BIMESTRALE DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA€¦ · Direttore: Roberto Olivieri Caporedattore: Sonia...

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ISSN 1590-7740 Spedizione in A.P. art. 2 comma 20/c legge 662/96 Filiale di Bologna. - In caso di mancato recapito restituire all’ufficio P.T. CMP di Bologna per l’inoltro al mittente che si impegna a corrispondere la tariffa dovuta. ANNO VI - N°1 - FEBBRAIO 2002 BIMESTRALE DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA uno

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ANNO VI - N°1 - FEBBRAIO 2002

BIMESTRALE DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA

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UNIVERSITË

CAAB

NUOVA STAZIONE

STADIO

TANGENZIALE

CENTERGROSS

TRASVERSALEDI PIANURA

DISTRETTOMULTIMEDIALE

RACCOLTA DIFFERENZIATA

FIERA

PARCHI

CINEMA E TEATRO

PARCHEGGI

TRAMMETRñ

PALASPORT

AUTODROMO

ALTA VELOCITË

SCIOVIA

BACINO DEL RENO

INTERPORTO

POLO SANITARIO

ZONA INDUSTRIALE

CENTRO COMMERCIALE

VALICO AUTOSTRADALE

AEROPORTO

MUSEIBIBLIOTECHE

POLOSCOLASTICO

Provincia di Bologna

PASSAGGIO AL FUTURO PER IL TERRITORIO BOLOGNESEIL PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE

SFM

Servizio Ferroviario Metropolitano.Entro il 2007, 8 bracci di ferrovia,per 80 stazioni lungo un percorso di 280 chilometri, collegheranno il territorio di 14 Comuni con la stazione centrale. L’opera serviràpotenzialmente una popolazione di 600.000 abitanti in un raggio di 20 chilometri da Piazza Maggiore.

AEROPORTO

Allungamento della pista versoovest.Pista di rullaggio alla testata est.Collegamento diretto ed automatizzato con la stazione SFM dedicata e con quella di Borgo Panigale.Collegamento con il tram-metrò.Ampliamento e razionalizzazionedello svincolo sulla Tangenziale.

FIERA

Nuovo casello autostradale.Raddoppio parcheggio Michelino.Fermata ferroviaria sulla linea dicintura con un binario al servizioesclusivo dei treni speciali.Navetta ferroviaria “Fiera-link”.Ampliamento della superficie espositiva.Integrazione funzionale con il Parco Nord.

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POLI FUNZIONALI

Presso il casello Funo/Interporto.Presso il casello di Altedo sull’A13.All’intersezione tra la Trasversale ela futura San Giovanni/Crespellano.All’incrocio tra questa e la via Emilia.Presso il casello di Castel S. Pietro.

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AUTOSTRADA

Tre nuovi caselli: Fiera,Aeroporto e Crespellano.Allargamento a tre corsie per senso di marcia.Adeguamento funzionale degli svincoli.Verifica dell’ipotesi di parziale interramento e della sua possibileintegrazione con il progetto diadeguamento della Tangenziale.

INSEDIAMENTI INDUSTRIALI

Insediamenti industriali sovracomunali ed aree ecologicamente attrezzate in6 zone con potenzialità di sviluppo strategico: Bentivoglio,Ponte Rizzoli, Cento di Budrio,Molinella, Pieve di Cento,Beni Comunali di Crevalcore.Altre 6 suscettibili di sviluppo perfunzioni miste, logistiche, produttive,commerciali: Funo, S. Carlo, Imola,Altedo, il Postrino, Martignone.

TANGENZIALE

Adeguamento funzionale deglisvincoli e miglioramento dell’accessibilità all’area urbana.Opere di abbattimento dell’inquinamento acustico ed atmosferico.

UNIVERSITÀ

Immediato trasferimento delle facoltà scientifiche nel compartoLazzaretto-Navile,dove troverà collocazione anche l’Enea.Convenzioni e iniziative di partnership con i Comuni di prima e seconda cintura per la diffusione di attività di formazione post-universitaria.

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Sommario

Bimestrale della Provincia di Bologna

Direzione e redazione:Provincia di Bologna, Via Zamboni, 13 tel. 051/218.340/355 fax 051/218.226e.mail: [email protected]: Roberto OlivieriCaporedattore: Sonia TrincanatoSegreteria di redazione:Grazietta Demaria, Rita Michelon Progetto grafico e Art: Guido TucciImpaginazione: Piero BrighettiComputer graphic:Annalisa Degiovannini, Gabriella NapoliFotografie: Camera Chiara, V. Cavazza, P. Gigli, G. Perticoni, Studio F.N., G. Avoni, E. PasqualiStampa: Tipografia Moderna BolognaTiratura: 13.000 copieChiuso in fotocomposizione il 13/2/2002Iscrizione al Tribunale di Bologna n. 6695 del 23/7/97Portici è consultabile anche sul sito Internetwww.provincia.bologna.it/portici/index.htmlTutti i numeri sono scaricabili interamente in formato per Acrobat Reader

nRICONOSCIMENTIIl “Premio Provincia”ad Alessandro Ancona 2intervento di Eustachio Loperfido

nDAL CONSIGLIOIl giorno della memoria 4Laura Pappacena

Nessun taglio al bilancio 6Un piano per le politiche sociali 8Daniela Utili

nIL POSTO DELLE FRAGOLEVaghe altalene 9Nicola Muschitiello

nRIFLESSIONILe eredità di Dossetti 10interventi di Leopoldo Elia e don Giovanni Nicolini

nL’ALTRA ECONOMIAFinanza ed etica:un matrimonio possibile 13Annarita Incerti

nTEMPO LIBEROLe mille proposte del Corno alle Scale 15Federico Lacche

La promozione dei prodotti turistici 16Daniele Giacobazzi

nTERRITORIO E AMBIENTEDal girasole energia pulita 17L’agenzia d’ambito territoriale 18Un fiume tutto da godere 19Veronica Brizzi

nSICUREZZALa paura del crimine 20a colloquio con il criminologo Massimo PavariniLiliana Fabbri

Opinioni a confronto: 21Sergio Guidotti e Giovanni De Plato

nPORTICI PER I PORTICIIl portico della morte 23Marta Forlai

nCOME ERAVAMOL’aspetto politico del delitto Murri 24Claudio Santini

nSIPARIOTeatri in rete 26Marco Tamarri

Attori dalla testa di legno 28Barbara Tucci

nMOSTREGuardandosi attorno 29a cura di Lorenza Miretti

nLA CITTÀ SENTIMENTALENella colline della salute 30Renzo Renzi

nVIABILITÀStrade più sicure 32Nicodemo Mele

Sistema mobilità 34Bruno Alampi, Luca Bellinato

nPIANIFICAZIONELe tappe del PTCP 35B. A.

nSOCIETÀBologna ha fame di case 36Olivio Romanini

nSPAZI PUBBLICILa città cambia volto 38N. M.

nRICERCALa plastica ci illuminerà 39Stefano Gruppuso

nPORTICI RACCONTAFotoreporter per 30 giorni 41Mario RebeschiniFotografie degli studenti del corsodi Scienza della Comunicazione

nORIZZONTI D’ARTEI “Piagnoni”di Bologna e Imola 43Hidehiro Ikegami

nAPPROFONDIMENTILa città e Leopardi:due voci per un dialogo 44a colloquio con Ezio RaimondiLorenza Miretti

nIN RICORDO DIDue lutti che ci toccano da vicino 46Luigi Arbizzani

nBOLOGNA IN LETTERE“Bambine” 48Stefano Tassinari

nLIBRINero su bianco e con un tocco di colore 49L. M.

nNEWS 50a cura di Rita Michelon

nSTORIE DI MEDIAUna radio, un mito 52Chiudeva 25 anni fa Radio AlicePaolo Soglia

nRICOMINCIAMO A…Quando il vino merita più attenzione e rispetto 53Alessandro Molinari Pradelli

nGRANDI INFRASTRUTTUREIl Centro Agro Alimentare 54a colloquio con i presidenti Aljs Vignudelli e Claudio SassiFrancesco Baccilieri

nSPAZIO EUROPAUna “convenzione”per l’Unione 56Stefania Crivaro

Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana

1.2002Anno VI - n. 1 - febbraio 2002

In copertinaDante Maffei, “Senza titolo”, tecnicamista, 2002. La pratica del disegno èfondamentale nel lavoro di Maffei, damomento autonomo, come nei gesti,fino ai lucidi preparatori per le lastre, sculture e installazioni.Nel 2000 ha realizzato la scultura“Geografie/Apprehension”, in acciaioinciso a bulino e laser e neon, pressola Fondazione Ca’ La Ghironda, Ponte Ronca (Bologna).Nel 2001 la rivista di architetturaL’Arca, sul numero di novembre, si è occupata della scultura“Geografie/Expressions”, realizzatapresso la sala multimediale della J.W.Thompson a Milano.

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Il “Premio Provincia”ad Alessandro Ancona a cura di LAURA SANTINI

R I C O N O S C I M E N T I

l tradizionale “Premio Provincia” è stato as-segnato, nel mese di dicembre, alla memo-ria del professor Alessandro Ancona, perso-

nalità eminente della psichiatria, consigliereprovinciale dal 1970 al 1975 e assessore pro-vinciale alla Sanità e alla Sicurezza sociale dal1975 al 1980. Tra le motivazioni del premio,assegnato in occasione del 50° anniversariodell’elezione diretta dei Consigli Provinciali, lariconosciuta professionalità a livello nazionalee internazionale in campo psichiatrico di An-cona e la sua indiscussa opera di innovatorenei metodi di recupero delle persone affette dadisturbi mentali e nel reinserimento familiaredi bambini malati. Notevole è stata anche la sua opera di ammi-nistratore: come ha ricordato il presidente del-la Provincia, Vittorio Prodi, Ancona «si è sem-pre trovato al centro di ogni esperienza inno-vativa, di ogni trasformazione metodologica edi ogni dibattito scientifico in ambito sociale esanitario»; è stato, secondo le parole del presi-dente del Consiglio, Valerio Armaroli, «un pro-motore appassionato e competente, che consentìalla nostra Provincia di essere protagonista delprocesso riformatore locale e nazionale» incampo sanitario, anticipando in particolare larivoluzionaria Legge 180/1978 di superamen-to dei manicomi. Dalla seduta di assegnazionedel Premio pubblichiamo una sintesi dell’am-pio e commosso intervento svolto dal professorEustachio Loperfido, direttore dell’Istituzione“Gian Franco Minguzzi”.

scorrere la biografia di Alessandro Ancona, neltrentennio che va dal suo esordio professionale agliultimi giorni di vita, è sconvolgente constatare la

grande mole di lavoro svolto, la varietà dei campi in cui haoperato, sempre imprimendo in ogni attività il marchio per-sonale di un intenso impegno progettuale e attuativo. Volendo mettere in fila, un po’ schematicamente, le areeverso cui ha convogliato i suoi talenti, possiamo dire chel’infanzia ha costituito l’incipit e lo sfondo dell’itinerarioche lo ha portato all’ambito della malattia mentale e dellapsichiatria, per approdare infine alla funzione di governo edi gestione della sanità complessivamente intesa. Il filo conduttore che attraversa le varie attività svolte daAncona e che ne marca la continuità e la coerenza può es-sere così sintetizzato: dare voce e spazio di protagonista apersone e classi, o categorie sociali, poste in condizioni disubalternità e di oggettivante passività, e di conseguenzavotate all’emarginazione e all’esclusione.Dopo gli studi in medicina, a Bologna, Ancona conseguì laspecializzazione in malattie nervose e mentali e, in segui-to, anche quella in neuropsichiatria infantile, a Pisa. Da su-bito, senza esitazioni, scelse di lavorare nel sistema pub-blico, operando nel sociale; nel 1968 fu designato dal Co-mune di Bologna come direttore del Centro SpasticiBeltrame, un centro residenziale diurno, con annessascuola speciale per bambine e bambini affetti da paralisi ce-rebrale. Fu, per Ancona, il primo incontro con l’handicap econ l’istituzione: sollecitato dalla curiosità scientifica e uti-lizzando le proprie competenze specialistiche, egli analizzòla storia personale di ogni ragazzo, ne studiò il funziona-mento mentale, le strategie di apprendimento e di relazio-ne, attingendo sia dall’osservazione diretta che dal rappor-to con le famiglie e dalla collaborazione stretta con gli in-segnanti. Ricavò, in tal modo, un corpo di conoscenze che, nell’im-mediato, furono utili per migliorare il sistema di cura e isupporti al processo di crescita dei ragazzi, sia attraversola via educativa che quella riabilitativa; a lungo termine, ta-li conoscenze contribuirono all’elaborazione di un costrut-to teorico sull’handicap, che attraverso varie fasi di dibatti-to tecnico-scientifico ha costituito la base per la formazio-ne di politiche sociali per persone handicappate. Tale costrutto teorico, in estrema sintesi, consideraval’handicap come una combinazione complessa tra unacomponente biologica, consistente nel danno irreversibilealle strutture fisiche, e una componente psicologico-rela-zionale, determinata in gran parte dall’impatto sociale.Questa definizione, che oggi può sembrare ovvia, non loera a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta: fu molto im-portante capire e far capire che l’handicappato non è soloun danneggiato, ma una persona dotata di potenzialità co-

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Gli altri Premi Provincia

1989 ad Alberto Tomba

1990 a Pupi Avati

1991 alla memoria di Primo Zecchi

1992 ad Ernesto Caffo

1993 a Maria Teresa Morandi

1995 a William Michelini

1997 a Norma Mascellani

1998 a Giovanni Bersani

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R I C O N O S C I M E N T I

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gnitive, quali che siano, affettive ed emozionali, che ha bi-sogno di relazioni. Durante la frequentazione del CentroSpastici, Ancona si rese conto che la dimensione istituzio-nale del centro, che concentrava tutti i frequentanti con lamedesima tipologia di handicap e copriva interamente laloro vita quotidiana con i tempi e rituali di ogni istituzione,costituiva una notevole deprivazione sociale per i ragazzi,spesso demotivati all’apprendimento e alla riabilitazionemotoria. Propose e progettò, allora, un programma di pro-gressiva deistituzionalizzazione dei ragazzi, con un inseri-

mento nelle scuole dei rispettivi quartieri di resi-denza e l’attivazione di un servizio di assistenzamedico-riabilitativa. Un’esperienza più compiutae significativa di deistituzionalizzazione fu fattada Ancona con l’Istituto di Casaglia, di cui il Co-mune di Bologna gli affidò la direzione nel 1969. L’Istituto accoglieva bambini provenienti da si-tuazioni molto variegate di carenze educative eaffettive, da famiglie degradate e/o disgregate,spesso in condizioni di piccola e grande povertà.Ancona, dopo un attento studio sia delle storiedei singoli bambini, sia dell’assetto e della dina-mica dell’istituzione, elaborò un progetto per mi-gliorare le loro condizioni di vita all’interno del-l’istituzione, prevedendo poi l’apertura delle bar-riere istituzionali e la proiezione all’esterno.Infine, promosse la riattivazione dei rapporti con

le famiglie, in tutti i casi in cui ciò era realisticamente pos-sibile. Nell’arco di poco più di due anni l’istituto venne chiu-so, oltre la metà dei bambini rientrarono nelle rispettive fa-miglie, che ottennero il necessario supporto. Per i bambi-ni per i quali ciò non era stato possibile, vennero attivati perla prima volta i gruppi appartamento. .Tali esperienze come tecnico servirono ad Ancona per ri-cavare un modello applicabile ad altre situazioni, in qualitàdi amministratore. Nella sua prima relazione tenuta come assessore alla sa-nità in Consiglio provinciale, nel dicembre del 1975, Anco-na sosteneva: «Le istituzioni non si cancellano con affer-mazioni di principio, il loro dimensionamento è tuttaviapossibile dove attività politica e attività scientifico-culturaletrovino sintonia». Proprio questa relazione segnerà, con la sua chiarezza d’a-nalisi e con la ricchezza di proposte concrete, l’inizio di unmandato politico-amministrativo denso di attività e fecon-do di realizzazioni: dialogando con le forze politiche rap-presentate nel Consiglio provinciale, così come, con gli or-

ganismi allora recentemente costituiti per il decentramen-to di funzioni sul territorio, quali i comitati comprensoriali,i consorzi per i servizi sanitari e sociali, e con le organizza-zioni sindacali e di categoria, Ancona diede il via a un pro-cesso di trasformazione nel sistema dei servizi psichiatri-ci, andando incontro, anzi, sollecitando dal basso le tantoinvocate riforme su cui si dibatteva a livello nazionale.Per raggiungere l’obiettivo centrale del processo di rifor-ma, cioè il superamento dell’istituzione manicomiale, An-cona e i suoi collaboratori dovevano sciogliere il problemadell’eccessiva istituzionalizzazione dei malati. L’unica soluzione praticabile, al riguardo, era consolidare ildecentramento dei servizi sul territorio, mediante la mobi-lità del personale operante nelle istituzioni e l’impiego dinuove risorse; ma bisognava anche postulare un rinnova-mento profondo del fare psichiatria al di fuori delle muraistituzionali. Sul decentramento, Ancona puntò moltissi-mo, perché ne vedeva la forte valenza politica - in psichia-tria, come più in generale per i servizi e per tutti i compitigestionali della Provincia. Da qui la priorità data ai consorzi socio-sanitari, il cui cam-mino, non sempre facile (lo stesso Ancona, nella relazionedi metà mandato nel ‘77, riconosceva i ritardi nella costru-zione dei servizi alternativi territoriali), costituì un passo inavanti notevole, tanto che la Legge 180 del 1978 e la corri-spondente Legge Regionale 25 di applicazione non trova-rono impreparato né l’Assessore, né il sistema che egli ave-va messo in moto sia a livello dei servizi che degli organi-smi politico-amministrativi. Non posso esimermi, a questo punto, dal ricordare un’ere-dità particolare che Alessandro Ancona ha lasciato primadi concludere il suo mandato provinciale: il Centro studioe documentazione della storia della psichiatria e dell’e-marginazione sociale, intitolato a Gianfranco Minguzzi, epoi eretto a istituzione dal Consiglio provinciale. Si tratta di una creatura partorita dalla mente produttiva diAncona con la chiara volontà e l’intenzione di tener vivouno spazio di studio e di dibattito culturale, nel momentoin cui la Provincia si spogliava ope legis della secolare fun-zione di gestione della psichiatria.Alessandro Ancona era guidato dal convincimento che i bi-sogni umani e il loro trattamento sono prodotti sociali sto-ricamente determinati, figli diretti di modelli di sviluppodettati dalle scelte economiche, che a loro volta sono orien-tate dalla dislocazione del potere. Ne consegue che, se si vogliono costruire risposte alter-native ai bisogni, non basta ricercare soluzioni tecnichesettoriali, ma è necessario promuovere soluzioni che ten-dano ad andare alla radice dei problemi e che così facendorendano palese e partecipata l’esigenza di cambiamento.Questo vuole anche dire che, progettualmente, si deve agi-re nel particolare, cioè nel locale, guardando al generale eglobale, cioè al modello di sviluppo; perché il progetto d’in-tervento innovativo sul particolare ha tanta più probabilitàdi durare e di strutturarsi come passaggio storico quantopiù è connesso dinamicamente e processualmente a un di-segno più complessivo e globale di innovazione. Da questosi può capire il senso pieno della dichiarazione che, così ri-correntemente, si trova negli scritti di Ancona, e che noieravamo abituati a sentire nei suoi interventi, cioè quelladel primato della politica. [EUSTACHIO LOPERFIDO]

In concomitanza con l’assegnazione del Premio Provincia, è stato presentato il film “Mail furor dei nostri sguardi”, sceneggiato da Loredana Alberti che, con la collaborazionedi Alexander Luria e Angela Marchionni, ne ha curato la regia. Il film è stato prodottodalla Provincia di Bologna e Rai Cinema unitamente all’associazione “Teatro del Guer-riero” e all’Istituzione “Gian Franco Minguzzi”.La concomitanza non è stata casuale. La nascita del “Centro di Studio e documenta-zione della storia sociale ‘Gian Franco Minguzzi’” nei locali dell’ex ospedale psichiatri-co “Roncati” è indissolubilmente legata al nome di Ancona, che se ne fece promotoreper conservare il patrimonio storico-archivistico degli istituti ed ospedali avviati allachiusura dalla legge “Basaglia” negli anni Ottanta. E proprio nei suoi spazi “storici” èstata girata la storia, che prende spunto dalla vita di quattro donne ricoverate alla finedell’Ottocento all’interno della struttura di via Sant’Isaia.

“MA IL FUROR DEI NOSTRI SGUARDI”

Alessandro Ancona al suo tavolo di lavoro e la vedova, Maria GiovannaCaccialupi mentreritira il premio

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IL GIORNO DELLA MEMORIA“Memoria vi concede breve sonno:ora destatevi.” L’invito di Salvatore Quasimodo sem-bra essere stato raccolto, quando ilParlamento, con la legge del 20 lugliodel 2000, ha deciso di istituire il “Gior-no della memoria” per ricordare le vit-time dello sterminio e delle persecu-zioni del popolo ebraico e dei depor-tati italiani nei campi nazisti nonché dicoloro, che in diverse parti del mondosono state vittime di soprusi e di vio-lenze per il colore della loro pelle oper il loro credo. Data scelta per la commemorazione il27 gennaio, che, come un monolitenella coscienza degli uomini, dalloscorso anno segna il giorno in cui, nel1945, fu liberato il campo di sterminiodi Auschwitz. Quest’anno è stato Palazzo Malvezziad ospitare i Consigli del Comune diBologna e della Provincia, riuniti in se-duta solenne congiunta per il secondoanno consecutivo in occasione dellacommemorazione della Shoa. Ad aprire i lavori, in un aula affollatis-sima di pubblico sono stati ValerioArmaroli, presidente del Consiglioprovinciale e Leonardo Marchettipresidente del Consiglio comunale.Entrambi hanno sottolineato come il“giorno della memoria” sia un mo-mento di grande valore simbolico, ne-cessario a trasmettere alle nuove ge-nerazioni i valori della democrazia edella tolleranza, valori che, come han-no affermato successivamente il pre-sidente della Provincia Vittorio Pro-di e l’assessore regionale LucianoVandelli, sono a fondamento dell’ideadi Europa unita.Prodi, in particolare, ha ricordato co-me proprio questa “idea” stia progres-sivamente aprendo la strada ad unanuova concezione della politica e del-l’economia, a tal punto da candidare ilnostro continente quale terra dell’in-contro e della solidarietà. «Chi ignora la storia è condannato a ri-viverla - ha detto il sindaco di BolognaGiorgio Guazzaloca, citando la fraseche ora campeggia all’entrata di Au-schwitz - la memoria – ha aggiunto - vacoltivata e salvaguardata, soprattuttoperché i germi del razzismo sono an-cora presenti nelle nostre società, agi-scono nell’ombra e ogni tanto riap-

paiono minacciosi, pericolosi, ancheperché, purtroppo, niente è irripetibi-le, neanche l’olocausto». Lucio Pardo, presidente della Co-munità Ebraica di Bologna, ha intravi-sto segnali di nuove intolleranze negliultimi tragici avvenimenti dell’11 set-tembre. Ma il solo fatto di essere riusciti a isti-tuire il giorno della memoria manife-sta, a suo parere, la capacità del gene-re umano di riscattarsi, di ritrovarequel senso di solidarietà testimoniatodai tanti Perlasca, che nel silenziohanno salvato molti ebrei. Pardo, tra questi, ha voluto ricordarela figura di Don Arrigo Beccari, di No-nantola, noto per aver salvato la vita ai

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ragazzi di villa Emma.Sul “sacro” dovere della memoria si èsoffermato il rabbino capo della co-munità ebraica di Bologna AlbertoSermoneta. Nella Torah, il Libro dei libri degliebrei, lo stesso Dio impartisce a colo-ro che hanno vissuto la schiavitù d’E-gitto, l’ordine di raccontare la fuga perfar sentire alle generazioni quegli av-venimenti come se li avessero diretta-mente vissuti. Così, ha precisato il rabbino, deve av-venire per la schiavitù del popolo ebrai-co nei lager. In tal senso, l’istituzione della Fonda-zione del museo ebraico di Bologna,presidente Eugenio Heiman, an-

D A L C O N S I G L I O

L’entrata del campo disterminio di Aushwitz e,a fianco, un momentodella cerimonia inSinagoga, in ricordodelle vittime della Shoah

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ch’esso presente alla seduta, acquistaun particolare rilievo per la storia civi-le della nostra città.Ma la memoria più autentica, si sa, èquella che nasce dalla storia indivi-duale, dall’esperienza vissuta, quellache si fa ricordo e che “passa il testi-mone” alle nuove generazioni, rappre-sentate in aula da alcuni studenti dellaprima classe della Scuola media“Salvo D’Acquisto” di Bologna. Soprattutto a loro si sono rivolti colo-ro che hanno vissuto la sofferenza deicampi di concentramento sulla pro-pria pelle. Astro Gambari, in rappre-sentanza dell’Anei (associazione na-zionale ex internati), Osvaldo Coraz-za dell’Aned (Associazione nazionale

ex deportati) e Nedo Fiano, soprav-vissuto ad Auschwitz. Un invito a riflettere sul pericolo del-l’affermazione di numerose ideologierazziste nei giovani è invece giunto daOsvaldo Corazza, che ha chiesto tral’altro alle istituzioni, e soprattutto aquelle scolastiche, di fare in modo cheil 27 gennaio non diventi una cerimo-nia meramente retorica, ma che la co-scienza degli studenti relativamenteai fatti commemorati, sia desta ognigiorno dell’anno.Ma è stato soprattutto Nedo Fianoche ha commosso e rapito i presenti,con l’appassionato ricordo dei mo-menti dell’ormai inattesa liberazione:«Verso le nove di quel fatidico 27 gen-naio - ha detto Fiano - con un gelo chesi produce soltanto in Polonia, è ap-parso nei lager di Auschwitz un primosoldato russo, più spaventato deglistessi prigionieri. Un uomo che non riusciva a capire do-ve fosse capitato. In una striscia di ter-ra rossa con l’odore dei corpi bruciatidi Auschwitz. Alle quindici i soldati dell’Armata rus-sa liberarono Auschwitz e Birkenau.C’erano 5.800 morti, moribondi e ma-lati; c’era un lezzo di morte». Fu quella la “notte della storia” ha con-

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tinuato Fiano, e dopo cinquantasetteanni ancora nei sogni dei sopravvissu-ti si addensano le nuvole minacciosedi quei momenti terribili. Ma il ricordo per Fiano, è come per ilFoscolo, la possibilità di ridare vita achi l’ha persa, in particolar modo aquel milione e mezzo di bambini ebreidivorati dalle fiamme. Per questo motivo il compito di tutti, enon solo di chi è stato ferito diretta-mente negli affetti, è quello di scon-figgere la distanza da quegli eventi el’indifferenza che da tale lontananzapuò scaturire. Il nostro tempo è a suo giudizio ca-ratterizzato dalla mancanza di memo-ria, dall’esaltazione del presente edell’eterna giovinezza, nonché dal-l’incapacità di un vero progettarsi nelfuturo: custodire il passato perciò, di-venta un atto necessario affinché sipossa garantire ai giovani la capacitàdi avere prospettive, e di essere coin-volti in azioni collettive e partecipatein grado di cambiare in meglio la no-stra società.

Le iniziativeGli assessorati alla scuola della Pro-vincia e del Comune di Bologna in col-laborazione con l’Associazione Figlidella Shoah, la Comunità Ebraica diBologna, gli insegnanti di religionecattolica e il Provveditorato agli Studidella Provincia di Bologna, promuo-vono una iniziativa volta a tenere destanei giovani studenti della città e dellaprovincia la memoria della Shoah at-traverso la valorizzazione delle testi-monianze ancora presenti in EmiliaRomagna. L’iniziativa consiste in: due borse distudio di 516,46 Euro cadauna, messea disposizione dal Comune di Bolo-gna, destinate rispettivamente aglistudenti della Scuola media di primo esecondo grado per il miglior elabora-to basato sui racconti e le testimo-nianze di tutti coloro che sono statitoccati dalla Shoah italiana in EmiliaRomagna.La redazione e la pubblicazione deimigliori racconti sarà a cura della Pro-vincia di Bologna.Info: Associazione Figli della Shoah, via dell’Inferno, 20 - 40126 Bologna tel e fax 051/233867

[LAURA PAPPACENA]

D A L C O N S I G L I O

Tre momenti della giornatadella memoria: sopra, laseduta solenne congiunta dei Consigli provinciale ecomunale; a fianco, ladeposizione di corone allelapidi dei martiri in piazzadel Nettuno da parte degli exinternati ed ex deportati; sotto,la deposizione di una coronaalla lapide dei deportati ebrei

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NESSUN TAGLIO AL BILANCIONessun taglio albilancio di previsio-ne, nonostante il tetto del 6 per cen-to imposto dalla legge Finanziaria.È questo l’epilogo del lungo e faticosoiter della manovra economica per il2002 della Provincia di Bologna cheaveva visto la sospensione delle pro-cedure di discussione e approvazionenel dicembre scorso e il ricorso all’e-sercizio provvisorio a causa delle mi-nori entrate determinate dal tetto dispesa. Ma nel dare questo annuncio inConsiglio l’assessore Paola Bottoniha espresso molta preoccupazioneper i prossimi anni se l’impianto diquesta Finanziaria non verrà modifi-cato. Il bilancio è stato approvato coni voti favorevoli di Ds, Margherita,Verdi, Comunisti Italiani, gruppo Mi-sto, contrari Forza Italia, Alleanza Na-zionale e Rifondazione Comunista. In precedenza era stato votato l’emen-damento al bilancio che aveva regi-strato l’astensione di Rifondazione Co-munista. L’emendamento presentato prevedesì la riduzione del bilancio corrente(che viene così riportato entro la so-glia prescritta dalla Finanziaria), maanche il trasferimento di quella cifrain conto capitale, sotto la voce “beniimmobili” (sostanzialmente si farannodegli investimenti in immobili dovecollocare gli uffici dell’Ente, rispar-miando, così, sugli affitti). Una scelta resa possibile da 18 milionidi euro che la Provincia si è ritrovatanelle proprie casse per i prossimi treanni, scoprendo di aver la possibilitàdi non restituire allo Stato degli stan-ziamenti per il personale scolastico,nonostante il trasferimento, avvenutonel 2000, di una parte di personale dal-la Provincia allo Stato. In questo modo si è evitato di tagliare,dal bilancio 2002, circa 5 milioni e 400mila euro, pari a 10 miliardi e mezzo dilire. In pratica, la spesa di funziona-mento dell’Ente ammonta a 169 milio-ni di euro, di cui 34 per gli stipendi peri 1071 dipendenti previsti. Le spese vengono finanziate con en-trate tributarie per circa 78 milioni dieuro, con 94 milioni di trasferimentida altri Enti e con 7 milioni di entrateda proventi gestionali (tariffe, interes-si attivi, ecc.). Per quanto riguarda gli investimenti,

per i prossimi tre anni sono previsti105 milioni di euro (35 milioni nel2002, 39 milioni nel 2003 e 31 milioninel 2004). Gli investimenti vengono fi-nanziati in parte con il ricavato dellealienazioni patrimoniali calcolate neltriennio per circa 5,5 milioni di euro e,in parte, con risorse correnti per 12milioni e con un’assunzione di mutuiper 20 milioni nel 2002, 16 milioni nel2003 e 9 milioni nel 2004. «Non è con particolare orgoglio chepresentiamo questo emendamento -ha detto l’assessore nel presentarel’emendamento alla proposta di bilan-cio 2002 - potendo scegliere la stradadi non tagliare il bilancio, natural-mente lo facciamo, ma l’impianto diquesta finanziaria, se non cambiato,rischia di diventare davvero una ca-micia di forza. Non vorremmo che, dopo i positivi ne-goziati degli ultimi tre anni tra lo Statoe gli Enti locali per risanare la finanzapubblica, si passasse ad un regime dicentralismo, di ulteriore accanimento. Siamo in una situazione di incertezza,nella quale continuiamo ad aver lasensazione che il processo del federa-lismo si sia fermato. Non consideriamo quindi questoemendamento più di quello che è: unasoluzione contingente, possibile, cheattuiamo, ma che non toglie niente al-la nostra preoccupazione in ordine al-lo sviluppo del decentramento, del-l’autonomia e del federalismo in que-sto Paese, che sono la vera rispostache attendiamo». L’assessore Bottoni ha ricordato lescelte di merito di questo bilancio cheandranno a qualificare l’azione ammi-nistrativa: le nuove funzioni dell’Ente;la realizzazione di dieci progetti prio-ritari (che riguardano il patto per losviluppo e l’occupazione, Agenda 21,il Ptcp, la semplificazione ammini-strativa, la sicurezza, l’integrazione,l’ambiente, la casa, il sistema formati-vo integrato, le società partecipate);la restituzione, con un anno di antici-po, del debito contratto con la Cassadepositi e prestiti. Per quanto riguarda l’utilizzo dellamanovra tributaria prevista dal bilan-cio 2002, l’assessore ha sottolineatoche tale scelta è stata compiuta dopotre anni di invarianza fiscale e che, co-

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munque, si tratta di un «intervento mi-nimo, con un incremento dell’addizio-nale per l’energia elettrica di una liraper kilowatt/ore nel consumo indu-striale e l’incremento del 10 per centodell’imposta di immatricolazione auto-mobilistica. Un puro aggiustamento - ha sottoli-neato la Bottoni - che grava in manie-ra minima sulle tasche dell’utente, delcittadino». Al termine della discussio-ne sul bilancio è stato approvato con24 voti favorevoli (DS, Margherita,Comunisti italiani, Gruppo misto,Rifondazione) e 6 voti contrari (AN,FI), un ordine del giorno in cui si con-sidera «necessario passare dal regimedi finanza derivata per l’esercizio del-le nuove funzioni all’autonomia impo-sitiva basata sulla compartecipazioneall’Irpef». Dopo aver elencato i punti della Fi-nanziaria che vengono ritenuti lesividel principio di autonomia degli Entilocali, nel documento si invita la Giun-ta a lavorare affinché si operi «per su-perare queste normative frutto di unavecchia logica centralizzatrice».

il DibattitoUn voto positivo al bilancio è stato an-nunciato dal capogruppo dei Comuni-sti italiani Epidoforos Nicolarakische non ha comunque mancato di sot-tolineare i problemi causati dalla leg-ge Finanziaria. «Trovo che questo bilancio sia positi-vo - ha detto Nicolarakis - rispettosodel programma di mandato che que-sta amministrazione si è data. Oggi la Provincia si trova ad affronta-re anche nuove competenze per il pas-saggio di diverse funzioni dallo Statoagli Enti locali. Un compito difficile perché sono ri-maste molte incertezze per quanto ri-guarda i trasferimenti per il costo diqueste nuove competenze». Un’astensione sull’emendamento ma,nel contempo, un giudizio negativosullo stesso bilancio sono stati annun-ciati dal consigliere di RifondazioneComunista Nello Orivoli. «Anche questa volta non c’è un segnotangibile che ci possa portare ad unaposizione di neutralità. Permangono,infatti, i punti che giudichiamo più ne-gativi come l’alienazione dei beni im-mobili e l’insistenza nella privatizza-zione delle municipalizzate.

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Il bilancio presenta anche dei pregi: lepolitiche culturali e in particolare quel-le ambientali, uno dei settori più avan-zati per quanto riguarda gli interventidella Provincia». «Poiché questo emendamento ha lacaratteristica fondamentale di salva-guardare l’impatto generale del bilan-cio che, anche quest’anno, corrispon-de all’attuazione del programma chela Giunta e la maggioranza del Consi-glio avevano approvato, il gruppo del-la Margherita esprimerà un voto po-

gare sulla possibilità di percorrerestrade diverse, in particolare sulla re-stituzione del debito alla Cassa Depo-siti e Prestiti, sul mantenimento degliinvestimenti programmati e sul con-solidamento delle nuove funzioni. «Sono punti rispetto ai quali non ci siè mossi, anzi rispetto ai quali ci si è af-fidati unicamente alla leva tributaria».Anche Forza Italia ha parlato di sceltapolitica precisa. Il consigliere Andrea D’Alessandroha così definito «quello che abilmente

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to apprezzamento. «Si può essere non d’accordo su co-me la Provincia svolge le sue funzio-ni, su quali sono le opzioni program-matiche prevalenti; ma si può direche sarebbe stato meglio provare a ta-gliare per l’equivalente del 6 per cen-to?» ha chiesto la Parisi. «Tagliare sul-le persone, abbassare gli stipendi - haproseguito - intervenire sulla contrat-tazione decentrata, al ribasso, avreb-be determinato una situazione diffi-cile; e gli Enti che non avevano la pos-sibilità di scegliere si trovano in unasituazione difficile».Il capogruppo del gruppo Misto,Osvaldo Santi, ha giudicato lo sforzodella Giunta «apprezzabile. Sono con-vinto - ha detto - che non ci fosse un’al-tra strada percorribile, viste le condi-zioni in cui si è trovata ad operare, conuna delle peggiori Finanziarie votatenegli ultimi 10-15 anni». Ha annunciato, quindi, il suo voto fa-vorevole a questo bilancio facendo,però, un appello alla giunta: prestaremaggiore attenzione alle zone del ter-ritorio che sono tendenzialmente tra-scurate per quanto riguarda gli inve-stimenti, e in particolare alle zone del-la montagna. Anche il capogruppo dei Verdi, San-dro Magnani, ha espresso una valu-tazione positiva su un bilancio «cheva nel senso di una riduzione dell’in-debitamento e di una produzione dieconomia. Abbiamo assistito a segna-li di salute economica e di attenzioneper le risorse». Magnani ha poi aggiunto che il bud-get 2002 di palazzo Malvezzi, pur re-stando negli ambiti indicati dalla leggeFinanziaria, ha il pregio «di non ab-bassare gli indici di qualità nella pre-stazione dei servizi ai cittadini». Ha concluso il dibattito consiliare ilpresidente della Provincia, VittorioProdi, secondo il quale «il disegno delGoverno è quello di portare sotto ilproprio controllo le autonomie localiaffinché non si determinino capacitàdi sviluppo autonomo. A questo non ci stiamo - ha precisatocon forza il presidente - vogliamo lecondizioni per essere realmente auto-nomi e responsabili nei confronti deicittadini». E questo bilancio, secondoProdi, riflette proprio la responsabilitàcon la quale la Giunta intende affer-mare la propria capacità di servizio aicittadini e la capacità di capire le esi-genze del territorio».

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sitivo». È quanto ha dichiarato nel suointervento il consigliere Flavio Pec-cenini aggiungendo che dal Governoin carica ci si sarebbe aspettati «unariforma che prevedesse, sì, nuovicompiti e nuove responsabilità per gliEnti locali, ma anche la facoltà di fi-nanziare questi nuovi compiti e que-ste nuove finalità». Claudia Rubini, anome del gruppo di Alleanza Naziona-le, ha espresso il proprio disaccordosull’emendamento sotto il quale «c’èuna precisa e chiara scelta politica cheè quella di agire meditando sulle spe-se, ma andando avanti con l’orgogliodelle proprie opzioni, non toccandol’impostazione del bilancio». Secondola Rubini ci si sarebbe potuti interro-

la giunta tenta di far passare come unemendamento “tecnico”; il bilanciopoteva già essere approvato lo scorsoanno, mentre con questa scelta re-sterà comunque in una situazione dialeatorietà ed incertezza». D’Alessandro ha poi denunciato il ri-corso alla leva tributaria sostenendoche «in presenza di considerevoliavanzi di bilancio non si può eludere lanecessità di ridurre tasse e balzelli dicompetenza che gravano inutilmentesulle tasche dei cittadini».Sulla scelta di non tagliare il bilancioutilizzando le risorse che la Provincianon dovrà restituire allo Stato, la con-sigliera dei Democratici di Sinistra,Sonia Parisi, ha espresso un convin-

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UN PIANO PER LE POLITICHE SOCIALISuperare le nuove forme di po-vertà, qualificare i servizi per inon autosufficienti, rafforzare lacoesione sociale e mettere al centrodel sistema la comunità locale: sono so-lo alcuni degli obiettivi previsti da ungrande cambiamento nelle politichesociali che parte, con molte speranze equalche difficoltà, dalla Provincia diBologna. Il documento di indirizzi chedà l’avvio alla definizione dei Piani dizona sperimentali è stato infatti appro-vato dall’assemblea di palazzo Malvez-zi con i voti favorevoli di Ds, Margheri-

Lenzi - lo strumento giuridico che vie-ne dato è il piano di zona, inteso comeun accordo di programma strategicoall’interno del quale il complesso dellerisorse dei Comuni, delle Aziende sa-nitarie, delle Ipab, delle Fondazioni edel terzo settore, vengono articolate edefinite per obiettivi strategici di lungoperiodo». Uno strumento, dunque, pergovernare le politiche sociali e dise-gnare un sistema condiviso e integratodi interventi. In pratica, i Piani sarannoarticolati per distretti sanitari, cioè nelterritorio provinciale dovrebbero esse-

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Bologna anche se la Regione non haancora approvato il Piano sociale re-gionale. Il Consiglio dell’Emilia-Romagna,però, ha definito i criteri di ripartizionedel fondo socio-assistenziale e di quel-lo nazionale per le politiche sociali,mettendo a disposizione una sommache si aggira attorno ai 6,2 milioni dieuro a cui vanno aggiunti 1,5 milioni dieuro della Provincia e le risorse che iComuni metteranno a disposizione perla realizzazione del sistema integrato diinterventi. La necessità di porre mol-ta attenzione alle politiche sociali e aibisogni che vanno rilevati e che i di-versi tavoli di confronto previsti nel do-cumento di indirizzi non siano d’osta-colo ad una vera integrazione dei ser-vizi è stata richiamata dalla consiglieraVania Zanotti dei Democratici di Sini-stra. «L’unico pericolo da evitare - hadetto - è che queste diverse articolazio-ni non diventino il punto di contraddi-zione e di tensione che va poi a impe-dire il vero decollo dei piani di zona».Per il consigliere di Forza Italia, An-drea D’Alessandro, il documentopresentato al Consiglio «dà un’impres-sione di astrattezza e macchinosità bu-rocratiche, è un parto affetto da moltitecnicismi; non vorremmo che fosseun prodotto eccessivamente intellet-tuale, ma scarsamente ancorato allarealtà delle necessità concrete dei cit-tadini della nostra provincia». Per il ca-pogruppo del gruppo Misto, OsvaldoSanti, si tratta di un documento che hail pregio di fare distinzione tra assi-stenza e sanità e di poter svolgere un’a-nalisi critica rispetto a quanto fatto inpassato. «È un documento - ha dettoSanti - che finalmente apre una discus-sione importante fra le istituzioni e dàun valore di coordinamento alla Pro-vincia evitando di trovarsi ancora unavolta di fronte a dei campanilismi». «Ilpiano che ci viene proposto oggi rap-presenta sicuramente una scommessamolto grande, anche se siamo convintiche questo sia l’ultimo tassello dell’a-pertura al mercato dei servizi». È questo il parere espresso dal capo-gruppo di Rifondazione Comunista,Giuseppina Tedde, che ha elencatole perplessità che non le hanno con-sentito di pronunciare un voto favore-vole: dalla mancata definizione delle ri-sorse disponibili, alla scelta di mettereinsieme associazionismo, cooperazio-ne sociale e fondazioni bancarie.

[DANIELA UTILI]

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ta, Verdi, Comunisti Italiani e gruppoMisto, quelli contrari di Rifondazione eAlleanza Nazionale e l’astensione diForza Italia. Il documento era stato pre-cedentemente licenziato dalla Confe-renza Metropolitana di Bologna e illu-strato dall’assessore alle politiche so-ciali Donata Lenzi alla Conferenza deiservizi per l’avvio del processo di pro-grammazione dei Piani di zona previstidalla legge 328/2000. Si tratta di unprocesso che prevede la realizzazionedella rete integrata dei servizi socialiattraverso il coinvolgimento di sogget-ti pubblici e privati. «Per avere un si-stema integrato - ha spiegato in aulal’assessore ai servizi sociali Donata

re realizzati sette Piani di zona, uno perogni distretto: Comune di Bologna, Ca-salecchio, San Lazzaro, Porretta, Imo-la, zona Pianura est, zona Pianura ove-st. Il sistema integrato che sarà realiz-zato dovrà garantire “la qualità dellavita; pari opportunità; non discrimina-zione e diritti di cittadinanza; preveni-re, eliminare o ridurre le condizioni didisabilità, di bisogno e di disagio indi-viduale e familiare derivanti da inade-guatezza di reddito, difficoltà sociali econdizioni di non autonomia” ai cittadi-ni, con priorità di accesso per i sogget-ti in condizioni di povertà o inabilità osottoposti a provvedimenti dell’auto-rità giudiziaria. Si parte, dunque, da

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ono ritornato apposta nel giardino di S. Leonardo, invia Belmeloro, dopo tanti anni. In questo pomeriggioumido e un po’ annebbiato di gennaio che fa pensa-

re a un giorno egualmente breve di novembre, mi sembrasia stato innalzato un muretto di cinta all’ingresso, ai duelati; ma forse ricordo male. Entro. Ci sono alcuni scalini.Sulla destra, nell’angolo, è rimasta la fontanella. Una dellerare fontanelle che ci sono in città. Faccio scorrere un po’d’acqua. Puoi bere, puoi lavarti le mani. Niente sgocciolìo.La fontanella malata che c’è in una piccola poesia di Palaz-zeschi e che fa clof, clop, cloch, non assomiglia per nientea questa fontanella. Guardo dentro al giardino. Ci sono di-verse tavole di legno, che non c’erano, per fare colazionee anche per studiare, o giocare a carte; e sedili. Gli alberidovrebbero essere gli stessi. Sulla sinistra, un canestro la-cero, per giocare a basket. Un’unica persona c’è adesso,che mi chiede una sigaretta che non ho mai avuto, e un ca-ne bianco. Uno studente con un cane. O, meglio, un canecon uno studente. Un cane nero dipinto di bianco. Uno stu-dente astemio che si ammanta di fumo. Nessuno, nessunopuò cambiare il colore originario del mondo. Non c’è il ros-so di un fiore; non sembra più un giardino. Eppure una ro-sa è fiorita, in un cortile, in questi ultimi giorni di gennaio,e la luna è fiorita proprio un lunedì. (E in un giardino pen-sile, a Pisa, sono fiorite le giunchiglie; e la fonte è sicura.)Ma qui, oggi, è novembre. In questo giardino che nonsembra un giardino. Ma ciò che manca davvero, più cheuna fioritura anticipata, sono le due altalene che c’erano.Anche in un giardino spoglio e grigio, un’altalena è sem-pre una gioia; un sorriso pieno d’infanzia, la leggerezza diun movimento d’amore. Non dico l’altalena a bìlico, che sitrova in molti giardinetti pubblici. Dico proprio l’altalenasospesa: due funi o due catene che reggono una tavola. Èindubbio che sia uno strumento di paradiso. Un’allegoriadel piacere amoroso. Mi stupisco di non vederla rappre-

sentata allegoricamente nei giardini dell’amore dipinti daimanieristi fiamminghi. Ma fa la sua comparsa, gaia e ae-rea, nei dipinti francesi del settecento. Di dubbio, c’è soloil suo nome. Si chiama così perché si va in alto e ci vuolelena ? Fino a qualche anno fa, qui c’erano due belle altale-ne, dunque. E non ci sono più. Si poteva, immagino, entrole undici di sera, d’estate e con un po’ di luna in cielo, as-sicurarsi un piccolo volo in due. Quelle due altalene ap-paiate sembravano fatte apposta per gli innamorati, o i “fi-danzati”, come si dice. E facevano venire in mente il “deli-rio parallelo” che c’è in una poesia di Baudelaire, ispiratadall’inebriante vino degli amanti, che non possono mai es-sere astemi, naturalmente (come farebbero, se no, con i“baci succulenti” ?). Erano fatte per una aerea dichiarazio-ne d’amore. E potevano, credo, con quell’oscillazione fre-quente e sempre più frequente, prestarsi a un gioco stupi-do e crudele. Che si trova in un piccolo racconto malinco-nico di Cechov. In relazione a quelle altalene scomparse,devo proprio raccontarlo. C’è una donna. E c’è un uomo.Che la convince ad andare in slitta con lui. Nella discesa ri-pidissima, quando “il vento non dà la forza di respirare”,l’uomo le sussurra queste parole: “Vi amo, Nadja !”. Leinon sa se sono parole vere, o se è stato il vento. Nono-stante la paura, gli chiede di rifare la discesa. E l’uomo, an-cora, le sussurra queste parole. Ma lei non è sicura. Glichiede di rifare la discesa, nella violenza del vento, una ter-za volta. E ancora le sembra di sentire queste parole, chel’uomo ripete. Ma non può sapere se sono state dette ve-ramente. Questa esperienza si rinnova nei giorni succes-sivi. A un certo punto, per avere una prova sicura, Nadja civa da sola, alle slitte. Ma anche stavolta non riesce a esse-re sicura (“Il terrore, mentre scivolava, le ha tolto la facoltàdi udire, di distinguere i suoni, di capire...”). Il sole prima-verile, come tra poco a Bologna, splende ora nel cielo, scio-glie la neve. Nadja diventa triste. Prima di ripartire, l’uo-mo, nascosto nel giardino, ancora per gioco, affida questetre parole al vento, che le porta fino a lei. E Nadja proten-de le braccia sull’uscio di casa, felice; come un’offerta ri-fiutata di felicità. Passa e passa il tempo, ciascuno col suodestino. Nel cuore di lei, è rimasto il ricordo di queste trepiccole parole. E l’uomo, tristemente, così conclude:“Mentre io, adesso che sono diventato più vecchio, nonriesco più a capire perché dicessi queste parole, a che sco-po scherzassi...”.Nessuno, penso, farebbe un uso così im-proprio delle due altalene. Che, comunque, come ho det-to, non ci sono più. q

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Vaghe altalenedi NICOLA MUSCHITIELLO

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L’eredità storico-politicadi LEOPOLDO ELIA

lla vigilia della morte di Dossetti, chiesi a Leo Valianise aveva qualche ricordo di lui; mi rispose: «Ricordola prima riunione del Comitato Nazionale di Libera-

zione Alta Italia, dopo il 25 aprile; non dimenticherò maiche, a un certo momento, un giovane sconosciuto si alza,e dice: “Bisogna fare in modo che non ci sia, in ogni cittàdell’Alta Italia, un Piazzale Loreto, che non ci sia una spi-rale di vendetta che continua, una vicenda sanguinosa chedeve avere termine”. Rimanemmo tutti impressionati dal-la forza dell’argomentazione, dalla fermezza di questa pre-sa di posizione che allora era singolare». Questa personalità si rifletteva anche nel passato di Dos-setti antifascista e di resistente: egli scelse di essere unpartigiano disarmato, che rischia la vita, ma che nello stes-so tempo non vuole mettere a rischio la vita degli altri conle armi. Una tale figura è già di per sé eccezionale: uniscel’ispirazione cristiana con l’ispirazione civile, in una mi-scela che non è dato ritrovare in altri personaggi.Nella sua breve ma intensa esperienza politica - dalla Re-sistenza al 1951 - Dossetti portò avanti un’idea altissimadei partiti e delle loro responsabilità: l’idea che il partitodovesse essere il vero motore dell’attuazione della Co-stituzione. Si spiegano così le molte sconfitte nello scontro con DeGasperi, dovute in parte anche ad alcuni errori, o alcuneprese di posizione opinabili di Dossetti e del suo gruppo:ad esempio, la prima mozione di sfiducia, presentata nelConsiglio Nazionale Democristiano, nel tardo 1946, fir-mata da Dossetti e dalla Lazzati, prendeva posizione con-tro il metodo degasperiano «dell’adesione ritardata e for-

zosa alle iniziative altrui; bisogna passare ad un metodo diiniziativa propria, decisa e convinta, conservando un’au-tonomia programmatica anche nei confronti delle forzecon cui si collabora. Siamo contro la politica di abilità o di compromessi, vo-gliamo una politica di convinzioni, un grande partito di la-voratori cristiani, fuori di ogni schematismo classista, chedeve impegnare la totalità delle aspirazioni e delle iniziati-ve originalmente cristiane capaci di investire tutto l’uomoin ogni sua connessione sociale».La linea di Dossetti - che non era né utopica, né irrealista,ma perseguiva un radicale rinnovamento verso una de-mocrazia sostanziale - fu, a suo modo, profetica, avendointuito un fatto che è alla base della vicenda cinquanten-nale successiva. In una lettera del febbraio 1948, annunciando che, mal-grado il suo proposito di ritirarsi dalla vita politica, si sa-rebbe ripresentato alle elezioni, su invito dello stesso PioXII, Dossetti scriveva: «Non si possono perseguire obietti-vi di ricostituzione, e di “ricostruzione della democrazia”,avvalendosi come di un unico strumento della paura anti-

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Le eredità di Dossettia cura di LAURA SANTINI

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cinque anni dalla scomparsa, la Provincia ha promosso un convegno sulla figura di don Giuseppe Dossetti, padre fondatore

della Costituzione e monaco di Monte Sole, unprotagonista sia della storia repubblicana, sia di quellaecclesiale, come ha ricordato il Presidente VittorioProdi aprendo la giornata di riflessione. Tanti i contributi di studiosi e testimoni del nostro tempo che saranno presto pubblicati negli atti del convegno.Intanto riportiamo alcuni stralci dagli interventi di Leopoldo Elia, Presidente emerito della CorteCostituzionale, e di don Giovanni Nicolini, Vicarioepiscopale per la carità della Diocesi di Bologna

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“Le eredità di Dossetti”, la giornata distudio promossa nel dicembre scorsodalla Provincia di Bologna in collabora-zione con Città dell’Uomo, Comitati perla Costituzione Emilia-Romagna, Comi-tato Scuola di Pace Monte Sole e Fon-dazione per le Scienze Religiose Gio-vanni XXIII, ha visto la partecipazionedi numerose personalità del mondo po-litico, intellettuale ed ecclesiale. Nellamattinata, oltre a Leopoldo Elia e DonGiovanni Nicolini, è intervenuto il giudi-ce di Corte Costituzionale e docentepresso l’Università di Milano ValerioOnida, che ha parlato dell’eredità costi-tuzionale di Dossetti. In una sezionesuccessiva, presieduta dal senatoreWalter Vitali dei Comitati per la Costitu-zione, hanno parlato Umberto Allegret-ti dell’Università di Firenze, Guido For-migoni di Città dell’Uomo ed Enzo Bal-boni dell’Università Cattolica del SacroCuore di Milano. Nel pomeriggio si so-no tenuti gli interventi di Giorgio Ghezzie di Augusto Barbera, entrambi dell’U-niversità di Bologna, e di Alessandro

Pizzorusso dell’Università di Pisa. Lagiornata si è conclusa con la presenta-zione del quinto e ultimo volume della“Storia del Concilio Vaticano II”, direttada Giuseppe Alberigo e edita da “Il Mu-lino”, con interventi del Cardinal Rober-to Tucci, di Tullio Gregory dell’Universitàdi Roma e di Paolo Pombeni dell’Uni-versità di Bologna.L’eredità di Dossetti, ha detto il presi-dente della Provincia, Vittorio Prodi, in-troducendo il convegno, è «un lascito ilcui valore si rivela, soprattutto in tempicome questi, profetico e fecondo. In par-ticolare dai Comitati per la Costituzionee dalla Fondazione per le Scienze Reli-giose Giovanni XXIII, “creature” ambe-due del pensiero e dell’azione di Dos-setti, la Provincia di Bologna ha raccol-to e condiviso la sollecitazione el’impegno a rivisitarne l’eredità e a re-cuperarne il senso [...] non come un te-soro geloso da preservare, ma come unseme da coltivare perché continui aprodurre frutti per l’intera comunità civi-le ed ecclesiastica».

LA GIORNATA DI STUDI

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comunista». Dossetti aveva cioè intuito non solo, come DeGasperi, che l’anticomunismo rischiava di diventare rea-zionario, ma anche che la Democrazia Cristiana era espo-sta al grande pericolo di sentirsi forte semplicemente peruna posizione di rendita che la esentava da altri impegni.La vittoria della predizione di Dossetti non è nella sconfit-ta della Democrazia Cristiana: è nell’intuizione che nonavrebbe retto, che si sarebbe dissolta, senza un tono mo-rale adeguato, senza quel rapporto tra gli abiti virtuosi e lasapienza pratica.Il lascito più sicuro di Dossetti è certamente quello dellaCostituzione, specialmente della sua prima parte. Il suorammarico profondo, a tal proposito, si rifletteva in alcuneconversazioni, quando diceva: «La Costituzione è statamessa in un cassetto, la Costituzione non vive, non è stataattuata; praticamente non conta». Tuttavia, negli anni,Dossetti progressivamente cambiò atteggiamento: si andòridimensionando, in lui, la grande immagine del soggettopolitico originario, che ha voluto la Costituzione come po-tere costituente, e che continua a vivere anche dopo la suaemanazione attraverso il processo di attuazione costitu-zionale nella dimensione del progetto; parallelamente,prese forza l’altra immagine, quella pluralistica, della Co-stituzione come equilibrio, come luogo di libera e pacificacoesistenza di una pluralità di principi e di valori tutelato epresidiato, in primo luogo, con gli strumenti della giustiziacostituzionale. Dossetti continuò ad enumerare, nelle sue conferenze de-gli ultimi anni di vita, i principi della Costituzione, ma in-sieme a questo avvertiva che la Costituzione è anche equi-librio, rapporto fra i poteri, che costituiscono oramai un ar-cipelago con le alte autorità, con istituzioni che sfuggonoalla tradizionale separazione dei poteri.Qui si cela un punto decisivo: Dossetti avvertì che c’era bi-sogno di una nuova, effettiva, separazione dei poteri, chequella tradizionale non bastava più. Questo è il suo ultimo insegnamento: la battaglia che dob-biamo condurre in tutte le sedi, nella politica, ma anchenell’azione dei custodi - il Presidente della Repubblica, laCorte Costituzionale - perché questo lineamento fonda-mentale della nostra Costituzione sia mantenuto. La lottaper la Costituzione si identifica ormai, in gran parte, con lalotta per una effettiva separazione dei centri di potere: èquesta la lotta per il diritto che ci aspetta nei prossimi me-si e nei prossimi anni.

L’eredità spiritualedi don GIOVANNI NICOLINI

iù che di eredità spirituale, per Don Giuseppe biso-gnerebbe parlare di “mistero”, nel senso ebraico-cri-stiano, cioè l’emergere del volto e del cuore del Si-

gnore nel tessuto della storia. Il “mistero Dossetti”, a mioparere, è l’intreccio continuo, appassionato, sempre piùgrande, tra la fede e la storia. Per Dossetti, la parola di Diosvela continuamente la storia, ma d’altra parte la storia - enon solamente la grande storia, ma anche la storia mode-sta della vita familiare, del paese, della chiesa locale, dellapropria regione - è illuminatrice, rivelatrice e donatrice

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R I F L E S S I O N I

della parola di Dio. L’ambiente in cui Don Giuseppe si for-ma è quello del territorio reggiano, tra la pianura e l’iniziodell’Appennino, un ambiente di grande tradizione cristia-na, che ha generato straordinarie creatività spirituali tra lo-ro diversissime, per cui accanto al Dossetti monaco c’era -per citarne uno solo - Don Mario Prandi, il fondatore dellaCasa della Carità. Quando, con un Don Giuseppe già vec-chio, e con un parlare malfermo, si parlava della Costitu-zione, egli si ribellava contro chi diceva che era stata uncompromesso: «Non è stata un compromesso; è stata ungrande incontro». Questo grande incontro, che fu poi laformulazione della Carta Costituzionale nei suoi principifondamentali, risale al paese, a quella unità delle diversitàche lui ha potuto percepire fin dall’infanzia.Finite le scuole elementari, Don Giuseppe si trasferì dallanonna, dove fece la scuola media e il liceo: erano gli anni‘20, quelli della grande ascesa del nuovo regime. Più vol-te, anche negli ultimi anni, Don Giuseppe ha ribadito diavere già compreso, da adolescente, una cosa delicata: lasostanza totalmente anti-cristiana del fascismo. Fu comeuna comprensione radicale, profonda: pur vivendo pacifi-camente dentro al regime e parallelamente in parrocchia,il sedicenne Giuseppe capì che le cose non erano assolu-tamente conciliabili.Don Giuseppe è stato poi un monaco “eretico”: il mona-chesimo, per lui, coincide con la sua vita religiosa, è esat-tamente il contrario dell’isolarsi dal mondo. Don Giusep-pe cercava non un monachesimo che fa il muro e si sepa-ra, ma un monachesimo che si immerge nel mondo, nellastoria, vivendo nelle fedeltà e nelle virtù cristiane, proprioper cercare le vie più ampie e più profonde di risoluzionedei grandi problemi e delle grandi fatiche delle nazioni.Un uomo come Don Giuseppe è un uomo che si muove co-me in punta di piedi, con delicatezza straordinaria, in mez-zo alla vicenda della storia, perché la storia è piena di Dio.E anche camminando in mezzo alla ricerca, alla dialettica,alla polemica, lo fa necessariamente con molta attenzione,perché questo imprevedibile Dio genera il fratello accan-to a te, addirittura in colui che istintivamente, per tante ra-gioni anche buone, dovresti ritenere l’altro, l’estraneo,l’appartenente a una cultura del tutto diversa, o opposta.Questo è in Dossetti, secondo me, il grande principio del-la pace. Si è, in questi anni, un po’ polemizzato con quel-l’affermazione della grande tradizione cristiana che PapaGiovanni aveva ereditato, circa la passione del ricercareciò che ci unisce piuttosto che ciò che ci divide: perché co-sì poteva sembrare che ci si mettesse tutti d’accordo sututto, meno che su una cosa, su Gesù Cristo, e quindi si la-sciasse fuori l’elemento sostanziale. In Don Giuseppe è ve-ro esattamente il rovescio: è proprio per la sua supremaconcentrazione sulla figura di Gesù che tutta la Chiesa etutte le nazioni sono reinterpretate e continuamente ri-scoperte, e ritrovate, attraverso la persona del Signore.Come se ne è andato, Don Giuseppe? Ringraziando. Hoimparato da lui che gli uomini e le donne di Dio sono gra-ti a tutti, a motivo della loro capacità straordinaria di co-gliere la scintilla del figlio di Dio in ogni circostanza e inogni persona. Loro, che potrebbero essere ringraziati pertante cose, invece ringraziano tutti. Uomini come Don Giu-seppe, oggi, secondo me, lasciano questa eredità impor-tante: viviamo una storia infinitamente più bella di quellache riusciamo a capire. q

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Nella pagina precedente unasequenza di ritratti di donGiuseppe in uno dei suoiultimi incontri pubblici e,qui, durante la celebrazionedella Messa a Monte Sole

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L’ A LT R A E C O N O M I A

mmaginiamo un colloquio riservato tra unfunzionario di banca e il direttore genera-le. Il primo comunica soddisfatto al secon-

do che nessuno dei conti bloccati da Bush peril sospetto di connessione con Bin Laden sitrova presso l’istituto di credito. Non abbiamomai saputo conquistarne la fiducia, commentalaconico il direttore. Il colloquio, oggetto diuna simpatica vignetta, non poteva che svol-gersi alla Banca Etica. Non si tratta di un luo-go dei sogni o delle utopie, ma di una realtà, il

primo istituto di credito in Italia specializzatonella finanza etica e alternativa. Sede centralea Padova, succursali a Roma, Brescia e Vicen-za, a breve anche a Firenze, Bologna e Trevi-so. Nata nel ‘99, oggi la banca ha un capitalesociale di oltre 21 miliardi, un bilancio in utile,e conta oltre 17.500 soci, tra cui 10.000 fami-glie, 7 Regioni, 30 Province e 300 Comuni. Haraccolto risparmi per 190 miliardi da circa5000 clienti, deliberato 800 fidi per complessi-vi 130 miliardi e finanziato più di 1.100 proget-ti. In Emilia Romagna è presente con unosportello informativo a Modena, che diven-terà un vero e proprio sportello bancario ap-pena ottenuta l’autorizzazione della Banca d’I-talia. Grazie a una convenzione siglata nel ‘99con la Regione Emilia-Romagna (la prima inItalia ad aderire a Banca Etica con una apposi-ta legge), 257 persone - famiglie in difficoltàeconomiche con figli minorenni - hanno potu-to usufruire di “prestiti sull’onore” per un im-porto massimo di dodici milioni, da restituirein un periodo da uno a quattro anni. Dal ‘99 al2001 Banca Etica ha messo a disposizione perquesto fine tre miliardi di lire e la Regione hamesso in conto, per il pagamento degli inte-ressi, 246 milioni.

Come nasceLa storia del risparmio alternativo è iniziata inItalia tra la fine degli anni ‘70 e la prima metà

degli anni ‘80, ed è cresciuta anche grazie al-l’opera di sensibilizzazione svolta dal mondodell’associazionismo, del volontariato e dellacooperazione sociale. Col tempo, anche moltioperatori tradizionali hanno così cominciato aoffrire proposte di investimento “etiche”. Se-condo i dati raccolti dall’Associazione FinanzaEtica, che ha censito più di trenta realtà cheoperano nel settore ( non solo banche, ma an-che società di intermediazione mobiliare e digestione del risparmio, oltre ad organismi au-togestiti e a forte partecipazione popolare cheadottano le linee guida del Manifesto della Fi-nanza Etica) , la raccolta di questo tipo di ri-sparmio in Italia è di oltre 6.000 miliardi di lire. Oggi sono 200 in 33 paesi le imprese sosteni-bili quotate in borsa: il loro valore supera i4.300 miliardi di dollari e si può ipotizzare checirca il 10% dei fondi comuni inglesi e statuni-tensi abbia criteri etici per la scelta degli inve-stimenti.

L’intervistaPer capire meglio la realtà di Banca Etica ab-biamo realizzato questa intervista con il presi-dente Fabio Salviato. Iniziamo spiegando com’è nata BancaEtica.Qualche anno fa molte organizzazioni del vo-lontariato e della solidarietà sociale iniziaronoad interrogarsi sul ruolo del denaro, della fi-

Finanza ed etica:un matrimonio possibile

di ANNARITA INCERTI

Ambiente, cooperazione internazionale, cultura e società civile sono alcuni degli ambiti

di intervento della Banca popolare Etica che presto aprirà uno sportello anche a Bologna

II

PER SAPERNE DI PIÙwww.finanza-etica.org è il luogo naturale diinizio per chi vuole conoscere la finanzaetica ed approfondire, come si dichiara nellahome page del sito, la “cultura dellaresponsabilità”.www.bancaetica.com il sito della banca eticain Italia. È anche possibile accedere allamodulistica e alle istruzioni per l’apertura dilibretti di risparmio, certificati di deposito,obbligazioni.www.grameen-info.org il sito della primainiziativa mondiale di microcredito, ininglese.www.triodos.co.uk descrive i progettifinanziati dagli investimenti.www.soldionline.it nella sezione dedicataalla Finanza Etica troviamo articoli edaggiornamenti sulle iniziative nel mondo.

“Riflessioni su etica, economia e finanza”(Modena, Mucchi editore 2000) di FaustoBettini

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L’ A LT R A E C O N O M I A

nanza e dell’impresa. Nacque così l’idea di ban-ca etica, una banca intesa come punto di in-contro tra risparmiatori che condividevano l’e-sigenza di una più consapevole e responsabilegestione del proprio denaro, e quelle realtà so-cio-economiche che avevano come finalità larealizzazione del bene comune.Nel giugno del 1995, 20 organizzazioni del ter-zo settore fondarono la cooperativa “verso labanca etica”, l’obiettivo era quello di racco-gliere i soci ed il capitale sociale necessario al-la costituzione della Banca; nel maggio del1998, dopo aver raggiunto il capitale previstoper l’ottenimento dell’autorizzazione all’eser-cizio del credito, venne convocata l’assembleadei soci della cooperativa i quali decisero latrasformazione della stessa in banca, nel di-cembre dello stesso anno arrivò l’autorizza-zione del governatore della Banca d’Italia.In cosa si differenzia il lavoro di BancaEtica da quello di altre banche nate inpassato con finalità simili: penso alle ban-che cooperative, alle casse rurali?Riprende sicuramente dalle casse rurali ed ar-tigiane il valore del rapporto con il territorio,del socio in quanto persona, allarga però ilconcetto di mutualismo, specifico della ban-che cooperative, a quello di solidarismo e direciprocità. Dà al risparmiatore la possibilitàdi indirizzare il proprio risparmio verso deter-minati settori o progetti, garantisce l’informa-zione su tutte le realtà finanziate, è dotato diun comitato etico, eletto dai soci, che vigilasull’eticità dell’istituto.Banca Etica opera in quattro settori: am-bientale, socio assistenziale, terzo setto-

re, sport e cultura: sono tutti ugualmen-te importanti, e quali sono i progetti piùsignificativi ai quali avete dato credito?Sono tutti importanti, per prendere visione dialcuni finanziamenti, si può consultare il no-stro sito (www.bancaetica.com) cliccando sul-l’icona BancanotE si possono consultare i no-stri bollettini soci che contengono anche tuttii finanziamenti.I fatti dell’11 settembre hanno scosso lecoscienze: il mondo si è messo alla cac-cia dei finanziatori di Bin Laden e del ter-rorismo internazionale. Che garanzie sipossono dare al normale risparmiatoreche si chiede con sempre più insistenza:“chi finanzio con i miei soldi” ?Dall’11 settembre in poi Banca Etica ha avutoin 4 mesi un incremento di lavoro del 20%, ri-peto in soli quattro mesi, questo perché il ri-sparmiatore ha cominciato concretamente adinterrogarsi, e anche a capire cosa significautilizzare il denaro per sostenere e finanziareattività che non sono coerenti rispetto ad unproprio modo di essere e di operare. In parti-colare il coinvolgimento delle banche nel rici-claggio del denaro sporco, nel sostegno all’in-dustria delle armi, rappresentano oramai indi-catori che la società civile non tollera più.Paradossalmente non abbiamo bisogno di far-ci pubblicità, è il nostro modo di operare e diagire che ci avvicina ad un pubblico semprepiù attento ad un corretto utilizzo del propriorisparmio.14.500 dei vostri soci sono persone fisi-che, 2500 sono persone giuridiche: nel-l’elenco ci sono anche sette Regioni, la

prima è stata l’Emilia-Romagna. Puntatepiù sulla sensibilità delle singole personeo su quella delle istituzioni?Le istituzioni rappresentano un interlocutoreimportante per tutti coloro che operano nelsettore della Finanza Etica: infatti sono il na-turale interlocutore per cercare e trovare ri-sposte rispetto ai bisogni dei cittadini. Perquanto ci riguarda il bisogno di Case per fascedeboli, di servizi per famiglie, bambini, anzia-ni e portatori di handicap, sono anche obietti-vi della banca Etica. Per costruire una societàpiù giusta dobbiamo cercare di mettere assie-me tutti i “portatori di Interessi” che operanoa livello locale. In questo senso le Regioni, leProvincie ed i Comuni sono interlocutori im-portanti per Banca Etica. Un coerente utilizzodelle risorse pubbliche affidate agli enti rap-presenta un altro importante aspetto.Quali sono i progetti di Banca Etica per ilfuturo?Banca Etica intende sviluppare una propria re-te di sportelli sul territorio nazionale. È re-cente l’autorizzazione per l’apertura di unosportello a Bologna, entro l’anno partiremocon una società di gestione risparmio che pro-porrà agli investitori esclusivamente fondi eti-ci, stiamo lavorando per lo sviluppo di una so-cietà che propone assicurazioni etiche ed an-che per una fondazione culturale che possadiffondere la cultura per uno sviluppo di unasocietà civile basata sulla centralità dell’uomoe sul rispetto dell’ambiente. Io sono convintoche, se non riusciremo a sviluppare nei pros-simi 10 anni proposte concrete portatrici disviluppo equo e compatibile, la prossima ge-nerazione avrà scarse possibilità di invertire larotta di un’economia ed una finanza che han-no oramai perso un corretto rapporto con il“buonsenso”, ma che ragionano solo con il cri-terio della massimizzazione del profitto. q

LA RIVOLUZIONE DEL PICCOLO CREDITO

“Il credito è un diritto fondamentale come la ca-sa ed il cibo…, la base per mettere gli uomini ele donne in condizioni di affrontare la vita…” co-sì dichiarò Yunus Muhammad fondatore dellabanca dei poveri, la Grameen Bank del Bangla-desh più di 30 anni fa.Una esperienza che si sta estendendo in tutto ilmondo e che in alcune zone del terzo mondo hapermesso l’instaurarsi di economie locali tali dacambiare la vita di migliaia di esseri umani. Se-condo una stima Onu vi sono nel mondo 500 mi-lioni di piccolissime imprese e solo il 2% gode diuna qualche forma di accesso al credito. I vec-chi e i nuovi poveri del mondo restano così invi-sibili ai mercati finanziari e nelle mani di usurai.

In questa e nella pagina precedente due esempi di piccole attività mercantili in Kenia e inBirmania. Il credito d’onore, anche di somme molto modeste, ha consentito lo sviluppo di attivitàartigianali e commerciali alla base del tessuto economico soprattutto nei piccoli villaggi

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T E M P O L I B E R O

rrivarci è un gioco da ragazzi, almenoper chi considera tale gli appena 70 kmche la separano da Bologna. La stazio-

ne sciistica del Corno alle Scale si trova pro-prio sul crinale appenninico in parte compre-so all’interno del parco regionale omonimo e,a circa 2000 metri di altitudine, con i suoi 40chilometri di piste di ogni grado e difficoltàpermette di soddisfare le esigenze di tutti gliappassionati. Pionieri e neofiti dello snow-board compresi, i quali hanno definitivamente

Le mille proposte del Corno alle Scale

di FEDERICO LACCHE

Fioccano le prenotazioni per le settimane bianche di febbraio a premiare le performance della “montagna dei bolognesi”

ricca di nuove proposte e di tanta neve

AA TRA UNA DISCESA E L’ALTRA

Per chi desidera trascorrere una giornata di scoperta turistica del comprensorio le possibilità ini-ziano con Lizzano in Belvedere, capoluogo comunale le cui prime testimonianze documentate

risalgono all’VIII secolo. Accanto all’attuale chiesa di paese conserva un tempietto preromanico cheè probabilmente l’edificio più antico della provincia di Bologna: il Delùbro. Lungo la strada per il Cor-no si incontra Vidiciatico, caratterizzato da angoli caratteristici che ricordano il borgo antico: nellapiazzetta principale resiste ancora l’abside dell’antico edificio di culto, chiamato affettuosamente da-gli abitanti la Cappellina. Poggiolforato è un borgo ben conservato che rappresenta una preziosa te-stimonianza dell’architettura appenninica, con i tetti in lastre di arenaria, dette ‘piagne’, i comignolitondi tipici della valle del Dardagna e le sculture antropomorfe poste fin dall’antichità sulle case ascopo propiziatorio. Qui ha sede il Museo Etnografico ‘Giovanni Carpani’, dedicato alla vita quoti-diana e ai mestieri delle popolazioni di queste montagne. Se Madonna dell’Acero è la località in cuisorge un celebre santuario, costruito nel 1500 sul luogo dove la tradizione vuole che la Madonna ap-parse a due pastorelli, Pianaccio è un caratteristico villaggio incastonato su un piccolo pianoro nel-l’alta valle del Silla, con strette vie che si diramano tra le case in arenaria, sede del Parco Regiona-le del Corno alle Scale e del più grande dei suoi centri visita. Pittoresco e solitario, Monteacuto del-le Alpi si erge in modo quasi irreale – e immutato, dal Medioevo - su una piccola cima, dove un tempoun castello difendeva strategicamente il transito verso la Toscana. Offre una vista suggestiva e moz-zafiato che lo rende simile a Rocca Corneta, località che trae nome e origine dall’antica presenza diuna fortificazione di epoca medioevale di cui oggi rimane solo una maestosa torre arroccata su uncresta montuosa.

invaso anche il nostro Paese disegnando sullepiste traiettorie da sogno e importando nel-l’ambito tradizionalmente ‘snob’ dei discesisti‘classici’ un approccio decisamente più spi-gliato e spettacolare. Un gioco da ragazzi, di-cevamo, soprattutto pensando all’invito che ilCorno alle Scale, in collaborazione con Atc eFS Trenitalia ha lanciato a tutti gli amanti del-la montagna anche con l’iniziativa del Trenodella Neve. Chi cerca un’atmosfera intrigante,‘chiacchierata ed esclusiva’ - come direbberoa St. Moritz, per intenderci - ha naturalmentesbagliato indirizzo, anche se qui l’aria è friz-zante e profumata come quella delle grandi ca-pitali europee dello sci e, almeno per questastagione, ben più generosa di preziosi e desi-derati centimetri di neve. I discesisti e i fondi-sti che hanno scelto il nostro Appennino sono

Per gli sciatoriLo ski-pass giornaliero Corno alle

Scale costa 14,98 euro (feriali) e 21,17

euro (festivi); la formula weekend (2

gg. consecutivi) è a 36,15 euro , quella

di 5 giorni feriali (anche non

consecutivi) a 59,39 euro .

Per quanti desiderano ricevere lezioni

di sci, la Scuola Italiana Sci Corno Alle

Scale - Val Carlina dispone di oltre 20

maestri federali. La scuola (in località

Polla, tel. e fax 0534/53676) organizza

lezioni per principianti, dilettanti e

agonisti. Se non si dispone

dell’attrezzatura da neve, nelle

adiacenze due riforniti noleggi (‘Sky

System’, tel. e fax 0534/53739, e ‘2G’,

tel. e fax 0534/53030) sono in grado di

soddisfare le esigenze di ogni

sciatore.

In auto: si esce al casello di Sasso Marconi del-la A1, seguendo la statale 64 Porrettana fino aSilla e quindi la statale 324 per Lizzano.In treno: i passeggeri del Treno della Neve pos-sono salire e scendere alle stazioni di BolognaCentrale, Borgo Panigale, Casalecchio di Reno,Borgonuovo e Sasso Marconi, effettuando unpercorso abbinato a un servizio bus di andata eritorno per gli impianti di risalita del Corno alleScale. Il treno parte tutte le mattine da BolognaCentrale alle ore 7,06 (arrivo alle ore 9,30) e rien-tra dal Corno alle Scale alle ore 16,50 (arrivo ore19,21). I prezzi dei ticket individuali giornalierivanno dai 12 euro (solo biglietto) ai 23 euro com-prensivi di ski-pass (28 euro domenica e festivi),acquistabili presso le agenzie Emilia Viaggi e laDolce Vita di Croce di Casalecchio.

COME SI RAGGIUNGE

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T E M P O L I B E R O

stati infatti premiati da sole e piste in condi-zioni straordinarie, come pure gli escursioni-sti e i semplici appassionati della montagna e,perché no, delle sue specialità gastronomiche.Archiviate le festività natalizie la stagionebianca al Corno alle Scale prosegue così a pie-no ritmo, proponendo alcune novità. Innanzitutto gestionali, visto che la stazione sciisticaè oggi guidata da una società privata, la ‘Cor-no alla Scale iniziative turistiche spa’, che nonsolo intende occuparsi dello sviluppo dell’inte-ro comprensorio, ma dichiara soprattutto lavolontà di rilanciare - e in tutte le stagioni -l’immagine e il peso turistico della zona. Quin-di di iniziative e strutture come lo snow park,la cui recente apertura nell’area Malghe-Cu-polino è dedicata ai tantissimi e giovani inna-morati della tavola da neve. Si tratta di una pi-sta lunga un centinaio di metri con big jump,quarter, fun box e gap - come i raiders chiama-no in gergo salti, spine, gobbe e curve para-boliche - che va ad aggiungersi a quella ‘gialla’del Cavone completamente riservata dai re-sponsabili della stazione alle evoluzioni acro-batiche del popolo dello snowboard. Le novitànon finiscono qui, poiché dai primi giorni del-l’anno sono state inaugurate anche le due pi-ste per lo sci di fondo delle Malghe, un anellodi circa 4 chilometri che percorre un ampiopianoro in quota, e la pista per principianti al-lestita ancora in località Cavone. Da quest’anno scomparirà il vecchio ski-passstagionale e settimanale di carta, sostituito daun moderno biglietto elettronico, già in usonelle principali stazioni alpine, che consentiràagli sciatori di accorciare le file e avere sem-pre le ‘mani libere’. Ci sarà poi la possibilità dieffettuare l’acquisto dei biglietti presso i nu-merosi esercizi convenzionati presenti neipaesi del comprensorio, mentre si è già antici-pata anche una prossima introduzione di una

comoda scheda ‘a scalare’, sul modello diquella telefonica. Per facilitare ulteriormenteil sistema di acquisto degli ski-pass, all’entratadella stazione in località Cavone gli sciatoritroveranno un casello, una sorta di ‘barriera’tecnologica che consentirà di acquistare i bi-glietti senza uscire dall’auto e proporrà unacorsia preferenziale per i possessori degli sta-gionali. Tutti i biglietti acquisiranno validitàsolo al momento dell’effettivo utilizzo mentrei parcheggi della stazione saranno completa-mente gratuiti. Già, perché una giornata o unasettimana bianca al Corno alle Scale è anchesinonimo di convenienza, come dimostrano leproposte di soggiorno a prezzi particolarmen-te competitivi rivolte a gruppi, scuole e singo-li, comprensivi di soggiorno in hotel, ski-passe lezioni di sci. Come, del resto, lo ski-passgratuito ai ragazzi di età inferiore agli otto an-ni e le particolari agevolazioni per i soggiorniinfrasettimanali e per le famiglie. La prover-biale ospitalità emiliana completa infine l’of-ferta del comprensorio del Corno alle Scale,rendendolo - come affermano da queste parti- una miniera di occasioni da scoprire e gusta-re anche durante la stagione estiva. Ma que-sta, naturalmente, è un’altra storia. q

Dormire e mangiareGenuinità e accoglienza: sono le doti checontraddistinguono l’ospitalità nelcomprensorio del Corno alle Scale. Neiristoranti tipici, nei caldi rifugi di montagna,negli agriturismi immersi nel verde, sipossono gustare le ghiotte occasionigastronomiche tipiche della tradizioneculinaria locale. La tavola di questo territoriorappresenta l’incontro dei sapori di Bolognae Modena, delle specialità dell’Emilia e dellaToscana. Per quanto riguarda la ricettivitàl’area dispone di oltre 30 alberghi (con 1600posti- letto), diversi residence e bed &breakfast ai quali si affianca la possibilità dipernottare negli oltre 9000 posti-lettodisponibili in strutture extra-alberghiere. Glioperatori del Corno alle Scale hannoconfezionato diverse proposte, tra le quali:offerta week-end (2 gg., da venerdì sera adomenica mattina, da sabato sera a lunedìmattina), da 20,75 euro (solo residence) a98,13 euro (mezza pensione in hotel tre stelle+ 2 gg. di skipass) a persona; settimanabianca (6 gg., dalla cena della domenica allaprima colazione del sabato), da 45,25 euro(solo residence - max 4 posti-letto) a 238,60euro (hotel tre stelle + 6 gg. di skipass) apersona; soggiorni brevi (per scuole ogruppi, 1 gratuità ogni 15 persone paganti, 4gg.) a 186,44 euro a persona (3 gg. di mezzapensione in hotel tre stelle, 4 gg. di ski-pass,4 pranzi in quota, 2 ore di lezione di scigiornaliere).info: Iat di Lizzano in Belvedere, tel. e fax 0534/51052, [email protected] di Vidiciatico, tel. e fax 0534/53159,[email protected].

Il Corno alle Scale cambia pelle e si prepara ad affrontare nuove sfi-de turistiche con una nuova proprietà che coinvolge soggetti econo-mici impegnati nel settore sportivo, come Saeco e Giacomelli. Con la recente nascita fra gli operatori locali di un consorzio di com-mercializzazione del prodotto turistico, gli enti pubblici, guidati ecoordinati dall’assessorato al Turismo della Provincia di Bologna,hanno deciso di mettere in campo un progetto speciale di promozioneturistica. Il segno di una rinnovata volontà, in particolare proprio della Pro-vincia, ad impegnarsi non più nella gestione del prodotto turismo,com’era accaduto fino ad oggi, bensì in quello della promozione at-traverso un finanziamento straordinario che per l’anno 2001 ha rag-giunto complessivamente 150 milioni. Il primo tassello di questo pro-getto è stato lo studio e la realizzazione di un nuovo logo (in sostitu-zione del precedente risalente al 1974 e legato esclusivamente al temadella neve), che rappresentasse anche visivamente le tante opportu-

nità turistiche offerte dal comprensorio bolognese. Una pluralità di oc-casioni, che vanno dallo sci, al parco, dallo sport allo svago fino allagastronomia, per la prima volta legate assieme da un unico filo con-duttore: la ricerca e l’offerta del benessere. Il progetto è completato dalla realizzazione di una serie di nuovi de-pliant tematici (prodotti in tre lingue: italiano, inglese e tedesco) de-dicati rispettivamente all’offerta turistica complessiva, al pianeta ne-ve, al parco del Corno alle Scale ed alla mountain bike, con la pub-blicazione di una nuova guida comprendente sette percorsi. Il progettoha permesso anche la realizzazione di un portale internet (www.cor-noallescale.net) in linea dal 24 dicembre scorso e dedicato alle tanteopportunità del comprensorio appenninico. Particolare attenzione èstata posta al settore emergente dell’e-commerce, con la prevista atti-vazione della vendita diretta in rete, ed alla possibilità di ricevere gra-tuitamente una newsletter per conoscere, in tempo reale, tutte le no-vità sul Corno alle Scale. [DANIELE GIACOBAZZI]

LA PROMOZIONE DEI PRODOTTI TURISTICI

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T E R R I T O R I O E A M B I E N T E

icavare energia pulita e alternativa alpetrolio partendo dalle produzioni agri-cole, in particolare da quelle di girasole

e colza. In una parola biodiesel. Dall’estrazio-ne e successiva trasformazione degli oli deisemi di questi due vegetali si ricava un bio-olioche, utilizzato come sostituto del gasolio fos-sile, può rappresentare una valida soluzioneper ridurre le emissioni gassose nocive nel-l’atmosfera.È la sfida a cui si è unita la Provincia di Bolo-gna partecipando ad un progetto della Regio-ne Emilia-Romagna previsto all’interno delprogramma nazionale Probio. Obiettivo del-l’assessorato all’agricoltura sarà quello di stu-diare l’ipotesi di industrializzazione della filie-ra dei biodiesel nel proprio territorio e la di-vulgazione tra i giovani degli istituti tecniciagrari delle possibilità offerte dalle coltivazio-ni a destinazione energetica.Dell’ipotesi biodiesel si comincia a parlare agliinizi degli anni ’90, quando in una situazione disovrabbondanza alimentare a livello europeo,vengono diminuiti i terreni destinati alla pro-duzione alimentare, sperimentandoli per lacoltura energetica di girasoli e colza, con la pa-rallela costruzione dei primi impianti di tra-sformazione industriale. I semi di questi duevegetali contengono infatti quantità di olio su-periori al 40%. Dalla trasformazione di questoolio attraverso un processo detto di esterifica-zione, si ottiene un prodotto che può sostitui-re il gasolio fossile nel riscaldamento di abita-

zioni e serre, e soprattutto nei motori dieselsenza rilevanti modifiche tecniche. Se inizial-mente il biodiesel veniva utilizzato solamentein flotte di autoveicoli privati o pubblici, oggi ègià diventato un’ipotesi reale in Francia, Au-stria e Germania dove lo si può addirittura tro-vare sul mercato non miscelato al gasolio al100%. In Italia invece questa ipotesi non haavuto lo stesso impatto, concretizzarla dipen-de dalla volontà di agricoltori e politici. «Le no-stre condizioni di produzione e di mercato so-no diverse da quelle del Nord Europa - preci-sa il professor Luigi Tannini, docente dieconomia e politiche agrarie alla Facoltà dieconomia e ingegneria agraria dell’Universitàdi Bologna - dove tra l’altro le coltivazioni diquesti vegetali si adattano bene all’ambiente.Attualmente la produzione di olio di colza esemi di girasole non è ancora un’operazioneproduttiva interessante e conveniente per i no-stri produttori agricoli, che hanno alternativedi colture più redditizie. Ovviamente comun-que non basta la produzione di questi mate-riali, occorre anche una volontà politica persostenere lo sviluppo industriale della filieradel biodiesel».Date le sue caratteristiche il biodiesel potreb-be rappresentare una valida alternativa pulitaal petrolio, interessante soprattutto per il suobasso impatto ambientale, come è emerso dal-le numerose esperienze condotte in Europa enegli Stati Uniti. Si tratta infatti di una fonte dienergia vegetale completamente e rapida-mente biodegradabile (al 99,6% dopo 21 gior-ni), totalmente rinnovabile, che permette la ri-duzione delle emissioni gassose responsabili

dell’effetto serra (non aggiungendo anidridecarbonica nell’aria è neutrale sotto il profilodel ciclo del carbonio), che non contribuisceal fenomeno delle piogge acide per il suo bas-sissimo contenuto di zolfo e che in casi di di-spersione accidentale non inquina né suoli néacque. Ecco dunque cinque validi motivi per crederenel futuro del biodiesel. La Provincia in particolare promuoverà unaserie di azioni divulgative e dimostrative, cheprevedono il coinvolgimento degli studentidegli istituti tecnici agrari Scarabelli di Imolae Serpieri di Bologna. I ragazzi sperimente-ranno nei terreni scolastici la coltura di gira-sole e colza per poi arrivare alla produzionedel bio-olio. Una vera e propria sperimenta-zione avverrà presso il CISA M. Neri di Imola:per due anni, per il riscaldamento delle serresi confronteranno il gasolio tradizionale ed ilbiodiesel. A queste prove sul campo sarannoaffiancati studi e pubblicazioni. Il biodiesel dunque potrebbe essere un validostrumento per andare verso una riduzione so-stanziale delle emissioni di gas serra, comeprevisto dal Protocollo di Kyoto. «Partiamo daun presupposto - precisa il Professor Vannini -non ci sono soluzioni miracolistiche che pos-sano risolvere l’attuale allarme ambientale. IlBiodiesel, può però costituire una opzione nelbreve e medio periodo (da qui a 15 anni) perconcorrere a diminuire il problema di impattoambientale, ma non nel lungo periodo, quan-do verranno individuate soluzioni migliori ebeni come la terra verranno destinati princi-palmente alle produzioni alimentari». q

Dal girasole energia pulitadi VERONICA BRIZZI

RR

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T E R R I T O R I O E A M B I E N T E

ambio di organizzazione per acqua e ri-fiuti urbani della provincia, come pre-visto dalla legge regionale Cocchi per

il governo integrato delle risorse idriche e delservizio di gestione dei rifiuti urbani. Con l’istituzione dell’Agenzia d’Ambito Terri-toriale infatti i sindaci dei 60 comuni del terri-torio provinciale hanno dato vita ad un vero eproprio organo di governo e programmazionedi tutti i provvedimenti che riguarderanno lepolitiche e le scelte strutturali di questi dueservizi. «Si tratta di uno strumento di governosovracomunale necessario - conferma l’asses-sore ai lavori pubblici del Comune di ImolaDaniele Montroni - che consente di program-mare le scelte in materia idrica e dei rifiuti.Con l’agenzia vengono scisse le attività di pro-grammazione, di cui ora si occuperà una strut-tura unica con una politica integrata, da quel-le di gestione che restano in mano alle societàche continueranno ad erogare i servizi». Nello specifico l’ente si appresta a governarele acque dal momento della raccolta a quellodella distribuzione e a gestire una parte dei ri-fiuti, in particolare i servizi di raccolta e puli-zia delle strade. In prospettiva dovrà ancheesercitare la funzione di governo anche perquanto riguarda gli appalti e le tariffe. «La par-te più delicata - spiega l’assessore provincialeall’ambiente Forte Clo - è quella riguardantel’acqua. L’agenzia dovrà coniugare risparmio,conservazione della risorsa e rispetto dell’am-

biente». «L’acqua è un bene prezioso», sottoli-nea anche l’assessore Montroni, «Si rendevaquindi necessario coordinare un’azione perarrivare a un utilizzo razionale e diversificatodi questa risorsa, identificandola e utilizzan-dola, da una parte come risorsa pregiata peruso domestico, dall’altra come acqua di se-condo stadio per uso industriale».Dell’ufficio di presidenza faranno parte, insie-me al presidente Prodi, anche i sindaci di Bo-logna e Imola, e i primi cittadini di Vergato, delCastello di Serravalle, di Casalecchio di Reno,

di Borgo Tossignano, di Monzuno e di SalaBolognese. Come revisori dei Conti sono statinominati Massimo Moscatelli per il Comunedi Bologna, Elis Dall’Olio per il Comune diImola e i Comuni del Circondario imolese eIvana Cremonini per gli altri Comuni e la Pro-vincia. Per la sede dell’Agenzia d’Ambito ver-ranno utilizzati provvisoriamente alcuni ufficidi Seabo. I sindaci hanno anche approvato ilbilancio iniziale dell’Agenzia frutto dell’entra-ta di 150 milioni di lire assicurata dalla Regio-ne Emilia-Romagna. [V.B.]

Piano di sviluppo socio-economico sostenibileall’interno del sistemadelle aree protette;accordo con Seabo eBeghelli spa per ridurrel’inquinamentoluminoso e il consumoenergetico,salvaguardando faunae flora, a Monteveglio,nel Parco regionaledell’Abbazia; dieciborse di studio pergiovani laureati che

lavoreranno nei parchiappenninici; interventiper garantire ai disabilil’accessibilità delle areeaffidati ad unacooperativa sociale checoinvolgerà ragazzi conhandicap psichico;ristrutturazione dellacolonia montanamolinellese di Poggio diBadi (Castel di Casio)per destinarla adalbergo per la gioventù.Sono iniziative per

complessivi 1 milione e570 mila euro chel’assessoratoprovinciale all’ambienterealizzerà grazie alcontributo finanziariodella FondazioneCarisbo (1 milione e 54mila euro) e delComune di Molinella(516 mila euro). Nelpresentarli, lo scorsogennaio, GiovanniBersani e FedericoCastellucci -

vicepresidente emembro del consigliod’amministrazione dellaFondazione Carisbo -unitamenteall’assessoreall’ambiente dellaProvincia Forte Clo,hanno sottolineatol’intento comune diattivare una strategianon solo socio-economica nei confrontidel territorio montano.«La montagna va

considerata comeelemento di ricchezzanon solo perchérappresenta il 52% ditutta la provincia - haevidenziato Castelluccima anche perchéspesso sono proprio lescelte sbagliate ‘amonte’ a determinareconseguenzedisastrose a livelloambientale».Da parte sua, il sindacodi Molinella Nadia

Passerini, haevidenziato che ilprogetto diristrutturazione dellavecchia coloniaapporterà benefici nonsolo ai ragazzimolinellesi ma ancheagli albergatori locali,che ospiteranno lefamiglie in visita aibambini e gestirannol’edificio più piccolodella struttura.

[R.M.]

PER LA TUTELA E LA VALORIZZAZIONE DELLA MONTAGNAParchi appenninici: Fondazione Carisbo, Comune di Molinella e Provincia finanziano tre interventi

Una veduta aereadella media vallatadel Reno con MonteSole sullo sfondo(Concessione S.M.A.n. 069 del 24 gennaio 1994)

L’agenzia d’ambito territoriale

CC

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T E R R I T O R I O E A M B I E N T E

siste un profondo legame fra un territo-rio e il corso d’acqua che lo attraversa.Un legame fra la gente che vi abita e il

fiume che vi scorre, che comporta una visionediversa, che ne cambia e condiziona la vita,creando mestieri e usanze specifiche, un lega-me forse difficilmente comprensibile per chinon vive a stretto contatto con il fiume stesso.Per non perdere un patrimonio di storia e cul-tura legato a quella parte del Reno che scorrea valle di Bologna, fino alla confluenza del tor-rente Samoggia, ma anche per realizzare am-pie zone naturalistiche protette, spazi per atti-vità sportive o semplicemente per riposarsinella natura, arriva un progetto voluto dai Co-muni di Castel Maggiore, Argelato, Calderaradi Reno e Sala Bolognese con la collaborazio-ne dell’Autorità di Bacino del Reno e della Pro-vincia di Bologna. Il piano per la valorizzazio-ne ambientale e turistico ricreativa del MedioReno rappresenta il corollario dell’opera dimessa in sicurezza di questo fiume, valoriz-zandone le peculiarità, per conservare quanto

resta, censirlo, segnarlo, rendendo questo pa-trimonio locale fruibile da parte di tutti. Tuttoquesto verrà realizzato grazie al lavoro coor-dinato fra i quattro Comuni che, per attuare ipiani di intervento sul proprio territorio, si av-varranno dei tributi a loro destinati dalla leggeRegionale 17 sulle Attività Estrattive (che pre-vede che chi esegue escavazioni sul territoriodeve pagare un tributo al Comune di apparte-nenza). Alle attività idrauliche e di messa in si-curezza del fiume Reno, che prevedono esca-vazioni, creazioni di argini e casse di espan-sione per ridurne il rischio di esondazioni, siaffiancheranno opere ambientali di riqualificadel fiume e dei centri abitati circostanti. Ver-ranno realizzati accessi alla zona fluviale conla riattivazione dei guadi storici e attraversa-menti pedonali ciclabili ed equestri; aree na-turalistiche protette e didattiche e aree per losport destrutturato; spazi verdi attrezzati perincontri nella natura; programmi scolastici dapresentare alle scuole sul tema del Medio Re-no; il restauro e l’esposizione dei barconi uti-

lizzati una volta per attraversare il fiume; per-corsi ciclabili e pedonali lungo i corsi d’acquaprincipali e di bonifica e parcheggi scambiato-ri auto-bici-cavalli. Il progetto è inserito nei piani delle reti ecolo-giche e dei percorsi ciclabili realizzati rispetti-vamente dagli assessorati all’ambiente e viabi-lità della Provincia che assieme alla UISP, hagià iniziato dei corsi di formazione per “ac-compagnatori turistici” che guideranno le per-sone a cogliere gli aspetti più interessanti esuggestivi di queste zone. Inizierà l’attività di informazione il Comune diCastel Maggiore il prossimo 20 aprile con unamostra allestita presso la Sala di Piazza Amen-dola, che con foto, pannelli, piantine, planime-trie, dipinti e mappe, illustrerà il progetto delMedio Reno. L’iniziativa, che prevede anchel’organizzazione di biciclettate, (domenica 21e 28 aprile, giovedì 2 e domenica 5 maggio)conferenze, visite e incontri sul tema, si con-cluderà il 5 maggio in concomitanza con l’ini-ziativa “Bimbi in bici”. Info: 051.713.017 q

Un fiume tutto

da godereÉ quel tratto del Reno

che scorre a valle di Bologna

EE

Scampagnata lungogli argini del Reno euna vecchia chiavica,solitariatestimonianzadell’antico letto delfiume; ora il Renoscorre a circa 500 m.di distanza.Sopra, un ponte dibarche come cen’erano una volta,raffigurato daAntonio Bugli

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S I C U R E Z Z A

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La paura del criminedi LILIANA FABBRI

al punto di vista sociologico, il fatto cheuna paura si volatilizzi significa che erauna “paura instabile”: la paura per la cri-

minalità fungeva insomma da catalizzatore pertante altre paure, era una sorta di contenitorein cui confluivano tanti altri timori. Prendiamo gli anziani, ad esempio; l’età è in-fatti una “variabile” che influisce in modo mol-to significativo sulla percezione soggettiva del-la paura. La vecchietta bolognese “molto preoccupatache le portino via la pensione” che va a pren-dere alla posta, ha un rischio oggettivo di es-sere scippata molto inferiore di quello di ungiovane che conduce una vita normale in giroper la città. Se indica nella “criminalità” la suaprincipale preoccupazione, la signora - preca-ria di salute, con un reddito basso - concentrala sua paura su un “falso oggetto”, capace di ca-talizzare su di sé un complesso di altre paure. Non a caso, quanto più i soggetti si trovano insituazione di precarietà (economica, sociale,ecc), tanto più sono preda naturale di un sen-timento di paura per il futuro. In momenti co-me questo, in cui la gente non riesce a trovareun linguaggio adeguato per esprimere questepreoccupazioni più complesse, diventa facileattribuire l’origine della propria insicurezza aun tema come la criminalità: un tema che, in-dividuando un responsabile e un’istanza puni-tiva, riesce a “semplificare” la paura. È la logi-ca del capro espiatorio. Senza voler negare

che il rischio criminale nella nostra società èaumentato, possiamo dire che la paura di que-sto rischio, quando si tramuta in panico, è l’ef-fetto di una costruzione più complessa, doveha un ruolo rilevante la crisi della comunica-zione sociale».Cosa si intende oggi quando si parla di si-curezza? Cosa vuole la gente?Il concetto di sicurezza ha molti aspetti, equando si esprime come sicurezza dalla mi-crocriminalità c’è un’estrema banalizzazionedel tema. Le “sicurezze” sono tante: economi-ca, sul lavoro, per lo stato assistenziale, da in-quinamento, da fenomeni ambientali, ecc.Quando parla di sicurezza, tuttavia, la gentepunta l’attenzione prevalentemente sul rischiocriminale; è quindi evidente quello che vuole:maggior ordine nelle strade, maggior pulizia equindi meno vandalismi, minori rischi di re-stare vittima di atti che possano colpire la pro-prietà, la salute, l’integrità fisica.In base alle indagini, pubblicate da “Sole-24 Ore” e “Italia Oggi”, Bologna occupauno degli ultimi posti in graduatoria perquanto riguarda la microcriminalità. Lasituazione è davvero così nera?Effettivamente Bologna si colloca a livelli si-

gnificativi, in ambito nazionale, per questo tipodi criminalità. Detto questo, bisognerebbe capire perché Bo-logna offre significativo spazio a certe formedi inciviltà che si traducono in atti devianti: co-sa che non siamo ancora in grado di fare. Nondarei comunque eccessiva importanza allegraduatorie sulla vivibilità delle città: il rischiodi vittimizzazione, che si basa sul tasso delledenunce, è solo uno di quelli che vengono pre-si in considerazione per valutare la qualità del-la vita in una città.Torniamo all’indagine di “Città sicure”della Regione Emilia-Romagna. Vediamoche l’aumento della preoccupazione perla microcriminalità non va di pari passocon quella per l’immigrazione, che inveceè in diminuzione: è la prima volta, dal1997, che i due fenomeni hanno un an-damento opposto. Significa che l’equazio-ne immigrato uguale potenziale delin-quente non vale più? In effetti si tratta di un dato molto interessan-te, adesso bisogna vedere se si protrarrà neltempo. Le precedenti ricerche su come i cittadini“sentono” gli stranieri evidenziavano elementipreoccupanti, ovvero l’esistenza di forti pre-giudizi nei confronti degli stranieri, tali dacreare un terreno fertile ad una svolta verso at-teggiamenti di ostilità razzistica. Un rischio che, ora, sembra sventato: l’imma-gine dell’immigrato come portatore di insicu-rezza sembra non entrare più nell’immagina-rio collettivo. È presto, però, per dire che lagente fa una distinzione fra fenomeno della cri-minalità e fenomeno dell’immigrazione: biso-gna vedere se questa tendenza verrà confer-mata nei prossimi anni. Potremmo così evita-re un effetto nefasto, perché, se trattiamo glistranieri solo come criminali, finiscono per di-ventare solo dei criminali. In ogni caso, meglioaspettare prima di cantare vittoria. q

Le indagini condotte dopo l’11 settembreda Città Sicure Regione Emilia-Romagna e Medec rivelano che la preoccupazioneper la microcriminalità è in sensibileflessione mentre rimangono ancora alte le preoccupazioni legate alla situazioneeconomica e a quella internazionale. Per capirne di più abbiamo sentitol’opinione di Massimo Pavarini, docente di Diritto Penale all’Università di Bologna

REATI DELPRIMO SEMESTRE 2001

In tutta la provincia di Bologna, nei primi sei me-si del 2001, sono stati denunciati 32.414 reati, il5,1% in più rispetto allo stesso periodo del2000. I reati sono aumentati più nel capoluogo(+6,5%) che nel resto della provincia (+2,3%). Idati mettono in luce un andamento contrastan-te dei diversi reati presi in considerazione: adesempio, sono molto aumentati gli scippi (da209 a 380, pari a +82%), mentre sono calati del25% i furti in appartamento (da 2.334 a 1.758).D

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L E O P I N I O N I

opo i recenti rapporti di “Sole 24ore” e “Italia oggi” che collocanoBologna agli ultimi posti della

graduatoria per quanto riguarda la sicurezza si è aperto un dibattito sucome stiano realmente le cose, in sostanzase questi giudizi rispecchino o meno la situazione reale. Infatti le “statistiche della delittuosità” ci dicono che, dal 1998 al 2000, nellaprovincia di Bologna il numero dei reati è andato progressivamente calando. Nei primi sei mesi del 2001, tuttavia, c’è stato un nuovo incremento, più rilevante nel capoluogo (+6,5%) che nel resto della provincia(+2,3%). È presto, quindi, per dire che la situazione sta migliorando?In ogni caso, di fronte a dati tuttosommato meno allarmanti rispetto a qualche anno fa, la microcriminalitàcontinua ad essere una delle paure principali della gente. Che fare, allora, per aumentare il senso di sicurezza deicittadini? Quale il ruolo della politica e delle istituzioni, per rispondere a queste più che legittime esigenze? Che risultati ci si possono aspettare dalle iniziative messe in campo in diversezone del territorio provinciale?Mai come ora le nazioni, le società, le persone, sono risultate così blindatearrivando ad investire tantissimo nellasicurezza; eppure, mai come ora è stata così elevata la vulnerabilità. Quali le strade da seguire, allora, perun’inversione di tendenza?Per contribuire a rispondere a questicomplessi interrogativi abbiamo messo aconfronto i pareri del capogruppo di An in Consiglio provinciale, Sergio Guidotti,che porta anche la sua esperienza di presidente di un quartiere della città, e di Giovanni De Plato, capogruppo della Margherita a palazzo Malvezzi,nonché psichiatra con lunga esperienzanel campo delle relazioni umane e sociali.

Sergio GuidottiQuando si parla di sicurezza è sempre op-portuno distinguere tra la reale presenza disituazioni di pericolo e la sensazione di insi-curezza che, come elemento assolutamentesoggettivo, può essere determinata da unaserie infinita di variabili. Per il caso specifico di Bologna città, mentrenon credo di poter dire che sia aumentata lasensazione di sicurezza, la mia impressioneè che nel capoluogo si viva più serenamenterispetto a due anni fa; bisogna tuttavia farequalche riflessione attorno a numeri e indi-catori. Bologna ha una caratteristica sua propria, ta-le da renderla diversa da molte delle cittàcon le quali viene statisticamente confronta-ta: su una popolazione residente di poco piùdi 300 mila abitanti vanta una presenza diquasi 100 mila studenti non residenti ed hauna popolazione di transito assai elevata, es-sendo un grande centro fieristico, ferrovia-rio e autostradale. Ora è evidente che il dato statistico che la ri-guarda è parametrato sulla popolazione resi-dente, numericamente assai inferiore rispet-to alla popolazione reale.Sostanzialmente credo che la situazione, an-che grazie alle sinergie messe in campo tragli enti locali e le forze dell’Ordine, stia len-tamente migliorando. Sia sul profilo oggettivo che soprattutto suquello della sensazione stiamo ancora pa-gando il prezzo di molti anni di assoluto di-sinteresse sul tema, se non addirittura di po-litiche sbagliate e controproducenti che, innome di malintesi solidarismi, hanno di fat-to creato nella città di Bologna, e più ancoranel suo hinterland, una condizione di isolafelice solo per quanti accorrevano in questezone certi di una maggiore condizione dipermissivismo.Per fare sentire la gente più sicura quindibisogna invertire nei fatti questa tendenzae, cosa più dif ficile, anche nella fiducia chei cittadini debbono avere verso di tutte le

Giovanni De PlatoQuando leggiamo di queste indagini non ca-piamo mai se si riferiscono a Bologna città oalla provincia. In realtà questi rapporti riela-borano tutti, in diverso modo, gli stessi dati:quelli denunciati dalle forze di polizia nell’in-tera provincia. Allora è meglio risalire alla fon-te, ai dati ufficiali forniti periodicamente dallaRegione Emilia-Romagna in collaborazione ilMinistero dell’Interno. Ed è molto più utile,per capire la situazione, guardare a cosa è suc-cesso dall’inizio degli anni ’90 ad oggi. E’ mol-to più istruttivo ed utile che non soffermarsisulle variazioni annuali o semestrali. Vedremoallora che le cose sono piuttosto articolate eper molti aspetti preoccupanti.Nel medio periodo infatti la realtà risulta piùarticolata. Il numero totale dei reati è sostan-zialmente stabile, ma purtroppo continuanoad aumentare molti reati significativi, come lerapine in banca, i borseggi, i furti nei negozi,le lesioni che creano in buona parte della po-polazione reazioni di allarme, insicurezza e pa-nico. Va aggiunto invece che diminuiscono,come in tutto il paese, gli scippi e, solo negli ul-timi anni, anche i furti in appartamento, tuttireati che creano giustamente molte preoccu-pazioni. E la città dà sempre un contributo de-terminante, anche se progressivamente le dif-ferenze tendono ad attenuarsi.Per quanto riguarda il fenomeno dell’immi-grazione abbiamo invece dei dati più confor-tanti e convergenti tra quelli forniti dalla Re-gione, dalla Provincia e dal Comune di Bolo-gna. E’ vero che i cittadini continuano aconsiderare la sicurezza un problema fonda-mentale, e questo è un dato politico struttura-le di tutte le società sviluppate. Ma è anche ve-ro che i cittadini considerano la situazione mi-gliorata, e soprattutto non attribuiscono piùall’immigrazione la causa della criminalità edell’insicurezza. Un aumento del senso di si-curezza è determinato certamente da unamaggiore familiarità con gli immigrati: più au-menta la conoscenza e la convivenza, più sco-priamo di essere uguali. Il senso di maggior si

La parola alla politicaTra dati e sensazioni legate al tema della sicurezza: opinioni a confronto

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L E O P I N I O N I

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Guidotti

istituzioni, che debbono essere vissute come partnerin questa comune battaglia di vivibilità dell’ambientesociale.La politica deve dare alle Forze dell’Ordine gli stru-menti per bene operare; la Magistratura deve applicarele leggi e garantire la certezza del diritto; gli enti localidebbono, con gli strumenti che sono loro propri, innan-zitutto non creare condizioni che possano aumentare ilpericolo, o la sensazione di pericolo, e poi eventualmen-te attivarsi per migliorare le condizioni esistenti. Un’ipotesi di lavoro potrebbe essere quella di far prece-dere ad ogni intervento, o progetto, o piano, uno studiodi impatto sulla sicurezza, così come da tempo vengonoattuati studi di impatto ambientale a fini ecologici.È certo che l’epoca nostra porta a fronte di un’enormevelocizzazione delle comunicazioni e dei trasporti ancheuna tendenza a rinchiudersi all’interno di “privati cono-sciuti”. Credo che questi due elementi possano essereconsiderati le facce diverse della medesima medaglia;credo anche, come sempre, che questa esperienza nuo-va dell’umanità possa essere risolta in se stessa: saran-no cioè i prodotti della “globalizzazione” a dare risposteai problemi posti dalla globalizzazione stessa.Rimane comunque certo che ognuno per la propria par-te, cittadini od istituzioni, debba tentare di fare quantopossibile per affrontare, nel proprio specifico, i proble-mi della sicurezza. q

De Plato

curezza è forse anche determinato da una sostanziale sta-bilizzazione nel numero complessivo dei reati.Il problema resta comunque serio e le istituzioni hanno unampio spazio di azione. Se parliamo della sicurezza effetti-va è oramai chiaro che la migliore politica è quella di inte-grare il più possibile tutti gli interventi: di controllo, di ma-nutenzione dello spazio pubblico, di animazione, di soste-gno sociale alle persone in difficoltà e altro ancora. Separliamo della percezione di sicurezza è fondamentale au-mentare tutte le iniziative che portano le persone ad in-contrarsi, facilitando una relazione di comunicazione e discambio. È la solitudine, la mancanza di legami sociali, lascarsa conoscenza tra vecchi cittadini e nuovi immigrati, ilnostro più insidioso nemico. Ma è anche la fiducia nelleistituzioni un elemento determinante per migliorare il sen-so di sicurezza dei cittadini, e su questo in Italia abbiamodavvero dei grossi problemi da molti anni.Anche sul piano locale dobbiamo affinare la conoscenzadei problemi per dare risposte sempre meno stereotipate.Occorre migliorare la capacità di lavorare insieme tra i di-versi servizi del Comune e tra questo e le Forze di poliziapresenti sul territorio, concordando programmi interisti-tuzionali finalizzati a garantire la sicurezza di tutti i cittadi-ni, aldilà di ogni provenienza e problematicità psicosocia-le. Come ho già detto, infatti, la strada maestra è quella del-la conoscenza reciproca, della fiducia istituzionale e dellapartecipazione dei cittadini. q

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portici per i portici

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opo gli opportuni scongiuri, av-venturiamoci senza indugio sottole maestose arcate del Portico del-

la Morte che, pur a due passi da piazzaMaggiore e all’angolo dello sfavillante Pa-vaglione, rimane in posizione defilata e a fa-tica percepibile in tutta la sua mole. L’aspetto alquanto tetro, dato dalla scarsaluce che a stento si insinua nella stretta viadei Musei - già vicolo della Morte - quasi in-teramente occupata dal portico, forse il piùlargo della città, non lo rende certo accatti-vante, se non fosse per il pittoresco sciori-nare di libri dell’antica Libreria Nanni cheinvita anche i passanti più frettolosi ad unasosta a caccia di occasioni editoriali.Il lugubre appellativo gli deriva dall’Ospe-dale di Santa Maria della Morte, sorto co-me filiazione del vicino Ospedale della Vita

e destinato ad accogliere i condannati am-malati. Era amministrato dalla Confraterni-ta omonima costituitasi nel 1336 con lo sco-po di prestare assistenza ai carcerati e aicondannati a morte, oltre ad avere il presti-gioso incarico di trasportare e custodire laMadonna di San Luca durante l’annualepellegrinaggio in città. Il primitivo edificio del XIV secolo fu tra-sformato, con l’aggiunta del portico, nel1565 dall’architetto bolognese Antonio Mo-randi, detto il Terribilia, per uniformarlo al-l’adiacente palazzo dell’Archiginnasio ap-pena compiuto. L’insieme dei due lunghi edifici porticati hadato origine al portico più famoso di Bolo-gna: il Pavaglione. Proprio all’angolo tra questo e quello dellaMorte, ancora oggi, si trova quella che eral’antica farmacia dell’ospedale. L’insegna settecentesca in legno dorato,

oggi conservata presso il Museo Davia Bar-gellini, neanche a dirlo, rappresenta unoscheletro armato di falce, accompagnato dadue putti recanti gli emblemi della medici-na; interessante opera attribuita ad ErcoleLelli, abilissimo plasticatore famoso per lestraordinarie riproduzioni anatomiche svol-te per lo Studio bolognese.Con la soppressione della confraternita nel1801, l’Ospedale della Morte fu unito aquello della Vita, trasferitosi in via Riva Re-no dal XVIII secolo con il nome di Opeda-le Maggiore... proprio quello oggi in viaSaffi.L’Ospedale della Morte, opportunamenteadattato nel corso del XIX secolo, ospita orail Museo Civico Archeologico: l’eleganteatrio di ingresso che accoglie i visitatori e ilcortile porticato dove è esposto il lapidario,altro non sono che il vano della chiesa e ilchiostro dell’antico ospedale.

Il portico della morte

di MARTA FORLAI

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livello nazionale: nell’Italia di Zanardelli c’è Giolittiagli Interni. Sul piano locale: dopo la caduta dellagiunta moderata di Dallolio e la nomina di un Com-

missario regio ci si prepara alle nuove amministrative.Il “Quarto Stato”, allora, è in marcia, come ha dipinto Pel-lizza da Volpedo. I socialisti si dividono però in riformisti erivoluzionari. I cattolici non partecipano alla vita politicadello Stato italiano perché “ non expedit”, non è opportu-no che lo facciano, ma cominciano ad organizzarsi sul pia-no locale, anche a Bologna, da quando è arcivescovo ilcard. Domenico Svampa.La loro voce è diffusa dall’Avvenire d’Italia affidato, pro-prio nel 1902, alla direzione di Cesare Algranati (Roccad’Adria) vicino al movimento democratico cristiano di donRomolo Murri. Il pensiero moderato si diffonde in città in-vece dalle pagine de La Gazzetta dell’Emilia già min-ghettiana. I progressisti trovano spazio su Il Resto delCarlino. I socialisti sull’Avanti!Analizziamo allora le cronache di questi giornali (e di qual-che altro) per individuare il riflesso politico dell’assassiniodel Conte Francesco Bonmartini per mano anche di due fi-gli, Tullio e Linda, del prof. Augusto Murri.Il Resto del Carlino del 3-4 settembre annuncia “ Il mi-sterioso assassinio di via Mazzini – Un conte trucidato ederubato”. La vittima è “ il genero dell’illustre professorAugusto Murri” al quale va rispetto per “l ’angoscia nelcuore” e per “il dolore acerbo della figlia” che così ha avu-to anche la prova del marito fedifrago.“Cherchéz la femme” scrive all’inizio anche l’Avvenired’Italia che dal 7 settembre però cambia linea riportandoche “ in città è insistente la voce che il furto sia simulato eche si nasconda un atroce mistero”. La cronaca politica dei primi dieci giorni dal delitto si ac-centra sul VII congresso nazionale socialista che si svolgea Imola e che si conclude con la vittoria della mozioneriformista.Subito dopo però, il 12, ecco la notizia-bomba: “l’avvocatoTullio Murri ha rivelato al padre di avere ucciso lui il Con-te per legittima difesa”.Ha confessato “avendo saputo che persone innocenti pote-vano soffrire per il suo silenzio” (Carlino 12-13) e con “at-to eroico…a scopo di salvare altra persona” (Avanti! 12). No, rintuzza l’Avvenire: è omicida perché “ frequentatoredi compagnie poco promettenti, giocatore sfrenato,sem-

pre alle prese con strozzini”. È inoltre “uno dei noti capi so-cialisti bolognesi”: direttore de La Squilla e consigliereprovinciale, per la lista popolare, dal giugno 1902 , quandoha battuto nientemeno che Giosuè Carducci.Se questo è l’inizio, figuratevi quello che succede poi quan-do è arrestata anche Linda come presunta mandante.Entrambi i figli del professor Augusto sono assassini. E l’il-lustre clinico è uomo politico. Nel ‘ 91 è stato eletto depu-tato per i radicali anche se non è andato in Parlamento “peresuberanza di professori”. Nel ’95 è entrato in Consigliocomunale a Bologna e qui - da positivista, libero pensato-re - ha condotto la campagna contro l’insegnamento dellareligione cattolica nelle scuole. In quell’occasione ha pronunciato una frase che ora i cat-tolici gli ritorcono contro: “L’amplesso dello Stato colla re-ligione non dà che figli mostruosi”.L’Avvenire si scatena. Ci troviamo, scrive, di fronte a “sen-timenti depravati, a passioni schifose…che non si arrive-rebbe a comprendere se non si sapesse a che può giunge-re l’uomo quando viene educato senza alcun sentimento re-ligioso” (16 settembre). Ecco dove si arriva quando nellecase manca “ il piccolo libro del catechismo” (fondo del 19).Il Resto del Carlino non nasconde “La Bestia umana”(fondo del 18-19) ma avanza anche il sospetto che la cam-pagna antimurriana sia pure frutto dell’“odio verso perso-ne e verso partiti, per non reconditi fini elettorali”: perse-guiti dall’Avvenire, “giornale pornografico” che raccoglieanche “voci obbrobriose” (rapporti incestuosi fra Linda eTullio) filtrate dalle “sacrestie che la vedova Bonmartini,da buona devota, frequentava” (Avanti del 16).Linda, infatti, battezzata, comunicata, ha visitato più volteil Palazzo dell’Arcivescovo e nello Studio di Sua Eminenzaha firmato, nel marzo - dopo un periodo di forti dissaporiconiugali - la “riconciliazione” col marito, con clausole da“separati in casa”. Il card. Svampa convoca il direttore Algranati (è lo stessogiornale cattolico del 15 settembre a riferirlo) per mo-strargli una lettera con la quale Linda si duole per la “cam-pagna”. Il direttore mostra al Presule gli elementi in suopossesso e il Cardinale “rimane senza parole”. Certo è che l’Avvenire è informatissimo. Chi gli dà le sof-fiate? L’on. Aguglia fa un’interrogazione e la Gazzetta (del19) denuncia che: “l’istruttoria è prima…sui giornali chenon registrata negli atti di cancelleria”, evento “nuovo ne-gli annali della stampa”.

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L’aspetto politico del delitto Murri di CLAUDIO SANTINI

Sesso, perversioni, sangue. Ma anche politica in uno dei processi più famosi di Bologna. Il Delitto Murri, cent’anni fa, svelò gli aspetti torbidi

di un certo mondo apparentemente per bene, ma fu anche il primo esempio, nel Novecento, di uso politico, attraverso la stampa, di un’inchiesta giudiziaria

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C O M E E R A V A M O

Il famoso clinicoAugusto Murri,suocero del conteFrancescoBonmartini

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C O M E E R A V A M O

Il 20 settembre Tullio Murri è arrestato ad Ala di Trento. “Largo alla Giustizia” auspica il Carlino nel fondo del 29-30 che esprime questa linea: “Fin qui il processo è stato ini-ziato, proseguito , impinzato, per così dire, dal pubbli-co…ora è sperabile che la giustizia, essa sola, proceda ver-so la luce…”. Sì, ma “ Povera giustizia” - fa eco l’Avvenire- quando c’è una stampa “che si presta, scientemente o no,al gioco dei colpevoli e dei loro manutengoli” (21).Ormai fra i giornali è vera guerra politica con i lettorischierati sotto le insegne delle testate per confrontarsi nonsolo sull’innocenza o la colpevolezza degli imputati, ma sututti i principali temi del dibattito politico. A cominciare daquello sul divorzio che i progressisti fanno spuntare dallavicenda “come da un letamaio un fiore maligno” (Avveni-re 1 ottobre).In questo clima (che porterà alla legittima suspicione suBologna) si annunciano, per dicembre, le elezioni ammi-nistrative che i moderati cercano di affrontare con l’aiutodei cattolici nella comune “lotta della civiltà contro la bar-baria”. “Immaginate quello che diventerebbe la nostracittà se questi energumeni (i progressisti che, nell’ambitodella vicenda Murri, hanno marciato contro la redazionedell’Avvenire ndr) arrivassero al impossessarsi del Co-mune” (Avvenire 11 dicembre).Le “palle infuocate” della campagna conservatrice sonocontro i “murriani” che si schierano contro la religione cat-tolica nelle scuole, sostengono che il divorzio avrebbe evi-tato il delitto di Bologna, sono “satanisti e i massoni”.All’unione dei cattolici e dei moderati si contrappone l’U-nione dei partiti popolari che rievoca anche i delitti di piùPontefici per avversare l’assunto cattolico: “voi (progres-sisti) non avete religione, quindi siete immorali e delin-quenti” (Il Socialismo 10 ottobre).Il Carlino del 10-11 dicembre bolla l’ignobile “strategiapolitica” fondata sull’impegno: “Farai…ripetuti bagni…nelsangue d’un povero morto e tenterai di spruzzarne ad-dosso ai tuoi avversari…”.La Gazzetta del 7 dicembre fornisce un’interessante let-tura di quanto sta accadendo. La decisa posizione ideolo-gica di alcuni coinvolti nell’inchiesta sull’omicidio ha fattosì che “la politica si impadronisse del delitto”. E attorno aquesto caso si è creato un “logico e naturale assetto” dellediverse tendenze “per il bene o per il male”.Domenica 14 dicembre le urne raccolgono le schede e ilsuccessivo spoglio consacra una netta vittoria dei popola-ri che, pochi giorni dopo, portano a sindaco il repubblica-no e massone Enrico Golinelli.È “la vittoria del popolo” commenta il Carlino che pubbli-ca anche una lirica di Giuseppe Martinozzi che ha per ti-tolo “15 dicembre” (una nuova data storica di Bologna do-po l’8 Agosto).“È la più bella vittoria democratica dell’an-no” commenta l’Avanti! ( 17 dicembre).“I cattolici - si consola l’Avvenire - “hanno l’orgoglio di es-sere scesi in lizza compatti”. Poi - non demordendo dallalinea assunta - la vittoria dei progressisti è opera di Giolit-ti che ha imposto a tutti i dipendenti di Stato di votare perl’Unione. Perché? Perché il Governo ha voluto a Bologna “il trionfo dei par-titi popolari” anche per “il futuro salvataggio dei complicie forse anche degli assassini del conte Bonmartini” (17 di-cembre). q(1- continua)

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MURRI-BONMARTINI IL CASO IN BREVE19022 settembreIl cattivo odore che esce dall’appartamento delconte Francesco Bonmartini (la moglie, LindaMurri, è a Venezia, coi figli, per i bagni) faentrare la polizia. Il padrone di casa è statoucciso a pugnalate. Champagne, mutandina nel letto, gioielli spariti, lettera d’amore nelportafogli, fa pensare alla tragica conclusione di una rapina durante un convegno galante.4 settembreSi scopre che Carlo Secchi - spasimante di Linda prima del matrimonio e amante di leidopo il fallimento del rapporto coniugale con Bonmartini - abita, con falso nome, in unappartamento della stessa casa di Via Mazzini,39 (oggi Strada Maggiore, 39).11 settembreAugusto Murri dichiara al magistrato che il figlioTullio, all’estero, gli ha confessato di esserestato omicida per legittima difesa. Ha ritortocontro Bonmartini il coltello col quale lui l’avevaferito. È accaduto, durante un a faccia a facciasul perché il Conte facesse soffrire Linda con la sua condotta libertina e prepotente.12 settembreÈ arrestata Rosa Bonetti guardarobiera diBonmartini, in possesso delle chiavi di casa.È “schiava d’amore” di Tullio e per questo l’halasciato entrare. Il giovane Murri è stato purenotato con Pio Naldi, col quale, in un caffè, ha pronunciato “strani discorsi”.13 settembreNaldi si presenta al giudice e dice di essersiintrodotto con Tullio in casa Bonmartini solo per distogliere l’amico dal proposito di affrontareil Conte. Non essendoci riuscito, se n’eraandato, partendo per Genova.14 settembreÈ arrestata Linda Murri con l’accusa di essere la mandante dell’assassinio del marito per viveretranquillamente il rapporto con l’amante CarloSecchi21 settembreTullio Murri è catturato ad Ala di Trento.190325 giugnoÈ arrestato anche Carlo Secchi. Ha mostrato a Tullio e a Linda gli effetti del curaro su unanello. Era partecipe dunque - per l’accusa - del piano di soppressione del Conte progettata,inizialmente, con l’uso di un veleno.190521 febbraioAvvio del processo a Torino, dopo ladichiarazione di legittimo sospetto su Bologna.L’accusa sostiene che c’è stata lapremeditazione di un piano di morte, studiatoanche con la messa in scena della finta rapina.La difesa che solo Tullio ha ritorto il coltello col quale era stato aggredito.12 agostoSentenza: Tullio Murri (omicida solo per nonveder più soffrire la sorella) 30 anni, Pio Naldi(con Tullio, nonostante l’alibi, perché la vittima è stata colpita da più persone) 30 anni, CarloSecchi (partecipe ma in una fase non ancoraattuattiva) e Linda Murri (correa, ma mandante e decisiva per il fatto) 10 anni, Rosa Bonetti(favoreggiatrice) 7 anni e 6 mesi

Sopra, Tullio Murri all’epoca deldelitto e Linda Murri con il conteFrancesco Bonmartini all’epocadel fidanzamento

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a rassegna “Invito in Provincia”, realiz-zata dall’assessorato alla Cultura dellaProvincia di Bologna in collaborazione

con i Comuni del territorio, è stata l’occasioneper definire e attivare importanti collaborazio-ni legate anche alle proposte teatrali. È cosìnata la rete di “Sipario in Provincia”: 21 teatriche, anche grazie al prezioso contributo dellaFondazione del Monte di Bologna e Ravenna,hanno cominciato a collaborare stabilendostrategie comuni. La rete ha permesso ai singoli teatri di diffe-renziare le diverse proposte con l’intento dicaratterizzare le proprie programmazioni inbase alle diverse vocazioni, evitando le inutilisovrapposizioni.La rete teatrale di Sipario presenta program-mazioni legate a scelte gestionali molto diver-sificate. Sono presenti sia i teatri municipaligestiti direttamente dai singoli Comuni (SanGiovanni in Persiceto, Budrio, Sant’Agata,Imola, Crevalcore, Porretta Terme), sia le pro-grammazioni legate a singole compagnie inconvenzione con gli Enti Locali (Teatro Even-to a Casalecchio di Reno, Cà Rossa a Pianoroe Monterenzio, Terza Decade a Molinella, Ro-sa Spina a Minerbio, Cantharide a Zola Predo-sa, Gino Paccagnella a Sasso Marconi, Da-daumpa a Vergato, Teatro dell’Argine a SanLazzaro di Savena), sia teatri a gestione mista(Teatro Reon e Comune di Calderara di Re-no), sia teatri privati sostenuti da contributi

pubblici (Teatro delle Ariette a Castello di Ser-ravalle), sia, infine, festival teatrali nati dallacollaborazione fra più Comuni (Tracce Dire-zione Artistica Federico Toni, Comuni coin-volti San Pietro in Casale, Argelato, CastelloD’Argile, Pieve di Cento).La differenza anche nelle metodologie gestio-nali di questi teatri rappresenta la vera ric-chezza e risorsa della rete di “Sipario in Pro-vincia”.Inoltre non va dimenticato il rapporto che “Si-pario in Provincia” ha saputo attivare, da un la-to, sostenendo l’attività di alcuni teatri e com-pagnie che a nostro giudizio rappresentano unpatrimonio importante per la loro professio-nalità e per il posto che occupano nella storiateatrale bolognese, gruppi storici come le Mo-

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line, il Teatro Ridotto, e nuove compagnie co-me Dei Calci Teatro, Gruppo Elettrogeno, Zim-mer Frei, Amorevole Compagnia Pneumatica,hanno trovato nel sistema economico di “Sipa-rio in Provincia” un riconoscimento al loro la-voro e alle loro proposte artistiche; dall’altro larete continua a sostenere l’attività di ricerca edi sperimentazione didattica sia del D.A.M.S,attraverso la stagione teatrale della Soffitta, siasostenendo alcune produzioni di due fra le piùinteressanti compagnie del nostro territorio,Laminarie e Teatro Clandestino.Le collaborazioni permettono di presentareprogetti di promozione teatrale come la RingCard, la card che dà diritto a sconti significati-vi e trasporti agevolati ai cittadini che inten-dano seguire le programmazioni di alcuni tea-

Teatri in retedi MARCO TAMARRI

Sono ventuno quelli di “Sipario in Provincia”. Una ricca offertaculturale nata da una nuova forma di imprenditoria pubblica e privata

LL

S I P A R I O

Sopra, lo spettacolo“Agenda Seattle –Lo Spazio pubblicodopo Genova e NewYork” e Matteo Belliin “Ora X: infernodi Dante” dellarassegna teatralePorretta Terme2002. A fianco, laformazione yiddish“Dire Gelt”interprete dellamusica klezmer

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tri di “Confine” come La Casa delle Culture edei Teatri gestita dal Teatro Ridotto a BorgoPanigale, la rassegna Infrazioni di TeatroEvento a Casalecchio di Reno, la stagione delReon, Risvegli di Confine, a Calderara di Renoe la stagione realizzata dalla compagnia delteatro dell’Argine all’ITC di San Lazzaro di Sa-vena. Infine, grazie ad “Invito in Provincia” e

alla programmazione della rete di “Sipario inProvincia”, sarà possibile continuare la colla-borazione con Xing, associazione culturale frale più attive e impegnate nella presentazionedei nuovi linguaggi artistici fortemente con-nessi alle nuove tecnologie.L’attività di promozione e sostegno economicoal sistema teatrale potrà trovare un ulteriore

lancio grazie a nuove strategie comunicativeche si potranno attivare già a partire dallaprossima stagione. In particolare si pensa dipubblicare e diffondere una guida al sistemateatrale, seguita da manifesti-lancio ad iniziostagione e ulteriori uscite mensili di manifestie inserzioni pubblicitarie sui quotidiani a dif-fusione locale. Definizione di campagne promozionali parti-colarmente rivolte ai giovani, con forti scontia tutti i cittadini residenti e domiciliati nel ca-poluogo e nei comuni del territorio provincia-le di età compresa fra i 16 e 20 anni. A ciò si ag-giungono campagne promozionali per coloroche hanno compiuto il sessantesimo annod’età. Campagne per incrementare la fruizio-ne culturale, e nello stesso tempo l’uso del tra-sporto pubblico, in base ad un accordo conl’ATC. Infine la pubblicazione di una newslet-ter e la realizzazione di un sito internet, conl’obiettivo di creare da un lato uno strumentoinformativo di approfondimento sui luoghi edeventi del panorama teatrale, dall’altro la pos-sibilità di collegarsi ai siti dei teatri e delle as-sociazioni aderenti al sistema. Per conoscere meglio l’insieme delle proposteteatrali, l’orientamento delle singole compagniee rassegne si può consultare la guida “Sipario inProvincia” con l’intera programmazione per il2002 presso la sede degli Urp, oppure il sitohttp://www.provincia.bologna.it/home/inizcul-turali.html. q

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S I P A R I O

UN PREMIO PER “INVITO IN PROVINCIA”

Invito in Provincia”, la rassegna promossa dall’assessorato provin-ciale alla cultura in collaborazione con i Comuni bolognesi, ha vinto

il premio nazionale “Cultura di gestione” - per l’area “politiche di valo-rizzazione del territorio” - promosso da Federculture con il patrociniodel ministero per i Beni e le attività culturali, del dipartimento della fun-zione pubblica della Presidenza del Consiglio, della Conferenza del-le Regioni, dell’Unione delle Province italiane (Upi) e dell’Associazio-ne nazionale dei Comuni italiani (Anci).“Invito in Provincia” l’ha spuntata su 83 progetti complessivamenteiscritti al premio da tutta Italia con questa motivazione: “Il progetto, na-to dalla stretta collaborazione tra 60 Comuni della provincia di Bolo-gna aventi come risorsa un unico budget (composto da fondi provin-ciali e da sponsor pubblici e privati), ha sviluppato una formula inno-vativa e razionale di gestione degli eventi culturali, riconducibili adambiti espressivi differenziati (musica, cinema, teatro, arte e tradizio-ni).L’iniziativa ha favorito la valorizzazione del patrimonio architettonico,artistico e monumentale”.

Sopra, da sinistra,una scena da“Hruodlandus” dellarassegna Tracce diTeatro d’Autore eRoberto Hrliztka eClaudio Di Palma in“Lighea o i Silenzidella Memoria”

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S I P A R I O

idendo castigat mores” (condanna i co-stumi con il riso). Così recitava il fron-tone della “baracca” dei burattini con la

quale il bolognese Augusto Galli girava dipiazza in piazza con i suoi spettacoli. «E que-sto motto - come nota Vittorio Zanella, diret-tore del Museo dei Burattini di Budrio - è unasintesi del carattere del teatro dei burattini.Mentre la marionetta è costruita ad imitazionedell’uomo e questa sua aderenza non lascia ilnecessario spazio per la satira, il burattino,con la sua testa enorme su di un corpo spro-porzionato, opera una dissacrazione della na-tura umana, enfatizzandone vizi e virtù, in unasorta di specchio deformante». La storia diVittorio Zanella è plasmata da una intensa pas-sione sbocciata per caso assistendo ad unospettacolo di burattini e riconoscendovi di-stintamente la propria strada. Zanella è oggiun affermato burattinaio, marionettista e om-brista, conosciuto e apprezzato da bambini egenitori in Italia e all’estero. Insieme alla mo-glie Rita Pasqualini, anche lei burattinaia, sidedica con fervore ad una sperimentazioneche fa della tradizione il proprio punto di par-tenza. «Nel 1982 ho fondato a Castenaso ilTeatrino dell’Es - racconta Zanella - l’Es indical’inconscio, la fantasia e i desideri: attraversogli spettacoli dei burattini cerchiamo di edu-care i bambini a realizzare i propri sogni e adesorcizzare le proprie paure». La compagnia,spesso in giro per il mondo è impegnata anchenella costruzione e nel restauro di burattini enella realizzazione di laboratori didattici. Datre anni, inoltre, il Teatrino dell’Es sta curan-do per conto dell’Asl Bologna nord un corsoche permetterà ad alcune persone, seguite dalservizio di igiene mentale, di conseguire il di-ploma di burattinaio.L’amore per l’universo del teatro d’animazione

ha spinto Zanella a dedicarsi attivamente an-che al recupero e alla valorizzazione di un pa-trimonio storico profondamente radicato nellacultura del nostro paese. In vent’anni di ricer-ca, acquisizione e catalogazione di burattini,marionette, pupi, scenografie e teatrini gio-cattolo, i coniugi Zanella-Pasqualini sonoapprodati ad una collezione che, con isuoi 18.000 esemplari e 33.000 docu-menti è fra le più importanti del mondo.In particolare spiccano l’Amleto, mario-netta del 1667, appartenuta a Pietro Reso-niero e il Carlo Magno Imperatore di Date-lin risalente al 1570. La grande tradizione italiana si dispiega at-traverso i numerosi esemplari di AugustoGalli, i raffinati burattini di Emilio Frabboni,le marionette ottocentesche dei Colla, i pupisiciliani del ‘900 e i lasciti delle grandi dina-stie come i Preti Pederzani o i Rimini Cam-pogalliani. Questa ricca collezione ha trova-to uno spazio espositivo nella Casina del ‘400a Budrio, dove nel 2000 è sorto il Museo deiBurattini. «Nella Casina del ‘400 possono essere espostifino a 200 pezzi - spiega Zanella - ma quandosiamo invitati a partecipare alle mostre cer-chiamo di presentare l’intera collezione, comeè avvenuto recentemente a Tolosa, dove sia-mo stati chiamati quali rappresentanti per l’I-talia dall’Unima, l’associazione che riuniscetutti i burattinai del mondo. Il mio sogno - prosegue Zanella - è quello difondare un’università della marionetta comene esistono a Charleville-Mezieres, Praga eBarcellona, perché il museo conserva quasitutto il materiale storiografico e librario sullefamiglie di burattinai, marionettisti e pupariitaliani». Il museo dei burattini sorge di fiancoal Teatro Consorziale dove da 15 anni la cop-pia cura la direzione artistica di “Burattinandoa Budrio”, che negli ultimi anni, si è estesa an-che ad altri comuni dando vita a “Burattinan-

do in Provincia”. «Mentre la marionetta es-sendo mossa dall’alto è costretta a sottostarealla legge di gravità - dice ancora Zanella - il bu-rattino è un’idea, un’estensione del burattinaioche, come un attore timido, la anima». E l’ani-ma, insieme alle idee, alla fantasia e alla ma-nualità, Vittorio Zanella la mette al servizio diquesto mestiere dal sapore antico, rinnovandol’antica tradizione. Info: tel. 051.60.53.078, cell. 338.2961.206. Fino a marzo è possibile vedere duemarionette antiche alla mostra sullacatalogazione in corso alla Pinacoteca di Bologna. Fra i prossimi appuntamenti del Teatrino dell’Es segnaliamo “Burattini a strisce ovvero ‘Riga, Rigone e Righetto’”, in programma al Circolo Arci di San Lazzaroil 23 marzo alle ore 10.30 e lo spettacolo “La fiaba di Linda e Polverone, ovverodell’acqua e del sapone” nell’ambito del programma per le scuole del TeatroConsorziale di Budrio, il 2-3-6 maggio 2002.

Attori dalla testa di legnodi BARBARA TUCCI

RR

Tra innovazione e tradizione continua la meravigliosa vita dei burattini.

Ce ne parla Vittorio Zanella collezionista e burattinaio

La coppia di burattinai VittorioZanella e Rita Pasqualini. Sopra,un teatrino in miniaturaappartenuto a Vittorio Emanuele IIe il burattino “Florindo” del 1952. A lato, la marionetta di Gianduja,l’allegro contadino piemontese

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ntensa l’attività della Galleria d’ArteModerna impegnata in più di un allesti-mento. Tra questi ecco quelli di parti-

colare rilievo. Presso la Galleria in piazzadelle Costituzione fino al 1 aprile 2002, lamostra Giuseppe Ziganina. Disegni e in-cisioni 1947-2001 a cura di MichaelSemff e Peter Weiermair (catalogo Marsi-lio) realizzata in collaborazione con la Staa-tliche Sammlung di Monaco. Dell’artistafriulano sono stati qui raccolti alcuni esempidi quella produzione grafica (disegni ed in-cisioni realizzati in un arco di più di cin-quant’anni) forse quasi sconosciuta allamaggior parte del pubblico. Eppure che im-patto quelle immagini nelle quali si compe-netrano un tratto scavato come un’incisioneed uno sfumato soffuso come un acquarello.Quei flash improvvisi di sprazzi cromatici incampiture distese di ocra e seppia, in accen-sioni di rossi e gialli e verdi graffitici, in blutimorosi. Microscopie necrotiche, zoomma-te impudiche, violenti anatomismi… Attenzione, nulla è di troppo. Nulla è troppoforte in queste pagine, potenti. Di dramma-tica, studiata potenza. Sempre in questi spa-zi è da ricordare anche la mostra curata da

Dede Auregli e Peter Weiermair, Materiad’arte. Opere degli ultimi decenni dellacollezione della Gam. Un esempio di come sia possibile trasfor-mare quelle che troppo spesso sono opere ‘adeposito’ obliate e nascoste al pubblico,quindi come morte, in una visitazione, sa-piente e di grande effetto, di momenti e temidell’arte. Guidati dalla linea conduttrice del-la mostra - l’indagine sui risultati creativi piùrecenti improntati all’uso di materiali incon-sueti ed alternativi - il secondo piano dellagalleria si trasforma in un ‘itinerario dellamateria’ attraverso, tra gli altri, i polimateri-ci di Mario Nanni, le plastiche di Cesar edArman, i vetri Cragg, le diverse paste pitto-riche di Longobardi, Scully, Boltanski; op-pure i materiali poveri di Merz, artificiali diGilardi, naturali di Ceroli, Zorio e D’Agosti-no. Passando a Villa delle Rose fino al 31marzo Officina America, (promossa dalleProvince di Bologna e Rimini e dai Comunidi Bologna, Cesena, Imola e Rimini). Quellabolognese è la prima delle quattro tappe inEmilia Romagna (Imola, Cesena e Rimini lealtre) guidate dal curatore Renato Barilli perquesta terza edizione di un appuntamento

che, a scadenza biennale, si propone ai visi-tatori come momento di riflessione ed inda-gine, ma anche di godimento artistico. DopoOfficina Italia (1997) ed Officina Europa(1999), Officina America è dedicata alle ulti-me ricerche espressive del Nord America inuna scelta tematico-espositiva fatta da lungotempo che si è rivestita di ulteriori significa-ti dopo l’autunno scorso. Presso il Museod’arte contemporanea G. Bargellini a Pievedi Cento fino al 24 marzo, è allestita la mo-stra En plein air, dopo Duchamp curatada Valerio Dehò e promossa dall’Assessora-to alla cultura di Bologna e dal Museo stes-so, col contributo della Fondazione dellaCassa di Risparmio di Bologna. Otto gli arti-sti presenti (Pirro Cuniberti, Nanni Men-netti, Nino Migliori, Mario Nanni, GrazianoPompili, Concetto Pozzati, Bruno Raspanti eGermano Sartelli), per un viaggio attraversoi modi di percepire la natura. Scrive il cura-tore: “Tutto diventa tremulo, sicuro e insta-bile, probabilistico e certo nella sua ideter-minatezza. Il secolo di Heisemberg e di Du-champ rende eterno l’effimero, assoluto ilprovvisorio. Così è stato ed è chiaro che l’enplein air panteista va in pensione”.Per finire: Mostre a castello: l’artista allavoro, la rassegna del 2002 che proseguequella dello scorso anno di cui Portici si eragià occupata. Medesimi gli intenti: quello dipresentare il lavoro di artisti che “davverolavorano creando” afferma il curatore Bru-no D’Amore, “che mai danno l’impressionedi risultati evanescenti sorti per caso o sul-l’onda di mode; scelgo artisti che invece det-tano le mode”. Ecco il calendario: Giovanni Campus (2 febbraio-3 marzo),Walter Valentini (4 maggio-2 giugno), Giuliano Giuman (7 settembre-6 ottobre) eFernando De Filippi (9 novembre-8 dicembre)

[A CURA DI LORENZA MIRETTI]

Guardandosi attorno

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mostre A sinistra, di Barnaly Furnas“Picketts Push, 2001”. Al centro, di Giuseppe Zigaina“Mio padre come anatomia n.2” 1975 e, a destra, di MarioNanni “Geografiedell’attenzione” 1971

Di EllenBerkenblit,“Buzz” 2001 e “Paesaggiinanimati”diNinoMigliori

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ologna, nell’immaginazione di coloro che bologne-si non sono, viene vista come una città della pianu-ra, cioè priva di montagne, piatta, mentre, in realtà,

essa è una città pedecollinare: le colline essendo legatecon il resto del centro urbano come un luogo della salute,dell’aria buona (o bella), che ha dato gli spazi alle molte vil-le liberty o neoclassiche, diventate cliniche dapprima pri-vate, quindi pubbliche, almeno per buona parte. Le colli-ne, dunque, sono un preciso spazio urbano che noi pos-siamo frequentare come un qualsiasi altro spazioriconoscibile dalla città, magari vivendolo come un’espe-rienza personale, un vero e proprio diario del vissuto,quando ne capiti l’occasione.Ore sei del mattino. L’infermiera, che ha fatto la nottecome tutte le notti, porta un grembiule verde bandiera chesi vede anche nel buio. E porta le prime pillole. È l’iniziodi una giornata, lavorativa a modo suo, perché lavorativanon è per i pazienti, invitati ad attendere ore per fare quel-le cose che le cure intraprese suggeriscono.Un secondo evento, generalmente, avviene due ore dopola sveglia, quando si comincia con il caffè latte, orzo, bi-scotti, the, latte: e il rinnovo delle medicazioni, se servono.Ore dieci. La vestaglia damascata. Nel corridoio per le ca-

mere a due letti passa lentamente, appoggiandosi ai ba-stoni, una anziana signora con vestaglia di damasco ar-gentato, muovendo le gambe e i piedi, che ora pesanoquintali, per riconquistare un’abitudine creata man manoda bambini, quando, gattoni, s’è imparato pian piano acamminare, a trovare i giusti punti di equilibrio: abitudineinterrotta sui settant’anni quando una semplice caduta hacreato un trauma, rotto un ginocchio o una caviglia e nonsi sa più camminare. Naturalmente, non si sa quale sia ilceto sociale della signora, perché in queste condizioni didegenza non si sa mai quale sia lo stato degli altri ospiti,anche se si capisce che i familiari hanno cercato qualcheindumento nuovo, da mostrare senza troppa vergogna. In-fatti pare che qui, di fronte al pericolo supremo della mor-te siamo tutti uguali, l’entità del proprio male essendo lamisura reale di ogni nostra azione. È soltanto con qualchesforzo che alla fine si riesce a ristabilire con fatica la con-dizione del vicino di letto, del quale sono ormai note defi-cienze fisiche gravissime, che non si sono potute nascon-dere. E solo quelle contano, più ancora che uno sia stato(o sia) nella vita borghese, un avvocato o un manovale. Lostato sociale cioè, è mutato, suggerendo altri valori, se-condo la gravità del male, il vero discrimine.Poi, forse, una volta usciti dalla clinica, non ci si vedrà maipiù. Una parte violata del “privato” ritornerà nell’ombra.Ore undici. I frullati. Se il cibo viene frullato, pare im-

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Diario di un paziente nelle colline della salute

di RENZO RENZI

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L A C I T T À S E N T I M E N T A L E

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L A C I T T À S E N T I M E N T A L E

possibile, ma cambia il suo sapore. In peggio. Sapore difrullato. Lo si scopre in ospedale. E poi: è tutto gratis. Me-no male. La sanità pubblica deve restare. Fa digerire beneanche i frullati.Ore quattordici. La palestra e la filippina. L’edificio checi ospita è su tre piani, collegati da ascensori, usati da unafilippina allegra, loquace, che trascina i pazienti in carroz-zella, spostandoli dalle varie camerate alla “palestra”, co-me è scritto nella vetrata del pianterreno. Là sono i fisio-terapisti, i giovani maestri, pronti a torcere i muscoli dellegambe, della schiena, delle braccia, per ritrovare l’equili-brio e i movimenti che sembravano dimenticati. I giovanimaestri, assai bravi, sono appunto giovani e perciò fanno illoro mestiere, maneggiando attrezzi e parlando d’altro,specialmente di pranzi e cene il sabato e la domenica sera,ma anche il mercoledì e il giovedì. Sanno tutto, natural-

mente, dei tortellini o dei passatelli della tale o tal altra lo-canda. Gli anziani, che debbono riallungare i muscoli, so-no palle di gomma da ritrovare nella loro perduta elasti-cità. Essi ascoltano in silenzio, mentre i giovani maestri,fanno di tutto per ridonare loro la flessibilità perduta. L’at-mosfera è quella degli affreschi pompeiani, ai quali sia sta-ta sottratta una condizione di armonia: dove l’armonia di-venta una meta da raggiungere faticosamente. Quindi la fi-lippina ritornerà in servizio facendo scorrere le ruotedelle carrozzelle davanti agli ingressi degli ascensori: la fi-lippina che ha preso la vita come si conviene: e riesce per-sino ad aggiungervi della gioia.Ore diciassette. La barese giuliva. Passano ore, tra unamedicazione e l’altra, “Se non ci fosse bisognerebbe in-ventarla”, dicono di lei le colleghe. È un’altra persona alle-gra in questi luoghi del dolore: un’infermiera barese, ca-pace di vantarsi di ogni impresa; è lei che può rifare una fa-sciatura o rimettere in ordine un letto come nessun’altra.Il condimento è l’allusione sessuale. E la risata che subitosuggerisce.Le cose. La clinica è pericolosa. I pazienti sono le cose daadoperare. Le infermiere fanno tutto, ci vestono, ci lavano,ci rivestono. Noi siamo utilizzabili oltre ogni possibile im-piego. Oggetti. (1. continua)

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d appena tre mesi e mezzo dalla presain carico delle strade statali gestite dal-l’Anas, la Provincia ha messo in campo

ben otto progetti di interventi su altrettanti as-si strategici per la viabilità e la mobilità nel ter-ritorio provinciale. Questi otto progetti fanno parte della serie diinterventi previsti sull’intera rete viaria regio-nale dal programma triennale 2002-2004 ap-provato alla fine di dicembre dal Consiglio re-gionale dell’Emilia Romagna. Lo stesso programma ha destinato all’Ammi-nistrazione provinciale di Bologna circa 67 mi-lioni di euro (oltre 130 milardi di lire), ma peril miglioramento delle infrastrutture inseritenegli otto progetti della Provincia arriverannoanche altri 63 miliardi di lire da Comuni e entiimpegnati in altre opere infrastrutturali in cor-so di realizzazione sul territorio provinciale.«Un anno fa - ha affermato Alfredo Peri, as-sessore regionale ai Trasporti, presentando ilProgramma triennale delle strade - la nostraRegione fu la prima in Italia ad accettare la sfi-da del trasferimento di una parte consistentedella viabilità stradale dell’Anas. Oggi possiamo affermare che quella scom-

messa è stata vinta e che con questo nuovo im-pegno si sta governando la realizzazione delPrit (Piano regionali integrato dei trasporti).Per la costruzione di nuove strade avevamo adisposizione poche risorse (300 miliardi in treanni), insufficienti a decongestionare la viabi-lità. Allora la Regione è intervenuta aggiungendoaltri 400 miliardi presi dal proprio bilancio evarando in meno di tre mesi un piano di opereche comporterà una serie di cofinanziamentipari a 1.430 miliardi da parte dei Comuni e diEnti interessati come la Società autostrade.Due le questioni fondamentali alla base degliinterventi inseriti nel piano: la sicurezza delleinfrastrutture e la qualità territoriale. Per quanto riguarda il territorio di Bologna ilpiano è servito anche a sbloccare i cantieri diopere nevralgiche e per portare a termine ac-cordi come quello sulla terza corsia dell’Auto-sole, che prevede lavori di riqualificazione co-me quelli sulla tangenziale.Tutti questi risultati, infine, sono frutto di unmetodo di lavoro che ha coinvolto tutti gli entiinteressati e non sono caduti dall’alto con “leg-gi obiettivo” come, invece, vuole fare il Gover-no sulle grandi opere».Proprio la concertazione tra gli enti è stata de-terminante nella redazione degli otto progetti

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messi in cantiere nel programma triennaledelle strade per la Provincia di Bologna. «Èstato un metodo utile a tutti - ha sostenuto Pa-mela Meier, assessore provinciale alla Viabi-lità - decisivo per far decollare anche opere im-portanti come la Variante di valico e la NuovaPorrettana. Gli otto progetti attivati con questo program-ma triennale danno una risposta a gran partedelle questioni aperte sul territorio provincia-le. Alcuni progetti sono già in avanzato stato direalizzazione, altri in fase di finanziamento, al-tri in corso di progettazione. Saranno, in ogni caso, una sfida per la Provin-cia che per la prima volta si trova a fare i conticon i grandi appalti, con la realizzazione digrandi opere. Si tratta di tangenziali che servi-ranno a decongestionare i centri urbani daltraffico. Ma riguarderanno anche il completamentodella Trasversale di pianura, oppure arterieimportanti come la Fondovalle Savena o laNuova Bazzanese».L’iter burocratico per il trasferimento dellestrade statali dall’Anas alla Regione (e quindialle Province) non è stato facile e semplice. «Èstato ritardato a più riprese - racconta l’asses-sore Meier - in un primo momento il passaggiodel personale dall’Anas alla Provincia sembra-

Strade più sicuredi NICODEMO MELE

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V I A B I L I T À

Prende il via il piano triennale con finanziamenti alla Provincia per 67 milioni di euro. Il principale obiettivo è sempre la sicurezza

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va dovesse avvenire nel gennaio 2001. Poi furinviato al giugno successivo e, infine, si è con-cretizzato solo nello scorso ottobre. Questo ha comportato non pochi probleminella riorganizzazione degli uffici che, quandoa fine marzo ci sarà la definitiva presa in cari-co degli ex dipendenti Anas, porterà ad un in-cremento di personale della Provincia di altri60 tra tecnici ed esterni».Ma cosa succederà alla viabilità delle mag-giori arterie del territorio bolognese che neiprossimi 3-4 anni saranno sottoposte ad unaserie di lavori? «Il primo obiettivo dell’azionedella Provincia - risponde l’assessore Meier -è quello di mettere in sicurezza queste stra-de, di rendere più sicura la circolazione degli

tro maggio potrebbero essere già cantierabili.A buon punto sono anche le tangenziali di SanGiovanni Persiceto e di Crevalcore (rispettiva-mente: Progetto 3 e Progetto 6) e la variantealla Statale 65 della Futa (Progetto 5), la nuo-va Fondovalle Savena, dove si può già proce-dere agli appalti. Per quanto riguarda, invece, il tratto di varian-te alla Statale 569 Nuova Bazzanese (Progetto1) da Crespellano a Bazzano entro il 2003 do-vrebbe essere pronto il progetto affidato allaSocietà Autostrade, interessata alla realizza-zione del casello dell’Autosole in corrispon-denza della frazione Muffa di Crespellano. Entro il 2002 si concluderà, però, la progetta-zione della Provincia relativa agli svincoli del-

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V I A B I L I T À

Otto progetti ai nastri di partenzaPROGETTO 1. Completamento della variantedella Ss (Strada statale) 569 NuovaBazzanese da Crespellano a Bazzano,variante della Sp (Strada provinciale) 27 Valledel Samoggia e collegamenti con il nuovocasello dell’Autosole alla Muffa.Costo totale: 60 miliardi e mezzo (4 milioni e493.175 euro).Previsione di apertura dei cantieri: 2003 perla messa in sicurezza dell’incrocio tra lavecchia Ss 569 e la Sp 27 nella frazione dellaMuffa; 2004 per il primo lotto dal nuovoCasello della Muffa alla tangenziale diCrespellano, 2005 per la realizzazione dellavariante alla vecchia Bazzanese SP 27 ValSamoggia al confine con Modena.PROGETTO 2. Ss 253 San Vitale econnessioni della Sp 3 Trasversale di pianuranel territorio di Medicina con la Sp 19 SanCarlo che porta al casello di Castel SanPietro Terme e con la Ss 610 SeliceMontanara che porta al casello di Imola.Costo totale: 40 miliardi (4 milioni e 493.175euro).Previsione di apertura dei cantieri: 2003 perla riqualificazione della Selice Montanara,2004 per la variante di Medicina.PROGETTO 3. Tangenziale di San GiovanniPersiceto.Costo totale: 44 miliardi e mezzo (4 milioni e493.175 euro).Previsione di apertura dei cantieri: 2003 perla tangenziale di Decima, 2004 per il primolotto della tangenziale di San Giovanni dallarotonda della Ss 255 per Sant’Agata alla Sp 2per le Budrie.PROGETTO 4. Razionalizzazione degliincroci della Ss 253 San Vitale nei territori diCastenaso e Budrio e intersezione con la Sp28 Croce dell’Idice.Costo totale: 4 miliardi (4 milioni e 493.175euro).Previsione di apertura dei cantieri: 2003PROGETTO 5. Ss 65 della Futa, FondovalleSavena.Costo totale: 8 miliardi e 700 milioni (4milioni e 493.175 euro).Previsione di apertura dei cantieri: 2003.PROGETTO 6. Ss 568,Tangenziale diCrevalcore.Costo totale: 16 miliardi (8 milioni e263.710,39 euro).Previsione di apertura dei cantieri: 2003.PROGETTO 7. Sp 3 Trasversale di pianura traGranarolo e Budrio.Costo totale: 20 miliardi di lire (10 milioni e329.137,98 euro).Previsione di apertura dei cantieri: 2005.PROGETTO 8. Collegamento del casellodella Muffa con la Ss 9 via Emilia, la Sp2delle Budrie e la Sp 3 Trasversale di pianura.Costo totale: non ancora stabilito.Previsione di apertura dei cantieri: data nonancora stabilita, progetti in corso.

automezzi. Un altro obiettivo è quello di ter-minare quanto prima opere iniziate da tempo emai concluse».Scorrendo il programma triennale degli inter-venti (vedi anche tabella di dettaglio) si scoprecosì che sono già pronti i progetti di messa insicurezza della Statale San Vitale nel territoriodi Castenaso e Budrio (Progetto 4) e che en-

la Nuova Bazzanese e della Strada provinciale27 in corrispondenza del centro abitato dellaMuffa. Proseguendo nei progetti, quello relativo allasistemazione della Trasversale di pianura aNord di Medicina (Progetto 2) è già partito econ i tempi necessari si arriverà ad un’organi-ca sistemazione delle connessioni con la Sta-tale San Vitale per Ravenna e con i collega-menti ai caselli autostradali di Castel San Pie-tro e Imola. Riaperto, infine, il capitolo del completamentodella Trasversale tra Granarolo e Budrio (Pro-getto 7). A gennaio è stato predisposto il pro-getto esecutivo del secondo lotto e l’inizio deilavori è previsto in aprile. Ma nel corso del 2002 inizieranno anche i la-vori del terzo e quarto lotto, i cui progetti ese-cutivi sono stati licenziati dalla Provincia neldicembre scorso.«Nel programma - conclude l’assessore Meier- abbiamo inserito anche il collegamento dellaNuova Bazzanese alla Trasversale di pianuranel territorio di San Giovanni Persiceto (Pro-getto 8), tramite la riqualificazione della stradaprovinciale 2 delle Budrie. Sono in corso gli studi sul tracciato di que-st’arteria che alleggerirebbe il traffico sullaPersicetana e sulla Via Emilia». q

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e aree densamente urbanizzate, ed inparticolare quelle metropolitane, con laloro vasta ed articolata presenza di atti-

vità residenziali, produttive e di servizio, sonoluoghi ad elevata intensità di spostamenti. Inesse, infatti, viene effettuato quasi il 70% deglispostamenti di persone di tutto il territorio na-zionale. I fenomeni di congestione che inte-ressano queste aree rappresentano una delleprincipali emergenze nazionali, la cui risolu-zione necessita di un’attività di pianificazioneintegrata tra l’assetto del territorio ed il siste-ma dei trasporti, per la realizzazione di un uni-co sistema di mobilità. Tale realizzazione vapreceduta da scelte e decisioni riconducibiliad un “Piano Urbano della Mobilità” (PUM),fondato su un insieme di investimenti e di in-novazioni di tipo organizzativo-gestionali da at-tuarsi in un arco temporale definito. Tale pia-no considera, quindi, il trasporto nella sua glo-balità: infrastrutture e servizi, modalità digestione e regolamenti, modi di trasporto col-lettivi ed individuali, privati e pubblici, moto-rizzati e ciclopedonali. Ciò con la finalità di superare l’incongruenteseparazione fra la programmazione dei tra-sporti e le politiche di gestione del territorio edi progettare un piano che coordini le azioni disettore in un più ampio quadro di strategie, diobiettivi e di priorità finalizzato a realizzare unsistema che metta le amministrazioni locali incondizioni di gestire la mobilità in maniera piùequilibrata ed efficiente. Il PUM è, quindi, un piano strategico i cui ef-fetti si sviluppano in un arco di tempo di circa10 anni, nel corso dei quali si affrontano i pro-blemi della mobilità, la cui soluzione richiede

adeguate risorse finanziarie e tempi tecnici direalizzazione. Il PUM può, pertanto, prevedere un amplia-mento delle risorse infrastrutturali di un’areaurbana, essere orientato a ridisegnare l’offer-ta di trasporto privato e collettivo in una stra-tegia ad ampio raggio.

Cos’è un PUML’area metropolitana centrale bolognese pre-senta tutte le caratteristiche per potere benefi-ciare dei finanziamenti previsti per l’attuazio-ne dei PUM. Esse sono: - la presenza di agglomerati urbani che uni-scono comuni limitrofi con popolazione com-plessiva superiore a 100.000 abitanti;- la forte integrazione dei diversi centri;- l’impetuoso sviluppo avvenuto, nell’ultimodecennio, della mobilità pubblica e privata,che ha provocato i numerosi problemi che tut-ti conosciamo di traffico ed inquinamento.A seguito del riconoscimento di tali caratteri-stiche la Provincia, il Comune capoluogo e 14dei Comuni direttamente interessati al feno-meno, hanno deciso di procedere, insieme, al-l’adozione di misure e strumenti comuni, sin-tetizzabili appunto nell’elaborazione condivisadi un Piano della Mobilità Metropolitana.I Comuni interessati insieme alla Provincia so-no i seguenti: Anzola dell’Emilia, Argelato,Bentivoglio, Bologna, Calderara di Reno, Ca-salecchio di Reno, Castelmaggiore, Castena-so, Crespellano, Granarolo dell’Emilia, Ozza-no dell’Emilia, Pianoro, San Lazzaro di Save-na, Sasso Marconi, Zola Predosa.Il processo di definizione degli accordi tra laProvincia di Bologna e tutti i soggetti interes-sati alla redazione di uno strumento di pianocoordinato si è svolto in due fasi fondamenta-li: - Elaborazione della Dichiarazione di intenti

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sottoscritta nel mese di aprile 2000;- Redazione di un ”Documento preliminare diindirizzi”, sottoscritto nei primi mesi dell’an-no 2001.In tali accordi, viene previsto che il PUM(bo),sia strettamente correlato ai piani comunali digestione del traffico e della sosta (Piano Urba-no del Traffico - PUT - e Piano Urbano dei Par-cheggi - PUP -) ed agli strumenti di pianifica-zione e di assetto del territorio comunali (Pia-no Regolatore Generale e Piano StrutturaleComunale; Programmi di Riqualificazione Ur-bana - PRU -). Oltre a ciò, il processo di formazione ed ap-provazione del PUM(bo), è fortemente con-nesso a quello della formazione del Piano Ter-ritoriale di Coordinamento Provinciale.Allo stato attuale il PUM(bo) è nella fase di av-vio: è stata già definita la metodologia operati-va e parzialmente i contenuti dello scenario diriferimento; sono ancora in itinere la descri-zione degli scenari di riferimento futuri e la de-finizione delle strategie di intervento.

Definizione degli Obiettivi GeneraliLa definizione degli obiettivi generali - che so-no soddisfacimento e sviluppo dei fabbisognidi mobilità; risanamento ambientale; sicurez-za del trasporto; qualità del servizio - è avve-nuta attraverso numerosi incontri tra i sogget-ti politici coinvolti; l’esito finale di tale lavoro èstato tradotto operativamente in due distintidocumenti tecnici: “Documento preliminaredi indirizzo per il Piano della Mobilità Metro-politana dell’area centrale bolognese” e “Ele-menti di programma per il Piano Urbano dellaMobilità dell’area centrale bolognese”.I prossimi appuntamenti riguarderanno la de-scrizione degli scenari di base e l’individua-zione dei problemi e criticità del sistema tra-sporto. [BRUNO ALAMPI, LUCA BELLINATO]

Sistema mobilitàConsiderare il trasporto nella sua globalità è il compito

del Piano urbano della mobilità (PUM). Vediamo come si articola e quali sono i principali obiettivi

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T R A S P O R T I

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entrato nel vivo il lavoro della Provinciaper la definizione del Piano territorialedi coordinamento (PTCP) lo strumento

di pianificazione che disegnerà il “passaggio alfuturo” del territorio bolognese. Entro due an-ni dall’entrata in vigore della legge regionalesulla tutela ed uso del territorio, e cioè il 1° lu-glio di quest’anno, la Provincia deve infattimettere a punto il suo PTCP che deciderà del-lo sviluppo delle grandi infrastrutture metro-politane come Aeroporto, Fiera, Università,ospedali ecc., della localizzazione dei nuovigrandi insediamenti terziari e produttivi, delleinfrastrutture per i trasporti e la mobilità e de-gli assetti ambientali del territorio. Scelte fondamentali che mirano sostanzial-mente a 3 obiettivi; una più forte competitivitàdel sistema bolognese nella sfida dei mercatiglobali, una maggiore qualità ambientale e so-ciale dei centri urbani, la semplificazione deiprocessi decisionali sugli argomenti più im-portanti per lo sviluppo dell’area bolognese. Un piano con queste caratteristiche per risul-tare efficace deve necessariamente fare pro-prie le scelte condivise e promosse da tutti gliattori economici sociali ed istituzionali locali.A tale scopo è stata istituita la Conferenza diPianificazione, presieduta dal vicepresidenteTiberio Rabboni e formata da Regione, Pro-vince confinanti, tutti i Comuni della provincia,le Comunità Montane, gli Enti di gestione del-le aree naturali, le associazioni economiche,sociali e culturali, di categoria, ambientaliste edi difesa dei consumatori. Tali associazioni ed istituzioni, inoltre, fannoparte di due diversi organismi che la Provinciadi Bologna coordina - il Patto per lavoro ed il

Forum organizzato dal processo di Agenda 21 -istituiti da tempo senza che nei loro programmifossero però previsti momenti di attività e di de-cisione comune per i quali la prospettiva di uncontributo concreto alla Conferenza di Pianifi-cazione, rappresenta un’importante opportu-nità in termini di maggiore sinergia ed integra-zione delle istanze di consultazione e di parte-cipazione in atto.La Conferenza di Pianificazione si è aperta il 5dicembre scorso, e il 31 gennaio si è conclusala fase di illustrazione del Piano con la valuta-zione preventiva della sostenibilità ambienta-le e territoriale degli effetti derivanti dalla suaattuazione (VALSAT), l’illustrazione del Do-cumento Preliminare, e l’Approvazione delProgramma di lavoro della Conferenza di Pia-nificazione.Come già detto, la Conferenza di Pianificazio-ne dovrà elaborare, entro il primo luglio il nuo-vo Piano di coordinamento provinciale. I tec-nici sono al lavoro. Nel frattempo si svolgerà tra febbraio e giugnoil confronto con le diverse forze economiche esociali che, data la complessità delle attività daeffettuare, avverrà secondo un’organizzazionedei lavori in tre fasi:- la prima strutturata per temi ed articolata sul-l’approfondimento di gruppi di politiche affini;- la seconda, organizzata per ambiti territoria-li, corrispondenti alle Associazioni ed Unionidei Comuni;- la terza, che tenterà di mettere a sintesi i la-vori svolti con tutte le Associazioni e le Unionidei Comuni.Va comunque precisato che la Provincia di Bo-logna avrà il ruolo della regia del processo diconcertazione, in quanto gli Enti partecipantied invitati dovranno svolgere quello dei pro-tagonisti.

Una sintesi delle attività che verranno effet-tuate nell’ambito della Conferenza di Pianifi-cazione è la seguente: - verifica della completezza del Quadro Cono-scitivo elaborato dalla Provincia e proposta dieventuali aggiornamenti ed integrazioni; - presa d’atto delle valutazioni fornite dal Qua-dro Conoscitivo relative allo stato del territo-rio, dei processi evolutivi che lo caratterizza-no, dei limiti e delle condizioni per la sua tra-sformazione, necessari per assicurarne lasostenibilità;- valutazione delle condizioni della loro possi-bile condivisione;- raccolta dei pareri e delle proposte degli En-ti partecipanti ed invitati, sugli obiettivi gene-rali e sulle scelte strategiche di assetto del ter-ritorio contenuti del Documento Preliminare; - presa d’atto delle analisi sugli effetti delle pre-visioni formulate dal Documento Preliminare edelle misure indicate per impedire, ridurre ocompensare gli eventuali impatti negativi pre-visti, così da assicurare la sostenibilità del pia-no; sperimentazione delle condizioni della lo-ro possibile condivisione;- sperimentazione delle condizioni per la defi-nizione dell’Accordo con la Regione, di Accor-di territoriali con gli Enti interessati e di Ac-cordi con Enti privati su temi di importanzaparticolare (ad es. aeroporto, infrastruttureper la mobilità, ecc.). I contenuti e la filosofiadel PTCP sono presenti oltre che nel sitohttp:\\cst.provincia.bologna.it\ptcp \anche inuna pubblicazione curata dall’assessorato pro-vinciale alla programmazione, pianificazione,mobilità e trasporto pubblico che è stata invia-ta ad oltre diecimila “cittadini competenti”,cioè ad esponenti delle istituzioni del mondoeconomico, delle associazioni di categoria edella società civile. [B. A.]

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I collegamenti viari, i grandi insediamenti produttivi e di servizio, gli assetti ambientali del territorio e altro ancora nel Piano territoriale di coordinamento della Provincia

Le tappe del PTCP

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P I A N I F I C A Z I O N E

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o scorso autunno lo storico Iacp, l’Istitu-to autonomo case popolari, a seguito del-l’approvazione della legge regionale di

riordino dell’edilizia pubblica, è stato sostitui-to, dall’Acer (Azienda casa Emilia-Romagna)di Bologna. Che cosa cambia con la riformaper i cittadini? Quali saranno le nuove funzionidell’Acer e quali i suoi obiettivi? A queste e adaltre domande ha cercato di rispondere Mar-co Giardini, già presidente dello Iacp e che èstato riconfermato alla presidenza di Acer. «Lalegge regionale ridefinisce obiettivi e compe-tenze - spiega Giardini - e affida ai Comuni unruolo più rilevante, essi diventano il riferimen-to dei cittadini per le politiche abitative a livel-lo locale». La legge, infatti, prevede che la pro-prietà degli alloggi pubblici ritorni in capo aiComuni (prima la maggior parte delle caseerano di proprietà dello Iacp) e che l’Acer svol-ga in maniera più flessibile ed efficiente il ruo-lo di gestore del patrimonio edilizio pubblico.Il presidente della nuova azienda sembra ave-re le idee chiare su quello che dovrà essere ilfuturo di Acer e individua una serie di obietti-vi e finalità che dovranno essere perseguiti perdiminuire la forbice, oggi molto alta, tra la do-manda di alloggi pubblici e l’offerta effettiva.Già, perché la situazione è oggi effettivamen-te critica, e lo dimostra il fatto che su circa 6mila domande di alloggi pubblici in provincia,ogni anno vengono consegnate sole 350-400case. «Bisogna cercare - dice Giardini - di ren-dere più efficace l’intervento pubblico, soprat-tutto aumentando il turn- over all’interno del-l’edilizia residenziale pubblica (Erp). Oggi, suun totale di 18 mila alloggi gestiti, ogni annoc’è un turn-over di circa 800 alloggi, un datoche rispetto alla media nazionale è anche alto,ma che va aumentato. Bisogna riuscire a darerisposte alla domanda degli anziani, degli im-migrati e anche dei nuclei familiari monopa-rentali con figli a carico».Ma come si fa ad aumentare il turn-over? «Bi-sogna - dice il presidente dell’Acer - che fuori

dall’edilizia residenziale pubblica non ci sia so-lo il mercato, ma un mercato intermedio a ca-noni moderati dove possano indirizzarsi quel-le famiglie con un reddito più elevato che pe-ro’ rientrano legittimamente all’internodell’Erp». In questoperiodo la RegioneEmilia-Romagna starivedendo le condi-zioni di accesso all’e-dilizia pubblica e staper emanare nuovedirettive, ma fino adoggi per entrare nel-l’Erp occorre avereun reddito familiareimponibile lordo nonsuperiore ai 36 milio-ni annui, mentre peruscire e perdere il di-ritto alla casa, si devesuperare un reddito annuo di 73 milioni. Il ra-gionamento di Giardini è chiaro: c’è una fasciadi utenza, che potrebbe uscire dall’Erp, manon lo farà mai fino a che non troverà un mer-cato intermedio con prezzi alla sua portata. Inattesa dello sviluppo di questo mercato inter-medio, per far quadrare i conti, il presidente

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dell’Acer pensa che sia necessario adeguare icanoni dell’edilizia residenziale pubblica dellefamiglie con i redditi più alti: «Oggi media-mente per una casa pubblica si pagano 180 mi-la lire al mese, si va dalle 30 mila lire alle 500-

600 mila lire, ma per i redditi più alti sarà ne-cessario un adeguamento». In pratica, nell’immediato futuro l’Acer si can-dida autorevolmente ad avere tre funzioni es-senziali: gestire per conto dei Comuni conmaggiore efficienza il patrimonio residenzialepubblico, essere uno degli interlocutori degli

Bologna ha fame di casedi OLIVIO ROMANINI

Mancano gli alloggi soprattutto per nuclei familiari a basso reddito, anziani, single, immigrati.

Ecco cosa propone l’Azienda Case Emilia-Romagna appena costituita

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S O C I E T À

LA DIRIGENZA DELL’ACER

Lo scorso 12 settembre, la Conferenza degli Enti, composta dai sindaci della provin-cia e presieduta dal Presidente della Provincia Vittorio Prodi, ha nominato il nuovo

Consiglio di Amministrazione e il nuovo Collegio dei Revisori dei conti dell’Acer. Al ver-tice dell’azienda è stata confermato il presidente dello Iacp Marco Giardini. Quaranto-nove anni, laureato in Scienze Politiche, già assessore comunale alle Istituzioni e Poli-tiche culturali, Marco Giardini è anche, dal 1996, presidente nazionale di Federcasa emembro del Direttivo nazionale di Confservizi-Cispel, Confederazione nazionale delleaziende pubbliche di servizio. Nel Consiglio di amministrazione di Acer sono stati no-minati Maurizio Persiani, (già membro del CdA Iacp con la carica di vicepresidente) eVincenzo Abenante, già consigliere nel CdA Iacp. I membri del Collegio dei Revisori deiconti sono Mario Fallacara di nuova nomina e Mario Mariani, già Presidente del Colle-gio dei Revisori dello Iacp. Alla presidenza del Collegio è stato nominato il ragionier Ila-rio Brini. Il Cda nella riunione del 9 ottobre del 2001 ha nominato Vincenzo Abenante,vicepresidente di Acer, con delega al controllo dell’attuazione dei programmi manuten-tivi e costruttivi.

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enti locali per lo sviluppo di un mercato inter-medio tra l’Erp e quello libero, ed essere agen-zia tecnica dei comuni che vogliono avvalersidelle competenze storiche dello Iacp per larealizzazione di opere. «La legge regionaleprevede che per quattro anni Acer gestisca ilpatrimonio pubblico che, come detto, torna adessere di proprietà dei Comuni; noi però cicandidiamo a continuare a gestire l’Erp anche

in futuro, in fondo lo facciamo da 90 anni e losappiamo fare bene. In secondo luogo, ci can-didiamo ad essere uno dei soggetti, che in col-laborazione con gli enti locali, potrà essereprotagonista nella costruzione di alloggi da de-stinare ad un mercato a canoni moderati; infi-ne, la legge regionale permette ai comuni di af-fidare ad Acer, attraverso una convenzione, larealizzazione di interventi costruttivi. Noi ga-

rantiamo il ciclo completo, dalla pro-gettazione, all’appalto; il Comune diSan Lazzaro ci ha ad esempio incari-cato di costruire per suo conto uncentro sociale».L’ultimo fronte sul quale Giardini pro-mette di impegnarsi è quello degli in-vestimenti per riqualificare il patri-monio pubblico. Dal ’96 ad oggi, l’exIacp ha venduto circa tre mila alloggiin provincia; con le risorse accumula-te con le dismissioni e con la contra-zione di mutui oggi si può mettere in

campo un corposo piano investimenti, per ilquale fino al 2004 sono stati stanziati circa 171mila euro. Sul fronte dell’equilibrio gestionaleperò Giardini ha qualche osservazione da fare:«In Italia nell’edilizia residenziale pubblica - di-ce - abbiamo avuto una contraddizione di fon-do. Si sono realizzati gli alloggi con risorsepubbliche e poi non si sono più stanziati fondie si è preteso che si pareggiassero i conti coni canoni, come se ad esempio, una volta fatte lestrade, non si fossero più stanziati fondi per iltrasporto pubblico. Deve essere chiaro che l’e-quilibrio gestionale non si può raggiungere so-lo ritoccando i canoni, occorre aumentare laquota di finanziamento pubblico». Anche il presidente della Provincia di BolognaVittorio Prodi è convinto che il ruolo dell’Acersarà strategico per cercare di risolvere il pro-blema dell’emergenza casa. «Facciamo molto affidamento su questa nuovarealtà- osserva il presidente - perché crediamoche possa iniziare una gestione più razionaledel patrimonio residenziale pubblico. Nella si-tuazione bolognese il problema casa è moltosentito e il mercato è caratterizzato da un’ec-cessiva proporzione di case in proprietà, unelemento per effetto del quale l’intero merca-to è poco flessibile». Per Prodi, risolvere il problema della casa, nonè solo una risposta ad una condizione di emer-genza sociale, ma è anche un modo per conti-nuare ad assicurare alla città un futuro: «C’èun cono di bottiglia - conclude Prodi - che l’A-cer può risolvere, altrimenti rischiamo che Bo-logna diventi una città inospitale. Penso chesia nostro dovere cercare gli strumenti per da-re una risposta agli studenti e alle giovani cop-pie e alle persone che non possono permetter-si di abitare in una casa pagando i canoni dimercato». q

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S O C I E T À

Con la legge regionale n.24 dell’8 agosto 2001riguardante la “Disciplina generale dell’interven-to pubblico nel settore abitativo” è stata istituital’Acer (Azienda casa Emilia Romagna) di Bolo-gna. Nel corso del 2001 su un totale di circa 18mila immobili gestiti, l’azienda ha assegnato 502abitazioni a Bologna e 231 nei comuni della pro-vincia, per un totale di 733 nuovi ingressi nell’e-dilizia residenziale pubblica; nello stesso anno sisono verificati 176 cambi di alloggi in città e 41in provincia per un totale di 217 trasferimenti.Una situazione di mobilità certamente non otti-male, se è vero, come ammette il presidente del-l’Acer che, all’anno, le domande di una casa inaffitto sono circa 6 mila.L’ex Iacp, dal 1996 ad oggi ha venduto circa 3 mi-la alloggi: con i fondi ricavati e con l’accensione

di mutui, l’Acer può oggi mettere in campo unpiano investimenti 2002-2004 di circa 171 milaeuro.In attesa che la Regione riveda gli indirizzi, oggisi può accedere all’edilizia residenziale pubblicacon un reddito imponibile del nucleo familiarenon superiore ai 36 milioni lordi e si perde il di-ritto alla casa pubblica quando il reddito familia-re supera i 73 milioni annui; per una casa pub-blica a Bologna si paga mediamente 180 mila li-re di affitto mensile (gli affitti vanno da un minimodi 30 mila lire ad un massimo di 500-600 mila li-re). Le assegnazioni degli alloggi di edilizia resi-denziale pubblica sono effettuate dai Comuni inbase a graduatorie formate a seguito di bandipubblici. L’Acer si occupa della gestione degli al-loggi solo dopo l'assegnazione.

UN PO’ DI CIFRE

Le diverse risposte ai bisogni abitativi

nel corso degli ultimi decenni

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S P A Z I P U B B L I C I

n grande progetto-pilota per promuo-vere la riqualificazione del centro ur-bano delle frazioni di Zola Predosa e,

soprattutto, di Lavino, la frazione capoluogo.Lanciato qualche mese fa dall’amministrazio-ne comunale di questo popoloso paese del-l’hinterland di Bologna, il progetto ha il soste-gno della Provincia di Bologna, coinvolgeràsoggetti pubblici e privati e sarà affidato allagestione dei centri servizi di Ascom e Confe-sercenti. Destinatari del progetto sono decinee decine di operatori economici, ma anche tan-ti cittadini che, presentando domanda entro il30 giugno prossimo, potranno beneficiare disostanziosi sostegni finanziari da parte dellaRegione Emilia Romagna, tramite la legge re-gionale 41. «Anche il Comune si sente coin-volto in questo progetto - afferma Loreno Ros-si, vice sindaco di Zola e assessore alle Attivitàproduttive - tanto che, oltre ai 30-40 milioni in-vestiti nel 2002 per la progettazione, nel 2003stanzierà un miliardo di lire e almeno 500 mi-lioni nel 2004».Per il lancio di questo progetto-pilota il Comu-ne di Zola ha scelto la presentazione ufficialedel manuale dell’arredo urbano, varato dallostesso Comune nel corso del 2001, che sot-toforma di volume dal titolo La qualità urbanaper la vita della città e assieme ad un cd-rom èstato inviato a progettisti e tecnici (architetti,ingegneri, geometri e periti) di Bologna e pro-

vincia. E anche il manuale è un’altra novitàperché, a parte quello adottato dal Comune diBologna, è il primo elaborato da uno dei 59 co-muni della provincia. «Anziché produrre unostrumento che avrebbe appesantito le proce-dure di rilascio delle autorizzazioni – dichiaral’assessore Rossi - abbiamo scelto la strada didotarci di uno strumento prescrittivo, che for-nisce esempi concreti e fa andare avanti leidee. In pratica, abbiamo scelto di fare unascommessa culturale».Il manuale dell’arredo urbano di Zola discen-de dai risultati del concorso di idee indetto dalComune per la riqualificazione del centro del-la frazione di Lavino e la sistemazione dellapiazza di fianco al nuovo municipio. L’elabora-zione era stata affidata al vincitore di quel con-corso, l’architetto Claudio Zanirato di Zola.«Avremmo potuto adottare i manuali di altricomuni - afferma Zanirato - ma abbiamo veri-ficato come spesso è stato difficile applicarli.Ci siamo così risoluti a farne uno nuovo cheavesse come obiettivo quello di alimentare lerelazioni tra i cittadini e tra il cittadino e le isti-tuzioni. Sono state, quindi, individuate tre ti-pologie di territorio (gli edifici e le vie di im-pianto storico, gli edifici e le vie nuove e re-centi, le aree verdi) e su queste abbiamosuggerito come muoversi di fronte alle quat-tro principali categorie di intervento: i mate-riali, gli accessori; la segnaletica e la comuni-cazione, l’impiantistica. Ogni indicazione,però, non è rigida e perentoria, ma aperta adogni perfezionamento».

Il manuale e il progetto-pilota sono stati salu-tati con molto favore da parte della Provincia.«Queste iniziative - afferma Nerio Bentivogli,assessore provinciale alle Attività produttive -ci trovano sempre pronti ad appoggiarle. Ilmanuale offre ai progettisti tante opportunitàper dare un tono di maggiore gradevolezza alsistema di vita urbano. E un esempio lo tro-viamo proprio a Zola, in Vicolo Marchi, dove èstato espressa una nuova cultura, un nuovo si-stema di vivibilità della città. E, difatti, l’“urbe”,la città, cos’era se non un agglomerato di rela-zioni, di soddisfazione dei bisogni collettivi? Equesto dove avveniva se non nella piazza, perle vie artigianali, attraverso le fiere e i merca-ti che erano il cuore della città? Ecco allora che la riqualificazione di una città,anche se piccola, non può che passare attra-verso la riqualificazione della rete commercia-le e produttiva. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un pas-saggio troppo rapido dalla piccola alla grandedistribuzione. Ora, vorremmo che la legge re-gionale 41 fosse un punto chiave per la riqua-lificazione del tessuto commerciale e anchedel tessuto urbanistico. Per questo crediamoche bisogna evitare che in certe frazioni spa-riscano i negozi di vicinato, magari introdu-cendo ruoli nuovi nei gestori dei negozi».In che modo? «Fornendo una serie di sussidi -risponde Bentivogli - che si possono concre-tizzare in servizi, in sgravi fiscali e agevolazio-ni di vario tipo a quanti investono in questa di-rezione. In pratica, il disegno che la Provinciasta cercando di suggerire al maggior numerodei comuni è quello di creare nei centri urbaniun grande centro commerciale all’aperto, unnuovo tipo di supermercato che si metta in di-retta concorrenza con gli ipermercati». [N. M.]

La città cambia voltoArredo urbano e riqualificazione del commercio nei centri storici. Un progetto pilota a Zola Predosa

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n nuovo dispositivo di illuminazionecaratterizzerà, tra qualche anno, leauto che compreremo. E non solo

quelle di prestigio. Grazie ai bassi costi que-sta innovativa tecnologia potrà essere dispo-nibile su tutte le auto. Inizialmente il nuovosistema di illuminazione riguarderà l’abita-colo, il terzo stop e i pulsanti illuminati, la cuiluce non sarà più prodotta dalle tradizionalilampadine, ma da una pellicola organica lu-minosa, flessibile e facilmente modellabile,costituita sostanzialmente da molecole dicarbonio e idrogeno. Successivamente po-trebbe trovare applicazione anche per l’illu-minazione esterna dell’auto e per illuminarela strada. Sebbene queste applicazioni nonsiano poi così vicine alla industrializzazione,quella pellicola luminosa simile alla plastica,in grado di acquisire qualsiasi forma, ha giàacceso la fantasia dei designer dell’auto chevorrebbero disporne subito, non solo perideare nuove modalità di illuminazione degliabitacoli, ma anche per progettare nuove li-nee automobilistiche senza più i vincoli del-la fanaleria tradizionale.

Il dispositivo è il frutto di una attività di ri-cerca e sperimentazione condotta da tre isti-tuti del Consiglio Nazionale delle Ricerche,il FRAE (Istituto di Fotochimica e Radiazio-ni Alta Energia) e l’ISM (Istituto di Spettro-scopia Molecolare) di Bologna e l’ICM (Isti-tuto di Chimica delle Macromolecole) di Mi-lano, dall’Università della Calabria e dallaSeima Italiana, una industria leader a livelloeuropeo nella fanaleria per auto.Attualmente il nuovo sistema di illuminazio-ne è nella fase detta di prototipazione di la-boratorio. Il dispositivo, spiega Roberto Zamboni del-l’ISM e coordinatore del progetto, presentaancora alcuni problemi, come quelli, adesempio, legati alla stabilità dei colori neltempo ed agli effetti, a lungo andare, sia del-la temperatura che degli sbalzi termici. Pro-blemi che richiederanno ancora qualche an-no di studio e sperimentazione prima di giun-gere ai livelli di affidabilità richiesti dallenormative automobilistiche. Il successo diquesta applicazione innovativa è scontatotanto che su questo prodotto stanno concen-

trando attività e interesse anche grosse in-dustrie del calibro della Philips e della IBM.Del resto, conclude Roberto Zamboni, i van-taggi di queste pellicole luminose, nel lin-guaggio scientifico denominate OLED ( Or-ganic Light Emitting Diodes), non consisto-no solo nella capacità di essere modellabili apiacere e di dare una illuminazione gradevo-le e diffusa dal momento che la luce potrà es-sere generata da tutta la superficie della pel-licola, ma anche nel fatto che hanno un con-sumo energetico fino a 100 volte inferioredelle classiche lampadine, tempi di vita pre-sumibilmente paragonabili alla vita mediadell’auto ed una perfetta integrabilità con l’e-lettronica di bordo. Senza dimenticare il bas-so impatto ambientale dei materiali organicirispetto a quelli attualmente impiegati all’in-terno delle automobili. Inoltre, al di fuori delmondo automobilistico, le applicazioni pos-sono essere numerose. Idee e progetti nelcampo dell’arredo urbano, per i tunnel me-tropolitani e per le gallerie stradali esistonogià. Si attende solo che la scienza e la tecno-logia diano l’ok finale. q

Una sottile e flessibile pellicola prenderà

il posto della lampadina. Ci sta già lavorando

l’industria automobilistica, ma esistono innumerevoli

progetti nei più svariati campi di applicazione

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ricerca

La plastica ci illumineràdi STEFANO GRUPPUSO

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P O R T I C I R A C C O N T A

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P O R T I C I R A C C O N T A

uando mi sono trovato di fronte gli studenti di Scienza dellaComunicazione che mi avevano chiesto di fare un velocissimocorso di fotografia, ho spiegato subito che non avrei fatto

lezioni su la storia della fotografia, su l’indicibile della parola o sulpunctum di Roland Bartles. Insieme avremmo creato una redazione composta da un bel gruppo difotoreporter, sollecitati da un duro caporedattore (io) e da un disponibile vicecaporedattore(Pasquale Spinelli). Ma se i fotoreporter hanno scoperto e riportato realtà e aspettisignificativi della cittadella universitaria, nei testi che hanno allegatoalle foto, ho trovato la dimostrazione che nella storia della fotografia c’è un aspetto che gli studiosi quasi sempre trascurano: quali emozioni,quale piacere può dare un clic. Qui di seguito alcuni stralci dei ‘pezzi’ prodotti dagli studenti.Flavio Viscardi“Io non so niente di cose tipo diaframmi, tempi, esposizioni. …Con quel piccolo clic si tratta di rubare; sì, si ruba poco per carità, un solo attimo, di solito meno di un secondo, ma c’è chi non gradisce, chi pensa sia prezioso anche quell’attimo o forse ha solo quello e non ci tiene a farselo portare via da uno sconosciuto. Allora devi fareun po’ l’amico, interessarti, mostrarti gentile e allora, forse,quell’attimo ti può essere donato…..”

Fotoreporterper 30 giorniFotoreporterper 30 giorni

QQdi MARIO REBESCHINIFotografie degli STUDENTI DEL CORSODI SCIENZA DELLA COMUNICAZIONE

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Sara Guerrini“Per la prima volta ho fotografato non solo gli altri ma virtualmenteanche me stessa e la mia vita quotidiana. Le persone, i colori, imovimenti, gli ambienti e le atmosfere erano nuove sotto la luce del mio occhio scrutatore. Un giorno le vivi, un giorno le guardi e un giorno le osservi. E questa è per adesso la chiave della mia fotografia”. Marianna De Sanctis“Per alcune settimane ho assediato la mia casa e i miei amici armatadella mia Icarex d’altri tempi (un obiettivo che ha visto più anni dei miei stessi occhi), ho guardato attraverso il suo occhio gli spazi della mia quotidianità. A volte, magia nella magia, ho colto attraversol’obiettivo quello che il mio sguardo quotidiano, utilitaristico e distratto,non aveva mai saputo cogliere”.Daniele Ongaro“Le (mie) foto documentano un fondamentale momento dello studentebolognese (studens squattrinatus): il procacciamento del cibo. Sono molti i predatori che lo insidiano nella sua fase di caccia:il più temuto di essi è il cosiddetto “commerciante del centro”

(commercians centri), una specie della famiglia degli squali, chetenta sempre con moine e ammiccamenti di catturare l’attenzione dello studente incauto e alle prime armi per alleggerirlo delle sue risorse vitali”.Diego Cofone“Come in quelle rappresentazioni straordinarie dove una moltitudinedi coristi invisibili deve sostenere la voce di una cantante celebre e unpo’ stanca, innumerevoli ricordi indistinti uno dietro l’altro fino in fondo al mio passato sentivano l’impressione di quel raggio di solesul balcone, e davano a questa impressione un volume, mettevanodentro me una profondità, una pienezza, una realtà fatta di tutte quelle giornate amate, consultate, sentite nella loro verità, nella loropromessa di piacere, nel loro battito incerto e familiare...”.Giorgia Aiello“Mi sono messa a fotografare i popolosi interni di aule attraverso lefinestre, come una spia. Poi, una volta, uno studente - non esattamenterapito dagli insegnamenti di un professore dai gesti affabili - se n’èaccorto, e mi ha guardata. Ho avuto paura che estraesse una macchinafotografica. Mi sono allora rivestita di tutte le mie borse e me ne sonoandata”.Marco Chillout“Forse la cosa più difficile è proprio fotografare qualcuno che non è lìper questo, e che di conseguenza non si preoccupa di ciò che staifacendo. Ne deriva il fatto che l’attimo diventa fondamentale: se lo siperde la foto rimarrà solo nella mente”.Angela Ciampagna“Voyeur, cecchino, ladro, spia, artista...Di chi gioca con le immaginiattraverso l’occhio della macchina fotografica si può dire tutto ed il suoopposto… Ma se è vero che ognuno nel fare una foto dice chi è, quelloche pensa e come si rapporta a quell’oggetto, la sua cultura, allorascorrendo tra queste fotografie sarà facile servirsi di un occhio altrui, ilmio, per vedere la mia Bologna universitaria e magari trovare quelloche spesso è “indicibile dalla parola”.Renato Benedetto“Trenta giorni da fotoreporter, girando per osservare gli spazidell’università. Di cosa mi occuperò, cosa andrò a fotografare? Mi sforzo per trovare qualcosa: fotograferò tutte le associazionipolitiche, tutte le assemblee, oppure tutti gli interni di abitazionistudentesche, ecc. Le idee non mi entusiasmavano poi tanto. Finché una frase pronunciata da Mario Rebeschini, “voglio cose mai viste, che chi non studia a Bologna non può vedere”. Allora ho deciso di cambiare. Ho deciso di fotografare l’università comesi raccolgono sassi sulla spiaggia…”

P O R T I C I R A C C O N T A

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ra i tanti episodi della vita di Gesù,quello della sua morte è senz’altro ilpiù drammatico. Su questo episodio

san Giovanni riferisce più dettagliatamenterispetto agli altri evangelisti. Vale la pena spendere due parole sull’icono-grafia dei due ladroni. Quello a sinistra di Gesù è quello che lo in-giuria ferocemente e poi precipita all’Infer-no. Invece il ladrone che proclama l’inno-cenza del Cristo e poi va in Paradiso è dipin-to sempre alla sua destra. Fin dall’antichitàpiù remota, la sinistra era considerata, perl’appunto, “sinistra”. Dopo aver “sistemato” i due ladroni, i solda-ti, vedendo che Gesù era probabilmente giàmorto, lo colpiscono con la lancia per accer-tarne il decesso.Giuseppe d’Arimatea, agiato membro del Si-nedrio ebraico, ottiene il permesso di pren-dere il corpo di Gesù; è accompagnato da Ni-codemo, che porta un vaso di aromi di mir-ra e aloe per conservare le spoglie. I duecoprono la salma con un telo di lino e la de-pongono nella tomba. Le donne che hanno seguito il Cristo osser-vano attentamente la scena. Tra queste, cisono naturalmente la Madonna e le cosid-dette “Tre Marie”, o “Myrrhophores” (por-tatrici di mirra): Maria Maddalena, Maria diCleofa e Salomé.

La toccante scena dell’incontro tra la madree il figlio morto in realtà non è menzionata.La grande importanza di Maria nell’arte oc-cidentale che ha sviluppato uno dei temi piùimportanti nella storia dell’arte, la Pietà, de-riva dai manuali ad uso degli artisti bizantinidel XII sec. e ha naturalmente uno strettorapporto con la crescente importanza di Ma-ria nel mondo cattolico.Anche se nelle Scritture non c’è una descri-zione della “Lamentazione”, questo episodioavviene tra la “Deposizione” e la “Sepoltura”e i protagonisti della “Deposizione” appaio-no anche qui. Tutti gli evangelisti menzionano Giusepped’Arimatea in quest’ultima scena; solo Gio-vanni però parla di Nicodemo. Nel “Com-pianto” di Niccolò dell’Arca ci sono solo set-te personaggi e manca Giuseppe d’Arima-tea; proprio per questo c’è chi suppone cheil gruppo consistesse originalmente di ottostatue. Però, se guardiamo i “Piagnoni” interracotta presenti nel territorio bolognese,ci si rende conto del fatto che non soltantoquesta opera consiste di sette statue.Manca Nicodemo o Giuseppe d’Arimatea.Tra i Vangeli Apocrifi, c’è anche il famoso“Vangelo di Nicodemo”, scritto probabil-mente nella metà del IV sec. Questo Vange-lo si concentra soprattutto sulle figure di Pi-lato, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo e de-scrive dettagliatamente la morte di Cristo.Questo Vangelo è stato molto letto e ha con-tribuito alla diffusione di Nicodemo. Così siè sviluppata gradualmente l’iconografia di

Giuseppe che regge la testa del Cristo men-tre Nicodemo gli tiene i piedi; in altri casiGiuseppe tira il telo e Nicodemo toglie ichiodi dal corpo di Gesù. Di solito, Giusep-pe veste abiti lussuosi, mentre Nicodemoabiti da povero, e così via. Questi ambiti di ri-ferimento non vengono però considerati daNiccolò dell’Arca che ritrae Nicodemo dasolo a fianco del capo di Gesù né da altri au-tori locali. A Imola, in San Michele dell’Os-servanza, c’è un ignoto gruppo di terracottadei “Piagnoni”. Proviene dalla chiesa di SanBernardo (in piazza Erbe), distrutta in epo-ca napoleonica. Elementi come la posa di Sa-lomè con le due mani sulle cosce o la manodi Maria che regge il mento, mostrano lostretto rapporto con l’opera di Niccolò a Bo-logna. Credo però che non potremmo ac-creditare una grande originalità al gruppo diImola, se insistessimo troppo sull’influenzadi Niccolò. Guardate ad esempio il Cristo morto di Bo-logna: sembra dormire serenamente. Quel-lo di Imola (distrutto, tranne la testa, oggi inSagrestia) rivela invece l’obiettivo interesseanatomico dell’autore nei confronti della“morte”. Il Giovanni Evangelista di Bologna ha l’ariadel filosofo che lancia il suo pensiero versolontani orizzonti, mentre la Madonna di Imo-la tiene chiusa quietamente dentro di sé l’af-flizione. Tra queste due opere, entrambe tecnica-mente di altissimo livello (tenuto anche con-to dell’ovvia influenza di una sull’altra), quel-la di Imola ha un’espressione più moderata,più silenziosa, quella di Bologna più dram-matica. Possiamo forse leggere in quella diImola una specie di “introspezione”: glisguardi dei protagonisti convergono verso ilvolto di Cristo; è un mondo chiuso nel dram-ma biblico. A Bologna invece gli sguardi spaziano qua elà e sembrano voler comunicare apertamen-te con chi osserva dal mondo esterno. q

I “Piagnoni”di Bologna e di Imoladi HIDEHIRO IKEGAMI

Nel precedente numero abbiamo visto l’importantegruppo di terracotta dei“Piagnoni” di Niccolò dell’Arca. In questo continua l’analisi sulla tradizione tutta bolognese dei “Piagnoni”

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orizzonti d’arteLe due Marie nelcomplesso del“Compianto” di Niccolòdell’Arca a Bologna e un particolare delgruppo dei “Piagnoni” in San Micheledell’osservanza a Imola

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el 1998, in occasione del bicentenario della nascita di Giacomo Leopardi, fuallestita a Bologna una mostra dedicata ai

soggiorni del poeta recanatese nella città emiliana.Più volte egli passò da Bologna, vi soggiornò per quasi un anno tra il 1825 ed il 1826 ed alla città ed ai suoi abitanti dedicò moltissime delle sue numerose lettere. Un ‘incontro’, dunque, intenso e che lasciò un segno sul poeta fino ad oggi non del tuttodisvelato. Dopo quella mostra, anzi sulla scia di quella mostra - che fu un omaggio critico, ed anche celebrativo - il 2001 vede lapubblicazione di un volume che ne è il catalogoma al contempo rappresenta il risultato piùavanzato di uno studio che elegge quel momentoespositivo come ideale punto di partenza. “Giacomo Leopardi e Bologna. Libri, immagini,documenti”* a cura di Cristina Bersani e Valeria Roncuzzi Roversi-Monaco. Su tutto questo, ha gentilmente consentito aconversare con noi Ezio Raimondi

uesto catalogo riprende una tradizione di studiche ha visto interventi di grande rilievo tutt’ora vi-tali quali quelli di Gabriele Baldini, a cui si fa sem-pre riferimento, poi, in tempi più recenti, alcuni

dei nostri colleghi universitari, dal professor Capucci alprofessor Pasquini erano ritornati con loro pagine vive sul-l’argomento. Nello stesso tempo tutte le biografie leopar-diane, dalla vecchia biografia di Ferretti fino a quella piùrecente di Damiani, avevano sempre un capitolo relativo a

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La città e Leopardi:due voci per un dialogo

a cura di LORENZA MIRETTI

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A P P R O F O N D I M E N T I

Bologna perché quello bolognese rappresenta un periodoabbastanza ampio e di qualche significato. La mostra ed ilvolume corrispondente portano avanti quella tradizionecon nuovi scavi, cercando di vedere più da vicino tutta unaserie di personaggi - che sono i personaggi che il Leopar-di accosta qui nella realtà bolognese - e di penetrare sem-pre meglio tutto ciò che era stato, attraverso questi studi,indicato, intuito o proposto; quindi, è una specie di avan-zamento di conoscenze: se si vanno a vedere le schede, ivolumi, la situazione culturale bolognese, la mostra ed ilcatalogo corrispondente rivelano tutta una serie di dati an-cora poco apprezzati o poco percepiti. A questo punto, queldifficile discorso che è il dialogo tra uno scrittore in parte

Bologna al tempo delLeopardi: i porticiche circondano lapiazza del teatroComunale in undipinto di AntonioBasoli (1833) e unritratto di GiacomoLeopardi inun’incisione diGaetano Gadagnini

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A P P R O F O N D I M E N T I

in incognito, potremmo dire, ed una realtà culturale inten-sa e rappresentativa viene a poco a poco a rivelarsi, a chia-rirsi, a prendere contorni più precisi, quindi è la continua-zione di un lavoro compiuto con un perfezionamento in-dubbio, con una serie significativa di indicazioni ed anchecon un accompagnamento di commento critico - soprat-tutto nelle pagine tra Bazzocchi e Caprioli - che non è pri-vo di interesse e che riesce a creare, per così dire, un ap-porto di conoscenza anche ad un mondo così ricco ed am-pio come quello leopardiano». È, dunque, qualcosa di più del consueto catalogoche accompagna una mostra, dando semplice testi-monianza del lavoro che la sostanzia? «Ecco io lo chiamerei un ‘catalogo-ricerca’ perché anchel’indicazione di tutta una serie di volumi legati a questo o

con sue ambizioni, con suoi modi letterari… Si determinano meglio, a questo punto, certe situazioni edalcune formule si frastagliano, assumono un senso più pre-ciso che finalmente porta ad una conoscenza storica eru-dita ed, attraverso il dato storico-erudito, ad una migliorevalutazione di certe posizioni, di certi movimenti del Leo-pardi: il valore che ha il periodo bolognese per il Leopar-di, la conoscenza e l’uso dei gabinetti letterari, l’accosta-mento a certi testi, a certe situazioni, a certi problemi […].La mostra rievocava in uno spazio suggestivo, come èquello dello Stabat Mater, una specie di clima ottocente-sco, ricreando persino l’ambiente e suggerendo, attraver-so testi ed altre cose, il clima di un’epoca; il catalogo por-ta ad un livello di conoscenza quello che, nella mostra, erasoprattutto suggestione diretta, esplorazione dell’occhio

e della mente del lettore. Qui è la mente del lettore che continua il suopercorso ed ha davanti a sé i testi leopardiani[…] che forse non potevano poi essere perce-piti adeguatamente a Bologna, come altrove,anche se è vero che un certo tenore culturaledi una città di alta tradizione universitaria co-me Bologna predisponeva un’attenzione mag-giore; tuttavia, anche in questo caso, altro è latradizione classica o classicista che si affermanella città, altro è il classicismo nuovo assolu-tamente straordinario e per così dire assolutoche è nella poesia in progress del Leopardi. È poi vero anche che Bologna registra già - eCarlo Pepoli ne è una testimonianza - l’inquie-tudine, i movimenti che porteranno ad alcunidei fatti del nostro Risorgimento ed è altret-tanto vero che, nella città fra Romagna ed Emi-lia settentrionale dove è dominante un indiriz-zo per così dire classicistico, si affermano an-che umori moderni: la Romagna è anche laRomagna di Byron e tutti questi elementi unitiinsieme creano un’atmosfera certamente riccanella quale il Leopardi si muove cercando di ri-velare a se stesso sempre di più le strade dellasua poesia […] la raccolta dei Canti è un mo-

mento di transito dove Bologna conta di più di Milano chefu, del resto, come sappiamo, una delusione per il Leopar-di, un certo clima umano lo colpisce a Bologna anche seanche a Bologna non mancano le delusioni perché egli èa Bologna per trovare anche quello che si direbbe oggi unposto di lavoro intellettuale che non ci sarà […]. Certo ilLeopardi si porta dietro poi una sua solitudine profondache è quella della sua parola poetica […] la sua è oramai,quand’è a Bologna, anche se non si è rivelata appieno, unapoesia di pensiero, una voce tra quelle alte del primo Ot-tocento, una voce per così dire assoluta, […] la figura diuno scrittore si rivela poco a poco nel tempo, si rivela a sestesso e soprattutto agli altri a cui qualche volta mancanole percezioni, le condizioni necessarie per intendere unanovità così straordinaria come quella leopardiana chementre si rifà ad una grande tradizione la rinnova dalprofondo con una soggettività che è una soggettività tuttamoderna che si dichiara antiromantica anche se è piùavanzata di ciò che, in un quadro non soltanto italiano masopratutto europeo, è la nuova dimensione, la nuova pro-spettiva, la nuova ricerca romantica». q

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a quel personaggio è, in realtà, un approfondimento vero:è la definizione, la determinazione di un paesaggio che co-noscevamo in parte e che ora prende anche tratti più pre-cisi e più sicuri. Penso per tutti alla Malvezzi, che acquistauna consistenza maggiore come figura, come personaggio

Il volume è edito da Pàtron e promossodall’Assessorato alla Cultura del Comunedi Bologna e dallaBiblioteca Comunaledell’Archiginnasio, con il patrocinio della GiuntaNazionale Leopardiana,della Regione Emilia-Romagna. IBC -Soprintendenza per ibeni librari e documentarie dell’Università degli Studi di Bologna.

Il Palazzo dell’Università Pontificia in Bologna dal 1803sede dell’Università. Il frontespizio e una pagina dei “Versi”del poeta editi dalla stamperia delle Muse nel 1826

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I N R I C O R D O D I

ra la fine di gennaio e gli inizi di febbraio sono deceduti dueprotagonisti della storia della

nostra Amministrazione provinciale fra gli anni Sessanta ed Ottanta del secolo scorso: Enrico Bonazzi e Luigi Orlandi. Sono stati cittadini benemeriti, ai quali va l’omaggio di tutti i bolognesi e di tutti i democratici:perché combatterono apertamente il fascismo negli anni della dittatura;perché ebbero ruoli dirigenti nella lotta di Liberazione contro inazifascisti; perché hannointensamente operato in vari campi per la costruzionee lo sviluppo della vita democraticadella Repubblica

Enrico Bonazzi nacque nel settembre del1912 a Sala Bolognese, in una famiglia patriar-cale di mezzadri aderenti alla “lega rossa”.Dopo aver conseguito la licenza elementare,fattosi giovanotto, iniziò il mestiere di calzo-laio. A GranaroloEmilia - dove s’eratrasferita l’interafamiglia - nel 1930,in piena dittaturafascista, aderì alPartito ComunistaItaliano.Per l’attività svoltavenne arrestato il19 dicembre 1934e, dopo una lungaistruttoria, rinvia-to a giudizio con

l’accusa di “costituzione del PCI, appartenen-za allo stesso e propaganda sovversiva”; quin-di fu processato dal Tribunale speciale il 24gennaio 1936, e condannato a 20 anni di reclu-sione.

Scontò la pena prima nel carcere di Ci-vitavecchia, poi nell’isola di Pianosa, nelpenitenziario per detenuti politici am-malati dove arrivò ai primi di novembredel 1936. Qui, nel “5° braccio”, seguì icorsi politici organizzati all’interno delcollettivo che costituirono la base dellasua formazione politica. Dopo la cadutadi Benito Mussolini, il 25 luglio 1943, ametà agosto, durante il governo delgen. Pietro Badoglio, anziché essere li-berato come tanti altri detenuti politicicomunisti, fu trasferito nel penitenzia-rio di Portolongone, nell’isola d’Elba. Restò in carcere anche dopo l’armistizio

dell’8 settembre ‘43, poi verso la fine del feb-braio 1944 fu trasferito nel penitenziario di Sa-luzzo (Cuneo). Nell’ottobre successivo, a se-guito del provvedimento di amnistia e di con-dono emanato dalla Repubblica di Salò,Bonazzi ed altri tre detenuti politici furono li-berati il 26 novembre ‘44. Dopo un viaggio pe-riglioso, in treno e a piedi, superando posti diblocco e scampando ad interrogatori, rientrònella propria casa. Si collegò subito con l’or-ganizzazione clandestina e, nel dicembre, funominato commissario politico delle squadredi Azione Patriottica e, poi, vice commissariopolitico della Divisione Bologna. Dopo la Li-berazione fu eletto consigliere comunale diBologna per due mandati amministrativi, nel1946 e nel 1951.Nominato dirigente della Confederterra di Bo-logna, guidò l’azione politica nelle campagnenegli anni 1947, 1948 e 1949, nel corso dei qua-

Due luttiche ci toccano da vicino

di LUIGI ARBIZZANI

TT

Sopra, un ritratto diEnrico Bonazziquando era assessoreall’agricoltura apalazzo Malvezzi e,sotto, in Consiglioprovinciale conRenato Zangheri

Ci hanno lasciato Enrico Bonazzi e Luigi Orlandi, protagonisti della vita democratica della nostra città

e della nostra Amministrazione

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I N R I C O R D O D I

li si svolsero memorabili scioperi dei brac-cianti agricoli nel bolognese, nella valle Pada-na e di carattere nazionale.Al sesto congresso nazionale del PCI del gen-naio 1948 venne eletto membro del Comitatocentrale per le sue qualità e per il ruolo di di-rigente e segretario della Confederterra pro-vinciale. Dal dicembre 1949 al 19 gennaio 1957fu segretario della Federazione bolognese delPartito Comunista Italiano. Il 24 giugno 1956fu chiamato nell’ufficio nazionale del PCI delquale fece parte fino agli inizi del 1964.Rientrato a Bologna divenne dirigente dell’or-ganizzazione provinciale dei coltivatori direttidenominata Alleanza Contadina.Fu eletto consigliere provinciale il 12 giugno1970 e rieletto cinque anni dopo. Sedette negliscanni di Palazzo Malvezzi, ricoprendo la cari-ca di assessore all’agricoltura e foreste, fino al23 aprile 1980. Promosse attraverso appositeconferenze i piani agricoli di zona, attivò lestrutture della Provincia per lo sviluppo di for-me associative e diede un contributo determi-nante alla modernizzazione dell’agricolturanell’area bolognese. Gravemente ammalato da alcuni anni ci ha la-sciati il 30 gennaio 2002.

Luigi Orlandi, nacque il 1° ottobre 1909 a Bo-logna. Dopo avere frequentato il secondo an-no all’Istituto tecnico, fece l’operaio modella-tore meccanico.

volte in Italia, per svolgervi attività antifasci-sta. Ricercato in seguito alla scoperta dell’or-ganizzazione comunista di Parma, venne defe-rito al Tribunale Speciale, ma dal processo chene seguì fu “stralciato” perché latitante. Operòquindi a Venezia ed a Treviso e fu arrestato il29 febbraio 1932. Incarcerato a Venezia, fu de-ferito nuovamente al Tribunale Speciale, accu-sato di associazione e propaganda sovversiva;con sentenza del 14 luglio successivo fu con-dannato a 9 anni di reclusione. Dal carcere diRoma fu trasferito a quello di Fossano (Cu-neo), dove restò rinchiuso fino al 4 febbraio

nonché, più di recente, di organismi provin-ciali di controllo del PDS e dei Democratici diSinistra.Fu eletto consigliere provinciale il 9 novembre1960 e ricoprì la carica di vice presidente dellaProvincia dal 3 novembre 1961 al 7 giugno1963. Venne eletto senatore per due legislatu-re, nel 1963 e nel 1968.Successivamente, per numerosi anni, fu presi-dente della Amministrazione degli Ospedali diBologna. Lasciata quell’amministrazione di-venne presidente del Centro di educazione sa-nitaria e tecnologia appropriata sanitaria (CE-STAS), organismo di cooperazione internazio-nale. Sempre in campo sanitario ebbe lapresidenza dell’Istituto nazionale per lo studioe il controllo dei tumori e delle malattie am-bientali “Bernardino Ramazzini”:Per tanti anni, fino alla morte, è stato attivissi-mo ed attento dirigente delle organizzazioniantifasciste e partigiane: vice presidente na-zionale e presidente regionale dell’ANPI;membro della presidenza nazionale e presi-dente regionale dell’ANPPIA.È scomparso il 1° febbraio 2002. q

Si avvicinò alla politica attiva fin da 1924, e nel-l’ottobre 1930, aderì al PCI, assumendo pocodopo l’incarico di organizzatore su scala re-gionale. In collaborazione con Teresa Noce futra i promotori dello sciopero delle mondineattuato nel giugno 1931 nelle risaie di Medici-na. Espatriato clandestinamente, rientrò più

Luigi Orlandidurante un convegno e sopra,all’insediamentodella Giunta delpresidente RobertoVighi nella quale haricoperto il ruolo divicepresidente

1936. Tornato in libertà, ripreseimmediatamente l’attività politica.Nell’ottobre 1938, malgrado glifosse stata comunicata l’interdizio-ne perpetua dai pubblici uffici, furichiamato alle armi e con altri - frai quali diversi qualificati antifasci-sti - inviato in Libia, da dove rientròin Italia nella primavera del 1939.Venne arrestato come misura pre-cauzionale nell’imminenza del 1°maggio per la venuta di Hitler inItalia. Si trasferì a Reggio Emilia e,favorito da un amico, si occupò nel-le officine Lombardini. Le autoritàfasciste reggiane lo tennero conti-nuamente sorvegliato con l’intentodi reprimere la sua attività. In quel-

la città fu attivo durante i 45 giorni del gover-no Badoglio, in particolare durante lo sciope-ro che seguì l’eccidio degli operai delle Offici-ne Reggiane. Raggiunse Bologna nei giorniimmediatamente successivi l’8 settembre1943 e partecipò all’organizzazione degli scio-peri che seguirono alle operazioni per il recu-pero di armi. Ripreso il lavoro a Reggio, fece laspola con Bologna anche per rifornire i gappi-sti bolognesi di speciali bombe prodotte nelleOfficine Reggiane. Nel febbraio 1944 lasciò

definitivamente Reggio. Nella clandestinitàcon il nome di battaglia “Pietro” fece parte delcomitato cittadino del PCI e diresse il comita-to del settore S. Vitale, entrando poi nel comi-tato federale e nella segreteria del PCI. Fu ca-po servizio del Servizio Informazioni Militaried ispettore presso la 63a Brigata Garibaldi.Dopo la Liberazione, nel PCI ricoprì la caricadi segretario della Federazione di Frosinone,quindi componente dei Comitati regionali del-la Sardegna (in qualità di vice segretario) e delPiemonte. Negli anni successivi fu membrodella segreteria della federazione di Bologna,

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bologna in lettere

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o spunto è di quelli da far rabbrividire,anche se, purtroppo, la cronaca ce nefornisce di simili con un’inquietante

frequenza. Siamo a Ravenna, e in particola-re in quella striscia di terra che collega lacittà, la pineta, il mare e il grande porto, vis-suto come un corpo separato. Nel giro di poche settimane sono sparite trebambine, naturalmente destinate a un’orri-bile fine. Parte da questi elementi il roman-zo di Eraldo Baldini “Bambine”, appenaripubblicato nelle edizioni tascabili dallaSperling & Kupfer (pagg. 165, euro 8.50) asette anni dalla sua uscita con un piccolo edi-tore. Ed è curioso rileggerselo adesso, nonsolo perché contiene varie intuizioni su unfenomeno - quello della pedofilia estrema -che esploderà drammaticamente qualcheanno dopo la pubblicazione di questo libro,ma anche perché, sul piano strettamente let-terario, ci riporta a un modello di romanzonoir un po’ particolare, soprattutto per il cli-ma di sospensione e di intimismo che è ingrado di trasmettere. Di norma, nei romanzi di genere, si assistea una prevalenza della trama a scapito siadella scrittura (intesa come capacità di tra-sformare i semplici dati in emozioni), siadella riflessione interiore, solitamente pie-gata al puro bisogno investigativo. In “Bambine”, invece, Baldini è riuscito atrovare un equilibrio tra questi aspetti, sce-gliendo, casomai, di sacrificare proprio losviluppo della storia (che alla fine avrà unavita propria, anche se generata dalle ricer-che del protagonista) a favore degli altripunti di riferimento, siano essi i luoghi (quimolto importanti) o le persone. L’io narrante è un classico giornalista di pro-vincia, non troppo contento di doversi occu-pare di cronaca nera, ma sufficientementesmaliziato per non essere costretto a farse-ne un problema. Da poco abbandonato dalla

moglie Enrica, Carlo - questo il nome delcronista - vive alla giornata bighellonandotra la redazione, il bar del porto e quello del-la piazza, cercando di colorare questa nuovaesistenza da single con qualche avventura econ molta birra. Sullo sfondo c’è la vicendadel rapimento delle tre bambine (che Carloriuscirà a districare un po’ per caso, senzamai calarsi nei panni del giornalista/investi-gatore), ma c’è, soprattutto, l’amore (senzaequivoci) per un’altra bambina, Chiara, fi-glia di un caro amico morto durante una bat-tuta di pesca subacquea. E’ lei, per Carlo, il vero tramite con il propriomondo, rimasto orfano non solo dell’amicoe, metaforicamente, della moglie, ma anchedel “gruppo”, e quindi delle principali sicu-rezze, oggi messe in discussione anche dal-l’irrompere di una violenza sconosciuta e in-sopportabile, capace di minare quel senso direaltà consolidato nel corso del tempo. E sarà proprio l’involontario sfumare delrapporto con Chiara a sancire, psicologica-mente, la perdita dell’innocenza, che perCarlo sembra essere l’ultimo elemento pos-sibile di una visione ottimistica della vitareale. Il resto, infatti, è il silenzio avvolgen-te della pineta, contrapposto al rumore del-l’ipocrisia, del distacco affettivo e delle tan-te forme della ritualità, inevitabilmente alie-nanti. Ne esce un bel romanzo sulla perditae sull’assenza, decisamente intenso e soloun po’ appesantito, nella parte iniziale, dalricorso a troppe descrizioni, non semprenecessarie. Ma è un peccato veniale, che, nella peggio-re delle ipotesi, si può scontare con un bre-ve soggiorno in purgatorio, di sicuro menoduro dell’inferno mentale in cui si sviluppala storia raccontata da Baldini. q

“Bambine”di STEFANO TASSINARI

LL

NOVITÀ E ANTICIPAZIONIC’è grande attesa per l’imminente uscita(prevista per i primi giorni di marzo) delnuovo romanzo dei Wu Ming, ches’intitolerà “54” e sarà pubblicato daEinaudi nelle nuova collana “Stile LiberoBig” (pagg. 600 circa, prezzo 15 euro).Romanzo corale per eccellenza - e nonsolo perché scritto collettivamente dacinque autori - “54” è costruito sulla basedi tante storie apparentemente parallele,ma destinate ad incrociarsi in più puntidel testo.Tanti anche i personaggi, daquelli principali (l’attore americano CaryGrant, il piccolo gangster Stefano Zollodetto “Steve Cemento” e il ballerino diFiluzzi Robespierre) a quelli secondarima ugualmente importanti, a partire dallagiovane moglie di un dirigente del PCIbolognese, amante di Robespierre eintenzionata ad affrancarsi dal propriomondo. Centrale anche il Bar Aurora,luogo di ritrovo della Bologna rossa deglianni Cinquanta, nelle cui stanze vengonocommentati tutti gli episodi ches’intrecciano nel romanzo, tra i quali lamissione di un Cary Grant ormai lontanodai set cinematografici, spedito daiservizi segreti inglesi ad incontrare ilMaresciallo Tito all’indomani della mortedi Stalin, fatto che finirà col creare nonpochi turbamenti a un KGB appenacostituito. Un po’ romanzo d’ambiente eun po’ spy story, “54”, a detta degli stessiautori, dovrebbe avere un intreccio e unlivello linguistico ancor più ricercatirispetto a “Q”, e dato che “Q” èpraticamente un capolavoro, se tanto mida tanto... Da segnalare, inoltre, l’uscita diun interessante libro che raccoglie gliinterventi di quattro scrittori post-coloniali (unitamente ad alcuni saggicritici sul loro lavoro) riuniti a Bolognanell’ambito di un convegno organizzatodal Dipartimento di Lingue e LetteratureStraniere Moderne della nostraUniversità, svoltosi il 27 maggio del 2000.Si tratta del volume “Scrivere =Incontrare”, curato da due giovaniricercatori - Matteo Baraldi e Maria ChiaraGnocchi - e pubblicato da Quodlibet(pagg. 134, euro 10.33). Il libro è costruitointorno alle figure dell’haitiano AnthonyPhelps (esule in Québec), del marocchinoDriss Chraibi (trasferitosi in Francia),dell’australiano Peter Carey (che vive aNew York) e dell’indiano Vikram Chandra(che si divide tra Bombay e gli Usa).

Un ritratto di Eraldo Baldini

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Portici di Bologna (ed. L’inchiostro-blu) con testi di Guido Mascagni, Eu-genio Riccomini, Paola Rubbi e foto di

Gabriele Angiolini. Dallo spazio architetto-nico a quello editoriale senza metter mai pie-de fuori dalle centinaia di arcate che scandi-scono i percorsi porticati di Bologna. Deci-ne di chilometri di portici (sull’ordine dei 37per la precisione), centinaia di archi (‘solo’666 per San Luca), un unico primato al mon-do per la città padana, oramai caratterizzatae conosciuta proprio per questa originalestruttura che la attraversa. L’Inchiostroblu,editore da anni specializzato in volumi dalgrande impatto fotografico, attraversa lacittà seguendone le vie porticate e risco-prendone i segreti. Nero su bianco, i testidegli autori danno una lettura raffinata (an-tropologica, architettonica, storica…) maanche ‘affezionata’ di questo spazio che leimmagini fotografiche ‘bloccano’ in una di-mensione quasi sontuosa in cui predomina-no i colori tipici della città padana: quei ros-si e quei seppia, quegli ocra che accentuanoi misteri di prospettive in cui la pietra è ani-mata con parsimonia dalle figure umane dipassaggio. Tra immobilità di archi e colon-ne, che solo la luce rende guizzante, e va-rietà delle differenti soluzioni plastiche incui si risolve la tipologia architettonica deiportici (colonne lisce o spigolose, roton-deggianti o sfaccettate, arcate a croce eleva-te a dare spazio al passeggio o a toglierlo consoffitti bassi e squadrati) si coglie il fascinoche la quotidianità della vita e l’abitudinefanno troppo spesso dimenticare a chi traquesti archi, vive una vita sempre più frene-tica.

Il torrente Savena. La sua valle. I suoimulini di Domenico Benni e Gilmo Vianel-lo con la collaborazione di Matteo Benni eMassimo Ghepardi. Volume edito dal Grup-po studi Savena Setta e Sambro grazie al fi-nanziamento della Fondazione Cassa di Ri-sparmio in Bologna, della Fondazione del

Monte di Bologna e Ravenna e col coordi-namento dell’assessorato alla Cultura dellaProvincia di Bologna. 224 pagine, per lo più affidate ad immaginidi vario tipo (tra queste: carte topografiche,fotografie aeree e non, mappe catastali, ri-produzioni di documenti storici), per cono-scere questi agglomerati che, fino ad alcunidecenni fa, costellavano il territorio padanoe ne rappresentavano una delle fonti prima-rie di sostentamento e di sviluppo tecnologi-co ed economico. Oggi, sebbene spesso ab-bandonati, questi luoghi rappresentano unaricca fonte di informazioni su una vita che ri-schia di essere cancellata dall’oblio dellamemoria. Ecco, allora, che la memoria puòtrovare, in opere come questa, un suo pro-prio modo per sopravvivere e raccontarsinei suoi aspetti ambientali, architettonici,tecnologici, socio-economici, insediativi.Così le storie di 41 mulini collocati lungo ilSavena ed i suoi affluenti divengono l’occa-sione per fare Storia.

Don Giuseppe Fornasini. Il castello diMonterenzio (a cura di Paolo Foschi, conun’introduzione di Mario Fanti) e Monte-renzio. Immagini di un territorio di Fran-co Ruscelli, editi dalla Banca di Credito Coo-perativo di Monterenzio. Non si aspetti il lettore di trovare in questacoppia di volumi la ‘solita storia’ su un co-mune di montagna! Col primo volume, sitroverà immerso in una storia nella storia:quella che emerge attraverso i risultati diuna ricerca storica condotta negli anni ‘30,per più di un decennio, da don GiuseppeFornasini, cultore di genealogia e di storialocale che “rappresenta la prima estesa ri-cerca storica sul territorio di Monterenzio ecostituisce una fonte con cui, ancor oggi, èinevitabile confrontarsi”. Col secondo, invece, sarà catapultato in unracconto per immagini attraverso le ripro-duzioni di un’intera collezione di cartolineed illustrazioni d’epoca (di proprietà di Fran-co Ruscelli, autore anche dei testi che le ac-compagnano) datate dagli inizi del secoloagli anni ‘70. Immagini che raccontanocom’era Monterenzio ma, nello stesso tem-

po, raccontano anche la storia di un gusto,che si potrebbe definire, ‘postale’ e di unapassione collezionista.

In breve, due modi diversi di vedere Bolo-gna ed il suo territorio.Sapori e benessere.Scopri l’Emilia Ro-magna 2002 di Giancarlo Roversi e Ga-briele Ronchetti per le edizioni Inedita. Piùdi 300 pagine di notizie su città e provincedella regione Emilia Romagna. Ma che noti-zie? Davvero di tutto un po’: da brevi cennistorici o artistici (tanto per sapere quel chenon si può proprio non sapere) fino ad‘affondare’ nella descrizione delle ricetteche ‘fanno’ un territorio! Un po’ di spazio èriservato anche a coloro che non disdegna-no mettersi in macchina per scoprire gli an-goli più salutari (terme, hotel, spazi benes-sere) o più ghiotti (ristoranti, trattorie, sagreo fiere). Di tutto un po’ e un po’ di tutto, dun-que per uno sguardo a tutto tondo su una re-gione ricca… di ragioni per visitarla! Fiorenza. Ricordi di un mondo passato(Edizioni d’Arte De’ Marchi per la mostrapresso la Galleria d’Arte Il Punto dal 2 al 14marzo 2002), con testi critici di Giorgio Cel-li, Everardo Dalla Noce e Gregorio Scalise.Un catalogo dell’artista bolognese FiorenzaRighetti che si propone come una sorta diviaggio pittorico sulle tracce della nostra ci-viltà contadina in uno stile fortemente reali-stico di matrice ottocentesca. Immagini d’interni e paesaggi rurali, figureumane (soprattutto vecchi e bambini), fio-ri, protagonisti delle nature morte, ed ani-mali (col predominio assoluto dei cavalli)raccontano tutti una storia per immaginiche è descrizione di un mondo sempre me-no comune. [L. M.]

Nero su biancoe con un tocco di colore

II

libri

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N E W S

GLI APPUNTAMENTI DEL MEBDa febbraio a giugno (con esclusione delperiodo della Pasqua ebraica) il MuseoEbraico di Bologna propone una serie diappuntamenti validi per tutte le età. Ladomenica mattina si terranno i sei incontridal titolo Al museo coi bambini: si tratta diun fitto e accresciuto programma di attivitàdedicate ai bambini sulle tradizioni e sullalingua ebraiche, promosse dalla sezionedidattica del Meb in collaborazione conBologna dei Musei. La domenicapomeriggio ci saranno le visite guidate alMuseo e ai luoghi ebraici di Bolognanell’ambito delle quali saranno dedicatiapprofondimenti su diversi aspetti dellacultura ebraica. Ancora di domenica sisvilupperà il calendario degli itinerariebraici in Emilia Romagna e in Italia con 10differenti destinazioni, tra le quali alcunenuove proposte come, ad esempio, Romaebraica e Ostia antica, oppure PiemonteEbraico. Nel programma degli itinerari ècompreso anche un più articolato viaggiodella memoria (21-26 giugno 2002)organizzato in collaborazione con ANED(Associazione Nazionale Ex Deportati) che avrà per destinazione Auschwitz,Cracovia, Terezin, Praga. Gli appuntamenti del giovedì del Meb,quest’anno saranno dedicati in particolarea due principali temi: la memoria dellashoah e la cultura Yiddish. Queste dueampie tematiche saranno il temaconduttore delle conferenze epresentazioni di libri. Tra gli appuntamenti del giovedìpomeriggio dedicati ai temi della memoriadella shoah si inserisce anche la rassegnapromossa assieme alla Provincia diBologna nell’ambito di Invito in Provincia,dal titolo Jazz e narratori ebrei - americani difine millennio: racconti, voci e musicaimprovvisata. Si tratta di un ciclo di quattroincontri, a partire da metà marzo, a curadi Libero Farnè e Franco Minganti. Amarzo prenderà avvio il corso di culturaebraica dedicato a “Le cinque meghilloth”tenuto dal Rav Alberto Sermoneta. Infinedomenica 7 aprile nell’ambito di Restauro2002, Salone dell’arte del restauro e dellaconservazione dei beni culturali eambientali, il Museo Ebraico di Bolognaassieme all’Istituto Beni Culturali dellaRegione Emilia Romagna promuove un convegno internazionale su“Conservazione e valorizzazione dei cimiteri ebraici”.Info: Museo Ebraico di Bologna, via Valdonica 1/5 40126 Bologna, tel. [email protected]

SOLO MAIS E SOIA NON-OGM Il Consorzio agrario di Bologna e Modena èuno dei principali protagonisti del mercato ce-realicolo del Nord Italia e in questa veste ha in-trapreso nel 2001 un progetto di rintracciabi-lità su tutto il mais e la soia commercializzatidal Consorzio. Questo programma di rintrac-ciabilità copre tutte le fasi della produzione dimais e soia non geneticamente modificati: dal-la fornitura di sementi controllate direttamen-te dal Consorzio agli agricoltori, alla coltiva-zione, fino allo stoccaggio e commercializza-zione. Il sistema, già operativo, ha posto sottocontrollo circa 800 mila quintali di cereali esoia, e sarà in futuro applicabile anche alle der-rate agroalimentari movimentate dal Consor-zio di Bologna e Modena offrendo alle indu-strie di trasformazione maggiori garanzie suiprodotti forniti.

FRESCHI DI NOMINA È Giovanni Dainese il nuovo segretario generale della Pro-vincia di Bologna. Dainese prende il posto di Antonio Nar-delli che aveva lasciato l’incarico (poi assunto tempora-neamente dal vice segretario Simonetta D’Ettorre) all’ini-zio dell’anno scorso. Prima di venire a Bologna il nuovosegretario generale svolgeva lo stesso incarico alla Pro-vincia di Mantova; è nato a Rovigo l’8 luglio 1952, è lau-reato in giurisprudenza e scienze politiche e ha maturatouna lunga esperienza in campo giuridico-amministrativo.La Provincia ha anche un nuovo direttore operativo: èGiancarlo De Maria, subentrato a Claudio Damilano (cherimarrà in servizio fino alla fine del mese per lo svolgi-mento dei compiti e delle funzioni legate alla definizionedel bilancio e del Piano economico di gestione per il 2002). De Maria, nato a Bologna nel 1949, ha una notevole espe-rienza in campo manageriale sia nel settore pubblico cheprivato. Ha inoltre una profonda conoscenza della Provin-cia di Bologna in quanto, nel corso del mandato ammini-strativo 1985/90, ha ricopertol’incarico di assessore al persona-le e, in anni più recenti, è stato di-rettore del personale di palazzoMalvezzi. Prossimamente, nonappena sarà approvato il nuovostatuto dell’Ente, De Maria assu-merà l’incarico di direttore gene-rale, figura appunto prevista dalnuovo Statuto.

INAUGURATA UNA NUOVA SEDE DEL CASSIANO DI IMOLA Inaugurato in dicembre a Imola, dall’assesso-re alle politiche scolastiche della Provincia diBologna, Beatrice Draghetti, dal vice sindacoFabrizio Castellari e dal preside Mario Fag-gella, la sede completamente ristrutturata del-l’Istituto professionale per i servizi sociali,commerciali e turistici “Cassiano da Imola”. Il trasferimento dalla sede “storica” di via F.lliBandiera all’attuale sede avvenne già a maggiodel 2000, dopo i lavori di ristrutturazione dellaprima palazzina del complesso di via Ariosto.Tutti gli studenti del “Cassiano” si trasferironoallora nel nuovo edificio e in alcune aule del-l’attiguo Istituto “Alberghetti”. Il trasferimento è stato poi completato con l’i-nizio dell’anno scolastico 2001-2002, dopo cheè stata messa a disposizione della scuola an-che la seconda palazzina (anch’essa completa-mente ristrutturata e messa a norma dal ser-vizio Edilizia scolastica dell’amministrazioneprovinciale). La nuova struttura ospita oggi tutti i ragazzidel “Cassiano” nei due edifici ristrutturati, chesono contigui e si trovano nell’area cortilivadell’istituto professionale Alberghetti. L’inter-vento di ristrutturazione era iniziato nel 1999ed è stato ultimato nella scorsa primavera, conun impegno finanziario complessivo di 2 mi-liardi e 600 milioni di lire.

A sinistra, il nuovosegretario generaleGiovanni Dainese e,a fianco, il direttoreoperativo GiancarloDe Maria

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N E W S

le hanno presentato già ad inizio anno le ne-cessarie richieste di autorizzazione per farfronte alle prime lavorazioni - previste per feb-braio - e a quelle primaverili. Ma il destino diqueste richieste è legato all’emanazione deldecreto sui flussi prima dell’approvazione del-la legge di riforma sull’immigrazione. Gli eventuali ritardi comporterebbero non po-chi danni alle aziende agricole e ai magazziniortofrutticoli. Per queste ragioni, l’assessoreprovinciale all’agricoltura, Nerio Scala, unita-

mente ai rappresen-tanti delle Organizza-zioni agricole e coo-perative, si è attivatoper sollecitare il Go-verno ad adottare unprovvedimento di an-ticipazione dei flussirelativamente al lavo-ro stagionale, nonchéa semplificare le pro-cedure burocratiche.

SU E GIÙ PER LA LINEA GOTICA Si potranno ripercorrere i sentieri battutidalle truppe tedesche e dai convoglialleati nello scontro che fermò il frontesull’Appennino tosco-emiliano lungo laLinea Gotica. I trinceramenti di primalinea, le postazioni di riparo, quellestrategiche per guidare le artiglierie, lecollocazioni dei rifornimenti, glischieramenti delle truppe dei dueschieramenti, i rifugi, i sentieri, le stradeper i rifornimenti e le motivazionidell’operare dei comandi tedesco e alleato,fanno parte di un approfondito studio acura di Giancarlo Rivelli per il Gruppo diStudi Savena Setta e Sambro. Il progettoha avuto il finanziamento della Regione per25.822,84 euro (50 milioni di lire) e deiComuni coinvolti: Monzuno, SassoMarconi, Pianoro e Loiano.

[rubrica a cura di RITA MICHELON]

LAVORO SICURO:UN IMPEGNO DELLA PROVINCIA La priorità dell’impegno della Provincia nell’ambitodella sicurezza e della salute dei lavoratori siconcretizza attraverso varie azioni miranti adiffondere a vari livelli questa cultura.Già nel 1998 è stato realizzato insieme all’AziendaUsl Città di Bologna e alle organizzazioni sindacali, ilSirs, un servizio di documentazione ed informazioneper i rappresentanti dei lavoratori. Inoltre, nelloscorso ottobre, è uscito il primo numero del bollettinobimestrale “Articolo 19”, edito insieme ad Usl, Sirs esindacati, e destinato a tutti gli operatori istituzionaliche si occupano di prevenzione.All’inizio dell’attuale mandato, l’assessoratocompetente in materia di politiche del personale epolitiche sindacali sui temi del pubblico impiego, haricevuto dalla Giunta provinciale la delega sulprogetto “sicurezza” negli ambienti di lavoro pubblicie privati. È nato così Coala, il progettointerassessorile per creare sinergie e strumenti intema di appalti, sicurezza, tutela della sanità econdizioni di lavoro, sia a livello degli enti locali chedelle categorie interessate. Il primo frutto di questaazione ha portato nell’area dell’AssociazioneIntercomunale “Terre di Pianura” (comprendente icomuni di Molinella, Granarolo, Minerbio, Baricella,Malalbergo) al finanziamento dei percorsi formativi dioperatori delle polizie municipali e di tecnicicomunali. Anche l’associazione “Bologna Est”(Castenaso, San Lazzaro, Ozzano) e il Circondario diImola hanno già aderito per il 2002 al progetto che siintende estendere entro breve a tutto il territorioprovinciale.

UN’AGENDA PER LA SALUTE È una guida alla salute da tenere a fianco della guida te-lefonica, uno strumento necessario per tutta la famigliache illustra i servizi socio-sanitari erogati dall’Ausl di Bo-logna Sud in un’area di 30 Comuni. Articolata in due parti, contiene nella prima tutte le infor-

Anche in agricoltura, come in altri settori pro-duttivi, il ricorso alla manodopera di immigra-ti extracomunitari per le attività stagionali èormai un dato acquisito e fortemente distri-buito nella realtà provinciale bolognese. Nel 2001 la Provincia di Bologna ha rilasciato496 autorizzazioni per stagionali extraCee eper il 2002 il fabbisogno stimato è di 819 unità,di cui 404 solo nell’imolese (ma si stima unfabbisogno di circa 14 mila addetti nei diversisettori produttivi). Numerose aziende agrico-

mazioni utili in caso di emergenza (dal 118 al Pronto Soc-corso alla Guardia Medica) e le modalità per l’utilizzo deiservizi disponibili a livello distrettuale (dal medico di fa-miglia ai centri di prenotazione agli ospedali del territo-rio). Nella seconda vengono riportati tutti i Comuni situa-ti nel proprio distretto di appartenenza, con i relativi ser-vizi, centri accreditati e farmacie. La guida, divisa in tre pubblicazioni a seconda del distret-to di riferimento (verde per Casalecchio di Reno, rossa perPorretta Terme e verde per San Lazzaro), è stata inviata atutte le famiglie interessate. È prevista una versione braille per i non vedenti e una tra-dotta in inglese ed arabo per i cittadini extra comunitari.

Un portale internet e la rivista trimestrale“InformAusl” terranno aggiornati gli utentisulle modifiche e i cambiamenti all’agenda.CRESCE IL BISOGNO DI IMMIGRATI PER IL SETTORE AGRICOLO

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passato un quarto di secolo da quandouna piccola emittente che trasmettevada via del Pratello ha lanciato, per l’ulti-

ma volta, il suo segnale nell’etere.Parliamo di Radio Alice, un’esperienza natanel ’76 sull’onda dell’occupazione delle fre-quenze allora monopolizzate dalla Rai e con-clusasi drammaticamente l’anno successivodurante la contestazione studentesca.Nell’immaginario collettivo radio Alice ri-marrà per sempre legata al movimento del ’77,in particolare alla drammatica diretta sull’ir-ruzione della polizia nei locali della radio.Un rinnovato interesse porta però ad ap-profondire e recuperare altre schegge di quel-la vicenda: articoli, documentari, video, libri,siti internet, propongono analisi e interviste aiprotagonisti. Accanto alle testimonianze dei personagginoti, Franco Berardi, Maurizio Torrealta, Fi-lippo Scozzari, Valerio Minnella si componeun mosaico complesso, in cui ognuno contri-buisce ad aggiungere un capitolo alla storia,e si scopre, non senza sorpresa, che quasiogni studente, ogni persona attorno aivent’anni che in quell’anno risiedeva o passa-va in città, può vantare il ricordo di un’espe-rienza legata ad Alice.Un altro aspetto appassionante è l’analisi del

modello comunicativo proposto dall’emittentebolognese: l’assenza di un palinsesto rigido el’estrema permeabilità dell’accesso, sono lecaratteristiche peculiari che rendevano sotti-lissima e tendenzialmente nulla la linea tra lastruttura, chi faceva radio e chi l’ascoltava.Detta così sembra una cosa astrusa, RadioAlice rendeva straordinariamente “sorpren-dente” la comunicazione: mentre le radio li-bere dell’epoca (anch’esse molto più versati-li e interessanti di quanto si tenda a ricorda-re), variavano il modello comunicativo RAImantenendo tuttavia inalterate alcune griglieinterpretative (spazi d’informazione e spazimusicali, struttura organizzativa, gerarchiz-zazione dei contenuti e della messa in onda),Radio Alice “sorprendeva” continuamentel’ascolto lasciandosene continuamente con-taminare. Sintetizzando potremmo identificare questedifferenze d’impostazione con le due radio cheall’epoca animavano di più l’etere cittadino, ra-dio Alice appunto, e Radio Città.Ecco allora come i fatti “curiosi” raccontati suAlice, dalla lettura della lista della spesa all’u-so soggettivo dell’etere comunitario (andarein onda per dire a tizio o caio che ci si vede inpiazza) fino ai famosi episodi di “guerriglia co-municativa” con le telefonate di Bifo/Umber-to Agnelli ad Andreotti regolarmente manda-te in onda in diretta, non rappresentano, in ef-fetti, degli episodi, ma sintetizzano l’essenza diquesto modello.Stare ad ascoltare radio Alice diventava quindiun’esperienza sempre originale: indipenden-temente dall’interesse o dalla pallosità diquanto veniva trasmesso non si sapeva mai

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esattamente cosa sarebbe andato in onda. Labreve vita di Radio Alice ne ha poi evitato tra-sformazioni particolari, ricambi generazionali,mutamenti organizzativi. Non c’è stato il tempo per liti interne, riflussipolitici e sociali non ne hanno alterato i tratti.Ecco perché la storia di Alice ha tutte le carat-teristiche che sottendono il Mito: una vita bre-ve e intensa, la carica innovativa del progetto edei linguaggi, la fine drammatica, l’eterna gio-vinezza scolpita nel ricordo. Dopo un periodo d’ombra influenzato dalla ri-mozione di tutto quanto ricordasse gli “annidi piombo” (mai accostamento fu più forzato,Alice semmai era ribellione liberatoria egioia espressiva), nel rinnovato entusiasmo enella crescente attenzione per la storia di Ra-dio Alice si corre il rischio di qualche inevi-tabile sbavatura.Come per ogni mito che si rispetti, mentre sirafforzano le schiere dei cultori, la leggerez-za eterea può trasformarsi in monumento.Pesante. Più interessante invece vedere come l’espe-rienza di Alice ha ibridato la comunicazione,e come certi paradigmi, nel momento in cuisi fanno patrimonio acquisito, evidenzianopregi ma anche limiti.Nel mare magnum dell’offerta comunicativa,accanto alla problematica dell’accesso e del-l’orrizzontalità, (tematica sempre attuale, bastipensare alla concentrazione di potere mediati-co/politico che caratterizza il nostro paese), siaffaccia il bisogno pressante di selezione, lanecessità di condivisione si accompagna al ri-conoscimento di autorevolezza dello strumen-to comunicativo. Una cosa comunque è certa,

nel continuo cambiamento delmondo della comunicazione e deimodi di comunicare la storia di Ra-dio Alice occupa un posto di rilie-vo, recuperare e diffondere que-sto patrimonio è un’occasione im-portante. q

Iniziative:Istituto Gramsci dell’Emilia-RomagnaProgetto di creazione dell’ ”Archivio dei movimenti giovanili e di protesta”

Una radio, un mitodi PAOLO SOGLIA

Chiudeva venticinque anni fa Radio Alice, una delle prime “radio libere” italiane. Un’esperienza che segnò un’epoca

éé

S T O R I E D I M E D I A

Film in preparazione“Progetto Radio Alice” (titolo provvisorio)

documentario, regia di Guido Chiesa,

prodotto da Fandango s.r.l.

(È stata anche annunciata la realizzazione

di un film su Radio Alice nel 2003)

Libri“1977, l’anno in cui il futuro cominciò”

(a cura di Franco Berardi e Veronica Bridi,

Fandango 2002. La pubblicazione

è promossa dall’Istituto Gramsci

Emilia Romagna e contiene una ricca

scelta di fotografie.)

“Collettivo A/Traverso: Alice e il diavolo”

(ristampa – Shake edizioni)

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a nostra età, impastata con i ricordi,con il vissuto, con i progetti rinviati,con le certezze messe in discussione,

con lo studio non riconosciuto, con le tes-sere mai prese ci ha portato a conoscereche il tempo della creatività comporta mol-ta fortuna, agganci giusti, buona stella in-somma.Dopo gli studi enologici a Conegliano e aSan Michele all’Adige, mi ritrovai a dirige-re, insieme all’amico scomparso GiorgioMaioli, la rivista I vini dell’Emilia Romagna. Erano gli anni, fervidi, appassionati dellanascita di varie associazioni ed enti, tutti ri-volti alla salvaguardia del patrimonio eno-gastronomico regionale; non solo, naziona-le.E mi riferisco all’ Ente Tutela Vini Roma-gnoli, con sede a Faenza, presso il Munici-pio; alla Compagnia dell’Arte dei Brentatori,con sede a Bazzano, presso l’albergo risto-rante La Rocca; all’ A.I.S. (Associazione Ita-liana Sommeliers), con sede a Milano; allaConsorteria dell’Aceto Balsamico, con sedea Spilamberto (Modena); alla neonata Eno-teca di Dozza , oggi regionale. In tutto questo crogiolo faticavamo ad in-tenderci, perché gli interessi si facevanosempre più lucrosi, il vino era di moda, siaprivano rubriche fisse sui settimanali, lemanifestazioni nascevano come funghi; glianni ’70 corrisposero al grande passo versola sua maggior conoscenza, la diffusionedelle origini, il racconto delle produzioni, iconsigli per la conservazione ed il servizio,le proposte di abbinamento con le vivande.Il viaggiare era sinonimo di informazioneed arricchimento culturale, al punto, folleed assatanato quale ero, che svolgevo l’in-carico di inviato per tante riviste del settore.Quando dovevo intervistare, era meglionon dire da dove venivo, perché la nostra re-gione era malfamata secondo il concetto delbuon vino e l’insolenza quotidianamenteelargita riguardava il lambrusco; gli emilia-ni erano considerati bevitori pessimi. Come se non bastasse, ogni giorno sui quo-

tidiani uscivano notizie terrificanti sulla so-fisticazione del vino soprattutto in Roma-gna.Ecco perché dovevi chiarire all’interlocuto-re che proprio lo scriverne ed il parlarne po-teva servire da deterrente. Erano gli anni della diffusione dei discipli-nari di produzione, con le leggi sui viniD.O.C (Denominazione di originecontrollata) che parlavano, adesempio, di produzioni di uva perettaro assai più basse, un terzo diquelle reali (anche 400-450 quin-tali per ettaro, follia).Pian piano la qualità ha avuto ilsopravvento sulla quantità; i con-sumatori hanno proceduto di paripasso con la scienza enologica; le vi-gne si son fatte povere (con potaturecorte), le cantine sempre più attrezzate epulite, le botti ben conservate, giuste matu-razioni, imbottigliamenti accurati, eleganticonfezioni. E finalmente, anche noi emilia-no-romagnoli - riconoscendo che già alloraoperavano rarissimi precursori della nostragrande e civile storia enologica (evito di farnomi per non rischiare di cadere nella di-menticanza di qualcuno) - siamo stati consi-derati ottimi produttori, di grandi vini, siabianchi che rossi, anche vecchi, da medita-zione.Sempre più i mercati se li contendono, sem-pre più le guide del buon bere riconosconoglorie e primati.Finalmente vini degni, per tavole colte e pa-lati preparati. Sono passati trent’anni; chi ha creduto neldovere di scriverne, nella forza propulsivadella critica oggi si ritiene appagato.Parzialmente, dovremmo dire; in quantouna certa ristorazione, spudorata, eccedenei prezzi dei vini alla carta.D’accordo che la spesa del bere finirà perequivalere a quella del mangiare, ma esa-gerare è controproducente per tutti. Si ri-schia di allontanare le nuove generazionidal consumo del vino, ed è un rischio chegià corriamo.Il costo del menù, vino escluso, mi paregrande segno di civiltà, come dire che po-

trebbe entrare nell’uso comune il vino ser-vito a bicchiere, per sposarlo bianco o rosa-to, leggero o frizzante ad un antipasto o unprimo; per proseguire con un rosso, più omeno di corpo, da accompagnare ad un piat-to di carne e finire, in bellezza, con un cali-ce di passito. Ieri, per allestire un servizio da tavola de-gno bisognava affannarsi a cercare in piùenoteche per ricreare la progressione giu-sta.Oggi, fortuna nostra, l’Emilia Romagna noninvidia più nessuno; siamo produttori di ot-time bottiglie e faremo di tutto per consu-mare la nostra produzione e proporla agliospiti.S’è vero che ci battiamo per una cucina lo-cale, con maggior forza faremo sentire lanostra voce per i vini. q

Quando il vino merita più attenzione e rispetto

di ALESSANDRO MOLINARI PRADELLI

LL

ricominciamo a...

Dall’alto, la zappatura della vigna con ilbidente, il “Bacchino” di Guido Reni e“Pastorale” di François Baucher. Leillustrazioni sono riprodotte dal volumeappena uscito “La grande storia del vino” di Alfredo Antonaros, edizioni Pendragon

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n’opera pensata, progettata e realizzatacon l’obiettivo prioritario di venire in-contro alle esigenze di sviluppo delle

aziende del settore, ma anche per garantire lamigliore economicità ed efficienza a tutte leoperazioni di movimentazione e di scambiodelle merci, per eliminare il più possibile i flus-si di traffico pesante dal centro della città e perridare nuovo spazio alla creazione di insedia-menti abitativi e terziari.Il trasferimento del mercato ortofrutticolo diBologna dalla storica ma ormai obsoleta sededi via Fioravanti a quella più ampia e modernasituata a Santa Caterina di Quarto, nella zonaa nord-est della città, è storia recente. L’inau-gurazione ufficiale del nuovo Centro agro-ali-mentare risale infatti al 1999, anche se la strut-tura è diventata pienamente operativa nei pri-mi mesi del 2000. Si è trattato senza dubbio diuna realizzazione di grande respiro, che ha do-tato Bologna di un’area di 583.000 metri qua-drati, di cui 125 mila coperti, sulla quale sonoin funzione un mercato ortofrutticolo (che nerappresenta la componente dominante), unmercato florovivaistico, un magazzino per iprodotti surgelati, un centro servizi, una seriedi strutture di supporto alle attività commer-ciali, oltre a vaste zone destinate a parcheggi everde.Una vera e propria cittadella dell’ortofrutta, in-somma, all’interno della quale operano unaquarantina di imprese grossiste, due realtàcooperative di notevole spessore e un centi-naio di produttori agricoli. Tremila sono lepersone che vi lavorano, circa 80 mila gli auto-mezzi per il trasporto di prodotti ortofrutticoliche vi gravitano annualmente, di mille miliar-di delle vecchie lire il giro d’affari complessi-

vo, valutando anche l’indotto. Nella compagi-ne societaria hanno partecipazioni i principalienti pubblici locali, Comune, Camera di com-mercio, Regione e Provincia, oltre alle asso-ciazioni imprenditoriali più rappresentative, aistituti di credito e ai commercianti all’ingros-so che attualmente sono attivi all’interno delmercato.Per condurre in porto al meglio gli svariaticompiti che fanno riferimento ad un’infra-struttura così particolare, il Centro agro-ali-mentare si è dotato di una direzione, per cosìdire, “bicefala”. Accanto a Caab scpa, che si occupa degliaspetti eminentemente immobiliari, è attiva in-fatti anche Caab Mercati srl, società alla qualesono state affidate le competenze sulla gestio-ne, l’organizzazione dei servizi e le attività pro-mozionali del Centro. Due, com’è ovvio, anchei presidenti, rispettivamente Aljs Vignudelli eClaudio Sassi, ognuno dei quali alle prese conproblematiche molto diverse.Vignudelli, insediatosi all’inizio del 1998, si èsubito trovato di fronte ad una società in crisi,alle prese con un mutuo onerosissimo, con ilmalumore tutt’altro che latente degli operato-ri del mercato ed impelagata in una vertenzacon i costruttori, che vantavano crediti per ol-tre 35 miliardi di lire. “Una situazione davveropesante - ricorda - che abbiamo dovuto affron-tare con grande coraggio e determinazione.

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Fortunatamente, passo dopo passo, siamo riu-sciti a rimettere a posto le cose, compreso ilnodo del centro direzionale. Quest’area, pro-gettata e pensata per poter ospitare uffici ed at-tività commerciali ed alberghiere al serviziodelle esigenze di operatori, aziende e societàdel settore agro-industriale, oggi ospita rego-larmente la facoltà di Agraria. Adesso si trattadi proseguire lungo la strada del virtuoso risa-namento già avviato e di ponderare bene qua-li siano le migliori prospettive di sviluppo diCaab dal punto di vista immobiliare. Teniamoconto, ad esempio, che sono ancora disponibi-li 100 mila metri quadrati di sedime, seppuregravati da un’ipoteca, sui quali potrebbe anda-

Il Centro Agro Alimentaredi FRANCESCO BACCILIERI

Inaugurato nel ’99 oggi è uno dei mercati dell’ortofrutta più importanti d’Italia. Tante le idee di ulteriore sviluppo raccontate dai presidenti Aljs Vignudelli e Claudio Sassi

UU

G R A N D I I N F R A S T R U T T U R E

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re bene costruire un centro congressi oppure,e questa per me è un’ipotesi più emozionante,un business park destinato all’insediamento digrandi superfici di vendita per il settore nonalimentare e concepito sul modello di quantogià realizzato in Gran Bretagna ed in Olanda.Non dimentichiamo, inoltre, che abbiamo a di-

sposizione la cosiddetta “area Barilli”, di 56 mi-la metri quadrati ed interamente, pagata sullaquale abbiamo già delle richieste ad uso abita-tivo da parte della facoltà di agraria e del quar-tiere S. Donato, e la possibilità di incrementa-re la destinazione residenziale delle aree puòessere incentivata anche tramite accordi pro-grammatici con il Comune. Per quello che ciriguarda - conclude Vignudelli - bisognerà ve-dere se ci limiteremo, eventualmente, solo avendere i terreni oppure se avremo la forza ela capacità di ritagliarci un ruolo più attivo”.Claudio Sassi, dal canto suo, dal ponte di co-mando di Caab Mercati ha il compito di gesti-re la macchina organizzativa della strutturadal punto di vista dell’efficienza interna e del-la promozione verso l’esterno. “Sino ad oggi -dice - il nostro impegno si è rivolto in due di-rezioni: l’ottimizzazione dei servizi e l’interna-zionalizzazione di questo mercato. Sul primoversante, dopo essere partiti da una situazionenella quale tutti gli operatori lamentavano tem-pi troppo lunghi di movimentazione merci e diattività, ora siamo riusciti a migliorare di granlunga l’efficienza complessiva. Posso dire chei servizi organizzati ed erogati da Caab Mer-cati in campo logistico, nel rilevamento deiprezzi e nell’ambito delle modalità di gestionedel mercato sono ormai un punto di riferi-mento a livello nazionale ed europeo. Di re-cente, tra l’altro, abbiamo istituito una nuovaserie di servizi di controllo di qualità sui pro-

dotti. Si tratta di un lavoro che svolgono pre-valentemente gli operatori che vendono, manoi garantiamo supporto e intelligence. In-somma - prosegue Sassi - abbiamo costruitoun vero e proprio gioiellino - un’azienda che hacertificato tutte le proprie procedure, che ha alsuo interno un servizio di marketing e di logi-stica, che progetta ed esporta know how pro-gettuale verso altre aziende - che adesso pun-ta ad un ulteriore sviluppo qualitativo e quan-titativo. Restano infatti ancora degli ambitimolto importanti da percorrere, sui quali unagrande infrastruttura come questa deve daredelle risposte. Uno è il tema del pagamento acassa integrato, un servizio che permettereb-be un rapporto più razionale tra i clienti delmercato e gli operatori commerciali. L’altroaspetto all’ordine del giorno riguarda invece lagaranzia della qualità del prodotto attraversol’individuazione della filiera che lo produce elo commercializza. Queste - conclude Sassi -sono le due grandi tematiche del futuro sullequali stiamo già lavorando, così come siamoimpegnati nel tentativo di migliorare le coseche ancora non funzionano al meglio. Mi rife-risco a certe rigidità legate agli orari, al fattoche bisogna rendere più snello il coordina-mento tra i vari mercati al fine di omogeneiz-zare maggiormente i controlli sui prodotti, einfine alla necessità di realizzare al nostro in-terno una serie di nuovi servizi, penso soprat-tutto a quelli legati al catering”. q

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G R A N D I I N F R A S T R U T T U R E

Svilupponel

quartierefieristico

La Provincia,il Comune di Bolognae l’Ente Fiereinternazionali hannofirmato il 25 gennaiol’accordo territorialeper il potenziamentoe lo sviluppo delquartiere fieristico(circa 100 mila mq diulterioreespansione).Si tratta di un attofinalizzato adincrementare lacompetitività dellaFiera di Bolognaattraverso lariqualificazione deglispazi esistenti,l’aumento dellasuperficie espositiva elo sviluppo dei servizinel quartiere fieristico.L’accordo prevede, tral’altro, la realizzazionedi un nuovo padiglioneespositivo a due piani,la riqualificazione e il

potenziamento dipadiglioni già esistentie il miglioramentodelle infrastrutturedella zona, come ad esempio la realizzazione del nuovo caselloautostradale della Fiera collegato direttamente aiparcheggi e il loroampliamento

A fianco, gli attoridell’accordo: dasinistra TiberioRabboni, Luca Cordero diMontezemolo, Carlo Monaco eVittorio Prodi.Sotto, unapanoramica delquartiere fieristico

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l vertice di Laeken del dicembre scorso halanciato una nuova fase costituzionale nel-la costruzione dell’Europa.

I quindici hanno illustrato l’itinerario delleriforme istituzionali dell’Unione, che - si leggein una nota - dovranno segnare per il cittadinouna tappa decisiva verso un’Europa più sem-plice, più forte nel perseguire i propri obiettiviessenziali e più presente nel mondo. Obiettivo prioritario garantire il funzionamen-to dell’Unione anche dopo l’ingresso dei dodi-ci paesi candidati. È questo l’impegno che guiderà l’attività della“Convenzione”, l’organo istituito dall’ultimoConsiglio europeo con il compito di esaminarele questioni essenziali legate al futuro sviluppodell’Unione e assicurare una preparazione piùampia e trasparente possibile alla prossimaConferenza intergovernativa (CIG). (1)La Convenzione, in seduta inaugurale il 1°marzo 2002, chiuderà i lavori fra un anno - intempo per presentare i risultati al Consiglioeuropeo (presidenza greca) - con un docu-mento che costituirà il punto di partenza per ledecisioni finali della CIG. Innovativo il metodo di lavoro scelto per lariforma dei trattati europei che rappresenta -come ammette lo stesso Romano Prodi - “unadeliberata rottura con il passato”, nell’auspicioche “il nuovo organo possa attingere alle ideee alle esperienze di molti e svolgere i suoi la-vori alla luce del sole”. Oltre che dal Presidente e dai due Vicepresi-denti (tra cui l’italiano Giuliano Amato), laConvenzione risulta infatti composta da 15rappresentanti dei Capi di Stato o di Governodegli Stati membri (1 per Stato, per l’ItaliaGianfranco Fini), 30 membri dei Parlamenti

nazionali (2 per Stato), 16 membri del Parla-mento europeo e due rappresentanti dellaCommissione, ma anche - e qui sta forse l’ele-mento da non sottovalutare - dai rappresen-tanti dei paesi candidati all’adesione, che sa-ranno presenti alle stesse condizioni degli at-tuali Stati membri (un rappresentante delGoverno e due membri del Parlamento nazio-nale), senza però la facoltà di impedire un con-senso che si dovesse delineare tra essi. Il processo intrapreso sembra inoltre suppor-re (di fatto prevede) il coinvolgimento dei rap-presentanti della cosiddetta “società civile”:perché il dibattito sia ampio e coinvolga l’in-sieme dei cittadini. Si tratterà di una rete strutturata di organizza-zioni che saranno regolarmente informate suilavori della Convenzione e consultate su argo-menti specifici, secondo modalità ancora dadefinire. È giunto il momento per l’Europa - affermanoi Quindici a Laeken - di assumersi le proprieresponsabilità nella gestione della globalizza-zione, iscrivendola entro un quadro etico, disolidarietà e sviluppo sostenibile.E’ lo stesso cittadino a chiedere un ruolo piùimportante dell’Unione in materia di giustiziae sicurezza, ma anche risultati concreti sulpiano dell’occupazione, della povertà e dell’e-sclusione sociale, e ad auspicare un’azionerinforzata e coordinata nelle questioni di poli-tica estera. Un ritorno alle origini, dunque. Occorre rivedere i trattati (l’Unione europeane conta ben quattro), nei quali sono sparsi gliobiettivi, le competenze, gli strumenti dell’U-nione, e riflettere sulla necessità di operareuna distinzione fra un trattato di base e le altredisposizioni in essi contenute (valutando an-che l’opportunità di inserire nel trattato base laCarta dei diritti fondamentali proclamata a

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Nizza nel dicembre 2000). Occorre soprattutto valutare se questo riordi-no debba portare all’adozione di un testo co-stituzionale dell’Unione.A questi interrogativi si propone di risponderela neonata Convenzione, che si troverà ad ope-rare in un clima internazionale quanto mai cal-do, e a pensare la riforma dell’Europa in uncontesto caratterizzato dagli attentati di NewYork e dal “dopo 11 settembre”, nella consa-pevolezza di come - cosa non nuova nella sto-ria della costruzione europea - lo choc degli av-venimenti esterni non possa che contribuiread accelerare il processo di integrazione poli-tica dell’UE.

INFO POINT EUROPAComune di BolognaSettore Informazione al CittadinoPiazza Maggiore 6 tel. 051.203592, fax 051.232381e-mail: [email protected]

*dello Staff Info Point Europa

Note(1)Con il termine Conferenza intergovernativa(CIG) si indica un negoziato condotto tra i governidegli Stati membri e finalizzato alla modifica dei trat-tati. Strumento di fondamentale importanza a livel-lo dell’integrazione europea dal momento che i cam-biamenti nella struttura istituzionale e giuridica del-l’Unione - o semplicemente nel contenuto dei trattati- sono stati sempre il risultato di conferenze intergo-vernative (es.: Atto unico europeo e Trattato sull’U-nione europea).Nella storia della Comunità si contano sette confe-renze, l’ultima nel 2000, la prossima prevista per il2004.

Una “convenzione” per l’Unionedi STEFANIA CRIVARO*

Maggiore coesione e capacità di risposta ai bisogni degli attuali e futuri cittadini europei sono i principali obiettivi

che attendono l’Unione europea e le sue istituzioni

II

S P A Z I O E U R O P A

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I l bozzetto fa parte di una serie realizzata dagli studenti delle classi III A e III B della sezione “operatore grafico pubblicitario”

degli Istituti Aldini Valeriani e Sirani, in occasione delle ricerche per la creazione di un logo per l’Associazione Emilia-Romagna - Costa Rica

e di un manifesto sull’educazione ambientale

Studi per l’ambiente

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SABRINA RIMONDINI