BELEN DI COMPOSTELA BELÉN DE COMPOSTELA O...

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1 BELEN DI COMPOSTELA O COMPONTIGLIELE COME PUOI, BELEN Non scrivo per chi mi sfugge, né per chi mi dice che “se io sono un genio”, o che “io ho la mia verità e lui la sua”, o che se “tengo sempre qualcosa a insegnare”, o mi minaccia con un “fa attenzione!”, e meno per chi, rivestito di autorità, viene, quando meno poso aspettarlo, e mi colpisce il naso, una cosa per la quale io non sono autorizzato in senso inverso, poiché non sono Vescovo né Cardinale. Quanto scrivo, sia per coloro con chi posso dialogare e scherzare in piano di uguaglianza e senza paura a soprassalti. Ebbene, questo è il mio discorso di oggi: Da alcuni anni fa, i Papi della Santa Madre Chiesa hanno presso l’abitudine di domandare perdono per tanti peccati commessi e, alla fine, perfino si colpiscono il petto per quelli degli spagnoli nelle Americhe. Molto bene, ma sebbene il carro segua la sua marcia, da tutti trascinato e tutti travolgendo, alzerò la mia voce in un grido anti ideologico di ATTENZIONE! Perché anche si potrebbe aspettare che un giorno domandino perdono per i peccati della Chiesa Romana contro la Spagna e gli spagnoli; ad esempio, e senza uscire della tematica già trattata da tempo: Quel di avere rubato a noi il nostro “Rito Ispanico” a spese de Romano; quel di avere spronato a vescovi e re della Spagna alla intransigenza di fronte ai giudei e agli “eterodossi”; quel di associarsi a chi vogliono “latinizzare” L’Ispanoamerica, dopo averle dato la Spagna il maggiore nume di figli, che pregano in spagnolo. E sull’argomento del nostro titolo, quel di farci dimenticare il nostro “Antico Testamento” spagnolo, che è qualcosa simile ad avere assassinato ai nostri padri e noni, un peccato contro il 7º, l’ 8º, il 5º e il 4º comandamento. BELÉN DE COMPOSTELA O COMPÓNTELAS COMO PUEDAS, BELÉN No escribo para quien me huye, ni para quien me dice que “si soy un genio”, o que “yo tengo mi verdad y él la suya”, o que si “tengo siempre algo que enseñar”, o me amenaza con un “¡ten cuidado!”, y menos para quien, revestido de autoridad, cuando menos lo espero, viene y me rompe las narices, algo para lo que yo no estoy autorizado en sentido inverso, pues no soy obispo ni cardenal. Cuanto escribo, sea para aquellos con quienes puedo dialogar y bromear en plano de igualdad y sin miedo a sobresaltos. Pues bien, éste es mi discurso de hoy: De unos años a esta parte, los Papas de la Santa Madre Iglesia han cogido la costumbre de pedir perdón por tantos pecados cometidos y, al cabo, hasta se dan golpes de pecho por los de los españoles en las Américas. Pues muy bien, pero, aunque el carro siga su marcha, por todos arrastrado y a todos arrollando, alzaré mi vocecita en un grito anti ideológico de ¡ATENCIÓN! Porque también cabría esperar que un día pidan perdón por los pecados que la Iglesia Romana ha cometido contra España y los españoles; por ejemplo, y sin salirnos de asuntos ya tratados: El de habernos robado nuestro “Rito Hispánico” a costa del Romano; el de haber instado a los obispos y reyes de España a la intransigencia frente a judíos y “heterodoxos”; el de sumarse a la “latinización” de Hispanoamérica, tras haberle dado España el mayor número de hijos, que rezan en español. Y en relación al tema de nuestro título, el de habernos hecho olvidar nuestro “Antiguo Testamento” español, que es algo así como haber asesinado a nuestros padres y abuelos, pecado contra el 7º, el 8º, el 5º y el 4º mandamiento.

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    BELEN DI COMPOSTELA

    O COMPONTIGLIELE

    COME PUOI, BELEN

    Non scrivo per chi mi sfugge, né per chi mi

    dice che “se io sono un genio”, o che “io ho la mia

    verità e lui la sua”, o che se “tengo sempre qualcosa

    a insegnare”, o mi minaccia con un “fa attenzione!”,

    e meno per chi, rivestito di autorità, viene, quando

    meno poso aspettarlo, e mi colpisce il naso, una cosa

    per la quale io non sono autorizzato in senso inverso,

    poiché non sono Vescovo né Cardinale. Quanto

    scrivo, sia per coloro con chi posso dialogare e

    scherzare in piano di uguaglianza e senza paura a

    soprassalti. Ebbene, questo è il mio discorso di oggi:

    Da alcuni anni fa, i Papi della Santa

    Madre Chiesa hanno presso l’abitudine di

    domandare perdono per tanti peccati

    commessi e, alla fine, perfino si

    colpiscono il petto per quelli degli spagnoli

    nelle Americhe.

    Molto bene, ma

    sebbene il carro segua la sua

    marcia, da tutti trascinato e

    tutti travolgendo, alzerò la

    mia voce in un grido anti

    ideologico di ATTENZIONE!

    Perché anche si

    potrebbe aspettare che un

    giorno domandino perdono

    per i peccati della Chiesa

    Romana contro la Spagna

    e gli spagnoli; ad esempio,

    e senza uscire della

    tematica già trattata da

    tempo: Quel di avere

    rubato a noi il nostro “Rito Ispanico” a spese de

    Romano; quel di avere spronato a vescovi e re

    della Spagna alla intransigenza di fronte ai

    giudei e agli “eterodossi”; quel di associarsi a

    chi vogliono “latinizzare” L’Ispanoamerica, dopo

    averle dato la Spagna il maggiore nume di figli,

    che pregano in spagnolo. E sull’argomento del

    nostro titolo, quel di farci dimenticare il nostro

    “Antico Testamento” spagnolo, che è qualcosa

    simile ad avere assassinato ai nostri padri e

    noni, un peccato contro il 7º, l’ 8º, il 5º e il 4º

    comandamento.

    BELÉN DE COMPOSTELA

    O COMPÓNTELAS COMO

    PUEDAS, BELÉN

    No escribo para quien me huye, ni para quien

    me dice que “si soy un genio”, o que “yo tengo mi

    verdad y él la suya”, o que si “tengo siempre algo

    que enseñar”, o me amenaza con un “¡ten cuidado!”,

    y menos para quien, revestido de autoridad, cuando

    menos lo espero, viene y me rompe las narices, algo

    para lo que yo no estoy autorizado en sentido

    inverso, pues no soy obispo ni cardenal. Cuanto

    escribo, sea para aquellos con quienes puedo

    dialogar y bromear en plano de igualdad y sin miedo

    a sobresaltos. Pues bien, éste es mi discurso de hoy:

    De unos años a esta parte, los

    Papas de la Santa Madre Iglesia han

    cogido la costumbre de pedir perdón por

    tantos pecados cometidos y, al cabo,

    hasta se dan golpes de pecho por los de

    los españoles en las Américas.

    Pues muy bien,

    pero, aunque el carro siga

    su marcha, por todos

    arrastrado y a todos

    arrollando, alzaré mi

    vocecita en un grito anti

    ideológico de ¡ATENCIÓN!

    Porque también

    cabría esperar que un día

    pidan perdón por los

    pecados que la Iglesia

    Romana ha cometido contra

    España y los españoles; por

    ejemplo, y sin salirnos de

    asuntos ya tratados: El de

    habernos robado nuestro “Rito Hispánico” a

    costa del Romano; el de haber instado a los

    obispos y reyes de España a la intransigencia

    frente a judíos y “heterodoxos”; el de sumarse

    a la “latinización” de Hispanoamérica, tras

    haberle dado España el mayor número de hijos,

    que rezan en español. Y en relación al tema de

    nuestro título, el de habernos hecho olvidar

    nuestro “Antiguo Testamento” español, que es

    algo así como haber asesinado a nuestros

    padres y abuelos, pecado contra el 7º, el 8º, el

    5º y el 4º mandamiento.

  • 2

    E come sul furto e la bugia già ho parlato

    in altri fori, mi spiegherò trattando di

    presentare il corpo del delitto sull’ultimo

    riferimento. Vediamo:

    Per semplice inerzia storica e

    senza saperlo, con soltanto la “vieira”

    precettiva, i pellegrino cha fanno il

    Camino de Santiago danno fede di un

    fatto dimenticato che affonda le sue

    radici storiche nella notte dei tempi.

    Qual è questo fatto?

    Ebbene, quel che la storia della nostra

    specie -e quella della Spagna- ebbe il suo

    Belén, o Presepio, nell’Oceano, proprio nella

    regione cantabrica, al Nord della Penisola

    Ispanica. Là incominciò il nostro percorso

    I nostri antenati più remoti sapevano che

    in quel luogo era nata “la vita”, fatto per il

    quale, da decine, se non centine di miliardi di

    anni, dei vecchi, paralizzati e acciaccosi

    andavano in pellegrinaggio per morire, con la

    speranza di resuscitare.

    Chi sa queste cose?

    Quattro gatti: Colui che lo

    scoprì; io che l’ho imparato e tratto

    d’insegnarlo; tu, lettore che mi

    leggerai, e qualcun altro che per caso si trova

    con esso. Gravissimo peccato quel di coloro che

    vollero sotterrarlo per sempre! E anche quel di

    coloro che non vogliono accorgersi di esso.

    Sulla convinzione

    che la vita era nata nel

    riferito alluso, si fa eco

    la mitologia greco-latina

    quando fa sorgere la

    mitica Afrodita=Venus

    dalle acque dell’Oceano,

    entro una barnagla,

    conchiglia o “venera”,

    frutto del seme del Astro

    Re e la spiuma >

    sperma marina, cosa che

    gli indù dicono di Laksmì, consorte di Vishnù. È

    per questo che, benché nemmeno i pellegrini lo

    sappiano, la vieira continua a essere precettiva

    nel “Camino di Santiago” e, con un po’

    d’immaginazione, perfino possiamo vedere la

    mitica Venus nella figura dell’apostolo.

    Y como sobre el robo y la mentira ya he

    hablado en otros foros, me explicaré tratando

    de presentar el cuerpo del delito sobre la última

    referencia. Veamos:

    Por simple inercia histórica y

    sin saberlo, con sólo la “vieira”

    preceptiva, los peregrinos que hacen

    el Camino de Santiago dan fe de un

    hecho olvidado que hunde sus raíces

    históricas en la noche de los

    tiempos. ¿Cuál es este hecho?

    Pues el de que la historia de nuestra

    especie -y la de España- tuvo su Belén, o

    Nacimiento, en el Océano, justo en la zona

    cantábrica, al norte de la Península Hispánica.

    Allí empezó nuestra andadura.

    Nuestros antepasados más remotos

    sabían que en tal lugar había nacido “la vida”,

    por lo que, desde hace decenas de millares de

    años, si no centenas, viejos, impedidos y

    achacosos iban en peregrinación para morir,

    con la esperanza de resucitar.

    ¿Quién sabe estas cosas?

    Cuatro gatos: El que lo

    descubrió; yo que lo aprendí y trato

    de enseñarlo; tú, lector que me leerás,

    y algún otro que por casualidad se topa con

    ello. ¡Gravísimo pecado el de quienes quisieron

    enterrárnoslo para siempre! Y también el de

    quienes no quieren enterarse de ello.

    Sobre la convicción

    de que la vida había

    nacido en el lugar

    aludido, se hace eco la

    mitología greco-latina

    cuando hace surgir a la

    mítica Afrodita=Venus de

    las aguas del Océano,

    dentro de una barnagla,

    concha o vénera, fruto

    del semen del Astro Rey

    y la espuma > esperma marina,

    algo que los hindúes dicen de Laksmí, consorte

    de Vishnú. Por eso, aunque ni siquiera los

    peregrinos lo sepan, la vieira sigue siendo

    preceptiva en el camino de Santiago y, con un

    poco de imaginación, hasta podemos ver a la

    mítica Venus en la figura del apóstol.

  • 3

    Suona questo a pagano?

    Ebbene, da queste acque veniamo ed io

    non posso rimediarlo. E se questo fosse così

    cattivo, peggio è mettersi a giudice per lasciarci

    nell’ignoranza. In ogni modo, e a dispetto gli

    inquisitori, buono è trattare d’illustrare.

    Benché anche ci si è nascosto, fino a 900

    anni fa, il “Camino de Santiago” non conduceva

    al Compostela di Galizia, ma a un altro

    moltissimo più antico e un po’ più vicino, il

    “Campo-Astella”, intorno ai “Pichi dell’Europa”,

    Asturias, e che, a sua volta, evocava il

    primigenio Campo dove si supponeva che era

    caduto il seme dell’Astro (o il latte della Stella)

    solare generatore della vita e dell’umanità.

    Raggiungere quella meta legittimava i pellegrini

    come “Figli di Dio”.

    Questa nostra

    affermazione viene

    garantita, tra altre

    cose, per la relazione

    semantica Astro >

    Astella > Asturias,

    insieme alla tradizione

    sulla tomba di

    Sant’Yago che fu

    trovata da un eremita chiamato Pelagio >

    Pelayo là dove si era fermato un Astro o Stella

    (in singolare). Ed è curioso che suo nome,

    Pelayo, coincida con quel del mitico re che

    aveva incominciato la Riconquista in Asturias.

    Poiché saputa la tradizionale nemicizia tra

    asturiani, cantabrici e vasconi e i visigotici,

    soltanto la posteriore leggenda poteva fare Re

    di Asturias un Pelayo visigotico. Annotiamo che

    Pelayo, come padre delle Pleiade o delle stelle

    della costellazione così chiamata, è un altro

    nome del gigante Atlas, e qui abbiamo un altro

    mitico personaggio de pura radice spagnola.

    Dall’altra

    parte, la Stella

    Solare è quella

    che creò il mondo

    e diede origine alla

    vita, secondo la

    credenza dei nostri

    antenati più

    lontani, in un luogo

    molto concreto.

    ¿Que esto suena a pagano?

    Pues de estas aguas venimos y yo no lo

    puedo remediar. Y si esto fuera tan malo, peor

    es meterse a juez para dejarnos en la

    ignorancia. De cualquier modo, y a despecho

    de los inquisidores, bueno es tratar de ilustrar.

    Aunque también se nos ha escondido,

    hasta hace 900 años, el Camino de Santiago no

    conducía al Compostela de Galicia, sino a otro

    muchísimo más antiguo y algo más cercano, al

    “Campo-Astella”, en torno a los Picos de

    Europa, Asturias, que, a su vez, evocaba el

    primigenio Campo donde se suponía que había

    caído el semen del Astro (o la leche de la

    Estrella) solar generador de la vida y de la

    humanidad. Alcanzar aquella meta legitimaba a

    los peregrinos como “Hijos de Dios”.

    Nuestra afirmación viene avalada, entre

    otras cosas, por la relación semántica Astro >

    Astella > Asturias, junto con la tradición de que

    la tumba de Sant’Yago la encontró el ermitaño

    Pelagio > Pelayo allí donde se detuvo un Astro

    o Estrella (en singular). Y es curioso que su

    nombre, Pelayo, coincida con el del mítico Rey

    que había empezado la Reconquista en

    Asturias. Porque dada la tradicional inquina de

    astures, cántabros y vascones contra los

    visigodos, sólo una leyenda posterior pudo

    hacer rey de Asturias a un Pelayo visigodo.

    Cabe anotar que Pelayo, como padre de las

    siete Pléyades o estrellas de la constelación así

    llamada, es otro nombre del gigante

    Atlas, y aquí tenemos otro mítico

    personaje de pura cepa española.

    Por la otra parte, la Estrella

    Solar es la que creó el mundo y dio

    origen a la vida, según la creencia

    de nuestros antepasados más

    remotos, en un lugar muy

    concreto.

  • 4

    Una replica di quel luogo primigenio, dopo

    essere stato “annegato” l’originale, era a San

    Bizente de Labarzera o Alabarzera,

    castiglianizato come della Barquera

    (Cantabria) che, se fosse maschile,

    “Barquero” (barcaiolo), ci ricorderebbe

    “Caronte”, o al non meno celebre

    “San Cristoforo”, ambedue presti per

    aiutare nel passaggio “all’altra riva”,

    dopo il cammino della vita e, come

    no, lo stesso San Pietro, con le chiavi

    del Regno dei cieli.

    Un’altra prova cha avalla le nostre

    affermazioni è quella grande conchiglia che c’è

    in ogni chiesa come pila battesimale, o la sua

    imitazione in pietra o marmo, così come che

    una conchiglia continui a essere l’istrumento

    per il rito. D’altra parte, perfino gli stessi

    Vangeli danno fede del battesimo come

    anteriore a Gesù Cristo.

    E, a giorno di oggi, anche ci sono delle

    prove archeologiche, la più

    importante, senza dubbio,

    quella di un “Camposanto”

    che lo tsunami del 2

    febbraio 2014 fecce

    affiorare a San Bizente de

    Labarzera.

    In effetti, Jorge María

    Ribero-Meneses, (autore

    che ispira questo mio

    scritto) potette rincontrare

    migliaia di teste scolpite in

    sassi o in delle ossa

    fossilizzate che erano

    offerte come ex voti in

    certo luogo sacro

    posteriormente invaso dal mare. Le ceppaie

    degli alberi che

    altrove coprivano

    quella superficie,

    ancora rimangono

    nel luogo e,

    dall’analisi del suo

    legno si potrà datare

    l’antichità del

    giacimento, il quale si

    estima in decine, se

    non centine di migliaia di anni.

    Una réplica de aquel lugar primigenio,

    tras haberse “anegado” el original, estaba en

    San Bizente de Labarzera o

    Alabarzera, castellanizado como de la

    Barquera (Cantabria) que, si fuera

    masculino, “Barquero”, nos

    recordaría a “Caronte”, o al no

    menos célebre “San Cristóbal”, listos

    ambos para ayudar en el pasaje a la

    “otra orilla”, tras el camino de la vida

    y, cómo no, al mismo San Pedro, con

    las llaves del Reino de los cielos.

    Otra prueba que avala nuestras

    afirmaciones es esa gran concha que hay en

    todas las iglesias como pila bautismal, o su

    imitación en piedra o mármol, así como que

    una concha siga siendo el instrumento para el

    rito. Por otra parte, hasta los mismos

    evangelios dan fe del bautismo como anterior a

    Jesucristo.

    Y, a día de hoy, también hay pruebas

    arqueológicas, la más importante

    sin duda la de un

    “Camposanto” que el

    tsunami del 2 de febrero

    del 2014 hizo aflorar en

    San Bizente de

    Labarzera.

    En efecto, Jorge

    María Ribero-Meneses

    (autor que inspira este

    escrito), pudo encontrar

    millares de cabezas

    esculpidas en guijarros o

    en huesos fosilizados que

    eran ofrecidas como

    exvotos en cierto lugar

    sacro invadido

    posteriormente por el

    mar. Los tocones de los

    árboles que antaño

    cubrían aquella superficie,

    aún permanecen en el

    lugar y, del análisis de su

    madera se podrá datar la

    antigüedad del

    yacimiento, que ya se

    estima en decenas, si no

    en centenas de millares de años.

  • 5

    D’altra parte, se la ragione degli antichi

    pellegrinaggi era di arrivare dove si supponeva

    erano le acque sacre per -vecchi, paralizzati,

    ammalati o nauseati della vita- purificarsi prima

    di morire, s’intuisce che l’Attuale Santiago di

    Compostela non sia il luogo autentico, poiché

    non sta nel “Finis terre” né sta nella riva.

    Devo avvertire che, come chi conosce la

    musica ma non la lettera della tavola a

    moltiplicare, da molti anni fa avevo io oscure

    idee sull’antica origine del Camino di Santiago.

    Adesso, grazie a Jorge María, già conosco

    qualcosa di più sulla “lettera” e, benché a chi mi

    a insegnato queste cose gli si tacci di pazzo o

    eterodosso, io non posso lasciare di mostragli la

    mia gratitudine. Seguo:

    Che importa però un San Vicente de la

    Barquera di un Santiago de Compostela?

    Forse non importerebbe tanto, se non

    fosse per l’effetto “letale” che si pretendeva e

    che si riuscì a fare con un inganno propiziato

    sopra tutto dal famoso Vescovo Diego Gelmírez

    chi, da forma arbitraria, se non fraudolenta,

    s’inventò non so se la tomba del Apostolo

    Santiago, ma certamente il suo Cammino,

    lasciando alla posterità sommersa nell’oscuro

    mistero che celava la sua reale entità e origine.

    Perché si possono trovare discolpe, ma ecco

    che là c’è l’obblio, se non fosse stato già da

    molto prima, dopo il genocidio e la distruzione

    fatti de Roma in Spagna.

    E, da Santiago, andiamo a Belén

    (Betlemme), che anche è parte del

    cammino di approssimazione al

    corpo del delitto.

    Come se volesse fare revisione

    della storia, il Papa Benedetto XVI ha

    venuto a avallare, in modo indiretto -

    e forse incosciente, che io non lo so-,

    che il “Camino de Santiago” esiste,

    non dal secolo XII, ma almeno dal

    tempo dei “Re Magi”. Eco quello che

    ha scritto nel suo libro “Gesù di

    Nazareth”:

    “La promessa contenuta in questi testi

    (evangelici) allunga la provenienza di questi

    uomini (I Re magi) fino allo stremo Occidente:

    Tarsis, Tartessos, in Spagna”.

    Por otra parte, si la razón de las

    antiquísimas peregrinaciones era la de llegar a

    lo que suponían aguas sagradas para -viejos,

    paralíticos, enfermos o cansados de vivir-

    purificarse antes de morir, se intuye que el

    Actual Santiago de Compostela no es el lugar

    auténtico, pues ni está en “Finisterre” ni está en

    el litoral.

    Debo advertir que, como quien conoce la

    música pero no la letra de la tabla de

    multiplicar, desde hacía muchos años tenía yo

    oscuras noticias sobre el antiguo origen del

    Camino de Santiago. Ahora, gracias a Jorge

    María, sé algo más de “la letra” y, aunque a

    quien me ha enseñado estas cosas se le tache

    de loco o heterodoxo, yo no puedo dejar de

    mostrarle mi gratitud. Sigo:

    Pero, ¿qué más da un San Vicente de la

    Barquera que un Santiago de Compostela?

    Pues tal vez diera lo mismo, si no fuera

    por el efecto “letal” que se pretendía y que se

    logró con un engaño propiciado sobre todo por

    el famoso Obispo Diego Gelmírez quien, de

    forma arbitraria, si no fraudulenta, se inventó

    no sé si la tumba del Apóstol Santiago, pero sí

    su Camino, dejando a la posteridad sumida en

    el oscuro misterio que celaba su real entidad y

    origen. Porque se pueden buscar disculpas,

    pero el olvido ahí está, si es que no estaba ya

    desde mucho antes, tras el genocidio y

    destrucción perpetrados por Roma en España.

    Y, de Santiago, vamos a Belén, que

    también es parte del camino de

    aproximación al cuerpo del delito:

    Como si quisiera revisar la

    historia, el papa Benedicto XVI ha

    venido a avalar, de forma indirecta

    -y tal vez inconsciente, que yo no lo

    sé-, que el “Camino de Santiago”

    existe, no desde el s. XII, sino al

    menos desde el tiempo de los

    “Reyes Magos”. He aquí lo que

    escribe en su libro “Jesús de

    Nazaret”:

    “La promesa contenida en estos textos

    (evangélicos) extiende la proveniencia de estos

    hombres (los Reyes Magos) hasta el extremo

    Occidente: Tarsis, Tartessos, en España”.

  • 6

    Conosciute i pellegrinaggi

    al ”Campo-Astella”, dove

    l’Astro o Stella generasse la

    mitica Venus, sentire che i Re

    Magi vengono della Spagna

    (guidati dalla Stalla), ci porta a

    pensare che questi Re formino

    parte del mito spagnolo. E com’era spagnolo!

    Per quanto i Re non esistono en nessun’altra

    parte del mondo, salvo la Spagna e

    L’Ispanoamerica. Nemmeno negli Evangeli.

    Perché San Matteo parla dei “Sagi” o “Magi”,

    ma per niente dei “Re”.

    Soltanto che i nostri “Re Magi” non

    provenivano dalla

    Spagna, ma andavano

    come pellegrini a qualche

    Belén della Spagna, che

    non a quel di Palestina.

    Per questo continuano ad

    essere i bambini spagnoli

    e ispanoamericani, e non

    quelli di Palestina né

    quelli del resto del

    mondo mondiale, coloro che scrivono le sue

    lettere a queste “Sue Maestà”. Gli altri

    s’intendono con Santa Klaus, Papà Noel o la

    Befana, ma dei Re, forse in questi tempi di

    globalizzazione incomincino ad avere una certa

    idea. E coste che non serve la reciproca, perché

    ancora ricordo “l’aguinaldo” che, per San Nicola

    domandavamo i ragazzi nel mio paese,

    Torresandino.

    Ed è che negli altri paesi, il 6 Gennaio non

    celebrano i Re Magi, ma “L’Epifania”, un nome

    che, in Spagna, con l’eccezione dei preti e

    qualche catechista, nessuno sa che cosa possa

    significare. Poiché in Spagna la gente non

    celebra la “Manifestazione” del Signore -che

    questo significa Epifania, e di qua la Befana

    italiana-, ma continua a festegiare, per inerzia

    storica, il Nacimiento (la Nascita) della vita,

    concretizzata, come già è stato insinuato, nella

    mitica Ballanzia, Minerva, Venus, Palas, Atenea,

    Azina, Zibeles…, che tutti questi nomi ha. Non

    per niente radicò in Spagna l’abitudine -dai

    tempi di Carlo III- di celebrare la Pasqua

    militare, lo stesso 6 Gennaio, con il precettivo

    omaggio ai re e al Governo Spagnolo.

    Conocidas las

    peregrinaciones al “Campo-

    Astella”, donde el Astro o Estrella

    generara a la mítica Venus, oír

    que los Reyes Magos vienen de

    España (guiados por la Estrella),

    nos lleva a pensar que tales Reyes forman

    parte de un mito español. ¡Y vaya si es español!

    Como que los Reyes no existen en ninguna otra

    parte del mundo, salvo en España e

    Hispanoamérica. Ni siquiera en los Evangelios;

    porque San Mateo habla de unos “Sabios” o

    “Magos”, pero nada de “Reyes”.

    Sólo que nuestros “Reyes Magos” no

    provenían de España,

    sino que iban

    peregrinos a algún

    Belén de España, que

    no al de Palestina. Por

    eso siguen siendo los

    niños españoles e

    hispanoamericanos, y

    no los de Palestina ni

    los del resto del mundo

    mundial, quienes escriben sus cartas a estas

    “Sus Majestades”. Los otros se entienden con

    Santa Klaus, Papá Noel o la Befana, pero de los

    Reyes, tal vez en estos tiempos de globalización

    empiecen a tener alguna idea. Y conste que no

    vale la recíproca, porque aún recuerdo el

    aguinaldo que, por san Nicolás, pedíamos los

    niños en mi pueblo, Torresandino.

    Y es que, en los demás países, el 6 de

    enero no celebran los Reyes Magos, sino “La

    Epifanía”, un nombre que, en España, salvo los

    curas y algún que otro u otra catequista, nadie

    sabe qué pueda significar. Porque en España la

    gente no celebraba la “Manifestación” del Señor

    -que eso significa Epifanía, y de aquí la Befana

    italiana-, sino que sigue festejando, por inercia

    histórica, el “Nacimiento” de la vida,

    concretizada, como ya hemos insinuado, en la

    mítica Ballanzia, Minerva, Venus, Palas, Atenea,

    Azina, Zibeles…, que todos estos nombres

    tiene. No por nada arraigó en España la

    costumbre -desde tiempos de Carlos III- de

    celebrar la Pascua militar, el mismo 6 de enero,

    con el preceptivo homenaje a los reyes y al

    gobierno español.

  • 7

    Quando la Santa Madre Chiesa ci ha fatto

    dimenticare queste cose -l'ho detto tante volte-,

    ha attuato come chi introduce in casa nostra il

    bambino Gesù e butta dalla finestra l’inquilino.

    Dunque, Santa Madre, questo non sta bene;

    questo è un crimine. Non sarebbe stato meglio

    santificare l’Antico Testamento spagnolo, come

    si santificò qualcun altro? Non si poteva avere

    fatto “Ecumenismo testamentario” in Spagna?

    Poiché qui io non parlo della Cina. Continuiamo

    però sulle tracce che provano il crimine:

    Curiosamente, da Zibeles > Cibeles deriva

    chavala (quasi celibe) che, secondo alcuna vec-

    chia cronaca, è come i zingari chiamavano l’Eva

    del mito giudaico. Cioè, che seguiamo puntando

    il luogo primigenio che vide nascere l’umanità.

    Notare anche la relazione tra il nome di

    Zibeles > Cibeles, e la arena, sabbia o sable (in

    spagnolo, italiano e francese) della spiaggia

    dove nacque la mitica mogie e, con essa, la

    civitas, la città, la civilizzazione… e la sapienza.

    Di qua che la Palas Azines o Atenea, fosse a

    dea greca della Sapienza, con patronato sulle

    arti.

    E perché sarà che nel centro

    della Spagna, a Madrid, la

    Cibeles ha il più bel monumento

    del mondo a lei eretto? Ecco

    un’altra prova dell’atavica

    devozione a questa moglie

    mitica del popolo spagnolo.

    E perché fu la Spagna -e soltanto la

    Spagna- quella creò un’Impero Cattolico e

    civilizzò tutto un continente soltanto in 300

    anni, a base di creare città nelle quali

    s’integrava tutta classe di genti sotto il dominio

    della Legge, nella convinzione

    dell’unità morale del genero umano?

    Ebbene, perché “buon sangue

    non mente”, che ci sono cose che non

    s’improvvisano dalla notte alla mattina.

    Nel mio scritto “Quando

    l’ignoranza è virtù”, do ragione di

    alcune di queste cose. Devo però

    annotare che, se i miei pregiudizi mi

    portarono a considerare che l’impulso

    civilizzatore della Spagna in America

    era frutto dell’eredità romana, oggi do-

    Haciéndonos olvidar estas cosas, la Santa

    Madre Iglesia actuó -lo he dicho muchas veces-

    como quien mete en nuestra casa al Niño Jesús

    y tira al inquilino por la ventana. Pues eso no

    está bien, Santa Madre; es un crimen. ¿No

    habría sido mejor santificar el Antiguo

    Testamento español, como se santificó algún

    otro? ¿No se podía haber hecho “ecumenismo

    testamentario” en España? Porque aquí yo no

    hablo de la China. Pero sigamos rastreando

    más pruebas del crimen:

    Curiosamente, de Zibeles > Cibeles deriva

    chavala (casi célibe) que, según alguna crónica

    vieja, es como los gitanos llamaban a la Eva del

    mito judío. O sea, que seguimos apuntando al

    lugar primigenio que vio nacer a la humanidad.

    Notar también la relación entre el nombre

    de Zibeles > Cibeles, y la arena de la playa,

    sabbia o sable (en italiano y francés) donde

    nació la mítica primera mujer y, con ella, la

    civitas, la ciudad, la civilización… y la sabiduría.

    De ahí que la Palas Azines o Atenea, fuera la

    diosa griega de la Sabiduría, con patrocinio

    sobre las artes.

    ¿Y por qué será que en el

    centro de España, en Madrid, la

    Cibeles tiene el más hermoso

    monumento del mundo a ella

    erigido? He ahí otra prueba de la

    atávica devoción a esta mítica

    mujer del pueblo español.

    ¿Y por qué fue España -y sólo España- la

    que creó un Imperio Católico y civilizó todo un

    continente en tan solo 300 años, a base de

    crear ciudades en las que se integraba toda

    clase de gentes bajo el dominio de la Ley, en la

    convicción de la unidad moral del

    género humano?

    Pues porque “de casta le

    viene al galgo”, que hay cosas

    que no se improvisan de la noche

    a la mañana.

    En mi escrito “Cuando la

    ignorancia es virtud”, doy razón

    de algunas de estas cosas. Pero

    debo anotar que, si mis prejuicios

    me llevaron a considerar que el

    impulso civilizador de España en

  • 8

    vrei rettificare, perché la cosa è proprio al

    rovescio. In realtà, Roma si comportò in

    Spagna come chi vuole insegnare a suo padre

    a fare dei figli o al vasaio dei vasi. Mentre pe-

    rò la Spagna seminava libertà, Roma ripartiva

    schiavitù, e non soltanto distrusse, ma iniziò

    il maggiore processo di amnesia che videro i se-

    coli; mettete fine a una trasmissione multi mil-

    lenaria con la tragica conseguenza di cancellare

    la memoria storica di tutta l’umanità, fino a fare

    quasi impossibile di tornare a

    ricuperarla. Torniamo alla Cibele:

    Per certo che, degno esempio

    per altre mille, nella città di Messico

    c’è una riproduzione esatta della

    Cibele madrilegna. Perché?

    Ebbene perché, sebbene non

    manchino messicani “ben nati” che

    “amano” la Spagna come alla “madre che ci

    partorì”, che questo dicono alcuni, nessuno può

    rinunciare alla genetica. Sparirebbe della map-

    pa, proprio quello che volevano -e continuano a

    volere- con voi, cari ispanoamericani, i vostri

    “liberatori”: Atomizzare, disgregare, annullare.

    E approfitto la disgiuntiva per tornare all’idea

    iniziale di questo racconto:

    Si continua a parlar della “distruzione

    delle Indie” e si segnala agli spagnoli, però

    nessuno dice che, proprio quelli che segnalano

    con il dito, furono coloro che distrussero e

    annichilarono.

    Chi domanderà perdono alla Spagna per

    tante calunnie in contro suo?

    Per il contrario, Roma passò alla storia

    come civilizzata e civilizzatrice benché, se

    avesse individuato il registro toponimico, che

    si è rivelato come

    il codice genetico

    della storia de

    l’umanità -che

    qualcuno è stato

    capace di

    decifrare-, perfino

    i monti avrebbero

    rovinato gli uni…

    o l’avrebbero -gli

    altri- dichiarati

    eretici. Santa Madre Chiesa Romana! Santo Dio!

    América era fruto de la herencia romana,

    hoy debería rectificar, porque es justo al

    revés. En realidad, Roma se comportó en

    España como quien quiere enseñar a su

    padre a hacer hijos, o al botijero botijos.

    Pero mientras España sembraba libertad,

    Roma repartía esclavitud, y no sólo destruyó si-

    no que inició el mayor proceso de amnesia que

    vieron los siglos; puso fin a una trasmisión cul-

    tural multimilenaria con la trágica consecuencia

    de borrar la memoria histórica

    de toda la humanidad, hasta

    hacer casi imposible volverla a

    recuperar. Volvamos a la

    Cibeles:

    Por cierto que, digno

    ejemplo para otras mil, en

    Méjico ciudad hay una

    reproducción exacta de la

    Cibeles madrileña. ¿Por qué?

    Pues porque, aunque no faltan mejicanos

    “bien nacidos” que “aman” a España como a “la

    madre que nos parió”, que dicen algunos, nadie

    puede renunciar a la genética. Desaparecería

    del mapa, justo lo que querían -y siguen

    queriendo- hacer con vosotros, queridos

    hispanoamericanos, vuestros “liberadores”:

    Atomizar, disgregar y anular. Y aprovecho la

    disyuntiva para volver a la idea inicial de este

    relato:

    Se sigue hablando de la “destrucción de

    las Indias” y se señala a los españoles, pero

    nadie dice que, justo los que señalan con el

    dedo, fueron los que destruyeron y aniquilaron.

    ¿Quién pedirá perdón a España por tantas

    calumnias en su contra?

    Por el contrario,

    Roma pasó a la historia

    como civilizada y

    civilizadora aunque, si

    hubiera detectado el

    registro toponímico, que

    se ha revelado como el código genético de

    la historia de la humanidad -que alguien

    ha sido capaz de desentrañar-, hasta los

    montes habrían arrasado unos… o los

    habrían -otros- declarado herejes. ¡Santa

    Madre Iglesia Romana! ¡Santo Dios!

  • 9

    Ma se Dio non risponde, e per questo al-

    cuni dicono che non esiste, che cosa potremmo

    pensare il resto da una Chiesa che tace?

    Aggiungerò, in onore dell’autore che l’ha

    scoperto, che forse quel della linguistica sia

    l’unico metodo fidabile di approssimazione alla

    storia, tante volte tramessa, e anche scritta,

    dalla convenienza o il rammendo

    politico da ogni momento storico.

    Continuiamo però il nostro

    cammino, che dobbiamo arrivare

    a Belén, perché altrimenti, chi

    canterà nel presepio se

    nessun’altro, salvo gli spagnoli, sa

    che cosa sia un “villancico”?

    A quello già segnalato si deve aggiungere

    l’ingente quantità di toponimi spagnoli

    relazionati con Belén. Ad esempio: Belén (in

    Cáceres, León, Portogallo, Ispanoamerica…),

    Bailén, Valencia, Palencia, Palatino, valles e

    villas, polis e polas, Valle de Polaziones (vicino

    a Liébana), Beleño, Belonzio, Belanga,

    (¿Berlanga?), Beloña…

    Da tutto questo s’inferisce che il

    Betlemme palestino dove San Matteo situa la

    nascita di Cristo è una copia che, come tutte le

    altre, ci rimanda al luogo primigenio dove si

    supponeva era caduto il seme di Dio per dare

    origine all’umanità.

    Perché ci vuole avere conto che anche

    Belén deriva di Ballanzia, il primigenio nome

    della mitica prima moglie nata nella barnagla,

    secondo questo schema: Ballanzia > Balencia >

    Belén, come anche l’ateniese Palla > Palas o

    Políada, cioè, Palas Atenea, la stessa

    protagonista del primigenio Belén.

    Benché però San Matteo

    traslatasse dal Nord della Spagna

    al Belén palestinese il destino dei

    “Saggi di Oriente” (Mt 2,1ss), e

    tutti credono che lo scopo del suo

    viaggio era il detto piccolo paese

    di Palestina, il racconto affonda le

    sue radici nella più remota

    antichità cantabrica e da ragione

    dei pellegrinaggi al Compostela

    asturiano-cantabrico, dove l’Astro o Stella

    Solare aveva dato origine alla vita.

    Pero si Dios no responde, y por eso

    algunos dicen que no existe, ¿qué podremos

    pensar el resto de una Iglesia que calla?

    Añadiré, en honor del autor que lo

    descubrió, que tal vez el de la lingüística sea el

    único método fiable de aproximación a la

    historia, tantas veces transmitida, e incluso

    escrita, desde la conveniencia o el apaño

    político de cada momento histórico.

    Pero sigamos nuestro cami-

    no, que debemos llegar a Belén

    porque, si no, ¿quién cantará en el

    portal si nadie, salvo los españoles,

    sabe qué es un villancico?

    A lo ya dicho hay que añadir la

    ingente cantidad de topónimos

    españoles relacionados con Belén. Por ejemplo:

    Belén (en Cáceres, León, Portugal,

    Hispanoamérica…), Bailén, Valencia, Palencia,

    Palatino, valles y villas, polis y polas, Valle de

    Polaziones (cerca de Liébana), Beleño,

    Belonzio, Belanga, (¿Berlanga?), Beloña…

    De esto se infiere que el Bethlehem

    palestino donde San Mateo sitúa el nacimiento

    de Cristo es una copia que, como las demás,

    nos remite al lugar primigenio donde se suponía

    que había caído el semen de Dios para dar

    origen a la humanidad.

    Porque hay que tener en cuenta que

    también Belén deriva de Ballanzia, el primigenio

    nombre de la mítica primera mujer nacida en la

    barnagla, según este esquema: Ballanzia >

    Balencia > Belén, como también la ateniense

    Palla > Palas o Políada, o sea, Palas Atenea, la

    misma protagonista del primigenio Belén.

    Pero aunque San Mateo

    trasladara del norte de España

    al Belén palestino el destino

    de los “Sabios de Oriente” (Mt

    2,1ss), y todos creen que el

    objetivo de su viaje era dicho

    pueblo de Palestina, el relato

    hunde sus raíces en la más

    remota antigüedad cántabra

    y da razón de las

    peregrinaciones al

    Compostela asturiano-cántabro donde el Astro

    o Estrella Solar había dado origen a la vida.

  • 10

    Questo vuole dire che, se nell’attualità il

    beleni (presepi) sono il marco scenico

    dove si rappresenta la

    nascita di Cristo, nel

    nostro “Antico Testa-

    mento” rappresentava-

    no la nascita della vita,

    concretizzata nella

    mitica moglie-dea

    Ballanzia, Minerva,

    Venus, Palas Atenea…

    Diciamo, infine, a

    discarico di San Matteo, che il suo equivoco si è

    dovuto al fatto che il nome di Palestina -come

    anche quel di Filistea- risponde letteralmente a

    quel di Palas Atenea ed è chiaro: nel momento

    che localizzò là vicino il paese di Belén, là

    sistemò il Portalo (presepio) o, quello che è lo

    stesso, aprì la Porta per la quale fece entrare il

    Bambino Gesù, benché a spese che qualcuno

    buttare dalla finestra alla nostra Ballanzia

    veterotestamentaria. Ecco il crimine! Poiché

    come Adamo ed Eva, quello che la nostra mitica

    moglie necessitava era redenzione, non la pena

    di morte esecutata nell’oblio.

    Comunque, piuttosto che un equivoco a

    discolpare, il caso di Matteo, in quanto tale, è

    un chiaro esempio di genialità a

    ringraziare. Perché?

    Ebbene, perché fu un modo di

    confrontarsi ai capetti giudei che,

    investiti di autorità -e di

    arbitrarietà- decidevano quale

    racconto era puro mito e qual altro

    no, o quale fosse vero e quale

    falso, quale verità e quale bugia,

    quale valido e laudabile e quale invalido e

    condannabile; capetti con autorità -e

    arbitrarietà- per decidere condannare un

    innocente come fu il caso di Gesù…

    E dico che il mito intorno all’infanzia di

    Gesù di San Matteo fu una genialità perché fu

    un modo di dire a tanto capetti che c’erano altri

    più capaci di loro, benché senza tanta autorità

    ne capacità arbitraria, per creare miti a favore

    dell’innocente che avevano portato in croce –

    salvo che questo anche sia mito, perdona Jorge

    Maria-, e incluso per creare una religione

    intorno allo stesso che avevano condannato.

    O sea que, si en la actualidad los belenes

    son el marco escénico donde se representa el

    nacimiento de Cristo, en

    nuestro “Antiguo Testa-

    mento” representaban el

    nacimiento de la vida,

    concretizada en la mítica

    mujer-diosa Ballanzia,

    Minerva, Venus, Palas

    Atenea…

    Digamos en fin, en

    descargo de San Mateo, que su

    equívoco se debió a que el nombre de Palestina

    -lo mismo que el de Filistea- responde

    literalmente al de Palas Atenea y, claro, en

    cuanto localizó por allí cerca el pueblo de Belén,

    allá instaló el Portal o, lo que es lo mismo, abrió

    la Puerta por la que nos coló al Niño Jesús, aun

    a costa de que alguien lanzara por la ventana a

    nuestra Ballanzia veterotestamentaria. ¡El

    crimen! Porque, como Adán y Eva, lo que

    nuestra mítica mujer necesitaba era redención,

    no la pena de muerte ejecutada en el olvido.

    Pero cabe reconocer que, más que un

    equívoco a disculpar, el caso de Mateo, en

    cuanto tal, es un ejemplo de genialidad a

    agradecer. ¿Por qué?

    Pues porque fue un modo

    de enfrentarse a los capitostes

    judíos que, investidos de

    autoridad -y de arbitrariedad-

    decidían qué relato era puro

    mito y qué otro no, o qué fuera

    verdadero y qué falso, qué

    verdad y qué mentira, qué

    válido y laudable y qué inválido

    y condenable; capitostes con autoridad -y

    arbitrariedad- para decidir condenar a un

    inocente como fue el caso de Jesús…

    Y digo que el mito en torno a la infancia

    de Jesús de San Matero fue una genialidad

    porque fue un modo de decir a tanto capitoste

    que había otros más capaces que ellos, aun sin

    tanta autoridad ni capacidad arbitraria, para

    crear mitos a favor del inocente que habían

    llevado a la cruz -salvo que esto también sea

    un mito, perdona Jorge María-, e incluso para

    crear una religión en torno al mismo a quien

    habían condenado.

  • 11

    Peccato che la Chiesa, nella società che lo

    stesso Matteo propiziasse, anche si eressero

    capetti capaci di serrare le file intorno a se

    stessi, alle sue leggi, alle sue discipline; capaci

    di promettersi obbedienza gli uni gli altri per

    dimenticare di obbedire Dio; freschi a

    dogmatizzare, a giudicare e a condannare

    secondo il suo criterio o quel dei suoi interessi,

    lasciando da parte il previo giudizio di Dio;

    capetti, nel nostro caso, inventori di “bugie

    pietose” o supposte verità per nascondere, tra

    altre, la verità storica.

    Mi dispiace, ma una bugia è sempre una

    bugia e, né con lo Spirito Santo sopra la

    Madonna e gli Apostoli, questo tipo di arte può

    essere d’ispirazione divina. Benché sia a baci,

    un assassinato sempre è un assassinato e, per

    quanto si riferisce alla nostra tematica, per

    molto laudabile che possa essere avere

    consacrato il mito del Belén cristiano,

    reprensibile è avere sotterrato le

    fonti che lo hanno originato.

    E, se “dove le danno, le

    prendono”, ecco perché anche

    Mohamed si sentì autorizzato per

    inventare una religione, a spese dei giudei e dei

    cristiani. Comunque, credo che questo caso sia

    un po’ diverso di quel di Matteo, poiché mentre

    l’uno cercava la liberazione della “Legge”, l’altro

    cercava, e riuscì a imporre una schiavitù ancora

    più accentuata, se possibile. Peccato, che

    queste cose non siano privative dell’islam e del

    giudaismo; perché potrei mettere alcuni esempi

    di certi “ministri” della Santa Chiesa -con nome

    e cognome- che usano del suo “ministero”

    piuttosto per soggiogare che per servire. Per

    questo non è raro che anche ci siano coloro

    che seguano il riferito proverbio e dicano:

    “Amico, se tu ti senti libero per il despo-

    tismo, io mi sento libero per prescindere dei

    tuoi servici, e per calpestare serpenti e

    scorpioni, proprio quello che tu sei dall’ar-

    bitrarietà”. Una libertà questa abbastanza

    difficile in altri ambiti a dispetto che Dio

    abbia creato l’uomo non “sottomesso”, ma

    libero. Torniamo però al nostro assunto,

    poiché ancora dobbiamo tentare di arrivare

    al primigenio Belén, il luogo proprio dove si

    celebrò la primigenia Natività.

    Lástima que en la Iglesia, la sociedad que

    el mismo San Mateo propiciara, también se

    erigieran capitostes capaces de cerrar filas en

    torno a sí mismos, a sus leyes, a sus

    disciplinas; capaces de prometerse obediencia

    unos a otros para olvidar obedecer a Dios;

    listos a dogmatizar, a juzgar y a condenar

    según su criterio o el de sus intereses,

    ladeando el previo juicio de Dios; capitostes, en

    nuestro caso, inventores de “mentiras

    piadosas” o supuestas verdades para esconder,

    entre otras, la verdad histórica.

    Pues lo siento, pero una mentira es

    siempre una mentira y, ni con el Espíritu Santo

    sobre la Virgen y los Apóstoles, este tipo de

    arte puede ser de inspiración divina. Aunque

    sea a besos, un asesinato siempre es un

    asesinato y, en lo referente a nuestro tema, por

    muy laudable que pueda ser haber consagrado

    el mito del Belén cristiano, reprensible es haber

    soterrado las fuentes que lo originaron.

    Y, si “donde las dan, las

    toman”, he ahí por qué Mahoma se

    sintió autorizado a inventarse una

    religión, a costa de judíos y cristianos.

    Con todo, creo que este caso es algo

    distinto del de Mateo porque, mientras el uno

    buscaba la liberación de la “Ley”, el otro

    buscaba, y logró, una esclavitud más

    acentuada, si cabe. Lástima que estas cosas no

    sean privativas del islam y del judaísmo; porque

    podría poner algunos ejemplos de ciertos

    “ministros” de la Santa Iglesia -con nombres y

    apellidos- que utilizan su “ministerio” más para

    avasallar que para servir. Por eso no es raro

    que haya quien siga el referido refrán y diga:

    “Amigo, si tú te sientes libre para el

    despotismo, yo me siento libre para

    prescindir de tus servicios, y para

    pisotear serpientes y escorpiones,

    justo lo que tú eres desde la

    arbitrariedad”. Una libertad, ésta,

    harto difícil en otros ámbitos, pese a

    que Dios no ha creado al hombre

    “sumiso”, sino libre. Pero volvamos

    a nuestro asunto, porque aún

    hemos de tentar llegar al primigenio

    Belén, justo donde se celebró la

    primigenia Navidad:

  • 12

    Da quanto segnalato si faceva eco il

    monastero di Silos o Azillos (Burgos), poiché

    durante il Medioevo era chiamato la “Domus

    Seminis” (“Casa o Morada del Semen”), e adeso

    mi sono accorto perché gli si chiamò silo a quel

    grande deposito di grano

    del mio paese, una

    domanda che nessuno

    sapeva rispondermi nella

    mia infanzia. Peccato che

    questa benedetta parola

    da radice così antica

    come la vita stessa sia

    stata profanata per

    designare i nuovi luoghi

    dove si occultano i missili

    della morte.

    Per certo che Azillos, en basco, anche

    significa seme.

    Tutto, infine ci porta alla Cibeles della

    barnagla, alla civilizada Azenea > Atenea, ecc.

    Perché anche il nome di Atena è una

    variante di Azena, cioè, che Atena era un’altra

    “Città del seme di Dio”, replica di quella di

    Burgos, come anche questa lo era della

    primigenia Silos dell’Atlantide, e presto si verrà

    perché facciamo quest’affermazione:

    Abbondando nello stesso, e per dare

    ragione di esso, dire che nel intorno del

    monastero di Silos ci sono diversi luoghi che si

    chiamano Azeña (mulino), addirittura della villa

    di Azinas e, secondo Jorge María, la acropoli

    sicuramente più antica ed estraordinaria del

    Pianeta: Quella della Rupe Karazo o “Alto de

    San Carlos o de la MIRAndilla”,

    la KONtrebia

    celtiberica dalla

    quale ci sono vestigi

    di uno suo antico

    nome, Azilloz, senza

    mancare, a suo

    fianco, l’opportuno

    eremo dedicato alla

    “Virgen del Sol”

    (Madonna del Sole).

    Più lontano -in

    Grecia- c’è Atena, o Azenai, cioè che, sebbene i

    greci anche lo abbiano dimenticato la sua

    capitale continua a essere “città del seme”.

    De cuanto se ha señalado se hacía eco el

    monasterio de Silos o Azillos (Burgos), por

    cuanto en la Edad Media era llamado “Domus

    Seminis” (“Casa o Morada del Semen”), y acabo

    de enterarme por qué se le llamó silo a aquel

    gran almacén de

    grano de mi pueblo,

    algo que nadie me

    supo decir en mi

    infancia. Lástima que

    esta bendita palabra

    de raigambre tan

    antigua como la vida

    misma haya sido

    profanada para

    designar a los

    nuevos lugares

    donde se ocultan los misiles de la muerte.

    Por cierto que Azillos, en vasco, también

    significa semen.

    Todo, en fin, nos lleva a la Cibeles de la

    barnagla, a la civilizada Azenea > Atenea, etc.

    Porque también el nombre de Atenas es

    una variante de Azena, o sea, que Atenas era

    otra “Ciudad del Semen de Dios”, réplica del

    Silos burgalés, lo mismo que ésta lo era de la

    primigenia Silos de la Atlántida, y pronto se

    verá por qué hacemos esta afirmación:

    Abundando en lo mismo, y para dar razón

    de ello, decir que en el entorno del monasterio

    de Silos hay varios lugares que se llaman Azeña

    (molino), amén de la villa de Azinas y, según

    Jorge María, la acrópolis seguramente más

    antigua y extraordinaria del Planeta: La de Peña

    Karazo, “Alto de

    San Carlos o de la

    MIRAndilla”, la

    KONtrebia

    celtibérica, de la

    que hay vestigios

    de su antiguo

    nombre, Azilloz, sin

    faltar, a su lado, la

    oportuna ermita

    dedicada a la

    Virgen del Sol. Más lejos -en Grecia- está

    Atenas, o Azenai, o sea que, aunque también

    los griegos lo hayan olvidado, su capital

    continúa siendo “ciudad del semen”.

  • 13

    In altre parole: Il monastero di Azilos >

    Silos, era la versione medievale

    dell’antichissima città sacra di Karazo =

    KONtrebia = Mirandilla, trovata da Jorge María

    nel 1990. Si tratta di un’acropoli che fu la più

    importante del Pianeta durante migliaia di anni,

    e alla quale il nostro filologo postula come

    “indiscutibile Santa Sede” del “cristianismo

    preistorico” o, come a me piace dire, del nostro

    “Antico Testamento”. Suo nome celtiberico è

    KONtrebia Leukada. Merita dirsi che uno escavo

    fatto in questa città, diretto dallo stesso Jorge

    Maria, fece apparire, a pochi metri di

    profondità, industria litica dal paleolitico medio,

    tra 150 e 50 mille anni. Un giacimento che

    potrebbe essere molto

    più importante di

    Atapuerca che, a giorno

    di oggi è il più

    importante del mondo.

    Per il momento,

    KONtrebia ci rimanda a

    Kantabria, prolungazione

    orientale di Asturias, e

    alla nostra protagonista la

    KONcha o Barnagla.

    E dove ci rimanda

    Leukada?

    En otras palabras: El monasterio de Azilos

    > Silos, era la versión medieval de la

    Antiquísima ciudad Sagrada de Karazo =

    KONtrebia = Mirandilla, hallada por Jorge María

    en 1990. Se trata de una acrópolis que fue la

    más importante del Planeta durante milenios, y

    a la que el mismo descubridor postula como

    “indiscutible Santa Sede” del “cristianismo

    prehistórico” o, como a mí me gusta decir, de

    nuestro “Antiguo Testamento”. Su nombre

    celtibérico es KONtrebia Leukada. Cabe decir de

    ella que una excavación dirigida por el mismo

    Jorge María, hizo aparecer, a pocos metros de

    profundidad, industria lítica del paleolítico

    medio, entre hace 150 y

    50 mil años. Un

    yacimiento que podría ser

    mucho más importante

    que el de Atapuerca que,

    a día de hoy, es el más

    importante del mundo.

    De momento,

    KONtrebia nos remite a

    Kantabria, prolongación

    oriental de Asturias, y a

    nuestra protagonista la

    KONcha o Barnagla.

    ¿Y a qué nos remite Leukada?

  • 14

    Leukada < glauca, significa bianca e latte;

    ecco i due principi generatrici della vita. Cioè,

    che Leukada era la Città del latte… e del seme.

    Leukada ci rimanda a Leuki > Likorea, la

    città bianca situata nel Monte Parnaso, che era

    riconosciuta come la città più antica del

    Pianeta. Repliche del nome di Likorea

    rimangono intorno a Liébana, in Cantabria:

    Sierra di Ligoria, Picco Liguardi, il paese di

    Liguerzana…, toponimi che, curiosamente,

    danno ragione del paese dei primigeni liguri,

    antecedenti dei greci e romani, come anche

    della città di Lugo con il suo muro.

    E dove si trovava la città di Leukada >

    Leuki > Likorea?

    Ebbene, sulla cima dell’Atlantide, oggi

    sommersa di fronte al litorale asturiano, circa

    60 km. al largo. E già abbiamo arrivato al

    primigenio Belén, il luogo che vedesse nascere

    la Madre della vita e che, a spese del racconto

    di Matteo sulla nascita del Figlio di Dio nel

    “Belén giudeo”, il fervore della Chiesa ci fece

    dimenticare, insieme al Camino, oltre al mito

    che dava ragione di ambedue.

    Ebbene, questo non è giusto, e la Santa

    Madre Chiesa dovrebbe incominciare ad

    accorgersi di esso e domandare perdono. Più

    cose, a modo d’illustrazione e complemento:

    Sappiamo che Burgos è il “CAPUT

    CASTELLAE”, la "CAMERA REGIA" e la

    "PRIMA VOCE ET FIDE", cioè: “Capo

    di Castiglia”, “Camera del Re” e la

    “Prima nella voce e la fede”.

    Sappiamo anche che la sua cattedrale

    era la più formidabile dell’Europa e, il

    suo castello, fino che lo volarono i

    francesi nel 1812, il maggiore della

    Spagna, se non del Continente.

    Leukada < glauca, significa blanca y

    leche; he aquí los dos principios generadores

    de la vida. O sea, que Leukada era la Ciudad de

    la Leche…, y del semen.

    Leukada nos remite a Leuki > Likorea, la

    ciudad blanca situada en la cumbre del Monte

    Parnaso, que era reconocida como la ciudad

    más antigua del Planeta. Réplicas del nombre

    de Likorea quedan en torno a Liébana, en

    Cantabria: Sierra Ligoria, Pico Ligüardi, pueblo

    de Ligüerzana…, topónimos que, curiosamente,

    dan razón del país de los primigenios ligures,

    antepasados de griegos y romanos, y también

    de la ciudad de Lugo con su muralla.

    Y, ¿dónde estaba la ciudad de Leukada >

    Leuki > Likorea?

    Pues en la cumbre de la Atlántica, hoy

    sumergida frente a las costas asturianas, unos

    60 km. mar adentro. Y ya hemos llegado al

    primigenio Belén, al lugar que viera nacer a la

    Madre de la vida y que, a costa del bello relato

    de Mateo sobre el nacimiento del Hijo de Dios

    en el “Belén judío”, el fervor de la Iglesia nos

    hizo olvidar, junto con el Camino, más el mito

    que daba razón de ambos.

    Pues eso no está bien, y la Santa Madre

    Iglesia ya tendría que empezar a tomar

    conciencia de ello y pedir perdón. Más cosas, a

    modo de ilustración y complemento:

    Sabemos que Burgos es la “CAPUT

    CASTELLAE”, la "CAMERA REGIA" e la

    "PRIMA VOCE ET FIDE", o sea: “Cabeza

    de Castilla”, “Morada del Rey” y la

    “Primera en la palabra y en la fe”.

    Sabemos también que su catedral era la

    más formidable de Europa y, su castillo,

    hasta que lo volaron los franceses en

    1812, el mayor de España si no del Continente.

  • 15

    A che si dovevano gli onori e l’estrema

    magnificenza di questa città?

    Ebbene, a che

    era una replica

    della città di

    KONtrebia Leukada,

    con tutto quello che

    significava a livello

    politico e religioso.

    Così lo testimonia,

    ad esempio, la sua

    Patrona, Santa Maria la Bianca, replica cristiana

    della Ballanzia, Minerva, Venus… che in Burgos

    riceve il nome di Flora, curioso nome della

    sua prima Patrona, la “Mítica moglie nata

    nell’Oceano”. Perché non si deve

    associare Flora con i fiori, ma piuttosto

    con parole come flotta, flottare, fluire,

    “fletar” (noleggiare), affiorare…, tutte

    relazionate con il mare. Questo mi porta

    a pensare nei fiori come “barnagle” o

    conchiglie che l’etimologia lega

    all’oceano, e che sono il reclamo perché

    in esse affiori la vita, non senza

    l’intervento del Astro o Stella solare dall’alto e

    dall’acqua del mare da sotto; acqua che, dopo

    prodigioso e labirintico anfratto, gli apporta la

    stessa pianta. Torniamo però a Burgos:

    In questa città anche c’è la Certosa di

    “Mira-flores”, nome che si potrebbe leggere

    come “Signora del Mare”; per questo Flora è

    anche conosciuta come Kristina, e già sappiamo

    che Kristos era l’epiteto per antonomasia che

    diedero a Gesù, e il cui origine anche è nella

    nostra primigenia mitologia, che non nella

    giudaica.

    Altre copie, come quella di KONtrebia

    Leukada burgalesa, senza uscire

    della Spagna sono: Alicante, che in

    epoca romana ancora era

    conosciuta come Akra Leuka

    (Roccia Bianca); Luzena, San Lúkar

    de Barrameda… nei cui stemmi

    figurano le acque sulle quali si

    alzavano le “Colonne di Hercule”, e

    il torrione di Castiglia, ricordo

    dell’antica torre di Babele e simbolo

    della città Bianca, e la Stella delle 8

    punte che figura l’Astro Re.

    ¿A qué se debían los honores y la

    extrema magnificencia de esta ciudad?

    Pues a que

    era una réplica de la

    ciudad de KONtrebia

    Leukada, con todo

    lo que significaba a

    nivel político y

    religioso. Así lo

    atestigua, por

    ejemplo, su Patrona,

    Santa María la Blanca, réplica cristiana de la

    Ballanzia, Minerva, Venus… que en Burgos

    recibe el nombre de Flora, curioso nombre de

    su primera Patrona, la “Mítica

    mujer nacida en el Océano”.

    Porque no hay que asociar Flora

    con las flores, sino con palabras

    tales como flota, flotar, fluir, fletar,

    aflorar…, todas relacionadas con el

    mar. Esto me lleva a pensar en las

    flores como conchas o barnaglas

    que la etimología liga al océano, y

    que son el reclamo para que en ellas

    aflore la vida, no sin la intervención

    del Astro o Estrella solar desde lo alto y del

    agua del mar desde abajo; agua que, tras

    prodigioso y laberíntico vericueto, les aporta la

    misma plata. Pero volvamos a Burgos:

    En esta ciudad también está la Cartuja de

    Mira-flores, nombre que se podría leer como

    “Señora del Mar”; por eso Flora también era

    conocida como Kristina, y ya sabemos que

    Kristos era el epíteto por antonomasia que

    dieron a Jesús, y cuyo origen también está en

    nuestra primigenia mitología, que no en la

    judía.

    Réplicas como la de KONtrebia

    Leukada burgalesa, sin salirnos de

    España son: Alicante, que en época

    romana aún se conocía como Akra

    Leuka (Peña Blanca); Luzena, y San

    Lúkar de Barrameda… en cuyos escudos

    figuran las aguas sobre las que se

    alzaban las “Columnas de Hércules”, y

    el torreón de Castilla, recuerdo de la

    antigua “Torre de Babel” y símbolo de la

    ciudad Blanca, y la Estrella de 8 puntas,

    que representa al Astro Rey.

  • 16

    Come si dice, “qui non c’è imbroglio né

    cartone”. Qui non ci sono delle invenzioni, né

    favole, leggende né opinioni. Soltanto toponi-

    mia, parole, araldica, logica linguistica e che il

    lettore pensi e decida, che niente s’impone.

    KONtrebia Leukada anche fu modello per

    la stessa Atena, migliaia di anni più moderna, la

    cui prima acropoli era situata sul Monte

    Lykaion, consacrato a Zeus Lykaios e ad Apolo

    Lykeios, rappresentato questo come un lupo

    (λύκος), animale così frequente nell’araldica

    cantabrica, perso nella greca e scambiato -o

    forse non tanto- per una

    lupa a Roma.

    Come si vede, incluso

    il latte della lupa romana,

    tutto e bianco latteo, come il

    nome dell’originale città di

    Leukada nell’isola Tri-Leuki.

    Più ancora:

    L’isola Tri-Leuki è ricordata nella mitologia

    greca con il nome di Leuko-Fris e Kolonas, da

    dove deriva il nome de la Koruña, città gallega,

    e al quale precede quel di Kolina > Klunia, città

    celtibera (nel termine di Koruña del Conde,

    Burgos), che sarebbe capitale dell’Ispania

    Settentrionale nei tempi dei romani.

    Se questo fosse poco, per

    patentare che era replica o erede di

    altre più antiche, è fiancheggiata da

    due popolazioni denominate

    Likuerda e Peña Alba de Castro,

    replica, questa, dell’Albarnia, che

    anche rispose altrove ai nomi di

    Ibernia, Bernecia > Venecia.

    Como se dice, “aquí no hay trampa ni

    cartón”. Aquí no hay inventos, ni fábulas,

    leyendas ni opiniones. Sólo toponimia, palabras,

    heráldica, lógica lingüística y que el lector

    piense y decida, que nada se impone.

    KONtrebia Leukada también fue modelo

    para la misma Atenas, miles de años más

    moderna, cuya primera acrópolis estaba en el

    Monte Lykaion, consagrado a Zeus Lykaios y a

    Apolo Lykeios, representado éste como un lobo

    (λύκος), animal tan frecuente en la heráldica

    cántabra, perdido en la griega y confundido -o

    tal vez no tanto- con una loba

    en Roma.

    Come se ve, incluida la

    leche de la loba romana, todo es

    blanco lácteo, como el nombre

    de la original ciudad de Leukeda

    en la isla Tri-Leuki. Más aún:

    La isla Tri-Leuki es recordada en la

    mitología griega con el nombre de Leuko-Fris y

    Kolonas, de donde deriva el nombre de La

    Koruña, y al que antecede el de Kolina >

    Klunia, ciudad celtíbera (en el término de

    Koruña del Conde, Burgos), que sería capital de

    la Hispania Septentrional en tiempos de los

    romanos. Por si fuera poco, para

    patentar que era réplica o heredera

    de otras más antiguas, está

    flanqueada por sendas poblaciones

    llamadas Likuerda y Peña Alba de

    Castro, réplica, ésta, de otra

    Albarnia, en el litoral norteño, que

    respondió a los nombres de

    Ibernia, Bernecia > Venecia.

  • 17

    Kolonas, Koruña, Kolina > Klunia, Koruña

    ci ricorda le Colonne di Hercule o di Gaza, dalle

    quale vuole essere una replica il “faro coruñés”

    di Hercule. Cioè, che l’isola Tri-Leuki fu una

    delle Kolinas = Columnas di Hercules, in cui

    dintorni nacque la protagonista del primigenio

    Belén. Finisco:

    Adesso sappiamo, per i vangeli

    dell’infanzia, che Gesù, essendo Figlio di Dio,

    nasce dalla Vergine Maria pe opera dallo Spirito

    Santo. Ebbene: Senza entrare in alte teologie,

    sarebbe interessante indagare per sapere un

    po’ di più sul padre della risaputa mitica moglie,

    una cosa che penso intraprendere in un altro

    racconto, se mi fosse possibile.

    Per il momento, e dopo tanto discorso

    “pagano”, una citazione della lettera di San

    Giacomo il Minore:

    “Perché così l’ha voluto, il Padre ci ha

    generati per mezzo della parola di verità, per

    essere una primizia delle sue creature” (Giac 1,

    18).

    E dico io: Con questa terminologia e

    questi concetti così neotestamentari come

    prosaici, come vergognarsi di quei che i nostro

    Antico Testamento ci trasmessi fino a 2000 anni

    fa? Nemmeno oggi si può fare un po’ di dialogo

    ecumenico?

    È chiaro che nella lettera di san Giacomo

    non c’è sperma né latte, ma se non si

    sottovaluta la creta o il fango, perché

    disistimare altri principio? E se Adamo ed Eva

    erano degni di redenzione, potrei concedere

    che più redenzione di loro necessitassero l’Astro

    re e l’originale Ballanzia, ma

    non che fossero rei di morte o

    dell’eterno oblio. Ecco “il

    corpo del delitto” nel quale la

    Chiesa, se non l’agente

    principale, almeno fu

    collaboratrice necessaria.

    NOTA: La “filologia” deo miei scritti è o sta

    inspirata in quella di Jorge María Ribero-Meneses.

    P.S., nella pagina seguente.

    Kolonas, Koruña, Kolina > Klunia, Koruña

    nos recuerda las Columnas de Hércules o de

    Gaza, de las que quiere ser réplica el faro

    coruñés de Hércules. O sea, que la isla Tri-

    Leuki fue una de las Kolinas = Columnas de

    Hércules, en cuyo entorno nació la Diosa

    protagonista del primigenio Belén. Termino:

    Ahora sabemos, por los Evangelios de la

    infancia, que Jesús, siendo Hijo de Dios, nació

    de la Virgen María por obra del Espíritu Santo.

    Pues bien: Sin meternos en altas teologías,

    sería interesante indagar para saber algo más

    sobre el padre de la mítica mujer de marras,

    algo que pienso acometer en otro relato, si me

    fuera posible.

    De momento, y tras tanto discurso

    “pagano”, una cita de la carta de Santiago el

    Menor:

    “Porque así lo quiso, el Padre nos ha

    engendrado con la palabra de la verdad, para

    que seamos la primicia de sus criaturas” (Sant

    1, 18).

    Y digo yo: Con esta terminología y estos

    conceptos tan neotestamentarios como

    prosaicos, ¿cabe avergonzarse de los que

    nuestro Antiguo Testamento nos transmitió

    hasta hace 2000 años? ¿Ni siquiera hoy cabe un

    dialogo ecuménico?

    Está claro que en la carta de Santiago no

    hay esperma ni leche, pero si no se infravaloró

    el barro o el lodo, ¿por qué despreciar otros

    principios? Y si Adán y Eva eran dignos de

    redención, podría otorgar que más redención

    que ellos necesitaran el Astro rey y la original

    Ballazia, pero no que fueran

    reos de muerte o del eterno

    olvido. He ahí “el cuerpo del

    delito” en el que la Iglesia, si

    no el agente principal, al

    menos fue colaboradora

    necesaria.

    NOTA: La “filología” de mis escritos es o está

    inspirada en la de Jorge María Ribero-Meneses.

    P.S., en la página siguiente.

  • 18

    P.S.: Ecco un Apostolo San Giacomo su una placca di oro che si conserva nel museo del Louvre e che mi offre Jorge María a ultima ora, anche con l’opportuna glossa. Osservate la vieira sulla sua testa che lo accredita come tale.

    Comunque, addirittura di questo attributo, ci sono altri che il moderno Apostolo ha perso, cioè:

    - La torre sulla quale imparte dottrina, e che rappresenta, niente di meno, che il faro della fine del mondo, dal quale si vuole fare ecco la Torre di Ercole della Coruña.

    - Il serpente, che rappresenta le temibili onde del mare sulle quali era eretta la tale Torre.

    - La rampa -scala?-, che ricorda quella che in forma elicoidale circondava la stessa Torre da basso in alto, perché anche potessero salire le cavallerie, lo quale non scarta altra interiore, come nella Giralda di Sevilla, per scendere.

    Devo aggiungere che il personaggio della placa non è identificato come Apostolo San Giacomo, ma come il Preste Giovanni da Abissinia e L’India. Cioè, che anche attraverso il Preste abissino, il nostro Apostolo San Giacomo ci rimanda all’ancestrale Ercole e a Jerion, il nostro primo re mitico. Addirittura, capita che il Jerion ispano era chiamato Joanne Eskotos (come il nostro celebre francescano). Il nome, Joanne, ci rimette ai due Giovanni evangelici, quel che battezzava nel Giordano e quel che morì a Patmos (acqua, in greco, dove galleggiano gli ippopotami), e il cognome, Eskotos, ci rimette agli eskiti, nel cui paese Dio creò la vita e piantò due alberi come monumento ricordativo della creazione di Adamo ed Eva.

    Insomma: Tutti questi personaggi se identificano come un ecco del mitico Dio d’Occidente: l’Astro re in versione patriarcale, e tutti loro, come i Re Magi, ci portano in cammino all’originale Santiago de Compostela, al primigenio Belén (presepio) spagnolo.

    P.S.: He aquí un Apóstol Santiago sobre una placa de oro que se conserva en el Museo del Louvre y que me ofrece Jorge María a última hora, junto con la oportuna glosa. Observad la vieira sobre su cabeza que lo acredita como tal.

    Pero, además de este atributo, hay otros que el moderno Apóstol ha perdido, a saber:

    - La torre sobre la que imparte doctrina, la cual representa, ni más ni menos que

    el faro del fin del mundo, del que se quiere hacer eco la Torre de Hércules de la Coruña.

    - La serpiente, que representa las temibles olas del mar sobre las que tal torre se erigía.

    - La rampa -¿escalera?-, que recuerda la que de forma helicoidal circundaba la misma Torre de abajo arriba, para que también pudieran subir las caballerías, lo que no descarta otra interior, como en la giralda de Sevilla, para bajar.

    He de añadir que el personaje de la placa no es identificado como el Apóstol Santiago, sino como el Preste Juan de Abisinia y La India. O sea que, también a través del Preste abisinio,

    nuestro Apóstol Santiago nos remite, al ancestral Hércules y a Jerión, nuestro primer rey mítico. Además, resulta que el Jerión hispano era llamado Joannes Eskotos (como nuestro célebre franciscano). El nombre, Joannes, nos remite a los Juanes evangélicos, al que bautizaba en el Jordán y al que murió en Patmos (agua, en griego, donde bucean los hipopótamos), y el apellido, Eskotos, nos remite a los eskitas, en cuyo país Dios creó la vida y plantó dos árboles como monumento recordatorio de la creación de Adán y Eva.

    En resumen: todos estos personajes se identifican como un mismo eco del mítico Dios de Occidente: el Astro rey en versión patriarcal, y todos ellos, como los Reyes Magos, nos llevan de camino al original Santiago de Compostela, al primigenio Belén español.