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Sardegna 4.
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ITINERARI SPECIALI DI “BELL’ITALIA”
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L’ISOLA DA SFOGLIARECOME UN LIBRO
UN VIAGGIO NEL RICORDO,L’ANIMA DELLA GENTE,
GLI SPLENDORI DELL’ARTE,I LUOGHI DELLE VACANZE
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NUMERO 29 - GIUGNO/LUGLIO 2000
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Un’isola da leggere ................................... 13
Preistoria..................................................... 15La terra dei nuraghi
Come si parla ............................................. 27Una lingua nata da sangue romano
Patrimonio verde....................................... 33Santuari naturalistici
Musica tradizionale .................................. 47Antica quanto l’alba
Giubileo 2000 ............................................. 57Sulla via dei penitenti
Porti e porticcioli..................................... 223Tra mille insenature
Consorzi turistici .................................... 227A favore dell’impresa
Sostegni creditizi .................................... 229Leggi e turismo
Trasporti ................................................... 231Strada rotaia cielo e mare
Cagliari e la sua provinciaL’elefante ci invita........................................................................................................................... 68Una piccola scultura è quasi il simbolo della città, della sua forza, della sua storiaDove Come Quando: Capoluogo non per niente; unica difficoltà, saper scegliere
Nuoro e la sua provinciaNon solo pastori ............................................................................................................................. 108Un territorio vasto ed eterogeneo dove un’antica cultura si mischia alla modernitàDove Come Quando: Da un mare all’altro, l’animo segreto dell’isola
Oristano e la sua provinciaUn modo diverso di fare turismo .................................................................................................142Natura intatta e antiche vestigia, una meta ideale lontana dalla mondanitàDove Come Quando: Qui a tavola il pesce è re, tra le più famose pietanze della zona
Sassari e la sua provincia“Todos caballeros” ..........................................................................................................................182Una anomalia urbanistica e gli artistici ricordi delle glorie catalaneDove Come Quando: Sulla costa dei vip, alberghi da capogiro ma anche per tutti
SOMMARIO
Costa sarda di ponente: uno dei più affascinanti “quadri” è il golfo di Porto Conte che nell’antichità fu chiamato il “Porto delle Ninfe”.Lo caratterizzano la dolcezza delle insenature, l’ampia spiaggia e la straordinaria trasparenza delle acque dai colori incredibili.
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© 2000 Editoriale Giorgio Mondadori S.p.A.Periodico associato alla FIEG(Feder. Ital. Editori Giornali)
Pubblicazione periodica registrata presso il Tribunale di Milano il 20/6/95 numero 350
Direttore responsabile: Carlo Maria Pensa
Hanno collaborato per la redazione:
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Lara LeovinoCoordinamento redazionale:
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per la realizzazione grafica:Paolo Pozzoni, Daniela Tediosi, Fabio Troiani,
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per la ricerca iconografica:Paola Raineri (responsabile), Paola Paterlini
per la documentazione e l’archivio:Susanna Scafuri
per la segreteria:Orietta Pontani (responsabile)
Per i testi:Mauro Lissia
Giovanni Adarocchi, Vito Biolchini,Vasco Brici, Manlio Brigaglia,
Andrea Frailis, Mario Frongia, Francesco Luzzi,Daniela Muscas, Angelo Porru,
Ludovica Romagnino
Fotografie di: Adriano Bacchella, Fabio Braibanti,Gabriel Burma, Marco Crillissi, Gianfranco Curreli,
Clementina Frigo, Vittorio Giannella,Il Dagherrotipo, Rita Marongiu, Gianmario Marras,
Adriano Mauri, Daniele Pellegrini, Piero Pes,Giovanni Rinaldi, Massimo Ripani, Stefano Ruiu,
Antonio Saba, Valeria Serra
Disegni di: Francesco Corni, Mario Russo
Esecuzione pubblicità:Franca Bombaci, Francesca Cappellato,
Gloria Maizza, Marco Scotognella
ITINERARI SPECIALI DI “BELL’ITALIA”Numero 29 - Giugno-Luglio 2000
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IN QUESTO NUMERO
LA COPERTINA. Si chiama Rosa, questa spiaggia dell’isolaBudelli, per il colore della rena composta dai gusci di ani-mali marini. È uno dei cento angoli affascinanti della Sar-degna silenziosa e segreta (Fotografia di Massimo Ripani).
na nuova monografia di Bell’Italia dedicata alla Sarde-gna, che si unisce alle altre arricchendo il quadro di co-noscenza dell’isola. Un viaggio nelle quattro province,
alla scoperta delle città capoluogo, delle città minori, dei borghi:in una successione di bellezze naturali, di antiche vestigia, di pa-gine di storia, di curiosità, di un ricchissimo patrimonio d’arte.Invito ad una vacanza, al piacere di un soggiorno e soprattutto adun incontro con la cultura e la civiltà di una terra dalle inesauribi-li risorse. Siamo nel pieno dell’estate, quindi in un momentoideale; ma non dimentichiamo il fascino degli autunni, delle lu-minose primavere, dei silenzi invernali nell’abbraccio conforte-vole del mare. Troverete, in queste pagine, spunti e immagini as-solutamente inediti o anche temi di cui s’è sentito spesso parlarelasciando in noi una punta di curiosità. Angoli segreti, l’allegriadi certe feste popolari, i mille sapori della cucina, i lavori dell’ar-tigianato locale. E naturalmente, tutte (o quasi tutte, tanto è vastoil panorama) le informazioni utili per sperimentare la tradiziona-le ospitalità della Sardegna e della sua gente. �
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stanno per approdare in uno dei servitissimi porti, de-dichiamo il piacere di scorrere tutte le pagine di que-sta affascinante lettura. Cominciatela da dove volete.Noi l’abbiamo idealmente percorsa e suddivisa neiquattro “capitoli” che compongono le sue quattro pro-vince. Ma, qualunque sia il punto di partenza, o l’ordi-ne d’impaginazione, non limitatevi alle bellezze delsole e del mare. Affrontate la Sardegna anche nella suavariegata complessità, compresa qualche scontrosaasprezza. Sarà una lettura indimenticabile. �
Paolo A. Paganini
è un’infinità di ottime guide turistichesulla Sardegna. E c’è un’infinità di ottimeragioni per non far rientrare questo nostro“speciale” nell’elenco delle guide, anchese pur sempre di guida si tratta. Ma diuna guida fuori dei soliti schemi. Attra-
verso i nostri servizi s’è tentato, infatti, di percorrere isegreti tracciati dell’anima di quest’isola dal cuore an-tico, talvolta misterioso, mentre i settemila nuraghi chepunteggiano la Sardegna, sentinelle del tempo e deiloro abissi preistorici, stanno lì ad ammonire che tuttopassa. Rimane il culto del ri-cordo, nel segno delle civiltàche qui hanno sedimentatola loro cultura. E, dunque, ilnostro è stato anche un viag-gio nel ricordo, attraverso levestigia che tuttora ci parla-no di Fenici, Cartaginesi,Romani, Vandali, Bizantini,Pisani, Aragonesi, Liguri, fi-no ai Savoia e al Regno d’Ita-lia. E ci parlano di ricchi em-pori, di variopinti mercati,di preziose mercanzie, dispezie e di monili, che, findall’antichità, avevano resefamose Kàralis (Cagliari),Sulcis, Tharros, Còrnus, Tur-ris (l’attuale Porto Torres),Olbia. E tuttora templi, ne-cropoli, chiese, palazzi, af-freschi di poderosa forzaespressiva, sculture di raffi-nate finezze, e poi linee, sti-li, fregi e decorazioni conti-nuano a ricordarci, con i loroplastici incantamenti, che laSardegna, contro i tanti luo-ghi comuni, non è soltantoaustera terra di pastori, nelloro chiuso e poetico univer-so di fantasmagoriche tradi-zioni, di agresti sapori. LaSardegna è un libro com-plesso. L’abbiamo apertoper i nostri lettori, con l’u-miltà di mettere, qua e là,dei segnalibro. Ora, a quanti
UN’ISOLA DA LEGGERE
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Una delle tavole di Giuseppe Cominotti che illustrano l’ottocentesco diario di Alberto Lamarmora Viaggio in Sardegna:è la rappresentazione di un festoso corteo nuziale nei pittoreschi costumi di un’epoca di cui resta ancor vivo il ricordo.
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nuraghi sono il simbolo del si-lenzio, la testimonianza ultimae incrollabile di una civiltàsenza tempo e senza più voce.I nuraghi raccontano i sardidell’origine, parlano con i se-
gni, con le tracce millenarie di unaquotidianità perduta, trasformata inciò che resta degli oggetti rituali, incocci e detriti. Le pietre annerite daifalò rimandano a un’epoca senzadata, calendario e scrittura. Un po-polo remoto di cui i sardi sono eredie discendenti ha lasciato i nuraghi acertificare inoppugnabilmente chesi è vissuto, per affidare alla periziae all’immaginazione dei ricercatorimoderni la risposta su come si è vis-suto. Grandi costruzioni di macigni,uniche al mondo. Capaci di reggeresenza cementi alla forza infinita deltempo, del vento e delle piogge gra-zie a un’architettura insieme sem-plice e geniale. Edifici arrivati fino anoi per portarci il messaggio diun’umanità lontanissima, estranea aun mondo mutato e in continua mu-tazione come il nostro. Nuraghi co-me porta di passaggio tra un mondoarcaico, popolato di esseri dal voltooscuro e dal linguaggio ignoto, in
Preistoria
Settemila fra necropoli e villaggi, alcuni dei qualiancora intatti, come quello di Losa
La terra dei nuraghi
anche del placido mare che circondala Sardegna. Dai luoghi scelti peredificare il nuraghe si poteva scruta-re il territorio, vedere lontano, pre-pararsi a una difesa militare e allostesso tempo offrire alle popolazioniun luogo di vita e di culto organizza-to e tranquillo. Erano siti mai scelti acaso, perché dovevano soddisfaresia le esigenze militari sia quelle re-
ligiose. Se arrivava un attacco, latribù alloggiata nel villaggiodi capanne poteva trasferirsi
all’interno della cinta dipietra. E la posizione
strategica della granparte dei nuraghi ga-rantiva la visibilità re-ciproca fra le torri mag-giori, per costituirenell’insieme un siste-
ma di monitoraggio con-tinuo delle pianure circo-stanti. Per anni e ancora og-gi gli studiosi, sulla scia
del mistero di Stonehen-ge, si sono affannati a
rintracciare una logica
comunicazione con chissà quale cie-lo, e il mondo della storia scritto suidocumenti, scandito dal calendariodegli eventi, dei personaggi, delleopere dell’ingegno.
I signori di allora costruivano inuraghi per abitarli, per proteggersidalla minaccia dei nemici, per dareriparo e protezione a comunità isola-te, che diffidavano
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Qui sopra: visto da occidente, il sito archeologico Su Nuraxi, a Barumini,In basso: la piantina del villaggio, il più grande della Sardegna, attorno a una fortezza.
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Preistoria
conformazione dei blocchi è il pesostesso dei macigni a garantire la sta-bilità della costruzione, ma è sem-pre il peso a minacciarne la strutturaportante: la differenza tra eterno eprecario poteva essere una questio-ne di centimetri. Come in Egitto,erano certamente i servi a prestarele braccia indispensabili all’opera.Ma le braccia non bastavano: perraggiungere altezze spesso vicine aiventi metri serviva la tecnica inge-gneristica. E Giovanni Lilliu, ar-cheologo insigne, accademico dei
In alto e sopra, a destra: il nuraghe Losa, ad Abbasanta. È una costruzione di tipo trilobato.A sinistra e nell’altra foto qui sopra: nuraghe e recinto megalitico di Santu Antine,sul monte omonimo (591 metri). Provvisto di sei torri, risale al V secolo avanti Cristo.
tare, invariabile nei secoli, ma enor-memente impegnativo?
Di certo ogni nuraghe è costatoenergie inimmaginabili e forse qual-che vita umana è stata immolata allanecessità collettiva. Un errore e lafatica di giorni, di settimane, forsedi mesi sfumava nella polvere dicrolli rovinosi. Perché assieme alla
Lincei e autorità massima della nu-ragologia, parla nei suoi studi dipiani inclinati dotati di rulli. Un si-stema complesso, certo rudimentalema efficace per arrivare a quanto laforza dei muscoli non poteva garan-tire. La reggia di Barumini rappre-senta un po’ il plastico ideale di uncomplesso nuragico, un riferimentoessenziale e irrinunciabile perchiunque voglia esplorare il misteromuto e inquietante di questi monu-menti alla Sardegna che non c’è più.Fu Lilliu a scavarlo, partendo dai ru-
geometrica, astrologica, trascenden-tale alla dislocazione delle torri dipietra sarde. La sola certezza rag-giunta è che ciascuno dei settemilanuraghi giunti fino a noi rappresen-ta di per sé un miracolo edilizio, de-stinato da solo a sollevare più d’uninterrogativo. Quello fondamentaleè comune alle piramidi d’Egitto:com’è stato possibile realizzarli, so-vrapporre pietre colossali l’una al-l’altra secondo un progetto elemen-
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deri e dai reperti affiorati dopo unasequenza di temporali. Era il 1951.Da una semplice collina, la manoesperta e appassionata del grandearcheologo e del suo staff fece emer-gere un insieme articolato di am-bienti, talmente originale da sor-prendere studiosi di consumataesperienza. Un torrione con duepiani all’interno, nucleo ed elemen-to originario della struttura. Con unmargine d’errore di due secoli laprova del Carbonio 14 permise di
Preistoria
Sopra e sotto: il nuraghe Arrubiu,nei dintorni di Laconi, zona di notevole
interesse archeologico dov’è possibileammirare in situ le famose statue-menhir
scolpite, di età prenuragica.In alto: il celebre “toro”, nella necropoli
di Sant’Andria Priu, presso Bonorva,ritenuto da alcuni una misteriosa scultura;
ha all’interno un piccolo ipogeo.
accertare che la torre risale al 1460avanti Cristo, vale a dire all’epocanota come Bronzo medio. Negli anni,gli scavi riportarono alla luce del soleuna cinta muraria incernierata da al-tre quattro torri e a ridosso delle mu-ra i ricercatori scoprirono gli zoccoliin pietra delle capanne di un villag-gio, recinti dove probabilmente gliantichi abitatori custodivano animali.
Le scoperte di Lilliu in quello chefu battezzato Su Nuraxi, il nuraghe,sconfessano la vecchia idea di un
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Preistoria
mondo sardo preistorico chiuso eimpermeabile. Nella reggia e attor-no alla reggia c’era la vita quotidia-na di una comunità non certo estesa,ma comunque comunità, dedita an-che ad attività diverse da quella mi-litare, votata alle divinità, pronta acimentarsi in un dialogo con l’aldilàdestinato ad essere parte integrantedella vita terrena. I sardi della prei-storia erano uomini e donne capacidi muoversi all’esterno, di rappor-tarsi con altre genti vicine, di cercarenel territorio il necessario per vive-re. L’immagine è quella di una ci-viltà rurale, sardi d’altri tempi chequando non sono impegnati nellebattaglie contro gli invasori cartagi-nesi e poi romani vivono attorno alfuoco delle loro capanne, lavoranoalla fusione dei metalli con cui rea-lizzano statuine votive in bronzo, fa-ticano su pesanti macine di pietraper produrre farina e pane. Di quel-
la civiltà rimangono oggi alcune de-cine di nuraghi intatti, i cui esempiclassici sono il Losa, il più grandedell’isola, il Santu Antine di Torral-ba e il nuraghe Arrubiu di Orroli.Poi migliaia di torri in parte dirocca-te, a causa del tempo ma soprattutto
degli uomini: chilometri dei famosimuretti a secco che delimitano po-deri e pascoli sardi sono costruiticon le pietre nuragiche.
Più difficile danneggiare le domusde janas, le case delle streghe. Nel-l’insieme formano città dei morti edei vivi, abitate nei secoli e oggi mo-numento a una civiltà scolpita. Ne-cropoli rupestri, poi diventate dimo-ra per i pastori e usate fino a decen-ni fa, a seguire inconsapevolmenteil ciclo naturale della vita, della mor-te e della vita che genererà nuovamorte. Siti magici, destinati a inse-gnare ai vivi che il viaggio verso l’al-dilà non deve far paura. La Sarde-gna conta migliaia di domus de janas.Ma la necropoli di Montessu a Villa-peruccio, nel cuore antico del Sulcis,per la conformazione geologica delsito è l’esempio più emozionante esignificativo. Quasi nascosta in ungrande anfiteatro naturale su unacollina di pietra, Montessu è un ca-
nale di comunicazione con un mon-do remoto, dove sembrano agitarsiancora oggi gli spettri di un popolosospeso nel tempo. Profumi e suoni,nella campagna mediterranea, can-cellano i riferimenti alla nostra epo-ca. E l’incontro col Toro, la divinità
A sinistra: domus de janas, nella necropolidi Sant’Andria Priu, tre gruppi di tombe scavate nella roccia trachitica.Sotto: la necropoli di Montessu, nel Sulcis, scavata in un anfiteatro naturale. A
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PreistoriaPreistoria
stilizzata nelle corna che decoranogli ambienti di sepoltura, si carica diemozioni imprevedibili. Entrare aMontessu è come compiere un pas-so all’interno di una dimensione in-quietante, ostile alla ragione checerca collegamenti sicuri e dimo-strabili. Qui la scienza si ferma e co-mincia l’ignoto: chi ha scavato que-ste centinaia di sepolcri, intaccandola roccia con l’accetta di pietra dura,credeva nelle virtù segrete della ma-gia, aveva fede nell’influsso benefi-co del dio e ne voleva celebrare l’im-magine per l’eternità. Ed era con-vinto che la morte fosse solo un pas-saggio, se questo vuole la misteriosaforza che regola la vita.
La virilità del Toro e la fertilità del-la Dea Madre: le tombe di Montessu
e quelle delle altre necropoli del neo-litico sardo sono affidate a questedue speranze di buona fortuna. Solograzie a loro i defunti saranno salvatidall’orrore dell’annientamento, delbuio infinito e senza ritorno. Soltantonel segno della vitalità saranno aper-te le porte verso nuovi giorni di cac-cia, di cibo, di bisogni da soddisfareperché il cuore non si è fermato persempre, ma seguita a pulsare in unaldilà contiguo alla realtà, invisibile
ma certo. Nelle domus de janas il cul-to si esprime con le forme del sim-bolo. Ma gli antichi visitatori dove-vano avere anche altre manifestazio-ni di rispetto per i morti. La presen-za di grandi focolari lascia supporrela preparazione di pasti rituali, daconsumare in comunità. In questomodo, immaginando di dividere ilcibo con i trapassati, si sarebbe con-fermato il legame tra i defunti e il lo-ro clan. E l’idea di un contatto maiinterrotto si coglie anche in alcunestrutture delle domus.
La sepoltura riproduce spesso lacasa dei vivi: travi, colonne, tetti eperfino finestre o letti vengono scol-piti per alloggiare degnamente i de-funti. Così il soffitto della tomba acapanna di Sant’Andria Priu, unanecropoli nel territorio di Bonorva,in provincia di Sassari, imita fedel-mente una costruzione con le assi ela copertura di un tetto spiovente. Lecittà dei morti sono apprezzate e uti-lizzate anche dalle genti dei nuraghi.Continuano, gli eredi dei sardi neoli-tici, a onorare i luoghi che custodi-scono le ossa di artigiani, cacciatori,guerrieri, madri, dei secoli in cuil’ossidiana del Monte Arci aveva ilvalore di una pietra preziosa.
Ma assieme alle domus de janas,l’arte funeraria adotta le architetturedelle tombe dei giganti. Solenni, mae-stosi, perfetti per rappresentare leglorie di genti sempre pronte alla bat-taglia, questi monumenti megaliticidanno sepoltura collettiva ai cadutidella comunità. Lastre infisse nel ter-reno abbracciano un elemento centra-le, l’esedra, che col suo sportello aper-to sull’infinito sembra un passaggio aldominio dell’ignoto. Ma è solo un’illu-sione, una prospettiva falsificata dalpunto di vista dei nostri giorni. La gal-leria che completava le tombe con lafacciata a esedra è scomparsa, inghiot-tita dai secoli. Il vuoto adesso introdu-ce una vertigine tutta moderna, estra-nea allo spirito dei costruttori. Il mes-saggio estremo delle tombe cavalca iltempo, ma il tempo lo stravolge a ri-vendicare il suo potere inarrestabile.
Mauro Lissia
La tomba del Capo, a Sant’Andria Priu:due sale principali collegate ad altriquattordici ambienti da passaggi interni.
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l sardo: lingua o dialetto? Unarisposta fra tante: “Il sardo nonè un dialetto, ma lingua a sé,quantunque non abbia unagrande letteratura”. È Gramsciche dal carcere di Turi scriveva
così alla sorella Teresina. Lui, che al-l’Università di Torino aveva avutoper maestro uno dei più grandi glot-tologi italiani, Matteo Bartoli, era ri-masto molto legato alla parlata nata-le, sebbene ormai vivesse da decen-ni lontano da casa. E allastessa sorella, che abitavain Sardegna, chiedeva inche lingua facesse parlareil figlio: “Spero che lo la-scerete parlare in sardo –diceva – e non gli daretedei dispiaceri a questoproposito”.
È una delle mille testi-monianze che si possonocitare sull’affetto che i sar-di hanno per la loro parla-ta materna: che si chiama,in sardo, sa limba, la lin-gua e basta. Del resto, an-che per i linguisti, ormaida più di due secoli, il sar-do è una lingua: discende,sì, dal latino dei Romaniche conquistarono la Sar-degna 250 anni prima diCristo e furono padronidell’isola sin dopo il 450,ma poi questa parlata si è evolutaautonomamente. Gli scienziati, anzi,dicono che il sardo è la lingua neola-tina che ha conservato la maggiorquantità di parole e di caratteri dellalingua latina.
A Bitti, che è un grosso e impor-tante centro del Nuorese, addirittu-ra si vantano di questa discendenzada Roma: “Semus de sàmbeneromanu”, ci tengono a dichiarare,“siamo di sangue romano”.
Nel Medioevo questa lingua sar-
Come si parla
Tutti i glottologi si trovano d’accordo: il sardoè una lingua che discende dal latino
Nata da sangue romano
Roma, per altri quattrocento il cata-lano e il castigliano e da duecento-cinquant’anni l’italiano.
Quando ricevettero la Sardegna, aconclusione di una delle tante guer-re dei primi del Settecento, i Savoiarimasero combattuti fra la possibi-lità di lasciare che i sardi parlasseroe, soprattutto, scrivessero in spa-gnolo e la necessità di mettere i lorofunzionari – che parlavano l’italianoe anche il francese – in condizioni di
capire e di essere capiti.Per quasi cinquant’anni i Piemon-
tesi cercarono di andare avanti sen-za dare una risposta precisa a que-sto problema. Poi decisero di impor-re l’italiano, grazie anche alla “re-staurazione” delle due Università,quella di Cagliari e quella di Sassa-ri, che diventarono le grandi centralidi diffusione dell’italiano fra i sardi:ma ci sono atti notarili del 1820 (cen-to anni dopo che erano arrivati i Pie-montesi) ancora scritti in catalano.
da fu anche scritta: ci sono decine didocumenti che uscivano dalle can-cellerie dei “giudici” (signori deiquattro territori indipendenti in cuila Sardegna fu divisa fra il Mille e ilTrecento) che sono scritti in una lin-gua “ufficiale” che è tutta sarda. Fu-rono, semmai, i Catalano-Aragonesi(che conquistarono la Sardegna apartire dal 1323) e poi gli Spagnoli(che la tennero praticamente sinverso il 1720) a respingere il sardo
verso i paesi, a costringere la gentead usarlo soltanto nei rapporti localie familiari. Facendolo retrocedere,dunque, a quelle che sono alcunedelle condizioni proprie del dialet-to: il fatto di essere usato soltanto inuna ristretta area geografica, di es-sere utilizzato quasi esclusivamenteper i rapporti familiari e, come di-re?, “confidenziali”, di avere al disopra una lingua “alta”. Come è ca-pitato al sardo, che ha avuto sopra disé per settecento anni la lingua di
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Panoramica di Bitti, importante centro del Nuorese, i cui abitanti ancor oggi difendono la loro “romanità”.
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Come si parla
Un’altra delle condizioni che sichiedono ad una lingua è – come sa-peva anche Gramsci – di avere unapropria letteratura.
Questa letteratura, in effetti, esi-ste: è soprattutto poesia, e ci sonopoeti che scrivono in sardo (in unsardo, diciamo così, “letterario”) acominciare già dalla fine del Cin-quecento. In realtà per gran parte diquesta letteratura si tratta di poesiaorale, in genere tramandata a me-moria, ma spesso anche scritta. Edoggi si comincia anche a scrivere ro-manzi e racconti.
Nel Novecento, poi, la richiestadell’autonomia politica (cui la Re-pubblica ha risposto con lo Statutospeciale del 1948) è stata accompa-gnata dall’affermazione della neces-sità di tutelare e rilanciare il sardo:una legge regionale del 1997 ha ap-prestato una serie di provvedimenticui ha aggiunto forza una recentelegge nazionale che riconosce l’im-portanza delle lingue delle mino-ranze regionali: e i sardi sono, con illoro milione e seicentomila cittadini,la minoranza… più grande d’Italia.
I linguisti, poi, per conto loro nonhanno mai avuto dubbi. Una mate-ria che si chiama Linguistica sardanon viene insegnata soltanto nelledue Università sarde, ma ci sonocattedre con lo stesso titolo in diver-se parti del mondo: a Grenoble mi ècapitato di sentir parlare sardo, nel-l’Istituto di Linguistica, da studentidel Terzo Mondo. E il massimo stu-dioso della lingua sarda è stato, lun-go quasi tutto il Diciannovesimo se-colo (morì nel 1882), uno studioso te-desco, Max Leopold Wagner, a lun-go professore nell’Università porto-ghese di Coimbra, al quale siamodebitori anche di un esemplare “Di-zionario etimologico del sardo”.
Il pastore che partiva col greggediceva alla moglie: “Pone mihi trespanes in bertula”, “mettimi tre paninella bisaccia”.
Anche il mezzadro di Cicerone,duemila anni fa, avrebbe detto lostesso, con le stesse parole. �
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n mezzo al Mediterraneo c’èl’isola dei parchi. Boschi, coste,stagni, paesaggi da difenderedall’assalto di una modernitàsenza regole. La Sardegna tute-la il suo bene più prezioso,
l’ambiente, per complessivi 490 mi-la ettari (quasi un quinto dell’interaregione), attraverso tre parchi nazio-nali, due regionali, tre aree marineprotette nazionali, otto parchi natu-rali, settantatré tra riserve naturali earee di interesse naturalistico. Unparadiso allo stesso tempo reale eipotetico. Dopo il via libera formale,solo poche comunità hanno infattiabbandonato le polemiche sui confi-ni delle perimetrazioni e offerto ser-vizi per i visitatori. È una vicendacontrastata di vincoli e opportunità,proibizioni e possibilità, regole econsuetudini. Il dilemma del Due-mila: coniugare lo sviluppo econo-mico agli usi consolidati di comu-nità millenarie, senza stravolgeretradizioni uniche ma allo stessotempo facendo dell’ambiente una ri-
Patrimonio verde
L’isola dei parchi: tra boschi, coste e stagni, è tutelato quasi un quinto del suo territorio
Santuari naturalistici
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sorsa economica. La strada da per-correre è ancora lunga, ma qualcunoè già arrivato al traguardo.
Non più isola maledetta ma oasinaturale di straordinaria bellezza.Chiuso il supercarcere, l’Asinara ac-coglie i visitatori (ben ventimila neiprimi due anni di attività) con i si-lenzi delle sue coste battute dal ven-to. L’isola è parco nazionale dal 1997e si impone come uno dei più im-portanti santuari naturalistici di tut-to il Mediterraneo. In questi cinque-mila ettari di territorio nell’estremolembo nordoccidentale della Sarde-gna hanno casa 678 specie floreali(un terzo di quelle censite nell’inte-ra regione), inserite in una vegeta-zione dai tipici caratteri della mac-chia mediterranea. Ma anche la fau-na riserva sorprese: qui si riprodu-cono circa ottanta specie selvatiche etra queste molte rivestono rilevanzascientifica a livello mondiale, comeil discoglosso sardo, il rospo smeral-dino e la raganella. È un habitat ric-co di suggestioni. Qui, tra scogliere
In questa pagina: immagini dell’Asinara.In alto, da sinistra: Cala Scombro
di dentro e gli asinelli albini, esclusivadell’isola cui hanno dato il nome.
Qui sopra, dall’alto: la raganella verdee un esemplare di falco pellegrino.
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e spiagge, il visitatore è incantatodalle traiettorie del Gabbiano corso,del Marangone dal ciuffo e del Falcopellegrino. Ma il vero re di questoterritorio è l’asinello bianco, tantocaratteristico da dare il nome all’iso-la, battezzata in questo modo dai to-scani nel tredicesimo secolo. Alla tu-tela non sfugge il mare dell’Asinara,con una fascia di rispetto di millemetri nei quali è interdetta la pescae la navigazione. Il futuro del parco(il cui territorio ricade interamentenel comune di Porto Torres) passaattraverso la realizzazione di proget-ti già avviati, come l’istituzione diun Centro di educazione Ambienta-le, l’Osservatorio ornitologico,
proprio business di dimensioni in-ternazionali. Siamo nel regno dellaCosta Smeralda: di fronte a PortoCervo la riserva tutela le isole delleBisce e Nibani, Porto Rotondo fa laguardia all’isola del Mortorio e aquella dei Soffi. Ma il cuore del par-co è più a nord: Caprera, La Madda-lena, Santo Stefano, Spargi e Budelli(la mitica isola con la spiaggia Rosa),stupiscono i visitatori con panoramiunici e colori che cambiano con ilvolgere della giornata.
Un patrimonio unico che il neona-to ente si appresta a tutelare con glistrumenti adeguati (numerose sonoinfatti le fasce interdette, con diver-se modalità, alla pesca e alla naviga-zione) e la valorizzazione delle ri-sorse locali. Si punta a incentivare dinuovo la pesca, le escursioni, e il re-cupero delle tradizioni, come quelladei maestri d’ascia, la cui arte nonverrà dispersa grazie ad un corso diformazione professionale. Ma la tu-tela passa dalla conoscenza: nasce-ranno così il Centro di educazioneambientale con la Scuola internazio-nale di ecologia marina, il Centro di-dattico per le scuole superiori, insie-me al giardino botanico e ai Museidi storia naturale e del mare.
Montagne selvagge, vette frasta-gliate, calette di sabbia bianchissi-ma, grotte profonde. Dal livello del
Qui sopra: le dune della bella spiaggiadi Cala Maiore, a La Maddalena.
A sinistra: la spiaggia Rosa di Budelli,cosiddetta per il colore della rena,
costituita dai gusci di animali marini.In basso: Cala Conneri, a Spargi.
Tutte e tre le isole menzionate fanno partedell’arcipelago della Maddalena,
dalla fine del 1998 divenuto riserva marinanazionale per i suoi pregi ambientali.
un’articolata sentieristica terrestre emarina. Da ovest a est, sempre nelCapo di Sopra, la natura regala lospettacolo delle isole che compon-gono l’arcipelago di La Maddalena.È una riserva marina nazionale, isti-tuita alla fine del ‘98 e subito opera-tiva grazie ad una intelligente operadi mediazione tra le esigenze dellatutela dell’ambiente e le consolidateattività dei residenti. L’area (pocomeno di cinquemila ettari) ricadeinfatti sul territorio di numerosi co-muni, alcuni dei quali hanno fattodello sviluppo turistico un vero e
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l’istituzione avvenuta con decretodel presidente della repubblica), labattaglia in atto da quarant’anni sipreannuncia ancora lunga. Nel frat-tempo il parco che verrà custodiscel’aspro paesaggio del Supramonte(un massiccio altipiano calcareo diben cinquanta chilometri quadrati),
le falesie sul Golfo di Orosei e lagrotta del Bue Marino, i millenari si-lenzi del villaggio nuragico di Tisca-li, dove vivono i mufloni (fino aqualche anno fa in via di estinzione)e volteggia l’aquila reale insieme al-la poiana, allo sparviere e all’astore.Foreste di lecci si alternano a mac-chie di corbezzolo e ginepro, piantedai nomi inusuali (ramno di Sarde-gna, elicriso del Moris, aquilegianuragica e tante altre) costituisconouna microflora di grande significatoscientifico. Una Sardegna completa-mente diversa da quella conosciutadal grande turismo, attratta soltantodalle bellezze delle coste. Ma qui
mare fino a punta La Marmora, con isuoi 1834 metri la cima più alta del-l’isola. È il parco del Gennargentu edel Golfo di Orosei, 76 mila ettari di-visi tra ventiquattro comuni dellaprovincia di Nuoro. Nel gennaio del2001 entreranno in vigore i vincoli ditutela del territorio, la cui applica-zione è stata temporaneamente so-spesa viste le fortissime critiche ar-rivate da una parte di residenti e co-muni, contrari all’istituzione dell’a-rea protetta e uniti nel sentire il par-co come una intollerabile intrusionein comunità dalle regole millenarie.Ma il parco del Gennargentu è or-mai una realtà, anche se (nonostante
Sotto, da sinistra: grotta del Bue Marino,a Cala Gonone, nel golfo di Orosei,
che assume il nome da foche superstitidi una specie ormai rarissima
che sopravvivono in queste acque,e Punta Corrasi, la più elevata
della catena calcarea del Supramonte.In basso, da sinistra: parco
naturale del Gennargentu, il villaggionuragico di Tiscali e un muflone.
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non manca certo la scelta: il parcodel Gennargentu offre straordina-riamente sia una tra le più bellespiagge del Mediterraneo (CalaLuna) che il canyon di Su Gorrop-pu, un’impressionante gola nel Su-pramonte di Dorgali. Un territoriounico che racchiude in sé tutte lebellezze e le contraddizioni dellaSardegna.
Storia e natura assieme. Gli impo-nenti resti dell’antica Tharros e laricchezza delle coste e degli stagnidi Mistras o Sale Porcus. In provin-cia di Oristano, nel comune di Ca-bras, l’area marina della penisoladel Sinis si protende sino all’isola diMal di Ventre, curiosa traduzionedella denominazione sarda (De ma-lu ’entu) che in realtà richiama allapericolosità dei venti che qui spira-no con forza incessante. L’area pro-tetta si estende per trentamila ettari.La costa, bassa e sabbiosa, a trattipresenta piccole scogliere o impo-nenti falesie, come quelle di Torr’eSeu. Anche l’ambiente marino è ca-ratterizzato dall’estrema varietà, confondali sabbiosi e coralligeni rico-perti da praterie di Posidonia ocea-nica dove spicca lo spettacolo offer-to delle madrepore e delle spugne.
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In queste acque delfini e tartarughemarine regalano ai visitatori emo-zioni generalmente associate a loca-lità internazionali più rinomate. Aotto chilometri dalla costa, l’isola diMal di Ventre sorprende per le suespiaggette e i resti di antichi nura-ghi. Tutta la costa occidentale è orariserva integrale, mentre le escur-sioni di visitatori (sconsigliate nelperiodo di nidificazione degli uccel-li, tra marzo e maggio) devono esse-re improntate sempre al massimo ri-spetto di questo habitat, tanto unico
quanto delicato nei suoi equilibri.Nell’entroterra del parco, l’ab-
bondanza di varietà di uccelli pre-senti, stanziali e ospiti, rende la pe-nisola del Sinis un paradiso ancheper chi voglia dedicarsi al birdwat-ching. Le grandi distese palustrisvolgono infatti un importante sta-zione di sosta per gli uccelli migra-tori e come luogo di nidificazione. Eintorno, il fascino della storia, conTharros ma anche l’oasi di Seu, ge-stita dal Wwf. Una struttura che, no-nostante l’esiguità del territorio tu-
A sinistra: Cala Luna, perladel golfo di Orosei, con le suesei enormi grotte, il boscodi oleandri, e l’alto speroneroccioso che la proteggea meridione dai venti di scirocco.Sopra e sotto: stagno SalePorcus, nella penisola del Sinis.Sotto, a sinistra: girasolipresso lo stagno di Cabras, sitoa nord-ovest di Oristano, uno tra i più grandi d’Europa.
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telato (appena centoundici ettari)offre numerosi servizi ai suoi visi-tatori, attraverso visite guidate, unasentieristica efficiente e la possibi-lità di effettuare campi di lavoro oescursioni didattiche.
In attesa di diventare cuore delfuturo parco del Sulcis, è diventataun’oasi vera e propria, strappata dalWwf alla speculazione e al degrado.In provincia di Cagliari, l’area dimonte Arcosu (nel comune di Uta) si
giore, il corvo imperiale, il falco pel-legrino o la poiana è tra le sorpresedi una visita a monte Arcosu, capacedi regalare incontri unici, comequello con l’aquila reale o il grifone.Ma il vero padrone del territorio è ilcervo sardo. Le guide sanno consi-gliare le zone migliori e più facili daraggiungere dove questi maestosianimali si possono ammirare in tuttatranquillità. Ora sono circa un mi-gliaio e la loro popolazione consentedi restituire ad altre zone dell’isolaquesto importante patrimonio natu-rale. L’oasi di monte Arcosu (apertatutto l’anno, tranne i mesi di agostoe settembre) s’impone come tappaobbligata del visitatore capace di
apprezzare anche le bellezze di unaregione che non regala solo mare ecoste, ma anche un’entroterra di sor-prendente bellezza.
Parchi aperti ai visitatori, parchiche verranno. Dopo un inizio pro-mettente, l’area protetta dei SetteFratelli (in provincia di Cagliari) hasubito uno stop inatteso, determina-to dal dietrofront dei comuni cheavevano inizialmente aderito al pro-getto. Maggiori speranze arrivanoinvece dalla riserva marina di CapoCarbonara (interamente compresanel comune di Villasimius), vero pa-radiso per gli amanti delle immer-sioni subacquee. A Molentargiusmigliaia di fenicotteri nidificano in-vece tra lo sguardo meravigliato dei
A destra, dall’alto: esemplare di cervosardo nella zona del monte Arcosu,
un raro ungulato endemico della regione,e uno dei fenicottero rosa che vivono
numerosi presso stagni a salinità elevata.Sotto, da sinistra: la piccola oasi di Seu,
e uno scorcio dei monti dei Sette Fratelli,ambiente dominato da rocce scolpite.
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estende per ben 3600 ettari. È il re-gno del cervo sardo, salvato dall’e-stinzione e ora invece vero domina-tore di questo territorio dove alti emaestosi picchi di granito segnanouna foresta mediterranea a lecci esughere. Macchie di corbezzoli, eri-che, ginepri, mirto, lentisco e fillireesi alternano a popolamenti di tasso,una conifera estremamente rara inSardegna, così come alti cresconosalici, ontani e oleandri. Anche lafauna è molto ricca. Insieme al cer-vo, si possono facilmente osservarela martora, la donnola, il cinghiale eil gatto selvatico sardo. Una varietàche non manca neppure tra gli uc-celli: avvistare il picchio rosso mag-
visitatori e dei cagliaritani, ancorasorpresi da questo miracolo che siripete da qualche anno. L’area ha bi-sogno di una tutela immediata, persfruttare al meglio anche la bonificadello stagno, in corso ormai da tem-po e, si spera, in fase di rapida con-clusione. Un parco già istituito for-malmente, ma intorno a cui le quat-tro amministrazioni interessate (inprincipal modo quelle cagliaritana equartese) non trovano uguale moti-vo di interesse. I fenicotteri, nel frat-tempo, continuano a volteggiare so-pra Molentargius. Per ammirarli bastaun binocolo. In attesa della nascita delparco, speriamo non volino via. �
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a voce inizia a cantare inperfetta solitudine. Modu-la parole che raccontanod’amore, o di uomini valo-rosi, o di paesi e luoghi daguardare con gli occhi com-
mossi da tanta bellezza. Poi il cantosi interrompe. Il silenzio regna permeno di un secondo, ma si avvertecome se fosse un colpo brusco e fra-goroso. Adesso attaccano sa contra,
Musica tradizionale
Un folklore che entusiasmò D’Annunzio, tuttoraapprezzato per l’originalità corale e solistica
Antica quanto l’alba
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tonano i versi e le armonie ereditatedai loro antenati. Si canta nei bar,nei ritrovi, persino in piazza o nellestrade. In base ai temi e ai modulimusicali adottati, saranno esecuzio-ni a sa seria, a passu torrau, a mutos:varianti che tengono conto di usi easpettative del pubblico d’un tem-po, riunito da momenti di festa o disentimento comunitario. I testi pren-dono facilmente in prestito le rimedella poesia in lingua locale, ma nonmancano composizioni originali.Negli anni della contestazione stu-dentesca, e dei conflitti sociali piùduri, i tenores cantarono anche con itoni della passione politica. Fabbri-
stri fra timbri vocali, di distanze chesi accorciano e si allungano, di effettiarmonici spesso spericolati nei loropercorsi. Ma è proprio l’accordo tracomponenti diverse, e quasi in con-flitto, l’obbiettivo del canto a tenores.Per questo in qualche zona della Sar-degna si chiama cuncordu, in altre ènoto come cuntrattu, in altre ancora siparla di cunzertu, richiamando il sen-so più giuridico che musicale dellaparola “concerto”.La Barbagia è la patria riconosciutadei tenores. Nei paesi di questa areadella provincia di Nuoro, la tradizio-ne è ancora viva e diffusa. Non è ra-ro, infatti, incontrare giovani che in-
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Qui sopra e a destra: Andrea Parodi e i tenores di Bitti, un quartetto di vocidi una sorprendente forza arcaica, amata e apprezzata perfino dai fans del rock.
ormai il ruolo di emblema alle lau-neddas, invenzione originale deimusicisti isolani. L’andamento si-nuoso di sa oghe, la voce solista chedisegna la melodia iniziale, evocasubito la risposta ritmata degli altritre elementi. Così le sillabe scanditein coro, il Bom Bim Bam Bo che esal-ta i toni ruvidi del basso, sono attesee previste dagli ascoltatori che han-no capito il gioco. Un gioco di inca-
su bassu e sa mesa oghe: il quartetto atenores mette in scena tutta la suaforza arcaica, l’armonia sorprenden-te di un suono gutturale che incon-tra registri e intonazioni più vicinialle regole dettate nei conservatori.L’accordo di queste quattro voci èdiventato un simbolo della musicatradizionale della Sardegna. Scoper-ta e apprezzata anche da qualcheprotagonista del rock o del jazz, l’ar-te dei tenores ha trovato palcosceniciimportanti. È arrivata nelle sale daconcerto, ha un posto nei cataloghidi prestigiose etichette discografi-che, frequenta gli studi televisivi edi festival internazionali. Contende
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Musica tradizionale
mandate di generazione in genera-zione. Si appassiona soprattutto allelauneddas, strumento a tre canne cheaccompagna cerimonie religiose edanze di gruppo. Suoni antichissi-mi, forse ereditati dalle genti dei nu-raghi: una statuetta votiva sembraritrarre proprio un virtuoso dellecanne ronzanti. Il Campidano, laTrexenta e il Sarrabus fanno il terri-torio dove questa musica trova ese-cutori che interpretano composizio-ni imparate da anziani maestri.Bentzon studia, classifica, registra. Eriversa tutto in un libro, editato aCopenaghen, dove le launeddas ven-gono analizzate con metodo e amorenello stesso tempo. È così che l’unio-ne di mancosa, mancosedda e tumbu,come si chiamano le tre parti checompongono lo strumento, si decli-na nelle diverse intonazioni possibi-
che, padroni, giustizia e lavoro af-fiancarono le dichiarazioni d’amoreo gli inni alla terra d’origine. I fattidi Pratobello, con i pastori in rivoltacontro le occupazioni militari, finiro-no presto in un racconto con il con-trappunto drammatico di mesa oghe,contra e bassu. E anche un pezzo distoria sarda, il Procurade ’e moderarescritto nel Settecento per condanna-re i residui di feudalesimo nella no-biltà isolana, venne adottato comeuna bandiera di lotta.
I paesi che danno il loro nome alleformazioni di tenores più conosciutesono: Bitti, Oniferi, Orosei, Neoneli.Ma il panorama del canto in Sarde-gna si allarga ben oltre queste loca-lità e questi modelli. In Gallura, loschema a tenores si modifica nei nu-meri e negli equilibri. La tasgia, dapronunciare con il suono della “j”francese, accoglie una quinta voce,lu falzittu, acuta ed estranea alla tra-dizione barbaricina. Aggius e TempoPausania possono vantare le miglioriespressioni di questo stile, inseritoda Dario Fo in uno dei suoi spettaco-li degli anni Settanta: Ci ragiono ecanto. Fu un gruppo di Aggius, il“Galletto di Gallura”, a rappresenta-re allora il contributo della Sardegnaal mosaico di voci e identità regiona-li messo in scena da Fo. Si ripeteva,così, la scelta che cinquant’anni pri-ma aveva portato un altro coro agge-se alla ribalta nazionale. Accompa-gnati dal musicologo Gavino Ga-briel, un tempiese che lascerà fonda-
mentali studi sul patrimonio musica-le sardo, cinque ultrasessantenni sa-lirono sul palcoscenico del teatroQuirino, a Roma. In programma c’e-ra una conferenza-concerto che entu-siasmò i recensori dell’epoca. È il1921, e la cultura europea va ricer-cando i colori dell’esotico nel-le sue regioni più lontane e“selvagge”. Il premio Nobel aGrazia Deledda, sei anni do-po, coronerà questa tendenza.Le novelle e i personaggi atinte forti della scrittrice ave-vano conquistato l’Accademiadi Svezia, come la tasgia avevaaffascinato Gabriele d’Annun-zio. Canto “antico quanto l’al-ba”, scrive il Vate in una lette-ra indirizzata a uno dei com-ponenti del coro di Aggius,che aveva ospitato al Vittoria-le. E senza paura di alimenta-re una cattiva fama per gli iso-lani, la stessa carta suggerisce:“Se tu e gli altri quattro vera-mente mi amate, rapitemi sta-notte e portatemi... in una ca-panna, in un bosco di sòveri”.
Delle stesse latitudini degliaccademici di Svezia, giungerannoancora segni d’interesse per la cul-tura popolare della Sardegna. Sul fi-nire degli anni Cinquanta, un giova-ne danese sbarca nell’isola dotato diregistratore e di molta curiosità. An-dreas Fridolin Weis Bentzon girova-ga nella parte meridionale della re-gione, incidendo voci e melodie tra-
A destra: suonatoridi launeddas
durante le festedi Sant’Efisio.
Nella foto sotto:a Tadasuni,
don Giovanni Doreha allestito
un singolare museodegli strumenti
musicali con “pezzi”di vero interesse,
giusto come questoche sta mostrando.
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li. Il ricercatore danese scopre negliinterpreti un’abilità manuale chenon è solo creazione di musica. Chisuona le launeddas è anche, quasisempre, il costruttore del propriostrumento. Dunque sa scegliere lecanne, inciderle, equilibrarle con ce-ra d’api. Sa, perché gli sono stati af-fidati i segreti della costruzione, co-
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ve uomini e donne si scambiano bat-tute piccanti. E qualche volta cercaaccenti altrettanto arditi il trallalleroadottato in gran parte della Sarde-gna adoperando allusioni e figurecapaci di far arrossire i custodi delpudore. Le voci, in questi casi, pos-sono rinunciare senza rimpianti al-l’accompagnamento di strumenti. Èla regola di ugole spesso lasciate so-le nella Sardegna che fa musica. E sela scelta si spiega quando sono inscena le armonie polifoniche dei te-nores, troppo corpose per sentire ilbisogno di altri apporti sonori, non èdifficile capire anche l’autosuffi-cienza di s’anninnia, la ninna nannadestinata a cullare i neonati, o il la-mento funebre di s’attitidu, docu-
me trasformare tre pezzi di fibra ve-getale in una mediana, un fiorassiu,un punto d’organo o un’altra versio-ne di questo immancabile corredo diprocessioni e feste.
Il ballo, ancora una volta, ispira eindirizza la musica popolare dellaSardegna. I passi di su ballu tundu, ocomunque delle forme che assumela danza, sono il metro tenuto pre-sente dai maestri di launeddas comedai suonatori di organetto, altra pre-senza richiestissima nelle occasionidi riunione della comunità. Ma nonmeno perentori sono i richiami deiriti e delle ricorrenze della chiesa.Qui la musica torna ad essere so-prattutto un affare di voci in accor-do. Confraternite e gruppi coralicantano il dolore del Cristo morto, labuona novella del Natale, o la devo-zione alla Madonna, intonandoun’Ave Maria dove il registro deibassi crea risonanze accostabili allearmonie dei tenores. L’influenza delcanto gregoriano è una delle compo-nenti di questo repertorio sotto il se-gno della Croce. Basta però parteci-pare all’intesa celebrazione del Lu-nissanti, momento della Passionenelle strade di Castelsardo, percomprendere quanto sia lontana l’i-dea dell’imitazione da questostraordinario esempio di musicalità.Pia e devota quando entra in chiesa,la musica dei sardi sa essere anchesfacciata e beffarda. Succede a Sas-sari con le gobbule, che prendono dimira peccati e difetti dei personaggiin vista, o con i muttetti tempiesi do-
Sopra: a sinistra, un’artistica fisarmonica, che in dialetto sardo è indicata col nome generico di sonu, usato anche per l’organetto;a destra, la matracca, caratteristico congegno suonato durante la Settimana santa; si distingue dalla matracca a roda, con ruota dentata.
Sotto: il musicista Totore Chessa, di Irgoli, suonatore e uno dei massimi conoscitori di organetto e di musica sarda.Nella foto in basso: Marcello Peghin e Roberto Pellegrini, mentre si esibiscono in un concerto dedicato al folklore tradizionale.
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mento di una cultura mediterraneache lega le donne sarde alle prefichedella Grecia di Omero. L’aria delMediterraneo si avverte ancora nelduru-duru, filastrocca per i bambinidove i ritmi evocano le sponde ara-be del mare attraversato da pirati emercanti. Ma nemmeno in questaoccasione, splendida opportunitàper le percussioni della musica sar-da, la voce richiede il soccorso deglistrumenti. Eppure non manchereb-bero le risorse da sfruttare, come te-stimonia il museo realizzato a Tada-suni, sulle rive del lago Omodeo,dalla pazienza da collezionista didon Giovanni Dore.
La rivincita degli accompagnatorisarà allora nel canto a chitarra, conle corde trattate da mani che cerca-no sonorità spigolose. Voci maschilie femminili confidano nell’appog-gio delle note aggregate dal plettro,pronte però a tacere quando la chi-tarra passa a cucire le strofe arpeg-giando in primo piano. Sui palchidelle feste, quando un paese si tas-sa per offrirsi lo spettacolo dellamusica in piazza, questo canto puòprecedere con i suoi toni struggentila sfida attesissima dei cantadores.Si gareggia improvvisando versi dipoesia estemporanea, da comporresecondo una metrica che ha caden-ze di musica d’Oriente. Stabilito iltema, i poeti cantanti estraggonodalla loro memoria immagini e con-cetti da esporre in rima baciata.Dalle gesta degli eroi omerici ai pa-triarchi della Bibbia, dai sonetti d’a-more alle terzine della Divina Com-media, tutto è materia di combina-zione, citazione, rifacimento. In unadelle parlate della Sardegna, comecavalieri medievali i poeti in garausano le armi dell’espressione fio-rita e dell’accostamento ad effetto.Vince la fantasia sorretta dalla tec-nica più collaudata che asseconda ilgusto della giuria. Gli sfidanti rive-stono i panni di contadini, pastori,artigiani. Fino alla prossima festa,alla prossima gara e al prossimoverdetto. �
Angelo Porru
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n principio erano giorni e giornidi viaggio. Sotto la pioggia bat-tente, il vento gelido o il soleche seccava la gola, riparati daun grande cappello e da unmanto lungo sino ai piedi. Cal-
zando scarpe logore, con un bastoneper far presa sui sentieri più impervi,il pellegrino medievale attraversavaboschi coperti di neve, insicuri pontidi corda tesi da una sponda all’altradei fiumi, pianure nebbiose. Esausto,avanzava verso la città dei papi e lasalvezza eterna. La bisaccia era tutto:un fiasco d’acqua, una sacchetta di fa-rina, qualche soldo da spendere nelleluride locande lungo la strada e,spesso, una copia della Veronica, ilsudario di Cristo, come ammonimen-to e conforto. Dapprima solo i colpe-voli dei crimini più efferati, poi mi-gliaia di penitenti presero a cercare lavia di San Pietro per la remissione deipeccati
Nell’Anno Santo di secoli e secolifa, tutto l’Occidente guardava a Ro-ma, la desiderava e la invocava. Finoa trovarla. Come un fiume in piena, iromei si riversavano nelle chiese, allaluce delle candele bisbigliavano unalitania ininterrotta di preghiere. Giù
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Un percorso di fede e di arte tra basiliche,cattedrali, santuari e chiesette di campagna
Sulla via dei penitenti
I dall’Inghilterra alla Francia, verso laLiguria e la Toscana, o la Corsica, laSardegna e l’isola d’Elba, per giunge-re finalmente alla meta santa. Il per-dono aveva il prezzo di un percorsoinfinito.
Ma per i credenti che abitano laSardegna, il 1390 porta un regalo alungo sperato. Quando regna Eleono-ra d’Arborea, una Bolla papale conce-de l’indulgenza per un pentimentoconquistato tutto nelle chiese dell’i-sola. Col cuore rivolto a Roma, chivuole mondarsi delle sue colpe si in-ginocchia nei templi di casa, e così ri-genera l’anima. Dovrà però versare ildanaro corrispondente al costo delviaggio e di un soggiorno di quindicigiorni nella città dei papi. L’offertaservirà al restauro degli edifici reli-giosi più malandati e per altre operepie. Ancora oggi il fedele isolano puòlucrare (così dice la terminologia ca-nonica) il Giubileo senza varcare ilmare. Un gran numero di basiliche,cattedrali, santuari e persino chieset-te di campagna invitano i nuovi cam-minatori di Dio. Ma il pellegrinaggiomoderno cerca spesso anche i segnidell’arte e della storia.
Forme romaniche, catalano-arago-nesi, barocche e neoclassiche si offro-no agli occhi dei penitenti. E la decli-nazione continua dei colori dell’are-naria, del calcare, del basalto e dellatrachite accompagnano le tappe fra learchitetture religiose. Tutte le catte-drali dei centri maggiori della Sarde-gna rientrano nell’elenco del Giubi-leo alle soglie del Secondo millennio.Ha una facciata neoclassica quella diOzieri, che tradisce l’interno baroccoe il grande polittico cinquecentescodel Maestro col nome della cittadina.Un frontone e colonnine ioniche de-scrivono linee simili anche nel duo-mo di Nuoro. Qui, nel tempio dedica-to alla Madonna della Neve, una telaattribuita alla scuola di Luca Giorda-
Sopra: l’interno della cattedraledi Ozieri, centro principale del Logudoro,
ricostruita in forme neoclassichesu un edificio gotico-aragonese del ’500.
Qui sotto: la facciata neoclassicadella cattedrale di Nuoro (1836-1854).
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no convive con i dipinti di BernardinoPalazzi, Carmelo Floris e GiovanniCiusa Romagna, esempi d’arte sardatra Ottocento e Novecento. Un pro-spetto di classica semplicità sembraallontanare la cattedrale di Algherodalla storia catalana che imbeve stra-de e monumenti della città. Ma la cin-quecentesca Santa Maria riuscirebbead occultare le sue origini solo se nonrimanessero ancora la Porta Petita, letre navate con transetto, la cupola e ilcampanile ottagonali. Della storia cheincalza e modifica si avverte l’operanel 1720. Alghero, col resto dell’isola,diventa dominio sabaudo: l’altarecentrale si veste allora di marmi poli-cromi, mentre il duca di Monserrato,nobile piemontese morto prima chefinisca l’epoca dei Lumi, riceve inpremio alla memoria un fastoso mo-numento funebre.
Correzioni, aggiunte, riedificazioniper ripristinare quello che il tempoha troppo offeso, o il gusto mutatonon gradisce più, sono un segno co-stante delle case di preghiera vecchiedi storia. Nella cattedrale di Cagliaripoche sopravvivenze confermano lagrandezza delle maestranze pisane.La più importante è il pergamo diGuglielmo, scolpito tra il 1159 e il1162. Collocata prima nella città tosca-
na e inviata nel 1312 in dono ai caglia-ritani, quando era urgente rinsaldaregli antichi legami minacciati dallapressione aragonese, la scultura testi-monia il potere di Pisa nella roccafor-te strappata alla giudicessa Benedet-ta. Perduta la facciata romanica, ilduomo ridisegnato all’interno dall’ar-chitetto Pietro Fossati, nel 1702, solle-cita una visita senza fretta. Sarà cosìpossibile rinvenire le tracce aragone-si e classiche, insieme alle altre pisa-ne, tra l’esuberanza delle forme ba-rocche.
A Sassari, il duomo viene riedifica-to nel ’500 su un’antica pieve romani-ca secondo la tipologia gotico-catala-na, per mescolare più tardi stilemidel tardobarocco e del barocchettopiemontese. Barocca è pure la nuovaimmagine di Santa Maria Assunta di
Sopra e in alto a sinistra: pronaoottocentesco e campanile ottagonale
d’ispirazione tardogoticacatalana della cattedrale di Alghero.
Nelle altre due foto: uno dei leoniche in origine appartenevano all’ambone
scolpito da Maestro Guglielmo,ora nel presbiterio del duomo di Cagliari,
e il transetto neoclassico nel duomodi Oristano, opera di Giuseppe Cominotti.
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trionfo di decorazioni. Settemila scu-di sardi pagano marmi e legni inta-gliati, che si aggiungono al tesoro diori e argenti sbalzati e cesellati, ingran parte dono della contessa Vio-lante Carroz. Ma la nobildonna si faricordare anche per un altro motivo:la padrona del castello di Barumele,oggi ridotto a un rudere nelle campa-gne attorno al paese, legò il suo nomealla morte di un giovane prete, trova-to impiccato nel palazzo.
Preziosi oggetti d’argento, operadei migliori artigiani sardi, sono spes-so custoditi nelle chiese. Nel tempioche Bosa dedica all’Immacolata, ilpezzo migliore di un ricco corredoche conta piatti, lampade e calici difabbricazione isolana, con apporti na-poletani, genovesi e piemontesi, è unreliquiario del Sedicesimo secolo discuola cagliaritana, forse arrivato inoccasione dell’episcopato di AntonioCavaro, membro di una celebrata fa-miglia di pittori. Nel duomo di SantaChiara a Iglesias, che alla fine delCinquecento ha mutato il modello pi-sano in stile gotico-catalano, una co-munità facoltosa si concesse un teso-
ro di opere cesellate di fino, colti-vando così le sue grandi aspirazioninel gusto della Spagna opulenta.Nello stesso secolo, in pieno domi-nio aragonese, Sant’Antonio Abatesorgeva a Castelsardo, il borgo forti-ficato fondato dai genovesi all’epo-ca delle lotte con Pisa. In questachiesa che guarda il mare, oltre agliarredi in legno intarsiato, opera del-
Qui sopra: navata in stile gotico-aragonese con cappelle laterali e copertura a volte stellari della cattedrale di Iglesias dedicata a Santa Chiara.
Sopra a destra: le caratteristiche cupolette in forme tardobarocchedella cattedrale di Bosa, risalente al XV secolo, intitolata all’Immacolata.
Sotto: a sinistra, la statua policroma del ’500 di Sant’Antonio Abatenel transetto della cattedrale di Castelsardo; a destra, la cattedrale stessa.
Oristano, che nel 1733 trasformò radi-calmente l’antica chiesa dei Giudicid’Arborea e degli Aragonesi, rispar-miandone appena qualche angolo.Stesse forme anche per la cattedraledi Ales, costruita fra il 1683 e il 1688,quando il dominio spagnolo era or-mai al crepuscolo. Domenico Spotor-no la progetta con cupola e due cam-panili ai lati, e vuole per l’interno un
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la migliore scuola ebanista tra Seicen-to e Settecento, non si potranno trala-sciare i dipinti di un anonimo mae-stro cinquecentesco, protagonista dispicco della pittura isolana.
Ma non solo le cattedrali sonopronte ad accogliere i pellegrini delGiubileo. Tutte le diocesi sarde hannoesteso i passi della salvazione ai san-tuari più importanti, così come a unanutrita serie di templi meno rappre-sentativi, ma ugualmente cari ai cre-denti. Il catalogo dei luoghi di peni-tenza include allora buona parte dellearchitetture religiose più nobili sottoil profilo artistico. Nobiltà che ha re-galato nei secoli una grande forza spi-rituale a questi luoghi dell’anima.
La diocesi ozierese invita alla ricer-ca del perdono attraverso la pietra la-vica che veste di scuro Santa Mariadel Regno ad Ardara, e con i conci ne-ri e rossi di Sant’Antioco di Bisarcio.Se la chiesa romanica innalzata allaMadonna mantiene intatto il suo belprospetto a modanature verticali, se-gnato da un doppio arco sovrastatoda una bifora, ben diverse sono lecondizioni del tempio consacrato almartire cristiano. Eppure, quello chefu uno splendido edificio, costruitonello spazio di tre secoli, dal X al XII,continua ad affascinare nonostante ilcupo senso di rovina e di morte cheavvolge il visitatore, mentre risale losperone roccioso sulla piana di Ozie-ri. Nata per onorare la sede arcivesco-
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vile, Sant’Antioco patì l’abbandonoquando il suo territorio divenne partedi altra arcidiocesi. L’offesa dei venti,l’incuria degli uomini, il fulmine cheha spezzato a metà il campanile qua-
drato, non hanno però cancellato deltutto i segni della passata ricchezza.Archetti e capitelli foggiati nella pie-tra da abili scalpellini ostentanoun’abbondanza decorativa fatta di fo-glie, rosoni, volti e animali, che com-pensa le ferite sofferte dalle pietre.Alla diocesi di Sassari fanno capo al-tre due chiese che eguagliano per di-gnità artistica il maltrattato gioiellodel santo di Bisarcio.
San Gavino di Porto Torres ha co-nosciuto un destino simile: cattedralefino al 1441, quando la sede vescovileviene trasferita a Sassari è privata delsuo rango e inizia l’inevitabile deca-denza. Considerata un’eccellente ap-plicazione dello stile romanico in Sar-degna, venne edificata da maestran-ze pisane fra il 1065 e il 1111. Questicostruttori erano guidati da un gustosevero, che la luminosità della trachi-te chiara non bastava a mitigare, e daun altrettanto rigoroso senso di eco-nomia, che portò a sfruttare le deco-razioni di ruderi romani.
La vocazione al risparmio non im-pedì però le rotonde forme di due ab-sidi contrapposte, che assicuraronoalla basilica voluta da Gonario-Comi-ta, giudice di Torres e di Arborea, unacaratteristica unica. San Pietro di Sor-res, vicino a Borutta, sembra accen-tuare l’inversione di rotta rispetto allapulizia architettonica che evoca mori-geratezza. Seduce col suo ritmo dicalcare bianco e di trachite nera sinnella facciata, inventa rombi, occhiel-li, piccole raggiere, quasi punti di un
In alto e sopra: la chiesa di Santa Maria del Regno, ad Ardara, e la basilicadi San Pietro di Sorres, splendidi esempi dell’arte romanico-pisana.
Qui sotto: la basilica di San Gavino, a Porto Torres, iniziata tra il 1063 e il 1065.
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ricamo lavorato sui conci squadrati.Sulla strada dei penitenti il vesco-
vo di Tempio-Ampurias apre l’anticachiesa di Olbia votata a San Simpli-cio. Spoglia e lineare nel granito dellafacciata, appena segnato da modana-ture ed archetti, mostra all’internopilastri e colonne che sostengono iltetto a capriate e le volte delle navatelaterali. A tanta severità di linee sem-bra fare quasi da contrappeso NostraSignora di Tergu, evocando nella me-moria l’operosa vita dei monaci cheabitavano quelle terre. Nella campa-gna poco distante da Castelsardo, pri-ma dell’anno Mille esisteva infatti unmonastero amministrato dagli Anto-
niniani. Passato in mano dei Benedet-tini di Montecassino, nel 1112, il com-plesso si sviluppò tanto da divenireil più importante insediamento del-l’ordine in Sardegna.
L’organizzazione passava dallapreghiera a una solida gestione eco-nomica: l’abate esercitava infatti di-ritti su una schiera di servi e vassalli,ottenendo proventi da terre e saline.La chiesa che ancora esiste fu co-struita un secolo dopo, a esprimerecon la facciata intinta nel rosso dellatrachite e nel biondo chiaro del calca-re, e rallegrata da archetti, rosone eformelle intarsiate, una visione dellavita ottimistica e fiduciosa. Alla po-tenza economica degli ordini conven-tuali ha pure legato i suoi destinil’abbazia di Santa Maria di Corte (o
Cabuàbbas) a Sindia. Furono i mona-ci cistercensi, inviati in Sardegna ametà del XII secolo da Bernardo diChiaravalle, su richiesta di Gonario IIgiudice di Torres, a trasformare un
servizio religioso e una testimonian-za culturale in una moderna impresaeconomica. Con determinazione eabilità, la campagna dalla Planargiaal Marghine fu organizzata secondoil sistema delle grange, le aziendeagricole di stampo benedettino.
La rosa delle chiese giubilari conti-nua con altre proposte di alta rilevan-za artistica, come le romaniche SantaMaria di Uta, San Pantaleo di Dolia-nova o Santa Maria di Monserrato aTratalias o come la gotica chiesetta diSanta Maria de is Acquas, vicino aSardara, o come la duecentesca par-rocchiale di San Giorgio a Suelli. Ilpio camminatore può però imbocca-
re strade diverse da quelleche portano ai tesori dell’ar-te, e cercare le tracce delladevozione antica per sentir-si vicino alla spiritualità deipellegrini nei secoli lontani.Nella basilica della Madon-na dei Martiri, a Fonni, po-trà cercare il veneratissimosimulacro della Madonna,che la tradizione riporta allafine del Seicento.
Attorno alla chiesa, nelcuore del paese, sosterà nel-le “cumbessias”, le rustichestanze che davano ricoveroai fedeli giunti dopo giornidi cammino. Simili casette,
spoglie e poverissime, confortavanoanche chi accorreva a recitare la no-vena o a celebrare la festa della Ma-donna del Rimedio, nel santuario se-centesco ristrutturato due secoli do-po ad Orosei. Ma pellegrinaggio eraanche, nella strada che sembrava nonfinire mai, vedute improvvise su val-li, monti, mare. Era la vista, inchioda-ta al sentiero e al bastone, che ina-spettatamente si apriva alla luce del-l’orizzonte a perdita d’occhio. Era unsussulto dello spirito che si rallegravadi aver superato fatiche e privazioni.Un’emozione che a Cagliari la basili-ca di Bonaria, con la distesa di mareche pare arrivare fin sotto la sua scali-nata, può ancora restituire ai cercatoridi fede in viaggio verso la meta. �
Ludovica Romagnino
Sopra: la chiesa di Nostra Signora di Tergu,costruita nel primo quarto del ’200.
Sotto, da sinistra: San Simplicio, a Olbia,tutta in conci di granito, e la basilica
di Bonaria, unica testimonianza rimastadell’insediamento aragonese a Cagliari.
In basso: scorcio dell’articolato internodella Madonna dei Martiri, a Fonni.
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Una piccola scultura è quasi il simbolodella città, della sua forza, della sua storia
L’ELEFANTECI INVITA
Cagliari e la sua provincia
DI FRANCESCO LUZZI - FOTOGRAFIE DI ANTONIO SABA
Nella foto grande: scorcio del capoluogo visto dai bastionidi Santa Croce. L’immagine mette in evidenza la natura
della piazzaforte cagliaritana: muri a strapiombo, torri poderose,e strutture bastionate d’intervento aragonese e spagnolo.
Sopra: il piccolo elefante in calcare inserito nell’omonima torre.
Cartina di Mario Russo
volo d’uccello. Come uno dei fenicotteri chesono di casa fra gli stagni vicini alla città. Sa-rebbe il punto di vista migliore per avvici-narsi a Cagliari, cercando di mettere insiemele molte anime che si nascondono, o si mo-
strano, in un panorama di pietra e di mare. C’è la Caglia-ri di acqua e di sole, approdo per i navigatori fenici chene fecero un loro scalo intorno al 1000 avanti Cristo. C’èla Cagliari arroccata e diffidente dei soldati di Pisa. E c’èla città di affari e di traffici che ci riporta all’impero diRoma, assieme alla città di chiese e palazzi costruiti inobbedienza e ossequio al re di Spagna. Bisogna impara-re a districarsi tra la storia e il presente di questo capo-luogo cresciuto rimarginando le ferite dei bombarda-menti aerei nel 1943. Meglio attraversarlo a piedi, senzapaura per qualche salita che porta alla collina fortificatadi Castello. Qui le torri di San Pancrazio e dell’Elefantefanno le sentinelle agli angoli di una cinta che solo inparte ha resistito ai secoli. Sono il lascito della domina-zione pisana e dell’ingegno trecentesco di Giovanni Ca-pula. Il nome dell’autore è ancora visibile sulle pareti
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Trionfo baroccoPagina precedente: cupola della chiesa
di San Giuseppe, costruita nel 1641dagli Scolopi rifacendosi a una pianta
d’impronta controriformistica. In alto: la porta Cristina, antico ingresso
all’arsenale regio; immette nell’area già occupata dalla cittadella piemontese.
Dietro, la torre di San Pancrazio.A destra: il presbiterio della cattedrale,
dedicata a Santa Maria. Recintoda una balaustra marmorea del Seicento,
è adorno di preziosi arredi barocchiin argento: due bei candelabri di marca
spagnola, un tabernacolo sardo, un paliotto sbalzato di fattura spagnola,
una lampada di Giovanni Mameli,artista cagliaritano che la eseguì nel 1602.
Sopra: uno dei quattro leoni pisaniposti a fianco dell’ingresso del presbiterio.G
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Il più bel panorama lo si gode dai 98 metri del monte UrpinoQui sopra: l’ampio panorama di Cagliari dal monte Urpino, la cui vetta, raggiungibile dal colle Bonaria, tocca i 98 metri.
Sotto a sinistra: la terrazza Umberto I nel quartiere Castello, dove in passato erano le sedi delle autorità politiche e religiose.È qui che si trova il Museo archeologico nazionale sorto sull’area dove erano le carceri femminili.
Sotto a destra: la chiesa di San Giacomo, costruita, nel suo impianto originario, poco prima della metà del Quattrocento.Nella pagina seguente: l’altare maggiore della chiesa di San Michele, tipico esempio di edificio barocco.
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delle due costruzioni. Ma ad attirare l’attenzione è so-prattutto l’elefantino che battezza la torre affacciata sullaprospettiva del golfo. Per i cagliaritani, questa piccolascultura poggiata su una mensola è un’immagine fami-liare come il più classico dei sapori di casa.
A Castello si passeggia per cogliere anche altri segnidella storia. La facciata della cattedrale, ritmata da ar-chetti e colonnine, racconta più di ogni altra architettural’effetto dei tempi che cambiano. Intitolata a Santa Maria,la chiesa medievale in cima alla roccaforte aveva formeduecentesche. Dall’inizio del Settecento, il duomo si èpresentato con un prospetto barocco. Poi anche questo èstato cancellato, con un rifacimento in stile neoromanicoche nel 1930 sembra voler sconfessare la scelta di due se-coli prima. L’impronta delle origini sopravvive nel cam-panile, nell’architrave dell’ingresso centrale, nelle portelaterali e in due cappelle, una pisana e l’altra gotico-ara-gonese. Ma la matrice della chiesa si coglie anche nelgrande pulpito in marmo che Guglielmo Pisano, architet-
to e scultore, realizzò nel XII secolo. Divisa in due parti,l’opera fu addossata ai lati dell’ingresso nel corso dei la-vori per il nuovo assetto tardobarocco della cattedrale.Andò meglio ai quattro leoni che reggevano le colonne:la ristrutturazione di fine Seicento trovò un posto ai latidell’altare maggiore.
Usciti dalla cattedrale, le stradine strette di Castellocontinuano ad evocare i climi della dominazione spagno-la. È la città dei palazzi decaduti, di ombre e vicoli doveun gruppo di congiurati (lo ricorda una lapide) potevaattendere il suo bersaglio. È una scacchiera di portici eportali, pronti a chiudersi agli sguardi indiscreti e peròcapaci di regalare meraviglie improvvise e inaspettate. Èil luogo del potere, rappresentato dal palazzo Viceregio(che qualcuno vorrebbe innalzare di rango per aver ospi-tato un re Savoia in fuga da Napoleone) oggi fresco di re-stauro. A Castello la città dei governanti si affianca spes-so ai marmi degli altari. Così, in via Lamarmora, dietrouna cancellata di ferro e una facciata piatta, la chiesa cin-
quecentesca della Purissima attende visitatori nel suo in-terno tardogotico. In fondo a via Genovesi, nella partebassa del quartiere, Santa Maria del Sacro Monte di Pietànasconde volte a crociera e cupolette di matrice aragone-se. Sul bastione di Santa Croce, una scalinata invita al-l’ingresso nella chiesa di uguale intitolazione, da cercarein posizione di taglio rispetto allo spiazzo panoramico. Edal basso la città vicina al mare chiede attenzione per isuoi tesori. Chiama a gran voce l’anfiteatro romano, forseperché frequentato dalle ugole robuste della stagione li-rica estiva. Un discutibile involucro di legno ha tentatodi ricostruire le parti mancanti della gradinata, ingab-biando la pietra dove sedevano i cittadini del II secolodopo Cristo. Esaurito il programma di spettacoli, la cami-cia di forza dovrebbe essere smontata, per restituire ariae luce al monumento oggetto di polemiche e difese d’uf-ficio. L’impronta di Roma si estende alla vicina Villa diTigellio, che probabilmente poco ha da spartire con que-sto poeta sardo di scarsa gloria artistica e amicizie altolo-
Anfiteatro e ville, vestigia romaneNella foto grande: l’anfiteatro romano, grandioso monumentocagliaritano del II secolo. Conserva buona partedelle gradinate ellittiche, la cavea, le precinzioni, il podium,e i sotterranei, usati, si presume, come riserve d’acqua.Sopra e in alto: due particolari della villa di Tigellio, che sorgenel capoluogo. Ma la relazione tra il complesso edilizioe il nome del musico sardo, amico di Cesare e Cleopatra vissutonel I secolo avanti Cristo, del quale porta il nome, non è per nulla dimostrabile, anche per motivi cronologici. Si trattainfatti di tre domus, le residenze signorili dotate di atrioa quattro colonne con impluvium, tablinum con ambienti lateralie vani di servizio, in auge solo dal I secolo dopo Cristo.G
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cate. Non si può neppure parlare di villa in senso stretto.Due isolati, separati da un vicolo, presentano una strut-tura termale da un lato, e tre domus schierate sul ver-sante opposto. In questo complesso residenziale, del II odel III secolo dopo Cristo, le colonne del peristilio, i restidi figure dipinte, le tessere di un mosaico bianco e neroparlano di una condizione agiata, benessere di provincialontano dagli splendori della capitale dell’impero.Dai Cartaginesi, spodestati nel 238 avanti Cristo., i citta-dini della Karales romana avevano ereditato quartieri,acquedotti, fortificazioni e persino le necropoli di Tu-vixeddu e del colle di Bonaria (dove si può visitare, en-trando nell’ottocentesco cimitero monumentale, la sepol-tura di Munatius Ireneus). Avevano costruito magazzini,venerato luoghi sacri come la cripta (visitabile a richie-
Maschere e dei per fugare i maliNella foto grande: la necropoli punica di Tuvixeddu, che in sardo
significa “luogo perforato”. Costituita da sepolture a pozzo,cela al suo interno pitture parietali in cui spiccano, nella tomba
dell’Ureo, maschere gorgoniche, cui era attribuito il compitodi tenere lontani i demoni e, nella tomba detta del Combattente,
l’evanescente figura di un guerriero che brandisce una lancia, forse il divino Sid che fuga i mali temuti dall’uomo.
Sotto: la cripta della chiesa di Santa Restituta, a Cagliari;ha tracce di affreschi bizantineggianti, forse del XII-XIII secolo.
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sta) che il cristianesimo dedicherà a Santa Restituta, eret-to edifici funebri ora inglobati nella chiesa di San Lucife-ro, scavato pozzi e realizzato, dove oggi sorge l’Orto bo-tanico, un giardino attraversato da canali artificiali e do-tato di giochi d’acqua. Ma sono stati anche autori di un
pezzo di città che invita al silenzio e alla commozione.Quasi nascosta nel mezzo del viale Sant’Avendrace, allaperiferia cagliaritana, la Grotta della Vipera lega il suonome ai due serpenti incrociati che sono scolpiti sul fron-tone. L’emblema di questa tomba patrizia del I secolo do-
Eterno omaggio di Cassio Filippo alla donna che si sacrificò per luiSopra: un affresco conservato nella cripta di Santa Restituta. Lo contraddistingue la curiosa peculiarità di essere visibile solo se bagnato.
Pagina seguente: l’ingresso della Grotta della Vipera, a Cagliari, la grande tomba scavata nel calcare, il cui nome deriva dai due serpenti che ornano il frontone. In origine, aveva la forma di un colombario, preceduto da un atrio con colonne, ora mancanti.
Vi era sepolta Atilia Pomptilia, la compagna di Cassio Filippo, esiliato a Cagliari, che volle dimostrare con le belle iscrizioni poetiche latine e greche rinvenute sulla tomba, la sua devozione verso la donna che si profferse agli dei per liberarlo da una malattia. G
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Il bianco lido del capoluogoAttrezzature balneari sulla spiaggia del Poetto, nel golfodi Quartu. A godere della sua rena bianchissima e delle sue acquecristalline sono soprattutto i cagliaritani, che lo consideranoun po’ il lido della città, approfittando della vicinanza di questalocalità al capoluogo (ne è addirittura parte integrante). Completano le strutture a disposizione di bagnanti e turisti ancheun porticciolo, un luna-park permanente e altre attrazioni.
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po Cristo introduce alla sepoltura di Atilia Pomptilla,moglie di Cassio Filippo, esiliato da Nerone in Sardegna.Dodici iscrizioni sulle pareti ci dicono, con versi toccantiin greco e in latino, che Atilia avrebbe offerto agli dei lasua vita per salvare il suo sposo, gravemente ammalato. Ilasciti della città d’un tempo si trovano, ovviamente, an-che tra le vetrine e nei percorsi della Cittadella dei Mu-sei, ricavata da un antico arsenale, famosa per i suoi re-perti della civiltà nuragica. E la sensibilità verso le testi-monianze del passato trova molte altre occasioni per es-sere soddisfatta da luoghi, architetture ed esposizioni ca-gliaritane. Ma quando sono le tensioni del presente a far-si sentire, la rotta punta verso la costa.
Si va verso i paradisi di sabbia e acque trasparenti, ir-resistibili calamite della Sardegna turistica. Est od ovest,il risultato della scelta non deluderà le attese. Diretti a
La nuova sfida artigianaLa cultura degli antenati ei segni della contempora-neità. Metterli insieme, ri-dare senso ed eloquenza asimboli arcaici o a figure dascavo archeologico è la sfi-da di alcuni artigiani dellaprovincia di Cagliari. ASan Sperate, le ceramichedi Gianpaolo Mameli rimo-dellano i tori e le decora-zioni della gente protosar-
da. L’immagine taurina, che invocava la fertilità, di-venta materia da plasmare, scomporre, combinare. Lalezione delle avanguardie del Novecento indirizza lamano del ceramista. Linee e colori evitano il realismoe si fanno allusione, evocazione, metafora. Le insegnedelle divinità o dei cacciatori, la spirale della vita co-me i disegni di archi e frecce si trasformano in esperi-menti di un nuovo gusto per la decorazione. L’eco deimillenni risuona così forte e chiaro, ma pronto a misu-rarsi con le attese e i desideri del tempo presente.
Nella stessa direzione, ma con richiami e stile diver-si, lavorano anche altri ceramisti, come FrancescoFarci, o maestri di arte orafa, come Maria Conte, chereinterpretano i gioielli creati per il lusso dei coloni fe-nici o delle corti giudicali. Non mancano all’appelloneppure le tessitrici di tappeti (nella foto), che a Vil-lamassargia hanno la loro massima concentrazione. Ifili annodati al telaio della nonna possono così mo-strare disegni straordinari e inediti, sia pure nel ri-spetto assoluto delle regole tramandate. Proprio comeaveva insegnato Eugenio Tavolara, protagonista neglianni Cinquanta di un’altra scommessa che portò l’ar-tigianato sardo nelle riviste del design. �
Da un proprietario all’altroLa parrocchiale di Quartu, intitolata a Sant’Elena.Venne ultimata nel 1835 su una precedentecostruzione gotico-aragonese del ’500, devastatasessant’anni prima da un incendio. Il borgodi Quartu Sant’Elena era noto già in epoca romana,come si legge anche in Cornelio Tacito;ed è di chiara derivazione romana anche il toponimo,evocante la distanza da Cagliari lungo la stradache dal Sarrabus portava fino alla costa orientale.Fu invasa molte volte nel corso della sua storia:nel V secolo dai Vandali, nel VI dai Goti e infine,nel IX, dai Saraceni. Poi, seguì la sortedi tutti i paesi limitrofi a Cagliari: divenne proprietàdei conti della Gherardesca (1298), di Pisa e degli Aragonesi (1323), venne concessa in feudobaronale ai De Sena (1426), quindi ritornòpatrimonio regio (1491). Ultimi a esserne proprietarifurono i Pes, ai quali fu sottrattanel 1839, data che segnò l’abolizione dei feudi.
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Il mare entra ed escetra i fiordi della costa
La baia di Porto Sa Ruxi,che si apre tra le scogliere di scisto
e granito della costa a ovestdi Villasimius, a una cinquantina
di chilometri dal capoluogo.La zona è bagnata da uno dei mari
più belli dell’intera regione, che s’incunea entro i veri e propri
fiordi nei quali è frastagliata la costa di questo promontorio.
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oriente, superata la spiaggia affollata del Poetto, la cittàdi Quartu Sant’Elena chiede almeno una sosta per cono-scere la vita quotidiana di una famiglia sarda tra Otto-cento e Novecento. Due le possibilità offerte: la casa-mu-seo “Sa dom’e farra” (attualmente chiusa per riallesti-mento) o l’analoga ricostruzione di” Il ciclo della vita”.Stando sul posto, vale la pena riservare un’occhiata allachiesa di Sant’Elena: il progetto di questo edificio sacro èopera di un ingegnere militare, influenzato sicuramentedalle sue provenienze piemontesi. Poi, il mare: calette
nascoste, sabbia bianchissima o rive di piccoli ciottoli,come a Cala Regina. Le schiere compatte di case da va-canza a Torre delle Stelle, a Geremeas, a Solanas. Profu-mi che mischiano la salsedine alla macchia mediterraneadelle colline. Le insenature lunghe di Porto Sa Ruxi, diCampus, di Capo Boi. Ecco Villasimius, paese che l’esta-te ingrandisce e anima nelle notti trascorse all’aria aper-ta. Le luci delle insegne quasi cancellano, così, il ricordodi un povero borgo che attese ben più di altri l’arrivodell’energia elettrica. Rimettendosi in marcia, è arduo
Capo Carbonara, piccola lancia rocciosa a difesa del suo arenile
Qui sopra: l’incantevole vista di Capo Carbonara, un piccolo promontorio a forma di punta di lancia, roccioso su ogni lato salvo
quello situato a nord-est, dove si trova la spiaggia di Porto Giunco che a sua volta limita con il suo arenile lo stagno Notteri.
Nella pagina seguente: pavimento mosaicato della casa dell’Atrio tetrastilo a Nora, databile fra la fine del III e l’inizio del IV secolo.
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decidere una meta: da Cala Pira a Capo Carbonara, dallaspiaggia di Sinzias a quelle di Quirra, vicine al confinecon l’Ogliastra, e dunque alla provincia di Nuoro, nonc’è una destinazione che manchi di fascino. C’è solo dascegliere quale prezzo pagare alla fatica: costa qualcheminuto di cammino, infatti, l’atmosfera serena e rilassan-te degli arenili meno frequentati. Diverso, ma non menoricco di occasioni, il cammino verso ovest. All’altezza diPula, per esempio, l’area archeologica di Nora riusciràad incuriosire persino i fanatici dell’abbronzatura inten-
Efisio, l’amico di famigliaQualcuno lo chiama semplicemente Efisio. Non perchéignori che sia santo, martire e protagonista della pro-cessione fastosa di ogni primo maggio a Cagliari (nellafoto, un momento della festa). È che Sant’Efisio diventapressappoco un amico di famiglia per la cerchia di de-voti che lo ospita, custodendo questo privilegio genera-zione dopo generazione, in una delle tappe nel viaggioverso Nora. Viaggio di una statua, che i cagliaritanipromisero di rinnovare all’infinito se fossero stati libe-rati da una feroce pestilenza scoppiata nel 1636.
Il cammino di questo amatissimo simulacro comin-cia dalla chiesetta in cui riposa durante l’anno. Rag-giungerà la meta dopo circa quaranta chilometri distrada. Ma prima, chiuso nel suo cocchio dorato,avrà intorno la più ricca e colorata espressione dellareligiosità popolare in Sardegna. Decine di paesipartecipano alla processione con i loro costumi tradi-zionali. Carri trainati da buoi, cavalli montati da mi-liziani in divise sgargianti, donne ingioiellate, auto-rità in abito scuro precedono il santo scolpito comeun elegante gentiluomo spagnolo del Seicento. Lospettacolo strappa applausi e scatena i fotografi nel-le vie del centro città. Più tardi, in periferia, senzamolti spettatori attorno, Efisio indossa vesti più co-mode, e va incontro ai suoi amici. �
Il primo porto fenicioResti del tempio di Nora. La città fu uno dei più imponenti
scali fenici dell’isola: la sua ubicazione su una lingua di terra protesa sul mare consentiva, infatti, l’attracco alle navi
in tutte le condizioni di ventosità. Il primo insediamentodata già dall’XI-IX secolo avanti Cristo, e la tradizione vuole
che fosse la prima città dell’isola, fondata da Norax di Tartesso. Fu quindi centro punico, poi fiorente città romana,
quando ospitò il governatore della Sardegnae fu municipio (I secolo avanti Cristo-I secolo dopo Cristo).
La città cominciò a decadere in età tardoimperiale, forse per l’assenza da sempre di un entroterra fertile, benché
una strada litoranea la collegasse a Karalis e Bithia, ma anche per l’affievolirsi dell’attività commerciale. Bersaglio
delle scorrerie saracene, anche se nel VII secolola città era ancora fortificata, e pagando lo scotto della lontananza
da Bisanzio, sotto il cui governo ricadeva la Sardegna,venne a poco a poco abbandonata.
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Il cuore selvaggio della famosa Costa Porto di Teulada, cui si accede facilmente dalla strada panoramica,
dominato dalla torre Budello. Il settore costiero di Teulada rappresentail cuore selvaggio della famosa Costa del Sud. È segnato dal profilo
mosso e frastagliato delle sue rocce, da declivi a volte dolci a volte aspri, che sovente scendono fino al mare, tra cui si schiudono calette
sabbiose e dune ammantate di ginepro, da scogli e isolotti affioranti.La vegetazione costiera, varia e rigogliosa, annovera cisto,
lentisco, olivastro, euforbia arborea e, in minor misura, alberi di leccio.
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siva. Scoperta dai Fenici, occupata dai Cartaginesi, con-quistata dai Romani, questa bella insenatura custodisceun complesso di abitazioni, magazzini, banchine, templi,terme e teatro che sembra raccontare a ogni nuovo venu-to i doveri e i piaceri di due millenni or sono. Non lonta-no, l’insediamento di Bithia conferma l’importanza diquesti approdi per le navi dei mercanti fenici. Ma le du-
La scogliera di Chia e l’isoletta Su Cardulinu (che significadel funghetto), unita alla terraferma da una linguadi sabbia. Nella località sorgono, per lo più ricoperte dalla sabbia, le rovine di Bithia, una delle cittàcartaginesi più importanti dell’isola. I resti dell’abitatovennero riconosciuti, sul promontorio, nel 1835 da Alberto La Marmora, mentre la necropoli, sulla spiaggia,fu messa allo scoperto da una mareggiata nel 1933. Il tophet della città era ubicato invece sull’isoletta.
L’antica Bithia divisa tra promontorio, spiaggia e isoletta
Il costume che ha fattoinnamorare tanti artisti Il cappellone a tesa larga lo distingue a prima vista. Il co-stume tradizionale di Teulada, paese del Sulcis che si affac-cia sul mare, veste gli uomini con un’eleganza insolita perla Sardegna. Non adotta la “berritta” a calza che dominasulle teste maschili nel resto dell’isola. Ispirato da modellispagnoli, arrivati insieme alle leggi e ai viceré di quellaterra, il cappello teuladino spicca su un colletto altrettan-to rigido e ampio. Due bottoni in filigrana preziosa, d’oro od’argento, fermano queste ali spiegate sopra la camicia.
Poi, è il nero a conquistare la figura. Nere le giacche d’or-bace. Neri i pantaloni, larghi e già conclusi all’altezza delpolpaccio. Nere le ghette di tessuto sulle scarpe, robustecome conviene a chi percorre campagne polverose. Ma ilrosso del corpetto accende i suoi toni caldi e illumina tes-suti ricamati, preziosi lavori sui polsini decorati a puntoTeulada. Un tocco di verde spunta ai bordi del nero, se-gnando il taglio ben modellato dei sarti. Un tratto nobile eruvido insieme, un’armonia spartana di forme e ornamen-ti, è lo straordinario effetto di questa combinazione di ele-menti. Per la delizia dei tanti artisti del Novecento in Sar-degna che se ne sono innamorati. �
Qui, tra il ’500 e il ’600, sorse una rete di sentinelleUna delle torri che “sorvegliano” la Costa del Sud. Vere e proprie sentinelle del mare, costituivano un sistemadi difesa approntato per l’area di Teulada tra il Cinquecento e il Seicento. Oltre alla già ricordata torre di Budello, ne facevano parte la torre di Piscinnì insieme con la vicina torre di Malfatano, che domina uno dei capipiù scenografici della costa sulcitana, e la torre di Chia, alta sulle rovine dell’antica Bithia.
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ne di Chia, una delle spiagge più scenografiche dellaSardegna, fanno una concorrenza spietata ai richiami ar-cheologici. La prosecuzione a Teulada garantisce veduteda cartolina, e una serie di tentazioni per stendersi al so-le in zone di esercitazioni militari. A questo punto, po-trebbe pure farsi sentire una voglia di cambiare registro.Accontentiamola seguendo la direzione per Santadi: legrotte di Is Zuddas offrono l’emozione della Sala dell’Or-gano con una colonna di stalattiti e stalagmiti che ricordalo strumento a canne, il bianco abbagliante della Saladelle Eccentriche, gli ambienti solenni della Sala del Tea-tro. Da Santadi a Giba, riguadagnata la costa, l’istmo diSant’Antioco permetterà di raggiungere l’ex isola (il col-legamento è artificiale) che ci ricollega ancora ai com-merci e agli approdi dei Fenici. Un museo, con duesplendidi leoni scolpiti, gioielli e altri elementi dei
I liguri vi sbarcarono per primiSopra e sotto: il borgo di Calasetta, nell’isola di Sant’Antioco,sorto nel 1769 attorno alla torre preesistente, e le acqueterse di Carloforte, capoluogo dell’isola di San Pietro, altra isoladell’arcipelago Sulcitano. Entrambe le città furono fondateda pescatori liguri profughi da Tabarka, sulle coste della Tunisia.A sinistra: la torre spagnola di Portoscuso, nato nel Seicentoallorché nei pressi di questa torre venne costruita una tonnara.
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corredi funebri, testimonia queste presenze insieme aipassaggi dei soliti Punici e Romani. Altrettanto succedecon la necropoli, carica di leggende ormai sfatate sul sacri-ficio dei bambini. Da non trascurare, però, il santuario de-dicato a Sant’Antioco, che unisce le catacombe paleocri-stiane alle tracce altomedievali e ai dettami del barocco.Calasetta, sulla sponda opposta dell’isola collegata alla
terraferma, ha la fisionomia squadrata voluta dal progetti-sta che la ideò e fece costruire tutta insieme, a fine Sette-cento. Dal suo porticciolo salpano i traghetti per Carlofor-te, approdo nell’isola di San Pietro. I tonni trovavano inqueste acque le reti e gli arpioni della mattanza: la pescanon è scomparsa, ma la vocazione turistica ha modificatoorizzonti e attività dei carlofortini. La bellezza delle coste
Scenografico passaggio a nord-ovestIl mare quasi perennemente agitato che da millenni qui si frange,
insieme con l’azione erosiva del vento, ha prodotto sulle esposte rocce trachitiche di Cala Fico uno scenario d’intenso
impatto visivo. La zona preannuncia infatti il Capo Sandalo, punto di passaggio dalle coste settentrionali a quelle occidentali
dell’isola di San Pietro, un ambiente costiero tra i più intatti.
chitetture che oggi trovano occhi disposti ad apprezzar-ne gli equilibri senza turbamenti ideologici. Iglesias gio-ca invece la carta delle sue glorie medievali per sedurre iviaggiatori che la sfiorano. La cattedrale di Santa Chiara,la chiesa di San Francesco, il santuario di Santa Mariadelle Grazie, il castello di Salvaterra e un centro storicoaccattivante sostengono le aspirazioni di questa città. Po-co rimane, al contrario, della vita altomedievale di Do-musnovas: la grotta di San Giovanni, attraversata da unastrada asfaltata, è comunque una ragione sufficiente perfarci tappa. L’interesse per il Medioevo propone allorauna lunga deviazione fino al castello di Sanluri, l’unicaintegra fra le fortezze sarde dell’epoca. Al suo interno,un Museo del Risorgimento e delle armi viene curato
dalla famiglia che possiede il maniero. Antichi fasti ap-partengono pure a Villamar, che nei secoli dei Giudicatisardi fu capoluogo della curatoria di Marmilla. Che siparli ancora di Medioevo sarà chiaro osservando la parti-colarissima chiesa, dedicata a San Pietro ed edificata damaestranze arabe in arrivo dalla Spagna. Nello stessopaese, ma in un’altra chiesa, l’età moderna porterà uno
Qui sopra, nelle prime due foto: il nuraghe “S’omu e s’orcu”,a Domusnovas, e la grotta di San Giovanni, a nord di Domusnovas,
formatasi sulla parete del monte Acqua per un cedimento, con spaccatura alla base, dell’enorme massa calcarea. La tortuosa
galleria naturale venutasi così a costituire è lunga 850 metri.Sopra, a destra: cortile del castello di Eleonora d’Arborea, a Sanluri.
In basso: vista sui resti delle mura aragonesi, che sostituirono, nel XIV secolo, quelle pisane e il castello di Salvaterra, a Iglesias.
La montagna si spaccò: nel suo ventre, una galleria naturale di 850 metri
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rocciose, l’erosione del mare che s’insinua creando pozze,grotte, tagli sulle falesie e su pareti a strapiombo continuainfatti a conquistare gli animi dei visitatori.
Sbarcando a Portoscuso, accesso alternativo all’isola diSan Pietro, è il Sulcis delle miniere e dell’industria in cri-si a farsi incontro. Carbonia, altra creazione sorta dal nul-la in pochi mesi, rivela la nascita in epoca fascista con ar-
La più antica delle sagreLa sagra di Sant’Antioco è la più antica tra quelle chesi celebrano in Sardegna, con le sue 481 edizioni, eviene festeggiata nel centro della Sardegna meridona-le ogni lunedì che ricade quindici giorni dopo la Pa-squa. Sant’Antioco contende, poi, al cagliaritanoSant’Efisio la palma di Patrono dell’Isola, ma in realtàla sagra che viene celebrata ogni primo maggio nellacittà capoluogo della Sardegna è molto più partecipa-ta, sfarzosa e conosciuta. La storia narra di un Antio-co nato in Mauritania attorno all’anno 95, avviato al-la professione medica dal padre ed educato alla fedecristiana dalla madre. Esiliato per motivi religiosi aSulci (l’odierna Sant’Antioco), raccolse attorno a séuna comunità di cristiani, ebbe fama di guaritore emorì in una grotta dove fu condotto dai soldati romaniprima di essere interrogato dal governatore della città.Il culto di Sant’Antioco è antichissimo: nesono state trovate tracce in un periodo an-tecedente il Cinquecento. Oggi, la sagrarichiama fedeli da tutta la Sardegna e sisvolge nell’arco di tre giorni; uno dei mo-menti più significativi è costituito dallaprocessione de “is coccois” (pani tipiciportati in processione prima di essere usa-ti per adornare la statua del santo), che sisvolge il pomeriggio del sabato, ma il cul-mine della festa è il lunedì con la proces-sione per le vie di Sant’Antioco del simu-lacro e delle reliquie del santo. �
Dai grandiosi impianti minerari la vista spazia verso la Costa VerdeIn alto e sotto: vasche di decantazione e vista d’insieme della miniera di Montevecchio, un tempo fra le più produttive e funzionali
del nostro Paese. L’insediamento, ormai spopolato, ha gradevoli edifici abitativi in pietra a vista e grandiosi impiantiinseriti in uno scenario paesaggistico di grande pregio: da qui la vista spazia, al di là delle colline boscose, verso la Costa Verde.
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Anche per la cucina cagliaritana ecco due ricette.Malloreddus (gnocchetti, letteralmente: vitellini)Ingredienti: semola, acqua, sale, zafferano. Lavorare benela semola fina con acqua tiepida leggermente salata sino auna consistenza piuttosto dura. Staccare meno di unquarto di pasta e unirvi lo zafferano. Fare dei bastoncini,di circa un centimetro, e schiacciarli col pollice su “unuciuliri” (canestro fatto col culmo secco del fieno) arrotola-ti su se stessi, rimanendo all’esterno leggermente rigati. IMalloreddus si cuociono in acqua bollente salata e si con-discono come normalepasta asciutta, col sugodi pomodoro fresco e l’a-roma del basilico. (Nellafoto: un canestro di Mal-loreddus).
Arselle a schiscionera
Ingredienti: arselle, olio, aglio, prezzemolo, sale, pane, li-mone. Dal giorno prima mettere a spurgare un chilo di ar-selle in acqua, coperte con un colapasta. Il giorno seguentemetterle a fuoco lento in una casseruola senza acqua e la-sciare che si aprano (quelle che non si aprono si buttano,essendo evidentemente morte). Conservare l’acqua in cuihanno spurgato le arselle e lasciarla decantare in modo chela sabbia si raccolga sul fondo. Aprire le arselle, lasciando-le con i loro gusci, e farle rosolare in olio d’oliva cui sia sta-to aggiunto un battuto di aglio, prezzemolo e sale. Aggiun-gere l’acqua lasciata decantare badando bene a non versarela sabbia del fondo e far bollire lentamente per circa dieciminuti. Unire una presa di pane grattugiato e lasciar cuo-cere ancora un poco rimescolando ogni tanto. Volendo, pri-ma di servire, aggiungere un po’ di succo di limone. �
Il suo aspetto è piemontese La parrocchiale di Sanluri, capoluogo del Campidano
centrale, vista dalla terrazza del castello dettodi Eleonora d’Arborea, maniero edificato forse quando
il giudicato di Cagliari era sotto l’influenza di Pisa, e dotato di quattro torri angolari merlate nel Trecento.
La chiesa, intitolata alla Madonna delle Grazie,conserva, delle primitive forme gotico-aragonesi, la parte
inferiore del campanile, sopraelevato nel 1794con un coronamento rococò. L’aspetto attuale è dovuto
a una profonda modificazione di Giuseppe Vianain stile barocco piemontese attuata tra il 1781 e il 1786.
Quella pasta fatta in casa d’un bel colore zafferano
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dei migliori esiti della pittura sarda di tema sacro; è il 1518quando Pietro Cavaro dipinge per l’altare della parrocchiadi San Giovanni il suo elegante Retablo della Vergine.
Sardegna vuol dire però soprattutto gente dei nuraghi.Dunque, da Guspini a Villamar, a Villanovaforru, a Sarda-ra, a Barumini, il popolo dei bronzetti e delle pietre sovrap-poste ritorna in musei, scavi, rievocazioni che illustranoquesta civiltà di re pastori, sacerdoti, schiavi e artigiani.Una civiltà che nel villaggio di Barumini, raccolto intorno aun nuraghe possente, concepito come un baluardo controgli aggressori, trova la sua spettacolare apoteosi. �
Francesco Luzzi
Nuraghi d’autoreNelle foto a sinistra: scorcidel villaggio Su Nuraxi, vicinoa Barumini, consideratouna delle più insigni espressioniarchitettoniche della civiltàmegalitica protosarda. Il complessorientrava in un sistemaabitativo-difensivo d’importantevalore strettamente connessocon gli altri nuraghi e villaggidella Giara di Gesturi.In alto: la facciata della chiesadi San Pietro, che sorgeal centro del borgo di Villamar.Di stile romanico, risalealla seconda metà del Duecento; in origine era a navataunica; poi ne venne accostataun’altra, più piccola,da architetti spagnoli ricalcandomodelli d’ispirazione araba.
Trattali: che cosa sonoUna ricetta, per chi non è vegetariano: le trattali.Ingredienti: interiora d’agnello o di capretto, sale, pepe.Si mette la coratella d’agnello o di capretto al forno sinoa mezza cottura. Intanto si puliscono le budelline conser-vando anche “sa nappa” (reticella). Tolte dal forno, si ta-gliano le coratelle in pezzi regolari e s’infilano in unospiedo sottile alternandole con pezzetti di grasso e fettinedi pane appena abbrustolito. Infilata la coratella, si ag-giusta di sale e di pepe, si ricopre con la reticella e la si le-ga allo spiedo intrecciandovi intorno le budelline. Si ar-rostisce nel caminetto o all’aperto con fuoco di legna. �
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100/300 mila lire, doppia 200/560 mila.Iglesias: Pan di Zucchero (0781.47114)
propone la singola a 45/63 mila lire e ladoppia a 70/84 mila; ad Artu (0781.22492) la singola costa 75/95 mila e ladoppia 125/145 mila.
Sant’Antioco: Maladroxia, in localitàomonima (0781.817012); i prezzi vannodalle 75 alle 115 mila lire per la singolafino alle 140 mila lire per la doppia.
Carloforte (isola di San Pietro): HotelHieracon (0781.854028), singola 55/80mila lire e doppia 130/140 mila; Galman,in località Bellavista (0781.852088) dovela singola costa 83/114 mila lire e ladoppia 120/180 mila; La Valle, in loca-
lità Commende (071.857001), che offre lasingola a 110/130 milalire e la doppia da 130a 190 mila.
Pula: Is Molas golfhotel nella localitàche gli dà il nome(070.9241006), i prezzivanno dalle 155/195mila lire per la singolaalle 230/310 mila perla doppia; affacciatosull’incantevole baiadi Nora in località Su
Guventeddu il Baia di Nora (070.9245557) offre la singola con mezza pen-sione a 210/300 mila lire e la doppia a410/540 mila. A Pula-Santa Margheritasi può scegliere tra il Flamingo(070.9208361) – singola 150/180 mila liree doppia 230/300 mila –, Le Dune(070.92171) – dove il prezzo della singolaè di 995 mila lire e quello della doppiaun milione 730 mila –, e il Forte Village(070.92171), dove la singola costa475/578 mila lire e la doppia 690/896mila lire. L’Abamar (070.921555) offre al-
agliari è il capoluogo dellaSardegna e della provinciaomonima. È servita da un ef-ficiente e moderno aeropor-to, quello di Elmas, a dieciminuti dalla città. Mentre ilporto commerciale si trova
proprio di fronte alle maggiori vie delcentro storico, sull’antico quartiere dellaMarina. Ospitalità per tutte le esigenze.
ALBERGHI
Cagliari: al Caesar’s Hotel (070.340750)i prezzi vanno dalle 150 alle 180 mila lireper la singola e dalle 180 alle 250 milaper la doppia; Mediterraneo (070.301271):
la singola 157/218 mila lire, la doppia230/278 mila; panoramico e particolareil Calamosca sul mare (070.371628): la sin-gola costa 90/110 mila lire, la doppia120/140 mila. Altre possibilità per un al-loggio confortevole al Panorama(070.307691), dove si può spendere perla singola 120/200 mila lire e per la dop-pia 180/240 mila; al Regina Margherita(070.670342), che offre la singola a 215mila lire e la doppia a 275 mila.
Domus de Maria: Grand Hotel Chia La-guna, località Chia (070.92391): singola
Dove, come, quando
Una sola difficoltà per chi voglia o debbasoggiornare a Cagliari: l’imbarazzo della scelta
Capoluogo non per niente
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Da sinistra: l’ingresso alla Cittadella dei Musei, a Cagliari,e, ancora nel capoluogo, un angolo dell’Orto Botanico.
Ripresa d’alto delle Thermae del Parco,una delle strutture del Forte Village, a Pula.
loggi estivi a 93/108 mila lire per la sin-gola e 178/202 mila per la doppia.
Villasimius: Cala Caterina (070.797410),presso l’omonima località, offre la singo-la con mezza pensione a 340/400 mila li-re e la doppia a 580/700 mila; Stella Ma-ris, a Campulongu (070.797100), propo-ne la singola con mezza pensione a240/295 mila lire e la doppia a 320/450mila. Immersi in un paradiso terrestre sipuò pernottare anche al Capo Boi, nell’o-monima località, in via Cagliari(070.798815), dove la singola con pensio-ne completa costa 280/450 mila lire e ladoppia 250/680 mila; Tanka, in località
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L’Aquarium, nel Centro Le Moresche, a Maracalagonis, tempio della cucina sarda.
Tanca Elmas (070.7951), dove un mono-locale con due letti costa dalle 193 alle292 mila lire e un bilocale con quattroletti dalle 350 alle 466 mila lire. Da que-st’estate è inoltre possibile usufruire deiservizi offerti dal Timi Ama Resort, in lo-calità Notteri, che viene riaperto dopo laristrutturazione completata dal gruppoMazzella.
Muravera: Hotel Free Beach, Costa Rei(070.991041), singola 165/240 mila lire edoppia 175/285 mila.
Castiadas: Hotel Sant’Elmo, in localitàSant’Elmo (070/995161), singola 110/495mila lire e doppia 200/795 mila.
Sardara: Hotel Terme di Sardara, in loca-lità Santa Maria (070.9387200), dove unanotte di “benessere” tra la natura silen-ziosa costa 50/100 mila lire per la singo-la e 75/140 mila per la doppia.
RISTORANTI
Cagliari: nei ristorantiviene offerto il megliodella gastronomia tra-dizionale e della cuci-na nazionale e interna-zionale. Si mangia alCorsaro, in viale Regi-na Margherita 28(070.664318); AnticaHostaria, in via Cavour60 (070.665870) con un
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conto medio di 50/60 mila lire, daCrackers in corso Vittorio Emanuele 195(070.653912) per 40/45 mila lire; Italia invia Sardegna 30 (070.657987) per unprezzo di circa 50 mila lire. Pesce fre-schissimo e crostacei Da Lillicu in viaSardegna 78 (070.652970) e al QuattroMori, in via Angioy 93 (070.650269), conun conto di circa 50 mila lire. Specialitàdella cucina mediterranea all’Arissa, invia Eleonora d’Arborea 29 (070.658416),dove si spendono 40 mila lire.
Pula: Su Gunventeddu, vicino alle rovinedi Nora (070.9209092); Piatto d’Oro, viaLamarmora 9 (070.9208150); Bacchixeddu,statale 195 al km 33,300 (070.9209653)spendendo dalle 40 alle 60 mila lire.
Carloforte: Da Nicolò, in via Cavour 32(0781.854048); Tonno di Corsa, in via Mar-coni 47 (0781.855106), dove il conto è at-torno alle 60 mila lire.
Portoscuso: a La Ghinghetta, in via Ca-vour 26 (0781.508143), si spendono circa70 mila lire.
Villasimius: Miraggio, località Campus,sull’omonima spiaggia (070.798021) concirca 40 mila lire.
Maracalagonis: Acquarium, al CentroLe Moresche (070.786012), prezzo intor-no alle 45 mila lire.
Santadi: specialità isolane al Maurita-nia, in via Veneto 11 (0781.955455), 40 mi-la lire il conto medio.
Villanovaforru: piatti tipici sardi alleColline, località Sa Sedda (070.9300123), ilconto raramente supera le 40 mila lire.
MUSEI
Cagliari: alla Cittadella dei Musei inpiazza Arsenale, Museoarcheologico nazionale(070.655911), 9-19 tutti igiorni, e la Pinacoteca na-zionale (070.670157), aper-ta negli stessi giorni eore; Orto Botanico in via-le Sant’Ignazio da Laconi11 (070.6753523), apertoda aprile a settembre8.30-13.30 e 15-18.30, vi-site guidate chiamandoallo 070.6753522; Museo
sardo di antropologia ed etnografia in viaPorcell 2 (070.659294), aperto ogni matti-na tranne i festivi; Galleria Comunaled’arte in viale Regina Elena (070.490727)aperta 9-13 e 17-21, tranne il lunedì.
Pula: Museo archeologico in corso Vitto-rio Emanuele 67 (070.9209610), apertotutti i giorni dalle 9 alle 19 e Centro diEducazione Ambientale Laguna di Norapresso la località omonima, aperto tutti igiorni tranne il lunedì con orari dalle10.30 alle 12 e dalle 17 alle 18.30.
Sant’Antioco: Mostra archeologica diSant’Antioco, via Regina Margherita 113(0781/800596), aperta tutti i giorni, e dagiugno a settembre con orari 9-13 e 15.30-19; Museo Agropastorale del Sulcis, via Ne-cropoli 6 (0781.800596), aperto tutti i gior-ni dalle 9 alle 13 edalle 15.30 alle 18.
Iglesias: Museomineralogico, ubica-to in via Roma 45(0781.22304), aper-to ogni mattina e ilpomeriggio conpreavviso.
Sanluri: Museo ri-sorgimentale E.F. Du-ca d’Aosta ospitatonel castello di Eleo-nora d’Arborea (070.9307105), apertomartedì, mercoledìe giovedì 17-20.
Campuomu, neidintorni di Sinnai:Museo del cervo sar-do nella caserma forestale Umberto Noci(070.27991), aperto tutti i giorni 8-12 e 13-16.
INFORMAZIONI
Cagliari: Esit in piazza Deffenu 9(070.604241; azienda autonoma di sog-giorno e turismo in via Mameli 97(070.664195-96).
I SITI DI INTERNET
www.aast.ca.it/vacanze-cagliari/spe-ciale-alberghi.htm. Ancora su Internetwww.Sardegna.com.www.zonanet.com.e www.sardiniapoint.it. �
Dove, come, quando
Al Tonno di Corsa, a Carloforte,si gusta la cucina tabarchina.
La sala da pranzodella Ghinghetta,raccolto e raffinatolocale di Portoscuso.
In alto, da sinistra: lo Stella Maris, e il TankaVillage, sulla costa di Villasimius.Sopra: una camera del nuovissimo TimiAma, a Villasimius in località Notteri.
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NON SOLO PASTORISecondo l’immaginario collettivo, il “cuore della Sardegna”sarebbe abitato
da uomini e donne perennemente chiusi nei loro costumi; al contrario, è un territoriovasto ed eterogeneo, dove un’antica cultura si mischia con i segni della modernità
DI VITO BIOLCHINI - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS
Nuoro e la sua provincia
Il grandioso panorama di Bosa,una delle più caratteristiche città storiche
dell’isola, già centro nuragico,poi fenicio-punico e infine dominio romano.
È attraversata dal Temo, unico fiumenavigabile della Sardegna. In secondo piano,
nella foto, spicca il castello dei Malaspina,nuovi signori del luogo fin dal XII secolo.Diedero notevole impulso alla città, prima
del periodo aragonese, quando Bosa ottennegrandi privilegi come libero Comune.
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uattro percorsi per la provincia più misteriosadell’isola. Per tutti è il “cuore di Sardegna”,dai tratti duri e contrastanti, montagne inac-cessibili e foreste mai toccate dall’uomo, ma
attenti alle facili semplificazioni: assieme a una culturatradizionale capace di dare un ritmo antico alla quotidia-nità delle comunità dell’interno, la provincia di Nuororaccoglie un territorio vasto (poco meno di settemila chi-lometri quadrati) ed eterogeneo, dove i segni della mo-dernità si colgono con sempre maggiore frequenza, si mi-schiano e si fondono (se non quando entrano in conflitto),e creano una realtà ben diversa da quella presente nel-l’immaginario collettivo, abitata esclusivamente da pa-stori o donne chiuse nel loro perenne costume nero.
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Bosa e il suo porto fluvialeBarche e barconi da pesca sono attraccati nelle vicinanze
del ponte Nazionale, lungo il fiume Temo, a Bosa.Un tempo, l’economia della città si basava sui floridi traffici
commerciali, collegati con la presenza del fiumee del porto, specie sulle rotte verso la Spagna nel periodo
della dominazione aragonese; a testimonianzarimangono gli interessanti edifici abbandonati, sulla sinistra
del Temo, Sas Conzas (le concerie), oggi motivodi curioso interesse turistico, insieme con le barche di legno
dei pescatori bosani, vivacemente dipinte e ormeggiatesulla banchina di questo porto fluviale, unico in Sardegna.
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Centro di poteredei Malaspina
Il castello dei Malaspina,o di Serravalle, a Bosa,
nell’ultimo tratto della viadel quartiere Sa Costa.
L’edificio è uno degli esempidi architettura civile
e militare del Medioevo sardotra i più interessanti.
Fra pittorescherampe e viuzze
Piccole piazze, viuzze,portici e slarghi, collegati
da rampe e scalinatedel pittoresco quartiere
Sa Costa, a Bosa,con le sue case di tufo rosa
o verdastro, spessocon decorazioni aragonesi.
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Nuoro, ad esempio, non è più la città di Grazia Deled-da, ma un centro dinamico dove ha sempre maggiore im-portanza il settore terziario, polo di attrazione di un’am-pia economia che gravita intorno alla capitale della Bar-bagia. Un capoluogo la cui importanza per l’isola non ècerto ben rappresentata dalla debole consistenza demo-
Venne chiamato Anselmo da Como per onorare due volteSan Pietro in stile lombardo-romanico
Nella foto grande qui sopra: la facciata della chiesa di San Pietro,la cattedrale di Bosa, attribuita ad Anselmo da Como,
che costruì anche la chiesetta di Zuri pure dedicata a San Pietro.In alto a destra: particolare del rilievo in calcare sull’architrave.
Il mondo della DeleddaOggetti personali, ma anchefotografie, pagine autografe,prime edizioni di libri chehanno fatto la storia dellaletteratura mondiale. ANuoro la casa natale dellascrittrice Grazia Deledda èdiventata un museo. Inau-gurato dal 1983 e gestitodall’Istituto etnografico,propone ai visitatori unaraccolta di testimonianzesulla vincitrice Nobel nel 1926. In una delle stanze sa-pientemente ripristinate spicca anche la riproduzionedel diploma di conferimento del premio, così come ri-salta per l’importanza e la bellezza la cucina (rico-struita secondo la descrizione fattane dalla stessa De-ledda nel suo romanzo pubblicato postumo Cosima),e il cortile, dalla misteriosa bellezza. Assieme alla casaun altro luogo deleddiano per eccellenza è la chiesettadella Solitudine (nella foto), lungo la strada che portaal monte Ortobene, dove la scrittrice è sepolta. Assie-me a Nuoro, anche Galtellì propone ai visitatori at-mosfere e paesaggi tanto cari ai romanzi di GraziaDeledda. In questo comune sta nascendo un parco let-terario, per conservare e preservare i luoghi dove lascrittrice ha ambientato numerose vicende, oggi care alettori di tutto il mondo. �
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grafica (appena trentacinquemila abitanti) ma dall’ap-porto di intelligenze e professionalità che questa città hagarantito per lungo tempo. Una città letteraria: GraziaDeledda, Sebastiano Satta e Salvatore Satta sono i nomiche meglio hanno raccontato le strade strette dei quartie-
(dove si staglia la statua del Redentore, epicentro dellagrande festa tradizionale del mese di agosto), la straordi-naria ricchezza del Museo etnografico, l’appartata bel-lezza della chiesa della Solitudine, estrema dimora dellaDeledda, e ancora le case basse e antiche del quartiere di
Dal corpo centrale alla navata nord la storia
di un secolo e mezzoVista d’insieme della chiesa di San Pietro,
che sorge a due chilometri da Bosarisalendo la sponda sinistra del fiume Temo.
È raggiungibile anche in barca.La sua vicenda costruttiva si articola in tre
momenti diversi: il corpo centrale, d’impianto romanico-lombardo, venne eretto
tra il 1062 e il 1073; poi fu la volta dell’abside con le due campate contigue,
di quattro campate verso la facciata, del campanile e di una parte dei muri laterali,
costruiti nel secondo decenniodel XII secolo; gli ultimi dieci anni del ’200
videro la nascita del prospetto, di parte della fiancata sinistra, di due sottarchi
della navata nord, edificati in formegotico-francesi importate dai Cistercensi,
titolari a Bosa di due monasteri.
ri di San Pietro o di Seuna. Della scrittrice Premio Nobelnel 1926 si può visitare la casa museo, che sorge nei pres-si della piazza dedicata al poeta Sebastiano Satta. Anchequi una casa natale attende di essere trasformata in mu-seo. Ma Nuoro è anche la bellezza del monte Ortobene
San Pietro, il più caratteristico della città.Baricentrica rispetto ad un territorio vastissimo, Nuoro
è il punto di partenza obbligato per chi voglia conoscere icentri più importanti della provincia. Guardando a ovest,meritano una visita Macomer e Bosa. È questa una zona
Uno scorcio del maestoso interno della parrocchiale intitolata a San Giovanni Battista che sorge a Siniscola, il centro maggiore della Baronia omonima (o di Posada). Costituito da tre navate, è interamente rivestito di affreschi; quelli che illustrano
episodi della vita del Battista si trovano sulla volta della cupola. Vennero eseguiti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
La vita di San Giovanni Battista raccontata per immaginisulla volta della chiesa di Siniscola a lui dedicata
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ricca di nuraghi, che spuntano come sentinelle ad ognitornante. Sull’altopiano di Campeda, sorge il nuragheSanta Barbara, risalente al X secolo avanti Cristo. È unodei più belli della Sardegna e regala uno straordinariopanorama sulla città e la piana di Abbasanta. Costruitasu un ciglione basaltico, Macomer racconta il suo anticopassato preistorico, ma anche lo sviluppo di un centro
Il suo cuore antico Pagina precedente: un altro scorciodella parrocchiale di Siniscola.Sopra: uno dei motivi architettonicigotico-aragonesi in trachiteche ancora sopravvivono soprattutto su portali e finestre del rionestorico di Santa Croce, e che furonoeseguiti da maestranze locali.Nucleo di antica data, Santa Crocesorse nel Medioevo attornoa un maniero che fu distrutto nel 1478.Qui a sinistra: il campaniledella chiesa di San Pantaleo, innalzatonel 1574 dall’architettoMichele Puig, nativo di Bolotana,paese in provincia di Nuoro. La chiesa si trova nel rione Santa Croce,ed è caratterizzata anch’essada forme gotico-aragonesi realizzatein pietra trachitica rossa.
Spazio agli artisti sardiDa poco più di un anno è stato inaugurato il Museod’arte di Nuoro (Man). Sistemato in un palazzo otto-centesco nel centro storico della città, fra corso Gari-baldi e piazza Sebastiano Satta (telefono0784.25.21.10), il museo dispone di due sale al primoe al secondo piano, in cui sono ospitate collezioni diarte sarda del ’900, da un olio di Ballero datato 1908sino a creazioni risalenti agli anni Settanta. Inoltre,una sala ubicata al terzo piano è destinata a mostre.In totale, lo spazio espositivo annovera seicento me-tri quadrati. Un occhio di riguardo verrà riservatoad artisti italiani e internazionali con particolare at-tenzione al territorio. La collezione vanta prestigioseopere di artisti del calibro di Biasi, Floris, Ciusa,Ciusa Romagna, Manca, Nivola e molti altri. Nel-l’ambito delle attività del Museo Man sono previsteattività di ricerca storico-artistiche, con scambi dicollezioni con altri musei nazionali, con esposizionidi architettura, grafica e video-art, senza trascura-re incontri periodici con il pubblico su tematiche ri-guardanti le diverse espressioni artistiche. Ingres-so, a pagamento, dal martedì alla domenica dalle 10alle 13, dalle 16 alle 20. �
florido, capace di sfruttare la sua posizione di croceviatra Cagliari, Sassari e Nuoro. Nel Cinquecento prendeforma la chiesa di San Pantaleo, uno dei più importantiesempi di stile gotico-aragonese, dominante in Sardegnanel 1500, ancora ben conservata nel suo campanile e nel-le cappelle nobiliari.
Un passato di fasti che esplode a Bosa, tra i centri più
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Le dune d’Orientealbergano a SilitaLa spiaggia di Silita a Capo Comino,dove albergano le uniche veredune sabbiose di tutta la costa est.Colonizzate da bellissimiginepri fenici e altre piante pioniereerbacee ed arbustive, offronoun incantevole colpo d’occhio, resoancor più marcato dal contrastofornito dal rosso del granito porfiricodell’isola Ruia, che affioradal blu del mare a pochi metri dalla riva.
caratteristici dell’isola. Merito anche del fiume Temo(l’unico navigabile in Sardegna) che qui raggiunge il ma-re e regala prospettive inusuali a un panorama di grandisuggestioni. Sul centro storico dell’antica Calmedia, in-combe infatti il castello di Serravalle (o di Malaspina), lacui edificazione ha avuto inizio nel 1112. La rocca è benconservata e presenta sul lato nord una torre innalzatanel ’300 sul modello di quelle cagliaritane, così come, al-l’interno della cinta, merita una visita la chiesa di NostraSignora di Regnos Altos, caratteristica per i suoi affreschiquattrocenteschi. Visitare Bosa significa anche perdersinel suo centro storico, ben conservato nel quartiere SaCosta, con rampe e scalinate, slarghi e piazzette. Il marefa da sfondo ad ogni panorama, incantevole come il tra-monto e la bellezza della chiesa di San Pietro, fondata nel1062 e arricchita nel periodo romanico da una facciata di-visa da tre arconi a sesto acuto, con tre rosoni e l’architra-ve del portale principale scolpito. Una tappa immancabi-le prima di raggiungere la spiaggia di Bosa Marina e visi-tare la torre spagnola che si erge sull’isola Rossa.
Da un estremo all’altro, dalla costa occidentale a quel-la orientale. Un itinerario che parte da Siniscola, capita-le della Baronia e centro turistico in forte espansione.La bellezza delle spiagge impone una visita anche fuoristagione: La Caletta è tappa obbligata, così come il lito-rale di Mar’e Flumene dove spicca la torre secentescadi Santa Maria, costruita con mattoni e pietra basalticascura. Spingendosi ancora più a sud di Capo Comino, ilterritorio di Siniscola offre spiagge deserte e suggesti-ve; come quella di Bèrchida, magnifica nella sua solitu-dine e arricchita dallo spettacolo offerto da un sistemadi stagni. Risalendo la costa verso nord, risalta il profiloinconfondibile di Posada, dominato dal castello dellaFava. Assieme alle mura esterne, è ben conservata latorre (alta venti metri) che racconta il passato antico diquesto paese, capitale nel XII secolo del giudicato diGallura. Anche il centro storico merita una visita, con lesue case più antiche spesso costruite direttamente nelroccione, a precipizio sulla pianura.
In un itinerario dedicato alla Baronia, non può mancare
Qui c’era forse un insediamento romanoLa torre quadrata del castello della Fava vigila sull’abitato antico di Posada, arroccato a scaglioni tra stretti vicoli sulle pendici calcaree
dello sperone che s’alza isolato per 94 metri al centro di una vasta piana litoranea dovuta alle alluvioni del rio Posada.Dalla torre principale, alta venti metri, si può ammirare uno stupendo panorama che abbraccia tutta la vallata e il monte Albo,
e si spinge a est fino al mare, raggiungendo La Caletta e Santa Lucia. Secondo ipotesi non documentate, il primitivo insediamento potrebbe essere ricollegato alla romana Feronia, centro agricolo e commerciale sulla strada litoranea Karalis-Olbia.
La caduta del baluardo che pareva inespugnabile segnò la fine del borgoAncora la torre del castello della Fava, che insieme a cospicui tratti delle cortine murarie e a ruderi del maschio,
è quanto rimane del maniero edificato nel XII secolo. Appartenuto al giudicato di Gallura, di cui Posada fu capitale per un certoperiodo, passò quindi, con alterne vicende, al giudicato di Arborea. Quando, nel 1323, gli Aragonesi invasero
la Sardegna, fu un ottimo baluardo di difesa, data la sua posizione dominante e pressoché inespugnabile, solidamente ancoratocom’è alla rupe a precipizio sul quale poggia. Nel 1388 fu acquistato dal re d’Aragona insieme con altre terre
circostanti, e costituito in baronia con vasta giurisdizione feudale. La decadenza del castello, dovuta alle frequenti incursionibarbaresche, trascinò con sé anche la vita del borgo, favorendo l’ascesa del vicino paese di Siniscola.
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la capitale storica di questa sub regione isolana: Orosei.Già importante centro romano col nome di Fanum Cari-sii, nel ’400 conobbe un periodo di floridezza, prima ditornare nell’ombra a causa delle scorrerie barbaresche.Di sicura attrazione ad Orosei sono le chiese: la parroc-chiale di San Giacomo Maggiore, edificata tra il Sei e ilSettecento, con una facciata di grande impatto scenogra-fico, e la chiesa di Sant’Antonio Abate, circondata dacumbessias (le caratteristiche case basse costruite per ac-cogliere i fedeli durante le lunghe feste tradizionali) eprotetta da una torre di probabile origine pisana. Storiama anche natura: fuori del paese la spiaggia di Osalla,lunga circa cinque chilometri, regala al visitatore mo-menti di tranquillità anche nei mesi più caldi dell’assaltoturistico. È ormai invece una delle attrazioni più impor-
tanti dell’isola il paese diDorgali col suo sbocco a maredi Cala Gonone. Il centro abi-tato è molto caratteristico eoffre una vasta varietà di pro-dotti tradizionali: dai vini aitappeti, dalle ceramiche allefiligrane. L’entroterra si ca-ratterizza per la forte presen-za di aree archeologiche, tracui si segnala il famoso vil-laggio nuragico di Serra Or-rios. Ma è soprattutto per ilmare che questa zona dell’i-
Giochi scenograficiIn queste pagine: immagini di Posada.Nella foto grande: la parrocchialedi Sant’Antonio Abate, che fu fondatanel 1324 e ricostruita nel Seicento.Qui a sinistra e in basso: due scorcidel centro storico, dove restanosoltanto alcune delle più antiche caseedificate nello sperone roccioso.Il bianco solare della calce, l’austerità della pietra, il gioco di scalinate,vicoli e archi che lo percorrono, rendonoil paese altamente scenografico.
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Confraternita sempre attivaLa chiesa delle Anime, a Orosei, fondata
durante il Settecento dall’omonima confraternita.Quest’ultima, di origine antichissima,
è ancora molto attiva, e nella caratteristica tonacarossa e bianca i confratelli sono sempre presenti
nelle feste e nei riti religiosi che si tengono in città,insieme con la confraternita del Rosario.
Nei suoi monumenti si legge il ruolo civile e religioso di Orosei Sopra: ancora due scorci di Orosei, capoluogo della Baronia omonima. La città conserva numerose architetture civili e religiose
che attestano l’importante ruolo amministrativo e commerciale svolto nel corso dei secoli. Da sinistra: il campaniledi San Giacomo Maggiore, sorto tra ’600 e ’700, e la torre di Sant’Antonio, forse pisana, nel cortile della chiesa di Sant’Antonio Abate.
Carnevale in mascheraOgni paese ha il suo santo, e il suo santo la sua festa. Ma sevolete vedere tutte assieme le tradizioni di questa provincial’occasione migliore è quella della festa del Redentore, inprogramma a Nuoro l’ultima settimana di agosto. Migliaiadi fedeli in costume caratteristico sfilano dalla città fino allasommità del monte Ortobene dove spicca la gigantesca sta-tua del Cristo in croce, realizzata nel 1900. Altro appunta-mento da non perdere è quello con il Carnevale, che nei cen-tri della provincia celebra riti unici. Il mistero delle originidella civiltà agropastorale si riflette nelle maschere ligneedei mamuthones di Mamoiada (nelle foto), accompagnatinella loro sfilata dagli Issoccadores. Ma anche altri paesi recentemente propongono ai visitatori le loro maschere caratte-ristiche: Ottana, Orotelli, Gavoi e Fonni. Dal Carnevale si passa alla Quaresima e ai riti della Settimana Santa, notevo-li per importanza e bellezza a Oliena e Bosa. Importanti anche le nuove feste legate ai prodotti tipici del territorio (comela sagra delle castagne ad Aritzo), o di richiamo turistico come il palio di Fonni nel mese di agosto. �
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Cala Luna: un indimenticabile paesaggio fra stagni e oleandriConosciutissima e fotografata da eserciti di appassionati, la spiaggia di Cala Luna, con il suo vasto arenile, rivela
una scenografia di indescrivibile bellezza. Si estende per oltre ottocento metri, con un fitto bosco di oleandri che in luglio ed agosto si specchiano nello stagno dietro le dune. Sul versante nord della spiaggia si aprono sei caverne,
dove l’acqua scorre durante le alluvioni. Le sovrasta un alto colle di scura lava basaltica, il Fruncu Nieddu, ultimo esempiodi fenomeni vulcanici come si possono ritrovare solo verso l’entroterra, nel cuore del Supramonte di Baunei.
sola conosce anno dopo anno un sempre maggiore gradi-mento. Cala Gonone è un biglietto da visita eccezionale.Da non perdere le escursioni via mare, non solo alla grot-ta del Bue Marino, ma anche alla spiaggia di Cala Luna,ritenuta la più bella del Mediterraneo, per la presenza disei enormi grotte che si aprono sull’arenile e per il boscodi oleandri che costeggia lo stagno, parallelo al mare. Nelterritorio di Dorgali ricade in gran parte anche l’ormai fa-mosissimo villaggio nuragico di Tiscali. Il sito sconfinaanche nel territorio di Oliena, ultima tappa di questo iti-nerario nella provincia di Nuoro. Il paese alle falde delSupramonte offre ai suoi visitatori escursioni naturalisti-che di incomparabile bellezza. Dalle fonti carsiche di Su
Le settanta costruzionidel villaggio nuragicoA sinistra: un angolo del Golfo di Orosei, cui è riconosciuto il titolo di Riserva naturalea difesa dei rari esemplari di foca monaca.Sotto: resti del villaggio nuragico di Serra Orrios,nei dintorni di Dorgali fra cespugli e oliveti.Si compone di settanta costruzioni che avevanoun pozzo in comune. Sono consideratidi grande interesse storico due tempietti a megaron:uno conserva solo resti delle fondamenta,e si trova all’esterno del villaggio, il secondoè invece in ottimo stato conservativo,come l’architrave posto all’ingresso e, all’interno,il “sedile” nella sua posizione originale.In basso: chiesetta sullo sfondo del Supramonte.A
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le di San Giuliano, Orrì e Cea, tra le poche ancora rispar-miate dall’invasione incontrollata di visitatori nei mesipiù caldi dell’estate.
Pochi chilometri e lo scenario cambia completamente.Siamo a Lanusei, capitale storica dell’Ogliastra. A quasiseicento metri d’altitudine, la cittadina sorge su un ripi-do colle aperto sulle pianure costiere e sul mare. La cat-tedrale di Santa Maria Maddalena, presenta le semplicima gradevoli forme in voga nei primi del Novecento.
Lungo la zona costiera di Arbatax sono motivodi curioso interesse turistico le famose Rocce Rosse.Si trovano nelle vicinanze del porto, dove fannoscalo le navi traghetto per Genova e Civitavecchia.Si tratta di giganteschi massi di graniti porfiriciin una straordinaria posizione panoramica. Arbatax,alla base di Capo Bellavista, è oggi un centroin espansione, lungo la strada con Tortolì e conservauna torre spagnola del ’600. Aperto a nord,il paese offre una splendida vista verso Lotzoraifino al bastione calcareo di Baunei; a sud, altre località marine con belle spiagge e resti spagnoli.
Le Rocce Rosse di Arbatax, giganteschi massi sul mare
Da carcere a museoUna collezione di teatriin miniatura: ecco un’oc-casione insolita da co-gliere al volo a Orosei,dove nell’antico edificiouna volta adibito a car-cere è allestito il MuseoGuiso, inaugurato all’i-
nizio del 2000. Nei tre piani di questo palazzo signorile(nella foto) ristrutturato dagli architetti Vittorio Gre-gotti, Cosimo Loddo e Nicolò Melis, trovano collocazio-ne anche marionette e scenari teatrali, mobili di eccelsafattura, libri rari e di pregio artistico, pezzi d’artigiana-to unici e raffinati, donati al Comune dal notaio Gio-vanni Guiso. Mosso dalla inarrestabile passione delcollezionista, Guiso ha raccolto pure abiti e costumi, fir-mati da Dior, Versace, Curiel, Schubert e Valentino, eduna selezione di opere realizzate dai protagonisti dellaScuola Romana, artisti come Raphael, Scipione o Ma-fai. E poi altre testimonianze del Novecento, con lecreazioni di Severini, Capogrossi, Guttuso, Levi, Mac-cari, Cagli, Papi, Purificato, assieme al Miracolo diElia dipinto nel Seicento da Raffaello Vanni, allievo diPietro da Cortona, a una Natività cinquecentesca, a unritratto di Alberto Moravia dovuto alla mano di PierPaolo Pasolini. Nei suoi primi mesi di attività, il MuseoGuiso ha già richiamato numerosi visitatori, attrattidalla singolarità di tali collezioni, capaci di proporre untragitto originale tra epoche, soggetti e stili diversi. �
Aspro e incantevole SupramonteSopra: tra la ricca vegetazione e altipiani di roccia basalticasi snoda il fiume Cedrino, che sbocca sul mare a nord di Orosei.In basso: il massiccio di Supramonte di Oliena, non sempredi agevole percorribilità in un ambiente selvaggio ma incantevole.
Gologone alla valle di Lanaittu fino al monte Corrasi, lanatura offre visioni da assaporare sempre con l’aiuto del-le esperte guide locali.
L’Ogliastra: ovvero dal mare alla montagna in un batterd’occhio. Lo scenario costiero è tra quelli più conosciuti:le rocce rosse di Arbatax, mastodontici ammassi di grani-ti porfirici che salutano ogni anno migliaia di visitatori alloro sbarco nell’isola. Il piccolo borgo si è sviluppato nelXVII secolo intorno alla torre spagnola, ed oggi è sede diun importante distretto industriale. Arbatax è una frazio-ne del comune di Tortolì, centro più dinamico di questaparte dell’isola, dove l’industria delle vacanze è in forteespansione. Merito del mare e delle spiagge, come quel-
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Lanusei è inoltre un buon punto di partenza per chivolesse affrontare percorsi di trekking. Particolar-mente interessanti, partendo da Lanusei e inoltran-dosi verso il confine occidentale della provincia nuo-rese, saranno i paesi di Sadali (stupenda cascata diSan Valentino e grotte “de Is Janas”) e di Serri (note-voli resti archeologici). Se invece ad attirarvi è sem-pre il mare, l’ultima tappa di questo itinerario oglia-strino non può che essere Barisardo. Il paese ha in-trapreso decisamente la strada dello sviluppo turi-stico, sfruttando le potenzialità della marina di Barì.La spiaggia, dominata dalla torre secentesca, offreuna serie di servizi qualificati per chi voglia viveresenza problemi una rilassante giornata all’insegnadel sole e del divertimento.
In Sardegna il mare non è tutto, ma solo l’ultima at-trazione proposta al mercato dall’industria delle va-canze. La provincia di Nuoro stupisce invece per lasua varietà di paesaggi, colori e tradizioni. Solo qui,
Gli affascinantimisteriosi menhirQui a sinistra: una singolare successione di menhir, pietre allungate infisseverticalmente, non lontano da Tortolì.Monumenti preistorici comuni nell’Europa occidentale e nell’Africasettentrionale, vengono fattirisalire all’età del rame e del bronzo. Sotto, da sinistra: torre spagnoladi Barì, sul promontorio che dominaBarisardo; e caratteristico paesaggio montano dell’Ogliastra vicinoa Lanusei, punto di partenzaper piacevoli escursioni panoramicheverso il mare e su tutta l’Ogliastra.
tra le montagne ricche di boschi e sorgenti, si scopre l’e-mozione antica della Sardegna. A dominare il paesaggioè il profilo del Gennargentu e di Punta La Marmora, con isuoi 1.834 metri la vetta più alta dell’isola. Alle falde delmassiccio sorge Fonni, capitale della Barbagia di Ollolaima anche centro turistico di sempre maggiore attrazionesciistica. Un’escursione al monte Spada o al Bruncu Spi-na garantisce un panorama mozzafiato: nei giorni dimaggiore visibilità non è difficile ammirare la piana delCampidano e le coste orientali, occidentali e meridionali
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dell’isola. Da Fonni l’itinerario può volgere a nord, versoMamoiada. Anche se non è carnevale, in ogni periododell’anno si avverte la forza magnetica dei mamuthones,le maschere lignee protagoniste conosciute ormai in tuttoil mondo. La loro è una sfilata la cui origine si perde nel-la notte dei tempi, rappresentazione della civiltà pasto-rale e appuntamento immancabile per chi voglia avvici-narsi alla Sardegna più tradizionale. Altra tappa obbliga-ta è quella di Orgosolo. Famoso per i suoi murales e cen-tro di lotte sociali negli anni ’60 e ’70, il paese oggi offrele sue bellezze naturali, come il Supramonte. Qui, inquesto grande altipiano calcareo che si estende quasi fi-no al mare, abitato da mufloni e cinghiali, resiste una im-mensa foresta di lecci secolari, l’unica in Italia mai sotto-posta al taglio. È questo il cuore del futuro parco del
Gennargentu, la cui istituzione è contrastata da anni daalcune comunità che chiedono un maggiore coinvolgi-mento nella gestione dell’area.
Tradizioni e natura sono anche le attrattive di Tonara,uno dei centri più attivi di tutto il Nuorese sul fronte tu-ristico. Qui si celebra il torrone, prodotto caratteristicodel paese e fonte economica di primaria importanza. Lacastagna è invece il simbolo di Aritzo, prima località del-la provincia ad essere “scoperta” in chiave turistica e ri-nomata per il suo clima. Ma anche altri paesi ora guarda-no ad una nuova forma di sviluppo. A Desulo da anni sisvolge la rassegna “La montagna produce”: un modo peraprirsi alla modernità, lasciando intatte le tradizioni chefanno di questa zona il cuore antico della Sardegna. �
Vito Biolchini
I murales politici di OrgosoloSopra: un aspetto della Marina di Barì, facilmente raggiungibile
e molto frequentata per la sua costa incontaminata.Sotto e a destra: fra le caratteristiche stradine del centro storico
di Orgosolo si possono ammirare i famosi muralesdipinti sulle antiche abitazioni dalla fine degli anni Sessanta,
in genere d’argomento sociale e politico, come quellorappresentato nella fotografia; oppure, altrettanto apprezzate,
sono le linde case, intonacate di tenui colori pastello,con le loro porte e finestre incastonate nel bianco della calce.
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la; Paradiso, via Aosta (0784.35585),singola 90 mila lire, doppia 135 mila;I l Gril lo , via Monsignor Melas(0784.38678), singola 88 mila lire,doppia 117 mila.
Dorgali: Querceto (0784.96059),singola 85/95 mila l ire, doppia120/130 mila; Cedrino , in localitàIriai (0784.94043), 130/150 mila lireper singola e doppia.
Cala Gonone: Costa Dorada, viaLungomare (0784.93333), singola110/200 mila lire, doppia 160/310mila; La Plaia , via Collodi(0784.93106), singola 65/90 mila lire,doppia 100/120 mila; villaggio turi-stico Palmasera, viale Bue Marino(0784.93191), singola 100/140 mila li-re, doppia 160/240 mila; Cala Luna,via Lungomare (0784.93133), singolada 72 a 87 mila lire, doppia da 108 a113 mila; Ispinigoli, omonima località
Dove, come, quando
Qui c’è tutto quel che si può desiderareper conoscere l’animo segreto dell’isola
Da un mare all’altro
(0784.95268) a due passi dalla cele-bre grotta, singola 90/120 mila lire,doppia 120/160 mila.
Orosei-Cala Liberotto: Cala Gine-pro, nella località omonima (0784.91047), singola 160/180 mila lire,doppia 180/240 mila.
Barisardo: La Torre, in località Torredi Barì (0782.28030), singola 115 milalire, doppia 150/340 mila.
Lago di Gusana: hotel omonimo(0784.53000), singola 60/80 mila lire,doppia 90/120 mila.
Oliena: hotel-ristorante Su Gologo-ne, in località Su Gologone, da Nuoro20 chilometri (0784.287512).
Tortolì: Victoria, via MonsignorVirgilio (0782.623457), singola104/131 mila lire, doppia 148/178mila; I l Giardino , via Umberto(0782.623145), singola 89 mila lire,doppia 110 mila.
Arbatax: La bitta, in località PortoFrailis (0782.667080, singola 120/160mila lire, doppia 170/250 mila; Vil-laggio Saraceno, in località San Gemi-liano (0782.667318), singola 85/150mila lire, doppia 120/200 mila; CalaMoresca , in località omonima(0784.667366), singola 130 mila lire,doppia 174 mila.
Siniscola: L’ancora , via Sauro(0784.810172), singola 70 mila lire,doppia 120 mila; Aragosta, via Ciusa(0784. 810046), singola 90/120 milalire, doppia 130/190 lire; Sardinia,via Milano (0784.810060), singola 60mila lire, doppia 80 mila.
Posada: Donatella , via Gramsci(0784.854521, singola 60/80 mila lire,doppia80/100 mila.
Lanusei: Belvedere, corso Umberto(0782.42184), singola 70/90 mila lire,
uoro è il capoluogo stori-co della Barbagia e centroculturale di antiche tradi-zioni. La città è perfetta-mente collegata agli altricapoluoghi sardi dalla co-
siddetta Trasversale, un’arteria aquattro corsie che si dirama dallastatale Carlo Felice all’altezza di Ab-basanta, poche centinaia di metri dalnuraghe Losa, il più grande dell’isola.Non c’è l’aeroporto: lo scalo aereo piùvicino è quello di Olbia-Costa Smeral-da, che si trova a circa un’ora d’auto.Sempre a Olbia e nel vicino GolfoAranci si trovano i porti marittimi piùaccessibili al Nuorese.
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Nuoro: hotel Grazia Deledda, viaLamarmora (0784.31257), singola70/100 mila lire, doppia 100/140 mi-
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Bosa Marina: Al Gabbiano, vialeMediterraneo (0785.374123), singola75/98 mila lire, doppia 99/135 milalire; Turas , i l località Turas(0785.359230), singola 70/90 mila li-re, doppia 85/110 mila.
RISTORANTI
Nuoro: Canne al vento, viale Repub-blica 66 (0784.201762); Al rifugio, vicolodel Pozzo 4 (0784.232355), prezzo me-dio per un pasto 45 mila lire.
Oliena: Su Gologone, omonima loca-lità, mediamente 50/60 mila lire.
Orgosolo: Monti del Gennargentu(0784.402374), 35/45 mila lire.
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Baunei: Golgo, località Golgo, vicinoalla voragine delle Vergini (0782.811828) 45/50 mila lire.
Gavoi: Gusana dei fratelli Ladu(0784.53000), prezzo 40 mila lire.
Arbatax: Da Lenin, via San Gemilia-no 19 (0782.624422): 45/55 mila lire.
Lotzorai: L’isolotto, viaAriosto 6 (0782.669431),prezzo intorno alle 50/60mila lire.
MUSEI
Nuoro: Museo della vi-ta e delle tradizioni po-polari sarde, via Mereu56 (0784.35561), da giu-gno a settembre tutti igiorni con orario conti-nuato; Museo Deleddia-no, in via Grazia Deled-da 42 (0784.242900) aper-to tutti i giorni da giugnoa settembre con orariocontinuato; museo etno-grafico Casa Marras a
Galtellì, via Garibaldi (0784.90472), se-de dell’associazione Pro Loco, da mag-gio a settembre 9-12 e 16-20.
Dorgali: Museo archeologico, viaLamarmora (0784.06113), orario dalle9 alle 13 e dalle 15 alle 17.
Orani: museo Nivola, via Gonare 2(0784.730063), tutti i giorni tranne illunedì dalle 9 alle13 dalle 16 alle 23.
Teti: Museo archeologico, via Roma(0784.68150), 9-13 e 15-18.
Aritzo: Collezione etnografica, viaMarconi (0784.629223), ogni giornodalle 10 alle 13 e dalle 16 alle19.
Seui: Museo della civiltà contadi-na, pastorale artigianale, della mi-niera e dell’emigrante e carcere ba-ronale, via Roma (0782.54611), visitesu appuntamento.
Lanusei: Museo diocesano dell’O-gliastra, via Roma 106, lunedì e mer-coledì 15-18.30.
Laconi: Museo delle statue menhir,via Amsicora (0782.869020) apertotutti i giorni, escluso il lunedì, 9-13.
INFORMAZIONI
Nuoro: ente provinciale del turi-smo (0784.30083-32307).
I SITI DI INTERNET
www.regione.sardegna.it/ital/tu-rismo/nuoro/albnuoro.htm
www.ailun.nuoro.it/ept/italian/itine-1.htm
www.sardiniapoint.it. �
Dove, come, quando
Il Museo etnograficoCasa Marras a Galtellì.
In una residenzasettecentesca sono stati
ricostruiti tuttigli ambienti della vita
e del lavoro tipicidelle Baronie, tra cui
il focolare, la stanzaper tessere, l’officina
del fabbro ferraio,il magazzino macine, la cantina con attrezzi
per vinificare, le stalle.Sono esposti anche
arazzi, tappeti, monili,costumi , oggetti
dell’artigianato legatia quel territorio.
L’angolo con il caminodel ristorante
Su Gologone, a Oliena,in prossimità
delle sorgenti che dannoil nome alla zona,
e uno degli ottimi piattitradizionali che qui
si possono gustare, magariinnaffiati dal famoso
vino Nepente di Oliena.
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UN MODO DIVERSODI FARE TURISMO
Oristano e la sua provincia Una natura ancora intatta, fra stagnie fenicotteri, e soprattutto le vestigia
di antiche civiltà, come i resti di Tharros,stanno diventando la meta ideale
d’una vacanza lontana dalla mondanità
DI GIOVANNI ADAROCCHI - FOTOGRAFIE DI GABRIEL BURMA
tagna eius sunt pisculentissima”: scrivevacosì il viaggiatore latino Caio Giulio Soli-no nel III secolo avanti Cristo. Parlava diCabras, la cittadina degli stagni, ricchezzapassata attraverso i secoli, dall’epoca ro-
mana a quella feudale, fino ai giorni nostri. Il tempo e lebonifiche hanno cancellato buona parte degli specchid’acqua, ma restano ancora 5.600 ettari di superficie, inparte trasformati in peschiere. E se i prodotti ittici nonsono più abbondanti come una volta, gli stagni di Ca-
Lo stagno di Cabras, con il suo fantastico panorama,animato dai fenicotteri rosa, è un’attrazione
di eccezionale interesse naturalistico. I fenicotteriarrivano a grandi stormi verso la metà d’agosto
disegnando nel cielo colorate traiettorie geometricheper poi calare tutti insieme verso lo stagno.
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bras e di Santa Giusta rimangono un’attrazione natura-listica di grande valore per la presenza costante dei fe-nicotteri rosa. I meravigliosi uccelli dalle lunghe e sotti-lissime zampe arrivano in grandi stormi verso la metàdel mese di agosto, disegnando nel cielo traiettorie geo-metriche coloratissime. Poi calano tutti insieme sulleacque ferme degli stagni. Ogni anno il numero degli
esemplari cresce, ormai se ne contano circa diecimila,come dire l’uno per cento della popolazione mondiale.In questi stagni trovano ancora nutrimento e un habitataccogliente. Assieme ad altri volatili pregiati, come ilfalco di palude che vola sui canneti, il cavaliere d’Italiae l’avocetta. Nello stagno di Cabras vivono gli ultimipolli sultani d’Italia. A confermare quanto sia assoluta-
mente eccezionale la ricchezza naturalistica della zonaumida attorno a Oristano.
Ma questa non è certo una novità. La natura nell’Ori-stanese è generosa. Le grandi piane della provincia so-no fertili e adatte alla coltivazione della vite. Vigneti diqualità come quelli di Zeddiani, dove si produce la ce-lebre vernaccia, e quelli di Cabras e Baratili, a nord del
Già abitato settemila anni faA sinistra: il giallo dei girasoli, tra il verde e l’azzurro,un policromo paesaggio che sarebbe piaciuto a Van Gogh,un trionfo di filari lungo lo stagno di Mistras.Sopra: un singolare aspetto dello stagno di Cabras, il più vastodell’Oristanese, che qui sembra richiamare un lividofiordo nordico. L’area, come dimostrano alcuni importantiritrovamenti archeologici, è stata certamente abitatatra il quinto e il terzo millennio avanti Cristo. L’abitatorisulta invece menzionato, in un documentorisalente al XII secolo, col nome “masone de capras”.
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Scorci pittorici di straordinaria suggestione intorno a Cabraslo stagno che, per la sua estensione, in antico era chiamato mare
Nella pagina precedente: la torre, i fichidindia, la terra arsa dal sole, quasi un’oleografia studiata ad arte per la delizia di fotografie di pittori della domenica; è invece uno dei mille aspetti di questa straordinaria provincia, che trova nello stagno di Cabras,
in antico chiamato addirittura mare, “mar’ ’e Pontis”, un grande motivo di richiamo, non lontano dalle stupende vestigia di Tharros.Sotto: particolare della parrocchiale di Santa Maria, a Cabras, costruita nel Cinquecento, ma ristrutturata nel Seicento.
capoluogo. Fino alle grandi vigne che si trovano a sud,ad Arborea e a Mogoro, e verso l’interno a Samugheo,patria dei celebri tappeti. Una ricchezza spesso minac-ciata dalla siccità, che danneggia la vendemmia pursenza incidere sulla proverbiale bontà dei vini. Qual-che esempio? La vernaccia, che rappresenta un po’ ilsimbolo del vino sardo: dicono che il nome derivi dal la-tino vite vernacula, quindi originaria del luogo, comescriveva lo storiografo romano Marco Giulio Columella.
Ma esistono riscontri storici sull’esistenza del celebrevino già a Tharros, l’antichissima città punico-romanadi cui oggi restano maestose vestigia. Un prodotto ditradizione millenaria, dunque. Che ancor oggi nasce se-condo le regole antiche in una superficie di milledue-cento ettari per non più di quarantamila ettolitri all’an-no. La vernaccia, spiegano gli esperti, raggiunge la suapiena maturità verso il terzo anno di vita, ma un invec-chiamento più lungo le fa acquisire un profumo intenso
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Sopra: la cupola e la parte superiore di una delle due cappelle neoclassiche del duomo di Oristano edificato nel 1228.Sotto: della stessa cattedrale, spicca isolato, in primo piano, il campanile in conci d’arenaria.
Uno strano campanile duecentesco con cupola a cipolla
Freddo è meglioEcco gli ingredienti di un’apprezzata specialità orista-nese, la burrida: gattuccio di mare, olio, prezzemolo,aglio, sale, noci, aceto, pane grattugiato. Si taglia apezzi il gattuccio di mare; dopo averlo spellato e ta-gliato a trance, si fa lessare in acqua salata assieme alfegato. Quando tutto è cotto si pesta il fegato con unpo’ di noci. Poi si fa un soffritto in olio d’oliva e diprezzemolo, aglio, al quale si unisce anche il fegatocon le noci. Si fa cuocere ancora un poco e lo si uniscecaldissimo al gattuccio. Quando tutto è freddo, si fauna salsa densa con aceto e pane grattugiato, che siversa sul gattuccio. Lasciare quindi riposare il tutto,in modo che s’impregni dei vari sapori, almeno perdodici ore in un recipiente coperto. �
nel tempo la propria identità e le proprie terre. Paesag-gi emozionanti, pieni di sorprese e di incontri inattesi.Girare per i paesi, risalire pian piano fino alle contradedel Montiferru, tuffarsi nelle dune del Sinis attraversoil borgo di San Giovanni e tornare alla piana del Campi-dano, per deviare magari verso il poco conosciuto maspettacolare nuraghe S’Uraki, vicino a San Vero, signifi-ca compiere un grande salto all’indietro, nel passato re-
che nella zona di produzione viene detto murruali.Cose d’altri tempi che coincidono con quelli di oggi.
Un patrimonio che Oristano e la sua provincia possonovantare e offrire con orgoglio. Tutto com’era: il mare, lespiagge, le campagne, gli stagni, le feste popolari. È co-me se la terra della giudicessa Eleonora d’Arborea
avesse scelto di fermarsi, per guardare con distacco lacorsa a perdifiato della Sardegna verso una ricchezza ri-masta lontanissima. Forse non è stata una scelta, mauna conseguenza inevitabile degli eventi economici esociali. Di certo questa provincia, ancora così estraneaai grandi flussi turistici, è riuscita a mantenere intatte
Rimane la torreLa massiccia torre di San Cristoforo,conosciuta anche come torredi Mariano II (il giudice che nel 1291la fece erigere) è ciò che oggirimane della cinta muraria di Oristano.A pianta quadrilatera, costruitain blocchi di arenaria, è caratterizzatada una singolare torrettache contiene una campana datata 1430.
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moto, per ritrovare una Sardegna che non c’è più. Ed èper questo che la provincia di Oristano, oggi la menoconsiderata dagli operatori turistici nazionali e interna-zionali, può candidarsi a diventare un obiettivo straor-dinario per chi cerca una vacanza diversa. Forse menocomoda, di certo più vicina all’idea di un’esperienza a
contatto con la natura. D’altronde chi cercasse i paesag-gi dorati della Costa Smeralda qui resterebbe deluso.Ma potrebbe rifarsi godendo di altre meraviglie. I mo-numenti, per esempio: pozzi sacri, stele, complessi nu-ragici di importanza mondiale. Un percorso lunghissi-mo attraverso i secoli che parte dal ricco centro storico
Tridentino, austero, solenne e rifattoA sinistra: particolare del campanile a pianta quadrata della cattedraledi Santa Giusta, in gran parte rifatto; è stato costruito un secolo fa al postodell’armonioso campaniletto a vela che esisteva in precedenza.Sotto: lo stemma sull’architrave della finestra sovrastante l’armoniosoportale del seminario Tridentino, vicino al duomo di Oristano.Foto in basso: la facciata del seminario Tridentino, edificio imponentee di austera solennità, ultimato nel 1712, ma completamenterifatto, in diverse riprese, fra il 1744 e il 1834 e più tardi sopralzato.
Santa Giusta, il prototipo di tante altre chiese della SardegnaAppena fuori Oristano sorge Santa Giusta, la grande cattedrale romanica, costruita nel 1135-1145 in conci d’arenaria.
Di forme fondamentalmente pisane con influssi lombardi nella facciata e arabeggianti in alcune parti ornamentali, è stata il prototipodi numerose altre chiese della Sardegna. L’interno, austero e solenne, è a tre navate su colonne di marmo e di granito.
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Un museo nato per amoreL’Antiquarium Arborense è il frutto di un lavoro quasimaniacale, condotto nell’arco di una vita da un avvo-cato di nome Efisio Pischedda. Nato e cresciuto a Ori-stano fu questo giovane giurista a cogliere l’auspiciodel padre dell’archeologia sarda, il canonico GiovanniSpano, che già nel 1851 nelle sue Notizie sull’anticacittà di Tharros aveva espresso una speranza alloralegata al filo dell’incertezza: un museo, una granderaccolta organizzata di quanto le rovine del centro pu-nico-romano avevano offerto ai ricercatori. Il museovenne inaugurato il 28 novembre del 1992 ed è oggistrutturato su due livelli: al piano terra si svolgono lemostre temporanee, al piano superiore si trovano lesale delle collezioni archeologiche, della pinacoteca edelle collezioni storiche. Prima collocate come sempli-ce esposizione, ora le raccolte sono sistemate secondoun ordine cronologico che nell’insieme traccia una li-nea fra gli eventi storici dell’isola. Chi volesse cono-scere da vicino la città di Tharros può ammirare ilgrande plastico ricostruttivo del centro punico roma-no, com’era al principio del IV secolo. �
Famosa fin dal tempo dei FeniciSopra e nella foto grande: i resti della città fenicia di Tharros,
il sito giustamente più famoso della provincia di Oristano.Tharros venne fondata alla fine dell’VIII secolo avanti Cristo.
I Cartaginesi, subentrati nel VI secolo avanti Cristo,la trasformarono nella “Cartagine di Sardegna”, con un’impronta
di grande città, con mura turrite, templi monumentali,abitazioni con provvidenziali cisterne d’acqua, botteghe artigiane
di maestri orafi, finché la conquista romana della Sardegnanel 238/237 avanti Cristo non ne segnò l’inizio della decadenza.
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La storica Cartadella giudicessaPiazza Eleonora, ad Oristano, con il monumento marmoreo dedicato alla giudicessa Eleonora d’Arboreae sul quale s’affaccia il seicentescopalazzo Comunale, all’origineconvento degli Scolopi, ristrutturatonelle attuali linee neoclassicheai primi del ’900 da Antonio Cano.Alla figura della giudicessaè legata la famosa “Carta de Logu”,promulgata attorno al 1390,simbolo e sintesi di una concezionestatale totalmente sarda,anche se di diretta derivazione romana.La Carta comprendeva un codicecivile, un codice penale e uno rurale,per complessivi 198 capitoli,e segnava una tappa fondamentaleverso i diritti d’uguaglianza.
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Le tipiche capanne di Sinisfatte con canne, tronchi e fascineIn alto: il monumento ad Eleonora d’Arborea, ad Oristano,
opera del fiorentino Achille Cambi, inaugurato nel 1881.Qui sopra e a destra: l’esterno dell’antica chiesa paleocristiana
di San Giovanni di Sinis e il suggestivo interno a tre navate.La chiesa, sorta in età bizantina intorno al VI secolo, con pianta
a croce greca e corpo copulato centrale, fu poi ampliatanell’assetto attuale nel IX-X secolo con l’aggiunta dell’avancorpo
a tre navate, passando così da croce greca a croce latina.Foto in alto nella pagina seguente: a sinistra, una capanna
di pescatori a San Giovanni di Sinis, costruita sulla costacon canne e fascine, tenute insieme da un telaio di tronchi;
a destra, sempre nella zona di Sinis, una vecchia torre.
di Oristano e dal curatissimo Antiquarium Arborenseper condurre fino a Tharros, dove s’incontrano la civiltàpunica e quella romana. Una città sul mare, nel CapoSan Marco, proprio all’estremità della penisola del Si-nis, che fu un porto fiorente fino all’anno Mille, quandovenne abbandonata per ragioni misteriose. Di quel cen-tro popoloso e organizzato oggi resta una distesa ster-minata di rovine, strade, i resti dell’acquedotto, duegrandi edifici termali cui si accede seguendo il cardomaximus, l’antica strada romana. Un’immagine sugge-stiva, incorniciata in un mare dall’azzurro intenso, sem-pre increspato dal vento. Tharros è già oggi una metaculturale e turistica di grande richiamo. Anche se pagala lontananza dal grande circuito tradizionale delle va-canze. Ma la storia di Oristano e della sua provincia èlegata soprattutto a Eleonora d’Arborea, la giudicessache lotta strenuamente contro il dominio degli Spagno-li. A lei si deve la Carta de logu, una raccolta di leggi an-cor oggi straordinariamente attuali. Sempre alla sua fi-gura ormai entrata nel mito si riconduce il ruolo di rilie-vo che ha nell’isola la donna, nella famiglia ma anchenella società. Quel matriarcato che segna in modo nettoi passaggi storici e culturali della Sardegna e che so-pravvive soprattutto nei centri dell’interno.
Chi immaginasse una terra deserta e selvaggia però sisbaglia. Al contrario di quanto avviene in altre provincedell’isola, solo una piccola parte del territorio non è
Una vera tavolozza di coloriL’incredibile tavolozza della costa del Sinis, verso lo stagnodi Cabras, che per la sua estensione ha meritatoin passato la denominazione di mare, “Mar’ ’e Pontis”,ad indicare anche l’importanza del ponte romanocollegato a Tharros. Il paesaggio dolce e solenne della penisoladel Sinis, a seconda delle stagioni, offre multiformimutazioni di colori che vanno dal verde azzurro delle acquealle varie gradazioni del verde maculato dei fiori.
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Le spericolate, selvagge acrobazie a cavallo della Sartiglia
La Sartiglia nel Carnevale di Oristano (nelle foto) è unacorsa selvaggia ed emozionante. L’origine è una giostra mi-litare saracena, appresa forse dai cavalieri cristiani dellaseconda crociata e importata in Europa nel XII secolo. Glioristanesi se ne innamorarono quando videro le evoluzionidei soldati di Pietro D’Aragona, nel 1323, coi quali dovet-tero vivere i nove lunghi mesi dell’assedio stretto attorno aVilla di Chiesa. Il nome è di derivazione spagnola e per unsecolo e mezzo quella giostra così emozionante restò ungioco riservato ai cavalieri d’alto rango. Poi, col passaredei decenni, entrò nelle tradizioni del Carnevale e compar-
vero le maschere, forse per l’odio profondo che gli oristanesi avevano maturato neiconfronti del dominio aragonese. E la partecipazione fu estesa a chiunque fosse in gra-do di compiere le spericolate acrobazie a cavallo, che ne sono l’aspetto più caratteriz-zante. La storia di Oristano d’altronde sembra essere rappresentata dal cavallo.
Le altre due grandi manifestazioni folcloristiche della provincia, l’Ardia di Sedilo e“Sa carrela ’e nanti” di Santu Lussurgiu, non sono che emozionanti tornei per cavalie-ri mascherati per le vie del centro. In queste corse folli su percorsi mozzafiato si metto-no in mostra giovani che spesso diventano i protagonisti del celebre Palio di Siena.Giovani di straordinaria abilità e prestanza, nati e cresciuti coi cavalli e capaci di com-piere con essi qualsiasi impresa. �
S’Uraki e Losa, due famosi nuraghi risalenti all’età del bronzoNella prima foto della pagina precedente: blocchi di basalto del complesso nuragico S’Uraki, uno fra i più vasti della Sardegna.
Nell’altra foto e qui sotto: il nuraghe Losa (seconda metà del secondo millennio avanti Cristo), presso Abbasanta,monumento preistorico fra i più importanti, si articola in una torre centrale a due piani con bastione trilobato e cinta muraria.
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Testimonianzedi una vita remotaIl primato del nuraghe Losa(in sardo “losa” significa “tomba”)è dovuto all’eccezionalecomplessità della costruzione.La cinta muraria, dotatadi torri, racchiudeva sia il fortiliziosia il villaggio di capanne.All’esterno della muraglia, ad ovest,è stata individuata una tombadei giganti, che integrava il complessonuragico. In passato, gli scaviarcheologici hanno consentito il recuperodi importanti reperti, ora conservatial Museo nazionale di Cagliari ed anchenel piccolo ma ricco Antiquariumnell’area di Losa, dove sono espostialcuni interessanti oggettia testimonianza dell’età nuragicafino al periodo altomedievale.
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Smontata e rimontataA sinistra: la chiesa di San Pietro, a Zuri.Questo tempio, con notevolissimifregi romani e campaniletto a vela su arcate,realizzato nel 1291 da Anselmo da Como,ha una storia singolare e molto avventurosa.L’edificio, di forme romanico-lombarde,subì nel Trecento il rifacimento dell’absidein stile gotico-catalano. Nel ’500,con la costruzione del campanile, si rifecela parte superiore della facciata.Infine, nel 1922-1923, la chiesa di San Pietrostava per essere sommersa dalle acquedel lago Omodeo. Allora, pezzo per pezzo,l’edificio venne smontato con curae rimontato più a monte, salvando cosìil prezioso insieme architettonico.Nelle foto sotto e in basso: fregi e capitellisui pilastri delle tre arcate esterne.
produttiva. L’olivo è secondo solo alla vite nella gradua-toria delle coltivazioni più diffuse, ma un ruolo fonda-mentale va attribuito all’allevamento, vera colonna del-l’economia sarda. Pecore, poi vacche, suini e capre. Aparte, l’arte del cavallo. Da queste parti un vero amicodell’uomo, utile per il lavoro, gli svaghi e purtroppo an-che per la produzione di carne. Chi non teme la faticapotrebbe provare a compiere la traversata “da costa acosta” dell’isola, partendo da Oristano per arrivare almare strabiliante dell’Ogliastra. È un modo diverso difare turismo, certo non troppo riposante ma senz’altroadatto a chi vuole un contatto con la natura senza me-diazioni. Natura, sempre natura e tradizioni. Oristano èSardegna sino in fondo, niente da queste parti s’allonta-na dalle radici storiche del popolo isolano. Si può anda-re verso nord, fino a Paulilatino, fino ad Abbasanta, pertrovare il nuraghe Losa, il più grande dell’isola. Oppu-re giù, fino alle terme romane di Fordongianus.
Ma dappertutto compaiono i segni del passato, a testi-moniare un’appartenenza forte e incrollabile a stili divita lontani nel tempo eppure ancora attualissimi. Ca-paci di mantenere la propria grandezza e dignità ancheall’interno di una città moderna e disincantata comeOristano. La conferma viene dal palazzo Arcivescovile,
costruito dai piemontesi e rimaneggiato nel XX secolo.Ancor più dal duomo con il suo campanile del XVI se-colo, segnato dalle tracce remote dell’epoca giudicale epersino del gotico. In piazza Roma, nel cuore pulsantedel capoluogo, la torre di Mariano II ricorda agli orista-nesi il dominio pisano del XIII secolo. È la sola tracciadell’antica cinta muraria, distrutta come sono andate di-strutte chissà perché tutte le altre fortificazioni cittadi-ne nell’isola. Chi volesse ammirare un esempio davve-ro esaltante del romanico nell’isola non ha che da per-correre pochi chilometri per arrivare a Santa Giusta, unpiccolo paese costruito, a quanto sembra, sui resti delcentro punico di Othoca. La cattedrale omonima risaleal 1135 e rappresenta un riferimento culturale e artisticoimportantissimo. Natura, arte, storia, tradizioni, folclo-re, cavalli, gastronomia, prodotti della terra e del mare:se almeno nella provincia di Oristano si riuscisse a or-ganizzare un giusto mix di queste componenti per of-frirlo in modo corretto sul mercato mondiale delle va-canze, l’esempio sarebbe importantissimo. Perché di-mostrerebbe che quanto i veri custodi dell’ambiente so-stengono da sempre, lo sviluppo compatibile, si puòrealizzare. Costruire strutture turistiche umane su unterritorio quasi selvaggio è teoricamente più semplice,
Il pozzo sacro di Santa Cristina di PaulilatinoIl pozzo del santuario nuragico di Santa Cristina di Paulilatino, che si presume risalente al X secolo avanti Cristo,
situato nell’ambito d’un villaggio di carattere sacro; si compone d’un vestibolo a forma rettangolare, di una scalinata in discesae d’un pozzo vero e proprio, sormontato da una “tholos”, tipica dell’architettura mediterranea arcaica.
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Saporita ricetta di pescatoriIngredienti per la tipica ricetta della merca oristanese:muggini, sale, ziba (nella foto: i pesci salati e insaporitidi erbe palustri). Si prendono le muggini (preferite quel-le piccole chiamate birinbua), si lessano o si arrostisconoe si salano più o meno a seconda di quanto devono durare(massimo cinque giorni). Si avvolgono una per una inun’erba palustre detta ziba, dove devono stare almenoventiquattr’ore. Questa è una preparazione tipica dei pe-scatori degli stagni attorno ad Oristano perché, stando allargo anche diversi giorni, hanno la necessità di conserva-re il pesce sino al loro rientro. �
Detenne a lungo il primato di maggiore lago artificiale d’EuropaSotto: il lago Omodeo, formato dal Tirso, accanto a Ghilarza. Realizzato fra il 1918 e il 1924, dall’ingegner Angelo Omodeo
detenne a lungo il primato di maggiore lago artificiale d’Europa. Ha una lunghezza di oltre venti chilometrie una larghezza massima di tre. È importante per la produzione d’energia elettrica e per irrigare il Campidano di Oristano.
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C’è anche una foresta pietrificata Sopra: tipico villaggio di case tradizionali a Santa Cristina.
Qui sotto: uno scorcio del lago Omodeo, non lontanodal nuraghe di Losa; è un luogo ricco di interessanti attrattive,
come la foresta fossile vecchia di cinquanta milioni di anni,nel tratto dove le acque hanno sommerso l’abitato storico di Zuri,
o la diga di Santa Chiara, che ha creato il bacino artificiale,o Ghilarza, il “paese di Gramsci”, forse di origine fenicia, o il Museo
degli strumenti musicali nella casa parrocchiale di Tadasuni.
Il caviale del Mediterraneo
Non solo pesce, dai ricchi stagni di Cabras. Ma co-munque una varietà di piatti a base di prodotti del ma-re e degli stagni, compresi mitili e crostacei. La specia-lità per eccellenza è la bottarga, diffusa in tutta Italia.Il “caviale del Mediterraneo”, uno dei più squisiti an-tipasti della cucina nazionale (e, macinato, ideale su-gli spaghetti), si ottiene prelevando le uova di muggi-ne, un pesce molto diffuso nel golfo di Oristano. Leuova vengono salate e pressate fortemente tra due le-gni. Altra pietanza tipica è la panada, un calzone dipasta ripieno di anguille oppure di verdure. Celebre ilpane decorato, soprattutto quello di Ghilarza, Paulila-tino, Fordongianus e Sedilo (nella foto: una mugnaiadi Paulilatino). Nel Montiferru si produce su zicchi,pagnotte attaccate fra loro con una pagnotta segnataa metà, sa covazzedda, focaccia con il buco. Inoltrenon si può ignorareil formaggio pecori-no, piccante e sapo-rito; e i dolci, come igueffus a base dimandorle, i mostac-cioli, le zippulas egli amaretti.�
purché si resista alla tentazione di abbandonarsi allaspeculazione e ai guadagni facili. Diventa ancora piùsemplice se all’offerta di un soggiorno nella Sardegnareale corrisponde una domanda fondata sugli stessi cri-teri, prima di tutti l’intelligenza. �
Giovanni Adarocchi
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Cuglieri: S’Istella, corso Amsicora(0785.38484), in località S’Archittu,singola con mezza pensione 80/90mila, doppia 70/80 mila lire; LaBaja, via Scirocco (0785.38105), sin-gola 70/90 mila lire, doppia 80/120mila lire.
Arborea: Ala Birdi, strada 24(0783.801083), singola 100/120 milalire, doppia 160/190 mila.
Marina di Torregrande: Del Sole,via Duca degli Abruzzi (0783.22000), singola 110 mila lire, doppia180 mila.
Tresnuraghes: Piccolo Alabe, loca-lità Porto Alabe (0785.359056), sin-gola 60/80 mila lire, doppia100/120 mila.
RISTORANTI
A Oristano e nel suo territorio sipossono assaggiare alcune fra le piùgustose pietanze sarde a base di pe-
ristano si può raggiunge-re da Cagliari e da Sassaripercorrendo la statale 131Carlo Felice. Non c’è unaeroporto e neppure unporto marittimo: quelli
più vicini sono gli scali aerei di Ca-gliari-Elmas, che dista una novanti-na di chilometri, e quello di Alghe-ro-Fertilia, a 150 chilometri. I portisono quelli di Cagliari e di PortoTorres.
ALBERGHI
Oristano: Mistral, via Martiri diBelfiore (0783.212505), singola 65/80mila lire, doppia 100/130 mila; Villadelle Rose, piazza Italia (0783.310101) singola 60/80 mila lire, dop-pia 90/130 mila lire; Mistral 2, viaXX Settembre (0783.210389), singola80/105 mila lire, doppia 130/160mila lire compresa la colazione.
Dove, come, quando
Crostacei, frutti di mare e la celebre bottargafra le più famose pietanze della zona
Qui a tavola il pesce è re
OSopra e sotto: i resti delle terme romanedi Fordongianus, costruite forsenel I secolo dopo Cristo e alimentateda sorgenti calde ancora attive.
Gli aerofani, strumenti a fiato o ad aria, fanno parte dell’importante Museodi strumenti musicali, ordinati nella casa parrocchiale di Tadasuni, vicino a Oristano.
sce, di crostacei e di frutti di mare,compresa la celebre bottarga.
Oristano: Da Salvatore, via Carbo-nia 1 (0783.357134); il Faro, via Belli-ni 25 (0783.70002); La Forchetta d’oro,via Giovanni XXIII (0783.302731);Craf, via De Castro 34 (0783.70669);Da Giovanni, via Colombo 8, localitàTorregrande (0783.22051).
Siamaggiore: Renzo, al chilometroPier
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99.200 della Carlo Felice statale 131(0783.33658). Il conto va dalle 40 alle60 mila lire.
Cuglieri: Meridiana, via Littorio 1(0785.39400), conto medio, 40 milalire; Pedras Longas, sulla statale 292(0785.38433).
Cabras: Sa Funtà, via Garibaldi 25(0783.290685); Al Caminetto, via Ce-sare Battisti 8 (0783.391139), 35/40mila lire.
Terralba: CipòQibo, via Mar-ceddì 193 (783.83730).
Ghilarza: DaMarchi, via Con-cezione 4 (0785.52280), circa 40mila lire.
MUSEI
Oristano: Antiquarium Arborense,via Vittorio Emanuele, palazzo Par-paglia (0783.74433-791262), orariocontinuato dalle 9 alle 20, ingresso6000 lire. Sono conservati fra l’altroi reperti punici e romani dell’anticacittà di Tharros.
Cabras: Museo Civico, via Tharros(0783.391999) tutti i giorni su richie-sta, tranne il lunedì.
Arborea: Collezione civica archeo-logica, viale Omodeo 1, palazzo co-munale (0783.80331), dalle 9 alle 13,il lunedì e martedì anche dalle 15.30alle 18.30, domenica chiuso.
Tadasuni: raccolta di strumentimusicali della tradizione sarda, via
Adua 7, nella casaparrocchiale.
Santulussurgiu:Museo della tecno-logia contadina, viaDeodato Meloni 2(0783.550617), sonoesposti 1400 stru-menti da lavoro eoggetti di uso quo-tidiano dei secoliscorsi. Ingresso suappuntamento.
Paulilatino: Mu-seo archeologico ed etnografico, viaNazionale/via Barione, palazzo At-tori(0336.811756). Orari dal mese dimaggio a settembre: 9-13 e 17-20.Lunedì chiuso.
I MONUMENTI DELLA STORIA
Dopo Tharros, la grande e sugge-stiva città punico-romana di cui so-no rimaste imponenti rovine sulla
costa oristanese, gli appassionatidell’archeologia hanno un’altra me-ta inevitabile: le terme romane diFordongianus, un complesso di ru-deri che risalgono al primo secolodopo Cristo. I resti più interessantisono quelli della piscina, dove l’ac-qua calda fluisce ancor’oggi da unabella fonte a forma di testa leonina.
NURAGHE LOSA
È il più grande e maestoso dell’i-sola: al bivio che dalla Statale 131Carlo Felice verso Abbasanta, im-boccando una deviazione dalla car-reggiata maggiore.
LA CASA DI GRAMSCI
A Ghilarza, paese d’infanzia delpensatore e uomo politico AntonioGramsci, in corso Umberto 57. QuiGramsci, fondatore del partito co-munista italiano, visse dal 1898 al
1914, mentre la famiglia vi abitò fi-no al 1937. Nelle stanze vengonocustoditi ed esposti oggetti, libri eopuscoli appartenuti a Gramsci.
INFORMAZIONI
Oristano: Informacittà del Comu-ne, piazza Eleonora (0783.
791306) E-mail: <[email protected]>; Ente pro-
vinciale per il turismo,via Cagliari 278 (0783.74191).
Dove, come, quando
Nelle due foto sotto: l’hotel Ala Birdi,immerso in una folta pineta,uno dei più attrezzati centri equestri.
A sinistra: la bottarga,tipica specialità sarda ormaicelebre in tutta Italia.Sotto: sapori e buon gusto.
L’accogliente sala del ristorante Il Farodi Oristano: tipiche le specialità isolane.
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Un’anomalia urbanistica rende il capoluogo diverso da tutte le altre cittàe la catalana Alghero ricorda ancora il nobile riconoscimento concesso da Carlo V
“TODOS CABALLEROS”Sassari e la sua provincia
DI VASCO BRICI - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS
L’isola dell’Asinara, vista dalla dolcissima spiaggiadi Torre Pelosa, vicino a Stintino. L’Asinara, divenuta parco
dopo lo smantellamento del carcere di massima sicurezza,è oggi un paradiso di grande e suggestiva attrattiva naturalistica,
con un ricco patrimonio di intatti e preziosi doni della natura.
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a storia della Sardegna del Nord passa perSassari, città della cultura, della politica, delletradizioni e capoluogo della provincia più tu-ristica dell’isola. Circondata dalle campagnedella Nurra, è nata nel XII secolo attorno a un
borgo che si chiamava Tathari. Diventata presto capitaledel giudicato di Torres, offre oggi monumenti ed edificidi valore storico fondamentale. Il centro storico di Sassa-ri, fatto di vie irregolari, vicoli e minuscole piazze, rap-presenta una felice anomalia urbanistica che caratterizzala città e la rende diversa da tutte le altre. Dal duomo diSan Nicola di Bari alla maestosa chiesa di Santa Maria fi-
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Romanico e barocco insiemeIn alto: un imponente scorcio del duomo di San Nicola
a Sassari. Il campanile, fino al terzo ordine, è l’unico restodell’originaria costruzione romanica del XII secolo.
Il complesso è stato più volte rimaneggiato fino al Seicento.A destra: un particolare della famosa facciata barocca.
no alla basilica di San Pietro in Silki è un succedersi dibellezze architettoniche inserite in una città insieme an-tica e moderna, di cui la perla indiscussa è la fontana delRosello, eretta da artisti genovesi nel 1606, dove l’acquasgorga da diverse maschere di leone.
Sassari offre il suo più alto contributo alla tradizionecon la festa dei Candelieri, che si celebra il 14 agosto nel-le vie affollate di turisti. È l’espressione più genuina del-l’anima sassarese e risale ai primi del Cinquecento, epo-ca in cui la città cominciò a crescere demograficamente,per acquistare l’importanza che ha oggi. La processione
Un capolavorodi marmo e acquaA sinistra: scorcio d’angolodella sassarese fontana del Rosello,con una delle quattro statueche simboleggiano le stagioni.Sotto: una veduta d’insiemedel complesso artistico, erettonel 1606 da artisti genovesi.Si compone di due parallelepipedidi marmo bianco e nero,sormontati da due archi incrociati;al vertice, la statua equestredi San Gavino. L’acqua sgorgada diverse maschere leonineposte ai quattro lati dell’edificio.
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Luogo d’incontroe di passeggioLa spaziosa ed elegantepiazza d’Italia, edificata a Sassarinel 1872, sulla superficie di un ettaro; in primo piano nella fotoil monumento dedicatoa Vittorio Emanuele II. Sulla piazza,luogo d’incontro e di passeggioserale, s’affaccia il notevole palazzodella Provincia, progettato dagli ingegneri Sironi e Borgninie costruito fra il 1873 e il 1880in stile neoclassico, con tre ordini di finestre. Particolarmenteinteressante all’interno del palazzoil ciclo pittorico di episodidi storia cittadina, dipinti nel 1881dal pittore Giuseppe Sciuti.Sul lato opposto di piazza d’Italia,il palazzo Giordano, in stileneogotico, progettato nel 1878dall’architetto Luigi Fasoli.
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“Sbarcammo il sabato ed andammo a cavallo alla chiesettadi Santa Maria, che con due altri piccoli fabbricati sorge suuna montagna tutta ricoperta d’alberi, fuorché nella parteanteriore dove da uno spiazzo si domina una pianura di bo-schi”. Scriveva così l’ufficiale cartografo della Marina diSua Maestà Britannica William Henry Smith: venuto inSardegna per rilevare il profilo costiero, pubblicò a Londra,nel 1828, uno Sketch of the present State of the Island ofSardinia, che, edito da John Murray, è praticamente la pri-ma guida inglese della Sardegna. Quella chiesetta di SantaMaria è Santa Maria della Neve, la parrocchiale di Arza-chena. Spiazzi e boschi sono scomparsi, al posto loro c’è og-gi un grosso paese, ormai quasi una cittadina di diverse mi-gliaia di abitanti, che si fregia del titolo di capitale della Co-sta Smeralda. Un paese senza storia, se non quella recentis-sima del secolo appena passato. Ma con una preistoria cosìdensa di memorie da fare della sua campagna un vero e pro-prio museo all’aperto. Per visitarlo si può partire verso sud-ovest, lungo la strada 427 che va a Sant’Antonio di Gallura,oppure verso nord-est, lungo la “nazionale” 125, che vaverso Olbia. Partiamo verso sud-ovest. Dopo circa tre chi-lometri si svolta per Luogosanto: e dopo un paio di chilome-
tri si possono visitare la necropoli di Li Muri, le due “tombedi giganti” di Li Lolghi (nella foto a destra) e Coddhu ‘Ec-chju (nella foto a sinistra), il nuraghe La Prisgiona. La ne-cropoli di Li Muri si chiama così perché una serie di tombe ècircondata da muretti a secco circolari. È un cimitero di3200-2500 anni prima di Cristo. Li Lolghi e Coddhu ‘Ecchjusono due fra le più più belle “tombe di giganti” della Sarde-gna: chiamate così, perché la grandezza della costruzione fa-ceva pensare a un popolo di uomini eccezionali che avevanoinnalzato e assemblato le grandi lastre di granito che le costi-tuiscono. Una vasta esedra costruita intorno ad un’alta stele(quasi quattro metri) immette da uno stretto portello in unlungo corridoio che era il luogo della sepoltura. Furono fre-quentate dal 1800 al 1300 avanti Cristo. Il nuraghe La Pri-sgiona lì vicino (oggi molto mal ridotto) è una fortezza com-plessa, con un mastio centrale e una serie di torri più piccolea difesa. Se dal paese si va invece verso nord-est si incontra,a un paio di chilometri da Arzachena, proprio sul bordo del-la strada, il nuraghe Albucciu, dalla originale forma “a cor-ridoio”, costruito e abitato fra il 1200 e il 750 avanti Cristo.Al tempietto di Malchittu si arriva partendo dallo stessopunto, ma sulla sinistra. Costruito sulla cima di un’altura, hauna inedita forma semicircolare (a mègaron, dicono gli ar-cheologi): fu un luogo di culto dei primi Nuragici, fra il 1600e il 1300 avanti Cristo. �
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parte da piazza Castello, dove fino al 1877 si trovava unmaniero aragonese demolito assieme al pessimo ricordodella dominazione spagnola.
Il mare di Sassari è quello di Platamona, una localitàmalinconica disseminata di vecchi stabilimenti anni Ses-santa. Più in là, verso nord, i sassaresi frequentano d’e-state il lido di Stintino, prezioso e dolcissimo lembo dicosta sabbiosa che offre uno dei migliori esempi dellebellezze naturali sarde. È un luogo d’incanto, vicino al-l’antica Porto Torres e proprio di fronte all’isola dell’Asi-nara, divenuta parco dopo lo smantellamento del carceredi massima sicurezza che ha ospitato, negli ultimi decen-ni, il gotha del terrorismo e della malavita organizzata.Esclusiva, quasi irraggiungibile, paradiso perduto perambientalisti nostalgici, preda ambìta di chi fa turismomattone su mattone, l’Asinara è stata finora solo isola disofferenza e di solitudine, legata a memorie antiche dideportazioni, dolore e fatica. Basta una breve navigazio-ne per toccare le sue coste di granito, per accarezzare conlo sguardo la sua vegetazione incredibilmente rada, levi-gatissima, fatta di macchia bassa e da qualche traccia dilecceti. Grande non più di cinquantun chilometri qua-drati, l’isola è formata da quattro blocchi rocciosi saldatifra loro da tre istmi pianeggianti. Così che, guardata dalmare, l’Asinara sembra un arcipelago di isolotti aspri edesolati. Le attrattive non mancano: suggestiva nel pae-saggio e ricchissima di preziosi doni della natura, l’Asi-
Quella torre che sembra uscire dal mare A sinistra: il grande manufatto di origine aragonese dà il nome all’isoletta di Torre Pelosa,vicino a Stintino, famosa per la candida spiaggia e il mare dai colori straordinari.Sopra: tra il verde, l’azzurro e il grigio delle rocce, la policroma San Gavino a Mare vantaanche un’interessante chiesetta medievale arroccata su una rupe a strapiombo.
E nella campagna di Arzachena la preistoriadiventa un museo all’aperto fra nuraghi e tombe di giganti
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nara conserva un aspetto vagamente sinistro perché èdisseminata di cimiteri. La conferma di una vocazione aterra di dolore che la storia, nel corso dei secoli, sembraaverle inesorabilmente riservato. Guardare quelle tom-be povere, sparse nel verde e confuse tra le rocce grani-tiche, riporta alla mente la violenza del passato che lastoria ci tramanda. E sembra di vedere le sagome spet-trali delle migliaia di prigionieri austroungarici, conse-gnati tra il 1915 e il 1916 dagli alleati serbi all’esercitoitaliano. Dovevano vivere laggiù, nella solitudine diquell’isola considerata luogo di dannazione. Ma vi mo-rirono quasi tutti, uccisi da una spaventosa epidemia dicolera che la medicina dell’epoca e l’isolamento nonaiutarono a debellare.
Porto Torres divide con Olbia il titolo di porta d’in-gresso della Sardegna settentrionale. Plinio il Giovaneparla della cittadina come di un’importante colonia ro-mana e Antonio di Tharros descrive una città ricca di mo-numenti, con un tribunale, un maestoso ponte e persinoun Campidoglio. Di certo Turris Libyssonis, l’attualePorto Torres, era un centro commerciale strategico per ilmondo antico. Dove i navigatori facevano tappa nei lorotraffici fra i possedimenti dell’impero. In questo portonaturale, nel bel mezzo del golfo dell’Asinara, i basti-menti romani potevano caricare legname, granito e pro-dotti della terra da trasferire nella capitale. Forse propriovicino al Capitolium cui accennano gli storiografi dell’e-poca si trovava la pietra miliare che dava origine alla
La necropoli di San GavinoPagina precedente: scogli e anfratti lungo le coste dell’Asinara.
Sopra: scorcio del cosiddetto palazzo di Re Barbaro a Porto Torres.Qui sotto: resti della necropoli di San Gavino sempre a Porto.
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strada per Karales, l’antica Cagliari. Il lungo percorsoche attraversa la Sardegna in tutta la sua lunghezza sichiama oggi Carlo Felice e ricalca il tracciato scelto alloradai Romani. L’esistenza di un collegamento così diretto,e per i tempi così difficile e faticoso da realizzare, testi-monia la considerazione di Roma per la città di Torres.
Ma turismo e storia nella provincia di Sassari fanno ri-ma con Alghero, la città catalana dal passato prestigioso.C’è un’Alghero che richiama le bolge estive, il sole e lespiagge. Ma alle spalle del porto, resta un’Alguer tutta
scritta in catalano, irta di torri, l’ordito fitto delle vie inacciottolato, gli stemmi nobiliari sulle facciate, gli austeriportali, le rughe profonde del tempo a segnare i palazzi.Qui prevale sempre la suggestione della storia che ritor-na nel linguaggio, nei gesti, nelle tradizioni religiose an-tiche. Alghero è una città capace di offrire il suo passatocome ricchezza per il presente. Una città in rapportostretto con il mare, legata alle memorie di viaggiatori, dibattaglie, di invasori arrivati da lontano. Forse non è giu-sto definire l’Alghero di oggi una città turistica, perché
Bastioni, torri e stradine: qui siamo in CatalognaPagina precedente: coppie di pilastri e colonne sulla strada lastricata delle Terme centrali, conosciute come palazzo di Re Barbaro;
il complesso conserva ampi saloni con pavimenti a mosaico e frammenti di figure a testimonianza d’una raffinata bellezza.Sotto: Alghero di notte, vista dal porto. L’antica Alguer, cittadina di schietta impronta catalana, è oggi una famosa località turistica.
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Nella “fortezza in forma di città” si parla ancora il catalanoe catalano è anche lo stile tardogotico della cattedrale
Nelle ombre e nelle luci della notte, ancora Alghero, un tempo chiamata “fortezza in forma di città” e nella quale si parlatuttora il catalano. Sulla sinistra, l’antica cattedrale di Santa Maria, ispirata allo stile tardogotico catalano,
come il campanile ottagonale e la parte absidale col ricco portale gigliato; l’interno è a tre navate su pilastri e colonne doriche.
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Il magico porto frequentato dalle NinfeIl golfo di Porto Conte che il grande astronomo alessandrino Claudio Tolomeo
chiamò “Portus Nimpharum”, il porto delle Ninfe. È il più classico portonaturale del Mediterraneo: acque straordinariamente trasparenti, dal verde,
all’azzurro cupo. La costa, qui, è caratterizzata da piccole insenature,da grotte semisommerse, da scoscesi dirupi e dall’ampia spiaggia di Mugoni.
C’era una volta un lazzaretto...Cala del Lazzaretto, incantevole insenatura a nord di Alghero,
delimitata da capo Galera, prima del celebre Porto Conte;la bella spiaggia, tra rocce e finissima sabbia, prende il nome
da un antico lazzaretto, del quale restano oggi scarsi ruderi.
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se è vero che i richiami non mancano è altrettanto veroche il borgo vecchio ha mantenuto i connotati urbanisticie architettonici d’un tempo. Gli abitanti hanno continua-to a vivere con dignità i quartieri dei loro antenati. Qualeche sia la direzione, Alghero offre una sequenza di scorciemozionante. In piazza Civica, ecco il palazzo d’Albis.Dalla finestra centrale dell’edificio, la storia narra ches’affacciò l’imperatore Carlo V per proclamare gli alghe-resi, che gli avevano tributato un’accoglienza davveroreale, "todos caballeros". Per arrivare alla piazza-salottodella città bisogna superare la cortina muraria dei bastio-
L’arte dell’intreccioI cestini di Castelsardo (foto in basso) sono famosi intutta l'isola e rappresentano da sempre una ricchezzaradicata nelle tradizioni artigiane del Nord Sardegna.Ottenuti con un paziente lavoro di intreccio fra giun-chi e raffia, i cestini vengono prodotti anche a Sennorie a Sorso, dove l'attività condotta in prevalenza dalledonne resta fiorente nonostante la concorrenza deiproduttori stranieri. Non è difficile incontrare tra i vi-coli dell'antico borgo di Castelsardo anziane madri difamiglia impegnate nell'arte dell'intreccio. Dalle loroabilissime mani e dalla loro fatica incessante nasconogli splendidi canestri e le corbule, destinate a contene-re il pane, i dolci e altri prodotti tipici di queste zone.Sul mercato si trovano oggi produzioni a intreccio cheprovengono da ogni angolo del mondo, ma un occhioesperto non può farsi trarre in inganno: Castelsardorimane il riferimento per questo genere di prodotti, chesono assolutamente inconfondibili. �
Inespugnabile struttura murariaSotto: la piazza Civica, “plaça de la Dressana”, ad Alghero,
uno spazio a forma di imbuto; vi si affaccia il palazzo De Ferrera,o d’Albis, o De Arcayne, a seconda dei vari proprietari,
con monofore e bifore, raro esempio di architettura civile gotica.A destra: interessante scorcio dei bastioni Magellano,
complesso murario di una vasta struttura a difesa della città,imprendibile baluardo algherese fin dal XIV secolo.
Lo splendido scenario di Porto Conte ancora miracolosamente intattoEcco Porto Conte, splendido golfo dalle straordinarie acque trasparenti, caratterizzato da piccole insenature,
dirupi rocciosi, grotte semisommerse, fondali ricchi di pesci pregiati; sulla fascia litoranea si trova una rara e preziosa vegetazione.
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sito di straordinaria suggestione. Potrebbe essere unpaesaggio classico, spiagge e acqua azzurra. Con ville eresidences, ristoranti e discoteche. Niente di tutto que-sto: è l’Argentiera, un agglomerato di edifici spettrali, le-gno scuro e travi, una cartolina d’altri tempi, una fotogra-fia in bianco e nero che appare come d’incanto all’uscitadell’ultimo tornante. Ed è un’immagine quasi spavento-sa, che richiama alla memoria un tempo in cui la soffe-renza, la fatica, la lotta per sopravvivere erano cose diogni giorno. Niente turismo d’alto bordo, dunque: all’Ar-
E così bella che ci si dimentica anche di tutti quei gradiniSeicentocinquantasei gradini a picco sul mare conducono alla grotta di Nettuno, ai piedi delle immense pareti roccio-se di Capo Caccia, vicino ad Alghero. Una discesa estenuante e meravigliosa, con l'azzurro intenso del mare e la vistadell'isola Foradada, giù per l'Escala Cabirol (la scala del capriolo) fino all'ingresso della grotta, dove domina il bian-
co intenso delle incredibili concrezioni. Un piccolo ma agevolesentiero conduce attraverso la sequenza delle sale: da quelladelle Rovine, chiamata così per gli scempi compiuti dai visita-tori dell'Ottocento, fino alla sala della Reggia, passando aimargini del grande lago Lamarmora, i cui riflessi blu coloranostupendamente le pareti e le volte della grotta. Quasi in fondoecco la spiaggetta della Reggia, anche questo paradiso perdutodelle foche monache. Due lapidi ricordano le visite del re CarloAlberto, che giunse alla grotta via mare nel 1829 e nel 1842. Lasala dell'Organo, la tribuna della Musica: i nomi scelti per gliambienti straordinari che compongono la grotta rendono l'ideadi uno scenario naturale stupefacente. �
Presso la spiaggia di Porto Palmas, è l’antico centro minerariodell’Argentiera, un affascinante reperto di archeologia industriale.
Il vecchio centro minerario è diventato ora un villaggio turistico.
gentiera solo un tentativo abortito in partenza di cancel-lare le tracce del passato, qualche fila di casette squallideschierate a offendere il paesaggio. Sono passati quasiquarant’anni dal giorno in cui gli ingranaggi della lave-ria portarono a termine l’ultimo giro. La miniera sifermò, raggiunta e superata dalle tecnologie moderne.
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Il campanile di Santa Maria e il fascino dei contrastiIl campanile ottagonale della cattedrale di Santa Maria, ad Alghero, è uno dei più caratteristici esempi
del tardogotico catalano della metà del XVI secolo. Qui la purezza dello stile, che continua sulla parte absidalecon un ricco portale gigliato, sulle monofore e i doccioni, è compromessa dai successivi interventi
che non hanno giovato all’unità architettonica della chiesa. Anche l’interno a tre navate è segnato dal contrasto tra l’impostazionetardorinascimentale del corpo longitudinale e l’impianto gotico cinquecentesco della parte presbiteriale.
ni Magellano e il Portal del Mar. Pochi passi e subito l’in-contro con l’architettura gotico-catalana, ricca di dettagliarabeggianti, che rimanda al periodo tra il XV e il XVI se-colo. Appena più avanti lo scenario superbo della catte-drale, di forme tardo gotiche e catalane con uno spettaco-
lare campanile a cinque ripiani e la cuspide a gattelli, ilpiù bello della Sardegna. All’interno, il mausoleo diMaurizio Savoia, testimonianza del governo sabaudosulla città. Sulla vecchia strada che collega Sassari ad Al-ghero una deviazione di pochi chilometri conduce a un
Tempio e ad Aggius, significa respirare una Sardegnaantica, legata alla sua natura dolce e selvaggia insieme.Da Tempio a Olbia, capitale delle vacanze, centro turisti-co e nodo dei trasporti della provincia orientale. Impor-tante porto romano, Olbia fu sede dei giudici di Galluracon il nome di Civita. Nell’Ottocento assunse il nome diTerranova Pausania per riacquisire quello romano di Ol-bia solo nel 1939. Oggi la storia della città si legge nell’e-legante e suggestivo centro storico, nella splendida chie-sa romanica di San Simplicio, eretta alla fine dell’XI seco-lo e origine della festa principale della città, il 16 maggio.E ancora nei resti dell’antico porto romano, riferimentoessenziale per i navigatori dell’epoca e per il commerciodel granito.
Olbia può essere considerata punto di partenza di unpercorso turistico che attraversi Golfo Aranci, porto ma-rittimo e centro di pesca che negli anni non ha persod’importanza. Quindi la celebre e celebratissima CostaSmeralda, fondata agli inizi degli anni Sessanta dall’AgaKhan Karim e oggi meta turistica internazionale. Porto
Lo spettacolarecuore della Gallura
Nella pagina a sinistra: il nuragheSantu Antine, presso Torralba,
uno degli esempi più rappresentatividell’architettura protosarda.
Per la sua imponenza è noto anchecome “reggia nuragica”.
Sopra a destra: a Tempio Pausaniale case sono di pietra granitica.
A destra: la spettacolare cresta rocciosadel monte Limbara, nel cuore
della Gallura, stupendo punto panoramicodi tutta la Sardegna settentrionale.
Sotto: il lago Coghinas, bacino artificiale,ma di grande bellezza paesaggistica.
Tutto all’Argentiera, in questa punta selvaggia a nord-ovest della Sardegna, precipitò nel silenzio. Il vecchioborgo dei minatori pian piano si spopolò, gli abitanti cer-carono altrove una vita nuova e diversa. Abbandonandoquelle rovine affascinanti all’aggressione del tempo e al-l’indifferenza degli uomini. Ma non si può lasciare il Sas-sarese senza una visita a Ittiri, coi suoi palazzotti liberty.E a Torralba, operoso centro dominato dal celebre nura-ghe di Santu Antine, gioiello culturale della cittadina.
Più in là, verso la Gallura, il paesaggio si trasforma ecompaiono i primi graniti, simbolo di una terra che sem-
bra rimasta ferma nel tempo, attraverso le epoche e lastoria. Da Ozieri, con la chiesa e il convento di San Fran-cesco in un panorama in cui campeggia uno splendidopalazzo del Cinquecento, si punterà fino al lago del Co-ghinas, specchio d’acqua incantato fra il verde e le colli-ne (una deviazione, da Ozieri, meriterà anche Pattada,dove vengono prodotti i più rinomati coltelli dell’isola).
Tempio Pausania, capoluogo storico della Gallura, èpatria del Carnevale forse più ricco e trasgressivo dellaSardegna. Il mare e lo sfavillio del turismo d’alto bordoqui sono lontani. Attraversare queste vallate, intorno a
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Capitale del lussoe della mondanitàPorto Cervo, il centro turisticopiù importante, in Costa Smeralda,realizzato a partire dal 1962.Anfiteatro di alberghi ed edificiresidenziali, costruitiintorno al breve fiordo della baiadalla quale prende il nome,il centro, che dispone di fornitissimebanchine per ogni tipo di nautica,è caratterizzato da un rispettoso utilizzodegli spazi verdi e costruttivi;il tutto è improntato a un senso pittoricodi suggestivo impatto turistico.Sul vecchio porto si affaccia la famosaPiazzetta, ben nota per il lussodei suoi negozi e per la mondanitàdei nomi che la frequentano.In posizione panoramica, la chiesaStella Maris ospita un preziosoorgano del Seicento napoletano.
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La famosa rocciache sembra un orsoCapo d’Orso: è questo il nomeche, da secoli, viene dato alla rocciagranitica, alta sul promontorioche si affaccia sul mare di Palaue sullo sfondo di Caprera.La roccia, erosa dalle intemperiee dal tempo, vista da lontano,ha una straordinaria somiglianzacon un plantigrado dal caporivolto verso il mare. La singolare“scultura” è la classica metadi escursionisti e fotografi dilettanti,provenienti da Palau, importantecentro turistico, dotato di un’ottimaricettività alberghiera. Palau è anche il punto di imbarcodei traghetti in partenzaper l’arcipelago della Maddalena.
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Cervo resta il centro più rinomato, grazie ai suoi servizi ealle sue strutture di altissimo livello.
Arzachena, Palau e Santa Teresa di Gallura sono consi-derate un po’ le capitali del granito, circondate come so-no di straordinarie rocce dalle forme impressionanti. AdArzachena è famosissima la roccia a forma di fungo, a Pa-lau il grande orso di pietra che dà il nome al capo omoni-mo. A Santa Teresa, elegantissimo centro per le vacanzeestive, si trovano ancor oggi su una spiaggia vicina allacittadina colonne romane in parte lavorate, destinate aimonumenti della città eterna e rimaste sulla sabbia perchissà quale evento.
La storia del Sassarese passa ancora per Castelsardo,antichissimo borgo sormontato da un castello, patria deicelebri cestini intrecciati, dove il Lunedì Santo si celebrala suggestiva processione del Lunissanti. Il viaggio nellaprovincia di Sassari si può chiudere idealmente a Sedini,dove si trova la famosa “domus de janas” della Rocca,una fra le più belle dell’isola. Situata al centro del paese
Il masso di SediniSopra a sinistra: Capo Testa,nei pressi di Santa Teresa di Gallura,con le sue tipiche rocce.A sinistra: Castelsardo nelle lucidella notte. In posizionenaturalmente fortificata, il paeseconserva un centro storico intatto, di straordinario interesse.Qui sopra: la domus de janasdi Sedini, scavata in un enorme masso,con una serie di cellette sepolcrali.
Sfilate tra fede e storia La Settimana Santa diAlghero è come un saltodentro la storia, per rivi-vere il clima di queglianni e insieme una festadensa di significati. Lacittà diventa uno scena-rio inimitabile di folla inmovimento, di costumi,di tradizioni che ritorna-no nelle orazioni delleantiche confraternite (nella foto: confraternita dellaSanta Croce di Aggius), impegnate a sfilare tra lemura e i bastioni portando con devozione le effigie cheriproducono la Passione del Cristo. Negli anni, grazieal lavoro incessante dell’Azienda di soggiorno e turi-smo, la Settimana Santa s’è arricchita di nuove presen-ze, che richiamano alle feste di località lontane, dalleconfraternite della Corsica a quelle cagliaritane diSant’Efisio, fino alla confraternita di Varazze, luogod’origine di quell’oscuro commerciante che portò adAlghero il celebre Cristo ligneo. È una manifestazioneche, attraverso le procedure sacre contenute nel proto-collo religioso, ripercorre i passaggi del popolo alghe-rese con le sue memorie e tradizioni catalane. Dove iriti pasquali, dal “desclavament” del Cristo alla depo-sizione, tra voli di colombi, fiaccolate, concerti e pre-ghiere, sanno suscitare emozioni indimenticabili. �
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Protetti da una cresta montuosaCala Granara, splendida spiaggia sul lato est di Spargi,
la terza isola, per superficie, dell’arcipelago della Maddalena.Di forma rotondeggiante, conserva un entroterra intatto,
con folte distese di macchia-foresta incastonate tra belle rocceaffioranti. Le sue coste sono impervie e la cresta
del colle Guardia Presposti con i suoi 155 metri è la più elevata.
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lungo la strada principale, è costituita da un grande mas-so di calcare isolato, scavato a più piani da una serie dicamere sepolcrali.
Le celle vennero usate fino al 1850 come prigioni, poianche come abitazione. Ma un percorso immaginario nelNord della Sardegna non può avere che una conclusionedegna nell’arcipelago della Maddalena. Divenuto Parconazionale, l’arcipelago è un paradiso rimasto quasi per
incanto intatto. Contiene storia, scenari naturali favolosie una ricchezza ambientale solo in parte esplorata esfruttata fino ad oggi. Da Santa Maria a Spargi, fino aCaprera, dimora ultima e sepolcro di Giuseppe Garibal-di, le isole rappresentano l’immagine di una Sardegnaautentica, come i sardi migliori vorrebbero che fosse an-che in futuro. �
Vasco Brici
Sette le isole dell’arcipelago, un solo centro abitato: La MaddalenaSopra: rocce plasmate dal vento sull’isola della Maddalena. L’isola, la maggiore delle sette che compongono l’arcipelago omonimo,
è anche l’unica ad avere un centro urbano stabile (caratterizzato dallo stesso nome), situato sulla costa meridionale.Sotto: le smeraldine acque di Cala Conneri, nell’isola di Spargi, una delle mete più frequentate dalle imbarcazioni private e per turisti.
Ricetta d’un piatto tipicosassarese (ma non solo)Tra i piatti della cucina sarda, eccone uno tipico sassa-rese (ma non solo). Ingredienti: pomodori ben maturi,piedini d’agnello, cipolla, aglio, prezzemolo, olio, sale,pepe. Lavare in acqua calda i piedini d’agnello. Unavolta puliti, sistemarli in una pentola con acqua salatae lasciarli cuocere. Il punto di cottura sarà evidente so-lo quando la cartilagine comincerà a staccarsi dalle os-sa. Quindi scolarli e dividere la polpa, che si farà roso-lare in olio d’oliva insieme con un trito di cipolla,prezzemolo e aglio. Regolare con sale e pepe, aggiun-gendo per ultimi i pomodori pelati e spezzettati. Cuo-cere per circa mezz’ora e servire tiepido. �
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singola 245/280 mila lire, doppia430/480 mila; Baia di Conte(079.949000) singola 200/375 mila lire,doppia 240/475 mila.
Arzachena: Albatros (0789.83333)singola 100/125 mila lire, doppia200/270 mila; Cormorano (0789.99020)singola 240 mila lire, doppia 420 mila;La Rocca, in località Pulicinu(0789.933131) doppia 125/240 mila,suite 140/255 mila lire; Olimpia(0789.99176) singola 80/125 mila lire,doppia 138/200 mila; Cervo Hotel, lo-calità Porto Cervo (0789.931111) singo-la 950/1 milione 600 mila lire, doppiaun 1 milione 300/2 milioni; RecidenceCapriccioli, località Capriccioli(0789.96016) 60/310 mila lire e 80/380mila; Hotel Capriccioli, in localitàomonima (0789.96004) singola 230 mi-la lire, doppia 420 mila; Piccolo Peve-ro, in località Porto Cervo (0789.94551)singola 130/150 mila lire, doppia180/270 mila.
Consorzio Costa Smeralda: Cala DiVolpe, omonima località (0789.976111)singola 1 milione e 570 mila/2 milio-ni e 500 mila, doppia 2 milioni e 160mila/3 milioni; Pitrizza (0789.930111)singola 1 milione e 788 mila/3 milio-ni e 47 mila lire, doppia 2 milioni e
assari è il capoluogo storicodel Nord Sardegna. Puòcontare sull’aeroporto diAlghero-Fertilia e sul gran-de porto commerciale diPorto Torres. Nei progettidella Regione sarda c’è l’i-
stituzione di una nuova provincia perla Gallura, chiamata Olbia-Tempio.
ALBERGHI
Sassari: al Grazia Deledda (079.271235) singola 100/130 mila lire, dop-pia 150/180 mila; Carlo Felice(079.271440) singola 100/120 mila lire,doppia 140/160 mila; Leonardo da Vin-ci (079.280744) singola 95/125 mila li-re, doppia 153/175 mila.
Sorso: Villaggio dei pini, località Plata-mona (079.310224) singola 75/190 milalire, mezza pensione 70/205 mila lire.
Alghero: Calabona in località omo-nima (079.975728) singola 147/202 mi-la lire, doppia 214/304 mila; GreenSporting Club Hotel (079.978124) singo-la 140/170 mila lire, doppia 170/220mila; Carlos V (079.979501) singola180/200 mila lire, doppia 200/240 mi-la; Grand hotel Catalunya (079.953172)singola e mezza pensione 130/175 mi-la lire, doppia 210/300 mila.
Porto Conte: El Faro (079.942010)
Dove, come, quando
Alcuni alberghi hanno prezzi da capogiroma ce ne sono anche per tutte le borse
Ecco la costa dei vip
SAlbergo Villa Las Tronas, ad Alghero.
L’aragosta catalana, uno dei tanti piattiprelibati del Pavone di Alghero.
Alcune specialità de La Lepanto, ad Alghero.
485 mila/tre milioni e 960 mila; Gine-stre (0789.92030) singola 340/510 milalire, doppia 680/1 milione e 40 mila;Romazzino (0789.977111) singola 1 mi-lione e 950 mila/2 milioni e 900 mila,doppia 2 milioni e 600 mila/3 milionie 200 mila.
Castelsardo: Riviera (079.470143)singola 90/150 mila lire, doppia100/240 mila; Hotel Villaggio Pedralad-da (079.470383) singola 95/115 mila li-re, doppia 130/160 mila; Baja Ostina,nella cala omonima (079.470127) sin-gola 110 mila lire, doppia 180 mila.
La Maddalena: Excelsior (0789.737020) singola 105/145 mila lire, dop-pia 140/190 mila; Gabbiano (0789.722507) singola 110 mila lire, doppia140 mila; Miralonga, via Don Vico(0789.722563) singola 140/160 mila li-re, doppia 200/220 mila; hotel villag-gio Valtur, isola di Santo Stefano(0789.708574) singola 230/385 mila li-re, doppia 275/490 mila.
Olbia: Martini (0789.260066) singola125/160 mila lire, doppia 190/250 mi-la; Mediterraneo, via Montello 3(0789.24173) singola 160/230 mila lire,doppia 220/360 mila; Gallura(0789.24648) singola 100/110 mila lire,doppia 140/160 mila; Li Cuncheddipresso Capo Ceraso (0789.36126) sin-
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gola 245/375 mila lire, doppia 385/455mila; Palumbalza Sporting Hotel(0789.32005) singola 165/355 mila lire,doppia 190/610 mila.
Strada provinciale Olbia-GolfoAranci: Luna Lughente (0789.57521)singola 125/178 mila lire, doppia168/272 mila; Hotel Residence PozzoSacro (0789.57855) singola 90/150 milalire, doppia 110/200 mila.
Porto Rotondo: Hotel Sporting(0789.34005) singola 1 milione e 31 milalire, doppia 1 milione e 292 mila/1 mi-lione e 640 mila; Green Park Hotel(0789.380100) doppia 136/266 mila lire.
San Pantaleo: Hotel Rocce Sarde(0789.65265) singola 94/160 mila lire,doppia 188/320 mila.
Ozieri: Nuraghe, località Sa Uppara(079.758733) singola 70/90 mila lire conmezza pensione, doppia 70/100 mila.
Oschiri: Italy (079.733035) singola30/40 mila lire, doppia 50/60 mila.
Santa Teresa di Gallura: Grand Ho-tel Corallaro presso la località RenaBianca (0789.755475) singola 155/175mila lire, doppia 250/260 mila; Majore(0789.755001) singola 128/200 mila li-re, doppia 196/300 mila; Bacchus(0789.754556) singola 80 mila lire, dop-pia 130/140 mila.
Stintino: Cala Rosa, località Oviledel Mercante (079.520005) singolapensione 140/220 mila lire, doppia160/320 mila; Rocca Ruja, località Ca-po Falcone (079.529200) singola110/200 mila lire, doppia 200/280 mila.
Tempio Pausania: Delle Sorgenti(079.630033) singola 80/90 mila lire,doppia 120/130 mila.
Per la catena di al-berghi e residence cheannovera Cala di Falco,Arzachena, localitàCannigione, Cala di Le-pre, Palau, località Caladi Lepre, Capo d’Orso,Palau, località Cala Ca-pra, il Mirto, Palau, lo-calità Cala Capra, LeRondini, Isola Rossa, Ledune, Badesi Mare,
con prezzi da 95 mi-la lire a 310 mila pergli alberghi, e da200 mila a tre milio-ni 213 mila per i re-sidence, rivolgersipresso le agenzie.
RISTORANTI
Sassari: Florian (079.236251), prezzomedio per un pasto 50 mila lire.
Alghero: Tuguri (079.976772); Pavone,(079.979584); La Lepanto, (079.979116),tutti a 50/60 mila lire. Fertilia: Da Bru-no, località La Fighera (079.930272), co-sto 40 mila lire.
Castelsardo: Guardiola (079.470755),con un prezzo medio di 50 mila lire.
Olbia: Gallura (0789.24648), costo dicirca 60 mila lire; Leone e Anna(0789.26333), con un conto medio di55/60 mila lire.
Santa Teresa di Gallura: Canne alvento (0789.754219), con una spesa in-torno alle 50 mila lire.
San Pantaleo: Giagoni (0789.65205),qui la media è di 55 mila lire.
Stintino: Antonio (079.523077), dovesi spende sulle 40/45 mila lire.
MUSEI
Sassari: Museo archeologico-etnogra-fico Giovanni Antonio Sanna, via Roma64 (079.272203), ogni mattina dalle 9alle 14; Museo della Brigata Sassari,piazza Castello 9 (079.233303), ognigiorno (festivi su richiesta) 9-12 e 14-16.30; Museo geo-mineralogico AurelioSerra, via De Nicola 9 (079.229264),ogni mattina 8.30-13.30: si possono fa-
re visite guidate conlezioni di mineralogia,geologia e pedologia.
Porto Torres: Anti-quarium Turritano, invia Ponte Romano(079.514433), ogni mat-tina 9-13.30, martedì egiovedì 15-19.30.
Alghero: Mare No-strum Aquarium, viaXX Settembre 1 (079.
978333), mesi estivi 10-13e 17-23 ogni giorno, festi-vi 16-21.
Stintino: Il ricordo dellamemoria, Museo dellatonnara (079.293413),aperto tutti i giorni 18-24.
Ozieri: Museo archeologico, piazzaSan Francesco (079.787638), ogni gior-no 9-13 e 16-19, tranne il lunedì.
Torralba: Museo della Valle dei Nura-ghi del Luogodoro-Meilogu, via CarloFelice (079.847298), da maggio a set-tembre ogni giorno 9-20.
Isola di Caprera: Museo nazionaledel Compendio Garibaldino (0789.727162), tutti i giorni 9-13.30.
La Maddalena: Museo archeologiconavale Nino Lamboglia, località Mon-giardino sulla strada panoramica(0789.790660), tutti i giorni 8.30-13.30.
Castelsardo: Museo dell’IntreccioMediterraneo, nel castello dei Doria, invia Marconi (079.471380), aperto lu-glio e agosto 9-13 e 14-24.
INFORMAZIONI
Sassari: Ente provinciale del turismo,viale Caprera 36 (079.299544-299415);Azienda autonoma di soggiorno e tu-rismo, viale Umberto 72 (079.233.534).
Olbia: Azienda autonoma di sog-giorno e turismo, via Catello Piro 1(0789.21453).
Santa Teresa: piazza Vittorio Ema-nuele 24 (0789.754127).
La Maddalena: Cala Gavetta (0789.7363221).
Palau: via Nazionale 94 (0789.709570).
Arzachena: Paolo Dettori 43 (0789.82624).
Alghero: piazza Portaterra 9 (079.979054).
I SITI DI INTERNET
www.comune.sassari.it/città/uffici_ turistici_sassari.htm
www.regione.sardegna.it/ital/turi-smo/sassari/alb-sassari.htm.
www.sardiniapoint.it. �(A cura di Vasco Brici)
Una sala del Museo della Valledei Nuraghi, a Torralba.
Castelsardo: Museo dell’intreccio.
Dove, come, quando
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una decina di minuti d’auto dalcapoluogo e la struttura offre car-burante, carenaggio, acqua, luce,guardiania, gru fino a 60 tonnel-late, bar e ristorante. Anche al ri-fatto porticciolo turistico di Villa-simius – dove crescono le preno-tazioni per le gite a baie e isolot-ti, come i Cavoli e Serpentara – sitrovano servizi e assistenza diprimo piano. D’altronde, il paesepermette ai vacanzieri in barcaspostamenti rapidi in direzionedi Costa Rei e Torre delle Stelle,oasi dalle acque turchesi. Inol-trandoci verso Arbatax si superaPorto Corallo e si arriva a SantaMaria Navarrese (anche qui grufino a 15 tonnellate, alaggio ecantieri di carenaggio) e Cala Go-none, nel cui porticciolo si noleg-giano surf, gommoni, gozzi e an-che qualche piccola barca a vela.
Proseguendo ci si imbatte in LaCaletta, Ottiolu – vero esempiodi moderno ed efficiente designmarinaro –, Marina di Puntaldìa,Olbia e Golfo Aranci. Nolo, ac-qua, luce, guardiania, operazioni
di carenaggio e manutenzione ordina-ria e straordinaria eccetera ecceteraaccolgono navigatori e marinai senzalimiti di cabotaggio. E siamo in CostaSmeralda. In una manciata di miglia siincontrano autentici e avanzati gioielliportuali di fama internazionale: Mari-na di Portisco, Punta Marina, PortoRotondo, Porto Cervo, Palau e Can-niggione. Il porticciolo dell’affasci-nante frazione di Arzachena accogliecon disinvoltura natanti di medio epiccolo cabotaggio. In altri termini, èinutile dire che i servizi nautici nellacosta più bella del mondo sono a cin-que stelle.
Ma anche Santa Teresa di Gallura,La Maddalena, Castelsardo, Stintino ePorto Torres vantano credenziali nau-tiche collaudate. Impossibile non ri-
n’oasi di inebriantebenessere nel cuoredel Mediterraneo. L’i-sola delle mille inse-nature si presenta ric-ca di nuove e feconde
opportunità per quanti solcano ilmare nostrum. Negli ultimi cin-que anni la qualità delle struttu-re portuali regionali ha subìto unnotevole incremento. Se è veroche ancora tanto rimane da fare,è altrettanto inoppugnabile undeciso balzo in avanti. Da Alghe-ro a Sant’Antioco, da Villasimiusa Palau, da Bosa a Cala Gonone,è stata una corsa all’adeguamen-to delle banchine, dei servizi edelle attrezzature dedicati ai na-tanti. In sostanza, per tre alberi eyacht, cabinati e gommoni au-mentano le opzioni d’attracco eassistenza. E con queste sale lapotenzialità dell’offerta turisticamade in Sardinia. Un’offerta cheproprio sulla capacità ricettivadelle sue coste gioca una partitamolto importante. Insomma, nonsolo il lusso della Porto Cervo difama mondiale, ma anche una seriecrescente di luoghi all’altezza delleesigenze di un diportismo marittimoche coinvolge decine di migliaia diappassionati. Ma andiamo con ordine.
Cagliari, ormai meta del croceri-smo mediterraneo, ha potenziato gliscali di Marina Piccola e Su Siccu, estrizza l’occhio a skipper e navigatori.Lo scalo commerciale, in attesa deldefinitivo decollo del Porto Canale,destinato ad ospitare le grandi naviportacontainer, si è abbellito e ha no-tevolmente migliorato gli standard ri-cettivi. Bacini di carenaggio e cantieridi pronta assistenza sorgono sia sullastatale per Pula sia a poche centinaiadi metri dal centro, a Su Siccu. In que-st’area si tengono anche i mondiali dimotonautica: come dire, un’altra sicu-
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Porti e porticcioli
Da Alghero a Villasimius, da Sant’Antioco a Cala Gonone, ecco dove attraccare
Tra mille insenature
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ra pagella dai voti alti. Ma la riscossadelle vele e dei supergommoni nel ca-poluogo ha per nome la completa ri-strutturazione di Marina Piccola. Il ca-ratteristico porticciolo sovrastato dallaSella del Diavolo, una sorta di cornicenaturale per i nove chilometri del can-dido arenile del Poetto, a detta degliesperti, è ormai in grado di ospitare imarinai più esigenti.
Proseguendo verso est in direzioneVillasimius si incontra Porto Arman-do nella marina di Capitana. Siamo a
Nelle foto, contrassegnate con i numeri,alcune delle principali strutture:
1. Marina Piccola, a Cagliari; 2. portoturistico di Villasimius; 3. Porto Rotondo;
4. Porto Cervo, sulla Costa Smeralda; 5.Cala Reale, presso Capo Testa,
a Santa Teresa di Gallura; 6. il portodi Alghero; 7. La Maddalena.
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Porti e porticcioli Porti e porticcioli
cordare la consolidata e tipica aria ma-rinaresca di Stintino, regno dei lupi dimare, e Santa Teresa di Gallura, scuo-la e patria di grandi pescatori subac-quei. Il tutto a poche miglia da PortoPollo o l’isola dei Gabbiani: templimondiali per gli specialisti del surf.
Andando verso ccidente ci si im-batte nei moli di Alghero. La città ca-talana – base di partenza per la visitaalle grotte di Nettuno – è da sempreall’altezza delle richieste dei grandinavigatori del Mediterraneo. E d’al-tronde, il porto di Alghero non puòche essere il giusto e funzionale com-plemento di una città che ha raggiun-to le vette del turismo continentale.A una decina di chilometri si troval’approdo di Bosa, patria della Malva-sia – un eccezionale e raro vinello dadessert –, adagiata sul fiume Temo.
Ancora più giù, ma con una pre-ponderanza dei traffici mercantili, c’èOristano. Il capoluogo del centro Sar-degna ha comunque avallato un’im-portante operazione di restyling vol-gendo lo sguardo al piccolo e mediocabotaggio turistico. In effetti, oltre al-le rovine romane semisommerse diTharros, l’intera zona merita una so-sta prolungata. Per chi naviga la peni-sola di San Giovanni di Sinis, l’isolettadi Mal di Ventre e la costa di TorreVerde sono interessanti escursioni.Puntando la prua a sud, Buggerru,Portoscuso, Carloforte e Calasettapresentano strutture di buon livello.Identico il discorso riguardante lemete: Pan di Zucchero, Ingurtosu,Plage e Mesu sono solo alcuni deiluoghi da non perdere.
Ma è Sant’Antioco, fin dai tempidegli antichi Romani, snodo dei traffi-ci mediterranei, a vantare recenti e av-veniristiche strutture per veleggiatori
e motonauti. Il nuovo porticciolo è dasegnalare con un positivo circolettorosso. E una volta in zona, va suggeri-ta una visita alle innumerevoli locan-de e trattorie: il cibo e i vini sono stra-tosferici. Infine, in questa sorta di cir-cumnavigazione, prima di riapproda-re a Cagliari, ecco i porticcioli di Teu-lada, Cala Verde e Perd’e Sali. Ci sa-rebbe anche Porto Marratzu ma rica-de sotto la giurisdizione militare. I di-portisti trovano acqua, alaggio, guar-diania, luce, telefono e bar, oltre ad al-berghi e ristoranti di qualità superlati-va, come il Forte Village, Chia Lagunao Is Molas, regno dei golfisti di mezzomondo. Ma a pochi chilometri dallebanchine si trovano spiagge e costestraordinarie ben avallate dal lavoroumano: impianti sportivi, ristoranti ti-pici, discoteche, pizzerie, teatri e cineall’aperto, agriturismo, laboratori dierbe officinali e aziende artigianalidedite alla produzione dei prodotti ti-pici dell’enogastronomia. Dunque,per timonieri e capitani mare e nonsolo. Anzi, solidi motivi di svago ge-nuino si intrecciano alle bellezze am-bientali. Un menu che rende quantomeno indimenticabile una vacanza.
Questi i numeri telefonici delle Ca-pitanerie di porto:
Alghero 079.953174; Porto Torres079.502258; Olbia 0789.21243; PortoCervo 0789.94498; Stintino 079.523381;Santa Teresa 0789.754602; Porto Conte079.930565; Golfo Aranci 0789.46880;La Maddalena 0789.737095; Palau0789.709419; Castelsardo 079.470916;Cagliari 070.656059; Calasetta0781.88930; Carloforte 0781.854023;Sant’Antioco 0781.83071; Arbatax0782.667093; Oristano 0783.72262.
Numero blu 167.090.090. �Daniela Muscas
Barche ormeggiate a Castelsardo,dotata di attrezzati servizi nautici.
Porto turistico di Stintino, nel golfodell’Asinara, regno dei lupi di mare.
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le difficoltà che si possono incontrarenel collocare la vacanza sul mercatointernazionale. Ecco, perché, diventapiù importante saper rimanere sulmercato, ancor più che arrivarci, e senon ci si attrezza, magari associando-si, si fa alla svelta a finire “fuori” dalmercato stesso. L’Esit (l’ente regionaledi promozione dell’industria turistica)ha storicamente ben operato nei con-fronti dei consorzi, cercando di incen-tivare l’associazionismo, seguendo econsigliando gli imprenditori. Un po’meno presente è stata la Regione a li-vello politico, ma questo fa parte diun complesso di scelte che affonda lesue radici nei decenni precedenti. �
Andrea Frailis
n Sardegna i consorzi turisticirealmente operativi sul territo-rio ai fini della promozione edella possibilità di ricevere con-tributi sono una ventina; gli altrisono molto piccoli e hanno scar-
se possibilità di proporsi sui mercati,anche perché possono contare su unristretto numero di posti-letto. Quellipiù importanti funzionano, in pratica,da strumenti di programmazione ne-goziata avendo previsto nei rispettivistatuti la possibilità di ricevere finan-ziamenti pubblici a sostegno degli in-vestimenti dei privati. Si attivano inmodo da ricevere contributi da tuttele leggi di settore, e si adoperano perpromuovere l’immagine e il nome delterritorio di competenza. Molto spes-so, però, i vari consorzi finiscono colsovrapporsi e, talvolta, a scontrarsi, enon sono rari i casi di imprenditoriche fanno parte di più consorzi. Nonesiste, insomma, una legge che li re-golamenti, e c’è, quindi, la necessitàdi individuare in primo luogo areeomogenee sulle quali incentivare lapresenza di imprenditori e, in subor-dine, dell’ente territoriale.
La Regione, e in particolare ilneoassessore del turismo RobertoFrongia, vuole mettere al centro delsuo programma di settore l’impresa,sollecitato in questo dai Comuni che,sicuramente meglio degli imprendi-tori, conoscono leggi e previsioni poli-tiche. Si parte dalle zone servite daaeroporti, per poi passare a quellecon i porti e così via; ecco, quindi, su-bito individuate le aree di Cagliari,Olbia e Alghero e poi, a cascata, gliambiti territoriali più piccoli. Ma, poi,c’è il momento di natura economica;l’imprenditore che vuole impiantareun’attività turistica deve studiare lepossibilità di riunirsi in consorzio conaltri imprenditori, oppure affrontareda solo l’impresa . Ma i consorzi sonoimportanti, anzi determinanti, in una
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Consorzi turistici
Come ottenere, per statuto, finanziamenti pubblicia sostegno degli investimenti dei privati
A favore dell’impresa
Irealtà dove il fattore della produzionediventa irrilevante di fronte al proble-ma della commercializzazione delprodotto; in poche parole, sole e marepassano in secondo piano di fronte al-
Sa Pedra Longa, a Baunei, territorioche vanta un eccezionale valore ambientale.
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a fondo perduto pari al 40 per centodell’investimento e di un abbatti-mento della quota interessi nella mi-sura del 30 per cento. Questo, è be-ne precisarlo, non per regalare soldiall’imprenditore e compiere, un’o-perazione di puro sapore assisten-ziale, ma perché nell’odierno merca-to globale del turismo occorre fare iconti con quei Paesi nei quali è loStato a sostenere, in vari modi, l’ini-ziativa turistica nell’ambito di unaeconomia assistita; da noi non c’è la“mano pubblica” che ti regala il ter-reno o ti paga gran parte del salariodelle maestranze, e al contrario i co-sti per la realizzazione di alberghi oaltre strutture sono onerosi. Ed è al-lora nella direzione di colmare il gapesistente con questi Paesi, che van-no leggi come quella appena de-scritta. Discorso a parte meritano lebanche, per le quali valgono le leggidi mercato né più né meno che le al-tre imprese; libera è la scelta dellebanche da convenzionare con la Re-gione, così come libero è l’accessoal credito. Nell’isola opera un pooldi banche sarde e continentali in re-gime di convenzione, ma esistonograndi gruppi turistici che si avval-gono del sostegno di banche di fi-ducia e che, nella maggior parte deicasi, rinuncia anche alle leggi di so-stegno e incentivazione. �
A.F.
l sostegno creditizio alle im-prese industriali che operanonel settore turistico è stato, eparzialmente è ancora, un pro-blema in Sardegna. Esiste unalegge nazionale, la 488, che
prevede incentivazioni alle indu-strie e che, di recente, è stata estesaalle imprese turistiche; è stata la Re-gione a fornire i criteri di applicabi-lità sul territorio, accoppiando i suoiparametri a quelli dello Stato .
La dotazione finanziaria è di tre-cento miliardi di lire all’anno, unacifra sicuramente non eccezionale, ecomunque nettamente inferiore ri-spetto alle richieste giunte da partedei promotori delle diverse iniziati-ve. Ma esiste anche la legge numero40 del 1993, pensata solo per il setto-re turistico, che consente l’abbatti-mento degli interessi nella misuradel 60 per cento del tasso di riferi-mento e finanzia il 30 per cento del-la spesa ammissibile. Alcuni istitutidi credito, ultimo dei quali in ordinedi tempo è stato il Banco di Sarde-gna, hanno rinunciato allo ”spread”applicando quindi un tasso inferio-re di due punti a quello ufficiale:2,25 per cento anziché il 4,25 appli-cato in questo particolare momento.Nel 1998, inoltre, è stata varata lalegge numero 9 che prevede l’ero-gazione di contributi fino al 40 percento per finanziare ristrutturazioni
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Sostegni creditizi
Speciali contributi finanziari agli imprenditorigrazie alle normative dello Stato e della Regione
Leggi e turismo
I e adeguamenti e con l’esclusione,almeno nella formulazione iniziale,delle nuove attività. Ma nel recente“collegato” alla legge finanziaria, laGiunta regionale ha proposto la mo-difica della destinazione del provve-dimento, includendo quindi anchele nuove costruzioni nella tipologia
degli interventi. La legge, peraltro,prevede una distinzione tra le zoneinterne della Sardegna e quelle a vo-cazione turistica riconosciuta; que-sto per evitare che si possa creareun conflitto fra attività non omoge-nee. Di conseguenza, oggi, un im-prenditore che voglia metter suun’attività turistica in Sardegna puòcontare su un contributo finanziario
Il Banco di Sardegna, uno degli istitutiche applicano particolari agevolazioni.
CON LA FORMULABED AND BREAKFAST
nche in Sardegna, come in altreregioni d’Italia e d’Europa, è pos-
sibile alloggiare nei Bed and Breakfast,cioè dormire presso famiglie che offronoanche la prima colazione. Le famiglie,selezionate e classificate, sono dislocatein un circuito in grado di soddisfare le
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necessità e le richieste degli ospiti, tuttol’anno e in tutto il territorio isolano: ma-re, montagna, collina. Non solo: alcunefamiglie hanno di proprietà frutta, ver-dura, animali, che possono consentireagli ospiti caratteristiche cene a base diprodotti tipici e genuini, insieme con lefamiglie ospitanti. La società che gestisceil circuito è a disposizione per richieste einformazioni, per prenotare gli alloggi e
per assistere gli ospiti nello loro esigenzelogistiche. I prezzi variano da 35 mila li-re a persona, in camera doppia con pri-ma colazione e bagno comune con la fa-miglia, a 50 mila lire con il bagno ad usoprivato e in case di particolare pregiostorico ed ambientale. Sono previstisconti speciali per i bambini. “SardegnaB&B Reservation”, via Stampa 7, 09131Cagliari. Telefono 070.4520403. �
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qualche tempo per ren-dere agevole perma-nenza e spostamenti,specie quelli menoconsueti, ai visitatori. Ecominciano ad intrav-vedersi i primi risulta-ti: i dati del ’99 sui mo-vimenti dei vacanzierinon facenti capo ai soli-ti luoghi marinari, sve-lano un aumento del 25per cento. E altre noti-zie utili a quanti inten-dono muoversi all’in-terno dell’isola, oltreche nelle agenzie diviaggi, si possono tro-vare negli aeroporti diCagliari-Elmas, Alghe-
ro-Fertilia, Tortolì e Olbia-CostaSmeralda. Box informazioni si trova-no anche negli scali marittimi diPorto Torres, Cagliari, Arbatax,Golfo Aranci e Oristano.
Da segnalare, oltre ai citati servi-ces pubblici, anche le autolinee Pani(079.236983), Turmo Travel (0789.26101) e Deplanu (0784.201518).Queste ultime collegano l’aeroportoCosta Smeralda con Nuoro e attra-versano l’intera fascia costieraorientale. Per intenderci, Siniscola,San Teodoro, i villaggi di San Paolo,le spiagge di Budoni, Capo Cominoe Cala Liberotto sono a portata dimano per le decine di migliaia di vi-sitatori provenienti da Olbia (naviTirrenia) e Golfo Aranci (traghettidelle Ferrovie dello Stato).
Ma i bus Deplanu offrono un vali-do riferimento anche per quantigiungono in aereo al “Costa Smeral-da” e intendono raggiungere i centridella Barbagia come Orgosolo (ilpaese dei murales), Oliena (la patriadel vino Cannonau), Mamoiada (iltempio dei mamuthones, le masche-re caratteristiche note in mezzo
a Sardegna, ter-ra che profumadi mirto, lenti-sco e salsedine,è oggi in gradodi condurre i
visitatori in ogni suo an-golo o quasi. Domus de ja-nas (case delle streghe) enuraghi, calette inconta-minate e maestosi dirupisfidati solo da branchi dimufloni e dai rapaci,montagne silenziosequanto impervie: l’isolaregala emozioni raggiun-gibili con servizi oramaiqualificati. Da Cagliari,Sassari, Nuoro e Oristanoin direzione dei luoghi divilleggiatura più noti così come persagre, oasi naturalistiche, agrituri-smo, siti storico-archeologici, ci sipuò muovere con una certa flessi-bilità. Ferrovie dello Stato (070.657994/1478.88088), Ferrovie meri-dionali sarde (800.044553), Arst(800.865042) e Ferrovie della Sarde-gna (070.580075) garantiscono plu-ricollegamenti giornalieri su trenoe pullman.
Rotte che vantano un’opportunatrasversalità: con un briciolo di buo-na volontà dai quattro capoluoghi sipuò raggiungere senza troppi saltimortali qualsiasi centro turistico iso-lano. Per esempio, sul fronte marit-timo è la Tirrenia a issare un “pon-te” tra l’isola maggiore e due sueperle poco distanti: Carloforte e LaMaddalena. I traghetti della compa-gnia di bandiera che collegano laSardegna all’isola di San Pietro per-mettono partenze di primo mattino(6.10) e rientri a notte inoltrata(23.50). E per raggiungere gli imbar-chi di Calasetta e Portovesme daCagliari si può scegliere tra i busdell’Arst e i treni Fs, con una serie
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Trasporti
Da una costa all’altra, un reticolo di ottime vie di comunicazione, buoni scali e porti
Strada rotaia cielo e mare
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di coincidenze legate agli arrivi daCivitavecchia e ai voli su Elmas. Ègrosso modo lo stesso discorso ri-guardante la gita – da non perdere –a La Maddalena. Il capoluogo di unarcipelago che ha nel parco omoni-mo un forziere straordinario – metaprincipale per gli amanti delle im-mersioni, delle foto subacquee e de-gli sport acquatici –, è servito dallecompagnie Saremar, Tris e Trrm.
Il ventaglio degli orari è molto am-pio: le corse si aprono alle 5.00 e sichiudono alle 0.15. Per raggiungerela Corsica si cambia armatore. SantaTeresa di Gallura, cittadina che me-rita una visita approfondita ancheper le stupende dorsali orientali eoccidentali ricche di spiaggette escogliere da fiaba, è collegata conBonifacio dai traghetti Moby lines.Insomma, un quadro che intriga. Tral’altro, va rilevato che tutti i vettorioffrono informazioni e prenotazioniper telefono e su Internet. Ma anchele Aziende autonome di soggiorno,gli Enti del turismo – con l’Esit in te-sta, Numero verde 167.013153 –, e ivari assessorati sono all’opera da
Dall’alto, in senso orario: una nave della Moby Lines sulla rottaSanta Teresa/Bonifacio; una nave della Tirrenia nel porto di Cagliari;
una nave della regionale Saremar; e un aereo in hangar a Olbia.
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Trasporti
mondo), o magari la valle di Tiscali.E per stare al “Costa Smeralda”, sonole linee dell’Arst a collegare il cuoredelle vacanze a cinque stelle con lelocalità dei super vip: Porto Rotondo,Porto Cervo, Liscia di Vacca, PoltuQuatu, Arzachena, Baia Sardinia,Cannigione, Santa Teresa di Gallurae Palau. Fondali superbi e storia altempo stesso: ad Arzachena si puòammirare la tomba dei giganti e, unamanciata di chilometri più giù, visi-tare le ventitrè chiesette campestri diLuogosanto. Anzi, ilcaratteristico paesinodi 1.700 anime vantaanche una porta santa:fu posta nel 1200 da pa-pa Onorio II nella basi-lica di Santa Maria. At-traversarla significa,nell’anno del Giubileo,preghiere speciali e in-dulgenze.
Spostandoci verso ilcentro, è impossibilescordare Cala Gonone:base per le minicrocie-re alle incantevoli caledi Goloritzè, Mariolu eSisine. Alla tanto affol-lata quanto affascinan-te località marittima orientale sigiunge in autobus sia da Nuoro chedal capoluogo isolano. Turmo Travelè invece presente su Alghero e Ol-bia. L’autolinea unisce le due citta-dine a partire dalle 7.30. Infine, ibus della Pani. Le corse tra Cagliarie Sassari della storica compagniasassarese sono studiate tenendoconto sia degli arrivi aerei sia diquelli marittimi. Tra l’altro, i colle-gamenti tra Nord e Sud prevedonofermate anche ad Oristano e Maco-mer: snodi interessanti per metterepiede nelle suggestive aree di Bosae Cuglieri e per Mal di Ventre,Tharros e Capo Pecora.
In breve, l’intero pacchetto riguar-dante i trasporti interni è studiatoprevedendo una buona serie di in-dispensabili coincidenze. Per dirneuna, chi sbarca a Cagliari e intenderaggiungere il Sulcis trova i bus del-
l’Arst e delle Ferrovie meridionali.Gli orari? Anche in questo caso coor-dinati con l’arrivo delle navi-tra-ghetto e degli aerei. E possono esse-re pianificati pure gli spostamentida Alghero-Fertilia verso l’interno,da Porto Torres per le spiagge diPlatamona, Stintino, Badesi e l’IsolaRossa. Nel Meridione dell’isola,Vil-lasimius da un lato e Santa Marghe-rita di Pula dall’altro possono essereraggiunte comodamente in autobusda Cagliari.
Ma oltre alle tappeconsuete per gli aman-ti delle onde e dellatintarella, sono moltogettonati i siti storici equelli minerari. Tra iprimi, citare il villag-gio nuragico di Baru-mini e il Museo di Vil-lanovaforru, che ospitaattualmente una mo-stra con i dinosauri diSpielberg ed è curatodal Consorzio Sa Coro-na Arrubia, è d’obbli-go. Entrambi i luoghi –di rilievo archeologicomondiale – si raggiun-gono facilmente con i
pullman dell’Arst. E sono in costanteaumento anche i visitatori diretti allezone minerarie dismesse.
L’area di Arbus, Guspini, Ingurto-su, Buggeru e ovviamente Montepo-ni ad Iglesias compendia in manieraesemplare la passione per il mare equella per l’archeologia legata allecave di piombo e carbone. Inutilesottolineare i collegamenti: i treniFs, i bus Ferrovie meridionali sardee Arst garantiscono un’ampia gam-ma di orari e coincidenze utili a rag-giungere alcuni paesi dell’internocome Santadi; da non perdere legrotte di Is Zuddas, e, un passo in-dietro, ad una manciata di chilome-tri da Cagliari, Capoterra. Quest’ul-timo, a Monte Arcosu nell’oasi natu-ralistica del Wwf, custodisce specierarissime in via di estinzione comeil cervo sardo. �
Mario Frongia
Una caratteristicalocomotiva d’altri tempi
della Barbagia Exp.
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70100 Bari, via Amendola 166/5, tel. 080/5485111, fax 5482832.
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