Base Tempi e Sincronizzazione

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BASE DEI TEMPI E SINCRONIZZAZIONE

La visualizzazione della forma d’onda dei segnali è un’importantissima funzione svolta dall’oscilloscopio. Lo schema a blocchi semplificato di un oscilloscopio è il seguente:

La deflessione orizzontale del fascio è realizzata dal blocco base dei tempi e quella del fascio verticale dal blocco canale y che modula il movimento lungo l’asse delle ordinate in funzione della tensione di ingresso. I due suddetti blocchi operano, tramite la simultanea azione deflettente del puntino luminoso, una composizione di moti su assi ortogonali, il cui risultato è la forma d’onda visualizzata. Volendo visualizzare, ad esempio, una sinusoide, inviamo al canale verticale una tensione sinusoidale:

e al canale orizzontale una tensione di deflessione linearmente crescente col tempo (rampa lineare):

solo così, infatti, la composizione tra i due moti restituisce sul piano cartesiano la rappresentazione

di una tensione sinusoidale.

La persistenza della traccia luminosa sullo schermo è limitata ad un tempo molto breve successivo al passaggio del fascio di elettroni. Per far sì che l’immagine appaia ferma all’occhio umano bisogna sfruttare il fenomeno della persistenza delle immagini sulla retina facendo ripetere il tracciamento della forma d’onda periodicamente a frequenze sufficientemente alte (almeno 30 volte al secondo). La forma d’onda risultante sulle placchette orizzontali non è una semplice rampa ma un dente di sega (ideale in figura).

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Vx

t1 t

Applicando questo segnale alle placchette di deflessione orizzontale abbiamo all’istante t=0 una tensione negativa tale da portare il fascetto all’estrema sinistra dello schermo; da questo istante la tensione aumenta linearmente spostando la traccia del fascio di moto rettilineo uniforme lungo l’asse x fino all’istante t=t1, in cui il puntino luminoso si viene a trovare all’estrema destra dello schermo per poi riportarsi istantaneamente alla sinistra dello schermo e ripetere il ciclo. Il problema fondamentale del circuito che realizza la base dei tempi è proprio tale discontinuità (di salto) nella Vx, che fisicamente non è realizzabile. Poiché la tensione non può variare istantaneamente da un valore positivo ad uno negativo, il passaggio tra tali valori avverrà con continuità in un certo intervallo di tempo che dovrà essere reso più piccolo possibile rispetto al periodo del dente di sega.

Nella realtà il segnale applicato alle placchette orizzontali sarà del tipo:

Durante il fronte di discesa del segnale della base dei tempi il pennello torna all’estrema sinistra dello schermo: si definisce “tempo di ritraccia” il tempo impiegato dal puntino luminoso in tale ritorno. Questo dipende dai tempi di scarica delle capacità (anche parassite) inevitabilmente presenti nella circuiteria della base dei tempi ed è un fattore limitante per la banda di frequenza che l’oscilloscopio può visualizzare.

Finita la scansione dello schermo si deve evitare che il ritorno del puntino luminoso alla sinistra dello schermo venga visualizzato assieme alla forma d’onda in esame; a questo scopo sarà necessario spegnere il fascetto di elettroni (unblanking) durante tutto il tempo di ritraccia. Questo si ottiene mediante un opportuno circuito (derivatore) che in corrispondenza di ogni fronte di discesa nel segnale a dente di sega produce un impulso negativo il quale, opportunamente amplificato e inviato alla griglia di controllo del CRT, consente di inibire il fascio per il tempo desiderato.

Purtroppo la periodicità del dente di sega non è sufficiente a far sì che il fascio percorra sempre la stessa traiettoria. Infatti, tranne per segnali a frequenze pari o multiple, ad ogni partenza del dente di sega il segnale di ingresso avrà un valore diverso e sullo schermo si vedranno delle sovrapposizioni sfasate dello stesso segnale.

Al fine di visualizzare un’immagine stabile è necessario “sincronizzare” la partenza del dente di sega col passaggio della forma d’onda per un ben determinato valore, cosicché la curva tracciata sullo schermo partirà sempre dallo stesso valore. Questa operazione è detta SINCRONIZZAZIONE o TRIGGERING.

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Concretamente, per determinare i punti in cui il segnale di ingresso raggiunge il valore di riferimento fissato si usano dei “comparatori di livello”. Essi sono dispositivi capaci di confrontare due segnali (ingresso e livello di riferimento costante) e di emettere un impulso quando l’uno supera l’altro. Questo impulso viene inviato successivamente al circuito generatore del dente di sega in maniera tale da far partire una rampa solo nell’istante di ricezione.La velocità dei comparatori utilizzati è un fattore determinante per le prestazioni dell’oscilloscopio; una bassa velocità di comparazione causa alle alte frequenze comparazioni incerte e quindi difficoltà di fissare stabilmente sullo schermo la forma d’onda. Negli oscilloscopi migliori la circuiteria di triggering contiene diodi tunnel caratterizzati da brevi tempi di commutazione consentendo visualizzazione di segnali con frequenze fino ai GHz.

Un altro problema consiste nel fatto che sono diversi i tempi di risposta dei circuiti della base dei tempi (più lunghi) e quelli degli amplificatori utilizzati per il segnale sul canale y (più brevi), con la conseguente partenza anticipata della deflessione verticale rispetto a quella orizzontale e quindi perdita della prima parte del segnale. Il problema può essere risolto utilizzando una “linea di ritardo” nella catena di trasmissione del canale y. Questa può essere realizzata sfruttando le caratteristiche di una linea bipolare a costanti distribuite, stampata su di un supporto a costante dielettrica elevata flessibile e poco ingombrante (vedi figura sotto) raggiungendo un ritardo stabile, dell’ordine dei 150ns.

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Gli impulsi di trigger vengono generati in corrispondenza di punti ben precisi del segnale, che possono essere scelti dall’operatore (funzionamento normal) agendo sui comandi “trigger level” e “slope” (fronte di salita/discesa) oppure in modo automatico dall’oscilloscopio (funzionamento auto). Un’altra possibilità fornita dal trigger è quella di permettere la visualizzazione di fenomeni transitori (modalità “single sweep”): il trigger fa partire la base dei tempi non appena il segnale di ingresso supera la soglia impostata rimanendo inattiva fin quando l’operatore non agirà sul comando di “reset”; in questo modo si effettuerà una sola scansione dello schermo. Naturalmente è necessario un sistema di memorizzazione di tale immagine poiché essa resterà sullo schermo solo per il periodo di persistenza dei fosfori. Tra i vari metodi di memorizzazione esistono le possibilità di fotografare lo schermo, di utilizzare particolari oscilloscopi dotati di memoria o i più moderni oscilloscopi digitali.

Analizziamo ora alcune soluzioni circuitali per la generazione del segnale a dente di sega. Premettiamo che nella suddetta forma d’onda deve essere particolarmente curata la linearità del fronte di salita, questo perché essa costituisce il riferimento temporale della forma d’onda sul canale y ed occorre quindi che la sua variazione avvenga uniformemente durante la scansione, così da generare un moto uniforme del fascio elettronico lungo la direzione x. Inoltre, occorre che sia possibile variare la frequenza dello spazzolamento in un intervallo molto ampio: se l’oscilloscopio copre un range di frequenze da 1Hz a 100MHz si deve poter variare la base dei tempi in modo da visualizzare intervalli temporali di durata variabile tra 1 secondo e 10 nanosecondi.

Per introdurre una delle soluzioni circuitali partiamo da un semplice circuito RC alimentato dalla tensione costante VRC.

Si vede che per t << τ l’uscita del circuito può considerarsi approssimativamente rettilinea, cioè nei primi istanti il circuito si comporta da integratore:

Infatti, sviluppando l’equazione precedente in serie di potenze e trascurando per t << τ tutti i termini di ordine superiore al primo, si ottiene:

per t << τ

Il fatto che successivamente la tensione non segua più l’andamento lineare e tenda alla

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saturazione dipende dal valore della capacità C che, essendo finita, impone dei limiti sulle quantità di carica immagazzinabile per una data tensione.

Il fatto che il circuito RC si comporti da integratore nei primi istanti del transitorio suggerisce che con opportune modifiche si possa ottenere un generatore di rampa.

Questa modifica potrebbe consistere nell’inserzione di un ulteriore generatore di tensione V g

in serie al capacitore la cui forma d’onda deve essere tale da ottenere una V 0 linearmente crescente con il tempo. Bisogna dunque esplicitare questa forma d’onda.

Cominciamo con l’osservare che la corrente sul capacitore deve essere costante al fine di far crescere la sua tensione linearmente; ma se la corrente deve essere costante anche la caduta di tensione sulla resistenza sarà costante ed in particolare dalla LKT alla maglia:

ma essendo VRC = VR = costante rimane Vg = V0

e cioè il generatore deve riprodurre istante per istante la tensione del capacitore.Un altro metodo è quello di utilizzare un amplificatore con impedenza di ingresso molto

elevata (teoricamente infinita) ed impedenza di uscita bassa (teoricamente nulla) che legga la tensione di uscita e la riporti inalterata (buffer o guadagno unitario) in serie alla maglia del circuito. Possiamo portare due esempi di circuiti che utilizzano questo metodo: il primo detto di BOOTSTRAP ed il secondo detto INTEGRATORE di MILLER.

CIRCUITO DI BOOTSTRAP

E’ importante che l’impedenza di ingresso del buffer (realizzabile con amplificatore operazionale o con un inseguitore di emettitore) sia elevatissima affinché la tensione V0 venga letta come se fosse a vuoto, e che l’impedenza di uscita sia molto bassa affinché non vengano introdotte ulteriori resistenze in serie con la R al fine di preservare la costante di tempo del circuito.

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INTEGRATORE di MILLER

Questa configurazione circuitale, molto più utilizzata rispetto alla precedente, prende il nome dal noto Effetto Miller per il quale agli effetti esterni la capacità presente viene moltiplicata per il guadagno dello stadio amplificatore. Nella fattispecie l’Amplificatore Operazionale ha un guadagno pressoché infinito e quindi tale sarà pure la capacità risultante. Essendo, dunque, grandissima la costante di tempo del circuito la tensione in uscita coinciderà proprio con una rampa lineare.

Per dimostrare il funzionamento da integratore del circuito basta far ricorso al concetto di “massa virtuale” all’ingresso dell’amplificatore operazionale: tra i terminali dell’operazionale non sussiste alcuna d.d.p. ( altrimenti a causa del guadagno infinito la tensione di uscita sarebbe infinita) e non circola alcuna corrente; ciò significa che la R è sottoposta proprio alla V in ed inoltre (LKC al nodo del morsetto negativo) la corrente che la attraversa coincide con la corrente che carica il condensatore:

e dunque la tensione di uscita è proporzionale all’integrale della tensione di ingresso.Se in ingresso pongo una tensione costante in uscita ottengo una rampa; se in ingresso pongo

un’onda quadra con opportuno duty cycle in uscita ottengo un dente di sega.