maggiori banche centrali ad adottare significative politiche monetarie espansive. Il rallentamento globale, inoltre, potrebbe essere l’elemento catalizzatore per un default greco e per ulteriori declassamenti, specie in caso di peggioramento della recessione in Europa. Il 2012 sarà l’anno del Dragone: l’unico animale mitico nello zodiaco cinese. E’ simbolo di potere, ma porta con sé incertezza e cambiamento. Per alcuni potrebbe essere un cambiamento catastrofico, ma non crediamo sia utile fomentare le storielle Maya sulla fine del mondo. In onore di queste false visioni apocalittiche, tuttavia, abbiamo provato a ipotizzare quali siano gli eventi peggiori che potrebbero avverarsi nel corso dell’anno, assimilandoli ai cavalieri dell’Apocalisse.

Conquista, guerra, carestia e morte

I quattro cavalieri dell’Apocalisse si distinguono per colore: bianco, rosso, nero e verde, e rappresentano rispettivamente la conquista, la guerra, la carestia e la morte. Il cavaliere bianco, simbolo della conquista, è legato al rischio di upside per l’economia globale dovuto al fatto che il sistema finanziario Usa si trova in una situazione migliore rispetto al sistema bancario europeo. Questo tuttavia non significa che l’economia e il mercato dei Treasury siano pronti a tornare ai livelli del 1994, ma solo che le banche Usa sono la scelta migliore tra i “ronzini” oggi in circolazione. Ciononostante, l’impatto del rischio sistemico sulle obbligazioni governative globali potrebbe essere brutale e implicherebbe la fine del processo di deleveraging di consumatori, aziende e governi. Noi crediamo che una fine prematura della riduzione del debito rappresenterebbe la conquista della storia bancaria sulla storia economica. Il secondo cavaliere, di colore rosso, rappresenta la guerra. In Asia è forte il rischio legato alla successione in Corea del Nord, ma la Cina e la Corea del Sud sono determinate a evitare le provocazioni. La situazione è diversa in Medio Oriente, dove Israele e Stati Uniti stanno cercando di contenere le ambizioni nucleari e geopolitiche dell’Iran per mezzo di sanzioni e attraverso una malcelata ostilità nei confronti

degli scienziati iraniani. L’Iran, dal canto suo, punta al disimpegno delle truppe americane nella regione e vuole evitare una guerra che non potrebbe in alcun modo vincere. Tuttavia le difficoltà economiche dovute alle sanzioni, le elezioni previste per il 22 marzo e un aumento della retorica indicano che quando si ha a che fare con i militari anche i migliori piani non sono infallibili. Un eventuale conflitto sarebbe breve, durerebbe pochi mesi, ma l’impatto di un alto prezzo del petrolio sulla già fragile economia globale causerebbe gravi danni, spingendo le banche centrali a una reazione ancora più forte. In ogni caso, riteniamo una terza Guerra del Golfo decisamente meno probabile di un’altra “guerra valutaria”. L’Europa deve crescere, ma la Germania non intende finanziare questa crescita. Questo significa che i finanziamenti devono essere cercati altrove attraverso l’indebolimento della moneta. Ci aspettiamo che l’euro scenda fino a 1,15 sul dollaro entro la metà del 2012. Questo provocherà una reazione da parte di Cina e Giappone, che cercheranno di svalutare le proprie monete e di conseguenza Usa e Gran Bretagna accelereranno le misure di quantitative easing. Queste svalutazioni competitive scateneranno una corsa al ribasso, ostacolando la cooperazione internazionale. Il terzo cavaliere, quello nero, rappresenta la carestia. La percezione che la crescita globale sia un gioco a somma zero è guidata dal paradosso della parsimonia, poiché la nuova ortodossia economica dell’Occidente e il tradizionale mercantilismo orientale si stanno combinando e favoriscono il risparmio a discapito dei consumi. Crediamo che questa carestia nei consumi condurrà a una crescita recessiva in gran parte delle economie sviluppate ed emergenti e a una recessione vera e propria in Europa. Nondimeno esiste il rischio che le economie emergenti, orientate alle esportazioni, stiano sottostimando la debolezza delle economie sviluppate e che, di conseguenza, reagiscano con ritardo nelle misure di politica economica, spingendo le loro economie in una recessione più profonda. Il rischio aumenterebbe ancor di più se arrivassimo a incontrare il quarto cavaliere, la morte, che nel contesto del 2012 indicherebbe la “fine della zona Euro”. Dal canto nostro riteniamo che la moneta unica potrà incontrare alcune difficoltà nel corso del 2012, addirittura la perdita di un membro dell’Unione, la Grecia. L’uscita di uno dei membri dall’Ue potrebbe essere considerata una disgrazia, perderne due una grave negligenza, ma perderne addirittura tre sarebbe fatale per la moneta unica. Certo, questo è un possibile rischio, ma non è verosimile che si verifichi nel 2012.

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Con l’entrata in vigore, a partire dal 1° gennaio 2012, del D.Lgs. 141/2010 è in atto una riorganizzazione delle reti di intermediazione finanziaria e di mediazione creditizia. Il decreto elimina la precedente differenziazione tra soggetti iscritti nell’Elenco generale e in quello speciale, di cui agli artt. 106 e 107 del T.U.B., prevedendo nella nuova versione un unico albo degli intermediari autorizzati all’attività di concessione di finanziamenti. Il 30 Giugno 2012 rappresenta una data importante che segnerà il passaggio al nuovo regime di controllo e di monitoraggio dell’intermediazione finanziaria e della mediazione creditizia da parte del nuovo organismo di vigilanza.

I possibile effetti sul settore

I britannici sono stati i precursori della professione di Credit Advisory e hanno anticipato di quasi dieci anni la crisi del settore. Facendo un parallelo con il modello anglosassone, che fino al 2003 si basava sull’autoregolamentazione e l’anno successivo vide l’introduzione di un vero e proprio regulator, la Financial Services Authority, paragonabile al nostro organismo di vigilanza, nel Regno Unito si passò infatti da circa 35mila consulenti del credito nel 2003 ai circa 10mila del 2010. Ritengo, quindi, che con l’introduzione del decreto legislativo 141/2010 dei 140mila iscritti presso l’Uif come agenti e mediatori ne rimarranno in attività in Italia meno di un terzo. L’introduzione di una regolamentazione della professione e di un controllo sistematico delle procedure e delle attività correlate alla consulenza finanziaria, sia essa fatta da agenti in attività finanziaria che da collaboratori del mediatore creditizio, è fondamentale per ritornare a dare dignità e professionalità a una attività abbandonata a se stessa da troppo tempo. L’obiettivo è creare controlli stringenti e regole precise per l’operatività, nonché qualificare dei veri professionisti del settore, muniti di requisiti adeguati, sui quali investire con una formazione costante, ma soprattutto poter fornire al cliente finale la certezza e la trasparenza delle operazioni finanziarie. Il principio su cui si basa questo nuovo modello di business ritengo sia quello della stabile organizzazione, che dovrà

assumere una valenza non solo di controllo ma, soprattutto, di gestione e organizzazione della professione dell’agente in attività finanziaria o del collaboratore del mediatore creditizio. Chi si adeguerà in tempi brevi, per sua propria convinzione e non solo per la nuova imposizione legislativa, sarà un interlocutore affidabile, supportato nella sua attività in maniera duratura e stabile nel tempo dalle banche e dalle compagnie assicurative.

Con la riorganizzazione delle reti di intermediazione finanziaria e di mediazione creditizia prevista dal D.Lgs. 141/2010 è prevedibile un forte ridimensionamento del settore. Dei 140mila iscritti presso l’Uif come agenti e mediatori ne potrebbero restare in attività in Italia meno di un terzo

Largo al principio della stabile organizzazione

Gaetano Maria Alaimo, amministratore delegato di Pragmae Financial Advisory Group

Focus corner

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Ci sono buoni motivi per ritenere che la domanda d’oro in Cina rimarrà attestata su un trend positivo nel medio-lungo termine, a cominciare dalla crescita della propensione al risparmio nel Paese e dal ribilanciamento interno dei redditi reali in favore delle famiglie

Oro in Cina: continuerà la richiesta?

Le testimonianze di come e quanto i privati in Cina abbiamo comprato oro in occasione dell’ultimo capodanno lunare sembrano essere un presentimento che la richiesta di oro in Cina sia giunta al picco massimo. Ecco alcune citazioni tratte dalla stampa:• “Alcuni clienti entrano per comprare lingotti da 100 grammi... le aziende comprano lingotti d’oro da regalare” dichiara il direttore di una filiale della Industrial and Commercial Bank of China.• “Alcune aziende pagano i dipendenti con oro invece che con denaro” Jia Zhihong, gioielliere di Wuhan.• “Con questa ressa di clienti, non abbiamo nemmeno il tempo per mangiare o bere” un impiegato in un negozio di oro da investimento.• “I cienti sembrano impazziti, afferrano i lingotti come fossero al supermercato. Devi decidere in fretta se comprare, perché dietro di te c’è qualcuno che aspetta” un cliente a Pechino.• “È un investimento simile al mercato azionario, solo che l’oro è in grado di mantenere il valore molto meglio delle azioni” un agente di vendita in un negozio di oro in Cina. I segni classici della mania ci sono tutti. La partecipazione della massa, l’acquisto guidato dal panico, la certezza che sia un “investimento sicuro”. Eppure, anche se potrebbe sembrare la fase classica prima dello scoppio della bolla, non significa necessariamente che il picco della domanda d’oro in Cina sia già arrivato. Potremmo assistere a un aggiustamento nel prossimo futuro se l’economia peggiora, ma a meno che non si ritenga che la storia dello sviluppo economico della Cina sia al capolinea, ci sono solide ragioni per ritenereche la domanda d’oro della Cina rimarrà in un trend positivo a lungo termine.

La regolamentazione del mercato

Secondo i dati del World Gold Council, il consumo totale d’oro raggiunse le 207,4 tonnellate nel 2003. Nel 2009 aveva più che raddoppiato raggiungendo le 457,7 tonnellate. Alcuni dati divulgati di recente indicano che nel 2011 le importazioni di oro da Hong Kong, storicamente un importante segnale per l’importazione totale di oro in Cina, sono triplicate. La Cina ha deregolamentato il mercato dell’oro dieci anni fa. Fino al 2002, quando aprì il Shanghai Gold Exchange, il governo aveva il monopolio sul possesso d’oro. È possibile che la crescita della domanda d’oro in Cina rappresenti un recupero dovuto al fatto che il possesso d’oro non era permesso, cosa che però non sembra spiegare completamente il fenomeno visto quanto rapidamente è cresciuta l’economia durante lo stesso periodo. La popolazione cinese è diventata progressivamente più ricca, quindi sempre più persone hanno avuto la possibilità di comprare oro.

Aumenta il risparmio

Uno studio degli economisti Guonan Ma e Wang Yi pubblicato lo scorso anno dalla Bank of International Settlements, per esempio, ha indicato che i risparmi delle famiglie come percentuale del Pil sono aumentati dal 16% del 2001 al 23% del 2008, in un periodo in cui il Pil è cresciuto regolarmente di almeno il 10% all’anno. Lo studio evidenzia anche un aumento considerevole nella propensione al risparmio delle famiglie, ovvero c’è stato un aumento della percentuale del reddito destinato al risparmio. Una spiegazione di questo dato potrebbe essere che la crescita economica ha permesso che il tenore di vita di molte famiglie fosse innalzato oltre la soglia di sussistenza, per esempio con il flusso dei lavoratori agricoli che si spostano nelle città per lavorare nelle fabbriche. Tale crescita dei redditi ha permesso che una fetta sempre maggiore della popolazione possa per la prima volta risparmiare. Paragonati a chi ha un reddito più alto, i

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nuovi risparmiatori devono dedicare una proporzione più alta del proprio reddito per ottenere un certo risparmio. Questo non è però il solo elemento che ha favorito la crescita dei risparmi. Un’altra spiegazione alla crescita dei risparmi dei privati è data da “ragioni cautelative di risparmio”. Per comprendere questo concetto si prenda ad esempio il periodo tra il 1995 e il 2005, che vide un crollo del 50% dell’impiego nelle aziende statali: “Gli impiegati licenziati ricevettero poco supporto in termini di benefit sociali, e molte piccole compagnie statali in perdita vennero chiuse. Come risultato venne meno la rete di sicurezza sociale garantita in maniera totale dall’azienda. La ristrutturazione e il ridimensionamento tra il 1995 e il 2005 accrebbero l’incertezza del reddito e delle potenzialità di spesa indebolendo la rete di sicurezza sociale garantita dalle aziende, e rinforzando le ragioni cautelative per il risparmio”. Non è difficile immaginare il significato di tali

eventi per un lavoratore cinese che è stato licenziato. Il governo socialista, al potere dal 1949, mise sulla strada un numero incredibile di lavoratori e non fece nulla per aiutarli a sopravvivere. In questo contesto è comprensibile perché la popolazione cinese abbia cominciato a risparmiare di più. Gli sconvolgimenti economici hanno un effetto di lunga durata sul comportamento finanziario di una popolazione, in un atteggiamento simile a quello della Germania nei confronti dell’iperinflazione: la tragedia avvenuta negli anni 20 si fa ancora sentire, e i tedeschi ancora oggi sono particolarmente avversi all’instabilità dei prezzi.

L’oro come risparmio La Cina quindi sembra destinata ad avere un tasso di risparmi ancora maggiore durante il futuro prossimo. Inoltre, la rapida crescita della domanda d’oro suggerisce che molti di coloro che risparmiano scelgono di utilizzare i risparmi comprando oro, o sarebbe meglio dire che conservano i loro risparmi sotto forma di oro. Ovviamente non significa che i cinesi continueranno a tempo indeterminato a comprare sempre più oro. Inoltre, è impossibile stabilire con certezza gli effetti di un rallentamento dell’economia verso la richiesta di oro. In tali circostanze è probabile che si verificherebbero acquisti mirati alla protezione del capitale, specialmente se le istituzioni finanziarie collassano o la popolazione teme un ulteriore aggravarsi dell’inflazione come risultato di un’eventuale risposta della banca centrale. D’altra parte un blocco dell’economia frenerebbe il potere d’acquisto di potenziali compratori privati. La Cina dovrà affrontare venti contrari nel futuro prossimo. Prima di tutto, il modello economico basato sull’export sarà esposto al deterioramento della situazione economica globale. Si pensi alla crisi in Europa, partner commerciale fondamentale per la Cina. Ci sono però anche altri segni di cambiamento, in senso differente. Il governo cinese ha annunciato questa settimana che il salario minimo crescerà di una media del 13% all’anno da oggi al 2015. Ancora non è certo come la decisione verrà messa in pratica, ma significa che le autorità sono consapevoli della necessità di adeguare i redditi delle famiglie. La Cina attende quindi un significativo ribilanciamento interno dei redditi reali in favore delle famiglie, e ci sono buone ragioni per supporre che prima o poi tale ribilanciamento avverrà. Sono le famiglie, i privati, che comprano oro. Quindi, a meno che lo sviluppo dell’economia in Cina si fermi completamente, il consumo d’oro dovrebbe continuare ad aumentare sul lungo termine.

Ben Traynoreditor of Gold News

BullionVault

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Antiriciclaggio: così migliora la qualità delle segnalazioniDi fronte al fenomeno del riciclaggio, che in Italia pesa ormai per il 10% del Pil (contro una media europea del 5%), occorre migliorare la qualità del monitoraggio sui movimenti di denaro e le operazioni sospette. Da Aubay, Ius Consulting e RA Computer arriva la soluzione Cyrano

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“Il giro d’affari derivante dal riciclaggio e dal finanziamento al terrorismo è arrivato a toccare un valore di 140 miliardi di euro”. E’ l’inquietante rivelazione che Pier Luigi Vigna, procuratore generale onorario presso la Corte di Cassazione, ha esternato in occasione del convegno “Finanziamento illecito al terrorismo e riciclaggio di denaro - Cyrano il deterrente”, organizzato a Milano dalla società di consulenza e system integration Aubay in collaborazione con Ius Consulting e RA Computer (Gruppo Sia). “Si tratta di soldi che non derivano dalla sola criminalità organizzata, ha aggiunto Vigna: al riciclaggio bisogna accostare anche i cosiddetti ‘colletti bianchi’. Si pensi che solo quest’anno la Guardia di Finanza ha accertato evasione fiscale pari a 2 miliardi di euro. In Italia il quantum del riciclaggio rispecchia il 10% del Pil nazionale (contro una media europea pari al 5%, secondo le stime Fmi)”. Di qui nasce l’ovvia necessità da parte delle istituzioni di controllare sempre di più i movimenti di denaro e le operazioni sospette. “Nel primo semestre del 2011, ha dichiarato Ranieri Razzante, presidente di Ius Consulting e di Aira (Associazione Italiana Responsabili Antiriciclaggio) si è raggiunto un numero di 23.529 segnalazioni di operazioni sospette su un totale annuo di 43.000 circa, di cui 8.700 con riscontri effettivi in procedimenti penali. Insieme a Aubay e Ra Computer, Ius Consulting ha promosso e implementato la soluzione Cyrano proprio per contribuire all’incremento qualitativo delle segnalazioni alle autorità”.

La soluzione Cyrano

La soluzione nasce dall’incontro di varie competenze: Ius Consulting è specializzata nella consulenza in tema di compliance normativa e organizzativa per gli intermediari finanziari; Aubay offre supporto tecnico e tecnologico personalizzato sulle singole esigenze di banche e intermediari finanziari; Ra Computer mette a disposizione un software che consente la corretta gestione degli adempimenti normativi antiriciclaggio in maniera semplice, veloce e flessibile. Cyrano serve proprio per facilitare queste operazioni e renderle tracciabili giorno per giorno e non solo mensilmente, in modo da poter generare un alert in caso di potenziale rischio. La piattaforma è utile inoltre a tutte le aziende o enti che debbano fare un passaggio di denaro in modo da verificare il corretto rispetto delle norme e gestire il pericolo di avere a che fare con persone “sospette”. “Il valore aggiunto di Cyrano, afferma Stefano Trippetti, vicepresidente Aubay, sta proprio nella sua globalità, flessibilità e nella possibilità di personalizzarla in base alle esigenze del cliente. Inoltre, attraverso il servizio di Link Analisys, è possibile vedere connessioni di operazioni in base alle esigenze di

movimentazione di denaro monitorando singoli passaggi, facendo confronti e paragoni solo su alcune tipologie di operazioni (ad esempio bonifici) o segmentazioni su base territoriale (Lombardia vs Lazio) o tipologia di cliente”. Secondo Cristina Astore, amministratore delegato di RA Computer, la tecnologia e l’innovazione possono giocare un ruolo cruciale per supportare efficacemente la lotta al finanziamento illecito al terrorismo e al riciclaggio di denaro. “La soluzione tecnologica proposta con Cyrano vanta attualmente più di mille installazioni a livello mondiale; rappresenta quindi la miglior risposta possibile anche per il mercato italiano”.

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Intranet, la crisi non blocca gli investimenti delle bancheUna ricerca a cura dell’Osservatorio Intranet Banche evidenzia il ruolo strategico delle Intranet nelle banche italiane, che prevedono investimenti in crescita nei prossimi tre anni

La crisi non ferma gli investimenti nelle Intranet da parte delle banche, che sono previsti in crescita anche per il 2012. E’ quanto emerge da una ricerca che ha coinvolto oltre 40 referenti delle principali banche e gruppi bancari italiani a cura dell’Osservatorio Intranet Banche, progetto della School of Management del Politecnico di Milano e di Abi Lab. “Nuovo impulso agli investimenti, afferma Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio, viene dall’opportunità di integrare nuovi strumenti come Web conference e Instant Messaging, che sono già presenti e utilizzati fortemente dal 64% delle banche, e dallo sviluppo di applicazione per i nuovi Tablet Pc, su cui nel 2012 investiranno il 38% delle banche. Si tratta di risultati significativi, specie in un panorama di forte pressione alla riduzione dei costi. Un risultato che testimonia come le Intranet siano oggi una leva fondamentale per l’innovazione organizzativa delle banche”. Nel 93% delle banche intervistate dalla ricerca (che è stata realizzata in collaborazione con Ibm, Microsoft, Txt e-solutions e Value Team) le Intranet sono considerate strumenti strategici. Particolarmente importante il loro ruolo a supporto dei processi direzionali, ritenuto determinante dall’86% del campione: la Intranet è strumento fondamentale nelle attività di comunicazione interna (86% del campione) e in particolare nel supporto di attività quali lo sviluppo e la formazione professionale delle persone (77%) e nel supporto alle innovazioni organizzative e gestionali (69 per cento). Gli impatti maggiormente significativi della Intranet rilevati riguardano il miglioramento della tempestività dei processi (71%), il supporto alla collaborazione (57%) e l’efficienza e riduzione dei costi (50 per cento). È proprio in ragione di questo ruolo che le banche continueranno a dedicare attenzione e investimenti che sono previsti in crescita per i prossimi tre anni dal 73% delle banche. “L’analisi della rilevanza attuale e futura (prossimi tre anni) della Intranet rispetto agli altri progetti Ict, sottolinea il report dell’indagine, mostra come i Cio delle banche siano fortemente consapevoli del valore del portale aziendale e di come tale rilevanza sia destinata ad aumentare nei prossimi anni. Alla crescita in termini di priorità delle iniziative si accompagna, nella maggior parte dei casi, un incremento anche a livello degli investimenti: sono solo 2 su 15 le banche del campione che prevedono una riduzione più elevata, ma comunque inferiore al 10%, dei budget dedicati all’ambito Intranet. In particolare, il trend interessante che emerge dall’analisi è che le realtà che presentano oggi i budget Intranet più elevati sono proprio quelle che in futuro incrementeranno gli investimenti in misura maggiore rispetto a chi ha budget limitati”. In ogni caso, se la crisi non frena gli investimenti nelle Intranet, ne condiziona certamente l’evoluzione e gli obiettivi, con un’enfasi crescente sul miglioramento di efficienza e produttività, ma anche sulla ricerca di nuove modalità per

migliorare, con costi contenuti, le decisioni e il servizio al cliente. “Pur in un quadro di generale contenimento dei budget disponibili per gli investimenti Ict, afferma il report, le banche puntano sull’innovazione della Intranet attraverso l’arricchimento di funzionalità di Knowledge Management (prioritarie per il 64% dei Cio del campione), Collaboration (57%) ed Enterprise Communication (43 per cento). Pur nella loro eterogeneità, questi ambiti sono accomunati dal fatto di rispondere oggi a esigenze concrete ma, al tempo stesso, di essere fattori abilitanti per il cambiamento profondo di logiche e modelli organizzativi”. Dunque è la gestione della conoscenza l’esigenza ritenuta prioritaria nello sviluppo delle Intranet nel 2012. In questo ambito la Intranet si andrà ad arricchire di motori di ricerca, blog e wiki, che già oggi hanno mostrato nel 60% delle banche effetti significativi nel migliorare la qualità, quantità e tempestività dei dati e delle informazioni.Al secondo posto il supporto alla collaborazione: crescerà ulteriormente la presenza di strumenti a supporto sia della collaborazione sincrona (Live Collaboration) - come Web conference e Instant messaging già ampiamente utilizzati nel 64% delle banche del campione - che di quella asincrona, per la quale sono già ampiamente utilizzati strumenti di gestione dei progetti (71%) e di condivisione delle agende (64 per cento). Infine cresce anche il supporto al lavoro in mobilità. In questo ambito l’attenzione è favorita dalla diffusione, accanto ai tradizionali smartphone (ormai presenti nel 77% del campione), dei nuovi device mobili come Tablet e Slate Pc, che si stanno diffondendo rapidamente tra il management delle banche e sono già oggi presenti in modo significativo nel 31%, del campione e che il 38% per cento delle banche dichiara di avere in programma di introdurre nel prossimo anno.

Il social network e i dipendenti

Sono ancora lontane dall’essere considerate una priorità lo sviluppo e l’integrazione di strumenti di social network per i dipendenti. A fronte di un 28% di banche che hanno investito con soddisfazione sui social network interni, permane un 50% di banche che non valuta questa come una priorità per i prossimi anni. La maggior parte delle banche inoltre non ha definito alcuna policy relativa all’uso di social network esterni (46%) o ha definito in tal senso policy restrittive (54 per cento). “Con la loro diffusione e la concretezza dei loro benefici, le Intranet hanno già dimostrato di essere entrate a far parte in modo integrante dell’ambiente di lavoro delle banche, dice Romano Stasi, segretario generale di Abi Lab. L’arricchimento di questi spazi con nuove logiche e strumenti provenienti dal mondo del web può contribuire in modo rilevante a creare le premesse per quel rilancio di competitività e innovazione che l’intero Sistema Paese si attende dalle banche”.

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Attenzione al Mobile MalwareNel 2012 il proliferare di applicazioni e dispositivi mobili creeranno maggiori problemi alla sicurezza. La Icsa Labs Division di Verizon ha identificato le principali minacce per il business e i consumatori

Come ben evidenziava il 2011 Data Breach Investigation Report di Verizon, il numero di attacchi ai dati è triplicato negli ultimi cinque anni. E’ uno scenario destinato a peggiorare nel 2012. Le cause? La sempre più diffusa adozione di dispositivi mobili, il proliferare di applicazioni e la crescita del cloud computing, così come l’attitudine ormai consolidata degli utenti al comportamento “sempre connesso”, che incrementa evidentemente i rischi per la sicurezza.“La proliferazione di connettività Internet, device mobili e applicazioni web sta aiutando ad arricchire le nostre vite e a promuovere opportunità di business a livello globale in maniera nuova e significativa, dichiara Roger Thompson, Emerging Threats researcher di Icsa Labs. Ma in questa nuova era di ‘iperconnettività’, caratterizzata dalla sfumatura della linea di confine tra le nostre vite professionali e private, è responsabilità di tutti - che si tratti di un utente aziendale o consumer - salvaguardare le nostre attività on line e interagire con la tecnologia in maniera responsabile per proteggere i nostri asset, le nostre identità e la nostra privacy”.In questo quadro, la Icsa Labs Division di Verizon ha identificato le principali minacce alla sicurezza per il business e i consumatori nel 2012.• Il Mobile Malware è in aumento. Il malware che colpisce i dispositivi mobili continuerà a crescere e le aziende saranno impegnate a lottare per la protezione degli utenti. I bersagli principali saranno tablet e smartphone, con un picco per i dispositivi con sistema operativo Android, dal momento che è open e con la più alta penetrazione di mercato.• Gli App store saranno bersagliati e infettati. Applicazioni infette, ma anche download browser-based, rappresenteranno gli attacchi principali. Gli App store non autorizzati, a causa dello scarso controllo effettuato, saranno la fonte principale di infezioni da malware su mobile. I cyber criminali posteranno le proprie applicazioni infette con l’intenzione di guadagnare la fiducia degli utenti con applicazioni corrotte. Tuttavia i cyber criminali troveranno il modo di inserire le App infette anche negli App store ufficiali.• Sistemi di application scoring saranno sviluppati e implementati. Con l’intento di rassicurare gli utenti, le aziende faranno rivedere da terze parti il proprio codice sorgente delle applicazioni. Allo stesso modo, le aziende vorranno essere certe che le applicazioni approvate e utilizzate sui dispositivi dei lavoratori aderiscano ad un certo standard. Si prevede, inoltre, che il settore svilupperà un sistema di misurazione che permetterà, ai dispositivi aziendali, solo download appropriati e applicazioni approvate dall’azienda. • La nascita di applicazioni bank-friendly con sicurezza integrata. I dispositivi mobili saranno utilizzati sempre più

per accedere alle informazioni del proprio conto corrente, trasferire denaro, effettuare donazioni e pagare beni e servizi; questo rappresenta una ghiotta opportunità per i cyber criminali che troveranno così il modo di superare le protezioni. Per garantire una maggiore sicurezza per l’on line banking, il settore bancario dovrebbe iniziare a offrire applicazioni con alti livelli di sicurezza integrati. • L’iper-connettività porta a un aumento delle sfide per identità e privacy. Nel contesto economico attuale, sempre più utenti hanno bisogno, in maniera legittima, di accedere a un numero crescente di dati da più luoghi. Questo richiede la protezione dei dati da ogni punto di accesso, attraverso l’uso di credenziali più incisive, un deployment più sicuro, sistemi accessibili ai partner e un miglioramento della gestione e delle analisi dei log.• Nuovi rischi legati al passaggio alle cartelle cliniche elettroniche. Negli Stati Uniti, la riforma della sanità e lo stimolo proveniente dai finanziamenti continueranno

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ad accelerare l’adozione di cartelle cliniche elettroniche e delle tecnologie ad esse correlate. Saranno introdotti nuovi dispositivi in grado di far circolare informazioni sensibili oltre i tradizionali confini degli operatori sanitari che, in numero crescente, usano già dispositivi mobili.• Inizierà il merge di dispositivi mobili e medici. I dispositivi mobili e le applicazioni sanitarie aumenteranno rendendo di fatto più semplice, per esempio, la trasformazione di uno smartphone in un monitor per la misurazione della frequenza cardiaca o in un tester per il diabete. Come standard di interoperabilità maturo, cresceranno i dispositivi mobili e quelli medici tradizionali diventeranno dei nodi appartenenti alla rete aziendale. Tali dispositivi, inoltre, condivideranno i dati con altri utenti e altri dispositivi e, come risultato, saranno a rischio di minacce come lo sono stati finora i computer e altre periferiche in rete.• Gli standard di sicurezza per smart grid

continueranno a evolversi. Negli Stati Uniti, le Public Utility Commission continueranno a sviluppare standard di smart grid. Le Puc statali si accorderanno su uno standard per il prossimo anno. Il governo richiederà sempre più alle utility di dimostrare che le loro smart grid e le soluzioni avanzate di misurazione proteggono non solo la privacy dei consumatori e i dati del loro utilizzo, ma anche la sicurezza delle infrastrutture Ami. A un dato momento, un unico framework federale sostituirà requisiti e norme statali.• Nuovi problemi si presenteranno riguardo l’IPv6. Il governo federale è ancora alle prese con il lancio di dispositivi IPv6-enabled poiché le aziende stanno ancora migrando al nuovo protocollo da IPv4. Questo sarà sicuramente un problema continuo, e le minacce e le vulnerabilità specifiche per IPv6 continueranno a provocare problemi per tutto il 2012.• Riemergono le minacce di Social Engineering: Saranno gli attacchi mirati di spear-phishing - e-mail fraudolente che colpiscono una specifica organizzazione, cercando l’accesso non autorizzato a dati confidenziali - la minaccia più diffusa di social-engineering nel 2012. Gli sforzi per educare le community di utenti in merito alle pratiche informatiche sicure, continueranno a essere una sfida considerando la crescita della base utenti di dispositivi smart.• I programmi di certificazione della sicurezza diventeranno sempre più popolari. Le certificazioni continueranno a crescere soprattutto poiché le amministrazioni pubbliche incrementeranno i mandati It per le proprie agenzie nelle aree cloud e identity; e, a sua volta, il settore privato farà altrettanto. Le minacce provenienti da Internet continueranno a turbare la fiducia di imprese, governi e utenti e continueranno a causare caos su dispositivi informatici sia in ufficio sia a casa. La sfida per tutti gli enti che si occupano di test sarà di stare al passo con le mutevoli minacce e di evolvere i test di conseguenza.• I Big Data cresceranno e, di conseguenza, aumenterà il bisogno di sicurezza. I “Big data” - grandi insiemi di dati che ora possono essere gestiti con gli strumenti adatti - saranno popolari nel 2012 poiché sempre più aziende trarranno vantaggio dalle analisi. Le aziende utilizzeranno i dati per creare nuove opportunità di business potenziando allo stesso tempo le decisioni basate sui fatti e raggiungendo un maggior successo. Per poter raggiungere i risultati sperati, le aziende dovranno proteggere questi dati.• La salvaguardia delle identità on line non sarà più facoltativa. A causa della continua crescita dei furti di identità on line, gli utenti, le aziende e le agenzie governative stanno cercando di capire come proteggere al meglio le proprie identità. Tali gruppi si rivolgeranno al settore privato per cercare una soluzione cost-effective che aiuti a salvaguardare le identità e creare una maggior fiducia on line.

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Al via Crif Academy 2012La Business School di Crif propone corsi sui temi più attuali del credito. Il primo appuntamento è fissato il 22 febbraio a Bologna, con il corso dal titolo “I ‘nuovi italiani’: quali sono i loro bisogni finanziari, come valutarli e gestirli”

Il prossimo 22 febbraio a Bologna è in programma il primo corso di Crif Academy 2012, l’alta formazione dei professionisti Crif per i professionisti dell’industria bancaria. Il corso, dal titolo “I ‘nuovi italiani’: quali sono i loro bisogni finanziari, come valutarli e gestirli”, sarà focalizzato sui temi del migrant banking, del fabbisogno finanziario e della valutazione della clientela dei “nuovi italiani”, di crescente importanza e interesse per le aziende di credito italiane.CRIF Academy garantisce una formazione specialistica certificata UNI EN ISO 9001-2008 Settore EA 37 per i processi formativi. La qualità della proposta didattica è garantita dalla ventennale esperienza di Crif sulle tematiche della gestione del credito, del rischio e del marketing bancario, e dall’esperienza maturata a livello nazionale e internazionale dai professionisti di Crif in progetti di consulenza e formazione con i principali player del settore. Inoltre, lo scorso mese di dicembre Crif è diventata la prima società italiana registrata da Consob ed Esma (Autorità Europea degli strumenti finanziari e dei mercati) come Cra (Credit Rating Agency).

Le caratteristiche dei corsi

I corsi saranno tenuti da un team di docenti con comprovate e qualificate competenze ed esperienze didattiche, provenienti dall’ambito professionale,

accademico e istituzionale (Abi, Sose – la società per gli studi di settore costituita dal ministero dell’Economia e delle Finanze e dalla Banca d’Italia).“Nella nostra esperienza, spiega Vincenzo Gagliardi, responsabile di Crif Academy, la formazione delle persone se da un lato rappresenta una parte relativamente piccola dei costi aziendali, dall’altro genera un ritorno notevole sul business attraverso il progresso delle conoscenze e delle best practice”. Il materiale didattico di Crif Academy si fonda sul patrimonio esperienziale di Crif - case study e best practice - frutto dei progetti realizzati negli anni e che saranno il punto di partenza di momenti di confronto e scambio tra i partecipanti. L’iscrizione ai corsi potrà essere finanziata, interamente o parzialmente, tramite i fondi interprofessionali (Fondir, Fba, Foncoop, Fort), in partnership con Obiettivo Lavoro Formazione. Il team di Crif Academy è a disposizione degli istituti di credito interessati, proponendosi come interfaccia nei rapporti con gli enti e a supporto nella predisposizione della documentazione per la gestione amministrativa e contabile. Per gli iscritti entro il 30 gennaio al corso “I nuovi italiani: quali sono i loro bisogni finanziari, come valutarli e gestirli” è previsto uno sconto del 10 per cento.Scopri i contenuti di Crif Academy

Per maggiori informazioni: [email protected]

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L’outsourcing si trasforma per la banca in cerca di efficienzaSecondo Chiara Frigerio, docente di Organizzazione presso l’Università Cattolica di Milano e segretario del comitato direttivo del CeTIF, l’outsourcing bancario è in piena evoluzione, stretto fra l’esigenza di cost cutting delle banche e la necessità per gli outsourcer di mettersi in gioco come partner, sia strategici che tecnologici

Speciale Outsourcing

Nelle prossime pagine le testimonianze di:

• Chiara Frigerio, docente di Organizzazione Aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e segretario del comitato direttivo del CeTIF

• Salvatore Anello, Financial Service Sales lead EALA di Accenture

• Leonardo Bassilichi, direttore generale del Gruppo Bassilichi

• Andrea Pettinelli, responsabile Gestione Clienti e Sviluppo Commerciale di Cedacri

• Vittorio Lombardi, amministratore delegato del Cse

• Lucio Marcandelli, Outsourcing Business Development executive di Ibm Italia

• Paolo Pecchiari, vicedirettore generale di Sec Servizi

I diversi protagonisti di questa storia - banche di grandi dimensioni, piccole realtà del credito, fornitori di tecnologia - si incontrano al tavolo dell’outsourcing per un appuntamento i cui risultati non sono del tutto definibili. Cosa sta succedendo? Che i tempi - per le banche - siano all’insegna del taglio dei costi è certo. Che occorra non perdere di vista il servizio fornito al cliente è altrettanto certo. Che l’outsourcing dei servizi e dei sistemi informativi sia un’opportunità, è invece un dato suscettibile di interpretazione. Perché a seconda delle dimensioni e delle situazioni, gli scenari possono mutare il destino della modalità “esternalizzazione”. Chiara Frigerio, docente di Organizzazione Aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e segretario del comitato direttivo del CeTIF (Centro di Ricerca su Tecnologie, Innovazione e servizi Finanziari), ci introduce in questo mondo, alla ricerca di una definizione di efficienza che si possa sposare con l’attuale momento del mercato.

Le “piccole” e il sourcing, accoppiata vincente

Se si pensa alle banche di piccola dimensione, e al sourcing in generale come uno strumento operativo e organizzativo in grado di “efficientare” gli istituti, si noterà come questa modalità sia fortemente richiesta.

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Outsourcing

Un fornitore esterno, specie se di grandi dimensioni, si presenta infatti con ottime garanzie in termini di tempi e competenze certi, anche in settori delicati, quale quello della compliance. Il sourcing è anche un’opportunità per quanto concerne gli ambiti gestionali - si pensi al Crm – e di sviluppo commerciale. “La complessità di soluzioni e infrastrutture insita nell’erogazione di certi servizi, spiega Frigerio, richiede soggetti esterni, in grado di portare in dote strumenti di efficienza e di efficacia”. Tipicamente, le piccole realtà del credito si affidano a un unico fornitore di outsourcing, che funge da hub per altri sourcer specializzati. In questa progressiva settorializzazione dell’offerta, i sourcer stanno acquisendo e proponendo competenze non prettamente “core” del mondo banking, ampliando dunque l’offerta a portafoglio. “La scelta di un unico ousourcer è vincente, nelle piccole banche, perché comporta un minore coordinamento interno”.

I grandi player possono fare sistema

L’atteggiamento cambia a mano a mano che le dimensioni delle banche aumentano. Nel caso delle grandi realtà, infatti, la selezione nei confronti dei servizi da esternalizzare si fa più raffinata, e confinata ad alcune aree. È proprio il quadro a essere più articolato. “Anche per le efficienze interne che sono state compiute negli ultimi tempi, sottolinea Frigerio, le grandi realtà bancarie sono in alcuni casi più propense addirittura a parlare di insourcing, ossia a riportare all’interno servizi prima demandati all’esterno. I grandi istituti sono poi orientati a

nuovi temi legati al sourcing, molto innovativi: si pensi al cloud sulle infrastrutture nel mondo dati, oppure al co-sourcing o alle forme di partnership tra più attori”. Un ultimo aspetto è particolarmente interessante. Il Cetif sta notando, ancorché in fase embrionale, il tentativo delle banche di instaurare collaborazioni basate sulla messa a fattor comune di servizi non “core”. “Molte società di servizi sono già strutturate per diventare outsourcer nel confronti del proprio mondo captive, e anche all’esterno di esso. Devono solo compiere il passo”. Va da sé che i fornitori di tecnologia e di servizi in outsourcing non hanno intenzione di rimanere alla finestra: anche per questi soggetti, in un futuro molto prossimo, sarà possibile ritagliarsi un ruolo da protagonisti, specie in settori molto tecnici, quali il pagamento e la compliance. Il momento di difficoltà generalizzata potrebbe essere discriminante, per la riuscita o la chiusura di progetti di outsourcing. Secondo Frigerio, infatti, attualmente tutte le banche sono alla ricerca di cost cutting: “L’outsourcing è un progetto i cui benefici non possono essere riscontrati nel breve. Questo è un primo problema. Oltre a ciò, non va dimenticato che anche il passaggio a un servizio esternalizzato ha un costo in termini di change management. E non è detto che in questo periodo tutte le banche siano in grado di sostenerlo. Questa situazione di impasse, a carico delle grandi banche, è invece meno sentita nelle realtà di minor dimensione, che per loro natura sono già maggiormente orientate all’efficienza e inclini al sourcing”. L’idea di una partnership sistemica tra grandi banche avrà la sua ragion d’essere probabilmente a breve. “Nell’ambito della business continuity, per quanto attiene il mondo delle operation, molti processi sono già oggi standardizzati. La fattibilità di partnership su questi servizi è effettivamente concreta. Lo stesso dicasi per il mondo dell’operatività gestionale”.

Verso l’iperspecializzazione

In questa situazione non uniforme, nella quale possono verificarsi scenari di collaborazione da una parte e il mantenimento dei servizi in outsourcing dall’altra, a seconda della dimensione della banca, quale ruolo possono giocare i fornitori, gli outsourcer puri? A loro spetta un compito difficile ma stimolante: trovare nuove soluzioni e nuove proposte. Senza focalizzarsi solo sulla clientela più “soddisfabile”, ossia le piccole banche, gli outsourcer sono chiamati a mettersi in gioco come partner, sia strategici che tecnologici. Anche per intraprendere iniziative sistemiche, e gestire ambiti quali il change management o la business continuity. “Nel momento in cui i grandi player bancari non dovessero mettere a fattor comune le proprie competenze, conclude Frigerio, gli outsourcer potrebbero dimostrare la loro importanza, su servizi sia core che non core. D’altra parte, solo gli outsourcer sanno garantire tempi e costi certi, nonché livelli di servizio stabiliti per contratto. Ciò che è certo, è il fatto che l’outsourcing è in piena evoluzione, con gli outsourcer che diventeranno portatori di innovazione e iperspecializzati, divisi tra il supporto abituale alle banche medio-piccole e la ricerca di nuove opportunità con i maggiori colossi”.

Chiara Frigerio, docente di Organizzazione Aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e segretario del comitato direttivo del CeTIF

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Chi può fare a meno dell’outsourcing?Sul mercato dell’outsourcing, spiega Salvatore Anello di Accenture, negli ultimi 12 mesi si sta concretizzando un’inversione di tendenza: le banche si stanno spostando da tanti piccoli progetti a singoli deal di maggior portata

Chi da decenni opera nel settore dell’outsourcing bancario può senz’altro vantare una chiara visione del mercato attuale. Se a questa competenza si aggiunge una qualifica che oggi allarga la visione al mondo europeo, dell’Africa&Middle East e dell’America Latina (in Accenture la region EALA), si ricava il biglietto da visita di Salvatore Anello, oggi Financial Service Sales lead EALA di Accenture. Anello è in grado di fornire dell’outsourcing bancario una visione non solo italiana, ma europea. Una visione che, date le caratteristiche del mercato, è simile dall’Europa all’America Latina: negli ultimi 12 mesi in questi paesi sono aumentati per Accenture i ricavi e le vendite, e in maniera più accelerata l’outsourcing. “La tendenza, spiega Anello, vede un aumento costante dei grandi deal. Un evento che non accadeva dalla metà degli anni 90. Grazie agli anni dedicati a questo settore, posso considerare di avere assistito a tante ‘wave’ dell’outsourcing. La prima, proprio verso il ’95-’96, con l’arrivo dell’outsourcing in Italia. Successivamente ecco la wave applicativa, era il 2005. Oggi si sta vivendo una terza ondata”.

Esternalizzare è d’obbligo, bene è un plus

L’Italia, in questo panorama, ha scontato un ritardo causato dalla diatriba “outsourcing-insourcing”, vissuta come

contrapposizione quasi ideologica. “In realtà, dice Anello, siamo di fronte a un falso problema, perché tutti devono definire politiche di sourcing, ossia acquistano hardware, software, servizi dall’esterno, che poi eventualmente arricchiscono con le competenze e il lavoro di personale interno, mai sufficienti però alle esigenze tecnologiche e applicative. Volendo essere didascalici, l’outsourcing si differenza dal normale sourcing per tre connotati: la transizione di persone, la transizione di asset da cliente a fornitore e la gestione dei servizi attraverso livelli di servizio e listini codificati. Mentre sino a poco tempo fa il dibattito outsourcing ‘cattivo’ versus insourcing ‘buono’ era all’ordine del giorno, oggi pare che la crisi abbia spazzato via anche questa ideologia, facendo concentrare tutti i player su temi di sostanza”. Semmai, sottolinea Anello, negli ultimi 12 mesi si riscontra una vera e propria inversione di tendenza: “Mentre prima si riscontravano piccoli e medi deal, oggi tutti i grandi player del mondo outsourcing hanno booking in crescita. Perché non è più tempo di ‘spezzettare’ il servizio, metodica che non genera valore”. Lo stesso approccio si rileva anche in Europa e in America Latina. “Questi ultimi Paesi, che vantano una crescita a due cifre del mercato, arrivano all’outsourcing non per la necessità di controllare meglio i costi, ma per la mancanza di skill”.

Pochi, ma buonissimi

Il sistema bancario è di fronte oggi a grandi sfide che un fornitore come Accenture, che propone soluzioni vendor indipendenti personalizzate su ciascun cliente, può contribuire a superare. “In questa fase di cambiamento, in cui il mercato dell’outsourcing è in crescita, le banche si stanno spostando da tanti piccoli progetti a singoli deal di maggior portata”. Accenture ha, in questo mercato, una posizione preminente. “Secondo i rapporti di specifici analisti di mercato sull’outsourcing in Italia, negli ultimi 5-6 anni la quota di mercato di Accenture è diventata la principale nell’outsourcing applicativo, per giungere a un 8% sulla spesa applicativa”. Come è stato possibile raggiungere questi livelli, vista la frammentazione del mercato e la presenza di personale interno, in soli sei anni? “Grazie a due elementi che Accenture porta in dote: l’innovazione e la conoscenza del business. Accenture utilizza infatti un approccio che prende in carico la gestione tecnica e la conoscenza dei prodotti, cui abbina una puntuale conoscenza del business del cliente e un alto livello di innovazione”. Il paese che oggi appare come il più effervescente in relazione all’outsourcing bancario è il Brasile, e in generale la zona dell’America Latina. “In America Latina, spiega Anello, il dibattito ideologico sulla scelta dell’outsourcing non è stato rilevante. Questi paesi si pongono il problema dell’outsourcing per quello che è,

Salvatore Anello, Financial Service Sales lead EALA di Accenture

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ossia uno strumento da adottare per ampliare gli skill e gestire la domanda in modo flessibile, aumentando il grado di innovazione. Già alla fine degli anni 80 in Brasile certe operazioni bancarie erano svolte con semplicità e velocità; un bonifico richiedeva 10 minuti di tempo per essere effettivo. Cosa significa questo, se rapportato all’Italia? Che dal punto di vista informatico, le banche sono in grado di soddisfare ogni genere di richiesta. È il processo che genera ritardi. E se il vecchio continente ha indugiato nella macchinosità, i paesi emergenti e giovani hanno preso la strada della semplicità”. Resta comunque il tema della riduzione dei costi, posto sul piatto dai clienti bancari agli outsourcer. “Per questa questione, osserva Anello, occorre

capire qual è la baseline. Nell’ambito di una fornitura di servizi in outsourcing esistono infatti costi interni ed esterni. Se riduco la qualità del servizio per ridurre i costi dell’outsourcing, il cliente dovrà comunque aumentare i suoi costi interni per garantire lo stesso livello di servizio. È risparmio questo? Una baseline corretta tiene conto non solo dei costi interni ed esterni, ma anche della qualità del servizio erogato. Sulla base di una corretta baseline, Accenture ha dimostrato di potere garantire ai clienti un saving del 20-25 per cento. Sono poche le società a poter garantire queste percentuali: noi ci riusciamo perché siamo in grado di misurare ogni parte del processo, compresi il lavoro prodotto e il software”.

Trasparenza, focus sul processo e non sul taglio dei costi indiscriminato, dialogo costante con le banche: così si ragiona in casa Bassilichi, alla ricerca delle migliori soluzioni che consentano alle banche di risparmiare nel lungo periodo

E’ l’approccio che fa la differenza

Operatore a livello nazionale nell’ambito del Business Process Outsourcing, erogato in modalità full service, il Gruppo Bassilichi ha nelle banche, unitamente ad aziende ed enti della Pubblica Amministrazione, i propri interlocutori di riferimento. Dall’osservatorio di casa Bassilichi, il direttore generale Leonardo Bassilichi

intravede cambiamenti che modificheranno la struttura delle banche. “Non si può parlare solo di un momento di crisi, non sarebbe corretto. Questo è un momento di cambio strutturale che coinvolge il sistema del credito nel suo complesso. A partire dal 2008 - e i manager di oggi sono gli stessi di allora, dunque hanno ben presente la situazione - le banche hanno subito uno shock culturale molto forte: si sono accorte di poter morire. Da qui il tentativo, interpretato da ogni player in modo diverso, di tagliare i costi in funzione della sopravvivenza. Il problema è che dietro questo spasmodico impegno, un po’ estemporaneo, spesso non esiste un metodo industriale”. Da questo approccio deriva, a cascata, anche l’atteggiamento dei diversi outsourcer, che forniscono risposte a seconda dei punti di vista che si trovano a vivere e a condividere (con le banche). “Il riflesso per Bassilichi? Avere di fronte due tipologie di interlocutori: quelli che hanno una visione di breve periodo e che richiedono sostanzialmente di essere aiutati a tagliare i costi e poi quelli – in numero minore – in grado di avere visioni di medio raggio. Con questi soggetti è effettivamente possibile porre in essere operazioni intelligenti, che non puntino solo a far spendere meno, ma che ragionino in ottica di processi da rendere più efficienti”.

Il cuore è il processo

Oltre al risparmio hic et nunc, alle economie di scala e a progetti industriali eventualmente da porre in essere, Bassilichi è in grado di portare nelle banche un nuovo modo di pensare e agire in base al quale il presidio dei processi e la loro regia complessiva rimangono agli istituti, mentre viene esternalizzata la realizzazione concreta delle attività che non portano valore. Il discorso vale per le attività di incasso-pagamento, ma anche per la vasta area dei sistemi informativi. “Per noi sono un mero strumento, dice Bassilichi, ma la banca li considera un asset da mantenere

Leonardo Bassilichi, direttore generale del Gruppo Bassilichi

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al proprio interno. Al punto che alcuni player stanno pensando di ottenere dei ricavi - non riuscendo a tagliare i costi - vendendo soluzioni It e fungendo in questo modo da centro servizi. Ancora non è facile capire se e quanto avrà successo questa tendenza”.

Più che il risparmio vale il dialogo

Per riuscire a mantenere un elevato livello di servizio pur in un mercato in contrazione e desideroso di tagliare dove possibile, Bassilichi ha studiato una formula di contratto per i suoi dipendenti che li inquadra come metalmeccanici, potendo godere in questo modo di elasticità e dinamicità. “Non facciamo altro che fare riferimento all’articolo 3 del contratto nazionale del settore - Attività complementari e/o accessorie appagabili – che stabilisce quali attività possono essere svolte all’interno della banca. Il nostro compito è pungolare le banche perché si attivino per esternalizzare ciò che è consentito. A ciò aggiungiamo la massima trasparenza sui servizi che vengono eseguiti dal nostro personale all’interno della

banca. In questo modo la relazione che si crea con il cliente è all’insegna del rispetto. In caso di richieste di taglio dei costi da parte delle banche, cerchiamo di allungare il periodo contrattuale e di sforzare, per quanto possibile, il nostro conto economico. A patto però che la banca cambi contestualmente la propria modalità operativa”. Come si vede, Bassilichi percorre una strada diversa da altri player, che magari delocalizzano per fare a loro volta economia: “Noi combattiamo e ci confrontiamo sul mercato, mettendo i costi in trasparenza. Ma non tutti, in questo mercato, ragionano così”. La società toscana, specializzata nelle tre aree della monetica, del back office e della sicurezza, con 1.100 risorse a disposizione, vanta oggi 518 clienti tra cui banche del calibro di Bnl-Bnp Paribas, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena e UniCredit. Il futuro? Secondo Leonardo Bassilichi vedrà gli outsourcer - i migliori e selezionati - offrirsi alle banche con servizi mix tra orizzontali e verticali: “Risulterà vincente ragionare non per singolo servizio o piattaforma verticale, ma in modo sinergico. Sarà il processo a dover guidare ogni attività bancaria”.

Cosa potrebbe chiedere una banca all’outsourcer per antonomasia, Cedacri, che vanta circa 150 clienti a cui fornisce full outsourcing, soluzioni applicative, facility management, Business Process Outsourcing, document management, e anche carte di pagamento e business information? In altri tempi avrebbe potuto chiedere strumenti per accelerare il business, distinguere l’offerta, gestire servizi non core. Oggi la situazione è diversa, e oltre al business le banche sono interessate a risparmiare. Questo è vero, spiega Andrea Pettinelli, responsabile Gestione Clienti e Sviluppo Commerciale di Cedacri, soprattutto per le realtà di piccole dimensioni, il 95% delle quali ha già esternalizzato completamente i servizi informativi. “La contingenza sta modificando le priorità. Vi è una forte tensione a livello commerciale, che si traduce in una minore marginalità garantita ai fornitori. Anche a parità di costi minori, le banche chiedono comunque a player come Cedacri di risparmiare, per essere più efficienti, ma in modo non più ordinario”. Il risparmio è una chiave di lettura molto efficace, specie se abbinata agli investimenti in tecnologia, che rappresentano, dopo il personale, la voce di costo più alta per il sistema bancario. Dunque come si può risparmiare? “In effetti ci sono alcune operazioni che possono essere poste in essere, innanzitutto sposando l’efficienza dei processi fornita dagli outsourcer. Si pensi al tema, per Cedacri di forte attualità, della gestione documentale. La tendenza è quella di arrivare alla produzione di documenti nativamente digitali. Ciò è possibile grazie all’introduzione, nelle filiali, della firma digitale che, recuperata dal cliente attraverso tablet, può contribuire a diminuire notevolmente gli altissimi costi in carta che ogni filiale genera. Va ricordato che la carta costa

decine di migliaia di euro l’anno per ogni filiale. Molte banche stanno osservando con interesse questa nuova modalità, e Cedacri a sua volta sta investendo in modo da fornire soluzioni collaudate ed efficaci”.

Dalla banca reale a quella intangibile

Dal lato clienti bancari, invece, la sfida è quella di ricercare nuovi canali che vadano ad alleggerire l’impegno degli sportelli. “Stiamo assistendo a un cambiamento di prospettiva: se, da un lato, alcuni player sino ad ora solo virtuali stanno aprendo poche e selezionate filiali, dall’altro sempre più istituti bancari retail sono interessati ad affiancare alla banca tradizionale la banca on line come nuovo canale di contatto con la clientela che consente di ridurre i costi di gestione. In questo ambito Cedacri accompagna le banche sia per quanto riguarda la tecnologia, sia i processi. Siamo pronti a seguire ogni evoluzione, anche nell’ottica di una maggiore presenza dell’e-banking”. Cosa succede, invece, dalla parte di chi non ha esternalizzato tecnologia e processi? L’imperativo resta identico, risparmiare, ma la situazione e le soluzioni sono diverse, soprattutto per gli istituti di grandi dimensioni. Dato che spostare dall’interno a un fornitore esterno per esempio applicativi e infrastrutture It può rivelarsi cosa non banale, possono essere efficaci altre forme di outsourcing come quello selettivo delle applicazioni no core e dei back office. Il percorso, sostiene Pettinelli, è ineluttabile, sono i numeri a dimostrarlo. “Chi ha l’It centralizzato in house spende, per la tecnologia, dal 30 al 50% in più rispetto a una banca che abbia esternalizzato gli stessi sistemi. Risparmiare dunque si sposa perfettamente con

La pressione sulle banche che deriva dall’attuale scenario di mercato, sottolinea Andrea Pettinelli di Cedacri, sta modificando le loro priorità. “Anche a parità di costi minori, le banche chiedono comunque a player come Cedacri di risparmiare, per essere più efficienti, ma in modo non più ordinario”

La via dell’efficienza

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la scelta dell’outsourcing. Tanto più che negli ultimi anni, proprio a causa delle difficoltà finanziarie, molte banche hanno smesso di investire in tecnologia. Rimettere mano ai sistemi per modernizzarli avrebbe un costo in questo momento proibitivo. Il nostro compito in qualità di leader

di mercato è quello di convincere realtà anche di medio-grandi dimensioni che esternalizzare significa crescere in efficienza”. Le affermazioni di Cedacri sono sostenute dalla sua presenza imponente e dall’attività che svolge per conto delle banche, per un totale di 31,5 milioni di transazioni gestite giornalmente, 30mila utilizzatori del sistema informativo, 24 mila Mips di potenza elaborativa mainframe e 4mila server. La sua struttura societaria copre le diverse anime dell’outsourcing attraverso società quali C-Global (outsourcing dei processi di business), Docugest (servizi di stampa e postalizzazione), Ribes (business information), REValuta (valutazioni immobiliari), C-Card (carte di pagamento, prima in Italia ad aver ottenuto da Banca d’Italia l’autorizzazione a operare come Payment Institution) e Cedacri International, che supporta la capogruppo italiana nello sviluppo di componenti software del sistema informativo e i servizi di Bpo.

Snellire per competere

Se a monte le banche hanno sempre meno denaro da investire rispetto agli outsourcer, a valle gli outsourcer stessi sono chiamati a economie e risparmi. Cedacri ha trovato il modo di mantenersi competitivo migliorando i processi interni e creando un sito di nearshoring in Moldavia, nel quale i dipendenti (180) si occupano di servizi di Bpo e delle attività più semplici del ciclo di sviluppo del software (coding e unit testing). “Le fasi di analisi e di test finale sono mantenute in Italia, specifica Pettinelli, ma questa modalità ci permette un efficientamento significativo. Ulteriori risparmi possono poi essere ottenuti strappando ai fornitori prezzi più vantaggiosi, e in alcuni casi prevedendo soluzioni open source”.

Outsourcing

Andrea Pettinelli, responsabile Gestione Clienti e Sviluppo Commerciale di Cedacri

In un momento in cui per le banche è prioritario ridurre i costi, dice Vittorio Lombardi, amministratore delegato del Cse, i fornitori di servizi in outsourcing possono fare la differenza incrementando ulteriormente le sinergie con elevati investimenti rivolti all’efficienza

Più sinergie con le banche

C’era una volta un centro meccanografico, che oggi è invece un modello per la fornitura di servizi in outsourcing a banche, Sim, Sgr, società di cartolarizzazione e di cessione del quinto. Da oltre 40 anni, infatti, il Cse, Consorzio Servizi Bancari, accompagna le banche nel percorso dell’innovazione tecnologica: vedendole crescere, modificarsi e ora affiancandole in una nuova sfida, quella derivante dall’attuale situazione economica. La mission iniziale del Cse si è andata col tempo ampliando, anche attraverso società controllate. Il Gruppo, nel quale operano circa 800 risorse di cui circa 300 esterne, vanta oggi una rete relazionale e commerciale di oltre 120 banche. Il tema forte sul quale il Cse si sta muovendo per venire incontro alle richieste dei clienti bancari, come spiega l’amministratore delegato Vittorio Lombardi, è uno e imprescindibile: “Efficienza, efficienza, efficienza, il che significa abbassare i costi di gestione. In questo periodo le banche sono attanagliate da più criticità: i ricavi flettono, vi è l’erosione causata dalle sofferenze dei clienti e i conti

economici evidenziano gravi difficoltà”. Spetta a operatori come il Cse, peraltro di diretta emanazione bancaria, supportare gli istituti di credito, fornendo servizi a costi contenuti e mirati a incrementare l’efficienza dei processi. Già da qualche anno il consorzio di Bologna è impegnato su questo fronte. “Abbiamo investito nei processi, per fare in modo che si potesse diminuire, a parità di volumi operativi, il numero di risorse utilizzate. Abbiamo innanzitutto ripensato i processi di filiale, su cui impatta oltre il 60% delle risorse della banca, per gestire in modo più efficiente ed efficace il front office, operando in maniera più rapida e precisa anche in ambito compliance; abbiamo poi operato per l’efficientamento di tutte le attività di back office e in modo particolare per tutte le attività relative alla gestione delle pratiche sospese”. Contemporaneamente sono stati ripensati anche i canali di e-banking, in modo da attrarre sempre più i clienti verso questi servizi di “banca fai da te”; questo ha permesso di sgravare gli sportelli da molte operazioni elementari. “Per quanto

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riguarda l’erogazione e la gestione dei crediti, prosegue Lombardi, altra attività in banca che impegna molte risorse, abbiamo sviluppato specifici workflow di processo e diversi strumenti per la gestione e il monitoraggio dei crediti, nei quali è stato fatto largo uso di strumenti di Business Intelligence. Anche il rischio è monitorato e previsto. Sono stati effettuati rilevanti investimenti in ambiente datawarehouse e creati diversi data mart con i quali gli operatori delle banche possono navigare trasversalmente le informazioni con viste mirate a specifici utilizzi. È stata sviluppata l’applicazione rivolta allo sviluppo commerciale e all’analisi comportamentale dei clienti - il Crm - ma sono stati sviluppati anche strumenti di analisi dei rischi con indicatori di deterioramento di un rapporto, come l’applicazione dei controlli a distanza. Inoltre, prosegue Lombardi, sono stati sviluppati anche data mart del credito e della finanza, così come nuove applicazioni per la gestione del budget integrato con il ciclo passivo e la nuova applicazione per il controllo di gestione che, unitamente al budget, è in questo momento, più che mai, strumento essenziale per monitorare l’andamento della banca”.

Verso la banca “leggera”

Il Cse ha completato la propria offerta di servizi al mondo bancario integrando l’outsourcing informatico con i servizi di consulenza funzionale e organizzativa e con la formazione, oltre a tutti i servizi di gestione della materialità, di logistica e tutti i servizi di back office. Oggi fornisce servizi di outsourcing informatico a banche che hanno oltre 200 miliardi di massa gestita, mentre per quanto riguarda la gestione della materialità vengono gestiti oltre 8.400 sportelli. “Il Cse investe, ogni tre anni, 50 milioni di euro in sviluppo di nuove

applicazioni e tecnologia e questo permette di fornire alle banche utenti soluzioni altamente specialistiche e innovative coniugate con elevati livelli di servizio. La gran parte delle applicazioni viene sviluppata internamente anche con partner di elevato standing, elemento questo che permette di sfruttare i vantaggi derivanti da una elevata integrazione e di fornire sempre risposte rapide, efficaci e con costi contenuti a qualsiasi tipo di esigenza”. Il Cse ha affilato dunque le armi, in questi anni. E le banche? Hanno cercato, e stanno cercando – sempre in ottica di “efficientamento massimo” – di andare verso un modello di banca “leggera”. “Il che significa non solo esternalizzare i servizi It, ma anche tutti i servizi di back office. L’evoluzione è solo in parte frenata dai vincoli in materia normativa e contrattualistica, dalle nuove regole di pensionamento e dagli esuberi che si stanno creando, specialmente nei gruppi bancari maggiori”.

Quando il margine si riduce

Le banche richiedono sempre più al Cse servizi con costi più contenuti, quindi con marginalità che diventeranno sempre più ridotte. “A questo noi possiamo rispondere solo ‘efficientandoci’ a nostra volta sempre di più. La mission aziendale del Cse è fornire ai propri soci e utenti i migliori servizi ai costi più contenuti. Quindi sarà nostro compito, anche per il 2012, aiutare le banche a superare questa fase che presenta difficoltà elevatissime. Per il 2011 abbiamo ridotto sensibilmente i costi delle banche rispetto all’esercizio 2010 e prevediamo di praticare un’ulteriore riduzione del listino servizi per il 2012. Continueremo, inoltre, a cooperare con i nostri utenti per essere sempre presenti al loro fianco con la nostra struttura e i nostri servizi”.

Vittorio Lombardi, amministratore delegato del Cse

Il modello di banca “leggera” significa non solo esternalizzare i servizi It, ma anche tutti i servizi di back office. L’evoluzione è solo in parte frenata dai vincoli in materia normativa e contrattualistica, dalle nuove regole di pensionamento e dagli esuberi che si stanno creando, specialmente nei gruppi bancari maggiori

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Ibm è una di quelle realtà imprenditoriali che, pur nascendo a vocazione prettamente It, negli anni ha sviluppato un approccio al mercato che mira a promuovere, nel caso delle banche, un ruolo per It e Operazioni in grado di sostenere il raggiungimento degli obiettivi di business dell’intero gruppo bancario. In questo periodo nel sistema bancario stanno emergendo sentiment diversi: il desiderio di maggiore efficienza e all’abbassamento dei costi si unisce alla ricerca di una crescita complessiva. Allo stesso tempo, nuovi problemi si affacciano all’orizzonte, e si chiamano ridondanza delle risorse da ottimizzare, scarsa liquidità, ricapitalizzazione. “Se questo è il contesto, spiega Lucio Marcandelli, Outsourcing Business Development Executive, Ibm Italia, i fornitori delle banche devono ripensare la propria strategia e provare a ragionare in termini di discontinuità con l’esistente. L’outsourcing, in questo discorso, rappresenta ancora un valido punto fermo, uno strumento utilizzato storicamente per fare efficienza. Circa il 90% dei gruppi bancari fa ricorso a forme di outsourcing, nei più svariati ambiti, dall’infrastruttura, ai servizi, alla contabilità, alla formazione, ai sistemi di pagamento. A essere esternalizzati sono tipicamente le componenti non differenzianti. Un approccio del genere potrebbe essere, nel prossimo futuro, non più sufficiente. Oggi è diventato essenziale, infatti, non solo abbassare i costi, ma creare un progetto di trasformazione, in grado di modificare strutturalmente il modello operativo in logica industriale per far crescere la competitività delle banche”. Ecco perché non è difficile ipotizzare una sempre più stretta relazione tra banca e fornitore, in ottica di partnership. La differenza col passato? Che i fornitori di riferimento saranno pochi. “Mentre oggi il cliente esternalizza selettivamente, legandosi a molti outsourcer dei quali mantiene il presidio e il controllo, domani ci saranno pochi fornitori di riferimento che aiuteranno la banca a perseguire gli obiettivi del proprio piano industriale. Fornitori, s’intende, con un commitment molto forte”. Un altro futuro trend individuato da Marcandelli è invece di tipo sistemico, con le banche impegnate a mettere a fattor comune diverse aree, non differenzianti, ed efficientare i processi e risparmiare attraverso iniziative di sistema. “Se l’obiettivo cogente delle banche in questo periodo è ottenere forti risparmi, questo risultato può essere conseguito esternalizzando strutture e processi dimensionalmente rilevanti. Si pensi alla gestione ormai codificata all’esterno dei data center, sicuri e affidabili, mercato nel quale Ibm è presente a livello mondiale, o ad altri processi come ad esempio quelli necessari per industrializzare il processo di testing delle applicazioni, oggi ancora eseguito con logiche verticali, introducendo un modello di gestione basato su un approccio di tipo orizzontale”.

E poi ci sarebbe il cloud

Al comparire del termine “cloud”, gli esperti ancora oggi non sono certi se parlare di outsourcing o meno. Di sicuro si tratta già di un nuovo modello cui ispirarsi. “Certamente non si può ad oggi pensare di estendere il cloud a ogni componente del sistema bancario, precisa Marcandelli; tuttavia, come anche suggerito dall’Abi, siamo in presenza di un trend che va indagato e correlato all’attenzione che le banche hanno nei confronti della privacy dei dati e della loro sicurezza”. In questa fase di cambiamento, e di avvicinamento anche culturale al cloud computing, è il concetto di “dato dematerializzato” che dovrà essere accettato, in funzione di un suo migliore utilizzo. “A nostro parere, il cloud è applicabile ad aree selezionate e ben standardizzate del sistema bancario. L’avvicinamento culturale cui si è appena accennato viaggia in parallelo con un percorso che possiamo anche definire operativo e strategico. In sostanza, Ibm suggerisce agli istituti interessati di disegnare una roadmap di avvicinamento

Dal cloud ai datiOgni ragionamento in ottica evolutiva dell’outsourcing bancario, spiega Lucio Marcandelli di Ibm Italia, ha come prerequisito una buona gestione dell’enorme mole di dati che le banche hanno acquisito nel corso degli anni, unita alla capacità di elaborare quantità impressionanti di dati esterni che la società dell’informazione rende quotidianamente disponibili

Lucio Marcandelli, Outsourcing Business Development executive di Ibm Italia

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Speciale

al cloud per individuare gli ambiti eleggibili, di processo, applicativi o infrastrutturali, escludendo quelli considerati assolutamente differenzianti rispetto ai competitor, che restano di esclusiva pertinenza delle banche. Fanno parte ad esempio di questo mondo che può essere sposato al cloud applicazioni e aree quali il mailing, la videoconferenza, alcune aree delle risorse umane e alcuni ambiti infrastrutturali”.

Il prerequisito? La Business Analitycs

L’implementazione del cloud computing genererà cambiamenti anche nell’atteggiamento dei fornitori, che dovranno, a fronte di una forte complessità, garantire una capacità evoluta e competenze di settore. A emergere vincitori saranno i fornitori in grado di integrare e orchestrare workload di diverso tipo e di portare in dote,

all’intero processo organizzativo della banca, affidabilità e serietà attraverso la capacità di impegnarsi su risultati e performance attesi. “Dobbiamo precisare, conclude Marcandelli, che ogni ragionamento in ottica evolutiva dell’outsourcing bancario, che si tratti di cloud o di cambiamenti sistemici ha come prerequisito una buona gestione dell’enorme mole di dati che le banche hanno acquisito nel corso degli anni, unita alla capacità di elaborare quantità impressionanti di dati esterni che la società dell’informazione rende quotidianamente disponibili. L’importanza delle Business Analitycs è fondamentale. La grande ricchezza di dati in possesso delle banche può e deve trasformarsi in informazioni di qualità, gestibili e fruibili in modo da diventare asset per il business. Proprio per questo Ibm ha fortemente investito negli ultimi tempi in questo ambito, acquisendo aziende specializzate nell’analisi e gestione dei dati”.

“Sotto il ponte” dell’esperienza di Sec Servizi, costituitasi in forma di società consortile per azioni fra istituti bancari nel 1972, è passata negli anni tantissima acqua, sotto forma di relazioni, richieste dei clienti e dei soci, cambiamenti culturali e di approccio al business, concentrato oggi nell’offerta di servizi informativi in outsourcing. I numeri parlano di 40 clienti, 15mila terminali collegati, 1.400 filiali, 2.500 promotori finanziari e 300 negozi finanziari che oggi usano le soluzioni del consorzio. Si tratta di un buon punto di partenza per capire, insieme al vicedirettore generale di Sec Paolo Pecchiari, come si sta evolvendo l’outsourcing bancario. Pecchiari elenca i trend che coinvolgeranno le banche nel prossimo futuro: “Le banche si dovranno sempre più concentrare sugli aspetti relazionali e commerciali. Già oggi i nostri interlocutori ci chiedono - e sarà sempre più così - un outsourcing non solo informatico, ma anche organizzativo e di supporto alla normativa. Le banche non si possono più permettere di sprecare risorse in queste aree. Ciò è evidente non solo per le piccole realtà, ma anche per le banche di più grande calibro, che oggi non sono più nella condizione di dedicare tempo e risorse a seguire sia gli aspetti di organizzazione che la compliance alle normative”. È cosa nota, infatti, che le piccole realtà, specie se popolari, vivendo radicate sul territorio, sono più attrezzate in termini di efficienza. Saranno invece le grandi realtà a faticare maggiormente, provenendo da un periodo e da una prassi che voleva che “la dimensione” risolvesse ogni problema. “Diventa così essenziale che gli outsourcer come Sec Servizi si propongano come fornitori di un servizio a 360 gradi. Ecco perché ci stiamo attrezzando per fornire una risposta adeguata creando al nostro interno strategie per la gestione

La risposta all’impasse delle bancheEsternalizzare gli ambiti commerciali e l’organizzazione per snellire i processi: solo in questo modo, secondo Paolo Pecchiari di Sec Servizi, le banche supereranno il momento di difficoltà, ritrovando serenità sul mercato

Paolo Pecchiari, vicedirettore generale di Sec Servizi

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organizzativa, la compliance e il back office bancario. Alla base resta comunque sempre la competenza tecnologica”. Sec Servizi si presenta come fornitore di servizi per ogni genere di istituto di credito. Suoi clienti sono, tra gli altri, la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ma anche la Banca di Credito Popolare e la Banca Popolare dell’Alto Adige. “La nostra clientela è composita, spiega Pecchiani, e va dalle piccole realtà a quelle con oltre di 500 sportelli. Siamo in grado di seguire ogni banca, attraverso la realizzazione di progetti complessi e forti personalizzazioni. Sec Servizi è, in questo senso, un puro service integrator, che unisce il meglio dell’offerta tecnologica del mercato in ogni area, con un sistema che arriva a essere simile a quello delle grandi banche”.

Comprare dalle banche, perché no?

L’idea che un domani le grandi banche si possano coordinare e mettere a fattor comune servizi non core, eventualmente anche vendendoli, non dispiace a Pecchiari- “In quanto service integrator e venditori di servizi a valore aggiunto, valutiamo positivamente ogni nuova offerta del mercato, l’importante è che le soluzioni proposte siano di buona qualità e a costi ragionevoli. Non ritengo però praticabile questa strada: oltre ad rendere disponibili buoni prodotti da utilizzare, è poi necessario che questi prodotti vengano venduti e gestiti per i clienti. Se grandi realtà bancarie mettessero però a disposizione del sistema commodity pure, per esempio Pc, Atm, servizi di reti telematiche, non avremmo problemi ad acquistarli. Anche perché l’acquisto in qualità di consorzio potrebbe rivelarsi conveniente”.

Il futuro prospero dell’outsourcing

Il momento è difficile, in molti casi il mondo dell’outsourcing si vede richiedere un abbassamento dei costi, a fronte degli stessi servizi erogati. Nel caso di Sec Servizi, è lo stesso consorzio ad agire, abbattendo di qualche punto percentuale ogni anno i costi: “Questo per mission, perché in quanto consorzio non siamo chiamati a fare utili, ma appunto a venire incontro a soci e clienti, cercando di strappare a nostra volta i prezzi migliori ai fornitori”. Azzardare previsioni per il futuro non è semplice, ma in casa Sec Servizi, per quanto riguarda l’outsourcing, c’è molto ottimismo, dovuto al fatto che le banche dovranno sempre più concentrarsi solo sulla parte commerciale,

esternalizzando i servizi che ora mantengono all’interno. Pena gravi difficoltà economiche. “I tre-quattro player già presenti sul mercato italiano, tra cui Sec Servizi, hanno davanti grosse opportunità e un mercato in parte ancora inesplorato. Nonostante una crisi che è sia internazionale che di sistema, le banche possono appoggiarsi agli outsourcer per proseguire il loro business. Sono comunque convinto che la bufera passerà. Il sistema italiano delle banche è sano: gli istituti non hanno al loro interno titoli tossici, supereranno il momento. In queste fasi, a diventare dominante sarà il tema dell’efficientamento, e Sec Servizi può rappresentare la soluzione per migliorare il sistema bancario in quest’ottica”.

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I tre-quattro player già presenti sul mercato italiano, tra cui Sec Servizi, hanno davanti grosse opportunità e un mercato in parte ancora inesplorato. Nonostante una crisi che è sia internazionale che di sistema, le banche possono appoggiarsi agli outsourcer per proseguire il loro business. Sono comunque convinto che la bufera passerà. Il sistema italiano delle banche è sano: gli istituti non hanno al loro interno titoli tossici, supereranno il momento.

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Carriere

Carlo Messina è stato nominato

direttore generale di Intesa Sanpaolo.

Messina, 49 anni, già chief financial

officer di Ca’ de Sass dal 2008, affianca

Marco Morelli, direttore generale

responsabile della Banca dei Territori,

e Gaetano Miccichè, direttore generale

responsabile della divisione Corporate

e Investment Banking. Messina ha

iniziato la sua carriera in Bnl nel 1987,

presso la Direzione Finanza, approdando

nel 1995 al Banco Ambrosiano Veneto

come responsabile della pianificazione.

Nel corso della sua carriera nel

gruppo Intesa (poi Intesa Sanpaolo)

Messina ha ricoperto gli incarichi di

responsabile servizio Pianificazione e

Studi, responsabile direzione Controllo

Direzionale, responsabile direzione Risk

Management, responsabile area Governo

del Valore (sino al giugno 2008).

“La nomina di Carlo Messina - ha

dichiarato il consigliere delegato di

Intesa Sanpaolo Enrico Cucchiani - è

il riconoscimento del suo standing

professionale e del suo contributo alla

performance di Intesa Sanpaolo. E’ un

manager che ha svolto gran parte della

propria carriera all’interno del nostro

gruppo. Carlo Messina, con Marco Morelli

e Gaetano Miccichè, forma un team di

talento, grandi capacità manageriali e

leadership. Questi tre direttori generali

sono i pilastri fondamentali sui cui

costruiamo lo sviluppo futuro e il

successo della nostra banca”.

Intesa Sanpaolo

Carlo Messina, direttore generale di Intesa Sanpaolo

Axa Investment ManagersLaurent Seyer è il nuovo global head of

Investment Solutions di Axa Investment

Managers. La sua nomina sarà efficace

a partire dal 2 maggio 2012. Seyer farà

parte del CdA di Axa IM e riporterà

direttamente all’amministratore delegato

Dominique Carrel-Billiard.

Seyer ha iniziato la sua carriera nel 1988

presso Société Générale nel dipartimento

di Internal Audit and Advisory. Nel 1995

è stato alla guida di svariati progetti di

acquisizione per conto della società.

Nel 1997 è entrato a far parte del

dipartimento di Corporate Finance di

Londra, in qualità di responsabile delle

istituzioni finanziarie. Nel 1999 è entrato

a far parte del team Equity Derivatives,

all’interno della divisione Corporate &

Investment Banking di Société Générale,

e ha lanciato la filiale specializzata in

life insurance paneuropea Inora Life

Ltd appartenente alla società, che offre

prodotti strutturati unit-linked, per poi

diventare responsabile commerciale

per la filiale svizzera nel 2003. Nel

maggio 2006, Seyer è stato nominato

amministratore delegato di Lyxor Asset

Management.

Laurent Seyer, global head of Investment Solutions di Axa Investment Managers

Banca Cesare PontiAntonia Babbini è la nuova responsabile

gestioni patrimoniali di Banca Cesare

Ponti, private bank del Gruppo Carige

attiva principalmente in Lombardia.

Babbini, 43 anni, analista finanziaria Cfa

e Ciia, vanta una significativa esperienza

in Ubs Italia, dove ha lavorato dal 1996

a oggi, dapprima in qualità di Portfolio

manager con l’incarico di responsabile

della componente obbligazionaria e,

successivamente, con la qualifica di

senior advisor. La nomina di Babbini si

inquadra nella precisa volontà di Banca

Cesare Ponti di consolidare ulteriormente

il servizio Gestioni Patrimoniali con la

promozione di una figura professionale

dalla consolidata esperienza nel settore.

Antonia Babbini, responsabile gestioni patrimoniali di Banca Cesare Ponti

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43

Carriere

Pascal Duval è stato designato chief

executive officer di Russell Investments

per l’area Emea (Europa, Medio Oriente

e Africa). Prende il posto di Len Brennan,

che a giugno aveva assunto la qualifica di

presidente e Ceo di Russell Investments

a livello globale. Duval, classe 1962, ha

fatto il proprio ingresso in Russell nel

1994, occupandosi inizialmente dello

sviluppo della sede di Parigi. In seguito

ha ricoperto diverse posizioni a livello

internazionale, tra cui responsabile della

clientela istituzionale e responsabile

per le partnership e gli accordi di

distribuzione. Inoltre, in questi 17 anni,

Duval ha supervisionato diverse attività

a supporto di fondi pensione, compagnie

assicurative e soggetti pubblici. Ha infine

gestito relazioni strategiche in diversi

mercati europei per lo sviluppo dei fondi

multi-manager di Russell. Prima del suo

ingresso in Russell Investments, Duval è

stato in WatsonWyatt a Parigi dal 1990 al

1994 all’interno della divisione dedicata

all’asset management. Dal 1985 al 1989,

ha ricoperto invece il ruolo di trader su

commodity e valute presso Riz et Denrées,

società internazionale di negoziazione

sulle materie prime.

Russell Investments

Pascal Duval, chief executive officer di Russell Investments per l’area Emea

Federico Musso è stato nominato

direttore commerciale di Prisma Sgr.

Musso, 40 anni, vanta un’esperienza

più che decennale nel settore della

finanza immobiliare, nel cui ambito

ha curato l’istituzione, costituzione e

gestione di fondi per un controvalore

di oltre 3,7 miliardi di euro. Dopo una

prima esperienza in Patrigest (Gruppo

Gabetti), nel 2000 Musso entra in

Deutsche Bank Fondimmobiliari Sgr,

dove ricopre il ruolo di asset manager e

di responsabile dell’area immobiliare. Nel

2005 passa a First Atlantic RE Sgr (oggi

IDeA Fimit), dove inizialmente assume

la carica di direttore di fondi e in seguito

di direttore generale. Nel luglio 2011,

entra in Zero Sgr a rafforzare il team di

investment management della società.

Ha inoltre svolto l’attività di professore a

contratto presso la facoltà di Economia

dell’Università di Parma. La promozione

di Musso si inserisce nell’ambito della

nuova struttura manageriale - operativa a

seguito della fusione per incorporazione

di Zero Sgr in Prisma Sgr – che si è

recentemente rafforzata con gli ingressi

di Paolo Rela, responsabile delle

Gestioni Immobiliari, Alberto Pandolfi,

responsabile Amministrazione e Finanza,

e Cristiano Carraroli, responsabile

Strategia, Sviluppo e Comunicazione.

Prisma Sgr

Federico Musso, direttore commerciale di Prisma Sgr

Bpm

Piero Montani, consigliere delegato della Banca Popolare di Milano

Piero Montani è il nuovo consigliere delegato della Banca Popolare di Milano. Lo ha

nominato all’unanimità il Consiglio di Gestione dell’istituto. Montani, classe 1954, ex

amministratore delegato di Antonveneta e amministratore delegato della Banca del

Sud dallo scorso agosto, è entrato contestualmente nel Consiglio di Gestione di Bpm

(con votazione unanime da parte del Consiglio di Sorveglianza) in sostituzione del

dimissionario Claudio De Conto. La nomina di Montani, afferma una nota ufficiale di

Piazza Meda, “è stata deliberata dal Consiglio di Sorveglianza e dal Consiglio di Gestione

in coerenza con lo scopo cooperativo e con il fine di assicurare alla banca un elevato

profilo professionale e di comprovata esperienza manageriale nel settore bancario utile a

preservare e rafforzare l’autonomia, l’indipendenza e il prestigio dell’istituto”.

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Fabrizio Viola è il nuovo direttore

generale del Monte dei Paschi di Siena.

Sostituisce Antonio Vigni, alla guida di

Rocca Salimbeni dal 2006, “che con

grande senso di attaccamento all’azienda

ha manifestato la propria disponibilità

a risolvere in maniera consensuale il

proprio rapporto di lavoro rimanendo a

disposizione comunque per eventuali

incarichi”. Viola, 53 anni, romano, è stato

direttore generale della Banca Popolare di

Milano dal settembre 2004 al settembre

2008 prima di essere nominato

amministratore delegato della Banca

Popolare dell’Emilia Romagna. Dal 2005,

inoltre, è consigliere d’amministrazione

e membro del comitato esecutivo

dell’Istituto Centrale delle Banche

Popolari Italiane e di Asam, Associazione

per gli Studi Aziendali e Manageriali.

Viola ha in seguito assunto la carica di

presidente di Aicib, Associazione Italiana

Corporate & Investment Banking. Nel

2006 è diventato membro del consiglio

di amministrazione di Fiera Milano SpA.

Nella prima parte della sua carriera,

Viola ha lavorato in importanti società

del settore della consulenza e della

finanza per poi entrare nel settore

dell’asset management, assumendo

la responsabilità della gestione di

alcuni fondi comuni di investimento

di dimensione internazionale. Tra le

esperienze professionali più rilevanti,

l’ingresso nel 1987 nel Gruppo Imi,

nell’ambito del quale è stato direttore e

responsabile del portafoglio azionario

italiano delle gestioni patrimoniali private

e istituzionali presso Sige. Nel 1990 entra

nel Gruppo Fondiaria e, nel 1995, entra

nel Gruppo Bpm, come vicedirettore

generale e direttore Investimenti in Ges.

Fi.Mi SpA, responsabile dell’attività di

asset management del Gruppo Banca

Popolare di Milano. Dopo un’esperienza di

circa tre anni come vicedirettore generale

della Banca Popolare di Vicenza, rientra

nell’ottobre 2001 nel Gruppo Bpm con il

ruolo di condirettore generale e membro

del CdA di Bipiemme Gestioni Sgr. Nel

2002 assume la carica di direttore

generale della medesima società.

Carriere

Fabrizio Viola, direttore generale del Monte dei Paschi di Siena

Mps

Il Consiglio di Gestione di Ubi Banca

ha designato Francesco Iorio nuovo

direttore generale dell’istituto. Iorio, che

sostituisce il dimissionario Graziano

Caldiani, assumerà la carica a partire

dal 1° maggio 2012. A partire dalla stessa

data, Elvio Sonnino ricoprirà invece la

carica di vicedirettore generale vicario.

Il Consiglio di Gestione ha approvato

inoltre la nuova struttura organizzativa

di capogruppo, “ispirata a criteri di

massima semplificazione e di ordinata

gestione del Gruppo attraverso pochi

essenziali riporti”. In pratica, partire

dal 1° febbraio 2012, riporteranno al

consigliere delegato Victor Massiah le

quattro strutture di supporto strategico

e di controllo (Cro, Cfo, Ir e Affari

Societari) mentre saranno in linea alla

direzione generale le strutture relative

ai ricavi (Affari), ai costi (Operations)

e ai crediti (Crediti). Nel dettaglio, le

responsabilità sono state attribuite

come segue: dal 1° febbraio al 30 aprile

2012 Francesco Iorio assumerà la

responsabilità della macroarea Affari

con la carica di vicedirettore generale

vicario; dal 1° febbraio 2012 Elvio

Sonnino assumerà la responsabilità della

macroarea Operations; dal 1° maggio

2012 la macroarea Affari sarà guidata a

Rossella Leidi, mentre Elisabetta Stegher

assumerà il ruolo di Cfo di Gruppo,

Mauro Senati e Giovanni Lupinacci sono

stati confermati rispettivamente Cro di

Gruppo e responsabile della macroarea

Crediti; infine Ettore Medda è stato

nominato responsabile della macroarea

Affari Legali, Societari, Partecipazioni e

Operazioni Straordinarie.

Ubi Banca

Francesco Iorio, direttore generale in pectore di Ubi Banca

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Carriere

Banca&Mercati Vuoi comunicarci gli eventi in programma nelle prossime [email protected]

Si rafforza la struttura italiana di Rbc

Dexia Investor Services. Riccardo

Dalfiume ha assunto la qualifica di

Relationship director, mentre Moris

Pranio è stato nominato Bid Manager.

Dalfiume, che proviene da Bnp Paribas

Securities Services, dove per circa un

decennio ha ricoperto la funzione di

Relationship manager per gli investitori

istituzionali, coordinerà le attività legate

al mantenimento e allo sviluppo della

clientela istituzionale. Riporterà al

direttore generale Mauro Dognini. Pranio,

in qualità di Bid manager, sarà invece

il responsabile della pianificazione e

della gestione di offerte complesse e del

coordinamento e della strutturazione

delle soluzioni proposte. Anche Pranio,

che riporterà a Dognini e a Duncan

Lowman, senior manager responsabile

della funzione Sales Enablement a

livello globale, è in arrivo da Bnp Paribas

Securities Services, dove nell’arco di un

periodo di sette anni ha ricoperto diversi

ruoli in ambito project management

volti all’integrazione di nuovi progetti di

business della clientela. Prima del suo

ingresso in Rbc Dexia, ricopriva la carica

di senior project manager per le attività

sui prodotti derivati Otc. “Siamo certi

che questi due nuovi ingressi di così

alto profilo, ha commentato Dognini,

rappresentino un’ulteriore conferma della

nostra volontà di crescita sul mercato

italiano e dell’importanza che l’Italia

ormai riveste nelle strategie globali di Rbc

Dexia Investor Services”.

Rbc Dexia

Mauro Dognini, direttore generale di Rbc Dexia Investor Services Italia

Il CdA della Banca Popolare dell’Emilia

Romagna ha deliberato all’unanimità la

cooptazione in consiglio di Luigi Odorici e

la sua nomina ad amministratore delegato.

Odorici, che sostituisce il dimissionario

Fabrizio Viola, mantiene anche la carica di

direttore generale dell’istituto. Modenese,

63 anni, Odorici lavora nel Gruppo Banca

Popolare dell’Emilia Romagna da oltre

35 anni. Siede inoltre nei consigli di

amministrazione di diverse società,

controllate e partecipate in rappresentanza

di Bper. Il CdA di Bper ha inoltre deliberato

la costituzione di un Comitato Strategie,

alla cui presidenza è stato designato

Giuseppe Lusignani. “La nomina di Luigi

Odorici, dichiara il presidente dell’istituto

Ettore Caselli, si pone in linea di continuità

con il lavoro sviluppato negli ultimi anni

dall’amministrazione e valorizza una

risorsa che gode di ampia considerazione

per le sue indiscusse competenze

professionali e per la sua profonda

conoscenza del nostro Gruppo. Odorici

saprà valorizzare la qualità della relazione

con soci e azionisti e avrà l’impegnativo

compito di sviluppare il nuovo piano

industriale triennale 2012-2014”.

Bper

Luigi Odorici, amministratore delegatodi Bper

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Non è una novità che il business di chi, come Wincor Nixdorf, opera sul mercato degli Atm e delle soluzioni self-service destinate al mercato bancario e al retail, stia cambiando pelle. Tuttavia negli ultimi due anni, complice la recessione economica e la progressiva saturazione del mercato sul lato hardware, questa trasformazione dal modello hardware-centrico a un business sempre più focalizzato sui servizi a valore aggiunto e sulla consulenza, ha avuto indubbiamente un’accelerazione. La conferma viene dai dati di bilancio di Wincor nel 2010-2011, che oltre a testimoniare la buona tenuta del gruppo nonostante la congiuntura quanto mai complicata (+4% del fatturato a livello globale) provano in effetti la crescita di redditività della componente software e servizi: +6,4% del fatturato nel 2010-2011 contro un modesto +1,7% dell’hardware. “Questo trend vale ancora di più per l’Italia, conferma Stefano Salteri, amministratore delegato di Wincor Nixdorf Italia, dove nel 2011 abbiamo consolidato la composizione del nostro business con la valorizzazione dell’area servizi e software/consulenza, passati rispettivamente al 55% e al 19% del totale. In sostanza, oggi Wincor si sta posizionando sul mercato sempre più come service solution provider”.

Servizi, sicurezza e nuovi mercati

Sulla base di questo scenario, appare più che logico l’orientamento a focalizzarsi nel 2012 sempre di più sui servizi sia in ambito banking che retail, nonché su soluzioni di sicurezza in grado di coprire l’intero processo di gestione del rischio. “L’effetto crisi nel nostro Paese, dice Salteri, sta generando una maggiore domanda di outsourcing da parte delle aziende con l’obiettivo di limitare i costi. Questo vale sia a livello di soluzioni che di servizi. A livello trasversale, sul mercato banking e quello retail, riscontriamo l’esigenza crescente di ottimizzare la gestione del contante. Molto è stato già fatto in questo senso, ora la nuova frontiera consiste nell’incrementare la sicurezza dei processi fisici collegati al cash management. Quanto sia attuale questa necessità per tutto il Sistema Paese è testimoniato dalle stime dell’Abi, che valutano il costo di gestione del contante in Italia attorno ai 10 miliardi di euro all’anno”. Altro tema chiave del 2012 per Wincor è l’apertura a nuovi mercati. Non più solo banking e retail, dunque, ma anche Petrol, Fashion, Pa. “In questi mercati, sottolinea Salteri, Wincor proverà a veicolare i propri tratti distintivi: automazione del punto vendita, valorizzazione della multicanalità e della shopping experience, ottimizzazione del cash management”.

Il nuovo partner More One

Va letta in questa logica anche la partnership commerciale che Wincor ha recentemente siglato con More One, solution provider per il settore bancario, della Pubblica Amministrazione e delle utilities con una presenza ventennale sul mercato italiano. Da gennaio More One, che è anche distributore Teradata per il mercato italiano (e quindi è in grado di fornire soluzioni in ambito Crm e datawarehouse), è partner esclusivo di Wincor Nixdorf in Italia, facendosi promotore e consulente delle soluzioni e dei servizi Wincor presso i propri clienti. More One opera in particolare nel Centro-Sud sul segmento delle banche medio-piccole (15 milioni di fatturato nel 2010) attraverso una rete di 12 commerciali. “Abbiamo deciso di intraprendere questo nuovo percorso, spiega Damiano Lucio Solida, presidente di More One, perché siamo convinti che l’innovazione delle soluzioni Wincor Nixdorf possa rappresentante, per gli istituti bancari, un elemento di valore su cui investire e crescere. La nostra capacità di fidelizzare i clienti insieme alla qualità della tecnologia Wincor Nixdorf saranno gli elementi distintivi di questa

Storie di business

Focus sui servizi sia in ambito banking che retail, su soluzioni di sicurezza in grado di coprire l’intero processo di gestione del rischio e sull’apertura a nuovi mercati (inclusa la Pa) grazie anche alla partnership con More One. Questa la strategia 2012 per il mercato italiano di Wincor Nixdorf

Così si diventa service solution provider

Damiano Lucio Solida, presidente di

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partnership. Occorre tenere presente, aggiunge Solida, che oggi il 70%dei contatti fra la banca e il cliente passa attraverso il canale self-service. Questo significa che una delle sfide più importanti che hanno di fronte le banche è

quella di trasformare gli Atm da centro di costo e motore di profitto, tramite soluzioni orientate alla vendita di servizi alla clientela finale e in grado di procurare nuova clientela alla banca”.

Storie di business

Stefano Salteri, amministratore delegato di Wincor Nixdorf Italia

Sicurezza: le nuove soluzioni targate Wincor

Per quanto riguarda la sicurezza fisica, si segnala la cassaforte anti-esplosione per gli Atm fronte strada. Si tratta della prima soluzione nativa certificata sul mercato. Wincor Nixdorf ha inoltre sviluppato una nuova soluzione per resistere anche agli attacchi esplosivi solidi. E’ disponibile inoltre un nuovo sistema anti-skimming in grado di rilevare e disturbare i dispositivi fraudolenti posti sulla bocchetta della carta Bancomat, un sensore per evitare la collocazione di shutter falsi davanti alla bocchetta di erogazione del contante, e una soluzione per monitorare, attraverso l’utilizzo di fotocamere intelligenti, le bocchette di erogazione del denaro e di inserimento della carta. Nell’ambito della sicurezza logica, invece, l’offerta Wincor include l’Intrusion Protection per la protezione da intrusioni esterne, che consente di utilizzare un solo prodotto software per proteggere tutte le aree, e l’Access Protection per il controllo degli accessi consentiti. E’ disponibile inoltre un sistema innovativo per la correlazione degli eventi fraudolenti provenienti da fonti differenti e uno specifico programma di affiancamento delle banche per il controllo continuativo del livello di sicurezza e l’individuazione delle misure di protezione da adottare.

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Storie di business

Massimiliano Monfreda, amministratore delegato di Kedrios, legge il mercato bancario alla luce dello scenario degli ultimi mesi: il Business Process Outsourcing è il nuovo campo di prova della modernità del settore finance, chiamato a innovare per portarsi al passo degli altri paesi europei

Massimiliano Monfreda, amministratore delegato di Kedrios

Oggi parte del gruppo Xchanging - tra i maggiori business process outsourcer globali e indipendenti - Kedrios opera in realtà da dieci anni sul mercato finanziario del nostro Paese. Da febbraio dello scorso anno la società ha un nuovo amministratore delegato, Massimiliano Monfreda, 43 anni, un’esperienza maturata sia nell’ambito della consulenza manageriale che nell’area delle operations. Accompagnare la propria clientela, per Kedrios, significa trovare strumenti, soluzioni, processi in grado di far competere sui mercati internazionali e nazionali le istituzioni finanziarie. Clienti di Kedrios sono le banche retail, le banche depositarie, Sgr e Sim. “Il focus di Kedrios, in questo periodo, spiega Monfreda, si concentra sulle Sgr. A queste realtà siamo in grado di proporre un’offerta completa, facendo leva sulla combinazione degli asset, informatico e di Bpo, che possiamo vantare. A questo proposito, recentemente abbiamo concluso un contratto di questo genere, che per la prima volta in Italia fornisce a una Sgr un servizio a 360 gradi”.

Far ripartire le Sgr

Quello delle Sgr è un mercato potenzialmente molto

interessante, per Kedrios. Occorre infatti precisare che negli ultimi anni il settore del risparmio gestito si è trovato in difficoltà; le banche hanno avuto problemi di liquidità, e gli specialisti si sono concentrati su altri obiettivi di più stringente attualità. Oggi la scommessa è questa: “Spingere sulla ripresa del mercato gestito, aiutando le Sgr a ottenere efficienze di costo”. L’outsourcing, così come inteso da Kedrios, può essere di supporto sia alle società di piccole dimensioni (in questo caso diventa outsourcing completo) che a quelle di dimensioni maggiori, per le quali rappresenta l’opportunità di avere un maggior controllo del business. “In quanto a modello di servizio, precisa Monfreda, Kedrios è flessibile e si può proporre sia come outsourcer puro che attraverso forme intermedie, che prevedano per esempio il farsi carico del personale, o la cessione o affitto di rami d’azienda”. Esperti nei financial services, i 150 professionisti che in Italia operano per Kedrios lavorano per i 90 clienti della società. “Molti di questi clienti, data la presenza storica di Kedrios nel mercato delle financial institution, utilizzano la nostra società per consulenze e servizi di ambito It. Ma molte si stanno avvicinando anche al Bpo”. Questa rappresentazione della clientela di Kedrios è la fotografia dell’intero mercato

Il mercato cerca l’outsourcing

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Storie di business

Certamente le banche di media dimensione stanno scoprendo il valore di un servizio in outsourcing, che porta con sé tre importanti benefici: innanzitutto un beneficio di tipo economico; poi un maggior controllo sui processi di business, eseguito peraltro in maniera più strutturale; infine una maggiore flessibilità della catena del valore, che permette alle banche di reagire con maggiore tempestività alle oscillazioni del mercato

italiano, che a livello bancario sconta ancora una certa arretratezza per quanto riguarda la propensione all’utilizzo dell’outsourcing. Cosa che non si verifica negli altri paesi europei. In Germania, per esempio, Xchanging ha già in essere contratti di outsourcing con grandi banche, come Deutsche Bank, per le quali presidia il back office e la gestione titoli.

Dalle aspettative al business

Monfreda è in Kedrios esattamente da un anno. Ovvero un periodo di elevata turbolenza, per la finanza, a livello nazionale e internazionale. “Sono arrivato in azienda con tantissime aspettative di cambiamento nei confronti del mercato. Questa spinta al momento è ancora frenata, però, dalle condizioni contingenti, dalla crisi di liquidità delle banche al problema degli spread. Il management bancario negli ultimi tempi si è dovuto concentrare su soluzioni di emergenza”. Tuttavia il tema dell’outsourcing, nonostante sia entrato nel mercato italiano con un po’ di ritardo, non viene più guardato con sospetto. “Al momento le grandi istituzioni bancarie, spesso frutto di più fusioni, dovendo ridistribuire le risorse al proprio interno sono meno inclini a esternalizzare alcuni servizi, ma certamente le banche di media dimensione stanno scoprendo il valore di un servizio in outsourcing, che porta con sé tre importanti benefici: innanzitutto un beneficio di tipo economico; poi un maggior controllo sui processi di business, eseguito peraltro in maniera più strutturale; infine una maggiore flessibilità della catena del valore, che permette alle banche di reagire con maggiore tempestività alle oscillazioni del

mercato”. In questo quadro, le aspettative di Kedrios per i prossimi mesi restano comunque importanti: le banche dovranno infatti adeguarsi a normative straordinarie, come il cambio di regime fiscale del risparmio gestito. “Una realtà come Kedrios sarà la giusta risposta alle loro necessità, conclude Monfreda, anche in tema di Bpo”.

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Stile

Ci vuole stile, anche nel cercar casa. Non solo nello scegliere il giusto immobile - residenziale e commerciale - è necessario dotarsi di scaltrezza e serietà: occorre anche scegliere un “facilitatore”, un’agenzia di ingegno, che faccia la differenza. E poi, come vedremo, nell’era di Internet non è affatto detto che il primo contatto tra le parti debba avvenire de visu. Ma andiamo con ordine, partendo dai grandi

numeri. Il mercato, nel corso del 2011, non è stato certo effervescente, concretizzando il timore dei più: la stagnazione. Secondo la Fiap, Federazione italiana agenti immobiliari professionali, anche i primi sei mesi del 2012 seguiranno lo stesso andamento. Tutto pare sostanzialmente “ingessato”: nel 2011 il numero delle compravendite ha fatto registrare un -5,94%, e il loro prezzo medio risulta in calo del 6,98 per cento. Con pochi soldi a disposizione, gli italiani hanno fatto ricorso al mutuo, per quanto possibile, oppure hanno optato per una casa in affitto (infatti sono cresciute le locazioni ad uso abitazione: + 3,97 per cento). Anche se questi sono dati macro, non occorre sprofondare nel pessimismo: qua e là si nota qualche segnale di ripresa. Soprattutto, nuovi soggetti si stanno

affacciando sul mercato, e nuovi strumenti stanno rendendo più semplice il contatto tra chi vende e chi offre. Innanzitutto si osserva, specie nelle grandi città, un interesse per le abitazioni di prestigio, in posizione centrale, molto richieste da chi, anche straniero, decide di investire, preferendo il mattone ad altre forme più rischiose di bene rifugio. Dal trilocale in su, purché in buono stato, l’interesse è forte. Altro dato da tenere

sotto controllo: compratori di paesi dell’Estremo Oriente stanno giungendo in Italia, alla ricerca di locali, sia residenziali che commerciali, per impiantare nuove occasioni di business: un’altissima disponibilità economica da parte di questi signori spiana loro la strada e consente ai venditori, specie delle grandi città, di bypassare il problema del gap tra domanda e offerta, a livello di prezzo.

Mi cerco la casa su Internet

Si parlava anche di innovazione: oggi acquistare o vendere un immobile è, da un punto di vista operativo, relativamente più semplice di un tempo. Le agenzie e i singoli cittadini possono contare, oltre che sui classici

Ma così difficile da trovare. Mentre il mercato immobiliare tenta di uscire dalla stagnazione, il web si propone come trait d’union tra chi vende e chi compera. Prima un clic, poi ci si muove sul territorio alla ricerca dell’immobile preferito

Era una casa molto carina…

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Stile

e collaudati strumenti - cartellonistica, inserzioni sulle riviste, bacheca dell’agenzia - anche sul web. Come orientarsi? Se si è un privato, e non si possiede un’agenzia immobiliare di fiducia, si può inserire il proprio annuncio su uno dei siti più visitati, seguendo le istruzioni. Il consiglio? Preparare un annuncio dettagliato, comprensivo di più foto, in modo che i contatti via mail o telefono provengano da persone che realmente hanno capito di che immobile si tratta, e non da curiosi poco interessati all’acquisto. Oltre ai siti delle singole agenzie o dei franchising di agenzie, molto utili sono i portali che raggruppano le offerte provenienti da più siti web, come per esempio Wickedin. Compilando i campi della ricerca, la risultante sarà un elenco di proposte, ciascuna proveniente da una diversa agenzia: questo vi faciliterà tantissimo la ricerca e vi farà risparmiare tempo (fattore che, specie nelle metropoli, è discriminante: spesso per alcuni annunci le persone sono in coda a visionare l’immobile).

Dal virtuale a reale, passando per il cantiere

Il servizio fornito dal web come facilitatore del mercato vale sia per i piccoli centri, sia per le grandi città quali Roma o Bologna: gli annunci immobiliari per queste città sono numerosissimi, e davvero multiformi (dal monolocale al rustico, alla tenuta, al capannone). Ovviamente, alla visualizzazione dell’annuncio che potenzialmente interessa deve seguire un attento studio dell’immobile, non prima di aver controllato, sempre sul web, la reputazione dell’agenzia che ha inserito l’annuncio (esiste? Ha un ufficio? È contattabile telefonicamente? I suoi annunci sono recenti, segno che sta lavorando?).

Subito dopo il web deve lasciare spazio all’incontro “fisico” con la parte (che vende o che acquista), che è bene sia intermediata da un consulente. Non - o non solo - per smascherare eventuali truffe o imbrogli, ma perché, come si è detto all’inizio, il mercato del mattone si è piuttosto irrigidito: in pratica, chi vende non è disposto ad abbassare un prezzo fermo alla cifra di 4-5 anni prima, e chi acquista non ha più la disponibilità economica per acquistare un immobile praticamente fuori mercato. Se un intermediario non fornisce alle due parti l’esatta situazione del mercato, i due interlocutori non riusciranno a trovare un punto d’accordo. E la trattativa si concluderà ancora prima di partire. Applicare al “mattone” lo stile e l’eleganza che si possiede quotidianamente quando si affronta una riunione di lavoro significa presidiare completamente ogni dinamica di questo mercato, riconoscere all’interlocutore la stessa scaltrezza che riteniamo di possedere noi; informarsi, informarsi, informarsi, prima sul web e poi concretamente in cantiere. Con buona pace degli stivali di gomma che è meglio tenere in auto per visite inaspettate ai lotti in vendita in campagna.

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Le agenzie e i singoli cittadini possono contare, oltre che sui classici e collaudati strumenti - cartellonistica, inserzioni sulle riviste, bacheca dell’agenzia - anche sul web. Come orientarsi? Se si è un privato, e non si possiede un’agenzia immobiliare di fiducia, si può inserire il proprio annuncio su uno dei siti più visitati, seguendo le istruzioni.

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Arte

Il boom dell’Asia nell’anno della crisiLa crisi economica e la conseguente carenza di liquidità che ha colpito i principali Paesi occidentali nel 2011 ha finito per investire anche il mercato dell’arte. La ripartizione del fatturato per aree geografiche, come evidenziato dall’undicesimo Art Market Report a cura dell’Area Research di Banca Monte dei Paschi di Siena, mostra come l’Asia stia erodendo importanti quote di mercato soprattutto agli Usa

I risultati consuntivi del 2011, sottolinea l’undicesimo Art Market Report a cura dell’Area Research di Banca Monte dei Paschi di Siena, confermano la fase riflessiva attraversata dal mercato che da una parte sconta il mancato allineamento tra gli esiti del secondo semestre 2011 e le aspettative in essere, dall’altra una persistente scarsa liquidità, soprattutto nelle piazze storiche (New York e Londra). Queste circostanze hanno determinato una flessione nella performance del Mps Global Painting Art Index del 28,5% su a.p.. La ripartizione del fatturato per aree geografiche mostra come l’Asia stia erodendo importanti quote di mercato soprattutto agli Usa. Londra, al contrario, riesce a mantenere sostanzialmente immutata la quota del proprio fatturato. Il mercato dell’arte asiatico è sintetizzato dal Mps Asian Global Index. Anche nel

2011 l’indice mostra una variazione positiva del +39,0% sull’anno precedente. L’esito particolarmente favorevole è stato determinato dal crescente numero di appuntamenti d’asta e dai soddisfacenti risultati in termini di fatturato

medio.

Torna a salire il tasso di unsold

Dopo il costante calo degli ultimi anni, nel 2011 tornano a salire i tassi di unsold medi che si stabilizzano nella regione del 23%; ad abbassare il livello medio dell’unsold, i risultati provenienti dalle aste nel continente asiatico, in cui si registrano invenduti nettamente più bassi (13,5% media annuale vs 26,4% delle altre piazze). Le Italian Sales, in programma a ottobre sulla piazza londinese, non hanno deluso le aspettative di case d’aste e collezionisti internazionali. “Il progressivo ridimensionamento del

mercato d’arte italiano, sottolinea il report, relegato a posizione marginale in termini di fatturato internazionale e qualità di lotti offerti, pare controbilanciato dai vasti consensi riscossi dall’arte italiana di tutte le epoche”. Per quanto riguarda l’analisi per comparti, il Mps Art Old Masters e 19° sec. Index, che già si era contraddistinto per la buona tenuta durante la crisi del 2009, a testimonianza della minore volatilità del segmento rispetto agli altri, continua a crescere nel 2011 con un +21,0% sull’anno precedente. Il Mps Art Pre War Index si mostra invece più volatile (-24,9% su a.p.), e sui risultati annuali del comparto pesano le stime eccessive delle aste autunnali che hanno scoraggiato investitori e collezionisti. Del resto, “l’incertezza dettata dalla crisi ricade pure sui lotti di elevato valore e implica una più severa selezione anche per

le opere più prestigiose, determinando l’unsold persino per i lavori minori dei grandi maestri”. Il Mps Art Post War Index rappresenta il comparto maggiormente colpito negli ultimi cinque anni dalla crisi del mercato: nel I semestre 2009 l’indice era già sceso al di sotto dei livelli del 2006 e anche per il 2011 registra una contrazione (-35,5% su a.p.). Va precisato comunque che il Mps Art Post War Index non è calcolato sui valori assoluti del fatturato, che nel 2011 è aumentato (+58,7 su a.p.) e non beneficia dell’incrementato numero di aste. “Si segnala, inoltre, la tendenza delle majors a concentrare le aste di arte contemporanea sulle piazze di Hong Kong e New York, per beneficiare di un pubblico più dinamico e vivace, a discapito delle altre piazze (inclusa l’Italia). Nel 2011, le case d’asta hanno avuto un atteggiamento tendenzialmente prudenziale evitando di portare in asta i lavori maggiori di alcuni tra i più grandi artisti contemporanei, al fine di ridurre al minimo i rischi di unsold. Il segmento Post War

Unsold medio 2008/2011 - Unsold medio anno 2011

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Arte

è stato comunque sostenuto nel 2011 dall’esplosione del mercato asiatico sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta”.

La crescita della Cina

In effetti, “la crescita della Cina sul segmento contemporaneo appare costante oltre che intensa la quota del fatturato battuto in Oriente nel panel di repeat sales prese a campione, in crescita dal 2,6% del 2006 all’11,8% del 2011”. La crescita del mercato dell’arte asiatico in generale appare favorita anche da scelte di esenzione fiscale sull’import/export delle opere, stato di porto franco e un maggior livello di liberalizzazione presente in molte delle maggiori piazze commerciali. “Gli investitori cinesi continuano a comprare e con un atteggiamento diverso rispetto ai Paesi occidentali: se in Italia la fascia di mercato che va meglio è quella tra i 50mila e i 200mila euro, e anche negli Usa il prezzo medio delle opere vendute in asta è sceso molto rispetto al recente passato, le aggiudicazioni dei collezionisti cinesi superano puntualmente le stime e riguardano principalmente artisti locali”. Ottime le prospettive anche per il prossimo anno, “con ampi margini di crescita grazie alla folta presenza di grandi collezionisti che non solo valorizzano e promuovono gli artisti locali attraverso una vivace compravendita di opere d’arte, ma contribuiscono ad accrescere il valore del patrimonio culturale attraverso l’apertura di gallerie, l’organizzazione di eventi espositivi e il dialogo con i musei”. Interessanti inoltre i risultati scaturiti dall’analisi sull’evoluzione del fatturato assoluto e dei prezzi medi per lotto per alcune aste che nei diversi comparti rappresentano alcuni degli appuntamenti di maggior rilievo internazionale. “Per il segmento contemporaneo

Sotheby’s e Christie’s si collocano su fasce di prezzi a oggi non replicabili da altre case d’asta internazionali. Tuttavia, nel comparto va distinta in generale la performance del Post War storicizzato dalla performance del contemporaneo tout-court. La difficoltà del segmento Pre War risiede nella sua limitata offerta e nella impossibilità di trovare sempre grandi lavori dei principali maestri in vendita. Se le aste di arte impressionista di maggio hanno convinto sia in termini assoluti che in termini di prezzi medi per lotto (collocandosi questi ultimi su livelli di massimi assoluti) in generale questo trend non è proseguito nel corso dell’anno. L’analisi dei prezzi medi sul segmento dell’arte antica indica un comparto ‘in salute’, stabile e soprattutto per quanto riguarda la fascia alta del segmento insensibile a qualsiasi congiuntura economica”.

Bene gioielli e orologi

Il segmento più importante dopo la pittura è rappresentato da gioielli e orologi, le cui aste spiccano per gli elevati fatturati medi e che complessivamente pesa per il 15,9% sul fatturato totale. “Tale segmento registra ancora una volta una variazione positiva. il Mps Jewels Index supera per la prima volta il picco pre-crisi del 2007 con un +31,4% su a.p. A seguire, il comparto sculture e arredi, che rappresenta il 6,6% del totale e in un anno più che raddoppia la sua quota sul fatturato totale. Nonostante la battuta d’arresto registrata dal comparto nel semestre appena trascorso, la performance dell’aggregato resta ottima nel confronto a/a (+99,5 per cento)”. Infine l’analisi borsistica evidenzia, per l’intero periodo di osservazione (gennaio 2009 – gennaio 2012), rendimenti decisamente positivi sia per il Mps Art Market Value Index (+87,4%) che per il Mps Jewels Market Value Index

Fatturato delle Italian Sales (espresso in $) - Unsold medio delle Italian Sales

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(+107,6%) e superiori a tutti gli altri indici borsistici nazionali che scambiano i titoli inseriti negli indici di sintesi della pittura e dei gioielli: Cac 40 (-10,4%) e Ftse Mib (-29,7%), Smi (+21,7%) e S&P500 (+35,1 per cento). Tuttavia nel 2011 le performance del Mps Art Market

Value Index e del Mps Jewels Market Value Index risentono della difficoltà dei mercati finanziari assumendo segno negativo (-12,3% e -16,4%), negative anche le performance di tutti gli altri indici che oscillano dal -27,6% del Ftse Mib e il -1,1% dello S&P500.

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Art Market ReportGennaio 2012Numero 11

Mps Global Painting Art Index (confronto 2011/2010 -28,5%)

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Affordable Art Fair è stata senza dubbio la protagonista del primo weekend milanese di febbraio: giovani coppie, famiglie, studenti, manager in cerca del buon investimento, giornalisti, tutti sono stati incuriositi dalla pubblicità accattivante, propagata per le vie del centro milanese e diffusa dai trasporti pubblici dell’ATM in giro per la città. Dal due al cinque febbraio, “la cittadella dell’immagine” è stata invasa da migliaia di visitatori impazienti di prendere parte a questo evento gigantesco, nato a Londra nel 1996 e giunto alla seconda edizione italiana: 78 le gallerie, di cui ben 23 straniere, che hanno messo in mostra l’arte low cost (tutte opere tra i 100 e i 5.000 euro) di artisti viventi, presenti in gran numero durante l’inaugurazione del primo febbraio. Ad accogliere i visitatori al taglio del nastro inaugurale, oltre la musica del Dj set Morphosis/ Rabih Beaini c’era Miss Sophie Champagne, performer burlesque, che ha riservato gradite e inaspettate sorprese durante tutta la durata della fiera. Passeggiando tra gli stand colorati e innovativi delle varie gallerie, degustando un buon bicchiere di vino, si potevano ammirare opere d’arte differenti, dalla pittura alla scultura, spaziando per la fotografia, e incontrare curatori ed esperti del mondo dell’arte contemporanea. Tra le tante novità di questa seconda edizione milanese, la partecipazione di ArtNetWorth come partner della fiera, che ha certificato tutte le opere di un artista a scelta per ogni singola galleria partecipante, garantendo agli acquirenti l’autenticità e l’esatta provenienza dell’opera esposta. Durante la fiera, il team dell’azienda ha effettuato visite guidate per una parte selezionata di clientela (clienti Ore7, Visa e City), offrendo servizio di consulenza e consigli valutativi sugli artisti promossi dalle diverse gallerie. Dubbi e perplessità di giovani visitatori desiderosi di avvicinarsi al mondo

del collezionismo sono stati chiariti durante l’incontro, “L’investimento in arte”, tenuto presso la Cucina LAGO, dove l’amministratore delegato di ANW, Edoardo Didero, ha illustrato con semplici nozioni i segreti per selezionare un buon investimento all’interno dell’affascinante e complesso mondo dell’arte contemporanea, deliziando il pubblico con assaggi di bucatini alla matriciana accompagnati da un calice di prosecco.

4G, get your gallery connected

Durante la fiera, ArtNetWorth ha proposto a tutte le gallerie partecipanti il nuovo sevizio “4G, get your gallery connected” per incrementare il livello di trasparenza sul mercato dell’arte. Il sistema 4G nasce infatti con l’intento di fornire a gallerie e privati un modello di archiviazione digitale che permette di accedere via mobile o via Internet ai dati tecnici e agli expertise delle opere d’arte. Attraverso l’ologramma ANW, posizionato sul retro dell’opera, la galleria potrà dare ai suoi collezionisti l’accesso a tutte le informazioni relative all’opera d’arte (immagine, scheda tecnica, autentica) e a tutte le attività relative all’artista, sempre aggiornate dal team di ANW. Tale sistema, innovativo e atto a facilitare il passaggio delle informazioni, permetterà alla galleria di consolidare il proprio rapporto con il cliente, che a sua volta potrà accedere in ogni momento alla carta di identità dell’opera acquistata, attraverso la lettura del QR Code tramite smartphone e tablet o mediante l’inserimento del codice numerico nell’apposita sezione del sito di ANW (www.artnetworth.com).

Annaida Mari

L’Arte Low Cost in mostra a MilanoLa seconda edizione di Affordable Art Fair, dal 2 al 5 febbraio al Superstudio Più di Milano, è stata un successo: dall’Inghilterra all’Italia la formula rimane vincente, galleristi e visitatori soddisfatti

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