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Con il Patrocinio Si ringraziano: la Farmacia Comunale del gruppo Admenta e la Coop Adriatica Biblioteca N. Ginzburg

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Con il Patrocinio

Si ringraziano: la Farmacia Comunale del gruppo Admenta e la Coop Adriatica

Biblioteca N. Ginzburg

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Scrivere è un’arte, trasmettere emozioni lo è ancora di più

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CONCORSO LETTERARIO DI POESIA E NARRATIVA IN MEMORIA DI GIUSEPPE PONTIGGIA

Terza Edizione, anno 2009

IN Italia le persone disabili sono poco meno del 5% della popolazione e si può dire che una famiglia su dieci convive con la disabilità. Il 10,3 % delle famiglie ha almeno un componente con problemi di disabilità. Oltre un terzo (35%) di queste famiglie è composto da persone disabili che vivono sole, il 6,4% da famiglie con tut-ti componenti disabili, il 58,3% da famiglie in cui c’è almeno una persona disabile che si fa carico di un’altra persona disabile.

QUasi un esercito di persone silenziose … L’AIAS Bologna onlus al fine di promuovere la creatività delle persone disabili e

di ricordare lo scrittore Giuseppe Pontiggia, ha organizzato la terza edizione del Concorso Letterario di poesia e di narrativa in memoria di G. Pontig-gia.

HAnno collaborato per la buona riuscita del progetto: la Biblioteca “N. Gin-

zburg”, del Quartiere Savena, di Bologna, la Fondazione Dopo di Noi Bolo-gna onlus, l’Associazione Centro Documentazione Handicap e il gruppo di lettura Legg’Io

L’iniziativa nasce dalla volontà di avvicinare la cittadinanza alla conoscenza del-

la disabilità, attraverso la promozione dell’immagine della persona disabile e la sua positiva rappresentazione. In particolar modo si vuole favorire nei giovani l’educa-zione all’accoglienza nella comunità civile delle persone disabili e la consapevolezza dell’eterogeneità delle esperienze che contraddistinguono il mondo della disabilità, … La cultura come strumento di inclusione.

IL nostro concorso letterario (arrivato alla terza edizione) ha dunque un duplice

scopo: vuole celebrare la memoria dello scrittore scomparso nel giugno del 2003 e promuovere l’abbattimento delle barriere culturali per una società basata sulla tol-leranza ed il rispetto delle reciproche differenze, favorendo e facendo emergere la creatività delle persone disabili. Il Concorso letterario vuole usare la scrittura come strumento di integrazione, emancipazione e autoaffermazione, per manifestare la propria personalità al di là di ogni barriera e oltre la disabilità.

IL concorso prende lo spunto dal libro “Nati due volte” (vincitore del premio

Campiello nel 2001) in cui Pontiggia ha avuto il coraggio di raccontare le difficoltà incontrate con il figlio disabile, senza mai scadere nel patetico e nel sentimentale, il tutto descritto con sorridente lucidità, il segno con cui l’autore guarda l’universo della disabilità. Secondo lo scrittore la persona disabile nasce due volte, come sug-gerisce il titolo: la prima è quella naturale, la seconda è quella affidata all’amore e alla intelligenza degli altri. Ma anche il padre rinasce, nell’accettazione di quella sfida che prima o poi la vita pone a tutti: il confronto e la consapevolezza dei propri limiti.

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HAnno partecipato al Premio Pontiggia: 52 autori, provenienti da tutta le regio-ni: 1 da Aosta, 6 dal Piemonte (2 da TO, 2 da VC e 1 da AL ), 6 dalla Lombardia (2 MI, 2 BG, 1 SO e 1 VA), 14 dal Veneto (11 TV, 2 VI e 1 BL), 17 dall’Emilia Romagna (14 BO, 1 FE, 1 RE, 1 PC), 1 dalla Toscana (AR), 1 dalle Marche (AN), 2 dalla Sarde-gna (CA), 1 dall’Abruzzo (AQ), 1 dalla Basilicata (MT), 1 dalla Puglia (LE) e infine 1 dalla Sicilia (CT).

IL nostro piccolo esercito ha voluto esprimersi con coraggio e passione mostran-do un’originale e particolare creatività in ognuno dei testi proposti.

L’AIAS di Bologna onlus ringrazia tutti i partecipanti, che hanno voluto aderire al concorso. Questa è stata una terza edizione all’insegna dell’emozione e della cu-riosità e possiamo inoltre dire che non è stato facile per la giuria trovare i vincitori.

I nostri ulteriori ringraziamenti vanno ai componenti della Giuria che per mesi si è impegnata con grande competenza e totale generosità ad esaminare e valutare i numerosi testi, in particolare: Roberta Ballotta, Arianna Buson, Rosalba Casetti, Claudio Imprudente, Delia Nardi, Costanza Savini e Giancarlo Vicinelli.

INfine a Carlo Ciccaglioni, che ha curato e coordinato i lavori del concorso lette-rario con intelligente passione va il grazie di tutti i partecipanti.

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MIRCO FACCHINETTI ALBINO (BG)

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GIORGIO BONFANTI PONTERANICA (BG)

LA VITA COME DONO

La vita è un dono. Per chi crede in Dio è un dono di Dio; per chi non ci crede, la vita

resta un dono ricevuto da due persone, i genitori, che decidono di mettere al mondo

una nuova creatura attraverso la loro unione, solitamente in modo consapevole. Una

nuova vita è, così, un duplice dono: per chi la genera e per chi sarà chiamato a viver-

la. Non sempre però le cose vanno come nei film. Purtroppo o per fortuna, a voi un

giudizio, almeno la vita non può essere scientificamente selezionata. Può capitare

che, dopo tanta attesa, il nuovo nato sia diverso, handicappato, disabile o diversa-

mente-abile, come i burocrati amano definirci, ma la sostanza non cambia: non sarà

un bambino normale. A quel punto tutto cambia: quello che doveva essere un dop-

pio dono rischia di essere visto, almeno in principio, come un doppio danno. I geni-

tori vedono il mondo che gli crolla addosso, in poco tempo devono ripensare a come

affrontare questa inaspettata sorpresa. Fin da piccoli ci insegnano che non si rifiuta

mai un regalo: per quanto brutto ci sembri, dobbiamo accettarlo; per il suo carattere

di gratuità, un dono non si deve nè richiedere, nè rifiutare. Per questo motivo, una

volta raggiunta la maturità necessaria, anche la persona disabile, padrona di una vita

che sperava diversa, deve prendere le redini del gioco e chiedersi: come posso utiliz-

zare questo regalo? Rinunciare a lottare è fuori discussione, anche solo per rispetto

di chi ci ha supportato, e talvolta sopportato, fino a quel momento, e ha avuto il co-

raggio di andare oltre le diagnosi, le cartelle cliniche, le patologie e le aspettative di

vita. Chiaramente non esiste un modo standard di vivere ed esso è fortemente con-

dizionato dalla patologia con la quale si è chiamati a fare i conti. Tuttavia, se inten-

diamo il vivere come la facoltà di provare e far provare emozioni a chi ci sta vicino,

tutti siamo in grado, in un modo o nell’altro, di vivere. Attenzione: questo è un elo-

gio alla vita, non alla disabilità. Comprendo che a nessuno faccia piacere essere disa-

bile, ma so anche che, esclusi rari casi in cui la patologia era prevedibile, nessuno

poteva sapere che vita sarebbe stata. Il fatto che non sia la vita che ogni bambino so-

gna non significa che non possa regalare grandi cose. Con ciò non si intendono suc-

cesso, ricchezza, famiglia, fertilità: si intende, se mai, la possibilità di vivere almeno

un sentimento profondo, autentico. La sfida che la disabilità o, più in generale, la

diversità pongono a chi le vive è di far ricredere tutti, in primis sè stessi: proprio

quel danno può tornare ad essere il dono sperato durante la gravidanza o assaporato

prima di un incidente. Per chi nasce disabile, l’immaginazione è una componente

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fondamentale della vita: non sa cosa si provi a correre, a saltare, a scalare; può solo

immaginarlo. Talvolta, l’esasperata ricerca di una vita diversa, attraverso l’immagi-

nazione, porta il disabile a soffocare dentro a questo rifugio inventato. L’immagina-

zione deve diventare processo creativo e mai distruttivo, sia per i disabili che per i

così detti sani. Il verbo superare e la parola disabilità fanno a pugni. Una disabilità

non può mai essere superata, ma accettata sì. È proprio l’immaginazione, nelle giu-

ste dosi, l’ausilio ideale per imparare a convivere con le nostre difficoltà: grazie al-

l’immaginazione della persona con deficit mentale o fisico e di chi gli sta accanto si

possono creare situazioni che rimandino a sensazioni che si vivono in una vita nor-

male, ammesso che ne esista una. Una persona che spinge una sedia a rotelle con ai

piedi dei roller, per esempio, fa provare a chi è seduto davanti l’ebbrezza di pattinare

e dandogli il compito di frenare, per curvare o fermarsi, lo responsabilizza. Oltre alla

giusta quantità di immaginazione, per trasformare il danno in dono sono necessarie

tanta volontà e soprattutto tanta fiducia per affidarsi e confidarsi. Come dice Povia

“senza qualcuno nessuno può diventare un uomo”, men che meno lo può fare una

persona con difficoltà. Chi ha problemi, almeno in una cosa tra tutte quelle che fa,

ha bisogno degli altri. Se non riuscirà a chiedere, non solo non avrà superato l’osta-

colo di quel momento, ma più profondamente non sarà stato in grado di accettare la

sua diversità. Questo processo richiede tempo e fatica, in particolare per chi si è

scontrato con la realtà della disabilità non all’inizio, ma nel corso della vita. In quel

caso l’immaginazione è sostituita dal ricordo di com’era correre, saltare, scalare. Im-

maginando la vita come un fiume, possiamo affermare che la stessa acqua che è par-

tita dalla sorgente, cioè il passato, ora passa sotto i nostri occhi ed è il presente e pre-

sto sfocierà nel mare del futuro. Così è la vita di ogni persona: anche quando il pre-

sente è su una sedia a rotelle e non sappiamo in che mare ci porterà il nosro corso,

dobbiamo ricordarci che noi siamo sempre la stessa acqua di un tempo, con le nostre

caratteristiche e le nostre passioni, e dobbiamo coltivarle per prepararci al meglio a

sfociare nel futuro, qualunque esso sia. La disabilità non è bella, ma la vita sì e so-

prattutto è un dono e non si può rinunciare a riceverlo.

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FILIPPO DEMADAI BAGGIO CASTELFRANCO VENETO (TV)

Sogno Ho sognato di essere una libellula… ma qualcuno mi ha spezzato le ali; hanno raccolto le mie lacrime che sembravano diamanti su di un soffice cuscino d’Alcantara. Mi piacerebbe di essere Te, dolce Dea. Volare attraverso il niente planare su un campo di girasoli. Vorrei essere un insetto, solo un insignificante insetto, una piccola Formichina che lavora… lavora… Potrei essere il cuscino dove appoggi i tuoi bei biondi capelli Dea. E io ti chiamo “VITA!” Ho immaginato di abitare in un bosco con Elfi e Fate, in un incantato giardino, fragole bacche, fiori di loto… splendidi papaveri rossi… in un magico turbinio di suoni colori sottili, ma rumorosi fragori. Come morbida panna sulla luna shhh Shhh. Con il silenzio, nel silenzio ho sognato di sognare, lei la vita !

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GIANLUCA BUONO BOLOGNA (BO)

CAMICIA ROSSA, CAPELLI LUNGHI Ho la camicia rossa e i capelli lunghi rilascio autografi e interviste tengo provini e concerti a Londra, Dublino, New York, pechino, e ancora Londra. Ho fans e amiche che porto a cena, una donna africana di nome Antonella, Ho un assistente che mi porta dove devo andare. Al concerto, in hotel, in conferenza stampa, in bagno.

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FRANCESCO MURA FELTRE (BL)

NON VOGLIO ALTRE VITE mi basta una spilla me la ficcherei nel cervello come un chiodo fino allo sbalordimento totale vedo simboli di morte come carte volanti di persone disintegrate ed il sangue si spande sui muri e il mio urlo risuona nel mondo è luce non voglio altre vite

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STEFANO BERTOLINI TALAMONA (SO)

Oh mia vita Oh mia vita oh mia che hai sofferto tanto Hai avuto un brusco cambiamento Nel pieno della gioventù mi hai quasi spento Ma l’amor della famiglia mi è stato accanto Molti amici mi hanno abbandonato E adesso da pochi sono circondato L’animo mio contempla la vita passata La mia gioventù è stata bruciata Poter correre in un prato E rimanere senza fiato La vita era intensa e deliziosa E l’amavo più di ogni altra cosa Adesso posso solo immaginare Una vita che potevo sognare Il mio vecchio mondo mi faceva divertire Mentre questo mi fa impazzire E poi su questo pianeta sto male Perché non so il finale Ma a questa vita non posso rinunciare

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MAURO FULGARO BOLOGNA (BO)

Irrinunciabile

Di ogni granello farne roccia custodita

nell’antro più felice dell’animo

per spanderlo al mondo e godere dell’inventiva

d’una vita sincera. Tanti i sogni negati e

da immaginare ancora, ricerca costante e affannosa

di sentieri luminosi a volte confonde l’animo.

Non arrendo alle lacrime nostalgiche per il tempo strappato,

agli affanni che distraggono i pensieri più liberi e, felice di ogni sguardo

regalato al vento, mi ritrovo meravigliato

per l’incantevole spettacolo che il mondo m’offre…

me ne lascio cullare. Abbraccio la vita

e ne carezzo ogni lieto profilo, dimentico di ogni stortura

sublimo ogni mia aspirazione e me ne lascio avvolgere.

All’irrinunciabile rappresentazione della vita

sorrido e apro i pensieri più gioiosi.

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MARCO MIGNARDI BOLOGNA (BO)

Storia di una nascita comica e bizzarra

Questa storia comincia nella torrida estate del millenovecentocinquantasette la mia mamma è già in ospedale e ad un certo punto nella sua placenta comincia l’ultima riunione d’organi che precederanno la mia nascita, i medici hanno già deciso che do-vrò visitare questo pianeta chiamato terra cosi avvincente e affascinante. A questo plenaria d’organo sono invitati per motivi di tempo cinque organi, che pri-ma della mia nascita discutono sui compiti e definiscono i propri compiti di ruolo che dovranno assumere una volta che l’ora x della mia nascita sarà arrivata.

Testa Io sono il cervello e attraverso di me, come tutte le altre persone che vivono e che vivranno con lui sulla terra, imparerà a leggere a scrivere e fare i conti. Queste fun-zioni sono fondamentali perché metteranno questa persona in grado di colloquiare con tutti i suoi simili. Io sono il linguaggio la razionalità e il pensiero concreto e astratto in tutti i campi della vita storico psicologico religioso filosofico e comprendo tutte le conoscenze e progressi che gli uomini compiono si attuano attraverso il mio aiuto. Nel cervello di questa persona si è inserito un vecchio cow boy: “Bilirubina Joe” che pochi giorni dopo ha preso la chiave corrispondente al D...N A entrando poi nella mia sala computer e ha guastato alcuni funzioni. Io spero che arrivino i tecnici mandati dalla “Nasa” prima della nascita, altrimenti alcune mie funzioni potrebbero essere compromesse, il guaio è che tutti i tecnici in estate sono in ferie e non vorrei che le riparazioni che si dovranno compiere fossero troppo costose.

Mani Noi siamo le mani e attraverso di noi questa persona come tutte le altre che vivono sul pianeta terra imparerà a scrivere disegnare e a scolpire. Noi siamo la concretiz-zazione della volontà, corrette o negative d’ogni singolo individuo, quindi anche di questa nuova persona che tra alcuni giorni vedrà la luce di questo nuovo mondo. Attraverso di noi gli uomini possono compiere azioni d’ogni tipo come imbracciare un’arma per fare una guerra oppure scavare a mani nude per salvare una vita dopo una calamità naturale. Gli innamorati, attraverso di noi si scambiano gesti affettuosi o piccole complicità che possono determinare la fine o il nuovo inizio di un’amicizia o il sorgere di un nuovo amore. Noi siamo la capacità realizzativi d’ogni attività che è pensata e progettata dagli uo-mini.

Le gambe

Noi siamo le gambe, attraverso di noi gli uomini possono arrivare sulle montagne più alte della pianta o toccare gli abissi dei mari più profondi e sconosciuti, le gambe sono fondamentali per essere campioni nello sport. Su di noi, il danno causato da Bilirubina Joe, potrebbe essere maggiormente eviden-te anche se questa persona che nascerà non fosse come Mennea, famoso campione olimpico italiano, che un giorno dopo molti anni vincerà una medaglia olimpica. In

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ogni modo questa persona apprenderà il vecchio adagio nella sua vita presto e bene non vanno assieme.

I Piedi

Noi siamo i piedi, attraverso di noi gli uomini toccano i palazzi regali o i luoghi più bui del pianeta, i piedi possono essere immersi nel fango e toccare la sabbia del ma-re. I miei piedi al contrario, avrebbero voglia o desiderio di restare liberi non sempre chiusi nelle scarpe strette e buie, anche noi dobbiamo lottare tra praticità e libertà. Noi serviamo anche per ballare e quando apparteniamo alle belle ragazze entriamo nella cronaca rosa e viviamo il nostro quarto d’ora di notorietà. Siamo stanchi di non essere mai considerati o considerati come il paradigma sempre più negativo dei ra-gionamenti umani.

Cuore Il cuore esordì dicendo: “Io sono stato creato da Dio e messo nel corpo umano per essere il motore della vita, attraverso il mio battito regolare o agitato lento o tumul-tuoso, l’essere umano vive le varie situazione della vita, lavora, si diverte, fatica sotto i mari o nelle difficili scalate di una montagna con chiodi e piccozza. Io faccio fluttuare e continuare la vita fisica, affettiva, psicologica, spirituale e attra-verso di me si susseguono nelle sue vite tutte le emozioni. Quando divento vecchio posso indurirmi un poco, certamente dovrebbe aiutare l’uo-mo e la donna a non rompere mai i legami d’amicizia e d’affetto che li legano scam-bievolmente nelle varie situazioni di vita. Pensate, continua il cuore ridendo, un giorno Bilirubine Joe voleva mandarmi in ar-resto cardiaco, ma io gli ho detto chiaramente: “se tu arresti il mio battito, togli la vita all’uomo e alla donna, mentre se tu mi lasci vivere sono libero d’incontrare tutte le fragilità e tutte le qualità delle persone. Sarà possibile che gli uomini e le donne imparino attraverso di me a viaggiare dentro se stessi, diventando capaci di realizza-re la loro parte migliore. Dopo questo discorso anche Dio scoppio a ridere e si complimentò con il cuore per la saggezza che aveva dimostrato.

Conclusione Io ringrazio il cervello per aver pensato, la mano per avere scritto, Bilirubina per a-vere rallentato ma non fermato del tutto la mia corsa e i piedi per continuare a pa-zientare nel buio delle mie scarpe. Il cuore per continuare, seppur tra luci ed ombre, a sentire la vita sempre come un bel gelato di crema e after eight.

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GRAZIELLA ROGGIOLANI AREZZO (AR)

“POSSIAMO IMMAGINARE TANTE VITE, MA NON RINUNCIARE ALLA NOSTRA"

Come esseri umani abbiamo la tendenza a dare poca importanza alle piccole cose, quasi che fossero di minimo valore o di impatto trascurabile. "Che vuoi che sia?" è la frase tipica che indica il grado d'importanza data a queste inerzie. Solo che quando queste inerzie si chiamano "ittero" e "inefficienza", le vite, o meglio la nostra, possia-mo solo immaginarla...

Allora immaginiamone una.

Non una di quelle avventurose, alla "Indiana Jones", ma una banale, la più banale che possa esserci. Quanto vorrei alzarmi la mattina, infilare vestaglia e ciabatte, an-dare in bagno, poi in cucina, magari sbuffando per i piatti da mettere in lavastoviglie e fare il caffè per me e la mia famiglia. Poi, quando gli altri sono andati via, rimettere a posto brontolando per il solito disordine, fare la lista, vestirsi e magari truccarsi, le donne si sa, sono vanitose, prendere la macchina, andare a far la spesa e dopo essere tornata preparare il pranzo... e così via... noiosa vero?... beh... per una persona nor-male, può essere... allora dopo aver immaginato, vi descrivo, in parte, una delle mie giornate.

Se il sonno e profondo, raramente, mi sveglio un po' meno indolenzita del solito;

che volete, a cinquant’anni, la tetraplegia spastica è aggravata dall'età. Già prima di essere completamente sveglia avverto le solite interferenze: tremore dentro le ossa, dolori lombari ecc.; quando mi tirano su per alzarmi, la colonna vertebrale ha un fremito, come una pila di piatti troppo alta che viene portata da un cameriere sbada-to. La sciatica, cronica da anni, mi impedisce di fare assegnamento sulla gamba sini-stra... quindi, già svegliarsi e un dono di Dio e lo e anche vivere giorno per giorno, dipendendo dai miei familiari. L'unica attività della giornata che mi rende delle sod-disfazioni la svolgo al computer, mezzo insostituibile che mi consente di esprimermi al meglio delle mie capacità.

Perdere l'autonomia motoria e ridursi su una sedia a rotelle, dopo tutta la fatica e

gli sforzi fatti da me, dalla mia famiglia e dai vari fisioterapisti del Dottor Adriano Milani, poteva abbattersi come un macigno troppo pesante da sostenere, schiaccian-domi il morale, se non fosse stato per l'attività svolta quando ero ad un passo dallo stato "normale". In quegli anni ho avuto modo di farmi un bagaglio culturale e di e-sperienza che mi ha portato alla seguente osservazione.

Si parla molto dell'abbattimento delle barriere architettoniche ed è giusto. É vera-

mente avvilente non poter visitare un certo posto perché mancano le strutture per i diversamente abili (io non mi sento handicappata). Tuttavia, le vere barriere sono nella mente e nel cuore della gente. Sorrido quando vedo i bambini che mi guardano perplessi, che cercano di capire perché storco la bocca in un modo così sgradevole o per i miei movimenti scomposti. Almeno sono sinceri ed io cerco di mostrare loro empatia, chiedendomi some reagirei al loro posto.

Nella mia vita riveste importanza vitale la "persona segreta del cuore", il guerriero che combatte dentro me che diventa sostegno e modello per gli altri "normodotati",

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facendomi avere, nella piccola comunità spirituale di cui faccio parte, un onore in-consapevole che mi viene dalla mia particolare opera di volontariato sociale. Nel mio operato non ci sono disabili e normodotati ma solo persone dal cuore più o meno sensibile.

Certo, la mia vita è stata segnata dalla tetraplegia spastica, dalle incomprensioni, lacrime e dolorose emarginazioni. Ma è stata bilanciata dall'amore dei miei familiari, genitori, marito e figlia; e anche se so già che la mia vita ora potrà solo peggiorare, almeno dal punto di vista fisico, non ho proprio nessuna intenzione di rinunciarvi; anche perché posso comunque immaginare il futuro.

Mi vedo mentre mi alzo la mattina, infilare vestaglia e ciabatte, andare in bagno, poi in cucina e, mentre aspetto che venga su il caffè, guardo dalla finestra il mio giar-dino sotto un cielo limpido, dove nessuno dice: "Sono malato".

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CHIARA MAGGIONI MILANO (MI)

IO COME GLI ALTRI Tante vite possiamo immaginare … ma se rinunciamo alla nostra niente ha senso!

E penso … ma le persone che ogni giorno si affannano per arrivare in orario in uffi-

cio, per andare dal parrucchiere, o che semplicemente si alzano dal letto … chissà se

qualche volta anche solo per un secondo si fermano a “percepire” le proprie gambe

… che meravigliosa sensazione è decidere di muoversi e poi riuscire a farlo, pensare

di fare un passo e subito dopo sentire i piedi e le gambe spostarsi … progettare un

piccolo salto e in un secondo perdere il terreno sotto i piedi …. che leggerezza! Io so-

no su una carrozzella e tante volte ho chiesto a mia mamma che sensazione si prova

a camminare …. lei mi ha guarda un po’ sorpresa …. per lei è una cosa automatica …

come fare a spiegarmi ? eppure che grande importanza ha per chi non ha mai potuto

farlo ….

Tante volte sogno di ……………., mi faccio domande sul mio futuro (avrò figli, un ma-

rito, una casa, un lavoro?) banalità per ogni persona, retorica per tanti che ormai

vanno controcorrente per partito preso …. ma la mia vita è stata, è e sarà sempre

piena di sfide anche verso me stessa … incontrerò delle persone che magari mi fa-

ranno soffrire ma penso che questo mi renderà più forte e saprò rispondere per le

rime.

Perché, in certe situazioni, le parole sono l'unica arma che ho e sono consapevole che

a volte fanno più male dei pugni. Mi rendo conto – d’altra parte – che esistono an-

che persone meravigliose che mi hanno aiutato e mi aiutano a non arrendermi al vit-

timismo: la vita è troppo breve per passarla a rimpiangere ciò che sarebbe potuto

essere e non è stato …. perciò bisogna accettarsi per come si è cogliendo ciò che di

buono la vita offre!.

Personalmente io ,stando sulla carrozzella, credo di aver sviluppato una particolare

sensibilità che mi consente di percepire pensieri e sentimenti di chi mi sta vicino

senza che questo mi dica una parola e penso che da un lato sia un dono meraviglioso

e dall’altro lato un importante meccanismo di difesa: mi consente sia di provare a

far stare meglio la gente sia di evitare di sprecare tempo con qualcuno che non mi

merita, cercando il modo per cercare di risparmiarmi inutili sofferenze.

Per quanta gente egoista e cattiva potrò incontrare, ci saranno altrettante persone

sincere e affettuose pronte a sostenermi !! e queste sono e saranno sempre nei miei

pensieri e davvero degne di occupare un posto speciale nel mio cuore.

Tuttavia la sensibilità di cui parlo è un'arma a doppio taglio tant'è che basta una

minima cosa per farmi soffrire, ma purtroppo coloro che mi circondano non sempre

se ne curano o peggio !! non se ne accorgono... a loro non importa o semplicemente

- e questa è l'ipotesi più agghiacciante - per loro è normale comportarsi così.

Essere sensibili come lo sono io può diventare davvero frustrante e confesso che a

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volte vorrei non esserlo - ma ho detto che non rinuncerei mai alla mia vita e non ri-

nunciare alla propria vita significa prendere il “pacchetto tutto compreso” di come si

è … Vorrei iscrivermi all'università e studiare lettere anche se ho bisogno di un com-

puter o di dettare a qualcuno per poter scrivere perché non sono in grado di farlo a

mano quindi se non trovo una persona disposta a svolgere queste mansioni non pos-

so intraprendere determinati percorsi. Ma … il mio motto è “Mai fermarsi e pianger-

si addosso!”… non bisogna mai farlo, non serve a nessuno tanto meno a quello che

decide di farlo. Ciascuno deve cercare di realizzare i propri sogni tenendo conto dei

propri limiti e delle proprie inclinazioni ed è la cosa che ho sempre cercato di fare e

continuerò a provarci. Se poi non troverò un lavoro che mi piaccia almeno un po'…

beh! lavorare bisogna, però se lo si fa evitando di continuare a guardare l'orologio

per la noia è anche meglio! perciò pur sapendo di avere molto da studiare e da impa-

rare un domani tenterò di impegnarmi in un lavoro che mi piace in modo da esser-

ne soddisfatta e svolgere le mie mansioni con entusiasmo, allegria e dedizione … do-

po tutto in un ufficio si deve stare chiusi otto ore o più ed il peggior nemico è la

noia!!.

Nella vita la sofferenza è sempre in agguato e nessuno può garantirmi che ne sarò

immune ma so una cosa: se magari una persona cara (per esempio un amico o pre-

sunto tale) mi ferirà, il mondo non si fermerà ad aspettare che io ripari il mio cuore

… stringerò i denti e andrò avanti e cercherò di fregarmene il più possibile: non c'è

peggior tortura che essere ignorati, e la cosa migliore è non arrendersi mai !. Niente

e nessuno può essere talmente importante da meritare le nostre lacrime. Non serve,

non risolve le situazioni che ci affliggono e le persone che ci umiliano - perché maga-

ri ci considerano delle nullità - non cambieranno opinione e penso che l'unica cosa

che si può fare per provare ad ottenere rispetto dagli altri - anche da quelli che ci fis-

sano come animali rari per la strada - è credere in noi stessi, non arrendendosi mai,

spronarci a dare non il meglio ma il massimo ! Loro sono i veri disabili nella miopia

dei loro ragionamenti ma con la presunzione di ritenersi superiori … ma non riusci-

ranno a raggiungere i miei sogni che liberi continueranno a volteggiare sopra le loro

piccole teste!.

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GIACOMO DE NUCCIO GALLARATE (VA)

LA FUGA

Tanto tanto tempo fa c'era il paese Stranezza. Una nube, molto diversa dalle altre, ne aveva attraversato il cielo e aveva scatenato una pioggia di dolore. I suoi abitanti comminavano senza piedi, guardavano con le orecchie, grandi e per-fette, ascoltavano con gli occhi e facevano tanta fatica anche a giocare, passavano le loro giornate tentando di cambiare e non gioivano di niente. Gli adulti erano rassegnati alla solitudine. A Stranezza non si sposava nessuno, non si facevano feste, non sembrava nemmeno un paese, cominciarono a chiamarlo il MONDO A PARTE. Il tempo continuò la sua corsa. In un grigio mattino di gennaio si presentò uno strano personaggio. Bello, alto, bru-no, aveva gli occhi buoni e il passo lento e strascicato. I lunghi calzoni stropicciati gli conferivano un'aria trasandata, ma non toglievano dignità al suo aspetto. Il leggero bagaglio pendeva dimenticato al suo braccio sini-stro, il fianco destro accoglieva un'ombra inerte, la bocca, accennante un sorriso scanzonato, segnava di brevi rughe il volto aperto e fiero. Lo sconosciuto lesse il no-me di una via e al numero 57 si fermò. Con gesto misurato suonò il campanello, tutto in lui rimandava l'abitudine alla pa-zienza e alla tolleranza. La voce roca di uno strumento da tempo desueto echeggiò sinistra. L'uomo attese. Il cigolio di vecchi cardini rinsecchiti accompagnò l'apertura interminabile dell'u-scio. Dall'interno un odore di stantio forte e penetrante e un buio compatto. Parole che suonarono come sbadigli: "Chi siete?". Per un attimo lo sconosciuto smarrì. Riconobbe la piccola figura, il tempo non l'ave-va cambiata, solo, ai margini degli occhi, leggeri solchi e raggi argentei sui capelli. La voce dell'uomo giunse familiare e dolce. "Sono io", disse, "sono tornato". Il tempo sembrò fermarsi e appannate immagini di un identico flash back attraver-sarono il cuore di entrambi. La donna mosse in avanti, le mani ancorate all'urlo si-lenzioso che punse i suoi occhi. Le pagine del tempo si ricomposero....... l'uomo ab-bandonò il bagaglio e il suo petto accolse le lacrime di sua madre in un abbraccio consolatorio a lungo sospirato. Era fuggito tanto frustrato quanto giovane e sprovveduto, spaventato dalle sue di-verse abilità. Per certi versi abitante di MONDO A PARTE e parte del mondo, così vivo in quel mare di morti. Fuggito senza parole verso una speranza. Ritornare non faceva parte dei suoi piani. Non si staccò da lei che per tergerle il volto e la riaccolse in quel suo modo tenero di sempre di comunicarle il suo amore. "Figlio", sussurrò la donna, "figlio..." L'attesa aveva rubato i suoi giorni e adesso? Seguiva irrefrenabili pensieri e ibernava mille interferenti interrogativi. Sesto senso o desiderio? Stretta a lui seppe ch'era tornato per restare. Troppo tardi aveva compreso il vero motivo della sua fuga e si era consegnata ad una ferita insa-nabile. Il giovane, fortemente costretto da un ambiente intimamente vile e sostanzialmente incapace, aveva permesso al laconico perbenismo dei più di schiacciarlo per quel braccio e quel piede mai nati. La fuga era stato un atto di coraggioso amore verso la

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vita, ma lei lo aveva odiato, dolorosamente, per quel lutto impostole. Non voleva comprendere, voleva suo figlio. Era stata egoista. Grande era, dominante e preziosa, la gioia di oggi. Egli, attraversando il mondo, aveva conosciuto il bene e il male, sempre con il timore di essere troppo diverso per vivere nel mondo. Per un tempo incalcolabile non aveva gustato i doni fantastici della vita, poi, come spuntate da un magico cilindro, le sue oltremodo pregevoli virtù contrapposero e l'uomo aveva varcato in tempo, con strabiliante costanza, con raffinata destrezza la soglia di quell'eremo in cui era stato confinato. Era fuggito per salvarsi, per difender-si e difendere quel principio di uguaglianza che a tutti concede il diritto alla vita e alla ricerca della felicità. Aveva studiato, studiato e lavorato, signor dottore lo chiamavano tutti, e, oltre ogni limite competente, aveva volto le sue energie a salvare anche coloro che avrebbero meritato di essere distrutti. Nemmeno una briciola di rancore, solo una fastidiosa cicatrice dolorante per quella casa e quella madre mai dimenticate. Ora, consapevole finalmente d'essere, poteva restare, ricucire un brandello di vita che gli appartene-va.. "Andiamo!", disse e si avviarono. Bentornato!, sussurrarono i muri e ogni cosa prese a risplendere di antico amore, di nuova vita. Sul fuoco una pentola borbottò zelante e allegra un saporito e vivace sa-luto profumato e familiare.

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LAURA GAMBARELLI PIACENZA (PC)

NELLA MIA VITA (1980)

Scopro ogni giorno, nelle cose nelle persone…

…l’amore.

Quell’amore che mi dà un'immensa gioia, che mi permette di

comunicare alle persone care ciò che sento dentro di me.

Ma ogni giorno scopro anche il peso della sofferenza, della mia sofferenza disabile

e l’amore e la gioia non esistono più

ma solo, il peso per me e per gli altri

di un gran limite.

Nonostante tutto, non riesco a confondere

la mia umanità se penso a chi è

più sfortunato di me ritrovo la forza e la gioia

di vivere. Ma una domanda

senza mai una risposta mi gira nella testa

Perche…?...Perchè?

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PIER FRANCESCO MALVASI SCANZANO IONICO (MT)

“LA VITA E’ BELLA”……………… IO AMO UNA PERSONA CHE È BRAVA E CORAGGIOSA. LEI CAPISCE LE COSE. IO SONO STATO NEL FUTURO. QUESTA VITA È BELLA. PERCHE’ HO LA MIA RAGAZZA, HO I MIEI FIGLI. ADESSO HO 12 ANNI PERCHÈ HO SOGNATO UNA VITA PER ME. LA VITA È BELLA CHISSÀ ?

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BARBARA CANNETTI CORLO (FE)

Il cuculo S’è compiuta - tra rami selvatici - l’ultima ingiustizia di cui notizia mai è stata rivelata … È scomparsa tra groviglio di foglie che l’ha vista nascere. S’è richiusa la scena accartocciata sul suo segreto perché flebile è la protesta di chi non ha forza adatta a contrastare provocata morte per imbeccata di pulcino dalla parvenza ingenua. È questa la tragedia dei nidi su cui cuculo lascia - come un marchio - piume di paura e rostri di famelica vitalità …. L’inganno di sfruttatori presto diventa prepotenza di predatori. Ali ignare proteggeranno le notti e nutriranno l’avida fame di prole abbandonata, inconsapevoli del lutto subito … Così i miei giorni sono uova di cuculo che all’improvviso si schiudono depredandomi di un futuro per il quale canta requiem la mia consapevolezza attraverso verso strozzato che prorompe su dolore di vita negata. Ma crescono forti gli istanti che tra le mani mi ritrovo e cullo, pensando a quelli distrutti prima del tempo della schiusa …

NOTA: Il cuculo, in natura, depone le uova nei nidi di altri uccelli. Il pulcino, appena nato, getta fuori dal nido gli altri pulcini o le uova che non si sono ancora dischiuse

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SILVANA PAGELLA ALESSANDRIA (AL)

D’ALTRO CANTO…

Messaggio ad un amico

Mio carissimo amico, non devi stupirti di me.

Sono una creatura qualunque, che ha conosciuto, sperimentato

il dolore e la sofferenza fin dalla tenerissima infanzia,

trasformandoli lentamente in luce ed in serenità.

D’altro canto, cosa avrei potuto fare? Si sa, non si può sfuggire al dolore.

Il dolore, come la gioia, appartiene alla vita.

Se tu fossi nato come me, avresti fatto, sicuramente, altrettanto.

Mi auguro che la vita sia sempre, nonostante tutto,

la figlia della gioia.

Grazie di cuore, amico!

Con un immenso abbraccio di stima e di solidarietà.

La tua amica

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SABRINA FRANCESCHELLI MOLINELLA (BO)

LONTANO DAL PADRE Penso alle mie solitudini, Il mio futuro senza quell’uomo, che ha il mio stesso sangue, Io che mi accontentavo di quel poco che mi dava. Ma forse non me ne accorgevo più di tanto. Sento il vuoto. E mi ricordo quando girava per casa, o quando sedeva in poltrona davanti alla televisione. Tu padre con la tua malattia sei diventato silenzioso. Poi sei rimasto nel tuo mondo. Non mi proteggi più, non mi racconti più il tuo vissuto e le tue storie: che mi hanno dato tanta ricchezza. Mi manca tutto questo. Mi manca anche gli scontri che avevamo. Dopo tutto quello che ho scritto di te papa, e di quello che mi sono ricordata. Ti vedo padre su quella carrozzina, mentre guardi fuori dalla finestra, quel giardino. Con i tuoi occhi pieni di stupore. Come un bambino che viaggiasse con la mente nel passato. Così ritorni bambino e il presente non ti appartiene più. E chi ti passa accanto sono tutti estranei.

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ANDREA GREPPI BOLOGNA (BO)

“Io vorrei….” Vorrei essere un’altro ragazzo ma sono Andrea, un disabile. Vorrei avere una vita indipendente ma devo dipendere dagli altri. Vorrei essere amato da una ragazza, ma ho solo amicizia. Vorrei tante cose, ma sono irraggiungibili. La mia vita e’ così, con tante persone che mi vogliono bene . A questa mia vita non rinuncio, non rinuncio a tanto amore.

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GIOVANNA ORVIETANI ANCONA (AN)

Momenti di vita

La vita è qualcosa che assomiglia ad una grande

fonte di emozioni che non sanno esprimersi

con le parole ma solo tramite il loro gradevole

echeggiare lontano

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GIANCARLA PASSERINI BORGONUOVO DI SASSO MARCONI (BO)

MI MANCHI

Mi manchi al mattino.

Al mattino

tu che aspetti che ti faccio il caffè

in silenzio stai mentre vai via

il saluto che vai via.

Aspettandoti alla sera.

Io.

Che non ti ho dimenticato.

Dove sei.

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EUGENIO DEGLI ESPOSTI CASTELFRANCO EMILIA (MO)

LA SPERANZA DI VITA La speranza è la sopravvivenza di vivere durante la vita, soprattutto il nostro futuro è dentro di noi. L'anima ha il compito di far funzionare il cuore che batte perchè è pieno di vita e di salute. I nostri spiriti fanno funzionare la vita : è bella, soprattutto è romantica per noi stessi ; il nostro cuore è la nostra vita !

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LUCA BASSO ALBAREDO DI VEDELAGO (TV)

LA VITA CONTINUA

Tante vite sembrano perfette ma dietro si celano delle sorprese che ti scombussolano l’esistenza,

sia in maniera leggera che pesante; e quindi dobbiamo rinunciare a vivere?

No! Abbiamo l’obbligo di continuare a vivere lo stesso per noi e per chi ci sta accanto

con tutta la forza possibile e con il sorriso sempre stampato sulla faccia

per dimostrare al mondo intero che anche noi possiamo continuare a dire la nostra.

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GABRIELE PATANÈ ACIREALE (CT)

Poesia per piccoli sogni Portiamo pesi e opprimenti silenzi pensiamo sogni e doniamo parole per noi la luce può essere scura per l’altra gente siamo diversi siamo con chi non può stare tra pari siamo più piccoli siamo più lenti siamo altro mondo da quello di tutti poco e lontano è il nostro potere loro conoscono il solo potere dei passi svelti e dell’odio crudele noi dopo l’odio sappiamo l’amore noi per un sogno possiamo lottare loro alle idee appartengono a volte la nostra piena esistenza può essere senza oppressioni silenzi ed errori possiamo vivere più piccoli e lenti possiamo ridere possiamo poi poco per volta gioire della piccola e dolce vita che abbiamo

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NICOLA BONAZZI BOLOGNA (BO)

Milano mi manca. l’ho sentita, ma mi manca. Per me Francoforte è sbagliata Bisogna che vadano al governo A dirgli qualcosa Perché la riunione Non è avvenuta.

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NEMO MENGHINI BOLOGNA (BO)

…senza titolo

Immagino, Una vita di pace ovunque,

Senza guerre Solidale.

Nessuno avrebbe fame Nessuno avrebbe sete

E non ci sarebbe bisogno di immaginare altre vite.

Io ne immagino una sola per tutti

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MASSIMO PASQUALI BOLOGNA (BO)

Sorrisi leggeri sù il morale e giù e su e giù La vie c’est fort, La vie c’est superbe - Quando la vita è giù sussurra: “respira, respira” Gioia e sorriso sono miei.

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MARCO D’AMATO INTRODACQUA (AQ)

“Felicità”

La felicità ho nel cuor Sento nemmeno dolore, io nemmeno grido dolore

Diversa felicità Bislungo sentimento

Diverso delirio Dentro me sudan le emozioni

Assopite sensazioni Diverso destino Cinico ricordo

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MAX CIGNARELLI MILANO (MI)

SI POSSONO IMMAGINARE TANTE VITE, MA NON RINUN-CIARE ALLA NOSTRA" Sono nato per " la prima volta" il 28 marzo del 1970. Fin da piccolo sognavo di fare il presentatore tv, giocavo con i miei nonni che rap-presentavano il mio pubblico e che mi applaudivano. La trasmissione di riferimento era Domenica in, allora condotta da Corrado. Poi immaginavo anche, recandomi al cinema, di diventare interprete di James Bond, il famoso agente segreto pieno di donne. Oggi non sono un agente segreto e non ho manco una donna. Crescendo ho desiderato cose più concrete, ma ugualmente irrealizzabili........... una passeggiata a piedi da solo, una partita a pallone, dimostrando altresì rabbia e fru-strazione ogni qualvolta mi è capitato di imbattermi nelle barriere architettoniche. Come però sottolinea Pontiggia, bisogna vivere la propria realtà benché se ne vor-rebbe realizzare un'altra. Lo scrittore è arrivato a questa conclusione dopo un percorso che egli stesso non na-sconde essere stato doloroso. La nascita del figlio disabile gli ha creato una situazione irta di problemi e dispiaceri, ma gli ha anche offerto una occasione di crescita, una occasione per capire quanto sia dannoso il pregiudizio, quanto il concetto di normalità sia complesso da definire, ma soprattutto quanto sia importante accettare la propria vita senza, per questo, ab-bandonarsi agli eventi rinunciando a lottare a favore dei propri diritti e per la difesa della dignità umana qualunque sia lo stato fisico o mentale di un individuo. Credo, dunque, che sia importante vivere la propria realtà, ma ritengo altresì che senza esagerare, un minimo di sogni e di ambizioni aiutino a vivere meglio. Infatti diverse persone disabili si sono realizzate attraverso lo studio, il lavoro, lo sport e la vita affettiva. Io stesso, in parte, mi sono realizzato attraverso una laurea in filosofia, la mia passione per il cinema, i libri di politica e anche attraverso il vo-lontariato. Ho inoltre lavorato, sebbene saltuariamente e per un tempo limitato. Per contro penso, con altrettanta convinzione, che sia spesso errato il modo con cui le persone con handicap vengono definite. Gli handicap sono molto differenti tra lo-ro, quindi non tutti i disabili sono diversamente abili poiché la condizione di alcuni è troppo compromessa sia per cause fisiche che mentali. L'accettazione della propria realtà e del proprio limite passa anche attraverso l'uso corretto delle parole. Ricordare anche questo aspetto è necessario al fine di sgretola-re la retorica che, insieme al pregiudizio, si concentra ancora oggi intorno alla disa-bilità. Infine vi dico che seguire le molteplici vite altrui, mi ha talvolta frustrato, altre spro-nato, però la mia storia e la mia vita sono uniche e con queste sto faticosamente e serenamente imparando a convivere,

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ROSETTA BARONI BORGOVERCELLI (VC)

POSSIAMO IMMAGINARE TANTE VITE, MA NON RINUN-CIARE ALLA NOSTRA. Mentre dormi ti guardo e rimango sempre incantata, penso sempre la stessa cosa: "Come sei bello,troppo bello" poi ritorno indietro con la memoria a quel giorno quando mi diedero in mano la tua diagnosi clinica nella quale si legge "disturbo per-vasivo nello sviluppo associato a ritardo mentale di tipo autistico". Mi chiesi: "Ma com'è possibile? Si saranno sicuramente sbagliati, sei troppo bello per essere autistico. No, non si erano sbagliati. Peccato! Come posso immaginare sarà la tua vita? Adesso ti vedo come un uccellino in gab-bia, perché non riesci ad esprimere totalmente i tuoi desideri, i tuoi pensieri, sei in-trappolato, tutto ti è imposto pensando che devi fare questo o quello per il tuo bene, ma tu non puoi parlare e solo attraverso i capricci esprimi la tua disapprovazione. Quando mi guardi penso:"Riuscirò mai ad aprire questa gabbietta in modo che tu possa avere la tua indipendenza?" Quando ero piccola sognavo sempre ad occhi aperti pensando di fare chissà quante cose. Adesso non potrei mai rinunciare a fare una vita lontano da te perché non sei diverso da tuo fratello, siete la fonte dove io ogni giorno attingo la mia ricchezza in-teriore. Inoltre sono una privilegiata perché sono l'unica che riesce a farti sorridere quando sei molto arrabbiato. Può darsi che non riuscirò mai a farti volare via da quella gabbietta, ma io so come raggiungerti dentro e creare quella magia che ci unisce. Come potrei mai rinunciare a questo immenso privilegio? No non si può, posso immaginare tante vite, ma non posso rinunciare alla nostra. Ogni tuo sorriso, ogni tua conquista mi danno una felicità indescrivibile. Mi viene in mente quel giorno che all'asilo hai visto un tuo compagno che indossava la felpa con la stampa del tuo personaggio preferito Wall-E, mi hai fatto sudare sette camice volevi a tutti i costi quella felpa e io a spiegarti in sette lingue diverse che i capricci non si fanno, che quella non era tua,che sarei andata a cercartene una anco-ra più bella, che se continuavi a comportarti male ti avrei messo in castigo, ecc. ecc. Alla fine, di tutte queste belle premesse ti ho dovuto portare via con la forza. Che fa-tica, non solo per portarti via, ma anche per trovare quella benedetta felpa perché ormai mi ero messa in testa che te l'avrei comprata a costo di girare tutti i negozi della città e provincia. Sono stata fortunata l'ho trovata limitandomi a girare solo la mia città, ma tutto ciò è stato ricompensato nel vederti al settimo cielo quando te l'ho fatta vedere. Fermavi tutte le persone che incontravi per mostrarla, eri felicissimo. Quando sei contento le tue manine iniziano a sfarfallare velocemente mentre saltelli avanti e indietro, sono molti i bambini che al parco vengono a chiedermi perché fai così, rispondo a loro sempre nello stesso modo.." Tommaso è un bimbo speciale, è tanto contento di essere qui a giocare con voi, però non sapendo come dirvelo espri-me la sua gioia manifestandola attraverso i gesti". Qualcuno mi guarda perplesso, ma dopo un attimo corre verso Tommaso continuan-do a giocare. Altri cercano di indagare chiedendomi:" Perché non parla? E' muto?" A questo punto la risposta da dare e' più compli-cata. Cosa rispondere? Per bambini ancora piccoli è difficile capire come sia possibile che un loro coe-

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taneo non riesca a parlare per fortuna esistono le fiabe. " Ha il vizio di morsicarsela, così la sua lingua indispettita ha deciso di far sciopero", il tutto seguito da una bella risata, perché provare per credere sono contagiose. Infatti molti di loro ridono con me e poi corrono via sull'altalena o sullo scivolo. Tutto con te è un'impresa anche far capire a tuo fratello che non deve essere geloso del fatto che ti dedico molto tempo purtroppo hai bisogno di più tempo per tutto. Ma un giorno son sicura che Niccolò capirà perfettamente anche questo. Son convin-ta che niente avvenga così per caso o per colpa del destino, tocca a noi cercare la chiave di lettura che ci porterà a capire del perché non possiamo rinunciare al nostro percorso di vita sempre così paurosamente in salita, pieno di sorprese positive e ne-gative ma il tutto svolto con coraggio, passione e tanto amore .

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VINCENZO OSVALDO VITTI LECCE (LE)

IL SENSO DELLA VITA Se potessi descrivere un mondo ideale, lo immaginerei senza sofferenza: vorrei un cuore che batte solo di felicità, una mente che possa contenere solo pensieri felici, un corpo che non sia fonte di dolori, un'anima piena di gioia. Vorrei dipingere un mondo senza rimpianti e senza rimorsi, dove tutti si amano e nessuno si sente solo, dove la somma felicità dovrebbe nascere dalla gioia altrui. So che la realtà è un'altra, vi è sicuramente un divario tra il mondo da me auspicato e quello descritto: come uomini di questo tempo, abbiamo la possibilità di colmare, nel nostro pilo, il vuoto e (indifferenza che sovente ci accompagnano quando siamo posti di fronte all'altrui dolore; indifferenza -che alleggerisce le nostre coscienze, che aiuta a non sentirsi responsabili, che ci permette di non pensare e coltivare solo il proprio orticello, indifferenza che si trasforma in un macigno insopportabile, quan-do la sofferenza bussa alla nostra porta. Avere accanto persone che ci comprendono nel momento del bisogno, che ci fanno sentire meno soli quando tutto sembra perduto, che ci aiutano a sperare in una vita migliore, che ci rammentano che tutto è scritto, che tutto ha un senso e che a volte da un grande dolore può nascere un'immensa gioia: tutto questo non cambierà il mondo ma contribuirà a renderlo migliore. La vita a volte può essere crudele, spesso si accanisce su una stessa persona, ci sono situazioni che a volte sembrano tragiche e senza soluzione ma tutto è possibile fin-ché abbiamo la forza di sperare: quelli che condividono le mie idee lo chiamano mi-racolo, gli scettici lo definiscono vana speranza. Impedire a qualcuno di sperare equivale ad ucciderlo: non credere in un futuro migliore significa non vivere. Nessun essere umano ha il diritto di distruggere i nostri sogni.

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LAURA FIORENTIN DUEVILLE (VI)

POSSIAMO IMMAGINARE TANTE VITE, MA NON RINUNCIARE ALLA NOSTRA

Tanto tempo fa nasceva un piccolo esserino che fu chiamato Laura. Questo piccolo esserino era attorniato da uomini in camice bianco con facce sempre uguali e con occhi freddi come il ghiaccio e grondanti di pietosa indifferenza. Il piccolo esserino trascorreva il suo tempo guardandosi intorno, cercando di impa-rare cos’era la vita. La vita era per quell’esserino un luogo di enorme tristezza, un limbo dove crescere, sopportando dolore e una silenziosa esistenza, senza poter gioi-re di uno spiraglio di luce. Una luce che internamente brillava ed era racchiusa in un corpo senza comandi volontari. Nonostante le grandi difficoltà il corpo cresceva e la mia mente cresceva con lui. Sì, sono proprio io l’esserino chiamato Laura. L’esserino è cresciuto e si è formata una piccola donna che un giorno è rinata. Rinata dagli insuccessi corporei, maturata dalle difficoltà, ora sono una persona nuova trattata da persona e non come esserino con gravi problemi, gravi disabilità. Il giorno della rinascita è stato quando ho incontrato negli occhi di una splendida persona, l’infinito amore per le persone intelligenti, ma privi di parola articolata. Questa persona ha saputo leggere e andare oltre la limitatezza del mio corpo. In quel momento il mondo per me è cambiato, si è colorato di nuovi colori, i colori della pa-rola. Scrivere per me è comunicazione, è un filo con il mondo che mi era negato dalla mia incapacità di articolare parole. Ho aperto il mio cuore alla vita che mi ha destinato ad una vita sensata. Riprendendo il titolo di questo concorso io vorrei dire che per me si possono imma-ginare molte vite, concretamente una volta io ne potevo immaginare solo una; ora non rinuncerei a questa mia vita fatta di limiti ma anche di grandi soddisfazioni che mi hanno portato a nuotare in un mare di amore.

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LUCA PIERI BOLOGNA (BO)

Voglia di solitudine, ma forse d’autonomia Correva l’anno 1975 e non accontentandomi di frequentare con un discreto profitto la 2° liceo classico mi feci prendere dalla paranoia di studiare parallelamente anche il programma di 3°, per guadagnare uno degli anni perduti in precedenza. Vi ho detto questa cosa, non solo per fare il “superman”, ma anche per inquadrare nel giusto contesto l’episodio che sto per raccontarvi. Durante il pranzo di Natale comunicai ai miei che avrei disertato il tradizionale ri-trovo pomeridiano con i parenti perché avevo urgente bisogno di imparare a memo-ria il 5 Maggio del Manzoni, altrimenti mi sarebbero saltati tutti i piani. Una tale proposta non poteva che suscitare nei miei “poveri” genitori molto perples-sità e non pochi timori, si trattava, per la prima volta, di lasciarmi solo qualche ora! Anche io segretamente condividevo molte delle preoccupazioni o paure dei miei: ti scappa la pipì; come fai a girare le pagine; se cadi e altre cose del genere. Naturalmente il mio interesse per il Manzoni era reale ma non bastava a motivare una tale messinscena anche perché per poter stare da solo ho dovuto improvvisare un rudimentale sistema per voltare le pagine. Comunque la voglia di mettermi alla prova sperimentando la solitudine come ele-mento spazio-temporale era tanta da farmi trovare una soluzione positiva a tutte le obiezioni che mi venivano fatte. E’ stata una scoperta molto interessante che mi ha fatto provare un forte senso di potenza e di autonomia: anch’io potevo e posso stare da solo senza nessuno che interferiva su quello che stavo facendo, pensando provan-do ecc. ecc.

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MATTEO SERENO VILLALTA (VC)

……..” Possiamo immaginare tante vite ma non possia-mo rinunciare alla nostra”……… Sono Matteo,ho 24 anni vivo su una carrozzina da quando sono nato e non posso parlare, l’unico modo che ho per comunicare è parlare attraverso un comunicatore . Nonostante questo penso che la vita sia bella anche se per me è un po’ più complica-ta. Ho vissuto tante esperienze che mi hanno fatto crescere . Sono stato diversi anni in un centro a Milano dove ho seguito dei corsi di informatica e da 2 anni frequento un centro diurno per disabili della mia città che si chiama Cascina Bargè . L’inizio è stato difficile, ero scettico mi sentivo diverso da loro: Io ero in carrozzina e Loro no, Loro parlavano e Io no . Questa struttura accoglie ragazzi autonomi a livello fisico, quindi in un certo senso mi sentivo un pesce fuor d’acqua, non capivo quale poteva essere il mio posto lì dentro. Poi con il passare del tempo sono riuscito a capire che anch’io potevo costruire qual-cosa di bello e contribuire a mio modo al lavoro del centro. Il centro che frequento è una cascina che come attività principale ha quella agricola Parallelamente si svolgono altre attività come laboratori espressivi , progetti sul ter-ritorio, con le scuole e altri enti. Grazie alle mie qualità informatiche sono stato investito della carica di addetto alla stampa e alla comunicazione. Creo volantini informativi, biglietti da visita, d’auguri, creo libricini con le tecniche agricole e le qualità di piante e fiori coltivate al centro . Ho creato slide per alcune visite al museo . Sto preparando un cd sulla vita nella cascina che sarà utilizzato durante le visite di-dattiche che si svolgono durante la primavera ( vengono le scuole a visitare e a cono-scere il nostro centro). Sono circondato da persone che mi vogliono bene, mi piace molto viaggiare, infatti grazie ad alcune associazioni ho avuto la possibilità di visitare diverse città europee: l’ultimo viaggio risale a Stoccolma. Anche io ho dei momenti no, ma ……

Posso immaginare tante altre vite, ma non riesco a rinunciare alla mia. Avrei paura di perdere ciò che ho. Non voglio cambiare vita, amo vivere la mia.

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DONATELLA BORGHI REGGIO EMILA (RE)

IMMAGINIAMOCI TANTE VITE, MA COME POSSIAMO RINUNCIARE

ALLA NOSTRA?

No, no! Io contesto questa frase dalla prima parola all’ultima per diversi motivi che ora tenterò di spiegare!

Perché sì sa… quale disabile non rinuncerebbe alla propria vita, per passarne una migliore, magari, della sua? Un diversamente abile con una certa intelligenza, mica un disabile mentale, o uno in stato vegetativo.

Faccio un esempio: io mi chiedo perché Eulalia Englaro fosse a tutti gli effetti equiparata a me come disabilità, in pratica disabile al 100%. Mentre io penso, ragio-no, scrivo (anche per parlare: io non riesco a parlare), cammino (con difficoltà), va-do a lavorare in tre posti a settimana. Insomma sono una persona attivissima, e sono equiparata ad una disabile in stato vegetativo: non c’è più religione a questo mondo. Per l’amor di Dio: io non avrei mai voluto che morisse. Infatti, l’ho detto subito: per-ché quel tontolone di suo padre, siccome la considerava morta da quando ha fatto l’incidente, non l’ha consegnata alle suore Misericordine, quelle che l’avevano accu-dita fino a sei o sette (non ricordo i particolari) giorni dalla morte? Questo dell’equi-parazione arbitraria ad una persona in un letto ventiquatt’ore su ventiquattro, è un mistero che, alla fine, rivelerò.

Continuiamo a parlare per me e lasciamo stare Eulalia, che ha già sofferto fin troppo. Io sostenevo che cambierei volentieri la mia vita con quella di un altro: sarà perché io ero una bimba normale fino agli undici-tredici anni, e alcune cose le ricor-do molto bene della mia vita antecedente alla malattia.

Io, a parte tutte le disabilità che ho, la mia vita la cambierei volentieri per come mangio: io do pienamente ragione ai miei genitori quando affermano che mangio peggio di un maiale, devo essere imboccata (che due scatole), e poi per come lascio la tovaglia, il piatto pieno d’orzo che bevo e di mangiare, e per quanti tovaglioli spor-co!

Ma la cambierei anche perché non riesco a parlare: questo handicap è molto duro da sopportare. Non poter dire la tua mai, perché quando hai intenzione di par-lare, ti stoppano subito, questo no! Non riesco a so pportarlo! Ma… scusatemi, non c’è la libertà di parola? Potrò dire quello che mi pare e che voglio? Boh… a me è ne-gato questo diritto!

Non mi va giù che non riesca a trovare un lavoro, che mi piaccia e che sia paga-to: ma non tantissimo, il giusto. E questo (fra parentesi) lo dicevo anche prima, quando non c’era la maledetta crisi.

Perché mi offrono sempre dei bellissimi lavori, controllati dalle Farmacie, con borse lavoro sempre troppo basse. Se mi assumessero in un posto che mi piace (anche ora), non sarebbe una cosa stupenda? No, perché, di fatto, non mi assumono. Quindi…

Secondo me quel padre, penso a Pontigia, pensava a se stesso quando ha detto quella frase, sicuramente non al figlio. Oppure lo può pensare una persona che è da sempre diversamente abile, e non sa cosa voglia dire una vita senza un handicap, e questo può essere un input a dire questo.

Certamente non una persona con 35 anni di disabilità sul groppone come me. Ne ho 48, gli altri 13 li ho vissuti come una persona normodotata, però!

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Non è neanche vero che non mi piaccia del tutto la mia vita. È interessante, può sempre mutare, cambiare, anche radicalmente (non si sa se in bene o in male).

Ma io non posso pensarla così! Io che sono una di Comunione e Liberazione, una quadrata come me, con le sue idee su tutto, instillate dal Movimento. Eppure le penso così, cosa volete che vi dica. L’immaginazione e il sogno è avversata dal Movi-mento, infatti!

Però io, in questo mostrarsi delle mie idee, non ho mai parlato d’immagina-zione. Sono stata sempre molto concreta. O no? Boh…

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MARIA TERESA BALLA TORINO (TO)

Non tutti i trucchi ingannano

Sofia frequenta una scuola di spagnolo, sogna da tempo un viaggio. Si sposta con fa-

tica e a ogni passo pare che debba andar giù...… Ma non cade quasi mai. Parla con

una voce che sembra venire dall’Oltretomba. Nessuno capisce quel che dice. Sofia

non si piace, vorrebbe essere un’altra.

Sulla bacheca vede un volantino con su scritto: «Cercansi modelle disabili per una

dimostrazione pratica di visagismo». Sullo sfondo c’è una donna che si trucca. Sofia

la guarda imbambolata. Incuriosita stacca il biglietto e se lo mette in tasca.

L’indomani, confida a Michela di volersi presentare al colloquio. L’amica però la

sconsiglia: «È una follia: ne resterai delusa. Rischi di fare una brutta figura e comun-

que, per un posto così, ci saranno persone più adatte di te». Sofia è amareggiata, ma

in cuor suo pensa che possa aver ragione lei. Torna in classe e non fa altro che guar-

dare la foto. È agitatissima, di scatto si alza per buttare il volantino dalla finestra e a

quel punto cade. Cocciuta e impulsiva, al provino ci va lo stesso.

Tra dieci candidate scelgono lei. Le spiegano che è un progetto sperimentale. Voglio-

no mandare in onda uno spot in televisione pensato per dimostrare che anche una

donna disabile, se vuole, può imparare a far risaltare la propria bellezza, con sempli-

ci accorgimenti estetici. Un ciclo di lezioni teoriche precederà la dimostrazione prati-

ca. In una sala trucco e sotto l’occhio delle telecamere. Sofia impara volentieri, fin-

ché l’estetista le dice che è al punto di poter provare su di sé... «la magia di piacersi».

Sono parole che la spaventano. Denise la accompagna nella stanza del make-up e la

fa accomodare in poltrona, di fronte a uno specchio con luci molto intense. La men-

sola che ha davanti ha tutto quel che le occorre per mettere a confronto teoria e pra-

tica.

Ovviamente non è la prima volta che si guarda allo specchio… Ma la sua immagine

riflessa non le era mai stata così nemica: sta vedendo un corpo sofferente in ogni suo

gesto, tutto un fascio di nervi. Non riesce a controllare i più disarmonici dei suoi so-

liti movimenti: la matita colorata le si spezza tra le dita, il pennellino per stendere

l’ombretto le cade. Sulle labbra contratte il rossetto sbava. Le luci, quel caldo e quei

cameraman che riprendono tutto: è troppo anche per lei! Decide di rinunciare. Af-

franta e sconfitta dalla sua stessa persona si alza e se ne va.

Si ritrova a casa sola, la sera, a pensare. Sente che non può rinunciare. Si mette da-

vanti allo specchio del bagno, accende tutte le luci, tira fuori i suoi cosmetici, prova e

riprova. Non è più una magia. Facendo molta fatica, su un cartoncino ritaglia il con-

torno della sua bella bocca e lo fissa con lo scotch alle labbra.... così il rossetto si

stende meglio. Poi si concentra e quel che sta vedendo non le dispiace: il viso, a poco

a poco, si sta distendendo. Va avanti e si accorge di riuscire a controllare i movimen-

ti, come li vuole lei.

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Si presenta al mattino nello studio di registrazione, ben truccata, e dice di volerci ri-

provare. La sfida riparte e lascia tutti di stucco: stavano già discutendo su chi poteva

sostituirla. Il regista la guarda incantato ma preoccupato di ricominciare tutto dac-

capo e mentre l’accompagna nella solita stanza, le chiede se davvero è sicura di po-

tercela fare. Sofia non gli lascia nemmeno il tempo di aprir bocca, ha già spostato la

tenda nera, oltrepassato il buio.

Tutto è come prima. Ma l’agitazione non traspare. La paura è passata e Sofia si sente

più viva che mai, pronta a mettersi in gioco. Inizia con la pulizia del viso, prosegue

con la stesura della crema idratante. Un velo di cipria trasparente fissa il trucco e poi

il fondotinta, steso uniformemente. Correttore tinta-pelle per attenuare le occhiaie…

Il mascara è fondamentale, per uno sguardo penetrante … L’ombretto mai troppo

pesante, apparirebbe volgare. Infine il rossetto, in una tonalità che non contrasti con

la carnagione.

Sofia non aveva mai immaginato di potersi emozionare tanto, per una cosa così futi-

le.

Conciliare quelle tecniche con tutte le sue difficoltà motorie, scoprire di essere in

grado di rendersi affascinante senza dover dipendere dagli altri... per lei è il massi-

mo. Poi si spengono le luci e un po’ dell’emozione svanisce.

Alcuni giorni dopo, la invitano a vedere le riprese. Con lei va anche Michela che ha

creduto a una sua invenzione per darsi importanza. Sofia aveva pensato che la parte

più intensa dell’esperienza fosse conclusa. E invece, quando inizia a vedersi in video,

resta senza fiato.

Sapeva di essere lei quella sullo schermo, ma ora non si riconosce più e la paura di

rimanere delusa da se stessa torna a sopraffarla. A quel punto è tentata di guardarsi

con distacco, come farebbe una spettatrice di fronte a un film. Un velo di lacrime co-

pre i suoi occhi e l’emozione sale, finché riconosce che quella donna è davvero lei,

unica protagonista... di se stessa. Sofia è soddisfatta di essere riuscita a truccarsi da

sola. Visto su quello schermo, l’impedimento di movimenti che per tutta la vita le ha

procurato vergogna sembra ora come sfumato. Vedere quel che ha fatto la appaga.

Guardare l’amica sbigottita e incredula le sta dando la sensazione di poter andare

incontro alla sua vita accettandosi, con più determinazione e con più orgoglio di pri-

ma.

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STEFANO TUVERI GUSPINI (CA)

“L’alieno disabile” erano anni luce che non si sentiva un lamento da un parto, tutto avveniva in una semplicità assoluta …………………………….. Oria e Mario si guardarono e i loro pensieri si unirono come non mai. Nella Cittadina di Crabitusu fu un evento inatteso gli abitanti vollero vedere l evento innaturale …….. I giorni passarono ed il piccolo stefaneddu con tutte le difficoltà iniziò a crescere Oria e Mario fecero fatica a comunicare con il piccolo …… i bambini della cittadina erano avanti anni luce facevano difficoltà ad accettarlo,loro non parlavano ma dialogavano con il pensiero muovevano gli oggetti con il pensiero insomma avevano un cervello evolutissimo, ma stefaneddu crebbe ed i primi anni non ne passo conto.all’eta di sei anni inizio a vedere e constatare le difficoltà il gioco ormai stava finendo ……… inizio a studiare e si rese conto che potevano esistere dei pianeti dove i bambini erano uguale a lui. Allora parlò con i suoi genitori che erano gli unici che un po’ lo capivano …..ormai la sua disabilità lo aveva estraniato dal mondo decise di farsi aiutare dai più grandi di Crabittusu e da prima si fecce costruire un telescopio potentissimo ed inizio a scrutare le galassie ed in una lontana chiamata via lattea trovo un piccolo pianeta ma immensamente stupendo mari,fiumi,laghi,monti,ghiacciai,praterie,deserti,insomma cose che nel suo pianeta non c erano …. o forse c’erano stati anni luce fa, scrutando bene vide degli individui uguali a lui e si rese conto che i gesti,il movimento delle labbra corrispondevano ai suoi sorrisi,ai suoi pianti le varie smorfie di dolore e gioia riusciva a capirle. Allora non ci penso due volte e dai più autorevoli ingegneri si fece costruire una navicella destinazione terra, si preparò mentalmente e fisicamente e partì ………. non so, porto niente dietro con se solo le uniche cose che lo rendevano un ALIENO DISABILE……… La parola, il sorriso, il pianto, la gioia, la paura, la felicita, il dialogo e tanta speranza di pace. Alla partenza tutti salutarono stefaneddu …. erano anni luce che non si vedevano scendere tantissime lacrime nel pianeta Crabittusu …… erano lacrime di gioia che il popolo non riuscì a capire qualcosa di arcaico che si era perso nei tempi. Il viaggio duro qualche anno luce ma quando arrivò aveva una tale energia ed un sorriso …….. ed il suo primo pensiero fu…….. POSSIAMO IMMAGINARE TANTE VITE MA NON RINUNCIARE ALLA NOSTRA.

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PAOLA CATTELLINO AOSTA (AO)

Quando vado fuori … Oggi ho deciso di uscire perché è da molto tempo che non lo faccio più, visto che ultimamente mi sono fatta condizionare dalle paure e dalle sensazioni che vivo e che diventano più forti se mi guardo allo specchio. Infatti, mi sembra di non ricono-scere più l’immagine che ho di fronte: una donna in difficoltà, con i piedi storti, le mani chiuse a pugno, la voce che va e viene e tante altre cose… e poi c’è la carrozzina, quella carrozzina elettrica che io adesso non riesco più a guidare autonomamente e che appare simile ad un trono con il sedile spostato all’indietro per i miei problemi di postura e scivolamento e con il poggia-testa che non è mai a posto. Quindi, mi sono fatta prendere dallo scoraggiamento, perché spesso è difficile incontrare gente conosciuta da tanto tempo che si trova in imbarazzo perché non riesce più a capirmi; a volte capita che qualcuno si fermi, mi saluti, mi rivolga una prima domanda e, senza aspettare che io finisca di rispondere, venga colto da una fretta pazzesca, quando si trova di fronte ad un linguaggio del tutto incomprensibile, e oltretutto che proviene da una persona, cioè io, che fino a qualche tempo fa teneva banco in tutti i discorsi… Oppure ci sono anche gli sguardi degli altri… quegli sguardi che possono ucci-dere, trasmettere imbarazzo, insicurezza, indifferenza, pietà, disagio profondo Però se se mi fermo a pensare e a razionalizzare queste paure, mi rendo conto che, forse, noi persone disabili possiamo, guardandoci dentro, aprirci al prossimo facendo capi-re che la disabilità è una dimensione dell’umanità. Può essere una fonte di ricchezza e si può costruire da quella un modo di condivisione con gli altri. Infatti, accettando la nostra disabilità con i limiti, che ne conseguono, possia-mo diventare protagonisti della nostra esistenza e avere una vita ricca e piena, nono-stante qualsiasi problema fisico. Insomma, forte di queste convinzioni, non posso fare a meno di uscire perché noi disabili dobbiamo convincere il mondo che, per quanto siano gravi le nostre condizioni, anche noi ne facciamo parte in modo attivo. Oggi esco ma devo pensare che, per farlo, ho bisogno di tutta un’ organizzazio-ne che esclude la possibilità di un’uscita improvvisa all’ ultimo momento. In altre parole, io non posso uscire con una persona, con la quale mi sento in perfetta sinto-nia in quel momento, se quella persona non è anche esperta nella guida e nelle ma-novre della mia carrozzina. Anche perché devo sempre ricordarmi che io abito in u-na città molto bella e suggestiva, ma con le strade quasi tutte dotate di una vecchia pavimentazione ad acciottolato, il che significa , per una persona come me , saltella-re sulla carrozzina con dei continui cambiamenti di postura. E poi, anche se ormai quasi ovunque esistono delle rampe abbastanza ben fatte, può ancora capitare di trovare alcuni marciapiedi che partano con una comoda rampa, ma che non permet-tano più la discesa perché privi di rampa alla fine. Per finire, una volta raggiunta finalmente la destinazione, oltre ad essere già giunta l’ora di tornare, incontro molto spesso una totale indifferenza della gente in-torno a me (per esempio, il barista ,il negoziante, chi fa i biglietti al cinema,) o tanti altri ancora , che, per far prima, parla di me o per me con chi mi accompagna. Riassumendo devo ricordarmi che, per realizzare la costruzione del mondo per tutti, di un mondo dove ci sia l’ incontro tra tutte le diversità , un ruolo fondamenta-le, che potrebbe dare un senso alla vita, di chi è in difficoltà come me, è quello di in-contrare gli altri e di farsi conoscere in modo da rendere visibile a tutti che anche le

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MAURO BETTI BOLOGNA (BO)

Frammenti Amore Io penso che l’amore è una passione per qualsiasi cosa: fare sport, guardare un film, leggere un libro ecc., ma è anche innamorarsi un uomo di una donna o viceversa e io di trovare la fidanzata io ho un po’ paura e un po’ di timidezza. Afghanistan Sull’uccisione dei militari italiani in Afghanistan son dispiaciuto ma son d’accordo sia con mio Padre che con Baldini che non è giusto che quando muoiono dei soldati Italiani in qualsiasi Stato di guerra, i telegiornali ne parlino molto; noi siamo dispia-ciuti per loro, ma ogni giorno muoiono tanti operai sul lavoro e ne parlano solo quel giorno e basta. A cosa serve pregare Per me pregare non serve a molto perché tante volte le cose non sempre vanno come uno vuole. Le polpette Per me le polpette sono buone da mangiare e una volta mia Mamma mi ha detto che sono una polpetta anch’io perché sono birichino. Quali sono i miei obbiettivi I miei obbiettivi sono da tanto di guardare più al presente e al futuro, non sempre il passato, ma spesso è più forte di me. Anche superare molte paure come i botti dei fuochi artificiali, petardi e palloncini che scoppiano, i cani, le punture ecc. Il cinghiale Questo animale è il cugino del maiale e la Sandra a me definiva un cinghiale ma non ricordo il motivo e quando siamo andati a fare una gita al Lago di Garda, sempre la Sandra mi ha fatto una foto con un cinghiale imbalsamato. La Raffaella La Raffaella è tornata oggi Giovedì 24 Settembre a lavorare e io sono contento per-ché è elegante, ma lei dice che siamo solo amici.

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MARIANGELA BASSO POSSAGNO (TV)

Nessuno può prender il posto tuo Domanda frequente: cosa farai da grande? Io, il Dottore, io, il Calciatore, io, l’avvo-cato, io, il Deputato… quanti io… ma nessuno potrà prendere il posto mio. Il “mestiere” del malato, è risaputo, non è stipendiato. Io… io… io, quante cosa fatte alla grande, quante idee brillanti ti costruisci, quante belle illusioni affidate all’aria. Quanti sogni si infrangono sugli scogli di una vita immaginaria. I sogni a volte sono raggiungibili, sono belli ma non sempre sono reali. Io, però, non posso e non voglio rinunciare. Molti vorrebbero fare il “classico Dietro Front” solo perché non hanno saputo cogliere quei piccolissimi messaggi che, con abbondanza ogni giorno la vita ci offre: non è costruttivo un “rifiuto”. Proviamo a guardare dentro di noi e introno a noi quante cose belle che riusciamo a sprecare, ad insudiciare perché non ne cono-sciamo il Valore Reale, per la nostra ingratitudine, per la nostra insoddisfazione: quante meraviglie riusciamo ad uccidere con le nostre mani con la nostra indifferen-za sordi al grido che ci raggiunge dal mondo esterno; è meglio non vedere e non sen-tire… questo non è il modo giusto per amare, non è giusto nemmeno pensare a ri-nunciare. Impariamo a godere delle meraviglie del Creato e a ringraziare Dio per quello che ci ha dato. Quanto male si riesce a fare senza pensare a chi sta davanti a noi e aspetta magari una carezza…, allora diamogliela, cosa aspettiamo? Non per questo si deve rinunciare ma cambiare è possibile basta volerlo. Milioni di vite si possono immaginare ma alla nostra sarà impossibile rinunciare dobbiamo solo sa-perci accontentare e non è facile, come dirlo, proviamo a crederci e non fingiamo. Non vorrei essere quella che non sono. È meglio mostrarsi quello che si è perché con la falsità non si va lontano anzi… si può uscire di carreggiata. I paroloni fanno solo tanto rumore e non concludono proprio un “accidenti”. Fa più rumore una foresta che cade che il germoglio di bene che sta nascendo, perciò non soffochiamo le nuove speranze: agiamo con i fatti e accantoniamo le inutili parole, il mondo ne è pieno or-mai non sa più che farne. Non saranno i potenti a cambiare la storia (loro hanno già contribuito a farla diventare grande) ma siamo noi con piccolissimi gesti. Per con-quistare la cima - di una montagna - l’alpinista parte sempre dal Campo Base. Cioè: alla cima ci si arriva agendo. L’immaginazione può aiutare ma quello che sarai nell’immaginazione non potrai es-sere tu. La vita ci riserva molte sorprese… forse è preferibile vivere nell’illusione del-l’immaginazione.

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MARA BERNARDI ONE’ DI FONTE (TV)

Il mio sogno Sono Mara Bernardi sono una ragazza affetta da tetraparesi spastica, ho 35 anni e mi sento molto amata dalla mia famiglia. Partecipo al concorso perché è bello vivere la vita anche se ci sono delle difficoltà da superare. Sono inserita nel gruppo C.d.M. di Castelfranco Veneto, dove veniamo dal lunedì al venerdì. Ho tanti amici e operatori che mi aiutano a stare bene, ho imparato ad usare il computer e mi sento gratificata di questo, nonostante non sia facile per me ma in quello che faccio ci metto sempre l’impegno, seppure con i miei tempi. Ci tengo a fare le cose nel miglior modo possi-bile perché a mio modo posso essere comunque utile alle altre persone. Mi sarebbe sempre piaciuto lavorare in un asilo ma non ci sono le possibilità per noi, soffro un po’ di questo ma sono riuscita comunque a trovare la serenità e a stare be-ne con me stessa e con gli altri. In questo mi aiutano i bambini perché mi trasmetto-no molta gioia ed energia quando li vedo.

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FATIMA MARAN ONE’ DI FONTE (TV)

Il mio album

La mia vita è come un album pieno di foto che si rinnova e ogni giorno della mia esi-stenza. Ogni foto ha una sua particolarità, è unica, è rara e non ha prezzo e non la cambierei con altre al mondo. Ci sono e ci saranno foto di discese e foto di salite, fo-to tristi e foto allegre come in una grande “sagra”, foto ingiallite dal tempo e foto nuove, foto in bianco e nero e foto colorate, comunque foto indimenticabili che la memoria conserva e conserverà con tanta emozione e gelosia. E il senso del mio esistere è quello di non abbattermi, anzi di proseguire il lungo tra-gitto con forza e senza avere paura di qualche “lupo cattivo” anche se so che l’incon-trerò. Il mio album di foto mi piace tanto così com’è anche se la mia vita è un po’ complica-ta e non lo butterei via mai.

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URBANO SANTI CASTIONE DI LORIA (TV)

PENTAGRAMMA MUSICALE

Se ci apprestiamo bene ad analizzare questa frase, a prima vista potrebbe sembrare quasi un eufemismo, ma se le si attribuisce la giusta interpretazione, questa frase può rivelarsi al contempo molto vera, ricca di molteplici significati. Per un istante proviamo ad immaginare lo svolgersi della nostra vita all’interno di un pentagramma musicale, dove alla stesura di ogni singola nota scritta, facciamo corrispondere esattamente ogni istante della nostra vita. All’interno di questo pentagramma, ogni nota descrive ogni nostra sensazione, emo-zione, stato d’animo, che ogni essere umano prova in quell’instante, sia esso di ansia, nervosismo, tranquillità, stupore o di qualsiasi altro genere. Appena apriremo questo pentagramma musicale troveremo al suo interno una mi-riade di sorprese, che rappresentano tutte le cose belle ma anche brutte, le conquiste ma anche i cosiddetti “fallimenti”, i nuovi traguardi che la vita stessa ci offre ogni giorno e ogni istante in cui noi esseri umani ci apprestiamo a vivere. All’interno del nostro pentagramma risulterà una composizione musicale talmente meravigliosa e con un armonia di suoni e note, che non dovrà temere nessun debut-to o nessuna delusione davanti a qualsiasi pubblico. Al termine di questa composi-zione ci sentiremo tutti noi più arricchiti, avremo un motivo ulteriore di cui essere soddisfatti, in quanto siamo e saremo i compositori e i direttori “d’orchestra”della nostra vita. Una vita speciale e unica, nonostante ci siano ancora tanti pregiudizi che persone come “noi” non siano in grado o non possano realizzare un meraviglioso pentagram-ma musicale, ma invece noi abbiano tutte i requisiti e le potenzialità, a volte anche notevoli per realizzare qualsiasi cosa.

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PAOLO CIVIDAL RIESE PIO X (TV)

LA MIA VITA CON HANDICAP

Avere un handicap è un problema? Fa qualche differenza rispetto alle persone "normali"? Sono un ragazzo a cui, tutto andava bene fino ad certo punto, quando mi è arrivato "l'handicap"! Avevo all'incirca 14- 15 anni. Dobbiamo prenderla come Dio c'è la invia e poi siamo noi che la nostra vita dobbiamo mantenerla bella e non buttarla via, co-me fanno tante persone. Oggi sei sano e magari domani sei ammalato come me, an-che se con un'altra malattia, ma sempre ammalato sei. -La vita è bella, non dobbiamo guardare mai indietro ma avanti, perchè se guardi sempre avanti, per fare il cammino della tua vita, anche con l'handicap specialmen-te, tutto sarà più scorrevole e più facile. Combatto l'handicap stando insieme ai miei a casa, al centro con tutte le persone del centro, cerco di parlare assieme, di rendermi utile, di fare fisioterapia, di trascorrere la giornata in compagnia e allegria. Io la vita con handicap la vedo e la vivo come una vita normale di chi un handicap non ce l'ha.

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STELLA BRAGHETTE SELVA DI MONTELLO (TV)

LA VITA È AMORE L'amore è per una mamma, il suo bambino piccolino che ad un anno cammina e qualche danno combina. A tre anni va all'asilo per divertirsi un pochino. Le maestre lo fanno colorare perché deve imparare. Quando va in prima elementare a scrivere e a leggere deve cominciare. Quando nell'adolescenza inizia ad entrare la mamma inizia a tribulare. I quattordici anni sono belli e meravigliosi perché a truccarsi si vuole imparare, al-l'esame di terza media nessuno ci vuol pensare ... tanto io ho studiato tutto l'anno per meritare un bruttissimo voto con tanto affanno. É arrivato il giorno tanto atteso ... lunedì 17... ero la seconda a fare l'esame orale, l'emozione e la tensione erano alle stelle... quanta paura!!! Ma pian pianino sono riuscita a superarla un pochino. Alle superiori c'era tanto da studiare, le fatiche bisognava affrontare. La vita è bella ma bisogna saper affrontare tutti i momenti anche quelli più difficili. lo non posso rinunciare alla mia vita perché è ricca di impegni: faccio canto due volte alla settimana; il pianoforte mi diverto a suonare, quando non ho tanto da fare; con la Tribù faccio spettacoli teatrali e qualche uscita in discoteca per sfogarci tutti insieme a ballare e a mangiare. Alle amiche non posso rinunciare, con loro mi posso confidare. La mia vita mi piace così perché ci sono tante persone che mi vogliono bene e che non cambierei con nulla al mondo. Grazie.

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CHIARA FRATTIN CASONI DI MUSSOLENTE (TV)

LA VITA È SPECIALE Possiamo immaginare tante vite ma non rinunciare alla nostra perché è preziosa. A volte vorremmo vivere normalmente, diversamente, vorremmo cambiare la nostra vita perché non ci sembra per niente splendida…accettiamoci per come siamo. Anche una persona con difficoltà può vivere con semplicità la sua disabilitá. La vita è un dono molto prezioso che va vissuto fino in fondo, vale la pena di vivere per poter sorridere in allegria e compagnia. La nostra vita che non va presa alla leggera, va presa con impegno ma anche con di-vertimento e sempre sorridendo. Molte volte ci troviamo a pensare ad una vita del tutto normale, a volte vorremo persino cambiarla, migliorarla ma visto che non pos-siamo ci accettiamo e sorridiamo. Andiamo sempre avanti ragazzi! Perché la vita è speciale anche se non è completamente normale. Pur non muovendoci possiamo crederci, impegnarci sempre e costantemente fino in fondo. Dobbiamo ricordarci che, anche se la nostra vita non è del tutto normale, rimarrà per sempre speciale. Ogni giorno è un dono che va vissuto fino in fondo, è speciale, è un dono eccezionale. È bellissimo vivere, bisogna metterci grinta nella vita, quella grinta che non manca sicuramente a nessuno di noi.

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RUBENS BOBBATO CASTELLO DI GODEGO (TV)

VIVERE SEMPLICEMENTE Mi chiamo Rubens ho 41 anni ma non mi sento vecchio. Quando avevo un anno ho avuto la meningite, purtroppo non è stata curata bene, pensavano avessi avuto l'acetone. Da quel giorno mi sono rimaste diverse difficoltà, alle gambe e agli occhi. Anche se non cammino tanto bene e non ci vedo benissimo riesco a fare quasi tut-to... nella mia vita. Lavoro con il computer, faccio piscina, ginnastica, vado in giro in bici, partecipo, a diversi gruppi. Alla mattina mi alzo come tutti, faccio colazione (latte, yougurt e pastina), esco, vado al centro, trascorro la giornata in compagnia, alla sera torno a casa... come vedete svolgo la mia vita normalmente anche se ho va-rie difficoltà. La vita mi piace tanto e la vivo intensamente.

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ELVIS PORCELLATO RIESE PIO X (TV)

VIVERE, ANCORA VIVERE Nonostante il mio tipo di handicap, riesco a condurre una vita normale, anzi norma-lissima, rispetto a tante altre persone. Grazie all'aiuto dei miei genitori, di mio fratel-lo, di me stesso, dei miei amici, dei miei cani Chica e Lachi e, di tutti quelli che mi stanno vicino, riesco a vivere la mia vita con gioia ed intensità. Se uno fa qualcosa forzato o costretto dagli altri non vive, non riesce a vivere la vita. Io adesso sono felice, perché faccio tutto quello che mi viene proposto, con gioia e serenità. Mi piace la vita, ora come ora non ne farei a meno. Vi racconto una giornata tipo: mi alzo alle sette di mattina, bevo il caffè assieme ai miei, ascolto musica, prego e poi prendo il pulmino che mi porta al Centro. Qui lavo-ro con il computer, partecipo alle diverse attività, aiuto i miei compagni, tengo su il morale della squadra. Quando torno a casa prendo il mio scooter elettrico e vado a trovare un mio amico che ha un negozio di ferramenta e lì stiamo insieme a parlare, ridere e fare guardia al negozio. Altre volte vado al bar a bere un buon caffè e a fumarmi una sigaretta.... Alla sera a-scolto musica che è la mia passione. Quando sono stanco vado a dormire. Non vi sembra che è una vita perfettamente normale?

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NICOLA FERRACIN CASTELFRANCO VENETO (TV)

La felicità vuol dire accettarsi Ma perché dovremmo? Non è certo con l’immaginazione che possiamo migliorare la nostra vita, ma solo affrontando direttamente le vicende che ci accadono. La nostra vita, così sgangherata, è l’unica a nostra disposizione e tutte quelle che possiamo immaginare solo irreali. Solo vivendo in pieno la nostra esistenza seppur con difficoltà, possiamo arrivare ad accettarci, compiendo un passo sostanziale verso la nostra serenità, che è la prima cosa da fare per raggiungere la felicità.

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GIANCARLO FERRARI ROCCACAVANESE (TO)

“Libero di essere me stesso”

La dittatura esiste dove l’immaginazione è ridotta al minimo. Le infinite possi-

bilità dell’esistenza umana fanno paura all’unica vita ufficializzata che vuole inibire

dal fantastico la creatività dell’uomo. In un paese democratico l’immaginazione può

spaziare tra le molte storie che coesistono e si intrecciano tra loro.

Io sono nato in un paese libero dove ho avuto la fortuna di incontrare molte

persone con i miei stessi problemi; le loro vite mi hanno insegnato a sopportare i di-

sagi causati dall’handicap che mi accompagna sin dall’inizio di tutto. Il confronto è

sempre stato vivo ed effervescente facendomi partecipare davvero alla vita e renden-

domi ciò che oggi sono. Come capita a tanti, alcune volte ho desiderato di essere an-

ch’io un’altra persona ma mi sono accorto che dovrei rinunciare a troppo: sarebbe

come spogliarmi della mia identità, non essere più vero, confondermi con altri. Non

voglio vendere la mia anima! Il mio spirito risiede nella mia autenticità e tramite es-

sa divento un individuo in mezzo a tanti altri individui. Essere una persona vuol dire

interagire con gli altri così come sono: con le caratteristiche fisiche e con le peculia-

rità di pensiero che le contraddistinguono. E non devo avere vergogna se le mie qua-

lità fisiche non corrispondono a canoni decisi dai mass media. Anzi, il mio vero mo-

do di essere è senz’altro uno slancio significativo verso la comprensione degli altri.

Anche due farfalle della stessa famiglia, che si apprestano a posarsi su uno stesso

fiore e sembrano perfettamente uguali, non si confondono mai; hanno in sé attributi

impercettibili che le differenziano e non cambierebbero mai la loro vita con la nostra

anche se la natura le ha dato poco tempo per scegliere.

Devo avere dimestichezza con il mio mondo interiore per capirmi, per

“sentirmi” e conoscere ciò che mi circonda. Perché se ciò non fosse, non saprei vive-

re dentro la mia persona così maltrattata dalla disabilità: desidererei disfarmene al

più presto per non aver capito il mio senso dell’esistenza. Avrei una forte gelosia nei

confronti di tutti e di tutto. Vorrei essere sempre un altro perché mai vedrei la pace

in me.

Molte persone non stanno bene nel proprio corpo perché lo vorrebbero perfet-

to. Sono convinti che l’essere efficienti e l’apparenza siano le uniche cose importanti

per condurre una realtà felice. Si illudono che un ritocco nella materia possa miglio-

rare loro l’esistenza.

Credo che solo quando siamo noi stessi possiamo raggiungere il piacere di vi-

vere su questa terra. In fondo lo scopo della nostra vita è quello di sentirci autentici

per poter raccontare la nostra storia senza pregiudizi. Soltanto se il nostro Io si ma-

nifesta col suo vero volto si potrà raggiungere la serenità, la contentezza e vivere

sopportando meglio le avversità che ci cadono addosso. Perciò possiamo immagina-

re tante vite, ma mai rinunciare alla nostra.

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LORIS MARCHETTI BOLOGNA (BO)

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GIORGIA BETTI - FABIO TAGLIATTI BOLOGNA (BO)

Ikonyst’orje

Esiste il bosco di Boolang dove si pratica la caccia con l’arpa e lì vive MASTRO,

incerto dei suoi 13 anni ma sicuro che mai e poi mai si separerà dalla maschera e cappello che gli hanno regalato.

Non si chiede se è felice però non avrebbe capito il piacere di camminare se ciò non gli avesse permesso di vedersi con gli occhi del bosco.

Ha imparato a sentirsi figlio ma non troppo, unico sì ma mai abbastanza e senza ca-pirne troppo il significato ha deciso che da grande il suo lavoro consisterà nel dare

consigli per gli acquisti.

Esiste una spiaggia di Aorpes dove si vive in sale da ballo. CHIARA

crede che questo posto sia magico da quando ha deciso di stabilircisi per realizzare il sogno che tanto la ha accompagnata nei suoi 30 anni di vita : è finalmente incinta, per una briscola di troppo, e aspetta un bimbo da un uomo di Torino, che non lo sa,

e spera che lui ripassi per ballare e giocare a carte.

Intanto vive stirando fazzoletti e federe ed apparecchiando la tavola per tutti i suoi amici che la ricompensano con spaghetti alle vongole e scatolette di simmenthal.

Non esiste un posto in campagna così come viene descritto da

DUMBALINO : qualcuno pensa di averlo visto già disabitato da tempo ma non ne ricorda né il no-

me né come arrivarci.

Solo, e solamente, da un luogo così può essere arrivato questo soggetto che può tran-quillamente far credere di avere un’età tra i 40 ed i 75 anni.

Comunque tutti hanno smesso di chiedergli quando è nato e preferiscono sentirlo

cantare nel gruppo dei “bassisti di strada”.

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M. STEFANIA MELIS QUARTU S. ELENA (CA)

SCUOLA E CARITA’ GESU' DISSE: <AMATEVI FRA DI VOI, COME IO VI AMO>; IO PENSO CHE, L'AMORE UMANO, PER QUANTO GRANDE, NON. SARA' MAI IMMENSO COME QUELLO CHE GESU' HA PER NOI. MA LA COSA PIU' TRISTE E' CHE, NON C'E' LA SPERANZA CHE COL PASSARE DEL TEMPO, IMPAREREMO AD AMARE IN QUEL MODO: ANZI, IO PENSO CHE NOI PIU' DIVENTIAMO <GRANDI D'ETA'>, AMIAMO MENO SPONTANEA-MENTE; MI SPIEGO MEGLIO: SE DA BAMBINI, RIUSCIAMO A DARE E PRENDERE L'AMORE PER QUELLO CHE E', CIOE' AFFETTO; DA GRANDI SI CLASSIFICA CON LE PAROLE, PIETA', E CARITA'. MI E' STATOCHIESTO DI PARLARE DELLA CARITA' NELLE SCUOLE: ANCHE SE, LA MIA ESPERIENZA PERSONALE, MI HA INSEGNATO CHE DA BAMBINI, SE AIUTIAMO. UN COMPAGNO IN DIFFICOLTA', NON E SOLO CARITA', MA UN LEGAME INDESCRIVIBILE. IO PURTROPPO NON CAMMINO, MA QUESTO NON MI HA IMPEDITO DI AVE-RE UN RAPPORTO NORMALE E BELLISSIMO CON I MIEI COMPAGNI DI SCUOLA: LA COSA PIU' BELLA E' CHE, ANCHE SE IO AVEVO SEMPRE BISO-GNO DEL LORO AIUTO, NON ME LO FACEVANO PESARE; ANZI, FACEVANO A GARA, A CHI ARRIVAVA PER PRIMO QUANDO AVEVO BISOGNO DI QUALCO-SA.

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Il Concorso letterario pag. 5 Primo premio poesia pag. 7 Mirco Facchinetti Una vita normale o …… quasi pag. 9 Primo premio narrativa pag. 13 Giorgio Bonfanti La Vita Come Dono pag. 15 Selezione poesia pag. 17 Filippo Demadai Baggio Sogno pag. 19 Gianluca Buono Camicia rossa, capelli lunghi pag. 20 Francesco Mura Non voglio altre vite pag. 21 Stefano Bartolini Oh mia vita pag. 22 Mauro Fulgaro Irrinunciabile pag. 23 Selezione narrativa pag. 25 Marco Mignardi Storia di una nascita comica e bizzarra pag. 27 Graziella Roggiolani Possiamo Immaginare tante vite… pag. 29 Chiara Maggioni Io come gli altri pag. 31 Giacomo De Nuccio La fuga pag. 33 Sezione poesia pag. 35 Laura Gambarelli Nella mia vita (1980) pag. 37 Pier Francesco Malavasi “La vita è bella”…… pag. 38 Barbara Cannetti Il cuculo pag. 39 Silvana Pagella D’altro Canto pag. 40 Sabrina Franceschelli Lontano dal padre pag. 41 Andrea Greppi Io vorrei pag. 42 Giovanna Orvietani Momenti di vita pag. 43 Giancarla Passerini Mi manchi pag. 44 Eugenio Degli Esposti La speranza di vita pag. 45 Luca Basso La vita continua pag. 46 Gabriele Patanè Poesia per piccoli sogni pag. 47 Nicola Bonazzi pag. 48 Nemo Menghini …Senza titolo pag. 49 Massimo Pasquali Sorrisi leggeri pag. 50 Marco D’amato Felicità pag. 51 Sezione narrativa pag. 53 Max Cignarelli Si possono immaginate tante vite… pag. 55 Rosetta Baroni Possiamo immaginare tante vite… pag. 56 Vincenzo Osvaldo Vitti Il senso della vita pag. 58 Laura Fiorentin Possiamo immaginare tante vite… pag. 59 Luca Pieri Voglia di solitudine, ma forse di autonomia pag. 60 Matteo Sereno Possiamo immaginare tante vite… pag. 61 Donatella Borghi Immaginiamoci tante vite, ma come pag. 62 Maria Tresa Balla Non tutti i trucchi ingannano pag. 64 Stefano Tuveri L’alieno disabile pag. 66 Paola Cattellino Quando vado fuori pag. 67

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Mauro Betti Frammenti pag. 68 Mariangela Basso Nessuno può prendere il tuo posto pag. 69 Mara Bernardi Il mio sogno pag. 70 Fatima Maran Il mio album pag. 71 Urbano Santi Pentagramma musicale pag. 72 Paolo Cividal La mia vita con handicap pag. 73 Stella Braghette La vita è amore pag. 74 Chiara Frattin La vita è speciale pag. 75 Rubens Bobbato Vivere Semplicemente pag. 76 Elvis Porcellato Vivere, ancora vivere pag. 77 Nicola Ferracin La felicità vuol dire accettarsi pag. 78 Giancarlo Ferrari Libero di essere me stesso pag. 79 Loris Marchetti Lori story pag. 80 Giorgia Betti – Fabio Tagliatti Ikonyst’orje pag. 82 M. Stefania Melis Scuola e carità pag. 83

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AIAS Bologna Onlus (Associazione Italiana Assistenza Spastici) Via Ferrara 32 40139 Bologna - 051 454727 – 051 450729