BIMESTRALE DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA · La storia in una stanza 50 Giorgio Tonelli Il territorio...

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ISSN 1590-7740 Spedizione in A.P. art. 2 comma 20/c legge 662/96 Filiale di Bologna. - In caso di mancato recapito restituire all’ufficio P.T. CMP di Bologna per l’inoltro al mittente che si impegna a corrispondere la tariffa dovuta. ANNO VI - N°3 - GIUGNO 2002 T re BIMESTRALE DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA

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ANNO VI - N°3 - GIUGNO 2002

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BIMESTRALE DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA

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Sommario

Bimestrale della Provincia di Bologna

Direzione e redazione:Provincia di Bologna, Via Zamboni, 13 tel. 051/218.340/355 fax 051/218.226e.mail: [email protected]: Roberto OlivieriCaporedattore: Sonia TrincanatoSegreteria di redazione:Grazietta Demaria, Rita Michelon Progetto grafico e Art: Guido TucciImpaginazione: Piero BrighettiComputer graphic:Annalisa Degiovannini, Gabriella NapoliFotografie: Archivio Provincia, G. Avoni,V. Cavazza, P. Gigli, F.lli Gnani, P. Gnani, M. RebeschiniStampa: Tipografia Moderna BolognaTiratura: 13.000 copieChiuso in composizione il 18/6/2002Iscrizione al Tribunale di Bologna n. 6695 del 23/7/97Portici è consultabile anche sul sito Internetwww.provincia.bologna.it/portici/index.htmlTutti i numeri sono scaricabili interamente in formato per Acrobat Reader

�COME ERAVAMOLe donne e la legge 2Claudio Santini

�PROVINCIA IN MUSICASette note per tutta l’estate 4Chiara Sirk

Appennino musica festival 5C. S.

�ACCADE IN CITTÀL’uomo che piantava gli alberi 6Nicola Muschitiello

�TERRITORIO E AMBIENTETra falchi, rospi e pipistrelli 7Veronica Brizzi

Case rurali fra tradizionee bioarchitettura 8Tiberio Artioli

L’appennino garantito 9V. B.

Il piano energetico ambientale 10T. S.

�PORTICI PER I PORTICIUn patrimonio tuttobolognese 11Paola Rubbi

�ATTUALITÀPer la pace in Medio Oriente 12N. B.

�DAL CONSIGLIOUn anno di agricoltura 14a cura di Laura Pappacena

Scuola oggi e domani 17a cura di Daniela Utili

�OPINIONI A CONFRONTOScuola dove vai? 18Gigliola Poli e Pietro Paolo Lentini

�EVENTI“Vengo a chiedere perdono” 20Dante Cruicchi

�MOBILITÀ SOSTENIBILEScelte in movimento 22Carlo Marulli

Il futuro dell’area bolognese 26

Se ti allacci ti salvi 27

A proposito di zone pedonali ... 28Mariangiola Gallingani

�LA CITTÀ SENTIMENTALEL’Italia vista dal treno 30Renzo Renzi

�IL POSTO DELLE FRAGOLEQuando Campana incontrò Petrolini 31Nicola Muschitiello

�ARCHEOLOGIAEbla, una straordinariaavventura archeologica 32Paolo Matthiae

�LA CASA DELLA MUSICAIl Conservatorio di Bologna 34C. S.

�PORTICI RACCONTATra arrivi e partenze 37Andrea Cottifotografie di Katrin Di Girolamo

�ORIZZONTI D’ARTELo spazio dell’illusione:l’opera di Andrea Pozzo 39Hidehiro Ikegami

�ARTI VISIVEGli eroi di carta entrano in biblioteca 40Barbara Tucci

Il Cinquecento a Bologna 41B. T.

Guccini: le radici del mito 42Carlo Rizzoli

Luciano delle porte 43Anna Baldi

�MOSTREFra sperimentazione e didattica 44B. T.

Il latte in città 45L. M.

�SPAZIO EUROPADove va il servizio volontario? 46Stefania Crivaro

�L’ALTRA PARTE DEL MONDOAzioni di pace 47

�NEWS 48

�LIBRILa storia in una stanza 50Giorgio Tonelli

Il territorio 51La scienza 51La fantasia 52a cura di Lorenza Miretti

�RILETTUREI misteri dei ministeri 53Fabio Zanaroli

�BOLOGNA IN LETTERECerimonie 54Stefano Tassinari

�ANDAR PER MUSEIDedicato a Mengoni 55B. T.

�RICERCAL’occhio di Galileo 56Stefano Gruppuso

Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana

3.2002Anno VI - n. 3 - giugno 2002

In copertinaGermano Sartelli, Garza, 1956.Nel presentare l’artista imolese, in unamostra allestita presso la Galleria De’ Foscherari, Dario Trento ha scritto:«...Esaurita ogni pista, battuto ogniterreno, Sartelli è tornato alla suaesperienza fondativa. Alla base del suo tragitto sta un’esperienzatalmente coinvolgente da giustificareuno stile di vita, un “volo magico”.Da esso l’artista è partito a sondarepercorsi, terreni ed esperienze, per poiciclicamente farvi ritorno: sarà esso astabilire il senso della presenzadell’artista nell’arte di questi decenni.»

este alla maniera delle donne del popolo, ha un am-pio scialle a colori sulle spalle che qualche voltaporta sul capo. Non è avvenente, ma la sua fisiono-

mia è molto espressiva e simpatica. Ha gli occhi vivaci ne-rissimi come i capelli, spartiti sulla fronte. Parla il dialetto,ha un fare impaziente talvolta ironico”.Così, nel 1864, un resoconto sulla maxi-causa penale aiMalfattori descrive Maria Mazzoni, 29 anni, sarta, a giudi-zio perché presunta confidente del capoballa Pietro Cene-ri e moglie del gregario Filippo Giugni. È stata arrestatadopo l’assalto alla Banca Parodi di Genova e compare inaula come “secretaria e cassiera” e “distributrice del botti-no” della banda. Da quest’accusa sarà assolta ma prenderàdieci anni per il fatto specifico di grassazione.Maria Mazzoni: la prima donna delinquente bolognese do-po la fine dello Stato della Chiesa e con lei iniziamo un ab-bozzo di storia legale al femminile che, da un secolo all’al-tro, porta “l’altra metà del nostro mondo” da soggetto cri-minale ad avvocato a giudice.Donne, all’inizio, dunque, coinvolte in malaffari perchécompagne di malavitosi o prostitute perché “ancora gio-vanette, mandate a servizio, sono sottoposte dai padroni aprecoce seduzione e, traviate in età molto delicata, fini-scono nei bordelli”. Pietro Gamberini, direttore della cli-nica dermosifilopatica del Sant’Orsola, in una relazione del1883, conta a Bologna 341 “schedate”, delle quali appunto136 serve. E serva è pure Enrica Zerbini, andata, a 16 an-ni, in casa dell’orefice Camillo Coltelli che ne ha più di 70.Lui le ha imposto un’assistenza a tutto campo prima di es-sere trovato ucciso in casa, a coltellate.Enrica, inizialmente testimone o dell’aggressione per ra-pina o del suicidio, dà alla polizia versioni contrastanti eper alcuni aspetti anche incredibili. È così imputata di omi-cidio: da sola perché un presunto vero colpevole o man-dante o correo, maschio, figlio di rispettabile professioni-sta, è prosciolto in istruttoria. “Dentro lui, fuori lei” scriveil popolino sui muri delle case. E il processo del gennaio1884 si trasforma in una guerra di genere (maschile e fem-minile) e di classe sociale (servi e padroni). La Zerbini èclamorosamente assolta a furore di popolo o meglio di giu-ria.“L’ira popolare” invece – come registra una relazione dicinque anni dopo – è nei confronti di due donne a giudizioper maltrattamenti ai figli. Mano leggera invece, spesso,con le accusate di infanticidio perché “costrette dalla ne-cessità di salvare l’onore”.“Miriadi di bastardi e legioni di abbandonate” (sono paro-

le del sostituto Procuratore del Re nel 1888) sono, allora,anche le conseguenze dei matrimoni celebrati solo in chie-sa. Non hanno effetti civili e permettono ai maschi di an-darsene, quando credono, senza conseguenze. Sono peròpiù le donne a presentare ricorso al tribunale per ottenerela separazione legale. Nel 1891 sono 35 su un totale di 60domande. Nel 1909 diventeranno 53 su 71. L’onda lungadel nascente femminismo.Dopo il 1893 quasi tutte le relazioni sulla delinquenza, an-che a Bologna, portano un capitolo specificamente dedi-cato a “La donna delinquente” per manifesto effetto del-l’omonimo volume di Cesare Lombroso. Il numero delle coinvolte in vicende giudiziarie nel di-stretto della corte d’appello è oscillante fra 2.800 e 3.300:cifre non trascurabili ma ampiamente inferiori a quelle cheimplicano i maschi. Ancora più marcato poi è il divario perqualità. Gran parte dei reati femminili sono, infatti, per in-giurie (liti da cortile), poi per furto (anche legna da arde-re), quindi, in calare, per “reati del buon costume”. Una svolta sulla gravità delle accuse si registra però con lapartecipazione delle mogli, delle sorelle e delle madri allelotte sindacali. Infatti, spesso “compaiono in prima fila”,perché “là messe apposta dagli agitatori”, e sono le primead essere arrestate per resistenza e oltraggio.Da questo contesto si discosta, in inizio secolo, Linda Mur-ri, a giudizio per l’assassinio del marito conte Bonmartini.Ma anch’ella, per alcuni aspetti, s’inquadrerà nella “rivoltafemminile” alla tirannia familiare del consorte che, fra l’al-

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Le donnee la legge

di CLAUDIO SANTINI

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C O M E E R A V A M O

Iniziamo a tratteggiare la storia legalebolognese al femminile, che con il passare deltempo porta “l’altrametà del nostromondo” da soggettocriminale ad avvocatoprima, e giudice poi

Donne della Bologna di fine Ottocento: unavenditrice di caldarrostein “Piazzola” e ArgiaMagazzari, una dellepiù grandi interpretidelle commedie diAlfredo Testoni

C O M E E R A V A M O

tro – dice l’imputata in una lettera di sfogo –“esigeva di essere il padrone assoluto delmio corpo”.Il primo inizio della causa con in gabbia labella criminale-vittima bolognese è nel 1904:lo stesso anno nel quale, alla Camera, passail progetto di legge per concedere alla donnala veste non solo di imputata ma anche di di-fensore. È il riflesso politico della vicendache ha visto protagonista Lidia Poet di Pine-rolo. Laureata in giurisprudenza nel 1881, hacompiuto la pratica nello studio del fratello einfine, nel 1883, ha chiesto ed ottenuto diesercitare. Ma la delibera del Consiglio de-gli Avvocati di Torino è stata impugnata dalProcuratore generale e definitivamente boc-ciata dalla Cassazione. “Le donne non pos-sono praticare l’avvocatura che è anche unufficio pubblico, vietato dal diritto comuneperché, si sa, “Foeminae ab omnibus officiis

civilibus et publicis remotae sunt”. Solo una legge può mo-dificare questo stato giuridico. E la norma raccoglie unastretta maggioranza a Montecitorio.A Bologna Il Resto del Carlino – giornale progressista – co-sì commenta su “Le nostre avvocatesse”. Se ci sarà ancheil sì del Senato, “le donzelle” potranno finalmente levarsi“la smania di indossare la toga” col risultato che “le belle,nella brutta camuffazione mascolina, sembreranno forsemeno belle, ma, in compenso, le brutte, se non parrannoorrende, ci guadagneranno forse qualcosetta”.Il settimanale umoristico La rana, da parte sua, ci fa undoppio paginone a colori e due poesiole.Passano otto anni e – decaduto e mai più ripreso il proget-to di legge – Bologna ripropone un nuovo “Caso Poet” cheabbiamo scoperto con la lettura della relazione svolta nel1913 dal Pg Cesare Colombo. Il 5 maggio del 1912 il nostroConsiglio dell’Ordine degli Avvocati ha ammesso alla pra-tica forense la signora Laura Emma Rossi perché, in so-stanza: “le incapacità legali non possono esistere se nonper legge e siccome non v’è esplicita disposizione che vie-ti alla donna l’esercizio dell’avvocatura deve ritenersi cheella possa svolgerla”. L’alto magistrato però così argo-menta. “È vero – dice – che non v’è esplicita disposizioneche lo vieti. Però non si parla di sesso (ma solo di cittadinie di regnicoli) anche in altre leggi – come quelle sulle co-stituzioni delle giurie, sull’elettorato, sulla pubblica ammi-nistrazione – ma nessuno, solo per questo, sosterrebbeche la donna può essere giurato, deputato, senatore…”.No. E poi dobbiamo considerare “il concetto di protezione

che noi abbiamo nei confronti delle donne” ed esso deveindurci a tenerle lontane “dalle lotte forensi”. Non toglia-mole, dunque, “dal piedistallo ove si trovano”. “Forse in fu-turo”. “Ma per ora non parmi”.I tempi però stanno cambiando e il tema lombrosiano del-la “donna delinquente” si trasforma in quello de “la donnae la legge” per il quale bisogna trovare nuovi adeguamen-ti – dice lo stesso Procuratore Colombo – ovviamente però“senza spezzare i vincoli di famiglia” e “senza rinnegare leleggi imposte dalla natura”. La donna si sta affrancandodal servaggio sapete perché? Perché già nella guerra di Li-bia ha saputo “porgere amorosa assistenza ai nostri feriti”,con “raro spirito di muliebre virtù”, “sull’esempio della no-stra augusta principessa sabauda (Elena, duchessa d’Ao-sta) ”.È vero che ancora delinque ma se commette ingiurie è“per la sua natura linguacciuta” e se oltraggia è “per l’isti-gazione dei capi delle Leghe” e se offende il buoncostumeè “per i cattivi esempi offerti dai romanzi e dal cinema” ese uccide è spesso “per passioni d’amore e in special mo-do da gelosia, da tradimenti e da ingiustificati abbandoni”.Nel meretricio è “sfruttata, battuta, e talora spinta al delit-to, dai cosiddetti protettori, figure equivoche di oziosi, gio-catori, truffatori, che s’impongono con le violenze alle lo-ro misere vittime”. È esposta, infine, non nascondiamolo,alla “tratta delle bianche”.La grande guerra la coinvolge poi anche in nuovi reati, pri-mo fra tutti quello di infrazione alla legge sugli approvvi-gionamenti. Falsifica poi (e per questo c’è un processo a Bologna) do-cumenti sull’età per lavorare in strutture vietate alle mi-norenni come l’Arsenale. Alcune infine sono diffidate peraver spedito agli uomini in trincea immagini di Santa Bian-ca, annunciante la sollecita fine delle ostilità “così indebo-lendo la resistenza dei soldati” (comportamento, questo,criticato anche dall’autorità ecclesiastica).Ma “hanno mandato avanti le famiglie nonostante l’assen-za degli uomini” ricorda il Pg Giuseppe Franchi, il 7 gen-naio del 1919 e “hanno portato soccorso a tutti quanti han-no avuto bisogno”. Sono pertanto diventate “del tutto de-gne di avere la perfetta uguaglianza di diritti famigliari esociali dell’uomo”. E il 17 luglio di quell’anno passa la leg-ge n. 1176 che sancisce che “le donne sono ammesse, apari titolo degli uomini, ad esercitare tutte le professionied a coprire tutti gli impieghi pubblici”. Dunque possonoessere anche avvocato. E le prime iscrizioni che abbiamorinvenuto nei vecchi albi dell’Ordine di Bologna sono quel-le di Maria Monti Cocchi (1923), Aurelia Vareton Roversi(1925), Pia Notari (1926), Piera Paola Angeli (1929), An-gela Sbaiz (1934). La disposizione del 1919, per quanto in-novativa, esclude però le donne dalle funzioni “che impli-cano poteri pubblici giurisdizionali”. Per questo ulteriorepasso bisognerà attendere il 1963. Il 21 settembre di quel-l’anno, dopo la legge del 9 febbraio n. 66, il presidente del-la Corte d’Appello di Bologna nomina Rosanna Masotti,iscritta all’albo dei procuratori, vice conciliatore di Ferra-ra. L’anno dopo c’è il primo concorso in magistratura aper-to alle donne e in aprile, a Bologna, all’Università, si tieneil congresso internazionale delle donne giuriste (Fédéra-tion Internationale des Femmes de Carrières Juridiques).Sono trascorsi esattamente cent’anni dal processo a MariaMazzoni. �

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Una fotografia dell’attriceHesperia interprete di alcuniapplauditissimi film proiettati al Cinematografo della Borsa(1913)

nvito in Provincia” è per buona parte de-dicato alla musica, con molteplici propo-ste che, in estate, s’incrociano e si rincor-

rono. Da quelle storiche, come Porretta SoulFestival alle più recenti, Appennino Music Fe-stival, per esempio, al suo terzo anno d’atti-vità, dall’Emilia-Romagna Festival, che ormai,con un cospicuo numero d’appuntamenti, èdiffuso in tutta la regione, a Concerti d’Orga-no, radicato nella zona dell’Appennino. L’inte-resse di questo composito cartellone, artico-lato in quarantotto rassegne, sta nella varietàdi proposte, tali e tante da accontentare, perstili, generi, repertori, date, luoghi un pubbli-co numeroso. Luglio s’inaugura sulle note delPorretta Soul Festival. Dal 4 al 7, ogni giorno,

il Rufus Thomas Park ospiterà gruppi prove-nienti da Chicago, Denver, Memphis, NewOrleans e Victoria (Australia). S’inizia con unIndependence Day Party tenuto a battesimo daAndrea Mingardi. Non si vive di solo soul,quindi, ecco a Forlì, nella chiesa di San Mer-curiale, l’inaugurazione, 6 luglio, dell’EmiliaRomagna Festival. I Moscow Soloists direttida Yuri Bashmet eseguono Cajkovskij, Brit-ten, Schubert-Mahler. La ricca manifestazio-ne prosegue, il giorno successivo, nella chie-sa di San Lorenzo a Varignana. Franco Mag-gio Ormezowsky propone un programmaintitolato Meditazioni Musicali con musiche diBach, Cassadò, Kodaly. Il giorno 8, il Maestro Ormezowsky dirigerà aImola, in Palazzo Ginnasi, l’Ensemble Respi-ghi. Con cadenza quotidiana la rassegna pro-seguirà fino al 25 agosto. Completamente inprovincia di Bologna, e, in particolare, nellazona tra Bazzano e Casalecchio, si svolge Cor-ti, chiese e cortili che, nel suo cartellone, ra-duna ben dieci comuni diversi. I generi pro-posti invece sono “solo” tre: colto, sacro e po-polare. Ricordiamo l’allestimento de IlTrespolo, tutore balordo di Alessandro Stradel-la, opera del 1674 che sarà interpretata, il 21luglio, a Palazzo Stella di Crespellano, dai can-tanti e musicisti che hanno frequentato il La-boratorio per l’opera e la musica barocca diBazzano, diretti da Paolo Faldi. Sempre nelcampo della musica colta, da segnalare il con-certo Aurora surgit che si svolgerà all’alba.L’appuntamento è, il 28, alle 6 della mattinapresso la chiesa di S. Stefano e la Rocca benti-volesca di Bazzano. Per chi ama l’etnico se-gnaliamo musica irlandese, ad Anzola, il 20 lu-glio, musica berbera, Zola Predosa, 24 luglio,musica albanese, Anzola, 3 agosto. Ha un fa-scino tutto particolare l’iniziativa Che non ve-nisse mai giorno! notti di danza in montagna.L’edizione del 2002 ha il titolo Le vie del violi-no. Incontri di suonatori e danzatori sfuggiti al-la rete. Coordinata da Placida Staro si svolge, dal 5 al20 luglio, a Monghidoro, nel paese e nelle fra-zioni. Ai concerti, con interpreti italiani e stra-nieri, si alternano visite guidate, proiezioni vi-deo, incontri e corsi. Casalecchio, insieme al-la musica, pensa all’arte. La stagione Là dovescorre il fiume, nel verde del Parco Lido, saràun incontro fra diverse espressioni artistiche,pittura, letteratura, danza e cinema, dal 2 al 28

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Sette note per tutta l’estatedi CHIARA SIRK

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P R O V I N C I A I N M U S I C A

luglio. Si segnalano il Magritte Jazz Quartett,3 luglio, dalla Sicilia la Piccola Compagnia del-le Serenate, 11, dalla Spagna la CarboneriaFlamenca, 18, lo spettacolo di testi e musicadella Francia del Sud “Mar levar”, 25. Dal 17luglio al 24 agosto I Concerti della Cisterna so-no di nuovo a Monghidoro con una serie diproposte che spaziano dal jazz, all’etnica, al re-vival. Termina in luglio la prima parte di Ca-leidoscopio Musicale, con due appuntamenti. Il 3, a Villa Cicogna, a San Lazzaro, GiulianoCarmignola, violino, e Yasuyo Yano, pianofor-te, eseguono musiche di Schnittke, Mozart,Stravinsky. Il 10, a Villa Isolani alla Quaderna,a Ozzano, il violinista Marco Rogliano eseguei 24 Capricci di Paganini. Per chi ha voglia distudiare il posto da raggiungere è Lizzano inBelvedere, dove, tra il 20 luglio e l’undici ago-sto, si svolge il Laboratorio di ricerca e perfe-zionamento musicale. Dedicata ai momenti direlax è l’inedita iniziativa Gelaterie in musica.Chi acquista un dolce cono potrà ascoltareesecuzioni dal vivo dedicate al jazz, al musical,a Gershwin. La degustazione, se fatta nei chioschi di SassoMarconi, Ponte Rivabella, Sala Bolognese, Ca-salecchio, Ponte Ronca, e “La Carosina” a Bo-logna, sarà accompagnata da una piacevole co-lonna sonora con voci, sax, batteria, pianofor-te, contrabbasso. E ad agosto, tutti a Silla diPorretta, dove, dal 19 al 24, ha luogo l’Appen-nino Music Festival che quest’anno si arric-chisce con gli Incontri musicali di musica dacamera a Marzabotto. Al Festival si esibirannopersonaggi di calibro internazionale comeDon Braden, Damon Brown, Fabio Mariani,Stephen Keogh e Nicola Muresu. Oltre ai con-certi, sarà a disposizione un’area “jazz work-shop” dove, assieme a docenti musicisti, saràpossibile approfondire la conoscenza deglistrumenti e scambiare esperienze con artistidi alto livello, nonché suonare in “jam session”con loro. Per chi ama la classica in agosto c’èuna ricca serie di appuntamenti organistici. Il3, a Trasasso con il contraltista Tadashi Mi-roku e Fabiana Ciampi, clavicembalo e orga-no. Il 15 a Brigola con l’organista Ennio Comi-netti. A Lizzano il 17 suona Simone Serra. Il 22,a Monzuno, un concerto per tromba, MarcoCrusca, organo, Miranda Aureli, con il coro“Aurelio Marchi” di Monzuno diretto da Seba-stiano Salomoni. Tutto nell’ambito della rasse-gna Concerti d’Organo. �

d Antonio Ciacca, direttore di Appenni-no Music Festival, abbiamo chiesto dipresentare la sua rassegna che partirà

in agosto: «La valle del Reno da qualche annoospita manifestazioni estive curate dall’asso-ciazione C-Jam di Vergato.»Tra gli eventi organizzati spicca l’AppenninoMusic Festival a Silla (Gaggio Montano), dal

19 al 24 agosto. Nato tre anni fa per soddisfareuna richiesta di iniziative culturali di respirointernazionale, già dalla sua prima edizione haattirato un pubblico selezionato dall’Europa edagli Stati Uniti, presentando artisti di livellointernazionale, impegnati in esecuzioni e in se-minari didattici. Quest’anno l’AMF si consolida sia sul pianodei concerti che su quello didattico grazie allacollaborazione con l’Università della Musicadi Roma che sponsorizza quattro festival, tra iquali Umbria Jazz e Appennino Music Festi-val. I concerti, secondo una formula consolidata,affrontano la musica contemporanea ad ampioraggio: dal Jazz americano di Don Braden, sas-sofonista cresciuto nelle band di Wynton Mar-salis, Freddie Hubbard e Tony Williams tra glialtri, al jazz inglese del trombettista DamonBrown che porterà a Silla l’atmosfera del Ron-nie’s Scott di Londra dove si esibisce abitual-mente. Dal Jazz italiano dell’Italian sax Ensemble daTorino, con ospite alla tromba Gianpaolo Ca-sati (che vedremo quest’estate nell’orchestradi Carla Bley), al jazz elettrico del quartetto diFabio Mariani. Sul palco salirà anche il chitarrista brasilianoIrio De Paula con il suo trio, riproponendo at-mosfere musicali sudamericane. La serata dedicata al Progetto Sardegna saràarticolata in tre momenti che vedranno Gavi-no Murgia suonare le launeddas, il duo Batti-sta Giordano-Paola Puggioni chitarra e voce,per finire con i Tenores di Oniferi.Tutte le sere ci sarà jazz club con il quintettodel direttore artistico del festival: AntonioCiacca.I workshop si terranno nelle aule della scuolamedia comunale tutti i giorni del festival. Nella tarda mattinata la propedeutica musica-le gratuita per i bimbi sarà tenuta dalla can-tante inglese Melissa Stott, seguiranno, nelprimo pomeriggio i workshop di piano, chitar-ra, contrabbasso, sax, tromba, voce e musicbusiness. L’organizzazione è a cura di C-Jam, in partico-lare è seguita da Giusy Magrì e Corrado Co-bianchi che quest’anno ha presentato il festi-val alle borse internazionali del turismo atti-rando l’interesse dei tour operator con ipacchetti turistici, musica, benessere e ga-stronomia». [C. S.]

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P R O V I N C I A I N M U S I C A

Appenninomusica festival

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UN’AGENDA PER INVITOIN PROVINCIA

Il progetto “Invito in provincia” si sviluppada maggio a dicembre coinvolgendo tut-ti i 60 Comuni della provincia, cinquequartieri di Bologna (San Vitale, Porto,San Donato, Borgo Panigale, Navile), laComunità montana Valle del Santerno, ilparco provinciale di Montovolo, i parchiregionali laghi Suviana e Brasimone,Corno alle Scale, dei Gessi e Monte So-le. L’edizione 2002 prevede oltre 400eventi sul territorio che coinvolgerannocirca 1.500 artisti.Per promuovere “Invito in provincia” unanewsletter, inviata a 15.000 destinatari,informerà mese per mese su tutti gli ap-puntamenti in programma; inoltre è pre-vista la realizzazione di un apposito sitoInternet.

o voglia di incominciare questo piccolo articolocon due delle citazioni — come dire? arborìfere —che mi si sono ramificate nella mente. E per prima

metto la frase che dice il cieco che vede, nel Vangelo se-condo Marco: “Vedo gli uomini come alberi che cammi-nano”. Pensate un po’. Era cieco. Adesso vede, anche seimperfettamente. Poteva dire qualsiasi cosa; notare altresimilitudini. E invece no. Dice proprio così: gli uomini so-no come degli alberi ambulanti. Alberi con i piedi al postodelle radici; la testa al posto dei rami, delle foglie, dei frut-ti. Dal bosco delle citazioni ne prendo un’altra, prima dichiarire il motivo di queste righe occasionali. È una cita-zione che vado a verificare in un libro stavolta (e la parolalibro viene proprio dal designare la corteccia dell’albero!).È un libro dello storico francese Jules Michelet, consacra-to alla montagna. E vi trovo queste righe, che contengonoanche un riferimento storico: “L’albero geme, sospira epiange con voce umana. Intorno al 1840, i nostri francesid’Algeria che stavano tagliando diversi alberi, rimaserocommossi, e quasi atterriti. Alberi che gemono e si la-mentano, anche se intatti. Si pensa che sia il vento, ma so-vente è anche la loro circolazione interna, meno regolaredi quel che si creda, la loro linfa turbata, la loro anima ve-getale che sogna. L’Antichità non aveva mai dubitato chel’albero avesse un’anima — confusa, oscura forse —, un’a-nima comunque, come ogni essere animato”.Ora, leggo che l’insipienza o l’inettitudine di alcune perso-ne nello scavare in terra per fare certi lavori avrebbe dan-neggiato le radici di molte piante cittadine e che altre an-cora si sarebbero “ammalate”; e che, per sicurezza (perimpedire, cioè, che le piante possano un bel giorno cade-re da sole), la Giunta bolognese ha deliberato di tagliarnesettecento. Settecento alberi fanno un bosco. E, prima, holetto di certe piante vetuste e altissime della Montagnoladestinate anch’esse al taglio, perché le loro radici sono sta-te danneggiate dalla stessa inettitudine o negligenza dipersone che non sanno che perfino i capelli che hanno intesta sono contati. Un albero ci mette centinaia di anni a di-ventare quello che è, mentre un uomo ci mette a distrug-gerlo il tempo di metter mano a una sega. E sapete cosa in-tendo. E adesso che il danno è fatto, cosa si è pensato di fa-re? Togliamoli di mezzo, questi settecento alberi(moribondi o no che siano), anche se non ci sono più sol-di per piantarne di nuovi! Questo leggo. E, meravigliagrande! leggo anche qualche “opinione personale” piutto-sto ingegnosa, come quella di un novello Pier delle Vigneche ha affermato: «Spero che in quelle strade non si ri-piantino più alberi, sarebbe un errore perché non sareb-bero mai in sicurezza» (per una più puntuale bibliografia,e per chi volesse ricavarci una tesi di laurea, rimando allaRepubblica del 19 maggio 2002, pagina V della cronaca lo-cale). Costui, temo che meriterebbe di essere trasformatoin una pianta senza “fronda verde, ma di color fosco”, co-

me i suicidi del Canto XIII dell’Inferno; perché pensarla co-me lui è un suicidio.Già hanno cominciato a segare (adesso che scrivo questerighe, nell’ultima decade di maggio). Alcuni tronchi con-dannati sarebbero stati contrassegnati con una croce ver-de… Sembra che il costo di questa ammirevole operazio-ne sia di duecentosessantamila euro; per trovare i quali, èstato detto, si è raschiato “il fondo del barile”! E adessonon ci sono più spiccioli, neanche per comprare un picco-lo pioppo. Leggo anche che alcuni di questi alberi da tagliare sono al-ti più di ventitré metri. Come dire che due insieme arriva-no all’altezza della Garisenda. Mi fermo qui, perché potreidire delle cose un po’ forti (e non voglio imbarazzare nes-suno). Ma invito coloro che ancora sanno che cosa signi-fica la parola creato (in tempi di cose clonate e di mondi vir-tuali) a regalarsi e a regalare ai componenti dendrotómidella Giunta municipale (e a qualche funzionario del Co-mune) una copia del libro di Jean Giono: L’uomo che pian-tava gli alberi (costa solo 5 euro: la cinquantaduemillesi-ma parte della somma stanziata per segare gli alberi). Rac-conta di un uomo che creò una foresta, e fece rinascere lavita — la vita naturale e sociale — laddove c’era solo de-solazione. È una storia vera. Querce, faggi e altre pianteper chilometri e chilometri, che le autorità credettero na-te da sole, sopra la Provenza, a ovest del famigerato mon-te Ventoux (caro alle memorie del Tour de France). L’au-tore, verso la fine del libro, scrive: “Quando penso che unuomo solo, ridotto alle proprie semplici risorse fisiche emorali, è bastato a far uscire dal deserto quel paese di Ca-naan, trovo che, malgrado tutto, la condizione umana siaammirevole”. Nella commossa presentazione del libro,Franco Tassi, che di alberi se ne intende (e sovrintende, enon solo per via del suo cognome), scrive queste parole:“Ogni albero racchiude una storia, un mistero, una me-moria del passato”; “Qualsiasi stupido è capace di distrug-gere gli alberi” scriveva nel secolo scorso John Muir, pio-niere americano della conservazione della natura. “Anco-ra troppo pochi hanno invece il cuore, l’intelligenza e ladedizione necessari per salvarli, custodirli e piantarli.”Cosa aggiungere a queste parole ? Nulla, purtroppo. �

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L’uomo che piantava gli alberidi NICOLA MUSCHITIELLO

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A C C A D E I N C I T T À

il progetto Pellegrino, finanziato con ilprogramma LIFE Natura e consideratodall’Unione Europea come il primo

esempio di approccio di sistema da parte diuna amministrazione pubblica all’attuazionedella direttiva “Habitat” e al programma euro-peo Natura 2000. Dal 1998, infatti, l’assessorato all’ambiente del-la Provincia di Bologna è impegnato nella rea-lizzazione di questo progetto che interessa 7 si-ti di importanza comunitaria (SIC) dell’Appen-nino bolognese situati in altrettanti parchi earee naturalistiche (parchi di Monte Sole, di LaMartina, di Montovolo, del Corno alle Scale edei Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa,Riserva del Bosco della Frattona e ContraffortePliocenico) per una superficie di circa 20 milaettari ed un finanziamento complessiva di circa1.342.788,00 euro.Falchi pellegrini, rospi ma anche salamandree pipistrelli sono i protagonisti del progetto,che è stato chiamato Pellegrino perché le spe-cie animali si spostano, migrano creando nelloro insieme una rete vivente da salvaguarda-re e perché è uno dei falchi a rischio di estin-zione. Specie di interesse minore dunquespesso non protette, ma a rischio, insieme adaltrettanti habitat naturali nei quali si rifugia-no, si nutrono e si riproducono. Ed è proprioall’interno dei 7 SIC dell’Appennino bologneseche sono state individuate e realizzate specifi-

che azioni sperimentali per arrivare a modalitàdi gestione che favoriscano la sopravvivenza diqueste specie. Questi interventi sono e saran-no integrati, come previsto dal progetto, dal-l’elaborazione di programmi per una correttagestione del territorio, da attività di sensibiliz-zazione e divulgazione dei risultati conseguitie dal monitoraggio scientifico degli interventirealizzati.

La conservazione degli anfibiÈ uno degli interventi principali del progettoPellegrino. È il Centro Anfibi di Pianoro, rea-lizzato per salvaguardare piccoli predatori uti-li all’equilibrio naturale come salamandre, ro-spi, rane e tritoni. All’interno delle sue due strutture – il labora-torio di Pian di Macina e l’area esterna lungoil torrente Savena – vengono svolte sia attivitàdi monitoraggio e allevamento sia attività didivulgazione, sensibilizzazione e didattica.Inoltre, per salvaguardare i siti riproduttividegli anfibi, il progetto ha previsto la gestioneed il recupero di questi piccoli habitat dovevengono deposte le uova, come pozze o inva-si artificiali. Infine con due interventi pilota lungo le stra-de provinciali di fondovalle Idice e Savena so-no state istallate specifiche barriere antiattra-versamento in cemento e sottopassi lungo lacarreggiata per evitare che anfibi e altri pic-

coli animali, come ricci serpenti e lucertole,vengano investiti dalle auto durante i loro spo-stamenti.

La conservazione dei chirotteriSono i signori della notte per definizione: so-no i chirotteri, meglio conosciuti come pipi-strelli, di cui spesso si ha paura più per nonconoscenza e superstizione che per motivireali, tutelati già nei lontani anni ’30 del seco-lo scorso. Il problema della conservazione edincremento di questi mammiferi è stato af-frontato dal progetto Pellegrino nella suacomplessità, integrando la tutela diretta conla salvaguardia e corretta gestione del lorospazio vitale, naturale e artificiale. All’interno delle grotte del bosco della Frat-tona e del parco dei Gessi, sono stati realizza-ti cancelli e inferriate di protezione per man-tenerne inalterato il microclima e protegger-le dall’intervento dell’uomo; mentre dovescarseggiano gli anfratti naturali, come all’in-terno dei giovani boschi, sono state installatecavità artificiali per permettere ai chirotteri dicompletare alcune fasi del loro ciclo biologi-co. Ma dato che anche i solai e i sottotetti costi-tuiscono spazi vitali per i pipistrelli, il proget-to ha proposto azioni per la predisposizione dirifugi artificiali in edifici ristrutturati e per ilrecupero compatibile di vecchie costruzioni,

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Tra falchi, rospi e pipistrelli

ÈÈ

T E R R I T O R I O E A M B I E N T E

Le iniziative perdiffondere i risultati

del “ProgettoPellegrino” che hainteressato 7 aree

dell’Appennino nellaprotezione di habitat

e specie a rischio

La “ rana – esculenta”, esemplare di fauna da tutelare e, sopra, uno scorcio del nostro Appenninoin cui si trovano alcune aree protette di recente costituzione

Case rurali fra tradizione e bioarchitettura

come gli essiccatoi per castagne nel Casta-gneto del corno alle Scale.

La conservazione dell’avifaunaForse pochi sanno che le linee elettriche co-stituiscono una delle principali cause di mor-talità per un gran numero di uccelli, fra cui ra-ri rapaci come il falco pellegrino, l’aquila rea-le o la poiana. I fili scoperti di queste lineeinfatti ne provocano la morte per collisione oelettrocuzione (folgorazione per il contattocon gli elementi conduttori), fenomeno che siverifica soprattutto vicino ai siti di nidificazio-ne e in coincidenza con le direttrici di volo. All’interno dei SIC Monti Vigese e Contraffor-te Pliocenico sono state individuati circa 7 kmdi linee a media tensione ad alto rischio i cuicavi sono stati sostituiti con cavi Elicord, ca-ratterizzati da conduttori isolati che annullanoil rischio di elettrocuzione e riducono quello dicollisione grazie alla maggiore sezione del ca-vo e quindi alla migliore visibilità.

Specie ittiche e floraAnche i pesci sono specie “pellegrine” che mi-grano lungo i corsi d’acqua, in particolare du-rante il periodo riproduttivo o di secca dei fiu-mi, ma spesso ostacolati da dighe e sbarra-menti che minacciano alcune specie ormairare, come il vaione, la rovella o il gamberod’acqua dolce. Il primo intervento sperimenta-le del progetto Pellegrino per migliorare la ge-stione idraulica e naturalistica dei corsi d’ac-qua è stato effettuato su due briglie poste lun-go un tratto del fiume Idice, ripristinando cosìla continuità biologica del torrente per un trat-to di 7 chilometri. Protagonista del progettoPellegrino non è solo la fauna ma anche la flo-ra, con interventi dimostrativi di gestioneagro-forestale promossi per la conservazioneed il ripristino degli ambienti naturali ed il mi-glioramento della qualità del territorio di bo-schi e praterie nelle aree protette del Cornoalle Scale, di Monte Sole e dei Gessi Bologne-si e Calanchi dell’Abbadessa.E questi importanti risultati raggiunti dal pro-getto Pellegrino vanno ora comunicati, agli ad-detti ai lavori ma non solo. Così workshop e se-minari di approfondimento destinati a tecnicicomunali, docenti ed agricoltori sono affianca-ti da incontri per sensibilizzare e coinvolgerela popolazione locale e i visitatori nei territoriinteressati dal progetto. Dopo i seminari tenutisi a Monghidoro, Vado,Montovolo e Loiano, i prossimi incontri con lapopolazione si terranno sabato 11 maggio alparco regionale del Corno alle Scale (Lizzanoin Belvedere), sabato 18 maggio al parco re-gionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell’A-badessa (San Lazzaro di Savena) e sabato 25maggio alla riserva naturale orientata Boscodella Frattona. [VERONICA BRIZZI]

razie ad un’esperienza avviata dal Co-mune di Pieve di Cento e dal C.S.A.(Centro Studi Aziendali) di Bologna

che ha gestito un corso indirizzato a tecnici delsettore, è stato dato alle stampe il testo Tecno-logie per il recupero degli edifici rurali-Espe-rienze in Emilia Romagna a cura di AndreaBoeri, docente presso l’università degli studidi Ferrara.Il volume analizza il territorio emiliano-roma-gnolo che è caratterizzato, all’esterno dei cen-tri urbani, da insediamenti di origine ruraleprogressivamente modificato fino a far convi-vere un sistema misto che, sulle tracce dellatradizionale centuriazione, intreccia un utiliz-zo di tipo agricolo con attività produttive, resi-denziali e commerciali.Nel paesaggio emiliano-romagnolo l’architet-tura rurale tende a costituire un elemento dicaratterizzazione: le case, i complessi agricoli,i fienili e le caselle erano legati alla gestionedei campi, alla rete irrigua, ai fossi ed alle chiu-se, alle colture, al sistema tipico della piantata.Insieme all’architettura si perde il sistema or-dinatore di un’organizzazione territoriale diorigine storica che ne ha caratterizzato le for-me di gestione.Architetture regolari, dalle forme compatte erazionali, derivate da una profonda conoscen-za, acquisita ed affinata nel corso delle gene-razioni, del contesto, delle caratteristiche cli-matiche locali e del comportamento, nel tem-po, dei materiali e dei sistemi costruttivi.Sistemi edilizi poveri, sorti con scarsità dimezzi economici a disposizione ma caratteriz-zati dall’efficace applicazione di regole e tecni-che legate al buon costruire, che li rendonoesempi per i moderni approfondimenti disci-plinari di bioarchitettura. Gli edifici si rapportano con l’ambiente circo-

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stante e con il clima in maniera naturale: il so-le contribuisce al riscaldamento invernale eviene filtrato nel periodo estivo tramite albera-ture e portici. Il vento contribuisce all’aerazione trasversaledegli ambienti, favorendone il raffrescamentoestivo, la vegetazione integra le componentiarchitettoniche, proteggendole e contribuen-do al miglioramento del microclima.Il recupero di tale patrimonio costituisce unaspetto prioritario e di estrema attualità nel pa-norama architettonico ed urbanistico contem-poraneo: le modalità con cui operare sono og-getto di discussione ed approfondimento inambito locale e nazionale.Il volume è stato edito oltre che dalla Miner-va Edizioni, dal Comune di Pieve di Cento edalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cen-to. La pubblicazione si propone di affrontareil tema del recupero dell’architettura rurale,valutandone le potenzialità, il contesto opera-tivo e normativo, le problematiche e le tecni-che di intervento spingendosi fino alla tratta-zione, approfondita e relazionata ai criteri diindirizzo, delle tecnologie con cui operaresull’architettura rurale, sugli edifici e le particomponenti, e agli elementi tecnici che li co-stituiscono. Le schede tecniche ne analizzano lo stato rile-vato e le proposte di recupero e riqualificazio-ne funzionale mediante schemi, particolari eindicazioni materiche ed esecutive. Il testo contribuisce quindi favorevolmentealla diffusione di un’aggiornata consapevo-lezza delle problematiche in gioco sul tema,quanto mai attuale, del recupero e della mo-dificazione dell’architettura rurale, fornendoil proprio contributo al dibattito in corso e for-mulando concrete proposte di soluzioni ope-rative. [TIBERIO ARTIOLI]

T E R R I T O R I O E A M B I E N T E

GG

a certificazione ambientale è uno stru-mento innovativo, ma volontario, con cuiimprese e pubbliche amministrazioni at-

testano il proprio impegno a favore dell’am-biente, con politiche orientate verso un control-lo ed un miglioramento continuo delle proprieprestazioni ambientali: una “ecocertificazione”della quale esistono a tutt’oggi pochissimiesempi in Italia e tutti limitati a piccole aree. La Provincia di Bologna, da sempre in prima li-nea per l’ambiente, ha presentato un progettoper arrivare ad ottenere, volontariamente, laecocertificazione di un vasto territorio del pro-prio Appennino. Si tratta di un traguardo am-bizioso che conferma la volontà di promuove-re il territorio nell’ottica di uno sviluppo soste-nibile, per ottenere un marchio di garanziache valorizzi anche i propri prodotti agricoli diqualità. L’obiettivo, sintetizzato nello slogan

“Prodotti sani da un territorio sano”,vuole offrire ai consumatori, semprepiù attenti, prodotti alimentari sicuri,garantiti anche sotto il profilo del pro-cesso subito. In questa ottica il fattoreambiente non rappresenta più il sino-nimo di norme da rispettare per nonincorrere in sanzioni ma diventaun’opportunità competitiva per svilup-pare sul proprio territorio attività eco-sostenibili, che potrebbero suscitare

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L’Appennino garantitoIn arrivo una vera e propria certificazione ambientale

che porterà nuovi frutti al turismo all’agricolturaLL

T E R R I T O R I O E A M B I E N T E

EMAS

L’Environmental Management and Au-dit Scheme è uno strumento di politicaambientale ed industriale a caratterevolontario, introdotto con il regolamen-to CEE 1836/93, con cui si attua unacorresponsabilizzazione delle impre-se nel miglioramento della qualità del-l’ambiente, stimolandole ad adottarecomportamenti ambientali sostenibili.In Italia il sistema fa capo al comitatoEcolabel-Ecoaudit presso l’ANPA cheassegna il marchio ecologico e accre-dita i verificatori ambientali.

Iso 14001La norma internazionale di riferimentoper ottenere la certificazione ambientaleè la ISO 14001, che indica i requisiti cheun’impresa o un’organizzazione deve ri-spettare, tenendo conto delle disposizio-ni legislative e degli impatti ambientali si-gnificativi.L’International Standardisation Organi-zation è un tipo di certificazione ambien-tale volontaria che si è diffusa a livello in-ternazionale a partire dal 1995. Si trattadi un sistema di norme destinate princi-palmente al mercato, che fornisce requi-siti standard alle aziende di qualsiasi set-tore produttivo interessate a stabilire unapolitica ambientale e ad ottenere il rico-noscimento della conformità del propriosistema di gestione ambientale.

anche l’interesse degli investitori turistici.Inoltre l’adozione di validi sistemi di controlloe di miglioramento dell’ambiente potrebbeavere un grande risvolto educativo nei con-fronti dei cittadini, portandoli ad una maggio-re consapevolezza della necessità di tutela delproprio territorio, anche come impegno versole generazioni future. Questo progetto si inserisce nel più ampioobiettivo di valorizzazione ambientale perse-guito da anni, con diversi strumenti di politicaagricola: dal piano regionale dello sviluppo ru-rale agli itinerari enogastronomici, dai servizidi sviluppo agricolo all’orientamento ai consu-mi, dalle produzioni biologiche e di qualità aimarchi di origine dei prodotti alla promozionedell’agriturismo e rintracciabilità dei prodotti.Ottenere la certificazione ambientale in riferi-mento alle norme ISO 14001 e Emas II, signi-ficherebbe quindi per la Provincia di Bolognaavviare un sistema di gestione con cui si im-pegna volontariamente a favore di un miglio-ramento dell’ambiente e delle proprie presta-zioni, migliorando di conseguenza l’efficienzadelle attività di servizio verso i cittadini, e quin-di la qualità della vita. L’operazione per arriva-re alla certificazione ambientale sarà coordi-nata dalla Provincia di Bologna, con la sotto-scrizione di un accordo di programma tra entilocali, Comunità montane e gli altri principalisoggetti interessati come Arpa, Camera diCommercio e le varie associazioni di catego-ria, parallelamente l’assessorato all’agricoltu-ra costituirà un gruppo di lavoro interno e unadirezione operativa per governare le fasi delprocesso di certificazione. [V. B.]

elaborazione del Piano provinciale siinserisce in un contesto nazionale edinternazionale che, negli ultimi anni, è

stato caratterizzato da un forte dinamismo perquanto riguarda i temi energetico-ambientali.A livello nazionale è da sottolineare lo svilup-po di una nuova politica di decentramento aglienti locali, avviata con la legge 59/97 (“LeggeBassanini), con una ridefinizione dei loro ruo-li e funzioni anche in campo energetico (de-creto legislativo 112/98). A livello internazio-nale il tema energetico viene sempre più iden-tificato con il problema dei cambiamenticlimatici ed i tentativi di limitarne la loro por-tata, che trovano al momento la loro maggioreespressione nel protocollo di Kyoto, sono unostimolo per cercare di introdurre il concetto disostenibilità anche per l’impiego delle fontienergetiche. La combinazione di questi duefattori fa sì che la Provincia si inserisca conmaggior forza nella programmazione e pianifi-cazione del settore energetico, cercando dimettere a punto delle azioni e degli strumentiidonei allo scopo coinvolgendo nello stessotempo, sia i soggetti pubblici che privati. Nelnuovo contesto di mercato “liberalizzato” esi-stono alcune condizioni affinché gli stessi ope-ratori energetici investano in operazioni di re-cupero delle fonti rinnovabili piuttosto che dicontrollo della domanda, lasciando alla Pro-vincia il compito di investire nei settori che ilmercato ritiene al momento meno appetibili,di diventare soggetto di promozione ed incen-tivazione e di mettere a punto tutti gli stru-menti di semplificazione amministrativa atti a

facilitare lo sviluppo degli interventi di soste-nibilità energetica. D’altra parte, proprio inquesto mercato liberalizzato, risulta ancoradifficile valutare quale “peso specifico” potràassumere realmente lo stesso potere del go-verno provinciale nel proporre o imporre unqualsiasi strumento “regolatore” della politicaenergetica sul territorio. Il Piano si pone l’obiettivo di definire le condi-zioni idonee allo sviluppo di un sistema ener-getico che dia priorità alle fonti rinnovabili edal risparmio energetico come mezzi per unamaggior tutela ambientale. In altri termini si-gnifica usare le fonti rinnovabili disponibili a li-vello locale, come la biomassa di origine fore-stale, la biomassa di origine agricola, l’energiasolare per la produzione di acqua calda e l’e-nergia elettrica e della fonte eolica per conse-guire un risparmio di fonti fossili pari a 96.700tonnellate equivalenti di petrolio (Tep) all’an-no, corrispondente a 163.700 tonnellate all’an-no di CO2 (ossido di carbonio). Il Piano è stato formulato sulla base della rico-struzione della situazione storica della provin-cia di Bologna e i dati raccolti evidenziano chei consumi energetici nel 1999 erano cresciutidel 20% rispetto al 1985 e che la parte più rile-vante degli stessi era attribuibile al settore de-gli “usi civili”. [T. S.]

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Il piano energetico ambientale

T E R R I T O R I O E A M B I E N T E

L’L’

Una torre della centrale eolica nei pressi di Castel dell’Alpi

È di 7,45 ettari pro-capitel’impronta ecologica dellaprovincia di Bologna. Si-gnifica che, per mantene-re il nostro stile di vita abi-tuale medio (alimenti, tra-sporti, abitazioni, beni diconsumo, servizi), abbia-mo bisogno di consumarel’equivalente di quanto lanatura produce in quellaquantità di terra. L’impron-ta ecologica provinciale èsignificativamente supe-riore a quella media na-zionale (5,51 ettari), e sipone in una situazione in-

termedia fra le peggiori ele migliori prestazioni deipaesi industrializzati (gliEmirati Arabi hanno l’im-pronta più pesante, pari a16 ettari, mentre quelladegli Usa è di 12,20 etta-ri); è comunque pari a 260volte il valore medio mon-diale, e superiore addirit-tura del 2114% all’im-pronta di un abitante del-l’Eritrea. Se tutticonsumassero come noiservirebbero tre pianetiTerra per soddisfare leesigenze di tutti. L’impron-

ta ecologica nel comunedi Bologna è ancora supe-riore alla media provincia-le, esattamente 8,3 ettari.Quella più bassa è quelladi Grizzana Morandi, paricomunque a 5,32 ettari.L’impronta ecologica è l’in-dicatore relativo allo statodi pressione umana sui si-stemi naturali, che vienerappresentata attraverso ilparametro di “consumo” diterra. In pratica, è il calco-lo di quanta terra abbiamobisogno per soddisfare inostri consumi e per as-

sorbire i nostri rifiuti. Il nu-mero degli ettari per per-sona (o unità di misuraequivalente) che se ne ri-cava, è la misura dell’im-pronta ecologica, cioè del“peso” di ciascuno sullaTerra. L’impronta è consi-derata un ottimo indicato-re della sostenibilità dei si-stemi economico-sociali,considerando che il puntodi partenza per il calcolo èla stima dei nostri consu-mi: alimenti, trasporti, abi-tazioni, beni di consumo,servizi.

LA NOSTRA IMPRONTA

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ice: «Tutte le vie principali hanno ailati dei bei portici dove si può cam-minare tanto a piedi che a cavallo

per evitare l’ardore del sole e l’importunitàdella pioggia».Ma gli viene contestato: «Pare che i porticiguastino di molto le case e rendano i corri-doi d’accesso molto scuri. I mercanti netraggono giovamento perché quella falsa lu-ce è adattissima per mascherare i difetti del-le loro mercanzie».Non è – quello riportato – un dialogo vero eproprio perché la prima opinione è stataespressa da Michel de Montaigne nel ’500 ela seconda è di padre Jean Baptiste Labat,che la esternò ai primi del ’700.È, però, la dimostrazione che i portici sono,da oltre 800 anni, un elemento dal quale nonsi può prescindere non solo vivendo a Bolo-gna, ma anche solo visitandola o parlando-ne. Sono un patrimonio di questa città pada-na che Renzo Renzi definisce “pianeta porti-cato”, e se – come si spera – andrà in portol’operazione culturale avviata dall’Unesco,presto potranno essere dichiarati “patrimo-nio dell’umanità”.A Bologna «si può passeggiare e girovagarecosì, al coperto, anche per due o tre giorni:quanti ce ne vogliono a percorrere quei qua-ranta e più chilometri di portici che si sno-dano per la città, senza differenza fra le sueparti monumentali e quelle umili, e un tem-po artigiane e popolane»: così Eugenio Ric-comini nella sua prefazione al volume I por-

tici di Bologna che (edito dall’Inchiostroblu)ripercorre la storia di questo particolare ele-mento architettonico, di questa caratteristi-ca urbana che, a parere di molti, riflette for-s’anche una tendenza del costume e dellospirito petroniani e quella che Riccardo Bac-chelli aveva chiamato “medietà”: l’arte, cioè,di non prendere parte troppo scopertamen-te, “di moderare le opinioni, di avere sospet-to o diffidenza d’ogni affermazione radica-le”. Esista o meno questo nesso, è un fattoche il portico, nato dalla necessità di trovaree dare più spazio sia alle abitazioni che alleattività mercantili e artigiane, in un’epoca diforte inurbamento come gli anni intorno alMille, è un esempio di convivenza fra “pri-vato” (la proprietà del portico stesso) e“pubblico” (il suo uso); una mediazione frainterno ed esterno, fuori e dentro, fra co-perto e aperto. Sono un vero e proprio “mon-do”, che le stupende, magiche e insieme rea-listiche fotografie di Gabriele Angelini e i te-sti vivacemente colti e acutamente amorosidi Guido Mascagni squaternano e sviscera-no, percorrendo visivamente, storicamentee umanamente genesi, sviluppo e uso di que-sta particolarità edilizia assurta addiritturaal proverbiale se è vero, come è vero, che ilvocabolario Devoto Oli ancora oggi alla vo-ce “portici” cita solo tre esempi: il porticodelle basiliche paleocristiane, i portici di Bo-logna e quello di Atene, la celebre Stoà.In legno – come il progenitore: lo sporto – oin mattone; alti – come quello antichissimo

di palazzo Isolani, in Strada maggiore con lesue stilate lignee di nove metri – o bassi, co-me gli angusti portichetti dei Mirasoli; lar-ghi (fra le prime disposizioni delle autoritàcittadine riguardanti i portici quelle relativealle dimensioni degli stessi, che dovevanoconsentire anche il passaggio di un uomo acavallo) o stretti (come quello che vanta ilprimato della strettezza, in via Senzanome,una laterale di via Saragozza ): i portici van-no comunque capiti e vissuti. I colori, gliodori, le scritte antiche e nuove, i piccoli se-greti (come la finestrina di via Piella, che siapre su una Bologna ormai dimenticata: laBologna delle acque) e la gente. La genteche in queste strade “protette” ( Kenzo Tan-ge ha definito il portico di San Luca, con lesue 666 arcate, il primo esempio di circola-zione selezionata: all’interno i pedoni, all’e-sterno i veicoli) ha la possibilità di cammi-nare, sostare, guardare vetrine, sedersi albar e osservare il passeggio, consumandoquasi un rito di socievolezza e partecipazio-ne, di condivisione di un’atmosfera.I portici, per chi di Bologna non è, sono unascoperta, un fattore urbano inconsueto chemuta persino la prospettiva visiva delle stra-de, una novità con cui fare i conti.Per chi – come me – è bolognese verace fanparte (come ho affermato nel mio interven-to nel volume) del proprio Dna, così comefan parte del dipanarsi della storia di Bolo-gna: storia che, forse, senza i portici sareb-be stata diversa. Chissà… �

Un patrimonio tutto bolognese

di PAOLA RUBBI

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portici per i porticiA sinistra, lecolonne e gli archidel portico delBaraccano in ViaSanto Stefano e, adestra, il severoporticato delcinquecentescoPalazzo Capraradi Piazza Roosvelt(immagini tratteda “I portici diBologna” edizioniL’inchiostroblù)

ono stati numerosi in quest’ultimo anno i pronun-ciamenti dell’assemblea di Palazzo Malvezzi sul te-ma della pace in Medio Oriente a partire da un or-

dine del giorno del 19 giugno 2001.In autunno, dopo gli sconvolgenti attentati terroristicicompiuti da Al Qaeda negli Stati Uniti, quando la speranzaper una ripresa del dialogo in Palestina si è arenata di fron-te all’impressionante escalation di violenza di entrambe leparti, il Consiglio ha dedicato un’altra seduta a questo te-ma: dopo la visita in Conferenza Metropolitana di JihanAnastas del Consiglio comunale di Betlemme e Debbi Ler-mann fondatrice dell’associazione “Donne in nero” diIsraele. In quell’occasione l’assemblea ha condannato al-l’unanimità gli atti terroristici che hanno ripetutamentecolpito il popolo israeliano e impedendo la ripresa del pro-cesso di pace, considerando in ogni caso pericolosa la rea-zione militare scatenata dal governo israeliano, come pu-re il suo tentativo di colpire l’indipendenza dell’Autoritànazionale Palestinese. Il Consiglio ha invitato quindi laGiunta ad avviare rapporti con le realtà istituzionali israe-liani e palestinesi.Nel febbraio di quest’anno poi, il Consiglio tornava nuova-mente sulla situazione sempre più drammatica sia per sol-lecitare misure in difesa della popolazione civile che percercare di ricostruire una convivenza pacifica e recupera-re uno spazio negoziale fra i due governi.

Una delegazione al femminile Il 12 marzo le donne sindaco della provincia hanno aderi-to alla proposta di costruire “ponti di pace” con le ammi-nistrazioni e le comunità coinvolte in un conflitto che ap-pare ormai, privo di senso e di soluzioni: nasce così la mis-sione di pace degli enti locali in Israele cui partecipa unasignificativa delegazione di donne rappresentanti dellaprovincia di Bologna.Vi partecipano infatti la consigliera provinciale Sonia Pari-si, Lia Amato in rappresentanza del Consiglio regionale,Simonetta Saliera sindaco di Pianoro, Nara Rebecchi sin-daco di Medicina e Simona Lembi del Consiglio comuna-le di Casalecchio di Reno.Per una settimana, dal 13 al 20 aprile, sperimentano la vitaquotidiana delle due comunità: check point, rumori diguerra e soprattutto un senso di paura diffuso; affrontanolo smarrimento e l’angoscia provocati dagli attentati, l’im-potenza di fronte ai carri armati che bloccano gli aiuti uma-nitari e gli accessi ai villaggi palestinesi.La delegazione italiana riesce a penetrare nella Striscia di

Gaza, Ramallah e Betlemme, ha incontri con le massimeautorità italiane, con il Patriarca latino di Gerusalemme,con il Nunzio apostolico e i rappresentanti del discioltoParlamento palestinese.Al rientro, nella relazione svolta al Consiglio, Sonia Parisiha ricordato la necessità di sostenere quei gruppi che cer-cano di tenere aperto un canale di dialogo come il “Jeru-salem Link” che già nel 2000 propose di fare di Gerusa-lemme la capitale dei due stati.Gli impegni già sottoscrittiLa Provincia ha già fornito il suo appoggio attraverso laScuola di Pace di Monte Sole che ospiterà in estate il cam-po “la Pace a quattro voci” con ragazzi israeliani, palesti-nesi, italiani e tedeschi mentre alla fine di luglio, ospiti del-la Regione Emilia-Romagna, arriveranno altri ragazzi pro-venienti dai campi profughi palestinesi.Il Consiglio ha poi aderito alla “Marcia per la pace Peru-gia-Assisi” del 12 maggio ed ha accolto favorevolmente laproposta lanciata da Sharim Sheibe e David Grossman diabbracciare, in segno di sostegno e condivisione, l’interaGerusalemme con un’amplissima catena umana il 27 e 28giugno. Sempre a sostegno della pace sono giunte a Pa-lazzo Malvezzi Amneh Badran e Raja Rotem, esponenti del“Jerusalem Center of Women” palestinese e del centroisraeliano “Bat Shalom” (figlia della pace); le due ospitihanno chiarito la posizione comune raggiunta dai gruppipacifisti dopo lunghi confronti: concordano che Israele oc-cupa territori non suoi mentre i palestinesi attendono daoltre 50 anni una soluzione adeguata; ribadiscono che gliinsedia- menti israeliani nei territori occupati devono es-

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Cronaca degli impegni e delle iniziative delle istituzioni

bolognesi per la ripresa del dialogo israelo-palestinese

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A T T U A L I T À

Per la pacein Medio Oriente

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sere congelati e gradualmente rimossi per giungere allacostituzione di due stati distinti con uguale dignità che,condividendo le risorse della regione, possano garantiregli elementari diritti alla sicurezza, all’autonomia e allo svi-luppo, permettendo una vita migliore a entrambi i popoli.Nello stesso tempo la Provincia ha partecipato alle riunio-ni del tavolo sulla Palestina convocato dalla Regione; inquesta sede di coordinamento ha garantito il suo contri-buto per convogliare risorse proprie e dei Comuni del ter-ritorio su quei progetti di aiuto proposti dalle Ong bolo-gnesi presenti sul campo, che otterranno l’approvazionedei partecipanti al tavolo stesso.Da ultimo il presidente Prodi insieme al presidente dellaGiunta regionale Errani ed ai rappresentanti di quattroProvince e di quattro Comuni emiliano-romagnoli si è re-cato in missione in Israele e Palestina dal 27 al 30 maggio:la delegazione regionale ha avuto colloqui con docenti uni-versitari arabi, con Sari Nusseibeh, rappresentante pale-stinese per Gerusalemme e Hanna Siniora, leader storicodel pacifismo palestinese e con l’Associazione degli ebreiitaliani.Con il prezioso appoggio del Consolato italiano di Geru-salemme sono riusciti ad incontrare a Betlemme e a Na-blus, il sindaco ed il governatore del Distretto e GhassanAl Shaqa’ presidente dell’Associazione palestinese deglienti locali che ha sottoscritto con il presidente Errani unaccordo per la fornitura di aiuti per la ricostruzione dellecittà ed il sostegno da parte degli enti locali della nostra re-gione a quei soggetti che operano per favorire il dialogo ela pace.Il 29 maggio a Ramallah i delegati hanno inoltre incontra-to il presidente Arafat che ha tra l’altro ricordato quantoimportante possa essere il ruolo del nostro paese nella ri-soluzione del conflitto e di come abbia sempre trovato inItalia degli amici che hanno sempre incoraggiato la convi-venza tra i due popoli e appoggiato il processo diplomati-co per il riconoscimento dello stato palestinese.Prima di rientrare in Italia, i membri della delegazionehanno anche avuto l’opportunità di incontrare Adi El Dar,presidente dell’Associazione enti locali israeliana che hamanifestato la volontà di continuare, pur nella difficoltà delmomento, a collaborare con enti locali palestinesi.Il programma di visite si è concluso al Peres Center forPeace di Tel Aviv che lavora dal 1997 per promuovere lapace attraverso progetti di cooperazione economica, so-ciale e culturale.Alla fine di questo viaggio resta l’impegno della Provinciadi Bologna nei confronti di terre lacerate da una moltepli-cità di problemi che si intrecciano nella complessità di unastoria dolorosa di diffidenza e guerra ininterrotta da circasessant’anni, cui si aggiunge la conflittualità fra tradizioniantichissime su cui si innestano ora anche i problemi diuna società multiculturale come quella israeliana. Solo unintervento esterno da parte della comunità internazionalepuò garantire una tregua durevole e sostenere il faticosocammino verso la pacificazione del Medio Oriente. In que-sta prospettiva anche la Provincia, insieme agli altri enti lo-cali, può offrire il suo contributo per una “diplomazia dalbasso” che, coinvolgendo ai più diversi livelli le due co-munità, riesca a disinnescare la logica della violenza e su-scitare le premesse di una collaborazione fattiva e di unaconvivenza lungimirante. [N. B.]

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Manifestazionedell’associazione perla pace “ GusaShalom” per ilriconoscimento diGerusalemmecapitale dei due stati.Sopra, leamministratrici chehanno composto ladelegazionefemminile in MedioOriente, al lororientro, accolte dalPresidente dellaProvincia VittorioProdi

Nella pagina accantouna delle tantemanifestazioni delle“Donne in Nero” aGerusalemme.L’associazione simobilita per ilriconoscimento delloStato palestinese e lafine del conflitto. Asinistra, una via diGaza

UN ANNO DI AGRICOLTURAPresentati all’Assemblea di PalazzoMalvezzi, riunita in seduta straordina-ria, i risultati dell’annata agraria 2001Mucca pazza, cibi transgenici, pestici-di. Le questioni legate all’agricolturaescono da qualche tempo dagli ambitiristretti dei addetti ai lavori per inte-ressare sempre più l’opinione pubbli-ca che, soprattutto sui temi relativi al-la sicurezza alimentare, è molto piùinformata rispetto al passato, e perciòpiù esigente e attenta.Per rispondere alla richiesta di mag-gior trasparenza e coinvolgere più di-rettamente il mondo agricolo nellescelte che li riguardano, il Consiglioprovinciale, per il terzo anno consecu-tivo, in occasione della presentazionedel rapporto sull’annata agraria 2001,il 7 maggio scorso ha aperto la propriaseduta agli enti e alle associazioni diquesto settore, per cercare nel con-fronto fra le idee, stimoli e nuove pro-poste. L’assessore provinciale all’am-biente Nerio Scala, che ha lasciato alprofessor Roberto Fanfanidel dipartimento di Scienzestatistiche dell’Università diBologna l’illustrazione piùstrettamente tecnica del rap-porto 2001, nella sua relazio-ne introduttiva ha tracciatouna panoramica delle mag-giori questioni in materiaagricola, accennando breve-mente anche ad alcune pro-blematiche di carattere inter-nazionale: disparità fra le ri-sorse destinate all’agricoltura

americana rispetto a quelle previstedall’Unione Europea; la verifica a giu-gno di metà mandato di Agenda 2000,per rinegoziare le risorse destinatedalla Ue all’agricoltura; difesa dei mar-chi di qualità, la cui esistenza è messatroppo spesso in pericolo dalle politi-che comunitarie. Relativamente invece al nostro terri-torio, Scala ha ricordato l’adesionedella Provincia all’iniziativa avviata loscorso anno dalla Regione Emilia-Ro-magna sulla tracciabilità dei prodotti:«La possibilità di garantire la prove-nienza dei generi alimentari è assolu-tamente strategica per il settore, siaperché rafforza la fedeltà dei consu-matori ai prodotti certificati, sia per-ché responsabilizza le imprese pro-duttrici a ricercarne la qualità, au-mentandone la competitività». Per quanto riguarda in particolare leproduzioni di qualità, a giudizio di Sca-la queste vanno rafforzate e ampliateanche ad altri prodotti; su questo fron-

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te ha ricordato le iniziative già avviateper valorizzare ad esempio la “pera ti-pica” e, analogamente nella zootecnia,le razze autoctone bovine come quellaemiliana. Sviluppo e competitività sisposano con una politica di riqualifica-zione dei territori in cui le aziendeoperano, attraverso una vera e propriacertificazione territoriale, come adesempio s’intende realizzare nei co-muni dell’Appennino.Pur giudicando positivi i dati com-plessivi emersi dal rapporto, l’asses-sore ha tuttavia posto l’accento su al-cune problematiche che potrebberocompromettere lo sviluppo dell’interocomparto come l’emergenza idrica ela semplificazione delle procedure diregolarizzazione della manodoperastagionale qualificata, in particolare dipersonale extracomunitario.Sull’emergenza idrica, quest’annoparticolarmente sentita a causa dellasiccità dell’inverno appena trascorso,l’assessore ha annunciato la realizza-zione del progetto Tubone, un addut-tore che dal Canale Emiliano Roma-gnolo porterà l’acqua fino a Corticella.Il progetto, già finanziato dal ministe-

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La produzione lorda vendibile della pro-vincia di Bologna ha fatto registrare, peril secondo anno consecutivo, un aumen-to del suo valore, attestandosi sopra i505 milioni di euro (oltre 959,7 miliardi dilire), con un incremento di oltre il 14% ri-spetto al 2000. Le produzioni vegetali,che rappresentano l’84% della produzio-ne provinciale, hanno mostrato gli au-menti più significativi (+16,7%), anche

se differenziati fra i vari prodotti: le col-ture arboree (+37,8%), che si riconfer-mano il comparto più rilevante dell’in-tera provincia, gli ortaggi (+13,9%), icereali (+7,8%), le floricole (3,3%) e levitivinicole (0,7%), mentre le coltureindustriali sono diminuite (–17,5%). Laproduzione zootecnica, che rappre-senta il restante 16% della produzioneprovinciale ha fatto registrare un incre-mento del 5,2%. È aumentata la pro-duzione di latte (+4,1%), mentre è di-minuita quella di uova (–2,2%). La cri-si della BSE ha cambiato lacomposizione interna della produzio-ne di carne. È diminuita la produzionedi carne bovina (–22,2%) con un for-tissimo aumento però della produzio-

ne di vitelli (+120%) e si è assistito poi adun grande incremento della produzionesuina (+64%), mentre fra gli avicoli è au-mentato solo il pollame da carne(+55%).L’analisi dei dati provvisori del VCensimento dell’agricoltura del 2000conferma la progressiva diminuzione delnumero di aziende (–24%) e delle su-perfici aziendali (–9,1%), con un conse-guente aumento della dimensione me-dia aziendale.I seminativi sono la forma di utilizzazio-ne del terreno più diffusa in provincia(70,4% delle aziende e 78,1% di SAU),mentre le legnose agrarie interessano il51,6% del totale delle aziende ed il 12%della SAU totale; i prati e pascoli rappre-sentano il 19,8% delle aziende ed il9,7% della SAU, superficie che risultaessere aumentata negli ultimi decenni,soprattutto nelle zone collinari a causadell’abbandono di altre tipi di colture. Lariduzione delle aziende e della superfi-cie (totale e dei seminativi) dove si veri-ficano veri e propri fenomeni di abban-dono delle attività agricole. L’aumentodelle dimensioni aziendali è invece mol-to più marcato nelle zone di pianura.

TUTTI I DATI DEL COMPARTO

ro dell’agricoltura, sarà appaltato agiugno, e tra settembre e ottobre ini-zieranno i lavori. Inoltre, con la Boni-fica Renana, è partita un altra rilevan-te iniziativa per l’utilizzo in agricolturadelle acque reflue dei depuratori, checonsentirà di mantenere vivi i torrentia valle dell’Emilia e che costituirà unaalternativa al prelievo dell’acqua di fal-da. Anche sul fronte manodopera sisono raggiunti importanti risultati: do-po aver censito il fabbisogno delleaziende del territorio, la Provincia e leorganizzazioni professionali, grazieanche alla collaborazione della Que-stura, sono riusciti a ridurre l’istrutto-ria per i visti del personale extraco-munitario dai novanta giorni canoniciad un massimo di diciotto venti. Sonoora da risolvere molti dei problemi le-gati all’accoglienza, in primo luogoquello della casa. Infine Scala ha concluso il suo inter-vento ricordando sinteticamente alcu-ne iniziative già avviate negli anni pas-sati e che stanno già producendo deibuoni risultati come l’utilizzo di coltureenergetiche per la produzione di bio-diesel e il miglioramento della comuni-cazione tra istituzioni e utenti attraver-so lo sviluppo dell’informatizzazionedegli enti locali delegati in materiaagricola. [a cura di LAURA PAPPACENA]

I pareri dei capigruppo

Il recente Consiglio straordinario suirisultati dell’annata agraria ha messoin evidenza alcuni fatti da tempo co-nosciuti e più volte stigmatizzati dalGruppo di AN che è opportuno unavolta di più sottolineare nel tentativodi portarli a soluzione per agevolare lecondizioni di lavoro di un importantesettore come quello agricolo.Caccia: materia ben nota. Bisogne-rebbe intervenire in particolare in me-rito ai continui danni per le aziendeagricole che non solo aumentano, maper i quali la normativa regionale nonprevede un giusto ristorno.Parchi: le organizzazioni di categoriahanno recentemente stigmatizzato laprossima nuova costituzione del par-co dei Gessi Romagnoli, in cui il mon-do agricolo non trova sufficiente rap-presentatività. In generale l’agricoltu-ra nei parchi soffre di limitazioniinsostenibili che la rendono non com-petitiva con le zone extra-parco. A ciò

si aggiunga il problema dei danni daungulati e altro.Burocrazia: il peso burocratico del-l’apparato pubblico è ancora insoste-nibile per le aziende a bassa margi-nalità economica come quelle agrico-le. Una parte considerevole delguadagno viene impiegato per farfronte agli adempimenti obbligatoriper le aziende.Sanzioni: recenti controlli, in parti-colare del Corpo Forestale dello Stato,hanno evidenziato come, in presenzadi una normativa farraginosa, l’ecces-so di zelo di alcuni controllori si sia ri-velato quantomeno discutibile. San-zionare pesantemente aziende dimontagna per inadempienze formali enon sostanziali porta le aziende stessead essere incentivate ad abbandonareun territorio ove la sopravvivenza eco-nomica è già al limite.

[SERGIO GUIDOTTI

CAPOGRUPPO ALLEANZA NAZIONALE]

Una agricoltura bolognese in ripresama con uno sviluppo ancora da conso-lidare: questo è lo scenario che ci con-segna il Rapporto 2001 sull’annataagraria.Uno sviluppo, da consolidare, che habisogno più che mai del sostegno de-gli enti locali per affermare definitiva-mente una nuova stagione per le no-stre imprese agricole.La Provincia dovrà dedicare nei pros-simi anni ancora più energie ed azionitese a rendere competitive le nostreproduzioni valorizzando la qualità deiprodotti locali attraverso lo sviluppo ela nascita di nuovi marchi di produzio-ne, e valorizzando esperienze che co-niugano la produzione agricola con ilturismo e la promozione delle aree na-turali del nostro territorio.Dovremmo dedicarci a costruire unasolida alleanza fra consumatori e pro-duttori agricoli attraverso politicheche privilegino la qualità dei prodottialla loro quantità.Una produzione agricola sana, cheguarda con sempre più interesse albiologico come un obiettivo fonda-mentale nell’interesse dei consumato-ri, ma anche del reddito dei coltivato-ri e delle prospettive future delle im-prese agricole.Dovremmo impegnarci come Provin-cia per garantire qualità e sicurezzaalimentare e stimolare tutte le azioninecessarie affinché gli investimenticonsistenti sostenuti dai nostri pro-

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duttori in questi anni per un prodottodi qualità, non siano vanificati da scel-te che in nome del mercato interna-zionale producano un danno per i no-stri coltivatori e per i consumatori.La vicenda del latte fresco e della pro-duzione di latte ad alta qualità con lepolemiche e le contese di questi mesisono un esempio significativo di que-sto rischio che noi come istituzioneabbiamo il dovere di contribuire ascongiurare.

[ALESSANDRO RICCI

CAPOGRUPPO DEMOCRATICI DI SINISTRA]

Un appuntamento annuale della Pro-vincia di Bologna sui principale aspet-ti relativi alla situazione agraria del no-stro territorio è di indubbia utilità enotevole interesse.Dalla relazione presentata in sede diConsiglio credo emergano elementidi indubbio rilievo: una produzioneagricola e zootecnica sempre più voltaalla qualità, un crescente interesse delconsumatore verso alimenti cosiddet-ti biologici provenienti da filiere sotto-poste a controlli di certificazione conconseguente aumento di produzioneda parte del mondo agricolo.

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Restano tuttavia importanti aspetti sucui impegnare enti pubblici e privati:aumentare i controlli sanitari su carni,frutta e verdura al fine di garantire ilconsumatore circa la salubrità deglialimenti (anche per quanto riguardacertificate assenze di organismi gene-ticamente modificati), incoraggiare iproduttori che decidono di puntaresul “biologico” e a fare opera di divul-gazione sull’educazione alimentare,creare modalità che agevolino specifi-che attività produttive agricole e zoo-tecniche tipiche della montagna bolo-gnese.

[SANDRO MAGNANI

CAPOGRUPPO FEDERAZIONE DEI VERDI]

In ordine al bilancio sull’annata agra-ria 2001 giudico positivamente i risul-tati raggiunti dall’assessore Nerio

La relazione fornita ai Consiglieri haevidenziato per il 2001 una situazionepiù che soddisfacente per le colturesia arboree che erbacee. Nonostanteil calo delle superfici coltivate, la fre-quente instabilità meteorologica, e so-prattutto la diminuzione consistentedegli allevamenti dovuti alla crisi ge-nerata dalla BSE, si può affermare consoddisfazione la buona tenuta e labuona ripresa economica di questosettore che ha dimostrato vivacità ecompetitività, nonché la capacità diadeguarsi con prontezza alle richiestedi mercato che sempre più sono orien-tate alla produzione “biologica”. A questo proposito bisogna rilevarel’alta percentuale (15%) delle coltiva-zioni già avviate con questa metodolo-gia e comunque una vasta percentua-le anche di produzione “integrata” ed

avviata quindi verso siste-mi che comportano mino-re uso di pesticidi. Il ri-schio BSE ha favorito l’al-levamento di vitelli equesto ha comportato uncalo meno sensibile suun’attività che ha subitouna crisi pesantissima ne-gli ultimi 18 mesi. Anche l’andamento delmercato fondiario in viva-ce ripresa fa ben sperare esoprattutto va a meritodella tenacia e della buonacapacità imprenditorialesia delle aziende agricoleche delle associazioni dicategoria, in grado, evi-dentemente, di supporta-re con efficacia le scelte

operate dagli imprenditori di questosettore. L’aumento delle aziende agri-turistiche, i contributi destinati a gio-vani nuovi imprenditori e la tendenzaalla salvaguardia delle razze e delleproduzioni tradizionali locali contribui-scono a immettere nuova linfa vitale inquesta importantissima voce della no-stra economia (e della nostra storia).

[GIOVANNI DE PLATO CAPOGRUPPO

MARGHERITA-DEMOCRAZIA È LIBERTÀ]

I dati confortanti sull’aumento dellaproduzione agricola non possono nonfare riflettere anche sulla qualità deiprodotti, che va ricercata in ogni pro-duzione del mondo rurale. La societàcivile richiede oggi una puntuale at-tenzione ai problemi dell’alimentazio-ne, della sicurezza alimentare e del-

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l’ambiente. Occorre quindi coniugarele esigenze di sviluppo e di ammoder-namento del sistema agricolo mante-nendo fissi i parametri sopra elencatiper una migliore qualità della vita.La tendenza alla liberalizzazione ditutti i mercati europei e mondiali evi-denzia l’importanza della sicurezzadei prodotti e la relativa tracciabilitàperché i prodotti locali in questo mo-do siano esaltati, qualificati e sicuri. Èestremamente importante per la no-stra provincia e per la nostra regioneriuscire a fornire un percorso definitodel prodotto che tuteli, in termini diconoscenza e di salute, il consumato-re e rafforzi l’economia mettendo sulmercato prodotti di qualità.Un altro problema evidente che l’agri-coltura nazionale deve affrontare è lacommercializzazione dei prodotti inun mercato globale. Diventa importante confrontarsi conle multinazionali che controllano ilmercato dei prodotti agricoli e quindila necessità di creare strutture adatteper questo confronto. A mio avvisoquesto è un punto essenziale. Un altro aspetto da sottolineare èquello della mano d’opera che semprepiù scarseggia. Occorre ribadire chepurtroppo la legge Bossi-Fini sull’im-migrazione porrà seri problemi pernuove assunzioni di persone extra-co-munitarie nel settore agricolo ed unpaese che punta alla qualità dei pro-dotti in modo così importante per lasalute dei consumatori, non può per-mettersi di non tutelare civilmente lepersone che lavorano nel settore.[ELPIDOFOROS NICOLARAKIS CAPOGRUPPO

PARTITO DEI COMUNISTI ITALIANI]

D A L C O N S I G L I O

Scala che ha incrementato discreta-mente le attività produttive provincia-li che praticano l’agricoltura biologicaed integrata, ma ritengo ancora ne-cessario un maggiore sforzo dell’as-sessorato per portare questi due set-tori d’eccellenza ad avvicinarsi al 50%della produzione provinciale. Rilevoperò negativamente che è stata per-duta l’occasione, che andava assoluta-mente colta, approfittando del fattoche il 2002 è l’Anno della Montagna,per affrontare con decisione il proble-ma dello sviluppo e della razionalizza-zione dell’agricoltura nel territoriomontano della nostra provincia cheinvece, ancora una volta, è risultatotrascurato e penalizzato.

[MARIO PEDICA

CAPOGRUPPO FORZA ITALIA]

Il Rapporto sull’annata agraria ha for-nito un quadro esauriente sull’anda-mento nella Provincia di Bologna diquesto settore. I dati più significativisono quelli riferiti al numero di azien-de presenti, circa 17.500, che pongo-no la provincia di Bologna in testa allagraduatoria regionale. Sull’aspetto produttivo i vari compartihanno avuto un andamento per lo piùfavorevole in particolare per il settoredelle produzioni vegetali. Un altro ele-mento positivo emerso è il marcatoorientamento delle imprese agricolebolognesi verso le produzioni di qua-lità ottenute nel rispetto di specifici di-sciplinari a marchio regionale Q.C.(Qualità Controllata), all’avanzamen-to del biologico oltre all’adesione ver-so specifici marchi d’origine (DOP,IGP, DOC, DOCG ecc.).Di contro si è assistito ad un forte ca-lo dell’occupazione con particolare ri-ferimento a quella di tipo stagionale.Sotto l’aspetto istituzionale il 2001 harappresentato l’anno di piena investi-tura della Provincia di Bologna, nell’e-sercizio delle funzioni in agricolturaassegnate dalla Regione con la LeggeRegionale 15/97, essendo stato com-piuto il trasferimento del personale re-gionale. È emerso comunque sottoquesto aspetto un quadro assai confu-so dove non è ancora chiaro, a distan-za di anni, l’effettiva portata delle fun-zioni ricevute dalla Regione oltre adevidenziare l’eccessiva “polverizzazio-ne” delle competenze in agricolturatra la Provincia e le quattro Comunitàmontane, che come enti territoriali as-sumono pari dignità secondo quantoprevisto dalla LR 15/97.Il quadro presentato dall’assessoreScala è stato tuttavia ottimista nonavendo manifestato alcun elemento dicriticità esistente.Le cose invece non stanno propria-mente così: la situazione oggi vede leProvince e Comunità montane investi-te solo di funzioni che si riassumonoin adempimenti amministrativi, conscarso o nullo potere decisionale sullepolitiche da realizzare sul territorio,che viceversa vedono altre istituzionicome l’Unione Europea e le Regioni isoggetti deputati in tal senso.Tali dimensioni oltre che svilire il ruo-lo di un ente come la Provincia ne ri-duce la portata non potendo essa eser-citare quel ruolo di programmazioneche istituzionalmente le è riconosciu-to, oltre ad alimentare una forma di

competizione con le stesse Comunitàmontane che rivendicano le stesseprerogative in tema di risorse finan-ziarie per gli uffici ed il personale.Quest’ultimo infine ha dovuto subireun trasferimento che in un quadro diparziali riconoscimenti economici, ot-tenuti tra l’altro con una forte mobili-tazione dei lavoratori, lo ha proiettatoverso una Amministrazione meno ri-conoscente sotto il profilo della con-trattazione decentrata.Questo aspetto non è stato pienamen-

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L’assessore ha poi sottolineato comesia necessario «mantenere e possibil-mente ampliare i livelli di qualità rag-giunti dal nostro sistema scolastico, inparticolare nella nostra regione». Del-le varie iniziative in atto sul territorioDraghetti ha messo in risalto il titolopiù diffuso «La scuola che vogliamo»che sta ad indicare che «la scuola nonè un totem intoccabile, ma è sempreda riformare con politiche attente,puntuali, efficaci. Ma attenzione! Unapolitica scolastica deve corrisponderea un’idea di scuola. Non un’idea qua-lunque, elaborata in libertà da qualcu-no o frutto di una somma di conces-sioni per compattare maggioranze po-litiche. Deve invece essere un’idea che nonpuò essere svuotata delle sue grandifinalità di occuparsi della formazionedi ogni cittadino che, con pari oppor-tunità culturali, possa inserirsi effica-cemente nella società e nel lavoro».L’appello al Governo, i concetti espo-sti dall’assessore e l’impegno dellaProvincia per la salvaguardia dellascuola pubblica sono stati tradotti inun ordine del giorno votato con 20 vo-ti favorevoli (Ds, Margherita, Rifonda-zione Comunista, Comunisti italiani eGruppo Misto) e 7 contrari (AlleanzaNazionale e Forza Italia). Nel docu-mento, tra l’altro, si chiede che vengadata una risposta positiva alle richie-ste di tempo pieno e tempo prolunga-to che «oltre a qualificare la scuolapubblica rappresentano una concretarisposta ai bisogni sociali espressi dal-le famiglie». [a cura di DANIELA UTILI]

D A L C O N S I G L I O

te valutato negli effetti dal legislatoreregionale che, alla pari di altri settoriin cui si è proceduto con la mobilitàdel personale tra enti, non ha affron-tato e risolto il problema derivantedalle diverse contrattazioni a cui era-no legati i lavoratori coinvolti, soprat-tutto quando la portata di queste ve-nivano limitate o ridotte generandoulteriore confusione, e sperequazio-ne tra i lavoratori.

[GIUSEPPINA TEDDE

CAPOGRUPPO RIFONDAZIONE COMUNISTA]

SCUOLA OGGI E DOMANIUn appello al Governo affinché ilnostro paese abbia una scuola dicui tutti possano essere orgogliosi.Un appello lanciato dall’assessore pro-vinciale Beatrice Draghetti in occa-sione della seduta del Consiglio dedi-cata, appunto, ai problemi della scuolabolognese, in riferimento alla Finan-ziaria 2002 e ai tagli degli organici e al-la legge di riforma del ministro LetiziaMoratti. Il 14 maggio scorso hanno as-sistito al dibattito di palazzo Malvezzianche insegnanti, genitori e bambini,quei cittadini (più volte citati dall’as-sessore Draghetti nella sua relazione)che hanno dato vita a numerosissimeiniziative sul territorio, cittadini «di ap-partenenza o ispirazione politica tra-sversale, accomunati dal preminenteinteresse “scuola, oggi e domani”».Sono intervenuti, oltre ai rappresen-tanti di tutti i gruppi consiliari, anchel’assessore alla scuola della Regione,Mariangela Bastico, e il dirigente del-l’Ufficio scolastico regionale, Ema-nuele Barbieri, che ha fatto il puntodella situazione in merito ai tagli deidocenti. L’assessore Beatrice Dra-ghetti ha elencato le cause della preoc-cupazione dei cittadini e degli enti lo-cali, Provincia in testa, considerati «icompiti e le funzioni, per molti aspettinuovi, che appartengono a questaAmministrazione»: dal taglio degli or-ganici e il mancato finanziamento del-la legge per l’edilizia scolastica al «si-lenzio assordante dell’evoluzione del-la riforma, sottratta – dallo strumentodella delega – al dibattito e alla parte-cipazione».

Gigliola PoliIn questi mesi stiamo assistendo ad un processo preoccu-pante che vede messi in discussione i valori fondanti diuna società civile, questo problema è sentito in modo par-ticolare da chi, come me, oltre ad essere un amministra-tore, è anche un insegnante e crede nei valori di umanità,solidarietà, collaborazione, altruismo, onestà e sostegno aipiù deboli. La riforma della scuola, per la prima volta, è af-fidata ad una legge delega: ciò implica che il Parlamentopotrà solamente approvare o respingere la struttura es-senziale della scuola, ma non discuterne i futuri contenutiche saranno esplicitati con successivi decreti attuativi delMinistro e pertanto non partecipati, ma sicuramente giàdelineati con i tagli degli organici previsti per l’anno sco-lastico 2002/2003. Noi chiediamo al ministro Moratti di ri-vedere i tagli dell’organico degli insegnanti per dare tran-quillità alla scuola nel suo insieme; infatti, tali tagli pro-durranno nella nostra provincia, ma anche sull’interaregione Emilia-Romagna un impatto negativo, che va a col-pire la qualità della scuola, impedendo di rispondere alleesigenze degli utenti e a quella voglia di sperimentare for-me nuove, sia dal punto di vista didattico che educativo,che da molti anni contraddistingue la nostra realtà. Il taglio proposto, 464 unità sull’intera regione, ricadrebbepesantemente sulla qualità del servizio offerto andando aledere i diritti dei cittadini.In particolare, a essere più penalizzati saranno i servizi asostegno dell’integrazione per i ragazzi in difficoltà e pergli stranieri; inoltre potrebbero essere ridotti i tempi pie-ni nelle elementari e i tempi prolungati nelle medie.Mancheranno insegnanti per la lingua straniera, perl’informatica e per tutti quei progetti innovativi che lescuole dell’autonomia hanno progettato e realizzato inquesti anni.

Pietro Paolo Lentini Nei lavori sovente ripetitivi, spesso prevedibili del Consi-glio provinciale per una volta abbiamo registrato una no-vità: quest’anno la Provincia non ha inaugurato ufficial-mente l’anno scolastico con la consueta cerimonia, ma,tramite un Consiglio straordinario, ha colto al balzo l’oc-casione per attaccare la riforma Moratti. In questo jeu demassacre si sono particolarmente distinti l’assessore re-gionale Bastico ed il dirigente Barbieri grazie ad interventi“politicamente corretti”.È ovvia la speculazione politica, dimenticandosi dei fortu-natamente abortiti tentativi posti in atto dai precedenti mi-nistri Berlinguer e Di Mauro, evitati veramente per un nul-la, e già solo per questo il mondo della scuola dovrebbeserbare eterna gratitudine al nuovo governo.Va bene ed è ora più che mai necessario rinnovare la scuo-la; ma se, riformando, riformando, ci accorgessimo che l’i-nattuale organizzazione della scuola gentiliana era eccel-lente? La formazione culturale e professionale dei nostrigiovani non ci lascia indifferenti, sia come genitori che co-me amministratori. Vorremmo una scuola ideale; su que-sto non c’è dubbio. Una scuola, quindi, ricca di risorse e dimezzi, con la possibilità di poter sfruttare al meglio i labo-ratori, le nuove tematiche, i moderni strumenti di appren-dimento, le tecnologie più avanzate.Questo sarebbe molto bello. Un tale desiderio non riguar-da soltanto la scuola, potrebbe rivolgersi anche ad altri set-tori quali la sanità, per esempio, l’ambiente, la sicurezza –che so? – la difesa. Abbiamo tutti una visione ideale del me-glio, però bisogna fare i conti con la realtà, si possono uti-lizzare soltanto i mezzi e le risorse disponibili, giacché ènecessario finalmente rivedere l’intero settore scolastico,dopo che per tanti anni sono stati tanti e troppi i tentativiche non hanno poi ottenuto alcun successo.

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Scuola dove vai?

O P I N I O N I A C O N F R O N T O

Il mondo della scuola è in subbuglio. Docenti,genitori, studenti e amministratori si interrogano esollecitano risposte per meglio governare questarisorsa fondamentale per il futuro del paese. Comeper molte altre questioni si sono attualmentedelineate due tendenze, due visioni, due sistemi cheabbiamo messo a confronto raccogliendo leopinioni dei consiglieri Gigliola Poli deiDemocratici di Sinistra e di Pietro Paolo Lentini diAlleanza Nazionale

O P I N I O N I A C O N F R O N T O

Poli

Anche se l’organico di fatto di ogni istituto venisse imple-mentato a settembre, si creerebbe comunque un gravedanno alla scuola e ai suoi utenti; le scuole si troverannoad operare con personale precario e ciò non permetterà dieffettuare una programmazione con una forte capacità diinnovazione. Per queste motivazioni i docenti, i genitori,gli amministratori sono preoccupati perché si vanifica il la-voro fatto in questi anni per offrire alle famiglie e ai lororagazzi un’istruzione di qualità per un futuro democraticoe civile del nostro paese. Per quanto riguarda le scuole si-tuate in alta collina e montagna, sottolineo che sono fon-damentali per mantenimento del tessuto sociale; inoltre,rappresentano un presupposto indispensabile per la resi-denza delle giovani coppie, che costituiscono il futuro ge-nerazionale per le nostre valli; i tagli di organico potreb-bero causare la loro soppressione.Inoltre, è da evidenzia-re che questi ragazzi si vedono negare la continuitàeducativa che rappresenta un diritto ed un importante ele-mento per il loro successo formativo. Altra causa di preoc-cupazione è il non finanziamento, per la prima volta daquando è in vigore, della Legge 23/96 per l’edilizia scola-stica; gli enti locali si troveranno in grande difficoltà senzatale entrata, che è indispensabile per la manutenzione, lacostruzione e l’ampliamento degli edifici scolastici. Nonbisogna dimenticare che nel 2004 è fissata la scadenza perla messa in sicurezza degli edifici previsti dalla Legge626/94. Vorrei fare alcune considerazioni sulla riformadella scuola in senso generale; la prima relativamente al-l’anticipo dell’età scolare: questo metterà in difficoltà i Co-muni che non avranno risorse per adeguare gli edifici,inoltre spezza un progetto educativo e dimostra la sotto-valutazione di tutte le implicazioni organizzative, didatti-che e di formazione del personale docente e non docente,di studio, di sperimentazione e di attuazione di un diversomodello di scuola.Per quanto riguarda la scuola media,nell’articolato pur scarso della legge, si intravede la vo-lontà di mantenerla separata dalla scuola elementare, di-menticando che gli Istituti Comprensivi sono oltre il 40%del totale delle scuole funzionanti e sono stati voluti daglienti locali proprio per mantenere il presidio della scuolapubblica nei comuni di montagna, sia come razionalizza-zione delle spese, sia perché garantisce una migliore qua-lità dell’istruzione.Relativamente alla volontà di differenziare i percorsi for-mativi a dodici anni e mezzo, ci appare estremamente ne-gativo nonostante sia prevista la possibilità di passaggiosia all’interno del sistema licei, sia dai licei alla formazioneprofessionale e viceversa. Quest’ultimo passaggio sarà dif-ficilmente attuabile stante la differenza di percorsi previstifra i due sistemi.I genitori, gli insegnanti, gli amministratori, tutta la societàcivile chiedono al ministro Moratti di effettuare una realeconcertazione sulla riforma della scuola pubblica, pilastrodella formazione delle giovani generazioni per la crescitadel nostro paese e per restare in Europa. �

Lentini

Alleanza Nazionale ribadisce il fatto che, non essendo con-traria alla scuola privata, guarda alla scuola pubblica comeall’asse portante e principale del nostro sistema di inse-gnamento.Il Consiglio provinciale si è dovuto occupare di alcuniaspetti legati alla Legge finanziaria ed in particolare allanecessità di dover eseguire dei tagli sul personale docen-te e sull’istituzione di nuove classi. Le responsabilità politiche dei precedenti governi e l’ac-cumularsi negli anni del debito pubblico rendono oggi in-derogabile il rientro da un disavanzo che esiste; è inutileche lo nascondiamo e che vogliamo negarlo.Ecco allora che la razionalizzazione del sistema scolasticodiventa una necessità che può essere anche dolorosa –parliamoci chiaro – però bisogna cercare di studiare gli ac-corgimenti, gli accorpamenti ed i sistemi tali per cui si pos-sa offrire un servizio buono, accettabile, che non rinuncicerto alle conquiste fatte, che tenda al meglio, badando an-che e soprattutto ai mezzi che si hanno a disposizione. Equi ci possiamo domandare se la situazione attuale sia gra-ve ed insostenibile a causa dei tagli che sono stati fatti sulpersonale oppure se sia una situazione cui si possa rime-diare. La competente Commissione consiliare della Pro-vincia ha ascoltato la relazione del dirigente del centro ser-vizi amministrativi, prof. Marcheselli, che ha sostenutoche la situazione al momento non è poi così grave comequalcuno ha voluto enfatizzare, giacché negli anni passatiun buon numero di docenti ha operato fuori ruolo perun’offerta formativa senz’altro interessante, ora questi in-segnanti già in soprannumero sono entrati in organico eriescono a coprire le carenze, a livello provinciale, che noiriscontriamo.Nessun allarmismo quindi ma un sano e costruttivo reali-smo. Alleanza Nazionale ritiene che si debba giungere adun sistema integrato di scuola statale, comunale e di pri-vato paritario, un sistema quindi che guardi a tutte le com-ponenti non soltanto pubbliche ma anche private, per of-frire un servizio al meglio che però tenga conto, in con-creto, delle possibilità finanziarie che oggi la nostrasocietà può offrire. �

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evento storico del 17 aprile, a S. Marti-no di Caprara, costituisce un atto rile-vante che lascerà un’impronta creativa

in Europa, proprio come si può leggere negliultimi auspici dei caduti della Resistenza, Spi-nelli, Rossi e Colorni nel “Manifesto di Vento-tene”. Va ricordato che Marzabotto non ha maiconfuso il popolo tedesco con il nazismo, par-tecipando, in questi decenni, nella stessa Ger-mania, alla lotta contro i neonazisti e contri-buendo ad una migliore conoscenza, anche inItalia, dell’attività delle forze democratiche te-desche per abbattere la tirannia hitleriana. Aquesto proposito una mostra significativa ven-ne realizzata vent’anni or sono, con il Comunedi Bologna mentre una delle principali piazzedi Marzabotto è stata intitolata ai fratelli Hanse Sophie Scholl, giustiziati, assieme ai lorocompagni studenti e al prof. Huber dell’uni-versità di Monaco, per avere denunciato, me-diante scritti e volantini, crimini come quelli dicui furono vittime le comunità posta fra Setta eReno. Nel dare il benvenuto ed esprimere lanostra riconoscenza ai presidenti della Repub-blica Italiana e della Germania Federale, a no-me dei superstiti e dei familiari dei caduti, horicordato come storia e memoria siano uncammino verso la verità. Il passato, nel bene enel male, costituisce un imprescindibile riferi-mento per conoscere, capire l’accaduto permeglio vivere il presente. Inoltre ho espresso

la commozione e la soddisfazione per aver po-tuto vivere questi momenti che ci ripagano de-gli anni di lavoro e impegno. Il sindaco AndreaDe Maria ha valutato l’incontro come “un ge-sto universale per la coscienza civile di tuttiche segnerà positivamente lo stesso progettodella Scuola di Pace, che avrà per fondamentala democrazia, i diritti umani, il dialogo e la tol-leranza”.Il presidente Ciampi ha ricordato come quasimille esseri umani (i civili inermi trucidati so-no stati 960, fra cui 216 bimbi, 316 donne e 141ultrasessantenni) il 2 ottobre 1944, in un igno-bile Tagesmeldung (ordine del giorno), l’Ar-meeoberkommando nazista li indicò come 718nemici uccisi, fra cui 497 banditi e 221 colla-boratori) «in gran parte donne, vecchi, bambi-ni, furono trucidati nei villaggi, nelle chiese,nelle piazze, nei casolari di questa montagnadivenuta terra di martirio. Atti di crudeltà di-sumana, frutto di una folle ideologia luciferina.La coscienza degli uomini ha condannato quel-l’orribile scempio. La storia lo ha giudicato.Siamo venuti qui, ha proseguito il Capo delloStato, con il presidente della Repubblica Fe-derale di Germania, per rendere onore a quel-le vittime innocenti; il presidente Rau l’ha vo-luto espressamente. Siamo qui riuniti perchéil ricordo rimanga vivo nella memoria, tra-mandato di generazione in generazione, costi-tuisca monito, guida, a vigile garanzia della di-

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gnità della persona umana. Mai più. Lo giurammo a noi stessi, non appe-na cessò il fragore delle armi, sulle tombe deinostri fratelli, sulle macerie delle nostre case.Mai più odio, sangue, tra i popoli d’Europa. Ciimpegnammo a combattere le ideologie totali-tarie e i nazionalismi, dando vita all’Unione Eu-ropea». E poi ha concluso affermando: «Sen-tiamo che questo impegno di pace è l’unico ve-ro modo di rendere onore ai caduti: nelsilenzio, nelle preghiere, nella quiete di questecampagne, all’ombra di queste querce, solicon i nostri ricordi e forti della fede nei valoridella nostra civiltà». Il presidente Rau, che po-co prima aveva deposto con il Capo dello Statouna corona nel Sacrario ai Caduti di Marza-botto, sostando commosso nel memoriale delsacrificio degli innocenti, ha ricevuto un’acco-glienza affettuosa, che si è trasformata in uncommovente abbraccio da parte di coloro chehanno subito le barbare violenze da parte de-gli uomini del disonore, ha fra l’altro detto:«Oggi è quasi impossibile immaginare che co-sa successe in quel freddo e cupo 29 settem-bre del 1944. Il mattino di quel giorno arriva-rono gli assassini indossanti l’uniforme nera,come le iene, per cancellare ogni traccia di vi-ta umana. La colpa ricade solamente su chi hacommesso questi crimini. Le conseguenze diuna tale colpa, invece, devono affrontarle an-che le generazioni successive per questo ven-

“Vengo a chiedere perdono”di DANTE CRUICCHI*

E V E N T I

L’L’

Il presidente della Repubblica federale di Germania, Johannes Rau, si è inchinato, davanti alle vittime

dell’eccidio di Marzabotto. Un gesto atteso da 58 anni

del futuro che ci è comune. Nessuno deve di-menticare che ogni generazione deve acuiredi nuovo e ininterrottamente lo sguardo perindividuare ideologie criminose, piene di di-sprezzo per la vita umana. Dobbiamo lottare contro di esse prima chepossano conquistare il potere sugli uomini.Quando terminò la seconda guerra mondialegran parte dell’Europa era ridotta ad un cu-mulo di macerie. Una riconciliazione sembra-va impossibile. E ciò nonostante è sorta “dal-

l’estrema disperazione” pari a un miracolo su-periore ad ogni fede, una nuova speranza cosìsi espresse Thomas Mann, un grande tedescoed europeo». Dopo avere ricordato gli statisti,come Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer,Robert Schuman ed altri che gettarono le fon-damenta di una nuova Europa, il presidenteRau ha così concluso: «La grande opera di uni-ficazione avrà un successo duraturo solamen-te se i popoli europei la sentiranno come pro-pria con il cuore e con la mente. Con la Scuola di Pace che avete fondato aMarzabotto, come luogo di studio e di incon-tro, avete fornito un importante contributo inquesto senso. Vi ringrazio per avere fatto di-ventare queste contrade un luogo che non di-vide italiani e tedeschi. Quello che successe qui fa parte della nostrastoria comune ed è l’impegno per un divenirefraterno». Penso che a Monte Sole, il 17 apri-le, sia stato sparso il seme della fratellanza edella speranza, che ci auguriamo sia fatto ger-mogliare da coloro che sono stati prescelti perelaborare la Costituzione Continentale, affin-ché in essa lo spirito che ha generato l’incon-tro fra Ciampi e Rau, nell’acrocoro del marti-rio e dell’insorgenza partigiana, abbia lo spa-zio che gli spetta, nella nuova Europa. �

*presidente dell’Unione Città Martiri

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E V E N T I

go a chiedere perdono. Non è facile trovare inquesto luogo, davanti a voi, parole adeguate adun simile orrore, così difficile da esprimere.Quando penso ai bambini, alle madri, alle don-ne, alle famiglie intere, vittime dello sterminiodi quella giornata, mi pervade un profondosenso di dolore e di vergogna. Mi inchino dinanzi ai morti. Voi avete conser-vato e tenuto vivo il ricordo delle vittime deglieccidi. Non l’avete fatto per mantenere vivol’odio o per vendicarvi. L’avete fatto per amore

MEDAGLIA D’ORO A VERGATO

Dopo l’incontro con il presidente tedesco Johannes Rau a Monte Sole, il presidente dellaRepubblica è giunto a Vergato per il conferimento della medaglia d’oro al valore civile alla

cittadina con questa motivazione: “Essendosi trovato il comune a lungo proprio sulla Linea go-tica, ha subito sia gli attacchi tedeschi, sia i bombardamenti americani, risultando tra i comunipiù colpiti dal passaggio bellico. La popolazione di Vergato ha dato un esempio encomiabilenel soccorso ai feriti e di solidarietà agli sfollati…”. La cerimonia è proseguita poi nella sala con-sigliare dove Carlo Azeglio Ciampi è stato accolto dal presidente della Regione Emilia-Roma-gna Vasco Errani, dal sindaco di Vergato Pasquale Colombi e dal presidente della Provincia diBologna Vittorio Prodi che tra l’altro ha dichiarato: «…Il desiderio di consacrare i luoghi deglieccidi alla memoria e alla riflessione sulla pace era presente fra le popolazioni e le istituzionilocali fin dai primi anni del dopoguerra. Questa giornata si colloca in quello spirito, e il ricono-scimento alla città di Vergato è per l’Appennino nel suo insieme, quasi fossero Monte Sole,Grizzana, Monzuno, Marzabotto e ancora Monghidoro simboliche roccaforti, come le Alpi, chein ogni singola frazione hanno i loro morti da ricordare. Ed è giusto continuamente rinfrescarela memoria, riaccendere i riflettori su quegli avvenimenti in un momento in cui c’è una tenden-za ad un revisionismo, ad un equiparazione del valore, delle cause e delle ragioni che mosse-ro combattenti civili e militanti delle opposte sponde…».

A sinistra, il presidente della Repubblica CarloAzeglio Ciampi a Marzabotto. A fianco, i restidella chiesa di Casaglia uno dei luoghidell’eccidio. Sotto, il presidente della GermaniaFederale accolto dalla popolazione diMarzabotto. Nella pagina precendente, i famigliari delle vittime, le autorità, la gentedi Monte Sole mentre ricordano con ilpresidente Johannes Rau quella giornata del29 settembre del 1944

l confronto faticoso, difficile, tra le posi-zioni e i progetti della Provincia in tema dimobilità nella “città grande” e quelli del

Comune più importante del territorio, Bolo-gna, ha avuto una tappa importante nel semi-nario che si è tenuto il 24 maggio scorso nellasala consiliare di palazzo Malvezzi. Sul tavologli argomenti principali della contesa: metrò,tram e sistema ferroviario metropolitano, cioèsistemi separati o sistemi integrati e quindi ac-centramento sul capoluogo o policentrismometropolitano, e le valutazioni che stanno allabase delle rispettive scelte.Accusata di contestare il progetto comunale dimetrò più per motivi politici che per argomen-tazioni concrete, la Provincia ha voluto questoincontro per mettere di fronte i tecnici delledue parti, circostanza in parte fallita per lamancata presenza del project manager del me-trò di Bologna, l’ingegner Luigi Napoli. Il Co-mune era comunque saldamente rappresenta-to dal prof. Giovanni Crocioni, docente ed in-gegnere, mentre la Provincia schieraval’architetto Piero Cavalcoli, dirigente del set-tore pianificazione territoriale e trasporti, edue studiosi di fama, consulenti dell’Ammini-strazione per la mobilità: l’ingegner Willi Hü-sler, esperto internazionale di trasporto pub-blico, e l’ingegnere Stefano Ciurnelli, docentedi urbanistica all’università di Venezia. A faregli onori di casa, il vicepresidente della Pro-vincia con delega alla mobilità e ai trasporti,Tiberio Rabboni, che ha aperto i lavori tele-graficamente e senza entrare nel tema, pro-prio per lasciare spazio a dati, cifre e analisiscientifiche nella speranza che possa termina-re, parole testuali, il “dialogo tra sordi”.Piero Cavalcoli, premessa la sua preoccupa-zione che i più importanti interventi di rinno-

vo infrastrutturale dell’area bolognese, defini-ti dal cosiddetto Masterplan, discusso e decisosolo dal Consiglio comunale di Bologna, ven-gano attuati senza tener conto delle opinioni edelle osservazioni, per lo più critiche, che i Co-muni e la Provincia hanno a più riprese for-mulato nell’ambito della Conferenza di pianifi-cazione, e che dovrebbero trovare riscontronel prossimo Piano territoriale di coordina-mento provinciale, ha brevemente riassunto itre progetti principali attorno a cui ruota la di-scussione.Il Servizio Ferroviario Metropolitano (SFM):280 chilometri di rete per un raggio di oltretrenta chilometri da Bologna. Utilizza gli ottorami delle linee ferroviarie già esistenti checonvergono sulla stazione centrale. Treni ogniquarto d’ora nell’area urbana e comuni di pri-ma cintura, ogni mezz’ora nell’anello più ester-no, ogni ora da e per i confini provinciali. Qua-rantasei fermate nell’anello più esterno, 19 inquello più interno, 16 nel territorio cittadino.Costo: 310 milioni di Euro, quasi tutti finanzia-ti. Tempi di realizzazione: Bologna-Budrio-Portomaggiore già pronta; Porretta-Bologna adicembre; Vignola-Bologna gennaio 2003; l’in-tero servizio entro il 2006. Si valuta che il ser-vizio, a regime, potrà attrarre 100.000 movi-menti giornalieri.Il Tram, o trasporto pubblico a guida vincolata(TPGV): quattro le linee previste, Borgo Pani-gale-S. Lazzaro, Borgo Panigale-Stazione, viaGenova-Stazione, Stazione-via Caselle, più unain ipotesi, Stazione-Corticella. Una rete di 22chilometri, per metà circa in sede riservata,con una frequenza nelle ore di punta di 5 mi-nuti. Costo 190 milioni di Euro di cui il 60% acarico della Stato e il resto a carico di Comunee Atc. Il progetto è realizzabile completamen-

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te entro il 2006 e a regime dovrebbe attirare130.000 movimenti giornalieri.MAB o metropolitana automatica bolognese:quella proposta dal Comune di Bologna, ha unacapacità di trasporto tra i 6.000 e i 10-11.000 pas-seggeri all’ora per direzione di marcia. Undicichilometri finali su due linee, Staveco-piazzaMaggiore-Stazione-piazza Unità-via Moro-fieraMichelino di 5,8 chilometri e Staveco-piazzaMaggiore-Stazione-piazza Unità-Navile-Lazza-retto-aeroporto di 5,3. Il sistema è alimentato datre grandi parcheggi di interscambio, uno allafiera-Michelino, che verrebbe portato a 7.500 po-sti auto, rispetto ai 2.500 esistenti, attraverso unastruttura a 5 piani (per arrivare successivamen-te a 12.000 posti), uno alla Staveco per 1.000 au-to a cui aggiungerne 1.000 e l’ultimo da 2.500 alpolo universitario del Lazzaretto. Per ora è prio-ritaria e finanziata solo la tratta Stazione-Miche-lino, costo stimato 171 milioni di Euro, realizza-bile entro il 2007, due sole fermate intermedie inpiazza Unità e alla Regione.«Le osservazioni critiche – ha affermato Ca-valcoli – prendono le mosse dal progetto delmetrò, trascinando però qualche preoccupa-zione anche sugli altri progetti, per come pre-sumibilmente verranno attuati, in una pro-spettiva di integrazione complessiva che appa-re obiettivamente debole. Anzi, in un quadrodi conflittualità latente tra i sistemi».Che significa? Che per il dirigente della Pro-vincia non funziona il modello base di questescelte, che fa riferimento alla “città consolida-ta”, cui sarebbero dedicate la tranvia e la reteurbana dei bus, alla “città delle rinnovate com-ponenti strategiche” (università, fiera, aero-porto, stazione centrale e centro città) cui pen-sa la metropolitana, e quindi alla “città metro-politana”, Bologna e cintura, soddisfatta

Scelte in movimento

di CARLO MARULLI

II

M O B I L I T À S O S T E N I B I L E

dall’FSM. Un metrò leggero ad automazioneintegrale è una tecnologia rigida, scarsamenteefficace e poco integrata per le sue caratteri-stiche e per quelle del tracciato. Una metropo-litana che tra gallerie e sopraelevate (anche sequest’ultimo non sarebbe il caso di Bologna)non ha altre relazioni con il tessuto urbano senon le stazioni, che crea cesure e limiti terri-toriali nelle aree di nuova espansione urbana,che lascia spazi ridotti ad aggiustamenti e a fu-ture espansioni, che prevede alti costi di im-pianto senza una domanda e una lunghezza dipercorso in grado di compensarli. Che con-centra alti flussi di traffico verso il parcheggioMichelino, in un’area già congestionata dallemanifestazioni fieristiche. Inoltre, «una rete poco estesa – sono sempreparole di Cavalcoli – obbliga a collocare i par-cheggi scambiatori a ridosso dell’area urbanapiù densa, disincentivando l’opzione virtuosadi abbandonare il mezzo individuale il più vici-no possibile all’origine del viaggio». Se Mi-chelino diventa la “porta della città” cosa suc-cederà in tangenziale, che è il mezzo più rapi-do per confluirvi dal circondario? Anche unpotenziamento dell’asse verrebbe vanificato.E cosa direbbero i comuni posti sulle radiali in-tasate da enormi flussi di traffico da e per latangenziale? E ancora, tre soli parcheggi, cosìa ridosso della città, non contribuirebbero cer-to all’efficienza dell’SFM, che da solo, comun-que, con le sue 16 fermate urbane, sarebbeben più utile del metrò, soprattutto di quellabreve tratta che entrerebbe in funzione solol’anno successivo.«Ma le osservazioni più consistenti – ha affer-mato l’architetto – rimangono quelle relativealla debolezza della domanda. Abbiamo l’im-pressione, al proposito, che la scelta della tec-nologia e del tracciato abbia in qualche misu-ra preceduto e condizionato l’analisi della do-manda, e che solo così si spieghi il forte

differenziale risultante da una più attenta va-lutazione dei segmenti da cui è effettivamentecomposta». Ha quindi concluso riformulandola nota proposta della Provincia orientata a unamaggiore estensione della rete, a percorsi insuperficie e in galleria con tecnologia unica, acosti contenuti di realizzazione, all’attrattivitàdi un trasporto pubblico veloce, capiente e fa-cilmente accessibile, parte integrante di unarete metropolitana integrata di treni, parcheg-gi scambiatori, rete metrotranviaria, autobus efilobus.

La replica del Comune di BolognaBreve replica, a braccio, dell’ingegner Giovan-ni Crocioni, che ha giudicato troppo tecnica larelazione di Cavalcoli, mentre a Bologna c’èun grande problema di pianificazione genera-le e da quello è necessario partire. Secondo ilcoordinatore del Masterplan comunale, lagiunta Guazzaloca ha ereditato dalla prece-dente amministrazione una situazione forte-mente critica dovuta a ragioni oggettive, maanche in parte soggettive, e rispetto alle solu-zioni ha un atteggiamento aperto e disponibi-le, senza tuttavia rinunciare all’idea di un by-pass a Sud della città e di uno a Nord, e quindialla terza corsia della tangenziale sull’attualesede. Ha rivendicato la correttezza delle previsionicomunali sullo scenario complessivo della mo-bilità dell’area metropolitana e ha detto di at-tendere dall’Ufficio nodo una stima esatta del-la domanda relativa al sistema di SFM, in cuicrede e che sostiene. Ritiene però necessarioattendere la ricostruzione dei nuovi scenaricomunali, di sapere cosa succederà in relazio-ne a ospedali, università e aeroporto, mentre

per la fiera lo scenario è certo: si incrementeràin sede e raddoppierà. È giusto quindi parlaredi 5-600.000 persone che si muoveranno ognigiorno, divise tra i tre sistemi: 150.000 sul si-stema ferroviario, 150-200.000 assorbite dal-l’Atc e oltre 150.000 sulla rete del Metrò, che,secondo Crocioni, non è un sistema rigido, maanzi il più flessibile.I giochi sono fatti anche nell’area metropolita-na. Il sistema non cambierà nei prossimi 50 an-ni e su queste certezze è necessario ristruttu-rare il sistema mobilità. Il Servizio ferroviariometropolitano e quello Regionale rispondonoefficacemente alle esigenze della cintura su-burbana, anche se qualche difficoltà potrebbeesserci sulla frequenza massima di 15 minuti,e dovrebbero andare a sostituire la rete ex-traurbana dell’Atc.Sul metrò, ovviamente, il prof. Crocioni non èstato d’accordo con le valutazioni di Cavalcoli,neppure per quanto riguarda le ipotesi di do-manda. Secondo gli esperti comunali, esisto-no tre segmenti distinti di utenza: quello lun-go le linee stesse del metrò, quello delle gran-di funzioni urbane (stazione FS, fiera, centrostorico, Staveco, Navile, Lazzaretto, CNR, ae-roporto) e quello dell’interscambio con la mo-bilità privata. E qui la differenza di valutazionerispetto ai parcheggi scambiatori sarebbe an-che ideologica: comprimere la domanda dimobilità privata della cintura è illusorio, l’in-terscambio è sulla tangenziale. 100.000 perso-ne arriveranno in treno e 400.000 in auto, checonvergeranno sulla città e prenderanno ilmetrò a Staveco, Fiera, Lazzaretto e aeropor-to. L’accessibilità alla tangenziale va quindigiocata nella cintura. Comunque il tempo incalza. «Non potremo

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M O B I L I T À S O S T E N I B I L E

Le proposte dell’Amministrazione provinciale su tram-metrò,servizio ferroviario e grande viabilità come sono emerse nel corso di un recente seminario

CONOSCERE PER VALUTARE

Un video per le televisioni locali e un bell’opuscolo, distribuito già a 10.000 destinatari, so-no i mezzi che la Provincia ha scelto per far circolare il più possibile le sue proposte di

riassetto e rilancio della mobilità all’interno dell’area metropolitana. Curati con grande peri-zia da Maurizio Garuti, illustrano in maniera chiara e comprensibile a tutti i cinque punti incui si articola la proposta del Piano territoriale di coordinamento provinciale che sta per es-sere varato, frutto e sintesi di oltre cento iniziative di discussione sul territorio, delle “udien-ze” con il mondo associativo (economico, sociale, ambientale e di categoria) e con i sindacidi tutta la provincia, Bologna e Imola compresi. Si punterà sul treno per la Città Grande, conun forte potenziamento dei treni locali, parcheggi per le auto, piazzali per lo scambio auto-bus-treno e depositi cicli-moto. Sul tram-metrò per la Città Piccola: un mezzo relativamenteleggero che può correre sia in galleria che in superficie e dovrà collegare Corticella alla fie-ra, alla stazione centrale e al centro città collegandosi alla prevista tramvia su gomma traBorgo Panigale e San Lazzaro. Si alleggerirà la tangenziale aprendo due nuovi caselli allafiera e a Crespellano e si realizzerà la terza corsia autostradale. Altro alleggerimento dellatangenziale potrà venire da una nuova strada-autostrada di pianura che colleghi, più a norddel tracciato attuale, la parte ovest del territorio, tra Modena e Bologna, a quella est verso laRomagna. Nuove tangenziali e circonvallazioni nei principali centri ancora sforniti contribui-ranno alla messa in sicurezza delle strade provinciali e al rispetto dei centri abitati.

non rispondere alle sollecitazioni del Ministe-ro sul Piano obbiettivo del governo. Dovremoprendere delle decisioni entro il 30 novembreo perderemo 700 miliardi», ha tagliato cortoCrocioni.

I pareri degli espertiÈ stata quindi la volta dell’ingegnere svizzeroWilli Hüsler, che per non lasciare campo adeventuali equivoci ha intitolato la sua relazio-ne “Il progetto metrò bolognese crea illusio-ni”. E con precisione degna della sua fama diesperto internazionale ha iniziato a esamina-re criticamente, pezzettino per pezzettino, ilprogetto comunale. La velocità. Per calcolarla bisogna sommareaccesso alla stazione, attesa, viaggio, inter-scambio eventuale e accesso alla destinazione.La prima linea del metrò bolognese offre unadistanza di viaggio di circa 4 chilometri e unadistanza media inferiore ai tre Km. Nel caso diun tragitto di 4 Km il metrò guadagna circa 5minuti rispetto ad un mezzo di trasporto di su-perficie ben organizzato. Tuttavia i minuti gua-dagnati grazie alla velocità più elevata del si-stema vengono poi persi, mediamente, a cau-sa delle distanze maggiori per l’accesso dalluogo di origine alla stazione di partenza e perl’uscita dalla stazione d’arrivo alla destinazio-ne finale. Questo dipende sia dalla maggioredistanza media tra le fermate sia dalla loroprofondità. Quindi, una linea metropolitana dilunghezza ridotta non offre vantaggi di velo-cità. La capacità. Il progetto di minimetro bo-lognese prevede convogli di due carrozze peruna capacità di 168 persone. Supponendo unafrequenza di un treno ogni 75 secondi, si hauna capacità oraria di 8.100 persone. Un gran-

de tram su gomma con la stessa frequenza netrasporta 7.200 all’ora e uno su rotaia 9.100. Ingenere, le reti tranviarie subiscono nel trattocentrale la sovrapposizione di quattro o cinquelinee. In questi tratti si contano, per esempio,a Zurigo 50 passaggi per ora e direzione, a Ba-silea 60, a Graz 61, fino ai 70 di Karlsruhe, masecondo Hüssler, al di sopra dei 50 passaggi lagestione diventa difficile. Restando a Zurigo,la capacità nei tratti centrali è di 11.000 pas-seggeri per ora e direzione, quindi il minime-tro di Bologna non offrirebbe una capacità su-periore ad una tratta tranviaria ben gestita.I costi d’esercizio. Poiché i convogli del metrò non hanno perso-nale al volante, si è indotti a pensare che la ge-stione del sistema sia poco costosa. Invece, giàdal piano finanziario del progetto comunale,che in una prima fase prevede l’entrata in ser-vizio di 5 convogli, risulta che saranno impie-gate per il funzionamento 91 persone, che sa-liranno a 156 nella fase di pieno regime, e de-ve essere tutto personale altamentespecializzato. Senza contare il costo degli uo-mini di sorveglianza per garantire la sicurezzanelle stazioni. Il rapporto migliora con l’esten-sione della rete, ma anche in casi di reti moltograndi risulta comunque meno favorevole ri-spetto ad altri sistemi di trasporto di massa.Il modello. Il “minimetro” proposto a Bolognaè già stato sperimentato in Francia a Lille (piùdi un milione di abitanti) e a Tolosa (715.000),e tecnicamente funziona bene, ma a differenzadel progetto bolognese, nelle due città le lineesono molto più lunghe e dove possibile su via-dotto. C’è però un problema: non riscuote ilgradimento dell’utenza. Nel corso dell’annopassato sia Lille che Tolosa hanno perso più

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clienti della media delle città francesi. Il bilan-cio è positivo solamente nelle città che hannopuntato più delle altre sul tram. Prima è Stra-sburgo, che con una linea nuova ha incremen-tato del 16%, arrivando a un 50% di persone tra-sportate su questo mezzo. Forse contribuisce a questo disamore il pro-blema della sicurezza: a Lille l’anno scorso leaggressioni contro personale e viaggiatori so-no state 245. Curiosità: il reato più frequente èil furto del cellulare. Hanno deciso di installa-re 600 telecamere e di mettere in azione settepattuglie di due persone pomeriggio e sera enove pattuglie durante la mattina.Il parcheggio scambiatore. Una megastrutturadi interscambio come quella che il progettometrò prevede in zona Michelino, distante so-lo 3 km dal centro, è completamente sbagliataperché occupa spazio prezioso, aumenta l’in-tasamento su tangenziale e autostrada, creaproblemi di accesso alla stazione (la distanzamedia tra posto auto e metrò è di 330 metri dafare a piedi, più il dislivello) e presenta graviproblemi di sicurezza. Basta vedere l’esperienza milanese del silo diS. Donato da mille posti, dove regnano degra-do e criminalità e dove il sindaco Albertini hasuggerito di valorizzare “i sistemi elettroniciper il controllo antifurto, visto che vi sono te-lecamere per l’entrata e l’uscita ma non neglispazi di stazionamento, dove avvengono i fur-ti”. A Bologna è prevista una struttura tre vol-te più grande: riempire questo impianto unavolta al giorno creerebbe una colonna d’autoche in movimento raggiungerebbe la lunghez-za di 375 km, come dire Bologna-Milano an-data e ritorno. La sua costruzione costerebbecirca 125 milioni di Euro e i costi di gestione e

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AEROPORTO

CORTICELLA

SAN LAZZARO

STAZIONECENTRALE

BORGOPANIGALE FIERA

Per gli spostamentinell’area metropolitanala Provincia punta sul treno. Il progetto di “Servizio FerroviarioMetropolitano” prevedel’utilizzo degli ottobracci ferroviari checonvergono allaStazione Centrale

di sicurezza sarebbero difficilmente copribilidall’utenza. Strutture più piccole, dunque, e ilpiù decentrate possibile dalla città.Il piano finanziario. L’analisi costi-beneficinon mostra con chiarezza gli effetti interni edesterni dell’investimento e manca di un indi-catore che rappresenti l’impatto totale in ter-mini di economia generale. Tale indicatore èdecisivo per le infrastrutture di trasporto da fi-nanziare con denaro pubblico, ma in Italia lametodologia dell’analisi costi-benefici non èregolamentata da chiare norme legislative.Certo un’analisi come quella presentata per ilprogetto metrò di Bologna non potrebbe maiessere accettata dalla Banca Mondiale né dalgoverno tedesco, che chiederebbe una meto-dologia diversa. Ultimo intervento quello dell’ingegnere Stefa-no Ciurnelli, docente di urbanistica all’univer-sità di Venezia, che ha presentato uno studiosulla domanda di trasporto per la metropolita-na bolognese. Un’ora di grafici, flussogrammie analisi dettagliate per concludere che la sti-ma effettuata dai tecnici di palazzo d’Accursioè sovrastimata del 269%. Cioè si prevedonorealisticamente 3,7 milioni di passeggeri al-

l’anno invece dei 13,6 milioni ipotizzati nel pro-getto. In particolare sarebbe errata la stima re-lativa al parcheggio di Michelino, non solo peril numero di utenze ma anche per la sua fun-zionalità e quindi per la sua appetibilità da par-te dell’utente: il posto auto è talmente distantedalla stazione sotterranea che il tempo di viag-gio complessivo dalla fiera a piazza Maggiorediventerebbe di 17 minuti invece dei 7 calcola-ti dal Comune. Come se non bastasse, di fronte ad una previ-sione di aumento del trasporto pubblico del2,5% annuo, il dato reale degli ultimi tre anni èstato dell’1,73%. Ancora sovrastimati (tra il 100% e il 180%) so-no, infine, i dati del coefficiente di rotazione diauto per posto parcheggio come pure quellirelativi alla domanda di metrò proveniente dal-la stazione centrale.Vivace, potremmo dire, la reazione del prof.Crocioni alle argomentazioni dei due tecnici,soprattutto ai dati del prof. Ciurnelli che, se-condo il tecnico comunale, avrebbero dovutoessere valutati insieme prima di essere resipubblici. Ma a parte le critiche di presuntascorrettezza, il suo giudizio sui lavori esposti è

stato negativo su tutti i fronti. Quale l’accusaprincipale? Di avere poca esperienza dellacittà, di non conoscere a fondo la realtà bolo-gnese, di paragonarla a modelli teorici e arealtà completamente diverse, e quindi di so-stenere progetti, come quelli della Provincia,poco credibili. «Come si può pensare di farpassare sulla via Emilia tram di 38 metri?» si èchiesto Crocioni. «E i 600.000 pendolari? Nonho visto soluzioni». E più che pensare a scelteveramente strategiche è sembrato preoccupa-to di necessità contingenti: «La fiera chiede14.000 posti auto. Cosa rispondiamo?». «Oggi abbiamo messo sul tavolo – ha conclu-so il vicepresidente della Provincia Rabboni –le valutazioni di merito che hanno portato ainostri dubbi sul metrò e la nostra disponibilitàa collaborare. Noi daremo a tutti questi elementi di discus-sione, in primo luogo al Comune di Bologna ealla Regione, e mi auguro che ne possa nasce-re una positiva sinergia. Ora però, la discussione potrà essere solo suquestioni di merito, e chiederei al Comune diBologna una valutazione ponderata degli ele-menti esposti questa mattina». �

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VERONA

MODENA

FIRENZE

IMOLA

FERRARA

PORTOMAGGIORE

i è concluso il confronto sul Piano terri-toriale di coordinamento provinciale(PTCP) durata 5 mesi. È stata una vera e

lunga discussione (2500 presenze) con il mon-do associativo economico, sociale, ambientalee di categoria con gli amministratori dei Co-muni della Provincia di Bologna e Imola com-presi.Il primo dato emerso è di un grande consensoe riconoscimento del ruolo della Provincia ca-pace di governare i passaggi al governo del fu-turo territorio. Punto di forza del piano è lo svi-luppo policentrico del territorio con il poten-ziamento e riqualificazione delle aree dieccellenza come aeroporto, fiera, ospedali,CAAB, l’università, i servizi già esistenti sulterritorio, il potenziamento delle aree polifun-zionali e l’introduzione della comunicazione abanda larga su tutto il territorio provinciale inmodo di poter dare pari opportunità di svilup-po anche alle aziende lontane dal capoluogo.Altro punto di forza è quello di creare le con-dizioni per un rapporto veloce e sicuro con ilravennate, in particolare con il porto di Ra-venna che si può trasformare in uno snodofondamentale per il commercio. Ma tutto ciòdipende anche dallo sviluppo dell’assetto stra-dale della Bologna del futuro. La proposta del-la Provincia si focalizza sulla creazione di unvero asse autostradale sfruttando il corridoiodella grande trasversale di pianura che decon-gestionerà il traffico sulla tangenziale riquali-ficando il centro di Bologna e garantirà una mi-gliore tutela ambientale di tutto il territorio. La

costruzione di un’autostrada e non una super-strada è una scelta dovuta alla necessità di re-perire fondi di investimento non necessaria-mente provenienti solo da enti pubblici.Il nuovo percorso stradale si snoderebbe per49 km circa con 4 svincoli verso i punti di mag-gior affluenza alla città: “Muffa” e “Persiceto”a ovest, “Bologna Interporto” a nord e “Bu-drio” a est. L’opera dovrebbe costare 511 mi-lioni di euro.Il Piano sarà presentato il primo luglio alla Re-gione per ottenere il “via libera” e all’inizio del-l’autunno potrà essere discusso in Consiglioprovinciale �

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Il futurodell’area

bolognese

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W LA BICI

L’assessorato alla viabilità della Provinciadi Bologna, insieme alla Giunti Editore,

ha realizzato l’opuscolo “W la bici!” – Il pia-cere di guidare sicuri, vademecum tasca-bile per giovani ciclisti. La pubblicazione èstata pensata per i ragazzi fra gli 8 e i 14anni, a cui si rivolge con linguaggio e gra-fica particolarmente accattivanti, fornendouna serie di utili consigli per “pedalareusando la testa”: lettura della segnaleticastradale, regole di guida, suggerimenti peraumentare la sicurezza, informazioni sullamanutenzione delle due ruote, fino all’ab-bigliamento più indicato a seconda dellecondizioni meteorologiche

olo il 30% degli automobilisti della pro-vincia di Bologna allaccia la cintura di si-curezza. L’Istituto Superiore di Sanità ha

calcolato che se arrivasse ad usarla il 70% del-le persone, un valore simile a quello della me-dia europea e degli Stati Uniti, ogni anno nellanostra provincia si eviterebbero 24 morti, 48invalidi gravi e 864 ricoveri per incidenti stra-dali. Se poi la allacciassero tutti si registrereb-bero 42 morti e 1516 ricoveri in meno per in-cidenti stradali, con un risparmio in costi sociosanitari di 65 milioni di euro (pari a quasi 126miliardi di vecchie lire). Considerato che la popolazione della provinciadi Bologna è di 943.000 abitanti, se tutti allac-ciassero la cintura ognuno di noi, dai bambiniagli anziani, risparmierebbe 69 euro all’anno(133.000 lire) che potrebbero essere impiega-ti per altri e più utili scopi. Da questi dati e da

queste considerazioni parte la campagna perla sicurezza stradale “Allacciati alla vita”, chesi propone di sensibilizzare sempre più gli au-tomobilisti al corretto uso della cintura di si-curezza e dei seggiolini per i bambini. La cam-pagna preannuncia anche un rinnovato impe-gno da parte delle forze dell’ordine nel farrispettare il codice della strada nella provinciadi Bologna.Centomila depliant illustrati dalla disegnatri-ce Lorena Munforti e centomila autoadesivisaranno distribuiti nei prossimi mesi nei luo-ghi pubblici e da tutti gli enti promotori dellacampagna. Il depliant, oltre a un testo scritto dall’attorebolognese Vito, contiene anche un vademe-

cum che riporta i più diffusi pregiudizi e luo-ghi comuni sull’uso della cintura di sicurezzae dei seggiolini per bambini e fornisce dati im-portanti ma non sempre conosciuti. Chi sa, adesempio, che in caso di urto a 40 km/h i 16 kgdi un bambino diventano 1000 se non tratte-nuti adeguatamente? O ancora, che un urto a soli 50 km/h equivalea una caduta dal terzo piano di un edificio?La campagna si avvale anche di tre spot ra-diofonici registrati da Ettore Messina e Mat-teo Boniciolli, coach della Virtus Kinder e del-la Fortitudo Skipper, e da Vito (Stefano Bicoc-chi). Gli slogan “Allacciati alla vita” e “Dai unpassaggio alla sicurezza” sono già visibili an-che sui pannelli luminosi delle autostrade edella tangenziale di Bologna.Molti medici pediatri si sono impegnati a fareopera di informazione presso i genitori sui ri-schi corsi dai bambini che non vengono tra-sportati in auto negli appositi seggiolini di si-curezza. La campagna “Allacciati alla vita”,ideata dal Centro Antartide, è promossa dallaProvincia e dal Comune di Bologna insieme adaltri cinquanta comuni della provincia, dallaPrefettura, dalla Polizia Stradale e da Carabi-nieri, da tutte le Aziende Ausl del territorio bo-lognese, dalle associazioni dei medici e dei pe-diatri, dalla Virtus e dalla Fortitudo Pallacane-stro, da tanti altri soggetti economici e dallasocietà civile. �

Info: Centro Antartide – 051/260921 e-mail: [email protected]

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Se ti allacci ti salviSS

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Anche quest’anno prende il via la campagna per l’uso delle cinture di sicurezza

A LEZIONE DI BICICLETTA

Gli alunni delle scuole medie Scandellara diBologna vanno a scuola di guida di biciclet-te e ciclomotori in circuito protetto.Il progetto, inserito nel Piano nazionale del-la sicurezza stradale, è frutto del protocollod’intesa tra l’Assessorato alla Viabilità dellaProvincia di Bologna, l’Osservatorio per l’e-ducazione stradale e la sicurezza della Re-gione Emilia-Romagna, il Centro servizi am-ministrativi (ex Provveditorato agli studi), ilComune di Bologna.L’esecuzione del progetto è stata affidata al-

la Uisp, Comitato Provinciale di Bologna chelo ha ideato ed elaborato nei particolari.Per l’anno 2001/2002 verranno preparati 350allievi delle scuole di Bologna e provincia.

opo tanti anni – quanti?, di certo molti – a Bolognasi torna a parlare di pedonalizzazioni. Brutta e spi-golosa parola per definire qualcosa di assoluta-

mente soft e, almeno in teoria, dagli effetti più rilassantiche ansiogeni, più aperti al respiro di una città, almeno inparte, visibile e contemplabile senza rumori e senza gas,di quanto quella parola, un po’ burocratica, un po’ dai trop-pi angoli acuti, lasci supporre. L’occasione è la ventilata proposta di riservare al trafficopedonale il primo tratto di via Zamboni, da piazza di PortaRavegnana a piazza Rossini. Una buona proposta, avanza-ta timidamente e in sordina, ma immediatamente contral-tata dalle proteste – queste, tutt’altro che in sordina – de-gli operatori commerciali del breve tratto di strada, che sitratterebbe in questo caso di restituire ai cittadini e sot-trarre alle auto ed all’attuale rischiosa deambulazione diquanti, pedoni, si arrischiano, per esempio, a venire a pie-di qui in Provincia, accerchiati da cantieri, parcheggi più omeno abusivi, ponteggi e quant’altro. Non sarebbe oppor-tuno contribuire al relax dell’utente o dell’operatore cheviene in Provincia? Sarebbe una buona domanda per il mo-bility manager; ma noi preferiamo seguire le strade dellamemoria. Tornare, per così dire, all’inizio di questa storia,che è anche l’inizio di una serie di scelte di qualità, tali darendere il centro storico di Bologna famoso nel mondo;una qualità che ora, purtroppo, è sempre più difficile da ri-conoscere, soprattutto se si cammina.È il 16 settembre del 1968, anno tumultuoso e destinato adessere innovativo anche in questo senso, assessore al traf-fico è il giovane architetto Pierluigi Cervellati. Con un provvedimento approvato dal Consiglio comunale,viene istituita a Bologna l’“isola pedonale”: si tratta dellepiazze Maggiore, Nettuno, Re Enzo, e delle vie D’Azeglio,Archiginnasio, Pignattari, il centro della Bologna storica,nelle parole dell’assessorato “il punto focale sia della cittàantica, sia di quella che si è andata sviluppando dall’iniziodel secolo”. Questo punto “focale” è ora stato sottratto altraffico veicolare. Il provvedimento, la cui valenza simbo-lica è indiscutibile, segue diversi mesi di consultazione e

discussione fra l’amministrazione comunale ed enti, asso-ciazioni ed attività commerciali direttamente interessate,e si pone in armonia con molti altri interventi puntuali esenz’altro meno eclatanti, ma non per questo meno signi-ficativi. Molti di noi non ricordano com’erano realmente al-cuni luoghi del centro e delle sue immediate vicinanze pri-ma che tali provvedimenti fossero assunti; è tuttavia la ten-denza del presente a rischiare di risvegliare bruscamentequel ricordo. Nel 1966 è vietato il traffico veicolare all’in-terno dei Giardini Margherita – chi potrebbe mai oggi im-maginare i Giardini percorsi dalle auto? –; nel 1967 si re-stituisce al suo proprio senso di spazio urbano il sagratodella chiesa di San Domenico (attualmente purtroppo de-stinato a parcheggio la domenica, il martedì e i giorni fe-stivi); nel 1969 muta la destinazione della piazzetta Gari-baldi in fregio a via dell’Indipendenza, da parcheggio agiardino; sempre nel ’69 viene interdetto il parcheggio al-l’interno del quadriportico antistante la chiesa dei Servi inStrada Maggiore, viene eliminato il parcheggio nella piaz-zetta San Giuseppe in via Galliera, nel sagrato della chiesadi San Giovanni in Monte, e liberato dalle auto il sagratodella chiesa di Santa Lucia in via Castiglione. Nello stessoanno viene interdetto al traffico delle auto il Parco dellaMontagnola. Riusciamo davvero ad immaginare come fos-se prima? Naturalmente l’isola pedonale, il cui valore sim-bolico è stato sottolineato, è il provvedimento di maggiorscalpore. Le sue motivazioni sono semplici: “con l’istitu-zione dell’isola pedonale si è teso, fra l’altro, a frapporre unostacolo contro quella tendenza, in apparenza irrefrenabi-le, che vuole sempre e comunque imporre un adegua-mento della città alle esigenze dell’automobile, dimenti-cando tutto il resto”, e ancora: “avere voluto ridare ai cit-tadini e ai turisti la visione e il piacere di un ambientearchitettonico impareggiabile, aver voluto ricreare l’abitu-dine di camminare per le strade per ammirare palazzi emonumenti, per osservare le vetrine, per chiacchierarecon la gente, per guardarsi attorno, è un prova di civismoche, se pur non suffragata da dati statistici, rappresenta co-munque una partita positiva”. La verifica condotta, in baseall’impegno assunto all’atto dell’adozione del provvedi-mento in Consiglio, un anno dopo (Comune di Bologna,assessorato ai problemi del traffico e della viabilità, Un an-no di isola pedonale, 1969) dà risultati soddisfacenti anche

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A proposito di zone pedonali ...di MARIA ANGIOLA GALLINGANI

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sul fronte più “riottoso” e preoccupato, quello dei com-mercianti, che si esprimono in modo laconico ma precisocon un telegramma, datato 18 settembre 1969: “negozian-ti via D’Azeglio riuniti assemblea presso AssociazioneCommercianti esprimono plauso di trentuno aziende pre-senti per attuale sistemazione pedonale auspicando chevenga conservata senza variazione sostanziale alcuna cosìda porre in atto iniziative promozionali già allo studio perle quali chiedono fin d’ora valido appoggio amministrazio-ne comunale”. I luoghi pubblici, dunque, e proprio inquanto tali, possono cambiare destinazione; l’accenno nonmarginale alle “iniziative” a carattere promozionale fattodai commercianti è un tratto di particolare maturità, e adun tempo il segnale che i luoghi pensati in antico per es-sere “pubblici” possono, con tutte le trasformazioni che itempi e i costumi hanno nel frattempo registrato, essere incerto modo riportati alle condizioni civiche per le qualierano stati progettati e realizzati – quasi una decina di se-coli fa. L’evento “pedonalizzazione” a Bologna ha, all’epo-ca, anche una notevole audience nazionale. Nell’ottobredel ’68, i canali RAI, all’epoca costituiti dalle sole RAI1 eRAI2, ospitano un dibattito coordinato nientemeno che dalsociologo Franco Ferrarotti sul tema “Quali i benefici e

quali gli inconvenienti delle più recenti misure prese in al-cune città per facilitare il traffico”. Oggi, forse, sarebbe in-teressante rivederne la registrazione. Su “Il Giorno” del 17settembre 1968, Maurizio Chierici scrive: “Bologna è sta-ta la prima grande città, dalla medioevale topografia a ra-gnatela, a tentare l’esperimento della zona pedonalizzata.… Ora si passeggia da piazza Nettuno a piazza Maggiore,in via D’Azeglio, in via Pignattari, in un silenzio che ha persfondo lontano i rumori ‘della città’. … C’è un’ombra di iro-nia nell’annuncio che hanno fatto affiggere lungo le stra-de, sui giornali: ‘Venite a visitare i negozi di via D’Azeglio.Noi viviamo in un’oasi di tranquillità’. … Intanto stasera sitiene un concerto jazz proprio davanti a San Petronio. Sivuole riabituare il bolognese a lasciare i portici per ri-prendere l’abitudine delle chiacchiere all’aria aperta. Perla piazza si prospetta un futuro molto animato” (Bologna:chiuso alle auto il quadrilatero attorno a San Petronio –Torna re il pedone nel cuore della città).Parole antiche?, se è per questo, al di là del fatto che lapressione delle auto nel centro storico, permessi o meno,si è nel frattempo espansa a livello esponenziale, bè, esi-stono parole ancora più antiche. Si tratta di una raccolta difirme autenticata il 30 maggio del 1601 in Bologna dal no-taio Bernardino Ropi, a proposito proprio delle aree perti-nenti la basilica di San Domenico. Parole un po’ ardue peri nostri tempi avvezzi all’SMS, eccole: “Noi quivi sottoscritti … attestiamo il presente dissegno del sacrato dellaChiesa di Santo Domenico di Bologna essere vero et rea-le … et che li stelloni che vi sono, da sei mesi in qua vi so-no stati posti per diffesa del matonato fatto a commodo de’pedoni a ciò non venga guasto et brutto da cavalli e car-rozze, ma non già per che quelli distinguano il sacrato dalnon sacrato, essendo veramente tutto sacro tanto l’herbo-so quanto il matonato”.Essendo veramente tutto sacro. Consapevoli del fatto cheuno dei centri storici più estesi d’Europa non può, ragio-nevolmente, essere del tutto pedonalizzato, e avendo di-rettamente a che fare quotidianamente con il primo trattodi via Zamboni, non si può far altro che auspicare che que-sta “sacralità”, che si comprende ora ammantare di sé lospazio pubblico sottratto alle auto, stenda un velo di nuo-va luminosità anche sul breve tratto che va da piazza Ra-vegnana alla piazzetta a piazza Rossini, che contribuiscanel suo piccolo a salvare dal buio delle polveri sottili il cen-tro storico e l’intera città. �

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Parole di ZaNe ho già parlato. Però, siccome la cosa non si è ancorarealizzata, ne riscrivo perché mi pare una cosa buona. L’i-dea è di Za, cioè di Cesare Zavattini. Io lo incontrai in tre-no, nel viaggio verso Roma. Lui veniva da Luzzara, io daBologna. Per ogni viaggio c’era un tema: un libro in pro-getto oppure un film. Questo doveva essere un film. «Vediquel finestrino?» Diceva Za. «È un’inquadratura». Quantesono le inquadrature che vediamo attraverso un finestrinodi un treno in movimento? Questo è un direttissimo peruna linea principale. Le carte geografiche delle città che at-traversiamo ci sono già. Ma tu immagina una linea secon-daria, con una carta geografica che individua le varie pic-cole stazioni di una linea secondaria. Chi le troverà mai senon c’è un sistema di segni che le indichi al viaggiatore di-stratto?Per esempio: Castel San Pietro. Quante cose esistono aCastel San Pietro degne di grande attenzione? Una quan-tità, solo che ci si fermi. A incominciare dal nome. PerchéCastel San Pietro? Quando cominciò così? La fermata a Ca-stel San Pietro dà la possibilità di vedere anche quest’altrarealtà sempre trascurata.

La LittorinaCome si può immaginare la Littorina è il mezzo di tra-sporto ideato negli anni Trenta per mettere in atto, invo-lontariamente, un piano paesistico particolare: la scopertadell’Italia minore, quella delle linee secondarie. Ci sonotratti di ferrovia che non vengono mai presi in considera-zione, mentre la Littorina sfreccia per valli e per pianuredegne della massima attenzione. Ma chi lo fa notare? Perun esempio, viene in mente quella parte di Romagna cheè toccata dalla linea Bologna-Ravenna, dove una serie dipaesi bellissimi sono trascurati in maniera delittuosa. Sì,delittuosa. La Littorina prosegue a velocità ridotta. Si pos-sono vedere fossati, alberature, case cantoniere, e stradestradine, stradette, che portano chissà dove: ma perchénon ci fermiamo a vedere? Giardini, cortili, case che dan-no sulla ferrovia dove, alcune volte al giorno, passano tre-

ni, passa la Littorina. E nella villa di campagna magari c’èun Guercino o un Francesco Albani, per quella grande pi-nacoteca che è la nostra pianura ricca di centinaia di qua-dri sparsi. Si vede un bambino che sta rubando l’uva. Sivorrebbe fermarlo. Ma poi perché? Che rubi in pace. Nonpotrà certo portarsi via un vigneto! Qui è la campagna co-me fu disegnata dai romani intorno alla “piantata”, altrove,nelle linee principali, già scavalcata, per via della presenzadelle macchine, che ora ignorano il matrimonio tra la vitee il gelso per assicurarsi due piaceri: il vino e l’abito, la be-vanda nutriente e la maglia di lana.

Il concerto ferroviarioLa proposta fu di John Cage: fare tre concerti per altret-tante linee ferroviarie: la Bologna-Porretta, la Bologna-Ra-venna, la Ravenna-Rimini, lungo la costa. Il treno suonavasiccome portava con sé un apparato elettrico in grado didiffondere musiche mai udite prima. Ad ogni stazione sta-vano in attesa del treno intere scolaresche, con le loromaestre, che tentavano di battere i suoni di quel treno sin-golare, proponendo repertori musicali dalle profonde ra-dici locali, John Cage, che era montato furtivamente sultreno, se ne stava in un cantuccio a godersi quella sua ideain base alla quale, mentre il treno correva verso la monta-gna, sullo stesso treno, il corridoio era abitato da immagi-ni proiettate che correvano invece verso la pianura. In talmodo si creava una sorta di spaesamento, tutto a vantag-gio di un mondo di suoni capace di evocare una condizio-ne surreale adatta proprio al genere musicale che si eraprescelto.Il treno era formato da una serie di Littorine che potevanofermarsi dove volevano, ma questa era la follia di che ave-va inventato quell’incredibile concerto. Poi, alla fine delviaggio, si poteva tornare alla sua partenza, fino a perderela testa, storditi da una droga musicale assolutamente pia-cevole.A proposito: perché non fare una collana di guide da ven-dere proprio nelle stazioni toccate e descritte? �

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L’Italiavista dal treno

di RENZO RENZI

L A C I T T À S E N T I M E N T A L E

Le littorine diventano la ribalta del concerto di John Cage “ Al treno al treno “ del 1988

na diecina di anni fa, scrivevo che sarebbe belloriunire in un percorso ideale i luoghi di Bolognamenzionati nei Canti orfici di Dino Campana, ri-

cavando dal libro gli elementi fondamentali di una visione.Ora, una fresca mostra sul poeta e sulla sua presenza a Bo-logna (I portici della poesia, nell’Ambulacro dei Legisti del-l’Archiginnasio) potrebbe anche originare questo studioauspicato, che desse la descrizione di un itinerario imma-ginario, cioè accertato e allo stesso tempo immaginato(laddove la certezza mancasse), facendo quasi sentire ipassi del poeta di Marradi. Vorrei adesso evocare alcuni diquesti luoghi “campanari” (mi piace aggettivare in questomodo, come diremmo “torre campanaria”…), attraversola testimonianza di uno scrittore bolognese che è soventetrascurato. Una rapida rammentazione adesso. Iscritto a chimica pu-ra presso l’università di Bologna nel 1903, Dino Campanafu studente in maniera discontinua. Fra quella data e l’an-no di pubblicazione dei Canti orfici, il 1914, troviamo: lostudio della chimica farmaceutica a Firenze e ancora a Bo-logna, la fuga in Svizzera e in Francia (“Vendevo le stellefilanti nelle fiere”, dice), gli internamenti nei manicomi diImola, di Tournai in Belgio, di Firenze, l’espatrio e la per-manenza in Argentina dove lavora a costruire una ferroviae suona il pianoforte, il rimpatrio. E tanti altri episodi di vi-ta apparentemente maledetta (ma i veri poeti sono tuttimaledetti, ha detto un vero poeta). I leggendari Canti or-fici furono appunto stampati nell’estate del ’14. Lo scrittore Giuseppe Raimondi, nel suo libro miscellaneodi prosette ricchissime intitolato La valigia delle Indie, rac-conta di aver incontrato più volte Dino Campana a Bolo-gna, nel 1915 e nel 1916. Lo vide per la prima volta in viaCastiglione, sulla soglia della porta di una casa di fronte al-la scuola che allora si chiamava “Ginnasio Galvani” (lo de-scrive così: “un uomo giovane, grosso, biondo”). Una vol-ta, percorse con lui un tratto di via Indipendenza. Usciva-no da una conversazione con Bino Binazzi (che curerà, nel1928, la seconda edizione dei Canti orfici), nella stanzad’albergo di costui, vicino a Porta Galliera. Campana eravenuto per conto suo, all’improvviso, ed era già notte: “Un

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Quando Campana incontrò Petrolini

di NICOLA MUSCHITIELLO

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I L P O S T O D E L L E F R A G O L E

uomo chiamava, gridando per le scale quasi buie: «Il poe-ta Bino Binazzi! Binazzi! Binazzi!». E alla richiesta di qual-cuno declinava il proprio nome, scandendo fortemente leparole: “Campana Dino”. Camminarono senza una parola.“D’un tratto,” continua Raimondi, “mi sparì di fianco, travia Marsala e via Goito. Non so dove alloggiasse. Cammi-nava a grandi passi, senza far rumore, sotto i portici de-serti, con la sua andatura di vagabondo e di grande cam-minatore”.Ma l’episodio più memorabile avvenne nel caffè San Pie-tro, che si trovava nella medesima via Indipendenza, al-l’angolo di via Altabella, di fronte alla palazzina Majani.(Peraltro, Campana menziona proprio questo caffè in unacartolina esposta nella mostra, nella quale richiede l’indi-rizzo di Riccardo Bacchelli; e al suo destinatario suggeri-sce: ”Potrai averlo facilmente dai soliti clienti del S. Pie-tro.”) Un bel giorno, Dino Campana, in quel locale, si ri-trovò seduto di fronte a… Ettore Petrolini! che venivavolentieri a Bologna, e che in quella straordinaria occasio-ne se ne stava seduto tra il suo amico pittore Mario Pozzatie il suddetto Bino Binazzi. Il grande comico, “rasato di fre-sco, compunto e rispettoso di codesti amici artisti, sfoglia-va e tagliava le pagine di una copia della Gaia Scienza diNietzsche, appena comprata.” Ed ecco la parte più bella esuggestiva dell’incontro: “Fu quel giorno che Campanavendette per lire due (o qualcosa del genere) una copia diCanti orfici a Petrolini…” Dino Campana morì nel manicomio di Castel Pulci nel1932, dopo quattordici anni di internamento. Aveva qua-rantasette anni. Tre anni dopo, appena Ettore Petrolini vi-de il prete con l’olio santo che veniva a dargli l’estrema un-zione, pare che abbia detto queste parole: “Adesso sì chesono fritto !”. Non mostrò di dolersi della morte. Solo, sivergognava di morire giovane (aveva cinquant’anni). Edio, quando leggo nel suo buffo monologo del Paggio Fer-nando i due versi giocosi: “O Jolanda, o donna amata, Oviola violata, o gentil violazione”, penso, più che ad altreparonomasie della poesia del novecento, a quella che è lapiù esemplare di “Campana Dino”: “le treccie di una trec-ciaiola che intreccia pagliuzze d’oro”. �

Dino Campana nel 1927 e gli amici BinoBinazzi e Francesco Meriano.La prima edizione dei “Canti Orfici”, edito aMarradi dalla tipografia Ravagli nel 1914

a riscoperta di Ebla si può definire la più straordi-naria avventura archeologica degli ultimi qua-rant’anni: e mi è particolarmente caro parlarne a

questo convegno, perché proprio all’università di Bolo-gna, unica eccezione nella mia carriera, tutta svoltasi alla“Sapienza”, ebbi l’occasione di insegnare ancora giovanis-simo.La riscoperta di Ebla è un’impresa interamente italiana: lanostra missione vi opera fin dal 1964, in assidua collabora-zione con la sezione antichità di Damasco. La collabora-zione italo-siriana è divenuta un esempio e un modello dicollaborazione euro-araba: proprio in questi ultimi mesil’Unione Europea ha firmato un accordo con la Repubbli-ca araba di Siria per il sostegno finanziario, assieme al no-stro ministero degli affari esteri, a un progetto di restauroe valorizzazione dei maggiori monumenti di Ebla, che latrasformerà nel più bel parco archeologico del vicinooriente; è la prima volta che l’Unione Europea attiva unacooperazione con i paesi arabi. Il coordinatore di questoprogetto è l’architetto bolognese Cesare Mari, che lavoracon un’équipe di architetti e di restauratori della vostracittà.Ebla è situata nella Siria settentrionale, 60 km a sud diAleppo: è un tell (una collinetta sorta per sovrapposizionedi resti archeologici antichi) di circa 60 ettari che spiccaimponente, grazie ai suoi poderosi terrapieni, sul tavolatodella Siria. Dotato di una grande cinta muraria, un’amplis-sima città bassa anulare e l’acropoli, l’insediamento di Eblaè ricostruibile per un periodo che va dal 2300 al 1600 a.C.,epoca della sua distruzione definitiva. Il suo nome rimase

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Ebla,una straordinaria avventura archeologicadi PAOLO MATTHIAE

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A R C H E O L O G I A

Durante gli scavi adEbla vennero allaluce preziosimanufatti,attualmenteconservati con altrestraordinarietestimonianze dellacultura siriana almuseo archeologicodi Aleppo.Sopra, una collana a dischi conil motivo della stellaa granuli d’oro

A sinistra:La “ Tomba dellaprincipessa” con leceramiche deposte ( 1800-1750 A.C. )

Recentemente, l’assessorato alla cultura e l’Associazione della Comunità

siriana hanno organizzato a Palazzo Malvezzi il convegno

“Ebla e le antiche culture della Siria”.Di seguito pubblichiamo una sintesi

dell’intervento di Paolo Matthiae, ordinario di archeologia e storia dell’arte

del Vicino Oriente Antico all’Università “La Sapienza” di Roma e da quasi

quarant’anni direttore della missionearcheologica italiana a Ebla

A R C H E O L O G I A

ancora per alcuni decenni nelle fonti antiche, per poi scom-parire definitivamente nel XIII secolo a.C. Solo nel XIX se-colo della nostra era, grazie alla decifrazione di testi, il no-me di Ebla tornò alla luce; ma l’identificazione, nel 1968,dell’antica Ebla nelle rovine che la missione italiana stavascavando fu un momento sensazionale: fino a quel mo-mento la si era cercata in zone molto distanti dal sito vero.All’ottobre del 1975 risale la scoperta che rese Ebla famo-sa nel mondo: in alcune sale del palazzo reale, situato sulfianco occidentale dell’acropoli, furono rinvenuti circa17.000 frammenti o pezzi interi di tavolette cuneiformi, ri-salenti al 2400-2300 a.C.: una documentazione impressio-nante, omogenea e limitata nel tempo, tanto che oggi, neilibri di storia, questo periodo è definito “età di Ebla”. Lascoperta delle tavolette suscitò grande scalpore, perché siriteneva che nel III millennio non si conoscesse, nella Si-ria settentrionale, nessun genere di scrittura. Le tavolettecontengono un piccolo nucleo di testi religiosi, moltissimitesti economici (straordinariamente importanti, perchéforniscono una documentazione altrimenti impensabiledelle forme amministrative e in parte della società), politi-ci (lettere, trattati con altre città): di una delle tavolette piùcelebri esiste un calco a Ginevra, per mostrare che fin dal2350 gli uomini hanno tentato di risolvere in maniera con-cordata e pacifica i contrasti. I testi più importanti in asso-luto però sono quelli lessicali: testi bilingui, con elenchi diparole in sumerico – l’inglese del III millennio, lingua de-gli scambi e dell’amministrazione – e in eblaita, cosa checi ha permesso di decifrare quest’ultimo idioma.Ebla fu distrutta nel 1600 a.C.: su base archeologica si era

sempre sostenuto che fosse avvenuto a opera di un re hit-tita, che intorno al 1600 sbaragliò la più grande potenza deltempo, Aleppo, e riuscì anche a distruggere Babilonia. Im-pressionanti testimonianze della distruzione di Ebla sonostate ritrovate negli ultimi anni: si tratta dei resti di seischeletri, in parte dispersi, collocati sulla sommità dellacinta muraria, che ora vengono analizzati in Italia. Ma unascoperta recente di una missione tedesca sul sito di Hat-tusas, la capitale hittita in Anatolia centrale, ha aggiuntonuove affascinanti ipotesi sulla fine di Ebla: sono state rin-venute alcune tavolette recanti un poema bilingue, hittitae hurrita, il “Canto della liberazione”, che ha come sog-getto l’assedio e la conquista della città di Ebla. Il prota-gonista è un re di Ninive a noi ignoto, che dovette essereun grande alleato del re hittita e un ausilio strategico fon-damentale per la conquista di Ebla, nonché di Aleppo e Ba-bilonia. Ma un altro aspetto rende questo poema singola-re e affascinante: la sua somiglianza con il primo classicodella letteratura occidetale, l’Iliade. Entrambi parlano diun assedio “punitivo” – Ebla deteneva illegittimamente deiprigionieri, come Troia Elena –, entrambi narrano di uo-mini e dèi – il dio mesopotamico della tempesta ricopre ilruolo di Atena a protezione degli assedianti; è suggestivopensare che il “Canto della liberazione” abbia avuto circo-lazione in Anatolia e abbia influenzato quei cantori che, se-coli dopo, avrebbero dato vita alla narrazione del destinodi Troia, tanto simile a quello di Ebla. �

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Una delle tavolettecuneiformi ritrovata nel

sito archeologico cheriporta un trattato tra

la città di Ebla e quelladi Abarsal ( 2330 A.C.)

Una figurina di toro conla testa d’uomo in oro esteatite ( 2330-2250A.C. ) e, sotto, la “ saladelle macine” delPalazzo Occidentale ( 1650-1600 A.C.)

l 30 novembre 1804 a Bologna fu inaugurato il LiceoMusicale e la sede fu, da subito, quella che ancor og-gi conosciamo: il convento della basilica di San Gia-

como Maggiore espropriato durante la Rivoluzione fran-cese. È di formazione quindi relativamente recente l’unicae la massima istituzione cittadina dedicata allo studio del-la prassi musicale. La sua nascita non fu indolore, ricordaPiero Mioli, docente di Storia della musica al Conservato-rio: «Nel 1802 la Municipalità di Bologna (che faceva par-te della Repubblica Cisalpina e quindi dipendeva dallaFrancia) inseriva nel Piano delle Scuole Normali Comu-nali un Liceo Musicale destinato ad assorbire l’AccademiaFilarmonica, “dal suo privato soggiorno” al “magnifico lo-cale” già conventuale, affidato ad una Deputazione Filar-monica al fine di una “gratuita istruzione degli allievi daeducarsi all’Arte musica” alimentato dal fondo pubblicodel Comune». Sei erano gli insegnanti previsti, sette le au-le, tre alla settimana i giorni di lezione, dalle nove di mat-tina all’una pomeridiana e comunque per la durata di nonmeno di due ore per scuola o classe. La scuola, nelle in-tenzioni di chi l’aveva pensata, doveva diventare il cuoredello studio della musica in città, e, continua il professorMioli «l’archivio doveva comprendere i materiali di SanPetronio, dei Filippini e la Biblioteca di padre Martini, ilpiù illustre rappresentante della cultura musicale cittadinache era scomparso nel 1784 e aveva lasciato i suoi beni mu-sicali a padre Stanislao Mattei perché li custodisse nel con-vento di San Francesco. Ma i primi materiali andarono di-spersi e i libri e quant’altro di padre Martini rimase nellediffidenti mani dell’erede». Non solo: l’Accademia Filar-monica sembrò non prendere neppure in considerazionel’idea di spostarsi dalla sua storica sede di via Guerrazziper accorparsi alla neonata scuola, che, per di più, ebbe su-bito problemi di tipo economico e disciplinare. La parten-za non fu delle migliori. Solo nel 1815, tornata Bologna nel-lo Stato pontificio, fu ristabilito un po’ d’ordine. Fu nomi-nato un direttore speciale, Girolamo Crescentini, fuassunto Felice Radicati per l’insegnamento del violino, ar-

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Il Conservatorio di BolognaBreve ritratto dell’istituzione che ha già

attraversato quasi due secoli di storia cittadina

II

L A C A S A D E L L A M U S I C A

Prospettiva della sala Bossi durante un concerto

L A C A S A D E L L A M U S I C A

rivò a studiare Gaetano Donizetti e padre Mattei, un po’meno diffidente, si decise a cedere al Liceo tutto il mate-riale martiniano. Dopo alterne vicende, tra cui una paren-tesi che vide Gioachino Rossini impegnato come “consu-lente perpetuo onorario” a rilanciare le sorti del Liceo,compito che assolse con intuito ed impegno, bisogna at-tendere il 1891 per trovare un direttore d’alto livello. EraLuigi Mancinelli, «maestro umbro nemmeno quarantenneche, nel panorama nazionale tutto consegnato al melo-dramma, emergeva come raffinato sinfonista, spiega ilprof. Mioli. Mancinelli dopo cinque anni dette le dimissio-ni, ma il Liceo era così ben organizzato che poté sopravvi-vere alla partenza del suo benefattore. Il nuovo direttore,Giuseppe Martucci, un campano appena trentenne ressela scuola dal 1886 al 1902, fra l’altro istituendo una catte-dra di arte scenica, avviando la prassi della tassa scolasti-ca, meritando un aumento di stipendio da 5000 a 8000 lire,vantando tra gli allievi Ottorino Respighi, contribuendo aconfermare nella città la roccaforte del sinfonismo e delwagnerismo italiano». Gli subentrò un altro ottimo musi-cista, l’organista Marco Emilio Bossi. Nella direzione del-la scuola si susseguirono Gino Marinuzzi, Franco Alfano,Cesare Nordio. Fu quest’ultimo a dedicare la scuola a pa-dre Martini, a fondare la cattedra di direzione d’orchestra,la prima in Italia, e ad ottenere da Roma la regificazionedell’istituto che, da Liceo musicale, divenne Conservato-rio. Era il 1941, a Milano, Napoli, Parma e Palermo questoera successo all’epoca dell’unificazione d’Italia. Qui si apre la storia moderna dell’importante istituzione,alla cui direzione si trova, dal 1991, Carmine Carrisi, do-cente di Lettura della partitura del Conservatorio di Mila-no. È lui oggi a raccontare i nuovi sviluppi ipotizzabili peril conservatorio che vede aprirsi interessanti prospettive.«Il Conservatorio è una scuola atipica – dice il maestroCarrisi – lo è in quanto amministra l’educazione musicalespecialistica, “materia” che le compete in maniera esclusi-va, anche perché è molto rara sul territorio e perché si oc-cupa della musica, come si suol dire, dalla “a” alla “zeta”».Si tratta di una realtà che ancora suscita l’interesse di mol-ti giovani, sono ben 600 gli allievi attualmente iscritti nei

vari corsi. Alcuni strumenti sembrano esercitare una mag-giore attrattiva «per composizione, canto, chitarra, pia-noforte, violino, viola, contrabbasso, flauto, oboe, clarinet-to e sassofono – dice il Direttore – c’è abbondanza di iscri-zioni». Gli sbocchi professionali non mancano, soprattuttoper gli strumenti che compongono gli organici orchestra-li. Proprio in vista del debutto nel mondo del lavoro lascuola offre agli allievi varie occasioni per suonare in pub-blico. È un training importante, che coinvolge sia i docen-ti, con le “Serate musicali”, sia gli studenti, nel ciclo intito-lato “Il Conservatorio per la città”. Inoltre esiste un’orche-stra che periodicamente propone, in Sala Bossi o in altresedi, vari programmi e un’orchestra di giovanissimi, che è,confessa il professor Carrisi, un “piccolo” vanto dell’istitu-to. Un altro vanto è il Laboratorio di musica lirica che perdiversi anni ha messo in scena opere al Comunale. Ma ilConservatorio, pur non dimenticando la propria storia econtinuando a svolgere le proprie attività, guarda congrande attenzione al futuro. Nuovi scenari si aprono daquando i Conservatori sono diventati istituti superiori distudi musicali nell’ambito del sistema dell’alta formazionee specializzazione artistica e musicale. Dice il maestroCarrisi: «Stiamo però aspettando i regolamenti per l’auto-nomia. Se non passeranno saremo bloccati. Ci troviamoquindi in un momento di transizione.Teoricamente siamopassati ad un livello superiore, di fatto non ci sono regola-menti né interni alle istituzioni, né criteri per il futuro. Èun momento difficile. Nonostante tutto, con grande entu-siasmo, operiamo in questa direzione. Il Conservatorio diBologna, da quando è uscita la nuova legge 508, nel di-cembre 1999, ha avviato corsi sperimentali autorizzati dalMinistero per procedere verso nuovi orizzonti con criterid’alta formazione». Per il secondo anno saranno proposti icorsi di musica d’uso, ovvero multimedialità, unici in Italia,di musica jazz e di “maestro sostituto”. Originale e moltoapprezzato è il corso di composizione con Live Electronicsd’avanguardia. Da novembre inizierà il corso biennale dispecializzazione in pratica strumentale contemporaneaper ensemble, tenuto da Pietro Borgonovo e AnnamariaMorini (iscrizione entro il 31 luglio). In settembre sonoprevisti alcuni seminari extra scolastici, il primo con il ce-leberrimo maestro Anner Bylsma, il secondo, dal 23 al 28,con Lucy van Dael, prestigiosa insegnante al Conservato-rio di Amsterdam di violino barocco. Il Conservatorio tro-va anche nuovi spazi. Anche quest’anno, per la secondavolta, una collaborazione con il Comune di San Pietro inCasale, permette di bandire il concorso “Umberto Sac-chetti” per cantanti lirici (iscrizioni entro il 10 luglio). Il 23e il 24 luglio i vincitori saranno premiati nel corso di unaserata di gala a San Pietro in Casale. [C. S.]

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A fianco, particolare di un’ aulaper gli strumenti a percussione.Sotto, uno scorcio dello scaloned’accesso al Conservatorio

Il maestro CarmineCarrisi, direttore delConservatorio

P O R T I C I R A C C O N T A

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ono alla stazione, quella delle corriere, ho molto caldo e un po’paura. Le corriere sembrano lunghi pesci colorati, scintillano,

c’è una luce molto chiara, e io mi intontisco a guardarle.Di colpo mi accorgo anche delle voci, molte voci. Siamo in tanti qui, quasi tutti come me, quasi tutti non italiani. Ci sono i polacchi, gli ungheresi, i bulgari, i macedoni, gli estoni, gli ucraini, e molti del mio paese. Qualcuno parte, qualcuno aspetta chi arriva.Io aspetto.Adesso mi sposto nervoso, faccio piccoli giri in tondo, non manca molto,la paura diventa un po’ più forte.Una giovane donna mi guarda e mi sorride. Di fianco a lei c’è uno che conosco, Alexander, e mi saluta.«Andrej» dice.Io gli faccio solo un cenno con la testa, la giovane donna continua a fissarmi e io mi volto dall’altra parte.Per un attimo penso a Sonja.Ma io Sonja l’ho dimenticata.Qualche nostro amico non ha capito, mi ha trattato con durezza.«Come puoi dimenticarla così, dimenticare tutto?» mi hanno chiestocon un tono cattivo.

di ANDREA COTTIFotografie di KATRIN DI GIROLAMO

Tra arrivie partenzeTra arrivie partenze

SS

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Ho dovuto, e non perché ho smesso di amarla, ma perché dovevo vivere. No, stare vivo.E in realtà non l’ho mai dimenticata, non l’ho vista per tre anni ma non mi sono dimenticato di lei, neanche per un secondo. L’ho cancellata, l’ho tolta dalla mia mente, tirata via, strappata. Sono stato costretto.Perché adesso c’è Irina.Perché adesso amo solo Irina.Irina sta arrivando.Una delle corriere, invece, sta partendo proprio ora, si stacca dal marciapiede, fa rumore, dallo scarico esce fumo nero che puzza.Per un istante intravvedo un vecchio, affacciato a uno dei finestrini.Non so dove sta andando, se sta tornando a casa sua per restarci o se è solo un viaggio breve, se poi tornerà.La faccia del vecchio mi resta impressa negli occhi per qualchemomento. È incredibilmente triste, e io penso che non dovrebbe esserlo, che va bene andarsene da questo posto, per sempre o solo per un po’.La prima volta che l’ho vista, Bologna, ero con Victor, aveva viaggiato assieme a me. Lui ha detto:«Ha i tetti rossi, tutti rossi», con uno stupore da ragazzino.«È bella» ho detto io.«Sì» ha detto lui.Dopo un po’ ha detto: «Però sembra sangue, sangue sopra le case».Col tempo abbiamo scoperto che questa è semplicemente una città come le altre, con il bene e il male, solo che qui il male sta dentroil bene, come il guasto, il marcio nascosto al centro della mela più lucida. Irina sta venendo qui, in questa città fatta così, e io non ho potuto scegliere.Sento un annuncio dall’altoparlante, è in Italiano, non capisco bene tutte le parole, ma riconosco il nome del mio paese. È ora.Sì, Irina sta arrivando. Sonja no, Sonja non è arrivata, non arriva, non arriverà mai più.La corriera entra nell’autostazione e si accosta lenta al marciapiede.Quelli che stanno aspettando assieme a me si muovono, e mi muovoanch’io. Le persone cominciano a scendere dalla corriera. Non la vedo, non vedo Irina. Poi sì, poi la vedo, una signora la tiene per mano, e mi manca il fiato.È così uguale a Sonja, Irina, però non è il viso, o il corpo, è qualcos’altro, sono i gesti, la flessuosità, la sua posa naturale.Adesso anche lei mi vede, libera la sua mano da quella della signora,apre le braccia piccole, corre verso di me, dice: «Papà».

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uando ero uno studente di scuolamedia a Hiroshima, provavo a di-pingere alla maniera di Renoir, poi

di Delvaux. Ho scritto anche un romanzostorico del tipo di quelli di Eiji Yoshikawa…amavo così tanto l’arte e la storia che non eb-bi alcun dubbio a scegliere di studiare, perl’appunto, “storia dell’arte” all’università.Il mio professore a Tokyo era un esperto diprospettiva, e studiando sotto la sua guida,mi sono appassionato a un pittore italiano dietà barocca, Andrea Pozzo. E mentre prepa-ravo la tesi di laurea su Pozzo, per la primavolta ho sentito il desiderio di fare della sto-ria dell’arte la professione della mia vita. Ap-profondire il soggetto della tesi era diver-tentissimo e mi sentivo come un esploratoredi terre sconosciute.Mi si prospettò subito però la difficoltà discrivere in Giappone una tesi di quel tipo;era chiaro che sarei dovuto andare in Italia.Ma avendo pochi soldi, dovevo lavorare emangiare sempre riso bianco e “kimchi”(verdure salate coreane). E quando sonoriuscito a mettere insieme i soldi per il viag-gio, tutti i miei amici si erano già laureati.Mi sentivo felice, camminando verso la fer-mata dell’autobus. Faceva caldissimo, mi en-trava il sudore negli occhi e sotto lo zaino laschiena era completamente bagnata… Sonoarrivato alla chiesa di Sant’Ignazio, il sog-getto della mia tesi di laurea; sfortunata-mente però era ora di pranzo e ho dovutoaspettare per ore seduto sotto la facciata,con la testa cadente per la stanchezza dellungo viaggio… La porta finalmente si aprì, ero il primo che

entrava a quell’ora. Era molto buio, silenzio-so, e faceva molto fresco. A mano a mano gliocchi si abituavono a vedere nel buio. Nonc’era nessuno. E alzando gli occhi, ho vistofinalmente l’enorme affresco che aspettavo.I quattro continenti dipinti sulla navata qua-si cadevano verso di me, e camminando pia-no piano verso il centro, ho finalmente vistola magia della prospettiva.Avrei tanto da raccontare su questa magia,ma oggi mi limiterò a parlare della finta cu-pola. Si dice che sulla chiesa di Sant’Ignazio,ovviamente dell’ordine dei Gesuiti, non sipoteva costruire una cupola, perché avreb-be tolto il sole alla chiesa domenicana ac-canto. Allora Pozzo, frate della chiesa, trovòuna soluzione. Pensò di dipingere una fintacupola, piuttosto che costruirla realmente.Questa idea esisteva già da un po’ di tempo,come si può vedere anche in uno schizzo diLeonardo da Vinci. Conosciamo anche altricapolavori di epoca rinascimentale chesfruttano questo principio, ad esempio la Ca-mera degli Sposi di Andrea Mantegna nelPalazzo Ducale a Mantova. Pozzo è un di-scendente di questi grandi artisti, applican-do però l’idea a dimensioni enormi e a strut-ture più complesse.Per fare un disegno in prospettiva esisteva-no due metodi diversi e il libro sulla pro-spettiva di Pozzo li cita entrambi. Nel casodella finta cupola di Sant’Ignazio, Pozzo halasciato due disegni con i due diversi meto-di prospettici: qui comincia la mia indaginesulla storia della prospettiva. In questa sedenon possiamo entrare in questo discorsopiuttosto scientifico, ma immaginate le diffi-

coltà che Pozzo dovette affrontare. È il pri-mo caso in cui l’artista doveva applicare idue metodi tradizionali, facendo di entrambiun uso innovativo.Comunque, la cupola e la navata della chie-sa sono oggi le due opere di livello più altonella storia della prospettiva. Una finta cupola su una superficie piatta.Questa magia è divertente e sorprendente,ma è sorprendente anche la bellezza dell’o-pera finita e dei disegni che Pozzo ci ha la-sciato nel suo libro. Una cosa strana è chequesta tecnica artistica era molto di moda,soprattutto in Italia e in Europa centrale, mapoi sparì quasi completamente e per tanteragioni, la più importante era quella religio-sa. Sto ancora facendo ricerche per chiarirequesto mistero. È interessante sapere chequesto stile era spesso praticato da artisti-frati. Certamente cercavano un effetto chesorprendesse la gente, ma dipingevano an-che con passione puramente religiosa e cre-devano nell’efficacia religiosa di questa ma-gia. Altrimenti, non è possibile dipingereopere così complesse e faticose. Così è natouno stile particolare: una mistura di arte escienza. Noi crediamo che la scienza progrediscasempre e non proceda mai all’indietro; oggiperò vediamo tantissime opere del passatoche non sono più state superate e anche perquesto ci incantano.Oggi mi fermerò qui, in modo da poter inse-rire più immagini che illustrino la bellezzadell’arte e le innovazioni del passato. Co-munque prenderemo in considerazioneun’altra volta questo interessante stile. �

Lo spazio dell’illusione:l’opera di Andrea Pozzodi HIDEHIRO IKEGAMI

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orizzonti d’arteL’ultimo disegno realizzato per la finta

cupola di Sant’ Ignazio. A fianco, la volta diSan Michele dell’Osservanza ,a Imola,

dipinta con l’ef fetto cupola

anno accompagnato intere generazioni, guidan-dole in mondi fantastici attraverso spericolate av-venture. I fumetti inventano una realtà parallela

dove prendono corpo desideri e paure, difficoltà e speran-ze. Che siano animati da cow-boys, da esseri superdotati oda animali parlanti, i fumetti anche più verosimili non sipiegano alle leggi fisiche dell’universo a noi noto. Le storie che sviluppano esistono grazie alla fantasia del-l’autore e alla caratteristica comunicatività del linguaggioin grado di attivare la capacità creativa del lettore. Entran-do nelle regole proprie del codice linguistico, l’autore vie-ne sollecitato ad una piena partecipazione sensoriale edemotiva e trasforma il movimento del proprio sguardo dauna vignetta all’altra nella successione temporale che faesistere la storia. Il cammino che conduce il fumetto aduna precisa individuazione trova la propria lontana originein tutte quelle espressioni scaturite dal desiderio o dallanecessità di raccontare attraverso l’uso di disegni: dallepreistoriche scene di caccia graffite, ai bassorilievi dellacolonna Traiana, alle storie che nel Medioevo venivanonarrate attraverso testi scritti dentro svolazzanti filatteri. Eproprio la presenza di queste “bende” che uscendo dallabocca dei personaggi ne racchiudono le parole è uno deitratti essenziali delle strip. La data di nascita ufficiale delfumetto come nuovo mezzo di comunicazione di massa sifa però risalire all’apparizione di Yellow Kid per mano di Ri-chard Felton Outcault sul supplemento domenicale del“New York World” negli Stati Uniti del 1895. Nei primitrenta anni di vita, i comics si arricchirono di personaggiquali Dick Tracy e Betty Boop (1931), Flash Gordon(1934) e Topolino (1928) che si porranno come prototipiper molti altri a venire. L’Italia, gravata dalla grande tradizione umanistica, de-classò il fumetto a genere poco impegnativo adatto ai bam-bini che, soli, poterono assaporare la poesia infusa da Ser-gio Tofano (in arte Sto) nel suo Signor Bonaventura o leavventure del giovane giornalista Tintin che, creato daHergè nel 1929, divenne una striscia di culto. Analoga fu lasorte di Asterix, nato dalla fantasia di Goscinny e dal trat-to di Uderzo, di Diabolik, apparso nel 1962 per mano del-le sorelle Giussani, di Mandrake, Superman e molti altrientrati a far parte dell’immaginario collettivo di più gene-razioni. Nato come genere comico, il fumetto è approdatoad esiti nei quali la poesia si intreccia con la satira giun-

gendo al genuino umorismo di Lupo Alber-to, all’ironia di Cattivik e alla comicità scop-piettante di Sturmtruppen. Negli anni Ottanta i ragazzi italiani, oltread essere stati i protagonisti della rinasci-ta degli ormai classici supereroi, hanno ri-conosciuto le proprie inquietudini e fragi-lità rispecchiate nei detective Dylan Doge Martin Mystère. Proprio quest’ultimo è stato scelto co-me testimonial della mostra “La nona arte. Il fumetto allariscossa”, promossa dal sistema bibliotecario “Valle dell’I-dice”, dalla Soprintendenza per i beni librari e documen-tari della Regione Emilia-Romagna e dall’Ufficio istituticulturali della Provincia di Bologna. La mostra è itineran-te e coinvolge le biblioteche di Budrio, Castenaso, Loiano,Medicina, Molinella, Monghidoro, Monterenzio, OzzanoEmilia, Pianoro, San Lazzaro di Savena. L’obiettivo è duplice: avvicinare i ragazzi, tuttora i mag-giori consumatori di comics, alla biblioteca come spazio de-dicato alla lettura oltre che allo studio, e contemporanea-mente valorizzare nelle biblioteche la sezione fumettispesso scarsa, poco visibile e ancor meno fruibile. Le ta-vole didascaliche consentono un excursus nella lunga av-ventura del fumetto, facendo conoscere ai più giovani gliantenati dei loro eroi prediletti e regalando ai più anzianila possibilità di rileggere gli anni vissuti attraverso l’evo-luzione di un linguaggio che trova nella società la propriaispirazione. �“La nona arte. Il fumetto alla riscossa”, Monghidoro 3-25 agosto, tel. 051.65.55.528; Loiano 14-29 settembre, tel. 051.65.43.617; Molinella 5-20 ottobre, tel. 051.69.06.860; Pianoro 26 ottobre-23 novembre, tel. 051.77.46.54

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Gli eroi di carta entrano in biblioteca

di BARBARA TUCCI

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A R T I V I S I V E

arco cronologico compreso fra gli ultimianni della signoria dei Bentivoglio a Bo-logna, precedenti il ritorno della città

sotto il dominio della Chiesa, e i primi tempidel pontificato di Gregorio XIII, è al centro del-la mostra “Il Cinquecento a Bologna. Disegnidal Louvre e dipinti a confronto”, aperta fino al18 agosto presso la Pinacoteca nazionale diBologna. Seconda tappa di un percorso teso a valorizza-re la produzione artistica del ’500 bolognese,la mostra si sviluppa attorno all’eccezionaleprestito di 55 disegni provenienti dal Louvre,

già oggetto della prima rassegna tenutasi nel-la capitale francese. Un nutrito gruppo di tele,appartenenti a collezioni private e chiese delterritorio, arricchisce l’esposizione offrendol’opportunità di comparare il disegno prepara-torio all’opera finita. Dipinti e disegni, fra gli al-tri, di Giorgio Vasari, Lorenzo Costa, AmicoAspertini, Bartolomeo Ramenghi, Girolamoda Treviso testimoniano la pluralità di espe-rienze e di percorsi artistici, anche sorti e ma-turati altrove, che qui si incrociarono, seppureper un breve periodo, riscuotendo l’apprezza-mento della committenza locale. Il percorso sisnoda dal protoclassicismo, mirabilmenteesemplificato da Francesco Francia, attraver-so il personale sincretismo tra maniera tosco-romana ed emiliana caratteristico di ProsperoFontana, fino agli eccezionali esiti raggiuntinel disegno da Bartolomeo Passerotti, erededella tradizione manieristica e precursore del-

le innovazioni naturalistiche proprie dei Car-racci. Nell’indagine sull’esistenza di una bolognesitàintesa come un insieme di caratteri peculiari,Marzia Faietti, direttrice del Gabinetto dei di-segni e delle stampe della Pinacoteca naziona-le di Bologna, curatrice dell’esposizione assie-me a Dominique Cordellier, conservateur enchef del gabinetto dei disegni del Louvre, sug-gerisce che il comune retroterra sia rappre-sentato dall’influenza culturale esercitata dalprestigioso Studio bolognese che pare legatoin modo inscindibile agli esiti artistici delleopere presenti in mostra. [B.T.]“Il Cinquecento a Bologna. Disegni dal Louvre e dipinti a confronto”, Bologna, Pinacoteca Nazionale, fino al 18 agosto; orari: martedì-domenica 9-19, per informazioni e prenotazioni tel. 051 4210809.

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Il Cinquecento a Bologna

La pittura prima dei Carracci nelle opere degli artisti di passaggio

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A R T I V I S I V E

Di BartolomeoPasserotti ( 1529-1592) “ Giove tonante assiso sulle nuvole”conservato al Museodel Louvre di Parigi

Sotto, “ Corteo di seidonne elegantementevestite..” di Girolamodi Tommaso ( 1498-1544) e“Cena in casa diMarta e Maria”di Giorgio Vasari ( 1511-1574 )

ue Guccini a Bologna, il 22 maggio,quello in carne e ossa a schermirsi dal-le affettuose battute di Sergio Staino e

quello filmato nel bel documentario di France-sco Conversano e Nene Grignaffini, “Nell’ an-no 2002 di nostra vita, io Francesco Guccini”,presentato in anteprima al teatro Medica diBologna.Un uomo sincero che «indaga il passato per ca-pire davvero chi è», ci dice.Che Guccini sia sincero fino al midollo lo riba-disce dallo schermo Sergio Cofferati, dalla fe-sta Cgil di Serravalle Pistoiese vicino Pàvana,lo sa chiunque conosca una delle sue canzoni,lo percepiscono dalle prime battute del film i1500 seduti sulle comode poltrone a invito.Le parole di Francesco accompagnano le im-magini dei luoghi che “racchiudono grandi ve-

rità”, luoghi concreti ma anche“idee della mente”. Scorronocosì l’infanzia a Pàvana perscansar la guerra, gli anni mo-denesi a metter su “complessi”con altri ragazzi come lui, futu-ri Equipe 84 e Nomadi, fino aBologna.Il pregio maggiore del film del-la Movie Movie, prodotto gra-zie a Provincia di Bologna, Re-gione Emilia-Romagna e Rai 3,è la discrezione che fa emer-gere il Guccini affabulatore,

sia che narri sul filo del ricordo, sia che leggabrani dai (suoi) libri, nei quali l’ispirazionepoetica delle canzoni si colora di tanti aggetti-vi.Le canzoni, una ventina, restano sullo sfondo,bellissime e nostre, ad accompagnare la visitadei luoghi: dalla Canzone delle osterie di fuoriporta per le vecchie Dame, ad Auschwitz per lecroci di Marzabotto. E poi la scuola di Mode-na col prof che non aveva colto le doti lettera-rie dell’allievo, i portici di Bologna, Via PaoloFabbri con Vito e tutto il resto della Cirenaica,e ancora Pàvana.E poi scopriamo un Guccini che «prima deitrenta non ho visto Milano», un Salgari pada-no che guardando indietro capisce comunqueil mondo, sentimenti valori persone.«Ho sempre cercato di scrivere canzoni cherestassero nel tempo, che non fossero usa egetta», dichiara con semplicità Guccini, e lasensazione è che siano proprio queste radici(titolo – com’è noto – di un suo album tra i piùbelli) colte guardando indietro e tramandatecon la parola alle generazioni successive, la ra-gione del mito.Che sia così lo capisci dalle facce delle decinedi migliaia di giovani nel concerto di PiazzaMaggiore alla fine del film: figli di padri e ma-dri con una storia, di nonni che la storia l’han-no fatta “dabon”, parte di quella storia che nonsi può revisionare perché per loro è grande co-me una locomotiva; non sono lì per caso, maperché si sentono parte di qualcosa e voglionocontinuare ad esserlo.Perché meravigliarci se il MITO, dopo aver det-to tanto di sé, salito sul palco “si sente come inmutande, vergognandosi quindi come un la-dro…”?Il mito o è popolare o non è… �

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Guccini: le radici del mitodi CARLO RIZZOLI

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A R T I V I S I V E

Presentato in anteprima aBologna il film-documentariorealizzato da Movie Movie in

collaborazione con Provincia di Bolgna, Rai3 e

Regione Emilia-Romagna

Tre istantanee diGuccini a Bologna enella natia Pàvana

n’importante monografia dedicata aLuciano Minguzzi - “Minguzzi scultu-re” - è stata pubblicata e presentata

dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bolo-gna. Un omaggio, in collaborazione con laFondazione Museo Minguzzi, ai novant’annidel grande scultore, che ha donato alle colle-zioni di Arte e di Storia di S. Giorgio in Pog-giale due importanti sculture in bronzo. Sfo-gliando le quattrocento pagine del volume - acui corrispondono altrettante fotografie edopere - si nota la contaminazione con forme eculture arcaiche a cui Minguzzi ha dato le for-me della modernità, come sottolinea Carlo Pi-rovano. Opere inconfondibili nel loro timbro musicalee spontaneo, dove il dramma, la trasfigurazio-ne, la disperazione della condizione umana èsempre rappresentata senza mai concederenulla all’ovvio ed al superfluo.Il volume di Skira Editore - a cui ha collabora-to anche il figlio Luca - propone varie chiavi dilettura. La monografia - volutamente tanto va-sta - non ha privilegiato solo il meglio della pro-duzione di Minguzzi ma ha evidenziato lascansione dei ritmi di crescita di questo arti-sta. Una evoluzione sostanziale che le imma-gini rivelano attraverso la mutazione di stili.Si parte dagli esperimenti giovanili dagli anni

trenta per arrivare ad oggi, attraverso un ar-chivio storico e fotografico - in bianco e neroed a colori - che rivela a tuttotondo un percor-so accidentato ma felice, che ha prodotto ope-re che continueranno nel tempo a far parlaredi sé e che resteranno nella storia dell’arte.Grande artista e grande lavoratore, Minguzziha operato ogni giorno per 70 anni - “Natale ePasqua compresi” - dice con orgoglio.A chiedergli quante sculture ha realizzato invita sua, si ottiene questa risposta: «Ma una so-la, naturalmente! L’ultima è sempre figlia della precedente, percui tutto il mio lavoro si può sintetizzare comeun’unica opera!».Un’opera nella quale - aggiungiamo noi - c’ètutto lui stesso, con la sua bolognesità e la sua“sana costituzione plebea” come di lui ha scrit-to Jahier. Bologna deve molto a Minguzzi mail rapporto tra l’artista e la città è stato spessoconflittuale, tranne alcuni casi come quellodella Provincia che commissionò all’artista ilbusto del suo primo presidente Roberto Vighi,scoperto nel novembre dell’84 e che ora fa bel-la mostra di sé nello scalone di palazzo Mal-vezzi. Istintivo e passionale, racconta: «Mai siè rimarginata la ferita profonda che mi inflisseil più caro e fraterno dei miei amici, il Sovrin-tendente Cesare Gnudi. Nel 1970 mi commis-

sionò la porta principale di S. Petronio ed a fu-sione ultimata ebbe un ripensamento e rifiutòla porta, dicendo che avrebbe potuto apparireun atto di superbia, una sfida alla splendida lu-netta di Jacopo della Quercia che sovrasta ilportale. Un colpo tremendo, che si trasformòcome qualche volta accade in una fortunata oc-casione, con l’acquisto, da parte di Papa Mon-tini della mia opera, che da quasi trent’annicampeggia in San Pietro in Vaticano, comePorta del bene e del Male». Da quasi due anni un grave problema alla vistaimpedisce a Minguzzi di lavorare, ma questonon frena la sua caparbia volontà: «Nelle lun-ghe notti insonni - dice lo scultore - continuo afantasticare, ideando e creando forme nuove,inedite, visibili solo con ‘gli occhi della mente’.Questa accurata monografia racconta tutto ciòche ho fatto, ma quello che ancora avrei volu-to fare resta un patrimonio solo mio. Agli altrilascio le ‘mie porte’: del Duomo di Milano, diSan Pietro in Vaticano, di San Fermo a Verona,della Chiesa di Porto Cervo in Sardegna. Houn rimpianto: aver rifiutato, una decina di annifa, di fare le porte per la Cattedrale di Pompei,su insistente richiesta della Curia di Napoli…Tanto lavoro, fatica, amarezze ed in cambio mipiacerebbe essere ricordato come ‘Lucianodelle porte’». �

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Luciano delle portedi ANNA BALDI

In un prezioso catalogo tutta l’opera di Luciano Minguzzi,tra i grandi maestri di scultura del Ventesimo secolo

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A R T I V I S I V E

Due opere diMinguzzi: “Oplà”bronzo del 1952-2000e “ Ritratto diVenanzio” cera del1938

e “finestre” che si aprono nei fogli al-l’improvviso creano inusitate prospetti-ve, scompongono i disegni e li proietta-

no in una tridimensionalità da sempre cercata,mentre su boschi, paesi e case dell’Appenninopoche pennellate di acquerello diffondonoun’atmosfera fantastica, un alone di mistero.Questo è uno degli interventi realizzati dall’ar-tista Mario Nanni sul libro Segni della me-moria. Monzuno, figure e paesaggi, che racco-glie una cinquantina dei suoi stessi disegni raf-figuranti il paese e i dintorni nel dopoguerra. Ilibri nati da questo gioco di trasformazione ereinterpretazione hanno costituito la base delprogetto “Libro d’artista”, ideato dallo stessoMario Nanni con la collaborazione di SerenaBertini, reso possibile grazie al fattivo contri-buto del Comune di Monzuno, Pro Loco eEmil Banca. Il progetto ha permesso agli allie-vi delle scuole elementari e medie di Monzu-

no, Rioveggio e Vado di esercitare la propriainventiva su questo libro, riversandovi speran-ze, paure, ricordi: tutto ciò che sono e che san-no. L’intento che ha guidato l’artista è statoproporre ai ragazzi un approccio ludico conl’arte per stimolarne la creatività, facendo lorocapire quanta parte di gioco e libertà possa es-sere presente nella creazione artistica. Senzaregole di alcun tipo, senza finalità già date glialunni sono andati quindi alla ricerca di quellalibertà espressiva che la vita adulta e la convi-venza sociale tendono a inaridire. Come lacomprensione di mentalità e modi di pensarealtri richiede un radicale mutamento di pro-spettiva, allo stesso modo per gli alunni è sta-to necessario accostarsi ad oggetti concreti equotidiani con uno sguardo nuovo, non impo-sto dall’esterno, ma cercato nel proprio intimosentire. Solo dopo aver superato un’inizialeperplessità derivante dalla naturale sacralità e

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intangibilità del libro infatti, i ragazzi sono riu-sciti ad usarlo facendolo diventare materialeposto al servizio della loro libera espressivitàalla stregua di colori e forbici. Il fare artistico non è privo però di una proget-tazione e l’invenzione trova la propria ragiond’essere nel fine per il quale è nata, per questol’assenza di indicazioni non significa mancan-za di progettualità, ma la possibilità che essasia liberamente concepita e attuata. Con pen-narelli, collage, fotografie e vari tipi di pastel-lo, tecniche miste e usate talvolta in modo ine-dito, gli studenti sono approdati a risultati no-tevoli dando vita ad interventi fantastici,comici, grotteschi, bizzarri, ottenuti principal-mente completando e dilatando il disegno ori-ginario dell’artista, oppure contrapponendovialtre immagini di paesaggi. Nel percorso che ha portato i ragazzi a rag-giungere questi risultati l’artista ha supporta-to gli insegnanti e ha incontrato le varie classiall’opera per stimolarle e incoraggiarle. Gli in-terventi creativi a cui l’iniziativa è approdata,che rappresentano solo alcune delle possibi-lità realizzabili a partire da un identico ele-mento, saranno esposti a Monzuno presso lasala “Ivo Teglia” dell’Emil Banca dal 30 giugnoal 10 luglio 2002 (feriali 17-19.30, festivi 10-12e 17-19.30). L’inaugurazione è prevista per sa-bato 29 giugno alle ore 17.30.La sperimentazione ha suscitato l’interessedella Provincia di Bologna che ha patrocinatol’iniziativa curando la pubblicazione del catalo-go “Linee di confine”, dove accanto all’inter-vento dell’assessore alla cultura Marco Mac-ciantelli, l’intenso contributo critico di AntonioFaeti illustra l’attività di un artista che dall’altodei suoi 60 anni di lavoro è ancora in grado dientusiasmare e di emozionare chiunque vi en-tri in contatto. [B.T.]

Fra sperimentazione e didattica

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M O S T R E

I ragazzi di alcune elementari e mediereinterpretano il libro di Mario Nanni su Monzuno. E ne nasce una mostra

di “libri d’artista” originali

Due immaginidel libro diMario Nanni e, in basso, uncollage con ilavori eseguitidai ragazzi

alazzo Smeraldi è un complesso archi-tettonico di proprietà della Provincia diBologna, situato in località San Marinodi Bentivoglio. Sede del Museo della ci-

viltà contadina, gestito dall’istituzione villaSmeraldi è un complesso davvero imponentecostituito da una villa (sede dell’istituzione edelle mostre temporanee), un alloggio di ser-vizio, una torre, una cucina storica, una casacolonica (che ospita il museo della canapa), unmagazzino (conosciuto col nome alquanto ori-ginale di “mamma” e che fu costruito negli an-ni ’70-’80 di questo secolo), poi, ancora, ghiac-ciaia, cantina, colombaia e punto di ristoro,senza dimenticare il laghetto artificiale collo-cato nell’ampio parco che circonda gli edifici.A villa Smeraldi viene in questi giorni ospitatauna nuova mostra (all’inizio era stato stabilitofino al maggio del prossimo anno, ma si parlaanche di una collocazione permanente): Il lat-te in città. L’industrializzazione di un prodottodella vita, organizzata dalla Provincia di Bolo-gna, dall’istituzione villa Smeraldi e dal Museodella civiltà contadina con il sostegno dellaGranarolo. La mostra è accompagnata da unvolume, Il latte. Storia lessici, fonti, a cura diMassimo Tozzi Fontana e Massimo Montana-ri e promosso dagli stessi enti della mostra,unitamente al Consiglio Nazionale delle Ricer-che ed all’Istituto per i beni artistici, culturalie naturali dell’Emilia-Romagna.Ma veniamo al latte, un prodotto che nessunopotrebbe dire fuori luogo nella cornice di unmuseo sulla civiltà contadina, ma che non tut-ti, forse, hanno pensato nei termini proposti inquesta occasione. Sì, perché a tutti i prodotti egli oggetti che si è abituati a vedere nella no-stra vita, non sempre si presta attenzione finoquasi a non vederli, figuriamoci chi li pensa intermini di oggetti dalla profonde radici e va-lenza storiche e culturali. Oggi il latte fresco èun alimento comune in cucina e tutti sannoche si conserva per quattro giorni circa in fri-gorifero, la data di scadenza è sempre chiara-mente indicata sulla confezione, ma una miaamica finlandese, in Italia per le vacanze esti-

ve, lo buttava via subito, inorridendo se mi ve-deva berlo il giorno dopo, considerando chel’Italia è un paese troppo caldo per fidarsi del-la buona conservazione di un prodotto a così“alta deperibilità biologica”. Non mi è mai venuto a trovare un romano del-l’antica Roma. Se lo avesse fatto le cose sareb-be andate sicuramente peggio, perché fino alMedioevo il consumo di latte era consideratotipico solo dai barbari, quindi un segno di bar-barie: figuraiamoci ippomolgòi cioè “mungi-ca-valle” erano chiamati dal grande Erodoto gliSciti, che non disdegnavano consumare latte elatticini! In altre parole sarei diventata “la bar-bara ‘mungi-cavalle”’. Lasciamo perdere il problema della conserva-zione e passiamo al palato. Oggi si consumapreferibilmente latte di mucca, in passato lattedi pecora o al limite di capra. Nel Quattrocen-to, se si potevano apprezzare quelli freschi su-gli altri i giudizi erano negativi: “Tutti i cascisono di tristo succo, eccetto ch’i freschi” e “co-me s’invecchia, diventa pessimo”! D’altra par-te non ci si può meravigliare quando nel piùantico trattato sull’argomento (una tal Summalacticinorum datata 1459) il medico Pantaleo-ne da Confienza consigliava il latte, scrivonogli autori del nostro libro: “esclusivamente al-le persone che godono di perfetta salute, e con

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Il latte in cittàA Villa Smeraldi, fino al maggio 2003,una mostra sulla storia e la culturadel prezioso alimentoPP

M O S T R E

molte precauzioni: dovrà essere di bestia sana,di buona qualità e appena munto; lo si berrà inogni caso a digiuno, ad almeno tre ore di di-stanza dai pasti, astenendosi poi dall’esercizioimmediato di attività fisiche impegnative”. Scherzi a parte, ben venga tutto ciò che aiutaa guardare il mondo al quale siamo abituati daprospettive diverse che ce lo facciano vedereun po’ più nuovo e curioso del solito, soprat-tutto quanto lo si fa con una leggerezza di tonied una chiarezza espositiva che nulla toglie alrigore scientifico ed all’approfondimento sto-rico e documentario come in questo caso. Chedire di più? Tranquilli questo “latte” lo posso-no digerire tutti! [L. M.]

er favorire la mobilità dei suoi giovanicittadini, l’Unione Europea promuovee finanzia attività di scambio e coope-

razione, tra cui quelle di volontariato all’esterofinalizzate alla creazione di uno “spazio euro-peo per l’istruzione e la formazione professio-nale”, e all’inserimento sociale e lavorativo deigiovani volontari.Il Servizio volontario europeo (SVE), infatti,consente ai giovani di età compresa tra i 18 e i25 anni di svolgere attività di volontariato in unpaese straniero per un periodo di tempo limi-tato, normalmente compreso tra 6 e 12 mesi.Le attività di servizio volontario si collocanocome apprendimento interculturale pratico epossono riguardare iniziative sociali, ecologi-che e ambientali, ma anche il settore delle ar-ti e del patrimonio culturale, gli sport, il tempolibero, l’assistenza agli anziani, le nuove tec-nologie, etc. Più da vicino, un progetto SVE prevede un par-tenariato trilaterale fra un volontario, un’orga-

nizzazione di invio e un’organizzazione di ac-coglienza, entrambe costituite da organizza-zioni non governative, associazioni, autorità oiniziative locali senza fini di lucro, accreditatedall’Agenzia nazionale del paese in cui opera-no (in Italia l’Agenzia è istituita presso il Di-partimento affari sociali della Presidenza delConsiglio).L’organizzazione di invio è responsabile dellaselezione dei partecipanti e della loro prepara-zione prima del periodo di volontariato (for-mazione interculturale, linguistica, etc.), maanche dell’attività di follow up, che garantirà –al rientro del volontario – un seguito appro-priato all’attività svolta e all’esperienza acqui-sita, in termini di orientamento nella ricerca diun posto di lavoro attinente o di ulteriori pe-riodi di formazione.Le attività – che non hanno fine di lucro e nonsostituiscono attività lavorative o servizio mili-tare/civile – si svolgono in un paese diverso daquello in cui risiede il volontario, e rappresen-tano un valore aggiunto per la comunità loca-le. Al volontario sono riconosciuti vitto, allog-gio ed una indennità mensile versata dall’or-

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ganizzazione di accoglienza, e poi rimborsatadalla Commissione europea attraverso il Di-partimento affari sociali. I progetti possono riguardare attività singole oavere carattere continuativo, in questo secon-do caso con l’obiettivo più ampio da parte del-la Commissione europea di favorire la nascitadi nuovi partenariati, sia a livello locale che eu-ropeo.Oltre ai cosiddetti “Progetti SVE di lunga du-rata” (6-12 mesi), che rappresentano la partecentrale del programma, sono previsti “Pro-getti di breve durata” (da 3 settimane a 3 me-si) rivolti prevalentemente a gruppi di volon-tari destinati ad un’unica attività. Si tratta di ca-si particolari, per lo più riguardanti giovani allaprima esperienza di viaggio all’estero o che,per ragioni diverse, non possono parteciparead un’azione più lunga.Il Servizio volontario europeo rientra fra leAzioni del programma comunitario Gioventù(Azione 2), che – sulla base delle precedentiesperienze dei programmi “Gioventù per l’Eu-ropa” e “Servizio volontario europeo” finanzia-ti dalla Commissione europea nella scorsa pro-grammazione – mira a consolidare e potenzia-re i risultati già conseguiti, nonché a favorirel’accesso dei giovani europei ad un’ampiagamma di forme di sostegno, per iniziative daessi stessi promosse. Il programma intende così rispondere alle esi-genze dei giovani e degli operatori attivi nelsettore giovanile, offrendo sostegno finanzia-rio ai progetti e fornendo informazioni, occa-sioni di formazione e opportunità per la crea-zione di nuovi partenariati in tutta Europa.Per i progetti presentati a livello locale, regio-nale, nazionale, e selezionati a livello naziona-le, la scadenza per le domande – che dovrannonecessariamente essere inoltrate attraversouna organizzazione di invio – varia a secondadella data prevista per l’inizio del progetto eprecede di tre mesi la partenza del volontario(per attività con inizio a dicembre, ad esempio,la scadenza è fissata al 1° settembre).Da quest’anno l’Info Point Europa del Comu-ne di Bologna – Settore sportello dei cittadini– è organizzazione accreditata di invio nel-l’ambito dell’Azione 2 del Programma Gio-ventù (SVE), e si occupa quindi dell’invio digiovani volontari nei paesi dell’Unione Euro-pea e nei paesi terzi che aderiscono al pro-gramma. Per informazioni è possibile rivolgersi aglioperatori del centro, che illustreranno in det-taglio agli aspiranti partecipanti tutti gli aspet-ti del programma. �Info: INFO POINT EUROPAComune di Bologna - Settore Sportello dei Cittadini - Piazza Maggiore 6 tel. 051.203592, fax 051.232381e-mail: [email protected]

Dove va il servizio volontario?di STEFANIA CRIVARO*

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S P A Z I O E U R O P A

* dello staff Info Point Europa

a tempo si sta sviluppando una culturapolitica che vede la cooperazione allosviluppo come uno strumento della

politica estera a cui devono partecipare, se-condo il principio della sussidiarietà, tutte lecomponenti del paese, pubbliche, private edistituzionali.È, infatti, sempre più diffusa la consapevolez-za che la partecipazione di tutte queste com-ponenti alle politiche di cooperazione rendemolto più efficaci i programmi di sviluppo e liarricchisce di contenuti qualitativamente rile-vanti, soprattutto per quanto riguarda la de-mocrazia partecipativa, la cultura dei dirittidell’uomo, l’uso razionale e sostenibile delle ri-sorse del territorio e di una efficace gestionedei servizi alla popolazione.Parallelamente è diventato fondamentale ilruolo e l’azione che le autonomie locali (Re-gioni, Province, Comuni) possono svolgere al-l’interno dell’Unione Europea per realizzareun modello di crescita in grado di coniugarecompetitività e benessere sociale.Ma il processo di riforma della legge naziona-le di cooperazione allo sviluppo, che aveva ri-conosciuto il ruolo fondamentale della coope-razione decentrata rispetto a quella governati-va, dopo aver raggiunto un ampio livello diconsenso parlamentare, ha subito alcuni ral-lentamenti. Tuttavia, le “Linee di indirizzo emodalità attuative per la cooperazione decen-trata” elaborate dalla Direzione generale per lacooperazione allo sviluppo, rappresentano unponte fra il quadro normativo esistente e lerealtà nelle quali operano le autonomie locali,riconoscendole quali coattori principali nelleattività di cooperazione allo sviluppo a livellolocale finalizzate:– al sostegno delle politiche di decentramen-

to politico e amministrativo– alla promozione dei processi di democrazia– al sostegno delle politiche di tutela delle fa-sce di popolazione a maggior rischio e delleminoranze– al sostegno delle politiche di tutela del pa-trimonio ambientale e di conservazione dell’e-redità culturale – al sostegno della pianificazione e gestionedei servizi del territorioA questo si aggiunge che la riforma dell’art.117 della Costituzione, le cui norme attuativesono in corso di elaborazione, contiene impor-tanti innovazioni per quanto concerne il ruolodelle istituzioni regionali nei rapporti interna-zionali, riservando a questa materia potestà le-gislativa concorrente a quella statale. Per dareconcretezza a questa nuova possibilità di svi-luppo dell’attività di cooperazione degli entilocali, la Regione Emilia-Romana sta attual-mente completando l’iter di approvazione diuna nuova legge denominata “Interventi re-gionali per la cooperazione con i paesi in via disviluppo e i paesi in via di transizione, la soli-darietà internazionale e la promozione di unacultura di pace” che ha come obiettivo, da unaparte, la promozione e il consolidamento deiprocessi di sviluppo endogeno e di crescita de-mocratica, economica, sociale e culturale deipaesi interessati e, dall’altra parte, la promo-zione e valorizzazione dei potenziali e origina-li contributi dei soggetti e delle istituzioni cheoperano sul territorio.Nel nuovo assetto legislativo saranno raziona-lizzati gli interventi evitando le sovrapposizio-ni, e sarà inoltre prevista una programmazio-ne triennale da articolarsi su quattro aree di in-tervento:- la cooperazione allo sviluppo- gli interventi umanitari di emergenza- gli interventi per la diffusione di una culturadi pace e la valorizzazione delle scuole di pace- il supporto formativo ed informativo ai sog-

getti della cooperazione decentrata

Il ruolo della ProvinciaAll’interno di questo quadro di riferimento, laProvincia di Bologna intende inserire in unprogetto complessivo sulla cooperazione e so-lidarietà internazionale le seguenti azioni giàin essere, avviate per portare il proprio attivocontributo alla pace, alla soluzione delle emer-genze causate dai conflitti internazionali:• L’impegno diretto e sostanziale al processodella costituzione della Fondazione della Scuo-la di pace di Monte Sole, (espresso anche conla gestione della presidenza del Comitato pro-motore per la fondazione da parte del Presi-dente della Provincia, Vittorio Prodi), un pun-to di riferimento, che operi a livello nazionaleed internazionale per la riflessione sui conflit-ti a la promozione di azioni tese alla pace tra ipopoli.• Il gemellaggio con il popolo Sarahawi, pro-mosso e sostenuto direttamente dal Consiglioprovinciale, che ha prodotto la costituzione diun tavolo operativo tra la Provincia ed alcuniComuni interessati a partecipare al progetto,gestito operativamente dal G.V.C., “Per unadieta alimentare sostenibile” che ha ricevutoun contributo dalla Regione in base alla LeggeRegionale 5/96.• La partecipazione diretta alle vicende delMedio Oriente attraverso la presenza, la pre-senza al tavolo regionale sulla Palestina.Il progetto politico che si sta attuando, preve-de la presentazione alla Conferenza Metropo-litana dei Sindaci, alle O.N.G e alle associazio-ni del volontariato, alle componenti sociali edeconomiche del territorio ed alla RegioneEmilia-Romagna di un documento politico diintenti e si concluderà con l’approvazione, daparte del Consiglio provinciale, degli indirizziper lo sviluppo della politica di cooperazione esolidarietà internazionale della Provincia diBologna. �

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Azioni di paceIl ruolo degli enti locali nelle azioni di

solidarietà e cooperazione internazionale

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L’ALTRA PARTE DEL MONDO

La Scuola di Pace di Monte Sole

N E W S

SCAMBIO IMMOBILIARE TRA PROVINCIA E COMUNE DI IMOLA Lo scorso 15 maggio il presidente dellaProvincia di Bologna Vittorio Prodi e il sindaco di Imola Massimo Marchignolihanno annunciato la formalizzazione dell’accordo di permuta immobiliare stipulato fra i due enti per un valore complessivo di circa 50 milioni di euro.Oggetto dell’operazione sono, da un lato, il complesso di Sante Zennaro (stimato circa 25 milioni di euro) che la Provin-cia cede a Imola, dall’altro l’Istitutoagrario “Scarabelli” (circa 16 milioni dieuro), la ex sede Inam (circa 4 milionidi euro), una parte dell’Itis “Alberghetti”(3 milioni e 800 mila euro) e una porzione di terreno dell’istituto tecnicocommerciale “Paolini” (914 mila euro)che il Comune “passa” all’Amministra-zione provinciale ricevendo un conguaglio di circa 183 mila euro.I due enti diventano così proprietari degli immobili in cui già svolgono attività proprie, attuando il principio di autonomia e di piena disponibilità deibeni strumentali per le proprie funzioni:gli istituti, di cui è confermata la destinazione scolastica, rientrano a pieno titolo nelle competenze della Provincia, così come la ex sede Inam ègià sede di uffici sovracomunali, quali ilCentro per l’impiego e il Servizio agricoltura. Da parte sua il Comune trasferirà al Sante Zennaro (dove già sono collocati gli uffici del settore scuola) la Polizia municipale.Successivamente sono previsti ulteriori sviluppi: utilizzi legati all’università perlo Scarabelli, nuova sede del Circondario, di Stai e, forse, del catasto per la palazzina ex Inam.

LA SANITÀ PARLA STRANIERO Un numero verde che parla sei lingue e spor-telli riservati ai cittadini immigrati. Entra così,a pieno regime Alò, il completamento del pro-getto scaturito dal piano sanitario regionaleche “eleva la qualità del rapporto tra serviziosanitario e tutta l’utenza”.Al numero verde gratuito 800 663366 possonorivolgersi stranieri che vivono a Bologna e pro-vincia (il 3,5% della popolazione complessiva)per ricevere informazioni relative ai servizipresenti sul territorio, le modalità di accesso ele normative. A rispondere sono mediatori in-terculturali formati dalle Ausl metropolitaneche parlano italiano, albanese, arabo, francese,filippino e inglese.

CALANO GLI INCIDENTI NEI CANTIERI Nel corso del 2001 a Bologna e nel territoriodella provincia sono stati aperti oltre 2770 can-tieri edili di una certa rilevanza, di cui 1550 conuna durata superiore ai 59 giorni. Solo in cittàse ne sono concentrati più di 600. E davanti al-la ripresa del settore, si è riproposta nuova-mente la problematica della sicurezza per i la-voratori, in un ambito storicamente carenteper legislazione e controlli. I dati resi noti su-gli infortuni paiono comunque confortanti. Se-condo l’Inail, in tutta la provincia l’anno scorsogli infortuni nell’edilizia sono stati 1242, di cuitre mortali. Questi risultati sono senza dubbiodovuti ai maggiori controlli, ma anche e so-prattutto ad un processo di sensibilizzazionedelle aziende sulla prevenzione.Il dato è stato evidenziato dall’Istituto profes-sionale lavoratori edili della Provincia e dal co-mitato paritetico territoriale operativo, al qua-le hanno partecipato i Dipartimenti di preven-zione nei luoghi di lavoro delle Ausl, l’Inail, laDirezione provinciale del Lavoro, sindacati eimprenditori.

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PER CONTRASTARE GLI ABUSI AI MINORI È stato presentato il nuovo Centro spe-cialistico multiprofessionale costituitodalle Aziende sanitarie di Bologna e pro-vincia, per contrastare e curare i maltrat-tamenti e gli abusi sessuali compiuti aidanni di minori. Il centro, nel quale ope-rerà una équipe composta da psicologo,assistente sociale, neuropsichiatra infan-tile, pediatra e consulente legale, sarà ilpunto di riferimento specialistico per lavalutazione e l’intervento concordato congli operatori dei servizi territoriali, deiservizi sanitari e dell’autorità giudiziaria.

LE “CITTÀ DEL MIELE” Si chiamano le “città del miele” i dieci comuni italiani chesi sono ritrovati a Castel San Pietro per costituire una nuo-va associazione che intende valorizzare e tutelare le va-rietà del miele di casa nostra. L’associazione si prefigge diottenere anche per il miele una certificazione di qualitàanaloga a quella di altri prodotti italiani, noti in tutto il mon-do proprio per il loro elevato standard qualitativo. Non acaso i promotori sono proprio piccole realtà comunali divarie regioni (per l’Emilia-Romagna, oltre a Castel San Pie-tro c’è anche Bagno di Romagna) che, pur non essendo ingrado di garantire grandi produzioni, hanno tuttavia rag-giunto altissimi livelli qualitativi nelle loro produzioni.

N E W S

IL NUOVO PORTALE DELLA PROVINCIA Grafica completamente rinnovata, diversa organizzazionedei contenuti per facilitare l’accesso agli utenti e realizza-zione di canali tematici. Sono gli elementi che caratteriz-zano il nuovo portale della Provincia di Bologna presto online all’indirizzo http://www.provincia.bologna.it.Lo spazio virtuale presenta contenuti e servizi eterogenei:le news in home page aggiornate quotidianamente dall’uf-ficio stampa; l’albo pretorio in linea (bandi, concorsi, astee gare, con relativa modulistica scaricabile), le iniziativeeditoriali della Provincia, i quattro i percorsi personalizza-ti: “Sono un turista”, “Sono uno studente”, “Cerco lavoro”e “Ho un’impresa”.I procedimenti amministrativi sono raggruppati in unabanca dati, che si affianca – arricchendole – alle informa-zioni specificatamente istituzionali, tutti i settori dell’entesono presenti con una breve descrizione delle attività svol-te, gli orari d’apertura degli uffici, i numeri di telefono, gliindirizzi di posta elettronica.Il sito della Provincia offre inoltre spazi e opportunità aiComuni del territorio: in stretta connessione con il pro-getto TAMTEL, è stato realizzato un sito web denominatoComuni in rete – www.provincia.bologna.it/comuni/ – do-ve è possibile trovare notizie sulle strutture per il turismo,sui musei, le biblioteche e gli archivi dei Comuni del ter-ritorio, oltre ad avere informazioni sulla attività ammini-strativa e sugli sportelli esistenti quali, ad esempio, loSportello unico per le attività produttive.

ADDIO AL PAPÀ DEL MUSEO DELLA CIVILTÀ CONTADINA Se n’è andato Ivano Trigari, padre del Museodella civiltà contadina e fondatore e animato-re per più di un trentennio del “Gruppo dellaStadura”, un’associazione di agricoltori dellapianura bolognese che proprio negli anni ’70volle che villa Smeraldi diventasse la sede diuna delle più interessanti istituzioni locali. Na-to a Castel Maggiore, spese gran parte deisuoi 80 anni nell’impegno dello sviluppo dellecooperative agricole e del mondo contadino ingenerale. Lo ricordiamo promotore, nono-

stante la malattia, del-le attività del Museofino agli ultimi giorni.

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ON-LINE OFFERTE E DOMANDE DI LAVORO Un nuovo sito della Provincia di Bolognadedicato al lavoro. Un nuovo spaziod’informazione e di servizio per tutti co-loro che stanno cercando o hanno inten-zione di cambiare lavoro, ma anche per leimprese che stanno cercando personale. Il sito è consultabile all’indirizzo www.pro-vincia.bologna.it/lavoro. Offre tra l’altro ilservizio interattivo “l’esperto risponde”,mentre la banca dati permetterà di pubbli-care on-line le richieste di personale delleaziende.

UNA BIBLIOTECA PER CREVALCORE Si è concluso un lavoro di anni,ragionato su spazi ed esigenze,che ha portato alla costruzionedi un edificio completamentenuovo. Un investimento di cinque miliardi di vecchie lirecon cui si è realizzato un luogoricco di volumi e di tecnologieinnovative, dove ascoltare musica e dove c’è un importantearchivio storico

GUIDA PER I GIOVANI CHE LASCIANO LA SCUOLA

Anche quest’anno i giovani che hanno appena ter-minato le medie e non hanno intenzione di prose-guire gli studi superiori avranno a disposizione unaguida realizzata dall’assessorato provinciale alle po-litiche scolastiche formative e dell’orientamento perscegliere fra tutti i profili attivati dai centri di for-mazione professionale. La guida “Lente d’ingrandimento sull’obbligo for-mativo” edizione 2002/2003 contiene le informa-zioni relative ai corsi attivati, agli enti di formazione,ai centri di orientamento professionale e ai centriper l’impiego (Cip) presenti sul nostro territorio.

Ivano Trigari (al centro) mentreaccompagna unadelegazione in visitaal Museo dellaCiviltà contadina

libri

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more e potere si intrecciano nell’ul-timo romanzo di Nerino Rossi Lastanza della padrona (Marsilio).

L’ambientazione è quella cara all’autore deLa neve nel bicchiere: la bassa bolognese,con le sue nebbie, le sue calure estive, gliStradelli Guelfi, le povere case contadinespesso vicine a ricche ville padronali. Ed èin una di queste ville, abitata da una pro-prietaria terriera bella ed ambiziosa, dall’a-ristocratico nome Isabella Gaiba dei Corsi-ni, che si svolge la trama del romanzo. Ilprotagonista, il giovane Paride, figlio dimezzadri, dall’intelligenza acuta, svelto e in-traprendente s’innamora della bella signo-ra, diventerà avvocato, poi un importanteuomo politico ed acquisterà la villa ritrovan-dosi proprietario della dimora dell’ex pa-drone di suo padre, a un tiro di schioppodalla povera casa in cui era nato. Ma il libronon intende essere un semplice “amar-cord”, ricco nelle descrizioni e nelle am-bientazioni, con momenti di autentica poe-sia e dai toni più o meno sentimentali. As-sume invece il valore di un apologo nellasua capacità di esprimere una riflessione al-ta sulle vicende del secolo passato, su quelche ha significato la netta divisione in clas-si, sulla vocazione all’opportunismo dei cetipiù agiati, sulla stessa impossibilità della po-litica di essere pienamente compresa nelsuo valore. Il finale amaro del romanzo bensi riallaccia in qualche misura al precedenteIl detenuto, il libro scritto da Nerino Rossinel 1998 sul “reato di essere un politico”. Ese la storia è sempre appannaggio dei vinci-tori, la bella padrona sarà sempre abile aconformarsi al ritmo del tempo, usando tut-te le sue armi: dal potere, alle leggi, alla se-duzione. Numerosi i personaggi che fannoda cornice a Paride e Isabella. Due in parti-colare segnano le scelte ed il destino di Pa-ride: don Enea, il prete della parrocchia eTristano, il sarto dei contadini. Don Enea,che trasmette l’amore per il latino a Paride,è una specie di don Lorenzo Milani: sa cheil riscatto dei poveri potrà venire solo dall’i-struzione, è diffidente nei confronti delle lu-singhe dei ricchi latifondisti, non esita aprendere le difese degli scioperanti di una

cava di ghiaia. Tristano trasmette invece aParide la passione per la storia “non solocompiva il miracolo di rendere vera la sto-ria, ma anche la insegnava senza affannarsia fare date, senza seguire un ordine, e so-prattutto ricavando dai fatti dei commenti dirara saggezza”. Distribuisce lezioni di storia e di buonsen-so. I fascisti lo spediscono in Germania.Torna dopo un anno e mezzo, irriconoscibi-le per la magrezza, ma quando i paesani glifanno festa commenta “È ora che gli eroi va-dano a casa”. Come a dire che il fondamento dell’ugua-glianza non sta negli eroi né nella retorica.La stanza della padrona è un libro che si la-scia leggere piacevolmente tutto d’un fiato eNerino Rossi ben miscela vicende della pro-

pria infanzia a Castenaso, ad affreschi parti-colamente ispirati, insieme a tratti da scrit-tore civile, nel senso espresso da Cesare DeMichelis nella presentazione “Ogni suo ro-manzo è occasione per ripensare ai grandi epiccoli sconvolgimenti che la storia ha pro-dotto e dei quali non è facile ancora dare ungiudizio”. Nerino Rossi prende il lettore permano e lo invita a riflettere sulla caducitàdelle passioni umane e di ogni forma di va-nità, nella consapevolezza che il destino diognuno è segnato dai maestri che incontranella vita e che, al di là di ogni possibile ri-conoscenza, non si deve mai rinunciare allagiustizia ed alla dignità per ogni uomo.

La storia in una stanzadi GIORGIO TONELLI

AA

MARTINO E LE STELLE

Martino e le stelle – storie di uomini e di penne d’aquila è un li-bro che vede la luce nel 70° anniversario di fondazione del

Gruppo Alpini di Ferrara (1931-1971), mentre si approssimano il60° anniversario della costituzione dell’ARM.I.R. e l’ottantesimocompleanno della sezione bolognese-romagnola. Scritto con lapassione di chi non ha dimenticato i propri compagni d’arme, il vo-lume di Raffaele Pansini fa rivivere a chi legge il dramma di una ge-nerazione, descrivendo la vita e l’addestramento durissimo impar-tito nelle scuole per allievi ufficiali, le prime esperienze di guerra inRussia (e segnatamente la cruenta battaglia di Kotowsky) nonchéle inevitabili disillusioni che tormentarono tanti suoi coetanei.Il fluire degli eventi viene descritto con stile scorrevole e vivace: ac-canto agli avvenimenti luttuosi non mancano quelli destinati a farsorridere. In particolare Pansini risulta felice nel tratteggiare figurenote (come quelle del Capitano Lamberti, suo istruttore ad Aosta)o meno note (come quella di “Pocia bale”, il suo attendente, bra-vissimo a districarsi in ogni situazione e assai intraprendente conle ragazze, italiane o russe che fossero).Un libro, in ultima analisi, che sarà gradito tanto a chi è stato in Rus-sia quanto a coloro che vogliono semplicemente capire gli avveni-menti del passato, ripercorrendo il cammino delle penne nere inquelle steppe russe che furono il palcoscenico di un’immane tra-gedia da non dimenticare.

Il libro può essere richiesto allo Studio Bibliografico San Mamolo (tel. 051/581982) oppure al Gruppo Alpini di Ferrara (Corso Giovecca, 165 – 44100 Ferrara)

[MARIO GALLOTTA]

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IL TERRITORIO

Il Reno brontola. Molte voci, una memoria.Testimonianze di lotte partigiane, a cura diCesare Bianchi (Ed. Re Enzo, per conto del-la sezione ANPI Gianna Tarozzi zona BarcaBologna). Un altro libro sulla Resistenza? Potrebbe di-re qualcuno, ma grazie al cielo c’è chi è an-cora capace di leggere la storia con gli occhidella quotidianità. È il caso di questo librodedicato alla lotta che la Resistenza svolsenel territorio bolognese lungo il Reno tra ilsettembre del 1943 ed il 25 aprile 1945. Azio-ni di guerra, assalti ed eccidi, eventi già en-trati nei libri di storia, rivivono nei ricordi enelle testimonianze di quanti li videro coi lo-ro occhi ed oggi danno ad essi una voce cheè la loro e che per questo si fa più vera edrammatica, ancora vera e drammatica. Nonsolo questo passato, filtrato attraverso la me-moria dei più anziani, tuttavia, è protagoni-sta di questo libro: vi sono anche le voci piùgiovani, come quelle degli alunni che, du-rante questo anno scolastico, hanno studia-to l’argomento attraverso testi, film e docu-menti ma soprattutto hanno avuto modo diparlare con i “nonni” partigiani e non, cosìche le loro pagine non sono il resoconto diuna fredda lezione imparata sui banchi discuola, ma la testimonianza di un confrontogenerazionale in cui ogni barriera è supera-ta dal dialogo e dal ricordo.Da Galliera, grazie al Gruppo studi Alta Val-le del Reno-Porretta Terme, ci spostiamo neIl bacino di Castrola 1910-2001, un’operafortemente voluta dalla popolazione locale econtrastata da chi ne beneficerebbe, di Gior-gio Sirgi, con scritti di Mauro Brunetti eRenzo Zamagni. Si venga ai fatti. Castrola è “il nome di un in-vaso idrico artificiale che ha preso il nomeda un Castello medioevale, di cui sono oggiconservate solamente le fondamenta, mache ha dato, in seguito, il nome italiano di

Castrola a tutta l’area circostante”possibile sede di un contrastato ba-cino artificiale “ideato e progettatocirca 100 anni fa a scopi idroelettri-ci, i cui lavori furono appaltati e poisospesi pochi anni dopo, quindi ri-

progettato nei recenti anni ’80 a scopi ac-quedottistici, ma del quale (per evitare direalizzarlo veramente) sono state escogitatee anche progettate molte soluzioni, senzamai riprendere i lavori veri e propri della suacostruzione”. Righe dalle quali emergonogià chiaramente i toni complessivi delloscritto che, tra impegno personale appassio-nato e concreta “ragione” amministrativa,definisce le ragioni di un problema di gran-de attualità che coinvolge i comuni dellamontagna bolognese interessati dal proget-to della Seabo.

LA SCIENZAChi non ha cercato la pioggia delle stelle ca-denti della notte di San Lorenzo per espri-mere i propri desideri, almeno una volta? So-gni ad occhi aperti? Quasi sicuramente è co-sì, ma se capovolgiamo i termini e dai sogniad occhi aperti passiamo ad “aprire gli occhisui sogni”, cosa diventano le nostre stelle diSan Lorenzo?Lo spiega Giordano Cevolani in Il cielo e lesue piogge edito dai Comuni di Bondeno,Cento, Pieve di Cento e San Giovanni in Per-siceto, dalla Libera Università di Pieve diCento e Castello D’Argile e dal Lions Club diPieve di Cento.“Personaggi” chiave di questo libro sono le

meteore, i meteoriti, le comete ed i pianetiniche l’autore descrive in modo chiaro mascientificamente rigoroso. Così, i segreti diquesti oggetti extraterresti divengono, nellepagine di Cevolani, il modo non per smette-re di sognare, ma per cominciare a “sogna-re altri sogni”: quelli sulla origine ed il futu-ro di questi oggetti (come e quando si sonoformati, quanti o perché potrebbero cadereo passare vicini alla terra), ma anche sullanostra origine. Emblematico l’esempio delmeteorite di Renazzo caduto il 15 gennaio1824 che si è scoperto essere più vecchiodella terra poiché proveniene dalla nebulosache diede origine al nostro sole. Un oggettoquindi che potrebbe aiutare gli studiosi acomprendere il nostro sistema solare e lasua formazione.Dai segreti dell’universo a quelli dell’infan-zia, guidati da Anna Maria Casadei, autricedel libro … e il foglio si copre di emozioni. Co-

me interpretare gli scarabocchi (ed. La Man-dragola). Non scarabocchi qualunque, maquelli dei bambini in età infantile, quandonon ancora educato al disegno il bambino siabbandona con assoluta libertà alla paginabianca. Quelli che noi chiamiamo scaraboc-chi si rivelano, secondo gli studi decennalidi Anna Maria Casadei, come veri e propriuniversi espressivi, come la prima formanon verbale di comunicazione alla quale ipiccoli autori affidano le loro sensazioni po-sitive o negative nei confronti della famigliae, a più ampio raggio, della realtà che li cir-conda. Si vedano i numerosi esempi riportati inqueste pagine dove, guardando la disposi-zione dei segni nello spazio della pagina, laloro direzione o ancora la pressione del trat-to, l’autrice decodifica questo immensomondo infantile e ne interpreta il linguaggioemozionale. E visto che si parla di segni, perché non par-lare di quelli che recepisce il nostro corpo?Quelli che provengono da uno di quei cin-que sensi di cui siamo dotati, l’olfatto, capa-

libri

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ce di evocare tante emozioni solo cogliendoun leggero alito di profumo? È magia oppu-re anche scienza? È scienza, o fantasia? Op-pure è tutto questo nello stesso tempo? Or-nella Pastorani, artigiana che vive e lavora aBologna tra fiori, pot-pourri ed oggetti pro-fumati, miscelando a volte libri a volte es-senze, ha voluto raccogliere Le parole delprofumo, il libro da lei curato e pubblicato daFranco Angeli. Perché se il nostro linguag-gio si è impoverito di termini olfattivi – tan-to che la stessa parola profumo ricopre oggidue aree semantiche distinte: una che iden-tifica una percezione olfattiva un’altra peridentifica un prodotto – così che sempre me-no sono le “parole del profumo”, non è cer-to diminuita la capacità del profumo di co-municare magicamente sensazioni ed emo-zioni. Questo libro raccoglie le parole diautori di diversa estrazione, che usano, quin-di, registri linguistici diversi. Ed è grazie aquesta contaminazione di esperienze chequesto libro può essere considerato un map-pa del profumo che spazia dalla tecnica allastoria, alla letteratura, alla psicologia, fino almarketing, sempre rigorosamente “olfatti-vo” – come nel caso dei contributi di StefanoBader e Silvia Verderio – strategie che usa-no i profumi per attirare l’attenzione, per ma-scherare o contrastare altri odori se non ad-dirittura per dare un’identità olfattiva, un “lo-go olfattivo”, ad un semplice marchio.

LA FANTASIAIl teatro nelle case. Percorsi teatrali aconfronto, a cura di Cristina Valenti(ed. Provincia di Bologna).Sono qui raccolti i risultati dell’in-contro “Il teatro nelle case. Percorsi teatralia confronto” svoltosi presso il Teatro delleAriette a Castello di Serravalle, nell’ottobredel 2000. Ma cosa si intende per “teatro nel-le case”? Lasciamo rispondere ad uno degliintervenuti: «Il “teatro nelle case” corri-sponde a un particolare progetto di disloca-zione. Il momento pubblico dello scambio edell’incontro teatrale è portato all’interno diuno spazio privato, o comunque […] nondestinato ad uso teatrale e abitato […] la di-mensione pubblica del teatro entra nelle ca-se, invade cioè uno spazio privato e lo tra-sforma». Da questo punto di vista, lo spazio è più chemai parte fondamentale del lavoro teatrale,in una ricerca le cui radici possono esserefatte risalire alle esperienze teatrali futuristeprimonovecentesche con la frantumazionedella distanza tra lo spazio dell’attore e quel-lo dello spettatore. Da quelle prime espe-rienze ad oggi altri momenti significativi po-trebbero essere citati senza nulla togliere al-

l’originalità ed al livello raggiunto nell’ambi-to delle esperienze teatrali che coinvolgonopiù direttamente il territorio bolognese eche non si fermano all’esempio del Teatrodelle Ariette, ma comprendono altre situa-zioni (quelle, per intendersi, della rassegnaTracce, di Koinè, del teatro di Calderara diReno e del Rosaspina Teatro di Minerbio o,ancora, della Ca’ Rossa e dell’AssociazioneDiablogues). Nel libro di Giuseppe Quercioli è in scena… il delitto! Bologna criminale. Trenta de-litti all’ombra delle Due Torri (ed. Pendra-gon) raccoglie, con una scrittura agile e li-neare ed una documentazione accurata, i re-soconti di vicende che hanno tinto di giallola storia della nostra provincia nel corso deisecoli. Storie misteriose, per lo più scono-sciute ed irrisolte: il presunto avvelenamen-to di Elisabetta Sirani nel Seicento, oppurela scomparsa del dottor Cavagnati, circadue secoli dopo fino alla “banda dei tatuati”del primo novecento dei fratelli Tinti che, sidisse, morirono in galera e della bellissimaGigetta che amò uno di loro e che, si disse,gli fu fedele per il resto della vita. O almenocosì si disse… Concludiamo con Il sognodelle memorie di Adriano. Una vita, più vitedi Adriano Fiore (Editgrafica ed.), una sor-ta di gigantesca autobiografia per immagini,in cui la storia del protagonista si dipana at-traverso la fittissima trama intessuta dallenumerosissime immagini da lui raccolte ne-gli anni e dalla sua famiglia. Vi sono i pa-renti, gli amici ed i luoghi della sua vita inun racconto che sembra uscire direttamen-te dal passato seguendo il filo dei ricordidell’autore. [a cura di LORENZA MIRETTI]

IL TEATRO DELL’ARTE

La Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna – Collezioni d’arte e StoriaSan Giorgio in Poggiale ha pubblicato il catalogo curato da Vittoria Coen

Gian Marco Montesano. Il Teatro dell’Arte (editrice Compositori) che ha ac-compagnato la recente mostra dell’artista nella sede espositiva della Fonda-zione. Un volume elegante che più che un catalogo deve essere “letto” qua-le omaggio da collezionista al lavoro di un artista che da anni si affida ad unlinguaggio per immagini altamente nar-rative. Queste – spesso in bianco e neroo al massimo accese da colori tenui, pa-stello – paiono come una descrizioneraffinata – si noti quell’effetto da foto vec-chia, quasi sbiadita, che dà alle immagi-ni un’aria vissuta – di eventi. Momenti evicende in bilico tra una realtà esternadai connotati anche politici e sociali, eduna interiore, altamente evocativa emnemonica, e pertanto selettiva nei te-mi, oppure nei particolari, a volte accu-ratamente tracciati, a volte quasi assor-biti dalle forme primarie come in certi volti privi di lineamenti. Figure ed og-getti plastici, ed al contempo iperreale accesi da un uso sapiente della luceche plasma gli oggetti o gli accende di improvvisi bagliori.

pesso i problemi e gli interrogativi quotidiani ci in-ducono – attraverso un ansiogeno zapping mentale– a cercare soluzioni e risposte (che sono slogan e

modelli pret-à-penser) nei testi di psicologia, di sociologia,di diritto, di spiritualità religiosa: cedendo agli spacciatoridi stereotipi diventiamo consumatori di cliché.Trascurata fonte di approvvigionamento intellettuale e,soprattutto, sostanza stimolante legale (anche se, per isuoi effetti illuminanti, può trasformarsi in cibo per scia-mani) la narrativa è spesso in grado di fornire i “come” e i“perché”, di cogliere in essi, di formulare un pensiero an-ticipante, di interpretare gli scenari, i comportamenti, iruoli, le esperienze. Esemplificativo è il caso dei Misteri dei Ministeri di Augu-sto Frassineti pubblicato da Guanda nel 1952. Questo librocostituisce un outing civico, una testimonianza di veggen-za sociale, una cartella clinica della pubblica amministra-zione, un “libro nero” che senza cedere all’enfasi né al mo-ralismo la spiega quietamente, e con soffusa ilarità, attra-verso una rappresentazione realistica, fertile di idee.Rileggerlo, anche se attraverso un collage di citazioni (cheè come prendere una mucca e farne un dado: si stilizza ilsapore) è quasi un dovere civile: si fosse fatto prima ciavrebbe risparmiato quarant’anni di attesa prima di vederavviati gli interventi innovatori della pubblica amministra-zione.Per Frassineti «la ministerialità è una forza misteriosa, dicui l’amministrazione pubblica è la fenomenologia. Fineponderato e supremo di questa forza è l’inquadramento in-tegrale dei popoli e delle singole persone, ovvero, “la ri-duzione del cittadino a una quantità semplice ed inerte,oppure dotata di un dinamismo unidirezionale (mobilita-zione), della quale disporre con un impiego minimo di sol-lecitazioni amministrative… Un timbro tondo, un telefono,un fermaglio, un fascicolo, un battente come uno stipite,ingressi, corridoi, scaffali vengono quindi considerati co-me focolai e vettori vivacissimi della forza in questione, ca-paci cioè di condurre e di emettere in continuità radiazio-ni lesive dell’integrità fisiopsichica della persona umana,in funzione di quel processo di ministerializzazione uni-versale…».Rimedi? Come un imperturbabile saggio dell’antichità difronte all’eternità, Frassineti chiosa «molti parlano e scri-vono intorno a una riforma della burocrazia, ma nessuno,ch’io sappia, fa meglio che non farebbe tacendo. D’altraparte, i grandi ministeriali ben sanno che non v’ha mezzo

più confacente, per eludere una vera riforma, che quello diattuarne una non vera e, traendo partito dal vociare in-consulto che ho detto, si sono affrettati a istituire appositiorgani di studio, cioè nuovi uffici, allo scopo di dare formaa quella materia».Sul problema dell’assenteismo constata come «vi sono po-sti … occupati in permanenza da un cappello o da un so-prabito: indizi certi di una presenza erratica e inafferrabi-le, ministerialmente efficacissima».Quanto alla trasparenza si afferma la prevalenza del silen-zio amministrativo come «specie di diaframma soprassen-sibile posto a difesa dell’irrazionale amministrativo». Quanto ai rapporti con i cittadini questi, organizzati in co-lonne e «fortemente ministerializzati in senso passivo…nell’attesa di essere ammessi a conferire con questo o quelfunzionario, finiscono per risiedere stabilmente nell’inter-no dei Ministeri. Trattasi quasi sempre di persone inof-fensive o divenute tali al seguito delle rispettive prati-che…».Per questi «la posizione dell’attenti è il loro miraggio co-stante, l’inchino un allettante compromesso. La (loro) in-fermità morale prende corpo in una quantità di atteggia-menti innaturali e scomodi».Una condizione di coazione burocratica – lontano dalla cit-tadinanza attiva, dall’umanesimo civico, dalla partecipa-zione, dalla cittadinanza consapevole teorizzata negli anni’90 – a cui ovviare con «…l’amministrazione all’aperto chesvilupperà enormemente, nel pubblico impiegato, l’abitodel riflettere sui bisogni reali degli amministrati e sul mo-do di non accrescerne, anzi di alleviarne le difficoltà.Il funzionario in natura dovrà e vorrà riflettere molto e de-cidere solo di quando in quando. Nei giorni di cattivo tem-po, egli sarà autorizzato a ritirarsi nella propria casa o in al-tro luogo tranquillo, senz’altra cura che di riflettere. Nullavieta d’altronde che quei cittadini i quali non possono farea meno, nelle brutte giornate, di presentare istanze o diconsultarsi con questo o quel funzionario, ricorrano all’i-stituto dell’invito. L’amministrazione esercitata nella casadell’interessato, e poi, per ricambiare, in quella del funzio-nario, o in trattoria, a tavola o bevendo il caffè, oppure fu-mando, rappresenta non già una deviazione, anzi un per-fezionamento auspicabile dell’amministrazione all’aperto.Di più: l’ospitalità amministrativa, dovunque praticata, è iltermine ultimo ed immancabile di ogni progetto di bonifi-ca cui non faccia difetto la dignità fondamentale, che è diessere inteso alla felicità dei cittadini». �

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I misteri dei ministeridi FABIO ZANAROLI

Come la letteratura può essere lucida anticipatrice di fenomeni sociali

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R I L E T T U R E

bologna in lettere

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Cerimoniedi STEFANO TASSINARI

redici racconti per indagare, allasua maniera, l’Italia delle piccolequotidianità che s’incrociano, delle

scelte di vita che hanno sempre qualcosa dalasciarsi alle spalle, ma anche dei comporta-menti indotti dai modelli dominanti. TrediciCerimonie – come recita il titolo del suo ulti-mo libro, Feltrinelli, pagg. 136, euro 12,50 –descrivendo le quali Michele Serra ci ac-compagna all’interno di microcosmi più omeno possibili, anche se assolutamente cre-dibili. E nel farlo utilizza un approccio un po’insolito, rinunciando a qualche dose di iro-nia a favore di un disincanto che, talvolta,sfocia nella malinconia. È il caso, ad esem-pio, del racconto “Che l’ultima mancia siaelargita all’ultimo cameriere”, uno dei più in-tensi dell’intera raccolta. Qui il rito – o, se vo-lete, la cerimonia – è quello dell’happy hour,solo che a consumarlo non sono i ragazziche normalmente si vedono nei bar del cen-tro nel tardo pomeriggio, bensì una stranacoppia di tedeschi in compagnia di un pro-babile operatore sociale. Lui, un ambascia-tore chiaramente malato di demenza senile,confonde i luoghi e le persone, ma questosuo disordine esistenziale viene trattato dal-l’autore con tocchi di leggerezza davverodifficili da trovare quando, in letteratura, sitratta di certi argomenti. Allo stesso modo viene affrontata la cerimo-nia del funerale, prima trasformata in un’o-perazione laica e pragmatica da un piccoloincidente di percorso (una lapide che “sbor-da” di qualche millimetro) e poi resa piùumana da un confronto da cantiere tra “ilpartito del flessibile e quello dello smeri-glio”. Più graffiante – e dunque più vicino al-la tradizione di Serra – il brano “Siamo dellaBad Company, e come tutti ci stiamo pro-vando” (i titoli sono sempre molto pensati edefficaci): in questo caso il personaggio prin-cipale è il giovane Manuel, una specie di pro-totipo della pochezza culturale di quest’epo-ca, “tassa fissa” (e proprio qui sta il rito) del-

le domeniche mattina del-l’io narrante, incapace dievitarne l’invadenza, anchequando questa si manifestaattraverso quei tanti simboli che fanno maleal cuore e alla mente, dalla jeep immensa al-l’orologio di marca, dalle felpe firmate agliscarponi “autoportanti”, fino alla medagliet-ta di fidanzamento con su scritto “Stefy fo-rever”. Attorno a questa microstoria, cosìcome ad altre contenute nel libro, ci sono icontorni del primo Appennino bolognese(dove realmente Michele vive), credibilescenario in cui ambientare il proprio giro diboa generazionale, arrivato troppo presto –ma non per questo respinto con orrore – asancire un cambiamento forse ineluttabile,una presa di distanza dal se stesso divent’anni prima che si basa, nel contempo,sull’utilizzo del ricordo e sulla negazionedella sua componente nostalgica. E c’è spa-zio, nelle pagine di Serra, anche per altre for-me di adattamento, legate sia alla dimensio-ne della normalità che a quella della bizzar-ria. Ne “La questione, tra me e Gualtiero, è anti-ca”, ad esempio, la frustrazione di doverpassare una giornata, con bambini e genito-ri, al raduno dell’International Friendship,viene combattuta scandalizzandosi per icomportamenti ancora trasgressivi di unvecchio amico, mentre nel surreale “Chissàquando avrebbe bramito, il bramitore” – sto-ria di una notte trascorsa a censire i cervimaschi in una zona di montagna – a prende-re il sopravvento è il bisogno, non più ma-scherato, di far parte di qualcosa anche sequesto qualcosa è del tutto estraneo ai pro-pri canoni, il che rientra in un percorso tipi-co degli intellettuali, abituati a sentirsi mi-noranza. Ne esce un bel libro, che, proprioper i citati elementi di diversità, forse nonconvincerà alcuni dei lettori abituali di Mi-chele Serra. Ma la bravura di uno scrittoresta anche nel cercare strade nuove, e poi, so-prattutto, nel saperle trovare. Come in que-sto caso. �

TTNOVITÀ E ANTICIPAZIONIA un anno di distanza dall’uscita diRibelli, Pino Cacucci torna in libreria conun romanzo breve incentrato sulla figuradi un insolito investigatore privato,classico personaggio perdente capace,però, di scoprire le parti piùcontraddittorie e politicamente scorrettedella realtà metropolitana, in questo casoquella bolognese. In Mastruzzi indaga(Feltrinelli, pagg. 127, euro 7,50), Cacucciprosegue, con uno stile diverso, lapropria battaglia contro le forme diemargi- nazione e di ingiustizia prodottedal sistema sociale ed economico nelquale siamo costretti a vivere,raccontandoci un’altra città, quellasommersa per la semplice volontà ditenerla nascosta, in nome e per contodella sua immagine di luogo civile edopulento. Dell’esordiente Paolo Donati,invece, è il romanzo Testimoni dipassaggio (Gallo & Calzati editori, pagg.154, euro 12,91), sorta di doppio diarioincrociato e basato su due storie, unaambientata ai nostri giorni e l’altra tra il1938 e il 1978. Scritto con un linguaggiomolto ritmato (a tratti un po’ minimalista),il romanzo alterna l’uso della prima edella terza persona, e non a caso – vienda pensare – si apre con una citazionetratta da Creature di sabbia di Tahar BenJelloun, che proprio in quel librosperimentò, per primo, l’uso dell’ionarrante plurimo, poi ripreso da AgotaKristof, Simona Vinci ed altri ancora. Ilromanzo è il terzo pubblicato – nellacollana “Parole mute” – da questa nuovacasa editrice bolognese, che speriamosia in grado di colmare, almeno in parte,l’incredibile vuoto editoriale di questacittà.

ll’architetto Giuseppe Mengoni, cele-bre soprattutto per la grandiosa galleriaVittorio Emanuele II di Milano, è stato

dedicato un museo a Fontanelice, paese chegli diede i natali nel 1829, e che ha ricevuto indonazione il cospicuo archivio. Oltre 1.600 fradisegni, scritti, modelli e fotografie costitui-scono la documentazione dell’opera di Men-goni, eminente prototipo dell’architetto-inge-gnere capace di coniugare indiscutibili abilitàartistiche con una rigorosa preparazione tec-nico-matematica, come testimonia il suo per-corso formativo, compiuto parallelamente allaFacoltà di matematica e fisica e all’Accademiadi belle arti a Bologna. Se i disegni di Mengo-ni esaltano la maestria della china che si sof-ferma sui particolari decorativi, d’altra partesono stati il rivoluzionario uso del ferro, l’ap-profondita conoscenza dei nuovi materiali edelle loro caratteristiche tecniche, l’attenzioneverso il contesto europeo, l’impegno impren-ditoriale e organizzativo che lo hanno reso unodei più innovativi architetti dell’epoca. Dopoaver assistito l’ingegnere Jean Louis Protchenella progettazione e realizzazione della ferro-via Porrettana, aver realizzato fra l’altro il pa-

lazzo di residenza della Cassa di Risparmio aBologna e aver partecipato ai concorsi relativialla facciata di S. Petronio, alla nuova stazioneferroviaria di Bologna, alla facciata della fio-rentina cattedrale di S. Maria del Fiore, si ag-giudicò il concorso indetto per la formazionedella nuova piazza del Duomo di Milano. Perquesto progetto, che coinvolgeva anche le viee gli edifici adiacenti al Duomo, Mengoni ap-prontò un centinaio di tavole che costituisconoil nucleo più considerevole dell’Archivio Mu-seo di Fontanelice. Di fronte ai mutamenti po-litici e sociali in atto fin dai moti del 1848, aiquali il nostro prese parte, culminanti con laproclamazione dello Stato unitario, era forte-mente avvertita l’urgenza di un rinnovamentourbanistico che rispecchiasse le mutate esi-genze e mettesse a frutto le conquiste tecno-logiche del periodo. Mengoni diede corpo adun’architettura capace di armonizzare ereditàclassica e nuovi materiali, estetica e compe-tenze tecniche, conferendo alle forme dellatradizione inediti significati, in una dialetticacon l’esistente percepito come spazio in evolu-zione. L’Archivio Museo di Fontanelice rac-chiude nei suoi documenti le intuizioni e glistudi attraverso i quali l’architetto ha conferitoequilibrio a forma, funzione e materia, dandoconcreta espressione alle idee passate al va-glio della scienza. Progetti, schizzi e prospetti, attentamente re-staurati, catalogati e digitalizzati, grazie al so-stegno congiunto dell’assessorato alla culturadella Provincia di Bologna, dell’Istituto beni

culturali della Regione Emilia-Romagna, sonofinalmente visibili, previo appuntamento, suCD-Rom, nonché direttamente da studiosi,studenti e appassionati. L’architettura, materianegletta nei programmi scolastici, come delresto avviene per l’arte tout court, trova quin-di a Fontanelice un punto di riferimento spe-cialistico. A 40 Km da Bologna e a un’ottantinada Firenze, la speranza è che il piccolo Museonon diventi uno dei tanti gioielli dimenticatinon in grado di attuare quelle strategie di co-municazione che, sole, possono assicurarnevisibilità e adeguata rilevanza culturale. [B.T.]Archivio Museo Mengoni, P.zza Roma 23, Fontaneliceorario: lun. 14-17.20, mart. 8.20-12.20, merc. 20-22, giov. 8.20-12.20, 15-18.20, ven. 8.20-12.20 - tel. 0542.92.824 e-mail: [email protected]

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Dedicato a Mengoni

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A N D A R P E R M U S E I

A sinistra un disegno delprospetto per la stazione di Bologna.Sopra, ritratto di GiuseppeMengoni e una delle tavoledella “ Galleria VittorioEmanuele” di Milano

ricerca

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L’occhio di Galileo

di STEFANO GRUPPUSO

on i suoi 3,58 metri di diametro del-l’obiettivo principale, Galileo è il piùgrande telescopio ottico italiano e

fra i dieci maggiori che operano nell’emisfe-ro Nord. Si trova nell’isola di La Palma, nel-l’arcipelago delle Canarie, dove sono situatianche altri importanti telescopi di Gran Bre-tagna, Spagna, Olanda, Danimarca, Svezia eBelgio.Inaugurato nel giugno del 1996 alla presen-za dei reali di Spagna e del ministro italianodell’università e della ricerca scientifica etecnologica, il telescopio Galileo colloca fi-nalmente l’astronomia italiana a livelli dipunta anche sul piano strumentale. Frutto della collaborazione di tutti gli istitu-ti astrofisici nazionali e di una ventina di im-prese italiane di alta tecnologia che hannoprogettato, sviluppato e costruito gran partedel telescopio e dei complessi servomecca-nismi ad esso collegati, Galileo è costato l’e-quivalente di circa 25 milioni di euro.Incontriamo sotto il sole caldo dei tropici(La Palma si trova a circa 28 gradi di latitu-dine Nord) Ernesto Oliva da due anni diret-tore del telescopio nazionale Galileo, il qua-le ci spiega innanzi tutto alcune peculiarità

dell’isola che ne fanno un luogo ottimale perle ricerche di astronomia ottica.«La Palma – dice – è un’isola molto buia. Quil’inquinamento luminoso è praticamenteinesistente grazie ad una legge del Parla-mento spagnolo che fissa al riguardo unaprecisa normativa da rispettare. Oltre a ciò iltelescopio è situato, insieme ad altri, nelcomprensorio astronomico del Roque de losMuchachos, a 2350 metri di altezza in unaposizione a picco sul mare che garantiscenotti terse e limpide. Un luogo, quindi, tra imigliori dell’emisfero Nord per le osserva-zioni astronomiche».

Ci può illustrare in modo semplice lecaratteristiche essenziali del telescopioGalileo?Il telescopio è stato progettato per osserva-re gli oggetti più deboli e distanti dell’uni-verso. Paragonato all’occhio umano il suoobiettivo è 400.000 volte più potente. Grazieai più moderni rivelatori fotometrici di cui èdotato, che permettono di accumulare l’in-formazione luminosa anche per alcune ore,Galileo ha una sensibilità ottica che può ri-levare livelli di luce fino ad un miliardo divolte più deboli del limite visibile ad occhionudo.

Inoltre da maggio del 2000 il tele-scopio è equipaggiato con tre spet-trometri avanzati denominati con gliacronimi SARG, DOLORES e NICS.Con questi strumenti stiamo stu-diando la composizione chimica e imovimenti di stelle e pianeti extra-solari. Attraverso l’effetto dopplernella loro emissione di luce, riuscia-mo anche ad avere informazioni chi-miche su stelle e oggetti celesti al difuori della nostra galassia.In quale campo di ricerca sieteattualmente particolarmente im-pegnati?Con grande interesse stiamo facen-do ricerche sui sistemi binari, cioèsu quei sistemi costituiti da coppie

di stelle dove una ruota intorno all’altra. Lestelle binarie sono molto utili per capire co-me le forze gravitazionali interagiscono tradi loro e quindi rappresentano per noi astro-fisici il posto più idoneo dove cercare le on-de gravitazionali.Un altro campo di ricerca su cui concentria-mo molta attenzione è l’infrarosso. Diversioggetti, tra cui le nebulose planetarie, mo-strano righe di emissione infrarosse. L’infra-rosso ci offre una nuova finestra che ci con-sente di studiare la chimica interstellare. Iostesso faccio parte di una équipe che sta de-dicando grande impegno allo sviluppo distrumenti per l’infrarosso. �

CCAlle Canarie la ricerca e la tecnologiaitaliana puntano, con il telescopio Galileo,a svelare i nuovi segreti dell’universo

L’inquinamento luminoso è causato dauna illuminazione scorretta che diffonde

luce anche verso l’alto e non solo verso glispazi che è necessario illuminare. Sta cre-scendo vistosamente nei paesi industrializ-zati e si valuta che in Italia aumenti del 10%all’anno. Nel nostro paese, su oltre i tre quar-ti della popolazione, non scende mai una ve-ra e propria notte. Recentemente scienziatie astronomi di tutto il mondo riuniti a Vene-zia per discutere sull’argomento, hanno lan-ciato un appello all’Unesco affinché il “cielonotturno diventi patrimonio dell’umanità ”.Nel documento si legge con inquietudineche “o si interviene per arrestare l’inquina-mento luminoso o nel 2025 non vedremo piùle stelle”.Per fortuna alcuni governi, con saggezza,

hanno già da alcuni anni dato risposta a que-sta esigenza del mondo dell’astronomia, siaprofessionale che amatoriale.Nel 1988 il Parlamento spagnolo, su iniziativadel Parlamento della Comunità Autonoma del-le Canarie, ha approvato una legge detta “Lalegge del cielo” che in pratica istituisce per l’i-sola di La Palma, poi estesa anche a Tenerife,una sorta di “riserva astronomica mondiale”.Quattro gli aspetti fondamentali della legge: in-quinamento lumi- noso; inquinamento radioe-lettrico; rotte aeree e inquinamento atmosferi-co che per ciascuno di questi punti definiscenorme precise per il nuovo e interventi corret-tivi per l’esistente.Un felice esempio di sensibilità politica alle ri-chieste della scienza astronomica. E per di piùun esempio tempestivo. [s. g.]

L’INQUINAMENTO LUMINOSO

PROGETTOPELLEGRINO

Provincia di BolognaAssessorato Ambiente

...PER LA TUTELA

DEGLI HABITAT E DELLE

SPECIE RARE E MINACCIATE

A LIVELLO COMUNITARIO

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