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BellerofonteBellerofonterivista pedagogica diretta da Giorgio Vuoso

segretaria di redazioneAnnette Ruth Berndt

ARACNE

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I edizione: dicembre 2004

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IL CAMBIAMENTO DAL PUNTO DI VISTADELLA PEDAGOGIA “TEDESCA”

1. Problemi metateorici

Il cambiamento è predicabile in diversi modi. In senso minimo e ironicosi tratta del cambiamento gattopardesco, per cui tutto cambia, per rimaneretutto come prima. Nel senso massimo, il cambiamento è la rettifica alla “cine-se” della rivoluzione culturale. I professori vengono picchiati, costretti a rive-dere le loro idee alla luce del nuovo “vangelo” pedagogico. Fra le due posi-zioni (“min/max”) esistono varie pedagogie intermedie, ad esempio la peda-gogia dell’emancipazione, ispirata alla sociologia francofortese: Schaller(liberale di sinistra), Gamm, Brueckner, Nenning. Anche i socialisti ortodos-si di tale indirizzo sono considerati borghesi da coloro che ancora voglionouna rivoluzione totale. Al di là delle differenze specifiche, ciò che li accomu-na è il discorso libero dal dominio. Si tratta di formare l’opinione pubblica.Il cambiamento è frutto dell’educazione, non considerata alla maniera delmarxismo francese come Apparato Ideologico di Stato (AIS). Si innescanoprocessi di autoconsapevolezza. L’enfasi va più sul metodo che sui contenu-ti. Al posto del cognitivismo alla Bruner o dello strutturalismo didattico (inItalia, Scurati) si promuovono meccanismi di fluidificazione della comunica-zione, senza anticipare tempi evitando la maniera di Doman. Si tratta diseguire il processo naturale volto alla formazione di cittadini consapevoli.Tale metodologia si è eclissata in Germania. Dopo il successo negli anniSettanta ha conosciuto il riflusso, non senza rigurgiti di autoritarismo. Certotale pedagogia può andare oltre il segno, superando la misura e diventandomera ideologia. Ma cosa c’è di buono in tale impostazione? Il fatto che la cul-tura è critica e non già mera assimilazione.

Brezinka negli anni Settanta scrisse un’analisi critica della “pedagogiadella nuova sinistra”. Ne individuò un elemento comune: la critica radica-le alla società industriale occidentale. Ciò è segno del vuoto spirituale inseguito alla dissoluzione della fede cristiana, al regresso della coscienzanazionale e all’affievolimento del conservatorismo liberale. In tale vuoto siaffermò l’“umanitarismo aggressivo”, che ai rappresentanti del marxi-smo–leninismo appare come utopismo fantastico o soggettivismo anarchi-co. Brezinka enuclea tre grandi temi dell’ideologia della Nuova Sinistra:

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1) la critica della società presente;2) il ricambio positivo;3) i mezzi atti a guidare la nuova società.

La Nuova Sinistra enfatizza le “zone d’ombra” della società indu-striale moderna: l’impotenza del singolo individuo dinanzi alle grandiorganizzazioni, i difetti di una burocrazia anonima, l’isolamento all’in-terno delle masse. Questi e ancor molti altri elementi negativi vengonocombattuti con vivacità. Secondo Brezinka la Nuova Sinistra faceva lacaricatura della realtà sociale. Il pessimismo della Nuova Sinistra sidistingue dal pessimismo culturale dell’antica destra solo tramite ilgergo psicoanalitico–marxista. Si tratta del solito odio contro il liberali-smo, dell’ostilità di fronte alla scienza e alla tecnica e infine del disprez-zo del parlamentarismo. Si ricerca un ordinamento sociale che elimini ildominio dell’uomo: secondo l’espressione di Marcuse (alla Heidegger)un “Dasein Pacificato”.

I pedagogisti che si rifanno alla “teoria critica” francofortese hannoaccentuato il radicalismo di tali pensatori sociali. La loro “scienza criticadell’educazione” è giudicata da Brezinka come “pedagogia pratica in unavisione critico–sociale”. I più noti cultori sono stati Klaus Mollenhauer,Herwig Blankertz, Wolfganz Klafki (tra gli antesignani della sinistra libe-rale Hartmut von Hentig). Secondo Brezinka, il meno scientifico è stato ilGamm. Per “emancipazione” egli intende l’autoliberazione politico– so-ciale dell’uomo colto. Gamm voleva persuadere gli insegnanti a svolgereil ruolo di “pedagoghi politici”. Brezinka analizza anche le opere destina-te alla formazione della coscienza politico–pedagogica di insegnanti,genitori, studenti e scolari. Egli fa osservare che il concetto di educazioneemancipativa include anche attività come spiegazione, propaganda e agi-tazione. Non basta sapersi orizzontare in forme indipendenti nel mezzodella società vigente, bisognerebbe sottoporre la società attuale a una cri-tica di fondo. Anche Schleiermacher (1826) identificava lo scopo educati-vo nel rendere l’uomo adatto al miglioramento delle condizioni sociali,ma ciò non implicava la critica radicale della società. Il termine “emanci-pazione” deriva dal diritto romano, ma negli anni Settanta venne caricatodi un significato rivoluzionario. Molti uomini, giuridicamente maggioren-ni, vengono riconosciuti ancora minorenni da parte di elites rivoluziona-rie. Il concetto di emancipazione diventa vago e indeterminato. Alla

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“libertà” giuridicamente fondata subentra la “liberazione” dal suo trascu-rabile contenuto informativo. Può accadere che in nome della liberazionesi agisca per eliminare la libertà di cui l’uomo già dispone di fatto. Innome della democrazia sostanziale si giunge a instaurare la dittatura.

Dopo la pedagogia dell’emancipazione è venuta l’anti–pedagogia, chesostiene la tesi che l’educazione sia messa in opera soltanto ai fini deldominio degli adulti sui fanciulli. Lo sviluppo educativo è possibile anchesenza “potere educativo”. Sostenere anziché educare è il titolo di un librodi Hubertus von Schoenebeck del 1982. Ma torniamo negli anni Settanta,allorché l’istanza del cambiamento sociale era maggiormente sentita.Allora si lottava contro il principio del lavoro obbligatorio. La cosiddettaNuova Sinistra avversava ogni legame emozionale con la patria, la religio-ne, la tradizione culturale e con i grandi valori dell’arte e della letteratura,ai fini dell’“educazione integrale”, che per Brezinka è semplicemente unachimera. L’educazione emancipativa è declinabile come “educazioneanti–autoritaria”. Lo stile pedagogico è caratterizzato dalla rinuncia allaguida, alla severità, alle esigenze del lavoro e alle punizioni. Si accondi-scende alle prevaricazioni dell’infanzia e della gioventù, talvolta in antite-si con affermazioni esplicite dei teorici francofortesi. Sostiene Adorno: «Ilmezzo attraverso cui si diviene autonomi, e dunque maggiorenni, non con-siste in un semplicistico recalcitrare contro ogni specie di autorità»1.Brezinka cita Katia Sadoun, secondo la quale l’educazione proletariacomincia con la rottura dei tabù sessuali. Scrive Brezinka: «I piccoli ven-gono incoraggiati alla masturbazione, e gli adolescenti ai rapporti sessua-li con partners interscambiabili: nella Comune N. 2 non ci si perita neppu-re di organizzare giochi sessuali tra fanciulli e adulti»2. Gamm è stato ilteorico dell’ideologia sessual–libertaria con la sua richiesta che la scuolafaccia dell’istruzione sull’amore sessuale il suo tema pedagogico piùimportante. Il punto di riferimento più che Freud è Reich, che cominciò amescolare marxismo e psicoanalisi. Anna Freud fu notoriamente modera-ta nelle sue considerazioni sull’infanzia. La pedagogia dell’emancipazio-

7Il cambiamento dal punto di vista della pedagogia “tedesca”

1. T.W. ADORNO, Erziehung zur Mündigkeit, Suhrkamp, Frankfurt 1970, p. 147. Perquanto riguarda la pedagogia “tedesca”, si utilizza l’aggettivo “tedesca” sia in sensostretto sia in senso lato (di lingua tedesca e di orientamento tedesco).

2. W. BREZINKA, La pedagogia della Nuova Sinistra. Analisi dell’autoritarismo,trad. it., Armando, Roma 1970, p. 70.

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ne ha diffuso l’incertezza e la rassegnazione nella cerchia dei genitori edegli insegnanti, e la fuga dal lavoro e la rilassatezza in quella dei giova-ni. Ad onta dell’ideale estetico–erotico di Marcuse, Brezinka notava l’in-clinazione della Nuova Sinistra verso un arido intellettualismo: quel suoculto della bruttezza nel portamento personale, nel vestire, nelle disposi-zioni ambientali e nelle preferenze letterarie.

Non si giunge alla “rettifica”, alla maniera della rivoluzione culturalecinese. Ma si afferma che dovere, competenza, subordinazione, rispetto esacrificio non sono che luoghi comuni dell’educazione volta alla sogge-zione politica. Lo spirito di disciplina è considerato obsoleto. Il sentimen-to della cosa pubblica viene denunciato come “fascismo”. Brezinka nonsostiene la negazione del mutamento: «Non abbiamo nessuna ragione peressere soddisfatti dell’attuale prassi educativa, eppertanto dobbiamomigliorarla in molteplici punti; tuttavia, ciò non può realizzarsi attraversouna rottura radicale con tutto il sistema vigente, ma attraverso un lavoropaziente su singoli problemi concreti»3.

Tale critica presuppone un quadro epistemologico. La forma tradizio-nale della pedagogia permetteva l’infiltrazione senza confini della “peda-gogia pratica”. Occorre una “metateoria” che ne distribuisca i compiti intre livelli di lavoro, designabili come “scienza dell’educazione”, “filosofiadell’educazione” e “pedagogia pratica”. Brezinka ha proposto tre classidel sapere pedagogico. Tali tipi di conoscenza hanno diverse basi e servo-no a scopi differenti. Alle teorie scientifica, filosofica e pratica corrispon-dono i metodi scientifico, filosofico e pratico. Non si tratta semplicemen-te di porre al posto della pedagogia tradizionale una scienza empirica del-l’educazione. Scrive Brezinka: «Nel contesto dell’educazione si presenta-no non solo problemi scientifici, ma anche problemi filosofici e pratici, iquali si collocano sì fuori del quadro della scienza dell’educazione, manon per questo sono meno importanti per la società»4. Si propone di chia-mare la pedagogia empirica “Pedagogia 1”, e di indicare con “Pedagogia2” e “Pedagogia 3” rispettivamente i sistemi pedagogici filosofico e prati-co. Tocca alla “Pedagogia 2” sviluppare i problemi morali dell’educazio-

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3. Ivi, p. 95.4. W. BREZINKA, Metateoria dell’educazione. Introduzione ai fondamenti della

Scienza dell’educazione, della Filosofia dell’educazione e della Pedagogia pratica, trad.it., Armando, Roma 1980, p. 34.

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ne nella direzione di un’etica per educatori. Petersen ha parlato addirittu-ra di una “metafisica dell’educazione”, che dia una risposta alla questionedell’essere e dell’esistenza dell’uomo. Così almeno si parla chiaramente.Secondo Lochner, sotto la copertura della “scienza dell’educazione” sinascondono tante cose che proprio niente hanno a che fare con la scienzavera e propria5. Il problema non è solo tedesco, ma internazionale. Adesempio negli Usa per designare il “corso accademico di pedagogia” siusa l’espressione ambigua di foundations of education: l’oggetto di similicorsi differisce da università a università e da docente a docente. Non c’èun accordo generale. Alla mancanza di un sistema integrato non si prov-vede col dare un nuovo nome alla disciplina, come educational studies,educology o “educologia” (varianti della mescolanza della radice latina egreca). La soluzione di Brezinka consiste nella decisione metodologicache escluda la continua confusione di enunciati scientifico–empirici conrichieste etiche o con direttive per la pratica educativa. Anche in Giapponec’è una richiesta di una più rigorosa metodologia (Minoru Murai). In ognisingolo caso si deve appurare quanto vi sia di contenuto empirico, quantodi teoreticamente fondato e quanto di utile per la pratica.

Brezinka utilizza l’epistemologia della filosofia analitica. La sua meta-teoria dell’educazione è sviluppata alla luce del “costruttivismo” nel sensodi V. Kraft. I numi tutelari sono Popper, Hempel, Nagel. La conoscenzadella realtà non è ricavata dall’apriorismo né dai soli risultati dell’osser-vazione, bensì mediante ipotesi costruttive da controllarsi empiricamente.Secondo Brezinka, si basa su malintesi l’affermazione che l’indagine dellanatura e quella della realtà socio–culturale sarebbero troppo diverse l’unadall’altra, in quanto a entrambe si possono applicare le stesse regole meto-dologiche generali. Ad esempio, la psicologia può essere naturalizzata ospiritualizzata (e su ciò concordano Spranger, Husserl e Croce). La meta-teoria analizza le teorie pedagogiche esistenti e valuta la loro corrispon-denza allo scopo, che esse stesse hanno stabilito.

Trapp (1745–1818) nel 1779 ottenne la prima cattedra pedagogica inun’“Università” tedesca (Halle). E Otto Willmann è stato il primo nel1876 a concepire la pedagogia come una scienza sociale empirica (distin-ta sia dalla filosofia che dalla “teoria dell’educazione”). Allo stesso modo

9Il cambiamento dal punto di vista della pedagogia “tedesca”

5. Ivi, p. 35.

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anche Emile Durkheim ha distinto nel 1911 tra una scienza sociale del-l’educazione e una “teoria pratica” per educatori. L’una spiega, l’altraguida. Tale impostazione è stata continuata nell’area linguistica tedesca daRudolf Lochner (1895–1978) a cominciare dal 1934. Il punto di vistadescrittivistico impone la prospettiva avalutativa sulla molteplicità deifenomeni dell’educazione. Nella lingua tedesca tali azioni sono indicatedai verbi lehren (insegnare), unterrichten (istruire), unterweisen (ammae-strare), schulen (addestrare), bilden (formare), ausbilden (formare), for-tbilden (perfezionare) e weiterbilden (perfezionare). Il concetto scientificodi educazione, proposto da Brezinka, «è tanto generale e neutrale rispettoai valori da poter trovare applicazione in tutte le società e per tutte le epo-che storiche»6. La scienza empirica dell’educazione si occupa dell’educa-zione come fatto. L’oggetto materiale è analizzato dal punto di vista peda-gogico (specificità formale). Sul piano psichico, l’educazione tende allavita autonoma, sul piano sociale alla conservazione della società. Sonopunti di vista complementari, visto che la società si fonda sull’autonomiadegli individui. La scienza empirica dell’educazione ha focalizzato la suaattenzione sulla realtà dell’educazione, mentre la pedagogia tradizionale sioccupava del normativo e del prescrittivo. La metateoria non trascura ifini. «A partire dai fini ci si deve innanzitutto chiedere che cosa significhi-no, su quali presupposti si basino, se siano realizzabili, da quali condizio-ni dipende la loro realizzazione, e quali altri effetti, oltre a quello voluto,si presentino in una eventuale realizzazione»7. Si tratta allora di una scien-za teleologico–analitica. Sarebbe un passo indietro in direzione pre–peda-gogica lasciare alla “pedagogia pratica” la questione dei fini, come ha fattoagli inizi la scienza empirica dell’educazione (si pensi al puritanesimometodologico di Lochner). Non si può confondere la storiografia dell’edu-cazione con la scienza pedagogica. Solo l’indagine storica si limita adescrivere. Benché una sorta di costruttivismo ci sia anche nella ricercastorica (e infatti le interpretazioni di uno stesso fenomeno storico variano),tuttavia la selezione dei fini aumenta i gradi di convenzionalismo dellascienza teoretica. La descrizione e la valutazione non esonerano dall’ese-cuzione. I mezzi–fini sono messi in opera dalla pedagogia pratica, che vadallo sguardo severo alla predica solenne.

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6. Ivi, p. 59.7. Ivi, p. 72.

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Secondo Brezinka, la pedagogia può essere inserita tra le “scienzesociali”, con l’avvertenza che essa non si occupa esclusivamente di feno-meni sociali e culturali, ma anche di fenomeni psichici. L’educazione è unparticolare ambito dell’agire sociale, che non esclude considerazioni filo-sofiche. Si può utilizzare la metafora dell’educazione come “campo diconsiderazione” e come tale oggetto di una scienza speciale (pure Gentileche enfatizzava l’unità dello spirito, parlava della pedagogia come scien-za, benché filosofica). La metateoria dell’educazione adopera una sorta didemarcazione nei confronti della pedagogia ideologica mascherata dascienza: sono da includervi le “pedagogie confessionali”, come ad esem-pio la “pedagogia cristiana”, la “pedagogia evangelica” o la “pedagogiacattolica”; come pure le “pedagogie politiche”, ad esempio la “pedagogianazionalsocialista”, la “pedagogia marxista” o la “pedagogia emancipato-ria”. Se si rifiuta la demarcazione della metateoria, la scienza pedagogicadiventa “scienza dell’ideologia”. La scientificizzazione della pedagogia lasepara dall’ideologia. Ciò non viene accettato da coloro che sono ideolo-gicamente impegnati. «In Germania è stato soprattutto Habermas a tenta-re una giustificazione filosofica della sua decisione di ridefinire la parola“scienza”, in modo che potesse includere enunciati ideologici ed elucubra-zioni storico–filosofiche sulla “società” come totalità»8. La sua “teoria cri-tica” dovrebbe essere riconosciuta come una “scienza” dai suoi concitta-dini. Funge da criterio l’utopia di una società emancipata. Non viene con-siderata fino in fondo la forza critica dell’imparzialità. Al suo posto sirichiede il “prendere partito”. L’impiego del sapere scientifico per scopipratici è però qualcosa di completamente diverso dal programma di impre-gnare la scienza di credenze ideologiche. Viceversa, la norma della neu-tralità rispetto ai valori non ha proprio niente a che fare con un deprezza-mento di valori e di norme. Tale distinzione è di natura metateorica, comequella norma che nelle scienze si debba usare un linguaggio che si limitiil più possibile alla chiara rappresentazione di fatti. Finora il linguaggioprescrittivo è stato una caratteristica essenziale della pedagogia. L’usoemotivo del linguaggio carica le parole di un accento positivo o negativoa seconda del clima spirituale esistente in un gruppo. Il linguaggio ordina-rio è necessariamente pervaso da giudizi di valore, norme e toni affettivi.

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8. Ivi, p. 86.

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Occorre migliorare il linguaggio pedagogico ordinario. Brezinka proponele norme della “chiarezza”, del “controllo informativo” e dell’“intellegibi-lità”. Il requisito della chiarezza riguarda pure la filosofia, dal cui lessicoè stata tratta gran parte del linguaggio pedagogico. La chiarezza rendepossibile l’intesa. La parola “educazione” può essere opposta a “socializ-zazione” o può identificarsi con essa. Il termine “formazione” oscilla tral’una e l’altra, allorché il loro significato è opposto. La vaghezza puòintaccare anche termini introdotti ex novo nella scienza dell’educazione.Brezinka menziona l’espressione “griglia strutturale didattica” (didakti-sches Strukturgitter), definita da Blankertz come “un criterio di intenzio-nalità educativa”9. L’ambiguità può essere addirittura proclamata da peda-gogisti (come Litt e Flitner) o da qualche dizionario di pedagogia (checonfonde invece di chiarire). Tali dichiarazioni sono fuorvianti. L’oscuritàlinguistica è segno di pensiero oscuro.

L’altra norma riguarda il contenuto d’informazione. I concetti scientifi-ci si riferiscono a oggetti osservabili. Spesso in pedagogia le proposizionisono povere di informazione. Non sono confutabili, ma non esprimonoquasi nulla riguardo alla realtà. Il gergo pedagogico è sovraccarico diespressioni provenienti da altre scienze. La norma dell’intellegibilitàimpone che le difficoltà non siano poste ad arte. Lo sfoggio linguistico èin rapporto inversamente proporzionale al loro contenuto di informazione.Si inizia con il comunicare qualcosa e si finisce con un brulichio di paro-le come “costruzione del curriculum” o “tassonomia” o “operazionalizza-zione” e se non bastano si giunge “alla sequenza ottimizzata d’apprendi-mento”. Può accadere il contrario: il discorso comincia con la sintassi per-fetta delle parole inutili. L’uditore (o il lettore) deve attendere che sia pas-sata la tempesta delle parole bellissime, (ma senza significato) per poterpoi imparare qualcosa. In tutte le scienze è aumentato il numero di scrit-tori disposti a tale “pomposo bluff”, che rischia di contagiare anche colo-ro che sono abituati alla semplicità espressiva, ma senza concessioniall’uso quotidiano della lingua. La mistificazione linguistica è uno dei casitipici della fenomenologia dell’errore. La metateoria dell’educazionemette in guardia i pedagogisti da tale abuso. Utilità, bellezza, verità sonoconcetti di valore. Per giudizio di valore si intende una proposizione che

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9. Ivi, p. 93.

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esprime una valutazione. Si fanno valutazioni anche con termini come“peccato”, “spreco”, “barbarie”, “assurdo”, ecc. Inoltre ci sono giudizimascherati. I giudizi di valore non sono da confondere coi “comandi”, daescludere nei sistemi di proposizioni scientifiche. I giudizi di valore hannoun contenuto conoscitivo, la cui validità deriva dalla concordanza con ifatti (ad esempio “un insegnamento noioso è cattivo”). Il carattere asser-torio o normativo delle proposizioni non deriva dalla assenza o dalla pre-senza della parola “deve”. È necessario stabilirne il senso. Le attivitàscientifiche si possono avere solo in seguito a giudizi di valore. Le normemetodologiche ne sono un esempio. I problemi morali della diffusione edell’applicazione delle conoscenze scientifiche non hanno niente a chefare con la scienza come sistema di proposizioni. La norma minimale dellaprospettiva avalutativa nell’interpretazione di Brezinka consiste nel pre-scrivere alle scienze empiriche la raccolta delle conoscenze sul mondo. Loscopo della scienza non è la difesa di una morale. Gli ultimi criteri valu-tativi (nel senso forte del termine) dipendono dalla visione del mondo,dalla fede e dalla coscienza del singolo. Nelle scienze dell’educazione ilcriterio avalutativo si viola, quando dai mezzi si deducono i giudizi divalore morale: le ipotesi nomologiche possono essere dedotte dal presen-te o dal passato. Resta il fatto che gli eventi del passato non possono esse-re osservati, ma devono essere inferiti da fonti più o meno incomplete. La“storiografia dell’educazione” si occupa dei fatti educativi del passato. Eil presente può essere considerato un passato prossimo. Accanto alla“pedagogia storica” si colloca la “pedagogia sistematica”, che controlla leipotesi nomologiche. Brezinka propone di usare la denominazione “scien-za nomotetica dell’educazione”, intendendo il termine “nomotetico” nelsenso di enunciante leggi. Quanto ai contenuti la scienza nomotetica del-l’educazione e la storiografia dell’educazione non si possono distinguerel’una dall’altra. È impraticabile la storiografia senza una pre–comprensio-ne teoretica. La pedagogia tradizionale non ha distinto nettamente traessere e dover essere, ed è povera di ipotesi specifiche. Aloys Fischer èstato il promotore della “pedagogia descrittiva”, seguito da RudolfLochner. Occorre uscire dall’empirismo ingenuo. Ogni osservazione sibasa su presupposizioni teoriche. Per scienza si può intendere ogni siste-ma di enunciati che viene insegnato nelle università. A ciò si deve aggiun-gere il requisito di controllabilità intersoggettiva. Si può ricordare il motto“accademico” della Royal Society: “Sulla parola di nessuno”. Nelle scien-

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ze formali la controllabilità consiste nel postulato della coerenza. Il carat-tere non contraddittorio delle affermazioni contraddistingue la matemati-ca e la logica. La frequenza registrata è detta probabilità matematica.L’uso di leggi probabilistiche è stato considerato un espediente provviso-rio. Poi è stato assodato che forse tutte le leggi naturali vanno consideratecome leggi statistiche. Ciò è scontato nell’ambito delle scienze sociali. Leleggi sociologiche sono enunciati ipotetici. Gli enunciati di leggi del gradopiù basso esprimono relazioni fra i fenomeni. Le leggi di grado superiorerappresentano l’ordine in cui stanno le singole leggi empiriche fra loro.Tali ipotesi solo indirettamente possono essere confermate. Le scienzenomotetiche costituiscono un sistema ipotetico–deduttivo.

2. Le scienze dell’educazione

Si tratta non già dello statuto delle discipline accademiche, bensì si con-siderano aree tematiche di raggruppamento. Le condizioni in cui si pervie-ne a intuizioni creative è l’area della psicologia del pensiero, distinta dallapsicologia evolutiva, in cui si analizzano le fasi di costruzione della strut-tura cognitiva. Di tutt’altro genere è la questione del fondamento delleasserzioni scientifiche. Scriveva Husserl: «L’interesse teoretico in sensospecifico è l’interesse alla fondazione, alla normazione cioè cui si annettela af–fermazione, la fissazione in espressioni stabili e l’imprimersi dellafondazione. Ogni giudizio che sia attraversato dalla fondazione ha il carat-tere della giustezza normativa, il carattere dello ortos logos»10.Naturalmente la gnoseologia scientifica di Brezinka è diversa da quella diHusserl. Analogo è l’interesse normativo, che viene meno in alcune episte-mologie (ad esempio in quella di Feyerabend). La gnoseologia della cono-scenza scientifica, pur prendendo in considerazione le discipline empiriche,in sé e per sé è una disciplina filosofica normativa. Il costruttivismo moder-no parte dalla convinzione che non ci siano fonti ultime della conoscenza.Il nostro sapere parte da progetti teoretici (che si affermano nel contrastodialettico con altri progetti). Si usa la massima tolleranza per le teorie in viadi formazione, e la critica illimitata (il collaudo con prove superiori alle dif-

10. E. HUSSERL, Esperienza e giudizio, trad. it., Silva, Milano 1960, p. 355.