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B B A A C C I I N N O O A A R R V V O O MONITORAGGIO CHIMICO-FISICO ED ECOLOGICO DELLO SVASO 2013 PIANO OPERATIVO DELLE ATTIVITÀ

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BBAACCIINNOO AARRVVOO

MMOONNIITTOORRAAGGGGIIOO CCHHIIMMIICCOO--FFIISSIICCOO EEDD

EECCOOLLOOGGIICCOO DDEELLLLOO SSVVAASSOO 22001133

PPIIAANNOO OOPPEERRAATTIIVVOO DDEELLLLEE AATTTTIIVVIITTÀÀ

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BBAACCIINNOO AARRVVOO

MMOONNIITTOORRAAGGGGIIOO CCHHIIMMIICCOO--FFIISSIICCOO EEDD

EECCOOLLOOGGIICCOO DDEELLLLOO SSVVAASSOO 22001133

PPIIAANNOO OOPPEERRAATTIIVVOO DDEELLLLEE AATTTTIIVVIITTÀÀ

Maggio 2013

COORDINAMENTO

ING. FERDINANDO BONDIOLOTTI

ING. SEBASTIANO MUNI

AUTORI:

DR. GAETANO GENTILI

DR. ANDREA ROMANÒ

DR. ANDREA BUCCHINI

DR.SSA ALESSANDRA BALLERIO

VIA REPUBBLICA 1

21020 VARANO BORGHI (VA) ITALIA

TEL: 0332-961097

FAX: 0332-961162

E-MAIL: [email protected]

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INDICE

1 Premessa ................................................................................................................................ 4

2 Attività di monitoraggio e localizzazione dei punti di misura ..................................................... 4

2.1 Stazioni di monitoraggio dei solidi sospesi ........................................................................ 5

2.2 Stazioni di monitoraggio biologico ..................................................................................... 6

3 Analisi della qualità chimico-fisica delle acque ......................................................................... 9

4 Valutazione della struttura e della qualità dell’habitat fluviale ................................................... 9

5 Campionamento comunità biologiche .................................................................................... 10

5.1 diatomee ......................................................................................................................... 10

5.2 macrofite ......................................................................................................................... 10

5.3 Macroinvertebrati ............................................................................................................ 11

5.4 Campionamento e analisi della comunità ittica................................................................ 11

6 Rapporto finale ...................................................................................................................... 12

7 Metodologie di indagine ......................................................................................................... 12

7.1 Solidi sospesi .................................................................................................................. 12

7.2 Descrizione dell’habitat fluviale ....................................................................................... 17

7.3 Parametri biologici .......................................................................................................... 23

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1 PREMESSA

Il bacino di Arvo, nel periodo novembre-dicembre 2013, sarà interessato da uno svaso che

determinerà una fuoriuscita di acque residue e sedimento nel fiume Arvo. Poiché tali operazioni

possono comportare effetti sui corpi idrici coinvolti, in particolare in casi come il bacino Arvo, che

non viene svuotato da circa 35 anni. Il presente documento definisce le modalità di monitoraggio

delle operazioni previste.

Tale monitoraggio ha lo scopo di:

• verificare l’andamento delle operazioni,

• studiare gli effetti prodotti sull’ambiente naturale .

In termini di obiettivi specifici attraverso le attività di controllo previste si intende mettere in luce:

• l’intensità dell’effetto prodotto sul corso d’acqua, in termini di differenza fra i risultati delle

indagini pre e post svaso;

• la sua dimensione territoriale, in termini di differenza di risultati fra punti di monitoraggio a

diversa distanza dal bacino Arvo;

• la sua durata nel tempo, verificata attraverso il confronto fra le indagini svolte dopo lo svaso

e quelle effettuate alcuni mesi dopo.

Gli obiettivi sopra indicati sono perseguiti attraverso due tipologie di indagine:

• in corso d’opera attraverso un rilievo chimico-fisico rivolto in particolare ai solidi sospesi ed

all’ossigeno disciolto;

• pre/post svaso attraverso un approccio ecologico, rivolto, in termini di indicatori, all’habitat

acquatico, ai macroinvertebrati, alla fauna ittica, alle diatomee e alle macrofite, come

previsto dal DM 260/2010 (Criteri tecnici per la classificazione dei corpi idrici superficiali) ,

pubblicato sulla GU del 7 febbraio 2011

2 ATTIVITÀ DI MONITORAGGIO E LOCALIZZAZIONE DEI PUNTI DI MISURA

Il programma dei monitoraggi prevede, come detto, due modalità di controllo delle operazioni di

svaso che presentano modalità, tempi e localizzazioni differenti:

un monitoraggio di tipo chimico-fisico, durante lo svaso, in punti in cui sono installate sonde

fisse o con il coinvolgimento saltuario di operatori;

un monitoraggio di tipo ecologico prima e dopo le operazioni, in stagioni diverse ed in punti

anche significativamente lontani dall’invaso.

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L’area di indagine comprende nel complesso il tratto di fiume Arvo a valle dell’invaso e sino alla

confluenza con il fiume Neto, per uno sviluppo di circa 21 km e il fiume Neto a valle della

confluenza con il fiume Arvo fino al mare, per uno sviluppo di circa 61 km.

2.1 STAZIONI DI MONITORAGGIO DEI SOLIDI SOSPESI

Il monitoraggio in continuo sarà eseguito sul fiume Arvo mediante una stazione di misura posta in

località Ramundo, distante circa 5 km dalla diga. Durante le operazioni verranno monitorati in

continuo i solidi sospesi e l’ossigeno disciolto con strumenti automatici. Si procederà inoltre al

prelievo saltuario di campioni da sottoporre sia ad analisi sul campo, mediante il metodo dei coni

Imhoff, che ad analisi di laboratorio.

Un’altra stazione di misura in continuo sarà posizionata nelle vicinanze della diga e sarà dedicata

esclusivamente alla calibrazione delle manovre, mentre nel tratto intermedio, ed in alcuni tratti

campione fino al mare, si procederà a misure giornaliere non essendo possibile installare stazioni

fisse.

Figura 1: localizzazione dei punti di monitoraggio dei solidi sospesi sul fiume Arvo

Per valutare i valori di SS attesi a valle della stazione di misura ufficiale, denominata Ramundo, è

stato predisposto un semplice modello numerico che valuta gli effetti diluitivi degli apporti dei bacini

residui e di quelli degli affluenti laterali. La stima, non tenendo conto degli effetti di sedimentazione

della componente più grossolana lungo il corso del fiume, fornisce dati sui solidi sospesi in

eccesso, rispetto alla realtà.

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Le portate attese nelle diverse sezioni, individuate in base al criterio di chiusura dei tratti di bacino

imbrifero del fiume Neto, all’intersezione degli affluenti più importanti, sono state valutate con il

criterio del ragguaglio delle portate ai bacini imbriferi, partendo dalla previsione di portata in

corrispondenza della diga.

Figura 2: modello numerico dell’effetto diluitivo

Q_media Solidi sospesi

[m3/s] %

1,9 100% BI_FRAPPIA = 6,5 km2

BI_residuo_ARVO = 117,8 km2

L-tratto = circa 15 km

6,1 31% BI_residuo_NETO a Junture = 64,7 km2

BI_residuo_NETO = 75,3 km2

L-tratto = circa 9 km

BI_LESE = 262,4 km2

13,8 14%

BI_residuo_NETO = 127,7 km2

L-tratto = circa 25 km

20,9 9% BI_VITRAVO = 182,7 km2

BI_residuo_NETO = 12,2 km2

L-tratto = circa 7 km

21,2 9%

Sezione in esame

MARE

Diga Nocelle

BI = 76,5 km2

2.2 STAZIONI DI MONITORAGGIO BIOLOGICO

Sul fiume Arvo sono previsti due punti di monitoraggio, il primo 3 km a valle della diga di Nocelle

(ARV01) e il secondo 2 km a monte della confluenza con il F. Neto (ARV02) nei pressi di S.

Giovanni in Fiore, circa 18 km a valle della diga di Nocelle.

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Figura 3: localizzazione delle stazioni per le indagini biologiche sul fiume Arvo

Sul fiume Neto sono previsti altri due punti di monitoraggio, il primo 14 km a valle della confluenza

con il fiume Arvo (NT1) nei pressi di Cotronei e il secondo 12 km più a valle, dopo la confluenza

con il fiume Lese (NT2) nei pressi di Altilia.

Figura 4: localizzazione delle stazioni per le indagini biologiche sul fiume Neto

L’insieme dei punti di monitoraggi indicati nei paragrafi precedenti viene rappresentato nella carta

qui di seguito.

S. Giovanni in Fiore

Rocca di Neto

Cotronei

Altilia

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Figura 5: localizzazione stazioni di monitoraggio (in rosso monitoraggio chimico e in verde monitoraggio ecologico)

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3 ANALISI DELLA QUALITÀ CHIMICO-FISICA DELLE ACQUE

I principali parametri da tenere in considerazione, per il tipo di attività indagata, sono quelli dei

solidi sospesi e dell’ossigeno disciolto.

Il monitoraggio dei solidi sospesi, durante lo svaso, sarà effettuato secondo tre modalità fra loro

sinergiche:

attraverso torbidimetri, cioè sonde che misurano direttamente il trasporto in sospensione;

con il cono Imhoff, ad intervalli di tempo stabiliti, che misurano i solidi sedimentabili;

in laboratorio, su campioni prelevati in campo, in particolare per la taratura e validazione

delle sonde.

4 VALUTAZIONE DELLA STRUTTURA E DELLA QUALITÀ DELL’HABITAT

FLUVIALE

In considerazione delle caratteristiche dell’ambiente studiato si prevede che saranno mappati, con

dettaglio, i quattro tratti citati nel capitolo 2.

Per la valutazione degli effetti indotti dal rilascio dei sedimenti sull’habitat fisico in ogni tratto di

rilevamento saranno effettuati rilievi, prima e dopo lo svaso, in punti campione adeguatamente

individuati in funzione della loro rappresentatività e appositamente marcati; verranno inoltre

applicati gli indici IFF e Habitat Assessment.

Il rilievo dell’habitat fisico dovrà avvenire con le medesime modalità sia prima che dopo lo svaso

nei seguenti momenti:

- prima dello svaso e/o spurgo (alcune settimane);

- immediatamente dopo (alcune settimane);

- dopo qualche mese, nel caso di deposizioni significative, in relazione a eventuali piene e/o

appositi rilasci che ripuliscono il substrato dal sedimento depositato.

La tempistica dettagliata dei rilevamenti post-svaso terrà in considerazione la necessità di operare,

per motivi logistici, in momenti di magra e con condizioni meteo idonee. I rilevamenti post-svaso

potranno essere anticipati o posticipati in relazione al verificarsi di eventi di piena naturali, che

consentono una più rapida ripulitura dell’habitat fluviale dal sedimento accumulatosi.

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5 CAMPIONAMENTO COMUNITÀ BIOLOGICHE

Le comunità biologiche indagate sono, come detto, quelle previste dal DM 260/2010, cioè le

diatomee, le macrofite, i macroinvertebrati ed i pesci.

5.1 DIATOMEE

Lo studio della comunità diatomica avverrà con le seguenti modalità:

campionamenti come previsto nella metodica APAT Protocollo di campionamento e analisi

delle diatomee bentoniche dei corsi d’acqua;

sarà applicato l’indice di valutazione ICMi previsto dal D.M. 260/2010.

Per quanto riguarda la localizzazione dei tratti di indagine si prevedono i quattro tratti di studio

indicati nel capitolo 2.

Per quanto riguarda la cadenza temporale sono previsti:

- un rilevamento prima dello svaso, già effettuato e disponibile;

- un rilevamento a distanza di qualche mese dallo svaso, nella primavera 2014.

Per quanto riguarda la cadenza temporale non sono previsti campionamenti subito dopo lo svaso

dato che la presenza di questa componente biologica nei corsi d’acqua è legata alla stagione.

5.2 MACROFITE

Lo studio della comunità macrofitica avverrà con le seguenti modalità:

campionamenti come previsto nella metodica APAT Protocollo di campionamento e analisi

delle macrofite delle acqua correnti;

sarà applicato l’indice di valutazione IBMR previsto dal D.M. 260/2010.

Per quanto riguarda la localizzazione dei tratti di indagine si prevedono i quattro tratti di studio

indicati nel capitolo 2.

Per quanto riguarda la cadenza temporale sono previsti:

- un rilevamento prima dello svaso, già effettuato e disponibile;

- un rilevamento a distanza di qualche mese dallo svaso, nella primavera 2014.

Per quanto riguarda la cadenza temporale anche per le macrofite non sono previsti campionamenti

subito dopo lo svaso dato che la presenza di questa componente biologica nei corsi d’acqua è

legata alla stagione.

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5.3 MACROINVERTEBRATI

Lo studio della comunità macrobentonica avverrà con le seguenti modalità:

campionamenti quantitativi mediante retino immanicato in 10 aree campione per ogni tratti

di studio così come previsto nella metodica APAT Protocollo di campionamento dei

macroinvertebrati bentonici dei corsi d’acqua guadabili;

sarà applicato l’indice di valutazione STAR-ICMI previsto dal D.M. 260/2010.

Per quanto riguarda la localizzazione dei tratti di indagine si prevedono i quattro tratti di studio

indicati nel capitolo 2.

Per quanto riguarda la cadenza temporale sono previsti:

- un rilevamento i prima dello svaso, già effettuato e disponibile;

- un rilevamento dopo lo svaso, alcune settimane dal termine dell’evento;

- un rilevamento a distanza di qualche mese dallo svaso, nella primavera 2014..

La frequenza dei campionamenti consentirà di monitorare adeguatamente i processi di recupero

della comunità macrobentonica che possono svolgersi nell’arco di alcuni mesi una volta che

l’habitat fisico è tornato favorevole alla ricolonizzazione. A riguardo, si sottolinea che i rilevamenti

post-svaso potranno essere anticipati o posticipati in relazione al verificarsi di eventi di piena

naturali, che consentono una più rapida ripulitura dell’habitat fluviale dal sedimento accumulatosi e

quindi una più veloce ripresa della comunità macrobentonica. La tempistica dettagliata dei

rilevamenti post-svaso terrà in considerazione la necessità di operare, per motivi logistici, in

momenti e con condizioni idonee alle indagini.

5.4 CAMPIONAMENTO E ANALISI DELLA COMUNITÀ ITTICA

Lo studio della comunità ittica avverrà con le seguenti modalità:

campionamenti quantitativi mediante elettropesca nei quattro tratti di studio indicati nel

capitolo 2, così come previsto nella metodica APAT Protocollo di campionamento della

fauna ittica dei corsi d’acqua guadabili;

sarà applicato l’indice di valutazione ISECI previsto dal D.M. 260/2010.

Obiettivo di queste indagini è definire la composizione del popolamento ittico, nonché densità,

biomassa e struttura di popolazione di ogni specie presente.

Per quanto riguarda la cadenza temporale, i campionamenti così cadenzati:

- un rilevamento prima dello svaso, a qualche settimana dall’evento;

- un rilevamento dopo lo svaso, nella primavera 2014.

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6 RAPPORTO FINALE

Le attività di raccolta dei dati termineranno presumibilmente entro 6 – 8 mesi dallo svaso quindi

entro l’estate 2014 sarà disponibile un rapporto tecnico finale con tutti i dati raccolti, le elaborazioni

possibili ed i relativi commenti.

7 METODOLOGIE DI INDAGINE

In questo capitolo vengono presentate in modo dettagliate le metodologie di indagine che saranno

state impiegate.

7.1 SOLIDI SOSPESI

La misurazione dei solidi sospesi è avvenuta sia mediante sonde da campo, sia tramite coni

Imhoff, sia tramite analisi di laboratorio su campioni d’acqua prelevati in campo.

7.1.1 METODI PER LA MISURA SOLIDI SOSPESI TOTALI - SONDE

Per la determinazione in campo dei solidi sospesi totali (SST) sono utilizzate sonde apposite in

grado di restituire valori di concentrazione tramite la misura della torbidità. Le misure ottiche

ottenute per mezzo delle sonde devono essere integrate da misure analitiche a campione dei SST

(vedi paragrafo successivo), al fine di verificare la relazione che si instaura tra queste due variabili

ed intervenire per eventuali calibrazioni dei risultati ottenuti dal monitoraggio in continuo.

Figura 6: dettaglio della sonda fissa Lange

La calibrazione delle sonde avviene mettendo a confronto i dati ottenuti in laboratorio con i

corrispondenti valori delle sonde registrati sul campo. Dal confronto si ottengono delle rette di

regressione, con il metodo dei minimi quadrati (forzando l'intercetta a zero). Il coefficiente angolare

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delle rette fornisce informazioni sulla corrispondenza tra i valori di campo e di laboratorio. Il

coefficiente di determinazione R2 rappresenta la proporzione di variabilità spiegata dal modello di

regressione; più questo valore si avvicina ad 1, più diminuisce la dispersione dei punti, ossia la

correlazione tra le due variabili è forte e la retta “fitta” meglio i dati. Il coefficiente ottenuto dalle

correlazioni, sopra descritte, viene utilizzato per correggere i valori di concentrazione misurati dalle

sonde.

7.1.2 LA MISURA DEI SOLIDI SEDIMENTABILI CON I CONI IMHOFF

Il monitoraggio dei solidi sospesi è effettuato anche mediante lettura volumetrica tramite coni

Imhoff; a tal fine si procede con l’immissione in un cono di 1000 mL di acqua in esame e poi si

misura il volume occupato, sul fondo del cono, dai solidi sedimentati in un periodo di tempo

determinato. La lettura viene effettuata a 10 min e a 30 min. l’attività è effettuata in parte in campo

ed in parte in laboratorio.

Figura 7: coni Imhoff in una stazione di campo

Alcuni campioni vengono recuperati e successivamente analizzati in laboratorio al fine di stabilire

la relazione fra solidi sospesi totali e solidi sedimentabili e quindi fra la massa in g/l e il volume in

ml/l dei sedimenti fluitati.

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7.1.3 METODI PER LA MISURA ANALITICA DEI SOLIDI SOSPESI TOTALI

L’analisi dei solidi sospesi viene eseguita utilizzando come metodo di riferimento quello descritto

nei Metodi analitici per le acque APAT, IRSA-CNR (metodo B – Solidi sospesi totali, 2004)

integrato con le indicazioni contenute nell'annesso del Piano di Stralcio delle Fasce Fluviali

riguardante il monitoraggio morfologico e del trasporto solido degli alvei (www.adbpo.it), che

suggerisce di effettuare, per concentrazioni di materiale in sospensione elevata (> 1g/l)

l'addensamento in cono Imhoff. La metodica di seguito descritta è stata ampiamente sperimentata

nel corso della ricerca promossa dalla Provincia di Sondrio sulla “Definizione degli impatti degli

svasi dei bacini artificiali sull’ittiofauna” e ritenuta la più adeguata per la tipologia di materiale da

analizzare.

La procedura consiste nel separare i solidi sospesi totali in solidi sedimentabili e non

sedimentabili mediante cono Imhoff e di determinare per via gravimetrica le due frazioni.

I solidi sedimentabili sono determinati sia per via volumetrica che gravimetrica seguendo le

procedure APAT IRSA-CNR Metodi analitici per le acque (metodo C – Solidi sedimentabili, 2004).

Il metodo consiste nel riempire un cono Imhoff graduato da 1000 ml con un campione raccolto in

campo, dopo averlo sufficientemente agitato per rendere il contenuto omogeneo e lasciandolo

sedimentare mescolando delicatamente di tanto in tanto con una bacchetta di vetro per staccare i

solidi eventualmente rimasti adesi alle pareti del cono.

Figura 8: batteria di coni Imhoff

Vengono effettuate due letture volumetriche, rispettivamente a 10 minuti dall’immissione del

campione nel cono e a 30 minuti. Il valore registrato a 30 minuti rappresenta la misura volumetrica

dei solidi sedimentabili. Trascorsi i 30 minuti si recupera l’acqua contenente la porzione rimasta in

sospensione e, in seguito, la frazione sedimentata.

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Figura 9: recupero del surnatante (a sinistra) e della frazione sedimentata (a destra)

Il materiale viene trasferito dal fondo del cono in un crogiolo di porcellana, precedentemente posto

in stufa a 105°C per almeno 2 ore, raffreddato in essiccatore e poi pesato per la tara. Il tutto è

essiccato in stufa a una temperatura di 105°C. Trascorse 24 ore viene nuovamente raffreddato in

essiccatore e poi pesato. Il peso dei solidi essiccati si esprime in mg/l riferendosi al volume di

campione d’acqua iniziale.

I solidi non-sedimentabili sono determinati con la stessa procedura applicata per la misura dei

Solidi Sospesi Totali descritta nei Metodi analitici per le acque APAT IRSA-CNR (metodo B, 2004).

I Solidi Sospesi Totali presenti in un'aliquota del campione d'acqua sono raccolti per filtrazione su

un apposito filtro e determinati per via gravimetrica dopo essiccamento del filtro ad una

temperatura di 103-105°C fino a peso costante. La tecnica di misura dei Solidi Sospesi Totali

effettuata al surnatante del cono Imhoff fornisce i solidi non-sedimentabili. Una volta recuperata dal

cono Imhoff la porzione del campione contenente i solidi rimasti in sospensione, si procede con la

filtrazione di un'aliquota su filtri di acetato di cellulosa utilizzando un apparato per filtrazione a

vuoto adeguato al diametro del filtro (in genere 47 mm). I pori della membrana filtrante devono

avere diametro pari a 0.45 μm. Si pone il filtro in stufa a 105°C per almeno 1 ora per farlo

condizionare, poi lo si lascia raffreddare per circa 30 minuti in essiccatore e lo si pesa per il bianco.

A questo punto viene collocato nell’apparecchio di filtrazione e, dopo averlo lavato con acqua

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deionizzata, si procede con la filtrazione sotto vuoto di un'opportuna aliquota del campione, dopo

preventiva omogeneizzazione. Ultimata la filtrazione si trasferisce il filtro con il suo contenuto in

stufa alla temperatura di 105°C. Il giorno seguente lo si lascia raffreddare in essiccatore per

almeno 30 minuti e poi si pesa. Il contenuto dei solidi sospesi è dato dal peso del residuo dopo

essiccamento rapportato al volume del campione. Il volume prelevato per la filtrazione deve essere

tale da lasciare un residuo secco compreso tra 2.5 e 200 mg.

Figura 10: filtrazione del surnatante (a sinistra) e residuo rimasto sul filtro (a destra)

La somma tra il peso dei solidi sedimentabili ottenuti con il cono Imhoff e il peso dei solidi non-

sedimentabili fornisce la misura dei Solidi Sospesi Totali.

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7.2 DESCRIZIONE DELL’HABITAT FLUVIALE

Lo studio dell’habitat fluviale nel suo complesso è svolto mediante l’applicazione delle metodologie

di seguito descritte.

7.2.1 INDICE DI FUNZIONALITÀ FLUVIALE - IFF

L’Indice di Funzionalità Fluviale – IFF – (AA. VV., 2007; 2003) rappresenta un’evoluzione della

scheda RCE-2 messa a punto da Siligardi & Maiolini (1993), rappresentante a sua volta un

adattamento alla realtà dei corsi d’acqua alpini e prealpini dello RCE (“Riparian, Channel and

Enviromental Inventory”), elaborato da Petersen nel 1982.

L’IFF, ulteriormente aggiornato nella sua ultima versione del 2007, analogamente ai suoi

“progenitori”, valuta le caratteristiche dell’habitat fluviale e ripario ed è stato concepito per

esprimere la qualità dell’ecosistema fluviale in termini di livello di “funzionalità idrobiologica” del

corso d’acqua. La scheda si compone di 14 domande che appartengono a 4 diverse categorie,

sulla base degli aspetti che prendono in esame. Nel loro complesso queste domande consentono

di indagare tutte le principali componenti dell’ecosistema fluviale, sia abiotiche che biotiche, per

ciascuna delle quali vengono fornite 4 possibili risposte cui sono associati altrettanti punteggi. Una

volta risposto alle domande, dalla somma dei singoli punteggi attribuiti si otterrà il punteggio finale

per ciascuna sponda, al quale corrisponderà una classe di funzionalità fluviale.

La compilazione della scheda deve essere riservata ad operatori di provata esperienza nel campo

dell’ecologia fluviale: infatti, benché sia apparentemente di facile applicazione, il metodo

presuppone adeguata preparazione scientifica, nonché capacità di osservazione e di

ragionamento da parte del rilevatore.

Tabella 1: Scheda IFF

Domanda Sponda

dx sx

1- Stato del territorio circostante

Assenza di antropizzazione 25 25

Compresenza di aree naturali e usi antropici del territorio 20 20

Colture stagionali e/o permanenti; urbanizzazione rada 5 5

Aree urbanizzate 1 1

2- Vegetazione presente nella fascia perifluviale primaria

Compresenza di formazioni riparie complementari funzionali 40 40

Presenza di una sola o di una serie semplificata di formazioni riparie 25 25

Assenza di formazioni riparie ma presenza di formazioni comunque funzionali 10 10

Assenza di formazioni a funzionalità significativa 1 1

2bis- Vegetazione presente nella fascia perifluviale secondaria

Compresenza di formazioni riparie complementari funzionali 20 20

Presenza di una sola o di una serie semplificata di formazioni riparie 10 10

Assenza di formazioni riparie ma presenza di formazioni comunque funzionali 5 5

Assenza di formazioni a funzionalità significativa 1 1

3- Ampiezza delle formazioni funzionali presenti in fascia perifluviale

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Domanda Sponda

dx sx

Ampiezza cumulativa delle formazioni funzionali maggiore di 30 m 15 15

Ampiezza cumulativa delle formazioni funzionali compresa tra 30 e 10 m 10 10

Ampiezza cumulativa delle formazioni funzionali compresa tra 10 e 2 m 5 5

Assenza di formazioni funzionali 1 1

4- Continuità delle formazioni funzionali presenti in fascia perifluviale

Sviluppo delle formazioni funzionali senza interruzioni 15 15

Sviluppo delle formazioni funzionali con interruzioni 10 10

Sviluppo delle formazioni funzionali con interruzioni frequenti o solo erbacea continua e consolidata o solo arbusteti a dominanza di esotiche e infestanti

5 5

Suolo nudo, popolamenti vegetali radi 1 1

5- Condizioni idriche dell’alveo

Regime perenne con portate indisturbate e larghezza dell’alveo > 1/3 dell’alveo di morbida 20

Fluttuazioni di portata indotte di lungo periodo con ampiezza dell’alveo bagnato < 1/3 dell’alveo di morbida o variazione del solo tirante idraulico

10

Disturbi di portata frequenti o secche naturali stagionali non prolungate o portate costanti indotte 5

Disturbi di portata intensi, molto frequenti o improvvisi o secche prolungate indotte per azione antropica 1

6- Efficienza di esondazione

Tratto non arginato, alveo di piena ordinaria superiore al triplo dell’alveo di morbida 25

Alveo di piena ordinaria largo tra 2 e 3 volte l’alveo di morbida (o, se arginato, superiore al triplo) 15

Alveo di piena ordinaria largo tra 1 e 2 volte l’alveo di morbida (o, se arginato, largo 2 – 3 volte) 5

Tratti di valle a V con forte acclività dei versanti e tratti arginati con alveo di piena ordinaria < di 2 volte l’alveo di morbida

1

7- Strutture di ritenzione degli apporti trofici

Alveo con massi e/o vecchi tronchi stabilmente incassati (o presenza di fasce di canneto o idrofite) 25

Massi e/o rami con depositi di materia organica (o canneto o idrofite rade e poco estese) 15

Strutture di ritenzione libere e mobili con le piene (o assenza di canneto e idrofite) 5

Alveo di sedimenti sabbiosi o sagomature artificiali lisce a corrente uniforme 1

8- Erosione delle rive

Poco evidente e non rilevante o solamente nelle curve 20 20

Presente sui rettilinei e/o modesta incisione verticale 15 15

Frequente con scavo delle rive e delle radici e/o evidente incisione verticale 5 5

Molto evidente con rive scavate e franate o presenza di interventi artificiali 1 1

9- Sezione trasversale

Alveo integro con alta diversità morfologica 20

Presenza di lievi interventi artificiali ma con discreta diversità morfologica 15

Presenza di interventi artificiali o con scarsa diversità morfologica 5

Artificiale o diversità morfologica quasi nulla 1

10- Idoneità ittica

Elevata 25

Buona o discreta 20

Poco sufficiente 5

Assente o scarsa 1

11- Idromorfologia

Elementi idromorfologici distinti con successione regolare 20

Elementi idromorfologici distinti con successione irregolare 15

Elementi idromorfologici indistinti o preponderanza di un solo tipo 5

Elementi idromorfologici non distinguibili 1

12- Componente vegetale in alveo bagnato

Periphyton sottile scarsa copertura di macrofite tolleranti 15

Film perifitico tridimensionale apprezzabile e scarsa copertura di macrofite tolleranti 10

Periphyton discreto o (se con significativa copertura di macrofite tolleranti) da assente a discreto 5

Periphyton spesso e/o elevata copertura di macrofite tolleranti 1

13- Detrito

Frammenti vegetali riconoscibili e fibrosi 15

Frammenti vegetali fibrosi e polposi 10

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19

Domanda Sponda

dx sx

Frammenti polposi 5

Detrito anaerobico 1

14- Comunità macrobentonica

Ben struttura e diversificata, adeguata alla tipologia fluviale 20

Sufficientemente diversificata, ma con struttura alterata rispetto a quanto atteso 10

Poco equilibrata e diversificata con prevalenza di taxa tolleranti all’inquinamento 5

Assenza di una comunità strutturata; pochi taxa, tutti piuttosto tolleranti all’inquinamento 1

Tabella 2: livelli di funzionalità dell’IFF

Valore di IFF Livello di funzionalità Giudizio di funzionalità Colore

261-300 I Ottimo

251-260 I-II Ottimo - buono

201-250 II Buono

181-200 II-III Buono - mediocre

121-180 III Mediocre

101-120 III-IV Mediocre – scadente

61-100 IV Scadente

51-60 IV-V Scadente – pessimo

14-50 V Pessimo

7.2.2 PROTOCOLLO DI VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELL’HABITAT “HABITAT ASSESSMENT”

L’”Habitat Assessment”, messo a punto dall’U.S.E.P.A. (Plafkin et al., 1989; Hayslip, 1993;

Barbour & Stribling, 1996), è una metodologia che consente di effettuare una valutazione della

qualità dell’habitat fluviale e di tradurla in un punteggio. Tale protocollo prende in esame i principali

parametri ambientali (10) relativi al micro e macrohabitat in alveo, alla morfologia fluviale e

all’habitat ripario, che determinano nel loro complesso l’idoneità di un tratto di corso d’acqua ad

ospitare la comunità biologica acquatica. Ciascun parametro viene valutato secondo le indicazioni

fornite da quattro categorie di giudizio prestabilite, a ciascuna delle quali corrisponde un

determinato ambito di punteggio; la scelta del punteggio preciso entro tale ambito è affidata

all’esperienza dell’operatore, in modo da garantire alla metodologia la massima flessibilità

possibile nelle diverse situazioni d’impiego.

Per ottenere il punteggio finale sarà sufficiente sommare i singoli punteggi attribuiti ad ogni

parametro (i punteggi relativi alle due sponde andranno mediati); esso sarà poi confrontato, in

termini percentuali, con il punteggio massimo possibile corrispondente alla situazione teorica

migliore. La valutazione dell’integrità dell’habitat fluviale così ottenuta verrà espressa in 4 diverse

classi.

Tabella 3: scheda per l’applicazione dell’Habitat Assessment

Cover / substrato colonizzabile

OTTIMALE: Area di substrato colonizzabile da parte del macrobenthos e con rifugi per i pesci >70%; habitat stabili e in grado di essere pienamente colonizzati.

16-20

BUONO: Area di substrato colonizzabile da parte del macrobenthos e con rifugi per i pesci 40-70%; adeguata presenza di habitat per il mantenimento delle popolazioni esistenti, accompagnati da zone non ancora mature per una piena

11-15

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20

colonizzazione.

MEDIOCRE: Area di substrato colonizzabile da parte del macrobenthos e con rifugi per i pesci tra 20-40%; habitat adeguati alla colonizzazione presenti in misura inferiore alle attese; substrato spesso alterato.

6-10

PESSIMO: Area di substrato colonizzabile da parte del macrobenthos e con rifugi per i pesci <20%. 0-5

Embeddedness - Ricopertura del substrato con sedimento fine

OTTIMALE: Ghiaia, ciottoli e massi circondati da sedimento fine meno del 25%. Disponibilità di spazi interstiziali. 16-20

BUONO: Ghiaia, ciottoli e massi circondati da sedimento fine 25-50%. 11-15

MEDIOCRE: Ghiaia, ciottoli e massi circondati da sedimento fine 50-75%. 6-10

PESSIMO: Ghiaia, ciottoli e massi circondati da sedimento fine più del 75%. 0-5

Rapporto velocità / profondità

OTTIMALE: Presenti tutte le 4 categorie, profonde-lente, basse-lente, profonde-veloci e basse-veloci). 16-20

BUONO: Presenti 3 categorie su 4; penalizzare maggiormente l’assenza di acque basse e veloci. 11-15

MEDIOCRE: Presenti 2 categorie su 4; penalizzare maggiormente l’assenza di acque basse-veloci e basse-lente. 6-10

PESSIMO: Presente 1 categoria su 4, generalmente lente-profonde. 0-5

Deposizione di sedimento

OTTIMALE: Superficie del fondo interessata da barre o isole di sedimento <5%. 16-20

BUONE: Superficie del fondo interessata da barre o isole di sedimento 5-30%. Ridotta sedimentazione nelle pool. 11-15

MEDIOCRE: Superficie del fondo interessata da barre o isole di sedimento 30-50%. Moderata sedimentazione presso gli ostacoli alla corrente e nelle pool.

6-10

PESSIMA: Superficie del fondo interessata da barre o isole di sedimento >50%. Elevata sedimentazione, con riempimento quasi completo delle pool.

0-5

Condizioni idriche dell'alveo

OTTIMALE: alveo asciutto assente. 16-20

BUONE: alveo bagnato >75% alveo di morbida. Superficie del substrato esposto <25%. 11-15

MEDIOCRE: alveo bagnato 25-75% alveo di morbida. Superficie del substrato esposto dominante. 6-10

PESSIME: alveo bagnato <25% alveo di morbida. Acqua quasi assente e per lo più presente sotto forma di pozze ferme. 0-5

Alterazioni dell'alveo

OTTIMALE: Assenza di canalizzazione e pavimentazioni; percorso dell’alveo naturale. 16-20

BUONO: Presenza di canalizzazione e pavimentazioni antiche o solo parziali. 11-15

MEDIOCRE: Presenza di estesa canalizzazione, interessante 40-80% del tratto ed entrambe le sponde. 6-10

PESSIMO: Presenza di canalizzazione per oltre l’80% del tratto; sponde con argini in cemento, alveo pesantemente alterato.

0-5

Frequenza dei riffle

OTTIMALE: Distanza riffe/ larghezza tratto < 7; diversità di habitat. 16-20

BUONA: Distanza riffe/ larghezza tratto 7-15; riffle poco frequenti. 11-15

MEDIOCRE: Distanza riffle/ larghezza tratto 15-25; presenza dei riffle occasionale. 6-10

PESSIMA: Distanza riffle/ larghezza tratto >25; acque piatte poco profonde e scarsità di habitat. 0-5

Stabilità delle sponde (dx/sx)

OTTIMALE: Sponde stabili, erosione <5%. 9-10

BUONA: Sponde moderatamente stabili, erosione 5-30%. 6-8

MEDIOCRE: Sponde piuttosto instabili, erosione 30-60%. Alto rischio di erosione durante le piene. 3-5

PESSIMA: Sponde instabili con molte zone in erosione e in frana, erosione >60%. 0-2

Vegetazione riparia (dx/sx)

OTTIMALE: Copertura vegetale >90%, abbondanza di piante native e presenza di tutte le categorie di vegetali: alberi, cespugli ed erbe crescono indisturbati.

9-10

BUONA: Copertura vegetale 70-90%, presenza di piante native ma assente una categoria di vegetali. 6-8

MEDIOCRE: Copertura vegetale 50-70%, presenza evidente di zone alterate con suolo nudo o con vegetazione pesantemente sfruttata.

3-5

PESSIMA: Copertura vegetale <50%, elevato tasso di distruzione della vegetazione riparia. 0-2

Ampiezza della zona riparia (dx/sx)

OTTIMALE: Ampiezza della fascia riparia > 18 m, assenza di impatti antropici nella zona. 9-10

BUONA: Ampiezza della fascia riparia 12-18 m, limitati impatti antropici nella zona. 6-8

MEDIOCRE: Ampiezza della fascia riparia 6-12 m, presenza di impatti antropici nella zona. 3-5

PESSIMA: Ampiezza della fascia riparia <6 m, pesanti impatti antropici nella zona con distruzione della zona riparia. 0-2

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21

Tabella 4: classi di valutazione secondo il protocollo Habitat Assessment

Valutazione Percentuale rispetto al punteggio massimo(A)

Situazione simile a quella di riferimento, integrità dell’habitat ottimale 90%

Presenza di moderate alterazioni, integrità dell’habitat accettabile 75 – 88%

Presenza di alterazioni, integrità dell’habitat compromessa 60 – 73%

Elevata presenza di alterazioni, integrità dell’habitat gravemente compromessa 58%

(a) Nel caso in cui la percentuale ottenuta ricada al di fuori degli intervalli indicati, l’attribuzione della valutazione dovrà essere fatta dall’operatore sulla base della sua esperienza e di eventuali altre indicazioni disponibili sulla qualità ambientali del tratto fluviale esaminato.

7.2.3 RILEVAMENTO DELLE UNITÀ DI MESOHABITAT FLUVIALE

Le caratteristiche morfologiche e idrauliche di un torrente sono elementi determinanti per la

possibilità di colonizzazione da parte delle comunità biologiche e, in particolare, della fauna ittica, il

cui svolgimento dell’intero ciclo vitale (alimentazione, accrescimento, riproduzione) richiede la

presenza di diverse tipologie di habitat fluviale. Dal punto di vista della ecologia fluviale, è

particolarmente interessante lo studio della morfologia di un corso d’acqua a livello di mesohabitat,

cioè su una scala spaziale nell’ordine della decina di metri e con una durata temporale dell’ordine

della decina di anni; gli elementi di mesohabitat, detti anche ”unità morfologiche”, sono riconducibili

a quattro tipologie fondamentali (White, 1973; Bisson et al., 1982; Marcus et al., 1990; Mc Cain et

al., 1990):

pool: raggruppa le tipologie caratterizzate da velocità di corrente moderata, acque

relativamente profonde, fondo costituito da sedimento fine;

riffle: indica tratti con corrente veloce, acqua poco profonda e substrati grossolani e duri;

step pool: rapide disposte a scalinata, dove piccole pozze, poco profonde e posizionate

dietro gruppi di massi, si susseguono alternativamente a corti tratti a pendenza più

accentuata che vanno a formare delle piccole cascatelle;

cascade: si riferisce a tutti quei tratti che non possono ospitare stabilmente pesci, in

quanto la velocità di corrente è eccessiva o la profondità d’acqua troppo scarsa; si tratta in

genere di tratti con elevata pendenza, vere e proprie cascate o schiene di roccia viva, che

spesso sono associati a discontinuità dell’alveo non superabili dai pesci.

I riffle hanno caratteristiche idraulico - morfologiche (acque veloci e ossigenate, substrato

grossolano che è ricco di interstizi e offre un’ampia superficie per la crescita del periphyton)

particolarmente idonee alla colonizzazione da parte dei macroinvertebrati bentonici e sono

pertanto aree preferenziali per l’attività alimentare dei pesci, della cui dieta il macrobenthos è

componente fondamentale. Essi rivestono, inoltre, una notevole importanza per l’attività

riproduttiva di numerose specie ittiche (p.e. trote e temoli), le cui uova vengono deposte in

substrati ghiaiosi e necessitano di un buon ricambio d’acqua; in tali aree si possono verificare

temporanei addensamenti di individui adulti maturi nel periodo riproduttivo. Il valore biologico

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“assoluto” di un riffle dipenderà dalle sue caratteristiche: un tratto con fondo ciottoloso sarà meno

favorevole alla riproduzione, ma potrà offrire più rifugi e maggiore disponibilità di macroinvertebrati,

rispetto ad uno con fondo ghiaioso, più adatto invece alla frega.

Le pool forniscono rifugio dai predatori aerei e terrestri ai pesci di taglia maggiore, in particolare a

quelli che fanno uso di tane come gli individui adulti di trota, che non trovano ripari idonei nelle

acque basse dei riffle. In corsi d’acqua soggetti a notevoli riduzioni di portata, la presenza di pool

con un sufficiente volume d’acqua di riserva è fondamentale per garantire la sopravvivenza della

fauna ittica nei periodi di magra, durante i quali le tipologie come i riffle possono essere soggette

ad asciutte. Anche per le pool le diverse caratteristiche che le definiscono, quali la profondità

massima e la presenza di rifugi, saranno determinanti nel definire il valore biologico che esse

rivestono; è ovvio che una pool molto profonda sarà più importante per la sopravvivenza dei pesci

rispetto ad una pool più bassa. Alcune pool, inoltre, terminano con una zona di acque veloci e

poco profonde, mostrando una conformazione tale da consentire la riproduzione delle trote, grazie

alla possibilità di ospitare al contempo i riproduttori e la zona di frega.

Sulla base di quanto esposto appare evidente che un habitat fluviale ottimale dovrà essere

caratterizzato da un elevato grado di diversità idraulico - morfologica al suo interno: sarà

necessaria la presenza di zone a riffle dove sia possibile svolgere l’attività alimentare e la

deposizione delle uova, ma anche di pool ad esse contigue e collegate (dal punto di vista della

percorribilità ittica), dove gli adulti possano trovare rifugio. La presenza di cascade può essere un

fattore limitante per lo sviluppo della fauna ittica in un tratto di corso d’acqua, se ne determinano

una eccessiva frammentazione dal punto di vista della percorribilità ittica (specialmente se si

interpongono tra aree di frega e aree abitate dai riproduttori) o qualora ne rappresentino una vasta

superficie, che di fatto non è disponibile alla colonizzazione da parte dei pesci. Operativamente la

mappatura del mesohabitat è avvenuta identificando le singole unità morfologiche e misurandone

lunghezza e larghezza media, tramite telemetro o corda metrata. La composizione del mesohabitat

è espressa in termini di percentuale di superficie rappresentata per ciascuna tipologia di unità

morfologica. Nei casi in cui non sia possibile percorrere il corso d’acqua, si potrà fornire una stima

descrittiva della presenza delle diverse tipologie, con un report fotografico a supporto di quanto

riportato.

Figura 11: schematizzazione delle principali tipologie di unità morfologiche di mesohabitat – riffle, pool e run

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23

RIFFLE POOL RUN

7.2.4 CONFRONTO FOTOGRAFICO DI SUBSTRATI

Questa attività prevede di individuare nel tratto di studio alcuni elementi morfologici caratteristici,

marcarli con un colorante così da renderli chiaramente riconoscibili, e quindi con le stesse modalità

ripetere, nei diversi momenti delle indagini, fotografie che possano documentare le dinamiche dei

sedimenti. La tipologia di risultati ottenibili sono illustrati nelle immagini che seguono.

Figura 12 – Esempio di confronto fotografico dei substrati

Pre svaso Post svaso

(prima dei lavaggi)

Post svaso

(dopo i lavaggi)

7.3 PARAMETRI BIOLOGICI

I parametri biologici esaminati nel presente studio sono stati:

la comunità dei macroinvertebrati bentonici;

la comunità delle diatomee bentoniche;

la comunità delle macrofite;

la comunità ittica.

Le attività di monitoraggio sono effettuate secondo quanto previsto dalle metodiche di indagine

delle acque correnti messe a punto e pubblicate a cura di APAT e disponibili nel sito

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24

http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/manuali-e-linee-guida/metodi-biologici-per-le-acque-

parte-i

7.3.1 PROTOCOLLO DI CAMPIONAMENTO DEI MACROINVERTEBRATI BENTONICI A.P.A.T.

Per la raccolta degli organismi macrobentonici viene indicato l’utilizzo di un retino immanicato tipo

Surber con dimensioni del telaio generalmente quadrato di 23 x 23 cm, pari ad un area di

campionamento di 0.05 m2, cono di rete lungo dai 60 agli 80 centimetri e maglia di 500 m, dotata

di bicchiere di raccolta terminale. Trattandosi di un campionamento quantitativo viene indicata una

superficie massima complessiva per ogni indagine pari a 1 m2 che verrà raggiunta compiendo in

ogni stazione 10 repliche di prelievo, mantenendo separati i diversi substrati.

Figura 13: retino immanicato tipo Surber da 23 x 23 cm di lato

I periodi migliori in cui condurre il campionamento dipendono dalla tipologia del corso d’acqua in

oggetto e sono indicati generalmente l’inverno (febbraio, inizio marzo), la tarda primavera (maggio)

e la tarda estate (settembre); in ogni caso vengono fornite indicazioni accessorie riguardo a periodi

o momenti in cui è meglio evitare di campionare, come durante o subito dopo eventi di piena,

durante o subito dopo periodi di secca estrema, impedimenti a causa di fattori ambientali nella

stima dell’estensione relativa degli habitat (elevata torbidità).

Preliminarmente al campionamento è necessario condurre una stima della composizione del

substrato fluviale e della relativa presenza di diversi microhabitat, in cui successivamente allocare

le 10 repliche. Si procede identificando una idonea sezione del corso d’acqua che sia

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25

rappresentativa del tratto fluviale da indagare, si riconosce la tipologia di mesohabitat prevalente e

si distinguono i singoli microhabitat presenti, stimando le percentuali di superficie che occupano

con intervalli del 10% e ad ogni intervallo corrisponde una replica. Il rilievo viene condotto

osservando l’interezza dell’alveo di torrente, sia il centro sia le rive, compilando una apposita

scheda di rilevamento.

Qui di seguito sono elencate e descritte le diverse tipologie di microhabitat che si possono

rinvenire in alveo.

Tabella 5: tipologia dei microhabitat rinvenibili e breve descrizione

Microhabitat Codice Definizione substrato

Igropetrico IGR Igropetrico strato d’acqua su roccia spesso ricoperta da muschi

Megalithal MGL Megalithal massi che superano i 40 cm*

Macrolithal MAC Macrolithal massi compresi tra 20 e 40 cm*

Mesolithal MES Mesolithal ciottoli compresi tra 6 e 20 cm*

Microlithal MIC Microlithal ghiaia compresa tra 2 e 6 cm*

Ghiaia GHI Ghiaia fine (tra 2 mm e 2 cm)

Sabbia SAB Sabbia ( tra 6μ e 2 mm)

Argilla ARG Argilla (minore di 6μm)

Artificiale ART Artificiale

Alghe AL Macro-micro alghe verdi visibli macroscopicamente

Macrofite sommerse SO Macrofite sommerse inclusi muschi e Characeae

Macrofite emergenti EM Macrofite emergenti (Thypha, Carex, Phragmites)

Terrestri TP Parti vive di piante terrestri radici fluitanti di vegetazione riparia

Xylal (legno) XY Xylal (legno) legno morto, rami, radici

CPOM CP CPOM depositi di materiale organico grossolano

FPOM FP FPOM depositi di materiale organico fine

Film Batterici BA Film batterici, funghi e sapropel

*: le dimensioni si riferiscono all’asse intermedio

I campionamenti quantitativi di macroinvertebrati si eseguono tramite retino Surber, che permette

di raccogliere gli organismi presenti in un’area delimitata da una cornice metallica rettangolare e

quindi di dimensioni note, in modo da poterne successivamente determinare la densità per unità di

superficie. Per evitare disturbi nel substrato da campionare è necessario stare a valle del retino

effettuando le repliche risalendo verso monte; la precisione del campione raccolto dipende inoltre

da:

aderenza della cornice al fondo per evitare la perdita di organismi;

riflusso dell’acqua causato dalla resistenza della rete che può ostacolare la cattura degli

organismi;

accuratezza nel rimuovere gli organismi, che possono essere saldamente attaccati al substrato;

profondità del substrato rimosso, in quanto gli organismi bentonici possono vivere anche diversi

centimetri sotto la superficie 10-15 cm.

Per la conservazione, gli organismi raccolti sono dapprima posti in una bacinella con acqua pulita

per la separazione dal detrito. Gli individui campionati vengono infine posti in contenitori e fissati

con formalina al 4% o alcol etilico al 75 %; questo al fine di prevenire eventuali fenomeni di

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decomposizione o di predazione tra esemplari nel periodo intercorrente tra la raccolta del

campione e la sua analisi in laboratorio.

Come accennato, verranno operate 10 repliche, utilizzando il retino Surber avente come area di

prelievo 0.05 m2 totalizzando per stazione una superficie complessiva di 1 m2. La metodica

consente di riunire in un unico contenitore il risultato delle singole repliche, anche se per

semplificare le operazioni di smistamento degli organismi dalle parti vegetali e minerali più fini, è

consentito trattare alcuni sub campioni raccolti (es. argilla sabbia, CPOM ecc.) separatamente.

Parallelamente al campionamento dei macroinvertebrati, al fine di una più precisa

caratterizzazione della stazione, verranno annotati anche i principali parametri chimico-fisici quali

temperatura, pH, conducibilità, ossigeno disciolto dai quali possono dipendere direttamente la

distribuzione e la composizione delle comunità di macroinvertebrati.

Il campione così prelevato viene fissato ed etichettato in modo univoco, riportando la data, il nome

della stazione, del corso d’acqua, la tipologia di mesohabitat e il numero di incrementi al quale

corrisponde. Una volta in laboratorio si procede al riconoscimento e alla classificazione degli

organismi catturati in toto, trasferendo il contenuto in più vaschette; il livello tassonomico minimo

richiesto per la classificazione è riportato nella tabella seguente.

Tabella 6: limiti per la definizione delle “Unità Sistematiche”

Gruppi tassonomici Livelli di determinazione tassonomica per la definire le “Unità sistematiche”

Plecotteri genere

Efemerotteri genere

Tricotteri genere

Coleotteri famiglia

Odonati genere

Ditteri famiglia

Eterotteri famiglia

Crostacei famiglia

Gasteropodi famiglia

Bivalvi famiglia

Tricladi genere

Irudinei genere

Oligocheti famiglia

Per una rassegna fotografica delle tipologie di microhabitat, si rimanda al documento

“Macroinvertebrati acquatici e direttiva 2000/60/EC (WFD) - Parte B. Descrizione degli habitat

fluviali a supporto del campionamento biologico” A cura di: Buffagni A., Erba S., Aquilano G.,

Armanini D.G., Beccari C., Casalegno C., Cazzola M., Demartini D., Gavazzi N., Kemp J.L., Mirolo

N., Rusconi M. Notiziario dei Metodi Analitici n.1 (2007) CNR-IRSA, Brugherio (MI).

Il sistema di classificazione utile per la definizione dello stato ecologico dei campioni prelevati

secondo il protocollo A.P.A.T. è denominato MacrOper e descritto da: Buffagni A., Erba S. &

Pagnotta R., 2008. Definizione dello stato ecologico dei fiumi sulla base dei macroinvertebrati

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bentonci per la 2000/60/EC (WFD): il sistema di classificazione MacrOper. Notiziario dei Metodi

Analitici numero speciale (2008) , CNR-IRSA, Brugherio (MI).

Tale sistema combina le informazioni relative ad i seguenti elementi fondamentali:

sistema tipologico nazionale;

limiti di classe definiti all’interno del processo di intercalibrazione europeo;

valori numerici di riferimento tipo specifici per sei metriche selezionate;

calcolo dell’indice STAR_ICMi;

Il conteggio effettuato in laboratorio viene informatizzato esprimendo, per ogni famiglia,

l’abbondanza in termini di densità/m2.

E’ successivamente applicato a questi dati l’indice STAR_ICMi (Indice multimetrico STAR di

Intercalibrazione). L’indice è composto di sei metriche, le quali forniscono informazioni in merito ai

principali aspetti che la Direttiva Quadro chiede di considerare per gli organismi macrobentonici.

Tabella 7: metriche che compongono lo STAR_ICMi e peso loro attribuito nel calcolo (da Buffagni, Erba e Pagnotta, 2008)

I valori di queste metriche, opportunamente normalizzati e ponderati, si combinano ad esprimere il

Rapporto di Qualità Ecologica (RQE), che assume valori compresi fra 0 e +1.

Una volta ottenuto l’RQE, per definire un giudizio di qualità ecologica, si utilizzano i valori di

riferimento desunti dal D.M. 206/2010.

7.3.2 STUDIO DELLA COMUNITÀ DELLE DIATOMEE BENTONICHE

La Direttiva 2000/60/CE, nella valutazione della qualità delle acque superficiali prevede, fra i

bioindicatori, anche lo studio della comunità algale e, in particolare, delle Diatomee, quali principali

componenti del fitobenthos fluviale. Le Diatomee sono alghe unicellulari di natura silicea presenti

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con una elevata biodiversità in tutti i fiumi, dove vivono adese a substrati di varia natura; sono

considerate degli ottimi indicatori per la loro sensibilità alle variazioni ambientali, in particolar modo

alla sostanza organica, ai nutrienti nutritivi ed ai sali minerali disciolti nell’acqua, soprattutto i

cloruri. Inoltre, presentano un’ampia distribuzione e la loro tassonomia ed ecologia è ben

conosciuta. In molti paesi europei l’impiego delle diatomee nel monitoraggio della qualità dei corsi

d’acqua è ormai consolidato da tempo anche se non sempre è riconosciuto a livello legislativo. In

Italia, il recepimento della Direttiva 2000/60/CE ha dato un notevole impulso allo studio delle

diatomee come bioindicatori, ma la quantità di dati attualmente disponibili sulle comunità

diatomiche dei fiumi italiani, non ha ancora permesso l’individuazione di un metodo di valutazione

dello stato ecologico rappresentativo della realtà nazionale. Ad oggi è stato proposto un nuovo

metodo per la valutazione dello stato ecologico delle comunità diatomiche, l’Intercalibration

Common Metric Index (ICMi), elaborato durante il processo di intercalibrazione del GIG dell’area

geografica Centrale /Baltica.

Campionamento, preparazione del vetrino, identificazione e conteggio delle diatomee

L’analisi delle Diatomee bentoniche per il monitoraggio biologico dei corsi d’acqua prevede le

seguenti fasi principali:

raccolta dei campioni

preparazione in laboratorio di vetrini permanenti

osservazione al microscopio dei preparati per la determinazione sistematica ed il conteggio

Il campionamento e l’analisi delle diatomee viene effettuato seguendo il “protocollo di

campionamento dei corsi d’acqua” pubblicato sul sito dell’Ispra (ex Apat) alla pagina

http://www.apat.gov.it/site/it-IT/APAT/Pubblicazioni/metodi_bio_acque.html che si basa sulle

norme standard europee (CEN EN 13946,2003; CEN EN 14407, 2004).

Il campionamento delle diatomee epilitiche viene effettuato attraverso la raccolta di 4 o 5 massi o

ciottoli nella zona centrale dell’alveo, procedendo lungo il corso d’acqua da valle verso monte, per

un tratto di lunghezza pari a circa 10 m, avendo cura di escludere le zone in cui la corrente lenta

(pozze laterali o lanche) potrebbe favorire il proliferare di alghe filamentose, che costituiscono il

substrato preferenziale delle alghe epifitiche. I ciottoli vengono ripuliti con l’ausilio di uno

spazzolino e lavati con acqua. Per la conservazione del materiale raccolto viene poi aggiunto

etanolo al 70%.

In laboratorio, il campione conservato viene più volte risciacquato con acqua distillata e

centrifugato prima di procedere all’ossidazione della sostanza organica presente, attraverso

l’aggiunta di agenti ossidanti. Uno dei metodi più utilizzati per la pulizia dei frustoli delle diatomee

prevede l’aggiunta di perossido di idrogeno (130 vol) a freddo. Al termine del processo può essere

utile l’aggiunta di alcune gocce di acido cloridrico (HCl), al fine di rimuovere il perossido di idrogeno

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in eccesso ed i carbonati eventualmente presenti. Si ottiene in questo modo un preparato

contenente i frustuli ossidati delle diatomee.

Per ogni campione ossidato, opportunamente diluito, viene montato un vetrino permanente, con

l’utilizzo di vetrini coprioggetto di forma rotonda e di resina ad alto potere di rifrazione (Naphrax).

Con l’ausilio di un microscopio ottico dotato di obiettivo 1000X ad immersione, si procede

all’identificazione delle Diatomee, sulla base dell’osservazione dei frustoli di cui viene analizzata la

morfologia. Al fine della classificazione i più importanti elementi tassonomici da esaminare sono la

simmetria della valva, la sua iso-o etero polarità, la presenza e la disposizione del rafe, il numero e

la disposizione delle strie e punteggiature, la lunghezza e la larghezza del frustolo. Gli individui

vengono identificati a livello di specie e varietà, seguendo principalmente le chiavi dicotomiche di

Krammer et Lange Bertalot (1997-2004) e per ogni campione devono essere contati 400 valve

come previsto dalle norme standard (UNI EN 14407:2004).

Figura 14: raccolta delle diatomee epilitiche

ICMi (Intercalibration Common Metric Index)

Nell’ambito delle attività di implementazione della Direttiva 200/60/CE, l’Istituto Superiore della

Sanità ha proposto come metodo per la valutazione dello stato ecologico delle acque correnti

mediante le comunità diatomiche, l’ICMi (Intercalibration Common Metric Index) (Mancini &

Sollazzo, 2009), un indice basato sulle attuali conoscenze in ambito nazionale e sull’esperienza

maturata nell’ambito dei gruppi geografici di intercalibrazione (GIG) dell’area geografica centrale e

Baltica. L’ICMi è un indice multi metrico composto dall’Indice di Sensibilità agli Inquinanti IPS

sviluppato in Francia dal Cemagref (1982) e dall’Indice Trofico TI di Rott (Rott et al., 1999).

L’IPS (Index de Pollo Sensibilité) è un indice saprobico che tiene conto della sensibilità delle

specie all’inquinamento organico, mentre l’indice TI valuta principalmente l’arricchimento naturale

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in nutrienti e l’inquinamento trofico. Entrambi gli indici prevedono l’identificazione delle diatomee al

livello di specie e attribuiscono a ciascuna di esse un valore di sensibilità (affinità/tolleranza)

all’inquinamento e un valore di affinità come bioindicatore.

Il valore dell’IPS5 viene calcolato attraverso la formula di Zelinka e Marvan:

Successivamente l’IPS5 viene convertito in classe 20 con la seguente formula:

IPS=(4,75 x IPS5)-3,75

Anche l’indice TI si basa sulla formula di Zelinka e Marvan:

L’ICMi è dato dalla media aritmetica degli RQE (Rapporto di Qualità Ecologica), cioè del rapporto

fra il valore osservato ed il valore di riferimento del “quality element” considerato, della somma dei

due indici IPS e TI:

Gli RQE dei due indici vengono calcolati nel seguente modo:

I valori di riferimento degli indici IPS e TI per i diversi tipi fluviali sono riportati nella seguente

tabella.

Tabella 8: limiti di classe per i diversi macrotipi fluviali

Macrotipo fluviale IPS TI

A1 18.4 1.7

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A2 19.6 1.2

C 16.7 2.4

M1 17.15 1.2

M2 14.8 2.8

M3 16.8 2.8

M4 17.8 1.7

M5 16.9 2.0

Lo stato ecologico viene quindi espresso attraverso il Rapporto di Qualità Ecologica, fra le

comunità osservate e quelle di riferimento. I limiti delle classi di qualità sono riportate nella tabella

seguente.

Tabella 9: limiti di classe per i diversi macrotipi fluviali

Macrotipi E/B B/S S/S S/C

A1 0.87 0.70 0.60 0.30

A2 0.85 0.64 0.54 0.27

C 0.84 0.65 0.55 0.26

M1-M2-M3-M4 0.80 0.61 0.51 0.25

M5 0.88 0.65 0.55 0.26

7.3.3 STUDIO DELLA COMUNITÀ DELLE MACROFITE

Il campionamento deve essere effettuato due volte durante la stagione vegetativa; generalmente

per sono da preferirsi i periodi da aprile a giugno e da luglio a settembre.

La scelta del sito di campionamento deve comprendere, per quanto possibile, tutte le facies

idrologiche e biologiche presenti nel tratto di studio, ed avere uno sviluppo longitudinale di 50-100

m a seconda delle dimensioni del corso d’acqua.

All’interno del sito di campionamento si individuano le zone con presenza di macrofite e se ne

valuta la copertura percentuale. Nell’ambito delle aree caratterizzate da macrofite si valuta quindi

la copertura percentuale dei singoli taxa (con distinzione se possibile a livello di specie, altrimenti

di genere). Per eseguire il rilievo in corsi d’acqua guadabili si cammina all’interno del tratto di

studio controcorrente procedendo a zig-zag, individuando i taxa presenti e successivamente

determinandone la copertura percentuale mentre si procede in senso inverso. All’interno di corsi

d’acqua non guadabili l’individuazione dei taxa e della loro copertura si effettua tramite

campionamenti random con un rastrello dal fondo del corso d’acqua. Le percentuali di copertura si

attribuiscono secondo classi di valori corrispondenti a multipli di 5. Qualora la vegetazione fosse

caratterizzata da una struttura pluristratificata, le percentuali di copertura si attribuiscono

separatamente per ogni strato.

Durante la determinazione dei taxa su campo è necessario prelevare almeno un campione per

ogni taxon per la conservazione a lungo termine, al fine di consentire eventuali verifiche

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successive allo studio. I campioni di fanerogame si conservano essiccati, quelli di alghe in barattoli

contenenti l’acqua di campionamento con aggiunta di formalina; ogni campione deve essere

etichettato.

Per le metodiche di campionamento, determinazione e conservazione dei campioni si fa

riferimento al Protocollo di campionamento e analisi delle macrofite delle acque correnti - APAT

(2009).

Calcolo del Rapporto di Qualità Ecologica (RQE)

La qualità dei corsi d’acqua sulla base delle macrofite si calcola a partire dall’indice biologico

macrofitico dei corsi d’acqua (Indice Biologique Macrophytique en Rivière, IBMR). Tale indice è

calcolato sulla base della copertura (coefficiente Ki), del coefficiente di stenoecìa (Ei) e del

coefficiente di sensibilità (Csi) delle specie, tra quelle rinvenute, appartenenti ad una lista

appositamente creata per il calcolo dell’indice. Il rapporto tra il valore dell’IBMR del sito di studio e

il valore calcolato per il sito di riferimento (RQE) permette di individuare la classe di qualità a cui

appartiene il tratto di corso d’acqua in esame.

Calcolo dell’IBMR:

Dove:

i = specie indicatrice

E = coefficiente di stenoecia da 1 (ampia distribuzione ecologica – specie euriecia) a 3

(ristretta distribuzione ecologica – specie stenoecia)

K = coefficiente di abbondanza (1-5)

Cs = punteggio specifico di oligotrofia da 0 (eutrofo) a 20 (oligotrofo)

Coefficiente di abbondanza

1 = copertura della specie i < 0.1%

2 = 0.1 % – 1 %

3 = 1 % – 10 %

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4 = 10 % – 50 %

5 = > 50%

L’elenco delle specie indicatrici e i valori dei rispettivi coefficienti e punteggi sono reperibili nel

manuale Metodologie analitiche della componente vegetazionale negli ambienti di acque correnti -

Centro Tematico Acque Interne e Marino Costiere. Per la messa a punto del metodo si può fare

riferimento ad un articolo sull’ IBMR di Haury J. et al., 2006. Il rapporto di qualità ecologica

RQE_IBMR si calcola a partire dal valore di IBMR ottenuto e dal valore di riferimento relativo al

macrotipo fluviale in esame.

Tabella 10: valori di riferimento dell’IBMR per i macrotipi fluviali

Area geografica Macrotipi Valore di riferimento

Alpina Aa 14.5

Ab 14

Centrale

Ca 12.5

Cb 11.5

Cc 10.5

Mediterranea Ma 12.5

Mb 10.5

Mc 10

Md 10.5

Me 10

Mf 11.5

Mg 11

Tabella 11: valori di RQE_IBMR relativi ai limiti tra le classi Elevata. Buona e Sufficiente

Area geografica Limiti di Classe

Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo

Alpina 0.85 0.70 0.60 0.50

Centrale 0.90 0.80 0.65 0.50

Mediterranea 0.90 0.80 0.65 0.50

7.3.4 STUDIO DELLA COMUNITÀ ITTICA

La raccolta dei dati di campo sulla fauna ittica è svolta mediante pesca elettrica. Si tratta del

metodo più efficace nei corsi d’acqua di piccole e medie dimensioni, oltre ad essere innocuo per i

pesci, che possono così essere rimessi in libertà una volta effettuate le analisi necessarie. Questo

sistema di pesca si basa sull’effetto che un campo elettrico produce sul pesce: mediante un

elettrostorditore alimentato da un motore a scoppio viene, infatti, generato un campo elettrico tra

due elettrodi, lancia (anodo) e massa (catodo), tra i quali si stabilisce una corrente elettrica

nell’acqua. L’efficienza della pesca elettrica è influenzata da alcuni fattori ambientali, primo dei

quali la conducibilità elettrica dell’acqua: valori troppo bassi (come accade per esempio in acque di

bacini cristallini, povere di sali disciolti, dove si registrano valori inferiori a 20 S/cm) fanno sì che

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l’acqua non conduca adeguatamente la corrente elettrica e l’elettropesca risulti inefficace. Di

contro, valori di conducibilità troppo alti (per esempio nelle acque salmastre o comunque ricche di

soluti) danno luogo ad una dispersione eccessiva di corrente, cosicché, anche in questo caso,

l’elettropesca diventa inefficace. Un altro fattore che condiziona il successo della pesca elettrica è

la natura del substrato di fondo: maggiore è la sua conducibilità, come nel caso di fondali fangosi,

e più il campo elettrico si disperde, risultandone una minore efficienza di cattura; fondali rocciosi,

poco conduttivi, sono invece ottimali. È importante anche la profondità dell’acqua, al crescere della

quale diminuiscono le possibilità di cattura sia per una maggiore dispersione di corrente

conseguente alla maggiore distanza tra gli elettrodi, sia per le difficoltà insite quando si opera nelle

acque profonde.

Il campionamento tramite elettropesca è condotto da un gruppo di cinque persone: una che aziona

lo storditore, una che utilizza la lancia, due che raccolgono i pesci storditi con una guada e una che

trasportava i pesci catturati nei contenitori per lo stoccaggio provvisorio in attesa degli esami. Sono

stati impiegati elettrostorditori spallabili con motore a scoppio modello “Ittiosanitaria ELT-IIE” da

1300 W.

I pesci catturati sono sottoposti alle seguenti determinazioni:

Identificazione della specie di appartenenza.

Misura della lunghezza totale - cioè dall’apice del muso all’estremità della coda tenuta distesa -

mediante un apposito strumento, l’ittiometro, con un’approssimazione di ±1 mm.

Peso, mediante bilancia elettronica, con un’approssimazione di ±0.1 g (±1g per le specie di

peso maggiore di 0.5 kg).

I dati così ricavati sono utilizzati per ottenere i seguenti parametri:

Composizione della comunità ittica, espressa come percentuale di abbondanza degli

individui delle diverse specie ittiche rilevate.

Struttura delle popolazioni ittiche: si valuta attraverso l’abbondanza relativa tra individui

giovani di un anno di vita o meno (detti anche “0+”), giovani di oltre un anno di vita (detti anche

“individui subadulti”) e adulti, cioè pesci sessualmente maturi, che in genere hanno almeno tre

anni di vita. Lo stato di salute di una popolazione dipende, infatti, non solo dalla sua

abbondanza numerica, ma anche da un corretto rapporto di equilibrio tra individui delle diverse

età: una popolazione costituita quasi esclusivamente da giovani indica o una situazione di

espansione demografica, oppure la presenza di problemi ambientali che non consentono la

presenza di pesci di maggiore taglia, o ancora un eccessivo prelievo di adulti operato dalla

pesca; questo si può tradurre in una grave limitazione per la possibilità di riproduzione naturale

nel tratto, venendo a scarseggiare o a mancare i riproduttori fino a quando i giovani presenti

avranno la possibilità di raggiungere la maturità sessuale. Viceversa, una popolazione con

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pochi giovani indica la presenza di problemi nel successo della riproduzione naturale a livello di

sopravvivenza di uova o avannotti.

Densità delle diverse specie ittiche, calcolata come numero di pesci catturati rapportato alla

superficie del tratto di corso d’acqua campionato. Questo parametro è un indice della quantità di

pesci presenti; confrontando le densità ittiche di vari tratti si può stabilire dove il numero di pesci

è adeguato alle potenzialità ambientali e dove invece è inferiore.

Biomassa, calcolata come peso complessivo dei pesci presenti rapportato alla superficie del

tratto di corso d’acqua campionato. Anche questo parametro è un indice di abbondanza, ma è

fortemente influenzato dalla taglia dei pesci presenti, più che dal loro numero.

Relazione lunghezza – peso, rappresentata dall’equazione (Klemm et al., 1993): P = a Lb;

dove: ”P” è il peso del pesce in grammi, “L” è la lunghezza del pesce in millimetri, “b” è un

esponente generalmente compreso tra 2 e 4. “b” è pari a 3 nel caso di una crescita

perfettamente isometrica, tale cioè per cui il pesce non cambia forma del corpo e peso specifico

nel corso della vita. La relazione lunghezza – peso può essere impiegata, nel caso di campioni

molto numerosi di pesci, per ricavare il peso degli esemplari dei quali è stata misurata

solamente la lunghezza (Busacker et al., 1990).

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