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XIII CONVEGNO DI STUDI VETEROTESTAMENTARI L’ELEZIONE DI ISRAELE: ORIGINI BIBLICHE, FUNZIONE E AMBIGUITÀ DI UNA CATEGORIA TEOLOGICA IL CAMPO LESSICALE, IL CAMPO ASSOCIATIVO E IL CAMPO SEMANTICO DELL’«ELEZIONE D’ISRAELE» NEL TANAK E NELLA BIBBIA. DALLA LINGUISTICA ALLERMENEUTICA DELLA TRADIZIONE Don Silvio BARBAGLIA STUDENTATO TEOLOGICO SAN GAUDENZIO NOVARA FOLIGNO, LUNEDÌ 8 SETTEMBRE 2003

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XIII CONVEGNO DI STUDI VETEROTESTAMENTARI

L’ELEZIONE DI ISRAELE: ORIGINI BIBLICHE, FUNZIONE E AMBIGUITÀ

DI UNA CATEGORIA TEOLOGICA

IL CAMPO LESSICALE, IL CAMPO ASSOCIATIVO E IL CAMPO SEMANTICO DELL’«ELEZIONE D’ISRAELE»

NEL TANAK E NELLA BIBBIA. DALLA LINGUISTICA ALL’ERMENEUTICA DELLA TRADIZIONE

Don Silvio BARBAGLIA STUDENTATO TEOLOGICO SAN GAUDENZIO

NOVARA

FOLIGNO, LUNEDÌ 8 SETTEMBRE 2003

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SOMMARIO

1. INTRODUZIONE: LA DELIMITAZIONE DELLA PROBLEMATICA ..................................................... 3 2. LE QUESTIONI METODOLOGICHE FONDAMENTALI ...................................................................... 5

2.1. La distinzione tra «campo lessicale», «campo associativo» e «campo semantico» ............ 6 2.2. «Elezione» ed «elezione d’Israele»: i termini teorici del problema .................................. 10 2.3. Il «campo» della ricerca: il TaNaK della tradizione ebraica e/o la Bibbia della tradizione

cristiana .............................................................................................................................. 11 2.4. Per una innovata definizione di «campo semantico» nel rispetto della forma del discorso

biblico ................................................................................................................................ 14 3. IL «CAMPO SEMANTICO» DELL’«ELEZIONE D’ISRAELE»: SPUNTI PER LA REALIZZAZIONE DEL

PROGETTO ................................................................................................................................... 16 3.1. L’approccio al tema dell’«elezione» attraverso il lessico .................................................. 17

a. Occorrenze della terminologia tipica dell’«elezione» nel TaNaK e nella Bibbia: búr / ekÄleg / log ..... 17 b. L’organizzazione «alfabetica» del pensiero e della realtà: il contributo dei grandi lessici biblico-teologici

del sec. XX ................................................................................................................................................ 19 c. I contributi della semiotica e della semantica strutturalista ...................................................................... 25

3.2. L’approccio al tema dell’«elezione d’Israele» attraverso una «semantica del discorso biblico» .............................................................................................................................. 31 a. «Campo lessicale, associativo o semantico»: valutazione metodologica dei contributi recensiti ............ 32 b. L’«elezione d’Israele» nell’ambito di una «semantica del discorso biblico» ........................................... 33 c. Il «campo» della testualità biblico-canonica e le altre testualità ............................................................... 33

4. BIBLIOGRAFIA CONSULTATA O CITATA NEL CONTRIBUTO ........................................................ 35

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1. INTRODUZIONE: LA DELIMITAZIONE DELLA PROBLEMATICA Nonostante gli sviluppi e i notevoli contributi offerti dall’avvento degli studi di linguistica

generale e delle scienze del linguaggio,1 il mondo degli studi biblici è ancora oggi2 sostanzialmente ancorato a metodologie di matrice storico-critica, normalmente definite «diacroniche». È difficile difendere con oggettività questo dato ma si ha l’impressione che anche lo stesso vocabolario tecnico utilizzato nelle scienze bibliche sia ancora quello creato dalla scuola di matrice tedesca che ha contribuito, più di altre, a formare e a far crescere la coscienza storica rispetto allo studio dei testi.

Infatti, nella prospettiva della critica storica, un testo antico è concepito come «fonte» o «finestra»,3 atto a contribuire alla verosimile ricostruzione di un quadro di eventi o di matrici di pensiero, in specie teologiche. Rispetto all’interesse storico, la genesi e lo sviluppo delle tradizioni che hanno dato vita al testo nell’antichità sono esse stesse sottoposte a un’analisi letteraria che ne ricerca le fasi genetiche: ad una storia attraverso le fonti, corrisponde una storia dell’origine e dello sviluppo delle fonti stesse.4

Certo, non sono mancati altri frutti e contributi finalizzati ad allargare l’ambito della ricerca esegetica sul testo biblico5 ma, nonostante questo, continua a permanere una sostanziale distanza tra le due sensibilità che, semplificando, vengono identificate entro una prospettiva diacronica o

1 L’espressione indica l’ampliamento della prospettiva di comprensione della logica del linguaggio umano inteso

come un sistema semiotico già a partire dall’opera di F. DE SAUSSURE, Cours de linguistique générale (Bibliothèque scientifique), Paris 1960 (or. 1916): «La langue est un système de signe exprimant des idées, et par là, comparable à l’écriture, à l’alphabet des sourds-muets, aux rites symboliques, aux formes de politesse, aux signaux militaires, etc., etc. Elle est seulement le plus important de ces systèmes. On peut donc concevoir une science qui étudie la vie des signes au sein de la vie sociale; elle formerait une partie de la psychologie sociale, et par conséquent de la psychologie générale; nous la nommerons sémiologie (du grec shmei/on “signe”). Elle nous apprendrait en quoi consistent les signes, quelles lois les régissent. Puisqu’elle n’existe pas encore, on ne peut dire ce qu’elle sera; mais elle a droit à l’existence, sa place est déterminée d’avance. La linguistique n’est qu’une partie de cette science générale, les lois que découvrira la sémiologie seront applicables à la linguistique, et celle-ci se trouvera ainsi rattachée à un domaine bien défini dans l’ensemble des faits humains» (p. 33).

2 L’affermazione vuole sottolineare la posizione maggioritaria degli studi biblici allo stato attuale all’indomani dell’euforia tipica degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso che aveva accreditato la massima fiducia agli «approcci acronici» promossi dalla semiotica e dallo strutturalismo.

3 Assumiamo l’espressione da Muray Krieger: egli afferma che l’«Historical Criticism», ovvero l’approccio ai testi quali «fonti per la storia», si riferisce alla testualità come fosse una finestra attraverso la quale scoprire un altro tempo e un altro spazio; invece, il «Literary Criticism», ovvero l’approccio ai testi per la loro natura estetica e letteraria, concepisce la testualità come uno specchio: si vuole guardare al testo e non attraverso di esso! Cfr. M. KRIEGER, A Window to Criticism. Shakespeare's Sonnets and Modern Poetics, Princeton, NJ 1964, 3.

4 In questa comprensione, la categoria della «storia», direziona ogni tipo di approccio: le critiche del testo, delle forme, delle tradizioni e delle redazioni porteranno il marchio di tale precomprensione. La stessa teologia del testo sarà, quale frutto critico del lavoro compiuto, riposizionata nell’arco dello sviluppo storico.

5 A questo proposito, come conferma dell’ampliamento del quadro di approccio interpretativo alla Bibbia, va ricordato il celebre documento del 1993 della PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa. Discorso di Sua Santità Giovanni Paolo II e Documento della Pontificia Commissione Biblica, Città del Vaticano 1993. Tra i vari commenti al testo che si sono succeduti lungo questo decennio ricordiamo in particolare, per la scuola italiana, la pubblicazione dell’articolata riflessione della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale. In essa, oltre al contributo diretto di commento al testo ad opera di R. Vignolo, sono affrontate e approfondite varie problematiche poste a monte rispetto al pronunciamento di sintesi del documento stesso: G. ANGELINI (a cura di), La Rivelazione attestata. La Bibbia fra Testo e Teologia (Raccolta di Studi in onore del Cardinale Carlo Maria Martini Arcivescovo di Milano per il suo LXX compleanno; «Quodlibet» 7), Milano 1998.

In relazione all’approfondimento sulle metodologie più comuni allo studio della Bibbia occorre ricordare alcune opere generali: H. ZIMMERMANN, Metodologia del Nuovo Testamento. Esposizione del metodo storico-critico, Torino 1971 (or. ted.: 1967); H.-J. KRAUS, L’Antico Testamento nella ricerca storico-critica dalla Riforma ad oggi (Collana di studi religiosi), Bologna 1975 (or. ted.: 1969); W. EGGER, Metodologia del Nuovo Testamento. Introduzione allo studio scientifico del Nuovo Testamento (Studi biblici 16), Bologna 1989; W. STENGER, Metodologia biblica (Giornale di teologia 205), Brescia 1991 (or. ted.: 1987); P. GUILLEMETTE - M. BRISEBOIS, Introduzione ai metodi storico-critici (Studi e ricerche bibliche), Roma 1990 (or. fr.: 1987); H. SIMIAN-YOFRE (a cura di), Metodologia dell’Antico Testamento (Studi biblici 25), Bologna 1994; V. FUSCO, «Un secolo di metodo storico nell’esegesi cattolica (1893-1993)», in Studia Patavina 41,2(1994), 341-398;

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sincronica del testo.6 Quasi a dire che i primi dirigono, in ultima istanza, la testualità verso la storia delle idee, dei fatti, degli sviluppi teologici, mentre i secondi, si concentrano sul testo stesso nella sua redazione finale per coglierne le dinamiche di senso a partire dalle strutture semiotiche prodotte dal sistema comunicativo testuale.7 Esse rappresentano due visioni distinte, qui volutamente distanziate, al fine di stigmatizzare una percezione ancora perdurante nel mondo dello studio biblico tra le due sensibilità che, come precomprensioni calamitanti, attirano o respingono l’interprete, l’esegeta o il filologo in una o in un’altra direzione.8

Il seguente contributo si colloca nel quadro di un convegno di studi veterotestamentari che, nella sua impostazione, appare immediatamente collegato ad un approccio storico-critico, finalizzato a promuovere un aggiornamento degli studi sulla categoria storica e teologica dell’«elezione di Israele».

Si intuisce, già dal vocabolario utilizzato per la titolazione del presente studio, una prospettiva di matrice «sincronica», qui ricordata, che rischia, se giustapposta, di elaborare un discorso che corra parallelo all’altro e, inesorabilmente, esposto all’inefficacia euristica ai fini di una ricerca sul medesimo oggetto. Il pericolo dell’incomunicabilità tra le due comprensioni fondamentali c’è e permane: basterebbe inoltrarsi nei meandri complessi delle discipline legate alle scienze del linguaggio e, inoltre, inquadrare i valori lessicali e semantici che si richiamano alla categoria biblica di elezione mediante il vocabolario specifico di queste scienze, per riproporre, anche tra gli addetti ai lavori, una difficoltosa comunicazione. Il criterio della specializzazione delle scienze produce sempre più, in tutti i campi della ricerca, una «patologica» incomunicabilità dovuta alle specifiche competenze, paradossalmente, tra gli stessi ricercatori.

Nella speranza di non restare prigionieri entro tale rischio, tenteremo, pertanto, di percorrere una via media che, da una parte, non si esaurisca nella ricostruzione dei contenuti precipui di una riflessione sulla categoria dell’elezione d’Israele (compito questo di alcune relazioni specifiche del Convegno) ma, dall’altra, neppure proponga un approccio esegetico «sincronico o acronico» del lessico biblico sull’«elezione» finalizzato a veicolare significati adeguati al tema in oggetto.9 Lo scopo del presente contributo sarà invece più centrato su una prospettiva metodologica, finalizzata

6 Il riferimento terminologico, tra sincronia e diacronia, è nell’opera di DE SAUSSURE, Cours de linguistique

générale, 117. 127 ss. Inoltre, in relazione al discorso biblico cfr. P. R. NOBLE, «Synchronic and Diachronic Approaches to Biblical Interpretation», in Journal of Literature and Theology 7,2(1993), 133-148; e, in particolare la miscellanea dedicata a questo tema: J. C. DE MOOR (ed.), Synchronic or Diachronic? A debate on Method in Old Testament Exegesis (OTS 34), Leiden - New York - Cologne 1995, con gli specifici contributi di: J. BARR, «The Synchronic, the Diachronic and the Historical: A Triangular Relationship», pp. 1-14; D. J. A. CLINES, «Beyond Synchronic/Diachronic?», pp. 52-71. Tra i testi citati nella nota precedente, il contributo che maggiormente mostra di offrire un quadro organizzato dell’esistente è quello ad opera dei professori del Pontificio Istituto Biblico di Roma a cura di H. Simian-Yofre. Infatti, partendo dalla classica distinzione di F. De Saussure tra diacronia e sincronia gli autori organizzano i vari approcci metodologici all’interno della categoria della «temporalità» con i seguenti capitoli: «Diacronia: i metodi storico-critici», «Acronia: i metodi strutturalisti», «Sincronia: l’analisi narrativa» e «Ana-cronia e sincronia: ermeneutica e pragmatica».

7 Il documento della Pontificia Commissione biblica del 1993 prende posizione tra le due prospettive in modo molto equilibrato mentre esprime la seguente valutazione sul metodo storico-critico: «Circa l’inclusione, nel metodo, di un’analisi sincronica dei testi, bisogna riconoscere che si tratta di un’operazione legittima perché è il testo nel suo stato finale, che è espressione della Parola di Dio, e non una redazione anteriore. Ma lo studio diacronico rimane indispensabile per far comprendere il dinamismo storico che anima la Sacra Scrittura e per manifestare la sua ricca complessità […]. In definitiva, lo scopo del metodo storico-critico è quello di mettere in luce, in modo soprattutto diacronico, il senso espresso dagli autori e redattori. Con l’aiuto di altri metodi e approcci, esso apre al lettore moderno l’accesso al significato del testo della Bibbia, così come l’abbiamo» (pp. 35-36)

8 Emblematica è l’apertura del testo di GUILLEMETTE - BRISEBOIS, Introduzione ai metodi storico-critici (or. 1987): «Criticati da tutte le parti, screditati e considerati addirittura come pezzi da museo da alcuni, i metodi storico-critici non godono di buona reputazione. Sembrerebbe necessario lasciarli da parte e praticare lo strutturalismo, la semiotica, i diversi approcci strutturali o un metodo più moderno. Eppure noi siamo convinti che i metodi storico-critici sono destinati a durare. La ragione sta nel fatto che Dio si è rivelato nella storia degli esseri umani e che la sua rivelazione, trasmessa tra l’altro nell’Antico e Nuovo Testamento, è essa stessa storica» (p. 9).

9 Sia sull’uno come sull’altro aspetto esistono opere e contributi adeguati, come verrà puntualmente indicato lungo il percorso.

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alla coscientizzazione rispetto al delicato oggetto di ricerca (l’elezione d’Israele), compito che, a ben vedere, rientra nel più ampio ambito della teologia biblica.

2. LE QUESTIONI METODOLOGICHE FONDAMENTALI Prima di passare a illustrare l’itinerario teorico che vogliamo percorrere, occorre soffermarsi

sulla posta in gioco sintetizzata dal titolo del presente contributo: «Il campo lessicale, il campo associativo e il campo semantico dell’“elezione d’Israele” nel TaNaK e nella Bibbia. Dalla linguistica all’ermeneutica della tradizione».

Questa premessa appare indispensabile al fine di offrire il vocabolario idoneo per la lettura e la comprensione delle riflessioni10 che seguiranno, finalizzate a elaborare un impianto teorico che

10 Rimandiamo a una serie di studi che abbiamo consultato inerenti al tema di ambito generale e relativi al

discorso biblico: 1) Studi di carattere generale sulla teoria semantica: AA. VV., Dictionnaire de linguistique, Paris 1973; K. BALDINGER, Semantic Theory. Towards a Modern Semantics, Oxford 1980; CH. BALLY, Linguistica generale e linguistica francese (Biblioteca di linguistica 1), Milano 19712 (or. fr. 1950); E. COSERIU, Sincronía, diacronía e historia. El problema del cambio lingüístico, Montevideo 1958; IDEM, «Lexikalische Solidaritäten», in Poetica 1(1967), 293-303; IDEM, «Sistema, norma, “parola”», in Studi in onore di Vittore Pisani. Vol. I, Brescia 1969, 235-253; IDEM, Gramática, semántica, universales. Estudios de lingüística funcional (Biblioteca románica hispánica. II. Estudios y ensayos 280), Madrid 1978; IDEM, Introducción a la lingüística (Biblioteca románica hispánica. III. Manuales 65), Madrid 1986; F. DE SAUSSURE, Cours de linguistique générale (Bibliothèque scientifique), Paris 1960 (or. 1916); W. DIETRICH - H. GECKELER (edd.), Logos semantikos. Vol. III: Semantik, Semántica, Sémantique, Semantics (Studia linguistica in honorem Eugenio Coseriu [1921-1981]), Berlin - New York - Madrid 1981; U. ECO, Trattato di semiotica generale (Studi Bompiani), Milano 1975; IDEM, Semiotica e filosofia del linguaggio (Einaudi Papaerbacks 151), Torino 1984; M. GALMICHE, Semántica generativa (Biblioteca románica hispánica. Manuales 46), Madrid 1980; H. GECKELER, Semántica estructural y teoría del campo léxico (Biblioteca románica hispánica. II. Estudios y ensayos 241), Madrid 1976; D. GEERAERTS, «Lexical Field», in R. E. ASHER - J. M. Y. SIMPSON (edd.), The Encyclopedia of Language and Linguistics. Volume 4, Oxford - New York - Seoul - Tokyo 1994, 2144-2146; P. GIRAUD, La sémantique ("Que sais-je?" 655), Paris 1971; IDEM, La sémiologie (“Que sais-je?” Le point des connaissances actuelles 1421), Paris 1971; A. J. GREIMAS, Du sens. I. Essais sémiotiques, Paris 1970; IDEM, Du sens. II. Essais sémiotiques, Paris 1983; A. J. GREIMAS - R. JAKOBSON - M. R. MAYENOWA - S. K. ŠAUMJAN - W. STEINNITZ - ŻOLKIEWSKI (edd.), Sign - Language - Culture (Janua linguarum. Studia memoriae Nicolai van Wijk dedicata. Series maior 1), The Hague - Paris 1970; A. J. GREIMAS, Semántica estructural. Investigación metodológica (Biblioteca románica hispánica. III. Manuales 27), Madrid 1976; A. J. GREIMAS - J. COURTES (édd.), Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la théorie du langage (Langue Linguistique Communication), Paris 1979; A. J. GREIMAS - E. LANDOWSKI, Pragmatique et sémiotique (Actes semiotiques - Documents V,50), Paris 1983; G. IPSEN, Zur Theorie des Erkennens. Untersuchungen über Gestalt und Sinn sinnloser Wörter, München sd.; R. JAKOBSON, Essai de Linguistique générale (Arguments 14), Paris 1963; IDEM, Essai de Linguistique générale. Rapports internes et externes du langage, (Arguments 57), Paris 1973; L. E. KECK, «In the New Testament a Field of Study? or, From Outler to Overbeck and Back», in The Second Century 1(1981), 19-35; A. LEHRER, Semantic Fields and Lexical Structure (North-Holland Linguistic Series 11), Amsterdam - London - New York 1974; A. LINKE - M. NUSSBAUMER - P. R. PORTMANN, Studienbuch Linguistik (Kollegbuch 121), Tübingen 1996; P. R. LUTZEIER (Hrsg.), Studien zur Wortfeldtheorie (Linguistische Arbeiten 288), Tübingen 1993; J. LYONS, Structural Semantics. An Analysis of Part of the Vocabulary of Plato (Publications of the Philological Society 20), Oxford 1963; IDEM, Introduction to Theoretical Linguistics, Cambridge - New York - New Rochelle - Melbourne - Sydney 1968; IDEM, Semantics. Volume I, Cambridge - London - New York - Melbourne 1977; IDEM, Semantics. Volume 2, Cambridge - London - New York - Melbourne 1977; IDEM, Sémantique linguistique, Paris 1980; A. MARCHESE, Dizionario di retorica e stilistica. Arte e artificio nell'uso delle parole retorica, stilistica, metrica, teoria della letteratura, (Dizionari), Milano 19844; IDEM, L'officina del racconto. Semiotica della narratività (Oscar saggi 193), Milano 1990; B. POTTIER, Semantique et logique (Ouvrage publié avec le concours du Centre Nationale de la Recherche Scientifique), Paris 1976; H. G. SCHOGT, «Lexical Field», in TH. A. SEBEOK, (ed.), Encyclopedic Dictionary of Semiotics. Tome 1: A-M (Approaches to Semiotics 73), Berlin - New York - Amsterdam 1986, 448-451; D. D. STEINBERG - L. A. JAKOBOVITS (edd.), Semantics. An Interdisciplinary Reader in Philosophy, Linguistics and Psychology, Cambridge 1971; J. TRIER, Aufsätze und Vorträge zur Wortfeldtheorie (Herausgegeben von Anthonz Van der Lee und Oskar Reichmann; Janua linguarum. Studia memoriae Nicolai Van Wijk dedicata. Series Minor 174), The Hague - Paris 1973; S. ULLMANN, Semantics. An Introduction to the Science of Meaning, Oxford 1964; G. WOTJAK, Untersuchungen zur Struktur der Bedeutung. Ein Beitrag zur Gegenstand und Methode der modernen Bedeutungsforschung unter besonderer Berücksichtigung der semantischen Konstituentenanalyse, Berlin 1971; IDEM (coord.), Teoría del campo y semántica léxica / Theéorie des champs et sémantique lexicale (Studien zur romanischen Sprachwissenschaft und interkulturellen Kommunikation 1), Frankfurt am Main - Berlin - New York - Paris - Wien 1998. 2) Studi specifici inerenti al discorso biblico: AA. VV., Literary Criticism, in Forum 5,3/1989; J. - N. ALETTI, «Exégèse biblique et sémiotique: Quels enjeux?», in Recherches de science religieuse 80/1(1992), 9-28; J. BARR, The

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dia ragione dell’approccio qui utilizzato. In questa riflessione metodologica, anzitutto, andrà chiarita la distinzione di significato tra «campo lessicale», «campo associativo» e «campo semantico» e, conseguentemente, la definizione dell’oggetto dello studio; in seguito, esamineremo la problematica relativa alla categoria concettuale indicata dai vocaboli «elezione / elezione d’Israele» e, nel contempo, verrà definito l’ambito testuale entro il quale l’analisi andrà condotta: il TaNaK della tradizione ebraica e/o la Bibbia della tradizione cristiana.

2.1. LA DISTINZIONE TRA «CAMPO LESSICALE», «CAMPO ASSOCIATIVO» E «CAMPO SEMANTICO»

Nel 1934 J. Trier, ritenuto il padre della nozione linguistica di «campo lessicale/campo linguistico»,11 esprimeva l’osservazione secondo la quale sulla categoria linguistica di «campo»

Semantic of Biblical Language, Oxford 1961; IDEM, «Biblical Language and Exegesis. How Far Does Structuralism Help Us?», in King’s Theological Review 7(1984), 48-52; IDEM, «Scope and Problems in the Semantics of Classical Hebrew», in Zeitschrift für Althebraistik 6(1993), 3-14; K. BERGER, Exegese des Neuen Testaments. Neue Wege vom Text zur Auslegung (Uni-Taschenbücher 658), Heidelberg 1977; J. DELORME, «Sémiotique», in Dictionnaire de la Bible. Supplément. Vol. XII, Paris 1996, 281-333; A. - S. DI MARCO, «PEMPW: per una ricerca del “campo semantico” nel NT», in Rivista Biblica 40(1992), 385-419; T. DONALDS, «The Semantic Field of “Folly” in Proverbs, Job, Psalm, and Ecclesiastes», in Vetus Testamentum 13(1963), 285-292; IDEM, «The Semantic Field of Rich and Poor in the Wisdom Literature of Hebrew and Accadian», in Oriens Antiquus 3(1964), 27-41; P. FRONZAROLI, «Sulla struttura dei colori in ebraico biblico», in Studi in onore di Vittore Pisani. Vol. I, Brescia 1969, 377-389; A. GIBSON, Biblical Semantic Logic. A Preliminary Analysis, New York 1981; J. C. GIROUD - L. PANIER, Sémiotique. Une pratique de lecture et analyse des textes bibliques, in Cahiers Evangile 59/1987; J. M. GUILLÉN TORRALBA, «Campo asociativo o constelación semántica de elegir», in Cuadernos biblicos 8(1983), 82-92 ; B. S JACKSON, Studies in the of Biblical Law (Journal for the Study of the Old Testament. Supplement Series 314), Sheffield 2000; V. MORLA ASENSIO, El fuego en el Antiguo Testamento. Estudio de semántica lingüística (Institución San Jerónimo 21), Valencia-Bilbao 1988; I. MORY, Die Bedeutung der Erwählungsvorstellung für die Ausprägung eines monotheistischen Gottesglaubens. Eine Untersuchung zum búr-Begriff bei Deuterojesaja und im Deuteronomium (Dissertation im Fachbereich Altes Testament) s.l. 1998; D. PATTE, The Religious Dimensions of Biblical Texts. Greimas’s Structural Semiotics and Biblical Exegesis (SBL Semeia Studies), Atlanta 1990; IDEM, Thinking in Signs. Semiotics and Biblical Studies... Thirty Years After, in Semeia 81/1998; I. RIESENER, Der Stamm ›bd im Alten Testament. Eine Wortuntersuchung unter Berücksichtigung neuerer sprachwissenschaftlicher Methoden, Berlin - New York 1979; J. F. A. SAWYER, «Root-meanings in Hebrew», in Journal of Semitic Studies 12(1967), 37-50; IDEM, Semantics in Biblical Research. New Methods of Defining Hebrew Words for Salvation (Studies in Biblical Theology. Second Series 24), London 1972; M. P. SCIUMBATA, «I lessemi a radicale NKR del campo lessicale dei verbi della conoscenza nella Bibbia ebraica», in Rivista Biblica 44(1996), 3-29; B. E. SHAFER, «mbúwr / mbúr = “Fortress”», in Catholic Biblical Quarterly 33(1971), 389-396; A. TOSATO, «Per una revisione degli studi sulla metanoia neotestamentaria», in Rivista Biblica 23(1975), 3-45; A. VIVIAN, I campi lessicali della “separazione” nell’ebraico biblico, di Qumran e della Mishna: ovvero, applicabilità della teoria dei campi lessicali all'ebraico (Quaderni di Semitistica 4), Firenze 1978; I. ZATELLI, Il campo lessicale degli aggettivi di purità in ebraico biblico (Quaderni di Semitistica 7), Firenze 1978.

11 In riferimento alla terminologia del «campo lessicale»: ted.: Wortfeld (sprachlisches Feld); ing.: lexical field; fr.: champ lexical; sp.: campo léxico. La teoria è espressa all’interno dell’opera di J. Trier: Der deutsche Wortschatz im Sinnbezirk des Verstandes. Die Geschichte eines sprachlichen Feldes. Tomo I: Von den Anfängen bis zum Beginn des 13. Jahrhunderts, Hedelberg 1931, pp. 1-26 (testo pubblicato in: J. TRIER, Aufsätze und Vorträge zur Wortfeldtheorie [Herausgegeben von Anthony Van der Lee und Oskar Reichmann; Janua linguarum. Studia memoriae Nicolai Van Wijk dedicata. Series Minor 174], The Hague - Paris 1973, 40-65). Per un aggiornamento della problematica cfr.: H. G. SCHOGT, «Lexical Field», in TH. A. SEBEOK (ed.), Encyclopedic Dictionary of Semiotics. Tome 1: A-M (Approaches to Semiotics 73), Berlin - New York - Amsterdam 1986, 448-451; D. GEERAERTS, «Lexical Field», in R. E. ASHER - J. M. Y. SIMPSON (edd.), The Encyclopedia of Language and Linguistics. Volume 4, Oxford - New York - Seoul - Tokyo 1994, 2144-2146. Sullo sviluppo storico del concetto di «campo lessicale» si può vedere il cap. «Einfürung in die Geschichte der Feldtheorie» in: J. TRIER, Aufsätze und Vorträge zur Wortfeldtheorie (Herausgegeben von Anthony Van der Lee und Oskar Reichmann; Janua linguarum. Studia memoriae Nicolai Van Wijk dedicata. Series Minor 174), The Hague - Paris 1973. Per una visione complessiva della storia delle teorie linguistiche dalle origini ad oggi, cfr.: E. F. K. KOERNER - R. E. ASHER (edd.), Concise History of the Language Sciences. From the Sumerians to the Congnitivists, Oxford - New York - Toronto - Sydney - Paris - Frankfurt 1995, in particolare da p. 221. Per un vasto aggiornamento su tutti i settori delle scienze del linguaggio si possono infine consultare le opere di sezione monografica della prestigiosa e monumentale collana pubblicata dalla casa editrice Walter de Gruyter (Berlin - New York): Handbücher zur Sprach- und Kommunikations-wissenschaft con tutti gli aggiornamenti editoriali reperibili al sito internet: http://www.degruyter.de/rs/168_6850_DEU_h.htm

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esisteva una «babelica confusione terminologica». La storia della ricerca del significato della metodologia dei «campi», individuata entro le espressioni «campo lessicale» e «campo semantico», è complessa e dispersiva rispetto al nostro scopo:12 possiamo, in sintesi, affermare -a distanza di settant’anni- che l’espressione «campo lessicale» abbia assunto una sua fisionomia universalmente riconosciuta, mentre la categoria di «campo semantico»,13 -ironia della sorte- sarebbe stata assorbita semanticamente dall’altra, in una struttura sinonimica,14 oppure semplicemente rimasta nella sua indeterminatezza.15 Grazie soprattutto all’importante contributo teorico offerto dal linguista romeno Eugenio Coseriu,16 della Scuola di Tubinga, noi oggi possiamo rinviare a un’accezione prioritaria e maggioritaria di «campo lessicale», concepito –come l’autore si esprime- all’interno di una «solidarietà lessicale»:17 «Un campo lessicale [Wortfeld] è, nella prospettiva strutturale, un paradigma lessicale che scaturisce dalla segmentazione di un continuum lessicale di contenuto in diverse unità che nella lingua si presentano alla stregua di parole: queste unità si dispongono in opposizioni immediate tra loro in forza di semplici tratti semantici distintivi».18

Roman Jakobson facendo avanzare gli studi di Ferdinand De Saussure, distingue nel funzionamento della lingua due assi: quello della «combinazione» e quello della «selezione».19 L’asse della combinazione è «sintagmatico», caratterizzato da una logica concatenante, la sintassi, che intreccia parole e produce significati a partire dalle unità sintagmatiche minime fino alle composizioni complesse. L’asse della selezione è «paradigmatico», ovvero presiede alla sostituzione dei termini. Il «paradigma» è pertanto l’insieme di unità che intrattengono tra loro rapporti virtuali di sostituibilità. Per questo già De Saussure affermava che l’asse sintagmatico combina i rapporti tra le parole in praesentia, mentre quello paradigmatico20 è l’asse delle scelte e dei rapporti in absentia. Entro questo schema, che risale alla linguistica generale, si colloca appunto lo spazio del «campo lessicale». Esso, secondo la teoria elaborata a partire da J. Trier fino a E. Coseriu, appartiene all’asse linguistico paradigmatico, l’asse della «selezione», in riferimento ai «lessemi»21 organizzati, secondo la struttura di un vocabolario, in «lemmi». Ciascuno di questi è portatore di significati e quindi semanticamente connotato:22 il «campo lessicale» altro non è, come

12 Rimandiamo per gli approfondimenti a: GIRAUD, La sémantique, 77ss.; GECKELER, Semántica estructural y

teoría del campo léxico, 97-210. 13 L’espressione «campo semantico» ricorre per la prima volta in G. Ipsen nel 1924 come «Bedeutungsfeld»

(ingl.: semantic field; fr.: champ sémantique; spagn.: campo semántico) citata in: «Der Alte Orient und die Indogermanen», in: Stand und Aufgaben der Sprachwissenschaft. Festschrift für Wilhelm Streitberg, Heidelberg 1924, 225, a sua volta riportata da GECKELER, Semántica estructural y teoría del campo léxico, 103 e n. 20.

14 Ad es. Geckeler usa per il suo studio il termine «campo lessicale» a motivo delle strutture lessematiche analizzate; egli ritiene di non avere nulla da obiettare all’utilizzo corrente del termine francese champ sémantique o inglese semantic field solo se questi aggettivi esprimono un riferimento ai soli significati lessicali, cioè delle parole. Esclude l’uso di «campo linguistico» perché troppo ampio e andrebbe a coinvolgere anche l’asse sintagmatico oltre a quello paradigmatico (GECKELER, Semántica estructural y teoría del campo léxico, 99). Cfr. anche per gli stessi aspetti: LEHRER, Semantic Fields and Lexical Structure.

15 È interessante l’ampia carrellata presentata da A.-S. Di Marco nella prima parte del suo articolo (DI MARCO, «PEMPW: per una ricerca del “campo semantico” nel NT», 385-403) proprio sull’espressione «campo semantico» utilizzata dalla filologia alla linguistica, dall’esegesi alla teologia, dal canone biblico alla teologia biblica, ecc.

16 Eugenio Coseriu all’inizio degli anni ’60 sviluppa contemporaneamente, ma in modo indipendente da B. Pottier e da A. J. Greimas, la teoria della «semantica strutturale». Essa è impostata sull’asse paradigmatico della lingua, studiando le funzioni del lessico attraverso i «campi lessicali». La miscellanea in suo onore per il suo sessantesimo compleanno è una buona sintesi degli studi da lui avviati: DIETRICH - GECKELER (edd.), Logos semantikos. Vol. III: Semantik, Semántica, Sémantique, Semantics.

17 COSERIU, «Lexikalische Solidaritäten», 293-303. 18 COSERIU, «Lexikalische Solidaritäten», 294. 19 Cfr. JAKOBSON, Essai de Linguistique générale, 45-49. 20 De Saussure chiama l’asse paradigmatico «rapporti associativi»: «Le rapport syntagmatique est in praesentia:

il repose sur deux ou plusieurs termes également présent dans une série effective. Au contraire le rapport associatif unit des termes in absentia dans une série mnémonique virtuelle»: DE SAUSSURE, Cours de linguistique générale, 171.

21 Segno linguistico portatore di unità semantiche minime con referenza extralinguistica. 22 Da questo punto di vista R. Jakobson affermava che all’asse sintagmatico corrispondeva la funzione sintattica

della lingua, mentre a quello paradigmatico, quella semantica. Una teoria della «semantica» costretta nell’ambito della «parola» è stata sottoposta a revisione da più parti e in special modo dall’opera ermeneutica di P. Ricouer.

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afferma E. Coseriu, che un «paradigma lessicale», composto da lessemi tra loro in opposizione. Il campo delle parole è più ampio di quello dei «lessemi» come è inteso dalla teoria. Infatti, vi sono 1) «parole lessematiche» che strutturano e rappresentano la realtà extralinguistica, come ad esempio uomo, bosco, bianco, correre, ecc.; 2) «parole categorematiche» che presentano solo la forma di strutturazione extralinguistica e che funzionano come sostantivi ma, di fatto, non rappresentano nessuna realtà extralinguistica come per es. io, queste, qui, ora; 3) «parole morfematiche» che non rimandano direttamente al mondo extralinguistico se non attraverso la relazione con altre parole lessematiche nella strutturazione del linguaggio, come e, o, sopra, in, sì, no. Conclude E. Coseriu: «Soltanto le parole lessematiche appartengono a pieno diritto al lessico e, di conseguenza, all’oggetto precipuo della lessicologia».23 Con queste premesse, si dà spazio, per un’autentica funzione lessicalizzata nell’universo linguistico, solo a sostantivi, verbi, aggettivi e, con riserva, agli avverbi. Appare allora chiaro quanto ogni lessema, ovvero ogni «parola lessematica», intrattenga con altre parole, sull’asse paradigmatico della selezione, una relazione che va approfondita studiando le opposizione tra esse, mettendo in relazione la forma dei sostantivi, dei verbi, degli aggettivi o degli avverbi distintamente; infatti, procedendo diversamente, ci si sposterebbe immediatamente sull’asse sintagmatico della combinazione.

In quest’accezione di «campo lessicale» è evidente che la comprensione della semantica è limitata all’asse meramente paradigmatico, una «semantica della parola», per dirla con P. Ricoeur. In effetti, la gran parte degli studi sulla semantica, pur riconoscendo che ogni funzione linguistica è portatrice di significato, sono concentrati prevalentemente sul lessico. Per questo motivo, anche negli studi di settore, abbiamo la sovrapposizione indebita della categoria di «campo semantico» a quella di «campo lessicale», o di «campo linguistico»24 oppure, ancora, di «campo associativo».25 Quest’ultimo poi è cresciuto dall’esigenza pratica di ampliare l’ambito ristretto del «campo lessicale» accogliendo sinonimi, antinomi, parole che fan rima e che si richiamano tra loro… Esso si configura quindi non più in aderenza stretta al livello lessicale, bensì in forte relazione con un quadro concettuale che raccoglie varie semantizzazioni espresse dal lessico. La logica della selezione sarebbe dunque guidata dalla posizione extralinguistica del pensiero. Così facendo, il «campo associativo» può raccogliere famiglie di termini tra loro affini, incrociando verbi, sostantivi, aggettivi, avverbi ed espressioni vicine al nucleo semantico indagato. Anche questo procedimento è sovente inteso ed espresso nei termini di «campo semantico», sebbene si tratti, in specie, di «campo associativo».

La prospettiva «associativa», nell’intendere la forma specifica del «campo», è riscontrabile in particolare in quegli studi biblici che hanno scelto di confrontarsi con una forma specifica di linguaggio. Infatti, l’ebraico cosiddetto «biblico», in particolare, è una lingua «morta» che rivive nella forma specifica della testualità26 ambito in cui l’asse paradigmatico della selezione è indicizzato nei lemmi raccolti dal vocabolario, diversamente da un’esperienza viva di verbalizzazione. In sintesi, il «campo lessicale» come il «campo associativo» sono sì «campi semantici», ma entrambi si esauriscono e si organizzano a partire dalle denominazioni lessicalizzate.

Per «campo semantico» si può intendere anche un «campo concettuale» appartenente all’area del pensiero e della percezione e distinto quindi dal «campo semantico lessicalizzato», ma più vicino al «campo associativo» in quanto quest’ultimo cerca di riprodurre alla massima potenza la forma del pensiero mediante una lessicalizzazione pluridirezionale. Il divario resta comunque

23 COSERIU, Gramática, semántica, universales. Estudios de lingüística funcional, 133. 24 Il «campo linguistico» accoglie anche la funzione sintattica della lingua. 25 Per l’elaborazione del concetto di «campo associativo» (categoria proveniente dai «rapporti associativi» della

lingua, secondo De Saussure) occorre rifarsi ai contributi di Ch. Bally, illustre allievo e successore del De Saussure che, con il collega A. Sechehaye, raccolse e pubblicò il Cours de linguistique générale per la «Scuola di Ginevra». Cfr.: CH. BALLY, «L’arbitraire du signe», in Le français moderne» 8(1940), 193-206; IDEM, Linguistica generale e linguistica francese (Biblioteca di linguistica 1), Milano 19712 (or. fr. 1950).

26 Su questi problemi cfr. ZATELLI, Il campo lessicale degli aggettivi di purità in ebraico biblico, 4-6. A p. 4 la Zatelli ricorda che J. Barr giunge a chiedersi se esista veramente un «ebraico biblico» in qualità di «lingua», dovendo mettere a confronto le teorie linguistiche con l’ermeneutica canonica.

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poiché la struttura del linguaggio non è isomorfa alla struttura del pensiero, ovvero ogni idea o immagine non corrisponde alla semantica univoca di un preciso vocabolo e viceversa. In questo senso, anche in una ancor vaga accezione, il «campo semantico» include il «campo lessicale» e il «campo associativo» ma non viceversa, poiché questi non esauriscono quello.27

La triangolazione data da linguaggio, pensiero e realtà è parsa da sempre estremamente interconnessa ma, dall’avvento della linguistica generale, anche ambito di competenze distinte. Per questo motivo la «semantica», ovvero la «scienza del significato», rischia di trovarsi perennemente e contemporaneamente senza una «patria» ma, nel contempo, «casa di tutti», e la crisi d’identità del «campo semantico» ne è manifestazione evidente.

Nel sondaggio condotto nell’ambito delle ricerche bibliche abbiamo riscontrato sostanzialmente una scarsa presenza di studi nella direzione specifica della teoria dei «campi». Riportiamo in nota alcuni contributi esegetici condotti con la metodologia dei «campi lessicali»28 e dei «campi associativi»;29 non abbiamo invece riscontrato alcun contributo esplicito di carattere esegetico entro la prospettiva eccedente dei «campi semantici»,30 intesa come categoria distinta dalle due qui illustrate.

27 A questo proposito, è molto utile l’osservazione riportata da GEERAERTS, «Lexical Field», 2146: «The

terminology of Lexical Field Theory is confused. Mostly, ‘lexical field,’ ‘semantic field,’ and ‘word field’ are treated as synonyms, but some authors have proposed distinctions. Thus, Lyons (l977: 253) distinguishes between ‘conceptual field’ (a structure of concepts on the semantic level, a structured conceptual area) and lexical field (a set of lexemes that covers a specific conceptual field). Lexical gaps occur when the coverage of the conceptual field by the lexical field is not complete. Further, Lyons (1977: 268) makes a distinction between lexical field and semantic field according to whether the set of expressions that covers a conceptual field consists only of lexemes, or contains other units (such as idiomatic expressions) as well». Cfr. anche il cap.: «Structural semantics I: semantics fields» in: LYONS, Semantics. Volume I, 230-269.

28 Due contributi significativi alla fine degli anni ’70: ZATELLI, Il campo lessicale degli aggettivi di purità in ebraico biblico; VIVIAN, I campi lessicali della “separazione” nell’ebraico biblico, di Qumran e della Mishna: ovvero, applicabilità della teoria dei campi lessicali all’ebraico, e un contributo a metà degli anni ’90: SCIUMBATA, «I lessemi a radicale NKR del campo lessicale dei verbi della conoscenza nella Bibbia ebraica». Più avanti riprenderemo altri contributi più recenti della Zatelli.

29 Alcuni studi di semantica biblica legati alla teoria dei «campi associativi»: SAWYER, Semantics in Biblical Research. New Methods of Defining Hebrew Words for Salvation; al capitolo III: «Semantic fields» affronta direttamente il tema. Così si esprime l’autore citando anche un passo di Ch. Bally: «An “associative field” would include all the words associated in any way with a particular term. It has been described as “a halo which surrounds the sign and whose outer fringes merge into their environment” (ndr: cit. Bally), and must be distinguished from a “lexical field” or “group”, which can be precisely defined for any given corpus. While a word’s associative field includes terms related to it at all levels (for instance synonyms, opposites, terms that rhyme with it or look like it), a lexical group consists only of words very closely related to one another» (p. 30). Altre due opere notevoli in campo biblico si sono ispirate a questi concetti: RIESENER, Der Stamm ‘br im Alten Testament. Eine Wortuntersuchung unter Berücksichtigung neuerer sprachwissenschaftlicher Methoden, in particolare alle pp. 8-111 dedicate all’approccio sincronico; alle pp. 70-73 l’autore distingue il «campo associativo» da altre sette categorie linguistiche sincroniche, compresi i «campi semantici/Bedeutungsfelder»; MORLA ASENSIO, El fuego en el Antiguo Testamento. Estudio de semántica lingüística: l’autore asserisce di seguire la metodologia del «campo associativo» non limitandosi a quella del «campo lessicale» (pp. 31-35). Da ultimo citiamo l’articolo che più si avvicina al nostro lavoro e che ha come oggetto di analisi il valore semantico dell’elezione nell’AT: GUILLÉN TORRALBA, «Campo asociativo o constelación semántica de elegir»; l’autore afferma immediatamente all’inizio dell’articolo: «Sin embargo, yo prefiero hablar aquí de campo asociativo por ser más amplio y enriquecedor para el tema de la elección. La teoría de los campos asociativos estudia a las palabras en su totalidad contextual o sea relaciones ya sean formales, estilísticas o históricas, etc. porque, en definitiva, las palabras se condicionan unas a otras y cada una recaba su significado y valores añadidos (connotaciones) precisamente de estas relaciones condicionantes. Un campo asociativo se compone, pues, de un conjunto de palabras y del completo de relaciones de forma y sentido que este conjunto hace nacer» (p. 82). L’autore aveva già in parte studiato il problema in un altro articolo precedente: J. GUILLÉN, «Medio ambiente de “elegir: búr”», Estudios Bíblicos 34(1975), 5-21.

30 Presentiamo brevemente alcune opere che paiono occuparsi di «campi semantici» ma che di fatto usano tale espressione come sinonimica di «campo lessicale» o «campo associativo»: 1] DONALDS, «The Semantic Field of “Folly” in Proverbs, Job, Psalm, and Ecclesiastes»; IDEM, «The Semantic Field of Rich and Poor in the Wisdom Literature of Hebrew and Accadian»: l’autore, riferendosi alla teoria del «campo linguistico/lessicale [sprachiclisches Feld]» di J. Trier (1931) e ai suoi sviluppi intende applicare il metodo alle lingue ebraica e accadica attraverso i testi. In entrambi gli articoli usa l’espressione «Theory of semantic field» o solo «Semantic field», ovvero di «campo

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L’esito dell’enunciazione di «campo semantico» sembra essere quello della perdita di identità propria entro un assorbimento paradigmatico del livello semantico della lingua oppure comoda espressione, ancor troppo generica, riportata negli studi di settore per indicare un riferimento all’ambito dei significati prodotti.

La presente ricerca vuole invece difendere lo specifico della categoria dei «campi semantici» posizionando il problema all’interno di una più ampia visione di teoria dell’opera letteraria. Perché emerga con una certa chiarezza la prospettiva di matrice ermeneutica è necessario affrontare gli altri punti per la comprensione dell’oggetto di indagine.

2.2. «ELEZIONE» ED «ELEZIONE D’ISRAELE»: I TERMINI TEORICI DEL PROBLEMA Il Convegno ha assunto il tema dell’«elezione d’Israele» nel contesto del mondo biblico quale

luogo di comprensione dell’origine della categoria e dei suoi risvolti storici e teologici. Le vie tradizionali per impostare la ricerca sono sostanzialmente due: quella che assume un vocabolo o una radice di riferimento e ne traccia la storia e lo sviluppo semantico-concettuale e quella che prende le mosse da un tema enunciato non più da singoli vocaboli (appartenenti all’asse paradigmatico della lessicalizzazione) bensì da una frase, da un’espressione o da un titolo. Si approda in questo senso ad una semantica espressa attraverso l’asse sintagmatico che organizza il pensiero entro un mondo di senso che si manifesta, ancora una volta, mediante l’interconnessione delle parole. Da questo secondo punto di vista, il tema che è oggetto di ricerca semantica, non va impostato nello studio del termine o dei termini dell’«elezione» nel mondo biblico, bensì all’interno dell’espressione: «elezione d’Israele»; l’espressione adottata mostra l’oggetto, il destinatario «eletto», Israele, sottintendendone il soggetto, colui che elegge (Dio d’Israele e non solo…).

La ricerca dovrà dunque convergere sulla categorizzazione dell’espressione «elezione d’Israele» all’interno del testo e della tradizione biblica: tale scelta restringe il capo rispetto alla categoria di «elezione» tout court, ma, nel contempo, lo amplia in quanto richiede un approfondimento specifico del posto e del ruolo esercitato dalla «elezione di Israele» all’interno della dinamica elettiva nel mondo biblico. Inoltre, l’espressione è connotata da due sostantivi, un nome comune (elezione) e un nome proprio (Israele); come vedremo, l’AT nella tradizione ebraica mette a disposizione sostanzialmente un verbo o alcuni verbi per raccontare la dinamica dell’azione dell’«eleggere», mentre la nostra prospettiva linguistica e concettuale è più vicina alla preoccupazione neotestamentaria che ama esprimere l’idea attraverso una logica più astratta e oggettivante, tipica del sostantivo «elezione».31 Tutti questi aspetti restano sullo sfondo ma alimentano la coscienza vigile dell’interprete al fine di evitare confusioni o indebite sovrapposizioni di piani interpretativi.

semantico». L’analisi dei risultati mostra invece che l’autore utilizza la teoria del «campo lessicale» di Trier denominandola «campo semantico». 2] SAWYER, «Root-meanings in Hebrew»: interloquendo con J. Barr (The Semantic of Biblical Language) sul valore semantico dei radicali in ebraico, alle pp. 43-46, tratta i «Semantic fields». L’autore di fatto opera secondo il metodo dei «campi associativi» che sponsorizzerà qualche anno più tardi in un’altra opera (Semantics in Biblical Research, London 1972). 3] FRONZAROLI, «Sulla struttura dei colori in ebraico biblico», Studi in onore di Vittore Pisani. Vol. I: anche questo autore fa uso dell’espressione «campo semantico» in senso sinonimico rispetto a «campo lessicale» nell’analisi lessematica dei colori nella lingua ebraica. 4] DI MARCO, «PEMPW: per una ricerca del “campo semantico” nel NT»: l’autore disquisisce con competenza sulla categoria di «campo semantico» però quando egli stesso, in base alle dichiarazioni del titolo, deve rendere la categoria operativa in relazione al verbo greco pe,mpw, assume un approccio inizialmente più vicino alla logica del «campo lessicale» per poi approdare decisamente nella struttura del «campo associativo»; l’operazione condotta distanzia l’autore dall’approccio tipico del «Grundbedeutung» usato dalla filologia, ma non lo vede collocato entro le due prospettive dei «campi». Successivamente, dal verbo greco pe,mpw, Di Marco passa alla categoria di «missione» e così afferma a p. 411: «Con queste precisazioni, si potrebbe impostare una ricerca sul campo semantico di missione, un campo di “significato” a cui apparterrebbe anche pe,mpw. Si metterebbero insieme e si confronterebbero (tutti) i vocaboli che rientrano in tale campo e sarebbe certo un lavoro utile per avere i vocaboli che rientrano, esprimono nel NT il concetto di /missione-mandare/». E al termine dell’articolo esemplifica l’ampliamento lessicale nel vangelo di Giovanni posizionandosi chiaramente entro la strumentazione del «campo associativo» (pp. 414-415).

31 Il dato emergerà più chiaramente dalla statistica terminologica che sarà presentata più avanti.

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2.3. IL «CAMPO» DELLA RICERCA: IL TANAK DELLA TRADIZIONE EBRAICA E/O LA BIBBIA DELLA TRADIZIONE CRISTIANA

Il terzo aspetto della nostra analisi metodologica è finalizzato a delimitare l’ambito entro il quale andrebbe svolta la ricerca. È chiaro che lo spazio a disposizione del presente contributo è assolutamente insufficiente per compiere quel progetto che ci limitiamo ad annunciare. Indagare su una categoria teologico-concettuale che afferisce al mondo biblico è un’operazione molto complessa che rientra, a ben vedere, nella competenza della teologia biblica. Pertanto, l’indagine rivolta al nucleo tematico «elezione d’Israele» dovrà necessariamente definire un proprio campo di azione che genericamente è sintetizzato nel sostantivo o nell’aggettivo «bibbia/biblico».

Proprio su questo fronte necessitano alcune osservazioni. Il procedimento di analisi terminologica dalla filologia classica all’esegesi biblica presuppone un riferimento linguistico che possieda regole e vocabolario propri. I grandi risultati di studio della linguistica generale diretti verso un prospettiva semiotica o semiologica si sono sviluppati a contatto con la struttura della lingua viva o di sistemi semiotici tutt’oggi praticati. Negli studi biblici, il confronto invece è con una lingua non più parlata, ovvero «morta» (in particolare l’ebraico biblico e, in modo meno rilevante, il greco biblico, ecc…): l’aggettivo «biblico» che connota il codice della lingua ebraica, dipende da una testualità precisa che codifica lo stesso orizzonte linguistico. L’universo di estensione della comprensione della lingua dell’«ebraico biblico» viene ad esaurirsi all’interno del lessico documentato dallo stesso testo biblico di lingua ebraica, non possedendo altre attestazioni significative extra-bibliche che rendano la testualità biblica una manifestazione tra le altre di una lingua anticamente parlata.32 Necessita allora, come è stato ampiamente fatto lungo questi secoli, un lavoro filologico di concordismo linguistico tra lingue appartenenti allo stesso ceppo semitico originario. Dizionari, lessici e concordanze sono gli strumenti classici del filologo e del biblista. Da essi deduciamo la tipica impostazione centrata su una «semantica della parola»; sappiamo però che le dinamiche che presiedono al senso complessivo del discorso biblico e che plasmano le grandi concezioni nascono, crescono e si comunicano nell’intreccio complessivo di tutta la testualità biblica. Di conseguenza se si transita dal lessico all’idea teologica, pur espressa in parole, quest’ultima non trova il suo luogo di manifestazione sull’asse paradigmatico della selezione, bensì su quello sintagmatico. La «semantica del discorso biblico» non si limita pertanto all’enunciazione della parola, ma transita alla frase, al discorso, al libro, ai libri e all’intero «canone». Da una «semantica della parola» occorre dunque transitare in direzione di una «semantica della frase», ma soprattutto, del «discorso», come sostiene P. Ricoeur.33

32 Solo i testi extra-biblici della comunità di Qumran oltre a qualche frammento di scrittura rinvenuto dagli scavi

archeologici può contribuire in parte a colmare la lacuna e l’anomalia del cosiddetto «ebraico biblico». 33 L’apporto a una visione complessiva della testualità nell’intento di elaborarne una teoria si è sviluppato

particolarmente in seno all’ermeneutica filosofica. Nel presente studio, il quadro teorico di riferimento sarà quello derivante dall’imponente contributo del filosofo francese Paul Ricoeur e, in particolare, da alcuni suoi scritti fondamentali dove egli elabora e configura una «teoria dell’opera letteraria»: P. RICOEUR, La Metafora viva. Dalla retorica alla poetica: per un linguaggio di rivelazione (Di fronte e attraverso 69), Milano 1986; IDEM, Tempo e racconto. Volume primo (Di fronte e attraverso 165), Milano 1986; IDEM, Tempo e racconto. Volume secondo. La configurazione nel racconto di finzione (Di fronte e attraverso 183), Milano 1987; IDEM, Tempo e racconto. Volume terzo. Il tempo raccontato (Di fronte e attraverso 217), Milano 1988. Lo studio sulla metafora detta «viva» porterà P. Ricouer a comprenderne la profondità semantica e a liberare tale manifestazione del linguaggio da una comprensione riduttiva che da R. Jakobson in poi l’ha vista relegata entro l’asse paradigmatico, come variazione di una semantica lessicale; infatti, sull’asse sintagmatico lo stesso Jakobson vi collocava, parallelamente, la metonimia (JAKOBSON, Essai de Linguistique générale, 61-67). L’avere rinchiuso la forma metaforica del linguaggio nell’ambito di una «semantica della parola», sull’asse paradigmatico, ha significato non cogliere la vera «innovazione semantica» che risiede sull’asse sintagmatico, in una «semantica della frase». Lì è il vero habitat della metafora. A partire da questo punto, da dove ha lasciato il suo guadagno teorico, Ricoeur riprende l’itinerario e lo sviluppa nello studio della forma del discorso narrativo. Il passaggio è dalla «frase» al «discorso», da una «semantica della frase» ad una «semantica del discorso»: «La Metafora viva e Tempo e racconto sono due opere gemelle: pubblicate l’una dopo l’altra ma concepite insieme. Anche se la metafora fa parte, tradizionalmente, della teoria dei “tropi” (o figure del discorso) e il racconto della teoria dei “generi” letterari, gli effetti di senso prodotti dalla metafora e dal racconto dipendono dal medesimo fenomeno centrale: l’innovazione semantica. In entrambi i casi, quest’ultima è prodotta esclusivamente a livello del discorso,

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Tale «intreccio semantico», dunque, attraversa tutte le dimensioni della testualità: il luogo di individuazione e di legittimazione del senso di un’espressione quale è l’«elezione d’Israele» va ricercato nell’intero testo «canonico», unico capace di documentare un’azione extralinguistica ed extratestuale direttamente protesa a caratterizzare l’organizzazione del pensiero espresso nel testo. Per questi motivi, approcci quali i «campi lessicali» o «associativi» sono insufficienti e inadeguati a circoscrivere una grandezza che solo parzialmente può essere ristretta nelle maglie di una lessicalizzazione del concetto, sebbene ampia ed elaborata. Il luogo, quindi, della ricerca del senso non è la lingua (sistema codificato di relazioni semantiche), come grande serbatoio di significati, neppure il vocabolario, come strumento di raccolta dei distinti valori semantici delle parole ma la relazione tra una testualità canonicamente delimitata e la/le tradizione/i che l’ha/nno generata e l’ha/nno consegnata. Tale prospettiva prende le distanze, da una parte, da una visione fondata unicamente sulle strutture della testualità34 e, dall’altra, da una visione ideologizzata e troppo strumentale rispetto al discorso biblico.35 Una teoria della testualità che sappia accogliere in sé la dimensione extratestuale accanto a quella testuale è in grado di riscattare sia il mondo dell’autore del testo sia quello del lettore, destinatario potenziale dell’opera. Come è noto, P. Ricoeur denomina tale processo, nella ricezione della teoria della temporalità e della testualità di Aristotele e di Agostino, Mimesis I-II-III.36

Proprio in questo processo generativo dell’opera letteraria si colloca la tradizione testuale che ha generato il testo biblico. Il testo ebraico rimanda alla propria tradizione che l’ha concepito e l’ha trasmesso; quello greco (LXX e NT), accanto alle antiche versioni latina e siriaca, si riferisce alla variegata tradizione cristiana dei primi secoli. Due testi che fan capo a due tradizioni che si sono ancor più distinte proprio quando hanno definito le dimensioni delle loro rispettive testualità.37

Così, la ricerca del senso evocato dall’espressione «elezione d’Israele», se praticata all’interno delle pagine del TaNaK, può condurre ad una comprensione distinta nel significato rispetto all’indagine fatta entro le pagine del testo della Bibbia cristiana. Ciò che fa la differenza tra i due testi non consiste soltanto in una dimensione quantitativa di libri ritenuti sacri o meno, bensì nell’ermeneutica complessiva posta alla base della tradizione interpretante. Essa offre una direzione nella lettura, istruisce l’atto di lettura e l’ignoranza di questo comporta l’ignoranza della lettura della tradizione. Certo, ogni lettore, è libero di interpretare secondo propri criteri ma l’atto esegetico che opera sul testo biblico non può ignorare che il testo in oggetto sia contestualmente nato, cresciuto e consegnato attraverso un processo di tradizione, da Mimesis I a Mimesis III. L’assunzione di questi presupposti ci porta a dire che ogni tema teologico che si voglia studiare rispetto al testo biblico dovrà definire, preliminarmente, l’ambito testuale entro il quale avviare l’itinerario di ricerca. Se il testo è la Bibbia ebraica, alias TaNaK, allora occorre confrontarsi con le due grandi interpretazioni dell’atto di lettura ebraico delle Scritture, quella qaraita38 e quella

ovvero degli atti linguistici che hanno dimensione eguale o superiore alla frase» (Ricoeur, Tempo e racconto I, 7). Vanno anche aggiunti tutti i preziosi spunti preliminari riportati in: P. RICOEUR, Interpretation Theory. Discourse and the Surplus of Meaning, Fort Worh, Texas 1976, in particolare il primo studio: «Language as discourse» (pp. 1-23).

34 Posizione radicale degli approcci sincronici, in particolare della semiotica caratterizzata dalla visione filosofica dello strutturalismo francese; basti ricordare il noto aforisma di A. J. Greimas «fuori dal testo non c'è salvezza!».

35 È l’approccio alla Bibbia funzionale ad un interesse previo, laddove il testo è pre-testo per sostenere una tesi preconcetta.

36 Ricoeur definisce i tre stadi della Mimesis come segue: il mondo della «pre-figurazione» che, in sintesi recupera l’istanza dell’autore storico e del contesto (Mimesis I); il mondo della «con-figurazione» che rappresenta il mondo del testo con regole proprie di struttura comunicativa (Mimesis II); e il mondo della «ri-figurazione» che rimanda al mondo del lettore, dei destinatari dell’opera (Mimesis III): cfr. RICOEUR, Tempo e racconto I, 91-139.

37 Per tutti questi elementi, qui solo marginalmente accennati, rimando al mio contributo che cerca di mostrare la fondazione delle logiche diverse sottese alle tradizioni testuali distinte: S. BARBAGLIA, «La rilevanza ermeneutica delle disposizioni canoniche dei testi nelle sacre Scritture: Metodo ed esemplificazioni», in S. BARBAGLIA (a cura di), “E fu per la mia bocca dolce come il miele” (Ez 3,3). Il testo biblico in tensione tra fissità canonica e mobilità storica. Atti dell’XI Convegno di Studi Veterotestamentari (Torreglia, 6-8 Settembre 1999), Ricerche Storico-Bibliche 1(2001), 185-268.

38 Secondo le ricostruzioni storiche, il fenomeno qaraita pose le basi per una comprensione delle Scritture senza una distinzione di livelli di sacralità: le tre sezioni, Tôrâ, Nebi’îm e Ketûbim venivano trascritte e studiate entro

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rabbanita;39 se il testo, invece, è la Bibbia greca, sarà dunque necessario valutare il tema entro un’ermeneutica tipica dell’atto di lettura cristiano delle Scritture.40 La scelta di campo relativa al testo da esaminare pre-determina i risultati dell’analisi in modo significativo; ci troviamo dentro una circolarità ermeneutica: la fondazione testuale di un concetto, da una parte, sottostà alle regole della testualità che resistono anche ai più radicali decostruzionisti41 e, dall’altra, assume dalla tradizione che ha plasmato e rimodellato quel testo, le istruzioni dell’atto di lettura.

In sintesi, leggere la Bibbia come opera letteraria tra le altre opere dell’antichità, ignorando l’input ermeneutico della tradizione, significa collocare il testo biblico nel più ampio universo della testualità disperdendo una propria caratterizzazione, quella che l’ha riconosciuto «santo e canonico»; quest’operazione non solo è stata possibile, ma, potremmo dire, è attualmente maggioritaria, ed è quella che è invalsa all’interno degli «studi scientifici» del testo biblico. A chi scrive preme mostrare le strade che possono essere percorse ancor prima di scegliere un metodo di analisi esegetica: di fronte a noi vi è come un bivio, sulla prima strada, una serie di approcci istruiti dalle tradizioni testuali che hanno consegnato alla storia il loro testo sacro e, sull’altra, il lettore che assume una strumentazione di lettura del testo biblico che, con metodologie più o meno affinate, avvia il proprio atto interpretante. Quest’ultima, come ben si comprende, è quella regolarmente battuta in sede esegetica.

Rispetto alla riflessione avviata e al nostro oggetto d’analisi possiamo affermare che gli approcci metodologici del «campo lessicale» e «associativo» rispondono «sincronicamente» a una teoria testuale del secondo tipo, sganciata dall’ermeneutica della tradizione al servizio dell’analisi esegetica. La ricerca del significato dell’«elezione d’Israele» richiede piuttosto un itinerario dinamico attraverso il testo in virtù del quale la categoria si distende e si arricchisce mentre procede il discorso. Questa prospettiva richiede la decodificazione di un atto di lettura istruito dall’ermeneutica delle tradizioni canoniche che offra il contesto idoneo per riscattare un approccio semantico in senso pieno, dalla lessicalizzazione al discorso completo, mettendo in relazione linguaggio, pensiero e realtà.42

dinamiche intertestuali. Non è da escludere la tesi secondo la quale l’operazione che ha presieduto alla scrittura dei grandi codici ebraici che conosciamo a partire solo dal VIII sec. (dal codice dei Profeti del Cairo dell’895 d.C., al codice di Aleppo del 910 d.C. a quello di Leningrado del 1009 d.C.) vada collegata al fenomeno qaraita. L’ermeneutica che nasce da quest’impostazione produce un atto di lettura che segue la linea della narrazione storica e progressiva. Studiare l’«elezione d’Israele» in questa prospettiva significa vedere crescere il valore in oggetto mentre cresce la narrazione da Genesi a Neemia (secondo la disposizione del Codex Leningradensis).

39 La posizione rabbanita è quella del giudaismo della tradizione: la Sinagoga è anzitutto il luogo della lettura delle Scritture e tutti i testi sono rivolti verso la centralità della Tôrâ. Tale lettura ancora oggi attestata nella tradizione sinagogale concepisce i testi del TaNaK rivolti tutti verso il rotolo della Tôrâ che è unico. L’interpretazione della categoria di «elezione d’Israele», centrata sulla Torah, inaugura una mutazione significativa del senso rispetto all’approccio della tradizione qaraita.

40 Per questi aspetti, in fase di pubblicazione: S. BARBAGLIA, «Ireneo di Lione e la comunicazione della fede cristiana in una coscienza canonica delle sacre Scritture», in Consonantia Salutis. Atti del Convegno Internazionale di studi su Ireneo di Lione nel XVIII centenario della morte (c.a. 203 – 2003).

41 Così U. Eco conclude la sua introduzione a I limiti dell’interpretazione (Il campo semiotico 1), Milano 1990, 14: «Insomma, dire che un testo è potenzialmente senza fine non significa che ogni atto di interpretazione possa avere un lieto fine. Persino il decostruzionista più radicale accetta l’idea che ci siano interpretazioni che sono clamorosamente inaccettabili. Questo significa che il testo interpretato impone delle restrizioni ai suoi interpreti. I limiti dell’interpretazione coincidono con i diritti del testo (il che non vuol dire che coincidano con i diritti del suo autore)».

42 Si tratta della triangolazione approfondita e resa celebre dall’opera di C. K. OGDEN - I. A. RICHARDS, The Meaning of Meaning. A Study of the Influence of Language upon Thought and of the Science of Symbolism (International Library of Psychology, Philosophy and Scientific Method), London 1956. Nel primo capitolo (pp. 1-23) ritroviamo il titolo: «thoughts, words and things», tre dimensioni iscritte nel triangolo raffigurato a p. 11 come «thought or reference, symbol, referent», cioè, «pensiero o referenza, linguaggio o sistema simbolico, realtà o referente». Per questi aspetti cfr. anche BALDINGER, Semantic Theory. Towards a Modern Semantics, 1-138; ULLMANN, Semantics. An Introduction to the Science of Meaning, 54ss. e ECO, Trattato di semiotica generale, 89-93 con l’equiparazione alle teorie di Ch. S. Peirce e di G. Frege.

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2.4. PER UNA INNOVATA DEFINIZIONE DI «CAMPO SEMANTICO» NEL RISPETTO DELLA FORMA DEL DISCORSO BIBLICO

Il senso dell’espressione «campo semantico dell’elezione d’Israele» è tutt’altro che univoco: anzitutto «campo», prima ancora di essere il luogo della raccolta dei significati, è l’ambito della germinazione e della creazione degli stessi. Tale contesto, in relazione al discorso biblico, è anzitutto la «testualità accolta e trasmessa dalla tradizione»: il termine «campo» è evocativo di immagini legate alla natura e ad uno spazio di germinazione. Il «campo semantico» dell’«elezione d’Israele» sarà dunque, in primo luogo, l’ambito di delimitazione della testualità entro il quale ci si deve collocare nell’atto di ricerca e, in seconda battuta, «campo» diventa il luogo della «raccolta dei significati» relativi al tema dell’«elezione d’Israele», attraverso il crescere dell’atto di lettura all’interno del testo delimitato. La delimitazione del «campo-testo», nella sua prima accezione, è fondamentale e va precisata al fine di ottimizzare i risultati e permetterne una verifica. Tale posizione teorica nell’intendere l’espressione tecnica di «campo semantico»,43 decisamente inusuale, risponde ad una prima preoccupazione di ordine metodologico: la teoria dei «campi» è sorta e si è sviluppata essenzialmente nell’ambito dello studio della lingua viva, quale sistema di significanti e di significati, mentre gli studi biblici sono radicati su una testualità che è posta a fondamento di una lingua o di più lingue, specie per le tradizioni ebraica e cristiana. Se l’ambito tradizionale dello studio dei «campi» è dunque la lingua, occorre sottolineare che l’applicazione della metodologia dei «campi» al discorso biblico muta il suo riferimento: il luogo ermeneutico della ricerca è quello di una testualità che documenta un uso linguistico codificato e che emerge solo al livello sintagmatico nella sua specifica e originale innovazione semantica. Per questo motivo, quindi, intendiamo ampliare l’accezione di «campo semantico» estendendola anche ad un significato «attivo», cioè «campo come delimitazione di uno spazio semantico generato al livello del discorso». In questo ambito va operata l’indagine: giocando sulle parole, potremmo definirlo come «campo che semantizza», atto a generare significati. Precisiamo ulteriormente che non si tratta della lingua ebraica o greca, bensì della «testualità biblica» delle tradizioni ebraica e cristiana, come abbiamo più volte sottolineato. Poiché la testualità biblica è una rispetto alla vastissima gamma della testualità antica e i linguaggi usati sono quelli connotati contestualmente all’interno del discorso biblico, le dimensioni del «campo» sono quelle della testualità espressa in codice linguistico entro le regole della scrittura e della lettura che si differenziano da quelle della lingua parlata. L’operazione di analisi resterà così segnata da una definizione di «campo» che va oltre l’approccio lessicale, aperto ad una visione testuale, ermeneuticamente qualificata.

La differenza radicale che emerge da quest’accezione di «campo semantico», rispetto a quella comune, consiste nell’aver ricondotto la problematica della definizione di «campo» all’interno di una «semantica del discorso» e, contestualmente, del «discorso biblico». Tale spostamento di asse provoca, in immagine, una visione diametralmente opposta a quella tradizionale: strutturalisticamente parlando la categoria di «campo» appare statica, sincronica e sinottica: un prospetto sintetico di valori semantici raccolti, tra loro «in solidarietà» o in opposizione.44 La visualizzazione dello schema delle relazioni caratterizza gli studi semiotici laddove i valori semantici delle parole nel discorso vengono sostituiti dalle relazioni visive di immagini geometriche o di tabelle. In questo senso la visualizzazione sincronica diviene metafora del pensiero organizzato e tematizzato, un pensiero simile a una diapositiva che mostra tutti gli elementi fissati nel punto stabilito e la dinamica è garantita dallo scorrere delle diapositive, ovvero degli schemi rappresentativi. Diversa è, invece, l’immagine di «campo» che può emergere, in sintonia con la teoria semantica di P. Ricoeur: essa appare dinamica, diacronica e mimetica della storia e della

43 Con tutte le difficoltà che abbiamo mostrato attorno alla non univocità dell’accezione in ambito linguistico. 44 Tale modalità di studio dei fattori di relazione è trasposta dalla semiotica e dallo strutturalismo anche al livello

del discorso e, soprattutto, del discorso narrativo. Cfr. ad es. la proposta dell’analisi semiotica di A. J. Greimas o dell’analisi strutturale dei racconti di R. Barthes. Per questi aspetti cfr. A. MARCHESE, L'officina del racconto. Semiotica della narratività (Oscar saggi 193, Milano 1990) e, in particolare, il cap. «Teorie della narratività», pp. 5-68.

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realtà. La dinamica è stabilita dalla disposizione della testualità, la diacronia emerge dalla mimesis del tempo storico che inaugura un’innovazione semantica in virtù del discorso espresso dal testo.

Nelle lezioni tenute nell’autunno del 1973 a Fort Worth presso la Christianity University del Texas,45 P. Ricoeur aveva focalizzato tale problematica che caratterizza il dibattito contemporaneo sul linguaggio nella tensione tra semiotica e semantica: «For me, the distinction between semantics and semiotics is the key to the whole problem of language».46 Con questa sentenza conclude un breve excursus sull’esito della distinzione di De Saussure tra «langue» e «parole»: la teoria della «langue» ha inaugurato l’approccio semiotico, funzionante entro un sistema sincronico di segni, mentre è la «parole» a persistere come vero problema del linguaggio: essa è eterogenea oltre ad essere individuale, diacronica e contingente. Quel che De Saussure chiama «parole», Ricoeur lo sostituisce con «sentence, discourse»: alla semiotica compete la teoria del «segno», alla semantica quella della «sentenza», cioè della frase e del discorso. Così commenta il filosofo francese: «The object of semiotics –the sign- is merely virtual. Only the sentence is actual as the very event of speaking. This is why there is no way of passing from the word as a lexical sign to the sentence by mere extension of the same methodology to a more complex entity. The sentence is not a lager or more complex word, it is a new entity. It may be decomposed into words, but the words are something other than short sentences. A sentence is a whole irreducible to the sum of its parts. It is made up of words, but it is not a derivative function of its words. A sentence is made up of signs, but is not itself a sign».47 Ogni accezione di «campo semantico» che non approdi all’asse sintagmatico sul piano del «discorso» resta prigioniera dell’ambito semiotico, nella forma di una «semantica a-cronica» figlia cadetta della comprensione strutturalista.

L’analisi semantica che procede da questa visione ulteriormente approfondita e avvalorata nelle opere successive del filosofo francese, si presenta alquanto diversa e distante dall’immagine offerta dalla semiotica e dallo strutturalismo. Dagli anni ’70 del secolo scorso si sono moltiplicati gli approcci e le discussioni su questi temi anche in campo biblico provocando una scissione tra metodo tradizionale, proveniente da una linguistica storico-comparativa, ad un’altra di matrice «saussuriana», secondo il codice della «langue», in coerenza con i principi della semiotica e dello strutturalismo.48

45 RICOEUR, Interpretation Theory. 46 Ibidem, p. 8. 47 Ibidem, p. 7. 48 Oltre agli studi sopra riportati aggiungiamo i seguenti che documentano ulteriormente la relazione tra esegesi

biblica e metodologia semiotica e strutturalistica: Y. ALMEIDA, L’opérativité sémantique des récits-paraboles. Sémiotique narrative et textuelle, Hermeneutique du discours religieux (Bibliothèque des cahiers de l’Institut de linguistique de Louvain 13), Louvain - Paris 1978; J. BARR, «Reading the Bible as Literature», in Bulletin of the John Rylands Library 56(1973), 10-33; P. BARRY, «Exegesis and Literary Cristicism», in Scripture Bulletin 20,2(1990), 28-33; P. L. CERISOLA, La critica semiotico-strutturalistica (Nuova Universale Studium 38), Roma 1980; É. CHARPENTIER, Introduzione alla lettura strutturalistica della Bibbia (Bibbia-Oggi: Strumenti per vivere la Parola), Torino 1978; J. DELORME, «Analyse sémiotique du discours et étude de la Bible», in Sémiotique et Bible 66(1992), 37-44; C. DÍAZ CASTRILLÓN, Leer el texto. Vivir la palabra. Manual de iniciación a la lectura estructural de la Biblia, Estella 1988; A. FOSSION, Lire les Écritures. Théorie et pratique de la lecture structurale (Écritures 2), Brussel 1980; P. GRECH - R. RIVA, «Strutturalismo ed esegesi tradizionale: un bilancio», in Rivista Biblica 28(1980), 337-349; D. GREENWOOD, Structuralism and the Biblical Text (Religion and Reason 32), Berlin - New York - Amsterdam 1985; R. LACK, Letture strutturaliste dell’Antico Testamento (Ricerche teologiche), Roma 1978; P. J. MILNE, Vladimir Propp and the Study of Structure in Hebrew Biblical Narrative (Bible and Literature Series 13), Sheffield 1988; L. PANIER (éd.), Le temps de la lecture. Exégèse biblique et sémiotique (Lectio Divina 155), Paris 1993); D. PATTE, What Is Structural Exegesis? (Guide to Biblical Scholarship, New Testament Series 13), Philadelphia 1976; D. PATTE, Structural Exegesis. From Theory to Practice: Exegesis of Mark 15 and 16, Hermeneutical Implications, Philadelphia 1978; D. PATTE - A. PATTE, Structural Exegesis: From Theory to Practice. Exegesis of Mark 15 and 16 Hermeneutical Implications, Philadelphia 1978; D. PATTE, Structural Exegesis for New Testament Critics (Guides to Biblical Scholarship. New Testament Series), Philadelphia 1990; L. M. POLAND, Literary Criticism and Biblical Hermeneutics. A Critique of Formalist Approaches (AAR Academy Series 48), Atlanta 1985; R. M. POLZIN, Biblical Structuralism. Method and Subjectivity in the Study of Ancient Texts, Semeia Supplements 5/1977; M. A. POWELL, «What is ‘Literary’ about Literary Aspects?», in Semeia 31(1992), 41-50; G. RAVASI, «Bibbia e semiotica», in Rivista del clero italiano 73(1992), 181-191; R. RIVA, «Analisi strutturale ed esegesi biblica. Lingua e parola. Costrizioni di sistema e opzioni nella produzione e

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Il tema dell’«elezione di Israele», in quanto «sentence», collocato sull’asse sintagmatico del linguaggio, spinge la teoria dei «campi semantici» a divenire luogo di controllo critico tra la pratica esegetica, spesso concentrata sul lessico e intenta ad operare coi «bisturi» delle proprie teorie linguistiche (sia storico-comparatistiche, sia semiotiche) e il compito di una «teologia biblica», sovente figlia di precomprensioni ermeneutiche incapaci di intercettare il movimento di senso che cresce dal testo letto nella tradizione. E, in tutto questo, il «campo semantico dell’elezione d’Israele» può diventare un ottimo laboratorio per «sperimentare», in vista di un progetto metodologico, una «teologia biblica per temi».

Tali sono le conclusioni del discorso teorico e metodologico qui prodotto, finalizzato a far percepire la linea di tendenza di un’esegesi/teologia biblica che mantenga una relazione diretta tra «testualità biblica, pensiero teologico e tradizione confessante [ebraica o cristiana]», una triangolazione contestuale per ridire i classici «linguaggio, pensiero e realtà».

3. IL «CAMPO SEMANTICO» DELL’«ELEZIONE D’ISRAELE»: SPUNTI PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO La perdurante estraneità degli apporti della linguistica scientifica agli studi biblici nel secolo

XX, il sostanziale monopolio della tradizione storico-filologica di matrice tedesca,49 l’istituzione di un pensiero teologico «lessicalizzato» finalizzato a delimitare il concetto per sottrarlo all’arbitrarietà soggettiva e il progressivo interesse al libro biblico quale documento di teologia sono aspetti decisivi che disegnano la complessità epistemologica entro la quale è oggi collocata un’autentica riflessione di teologia biblica. Peter Altmann nel 1964 ricordava come fosse complesso -passando attraverso commentari, monografie e teologie dell’AT- esprimere un giudizio unitario sulla categoria teologica di «elezione di Israele».50 Le osservazioni di Altmann, sotto questo profilo, appaiono in tutta la loro attualità: ora come allora c’è chi fa corrispondere la «teologia del patto» con quella dell’elezione, chi si concentra sui valori semantici del lessico e in specie della radice ebraica búr, chi tende a trasformare l’elezione in un luogo teologico e dogmatico, chi innalza la categoria di elezione al di sopra di ogni altra comprensione teologica, chi coglie la categoria all’interno dello sviluppo storico-ideologico del popolo d’Israele, come coscienza monoteistica affermata, ecc… Su tutti questi aspetti e su altri ancora è possibile trovare interessanti spunti che emergono dalla bibliografia di settore.

Le pubblicazioni che documentano un’elaborazione della categoria dell’«elezione d’Israele» sono sostanzialmente le seguenti: lessici biblico-teologici, composti a partire dalla prima metà del sec. XX, monografie o articoli e, infine, trattazioni di teologia biblica, vetero- o neotestamentaria.51

interpretazione segnica», in Rivista Biblica 28(1980), 243-284/375-379; G. SAVOCA, Iniziazione all’analisi biblica strutturalistica, Messina 1989; R. A. SPENCER (ed.), Orientation by Disorientation. Studies in Literary Criticism and Biblical Literary Criticism (F.S. in honor of William A. Beardslee; Pittsburgh Theological Monograph Series 35), Pittsburgh, Pennsylvania 1980; B. STANCIL, «Structuralism and New Testament Studies», in Southwestern Journal of Theology 22(1980), 41-59; E. STRUTHERS MALBON - E. V. MC KNIGHT (edd.), The New Literary Criticism and the New Testament (JSNT Supplement Series 109), Sheffield 1994; J. - Y. THÉRIAULT, «Enjeux de la sémiotique greimassienne dans les études bibliques», in Science et Esprit 45(1993), 297-311; D. VECCHIO, «Aporie dello strutturalismo», in Sapienza 31(1978), 93-97.

49 Per orientarsi in relazione agli sviluppi esegetici in questa direzione dal sec. XVIII ai nostri giorni rimandiamo a KRAUS, L’Antico Testamento nella ricerca storico-critica dalla Riforma ad oggi; sugli sviluppi della concezione della linguistica in campo biblico: W. R. BODINE, «Linguistics and Biblical Studies», in D. N. FREEDMAN (ed.), The Anchor Bible Dictionary 4, New York - London - Toronto - Sydney - Auckland 1992, 327-333.

50 Cfr. P. ALTMANN, Erwählungstheologie und Universalismus im Alten Testament (Beihefte zur Zeitschrift für die Alttestamentliche Wissenschaft 92), Berlin 1964, 1-5.

51 Segnaliamo alcune monografie che hanno caratterizzato la storia della discussione a partire dalla seconda metà del sec. XX; le trattazioni dei lessici teologici verranno presentate successivamente mentre l’approccio elaborato all’interno delle teologie bibliche dell’AT non è qui preso in esame: H. H. ROWLEY, The Biblical Doctrine of Election, London 1964 (or. 1950); TH. C. VRIEZEN, Die Erwählung Israels nach dem Alten Testament (Abhandlungen zur Theologie des Alten und Neuen Testament 24), Zürich 1953; K. KOCH, «Zur Geschichte der Erwählungsvorstellung in Israel», in Zeitschrift für die alttestamentliche Wissenschaft 67(1955), 205-226; ALTMANN, Erwählungstheologie und Universalismus im Alten Testament; R. RENDTORFF, «Erwählung und Thora: Beiträge zur Mitte des christlich-jüdischen

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Di questi tre ambiti, quello che maggiormente concerne la nostra riflessione metodologica è il primo, in quanto prevede una visione epistemologica sul linguaggio. Con questo non si vuol dire che le monografie citate in nota non abbiano a cuore una prospettiva metodologica52 bensì si vuol sottolineare la centralità della questione del linguaggio biblico come compito precipuo di un lessico biblico-teologico.

Passeremo in rassegna, secondo l’ordine cronologico, due stagioni di ricerca che corrispondono a due approcci distinti: quella proveniente dalla scuola della filologia storico-comparativistica del sec. XIX di cultura tedesca e quella cresciuta nella seconda metà del sec. XX prodotta in seno alle università americane. La prima, collocata sull’asse diacronico della comprensione semantica del linguaggio, la seconda, su quello sincronico. Si tratta di due diversi orizzonti di interpretazione, sostenuti da distinte teorie dell’opera letteraria: analizzeremo le due prospettive all’interno delle istanze metodologiche fondamentali e dei risultati concreti relativi al tema dell’«elezione» e/o dell’«elezione d’Israele».

Diciamo subito che, nell’ambito della testualità biblica, il ruolo affidato alla versione della LXX, come apparirà dall’esposizione, è solo ausiliario a quello preponderante del testo ebraico; ogni riflessione lessicale sulla prima scrittura, tendenzialmente, propugna una concezione «gregaria» del testo greco della LXX. Per questo motivo mancano trattazioni ad hoc rispettose della logica del testo della tradizione greca, ebraica e cristiana, questo, sia sul versante della scuola tedesca, sia in quello della scuola americana.

Prima però di intraprendere questo cammino è utile richiamare, nei termini essenziali, i dati di riferimento lessicale sui quali i curatori dei dizionari hanno impostato le ricerche. Verranno immediatamente offerte le statistiche e le occorrenze delle terminologie ebraica e greca portatrici del significato di «elezione»: rispettivamente, le radici búr / ekÄleg / log.

3.1. L’APPROCCIO AL TEMA DELL’«ELEZIONE» ATTRAVERSO IL LESSICO

a. Occorrenze della terminologia tipica dell’«elezione» nel TaNaK e nella Bibbia:53 búr / ekÄleg / log

1) Il valore semantico rappresentato dal radicale ebraico di riferimento nel TaNaK: búr - Occorrenze del radicale nella forma verbale: b¿úar (scegliere, eleggere, selezionare,

preferire):54 172 occorrenze / 164 su 23.213 versetti=0,71% / 96 forme verbali distinte

Gesprächs», in P. VON DER OSTEN – SACKEN (Hrsg.), Treue zur Thora, Berlin 1977, 9-12; R. RENDTORFF, «Die Erwählung Israels als Thema der deuteronomischen Theologie», in J. JEREMIAS - L. PERLITT (Hrsg.), Die Botschaft und die Boten (Festschrift für Hans Walter Wolff zum 70. Geburtstag), Neukirchen - Vluyn 1981, 75-86; J. SCHARBERT, «“Erwählung” im Alten Testament im Licht von Gen 12,1-3», in KATHOLISCHEN BIBELWERK E. V. (Hrsg.), Dynamik im Wort. Lehre von der Bibel Leben aus der Bibel, Stuttgart 1983, 13-33; E.-J. VON WASCHKE, «Die Frage nach Israel als die Frage nach dem Bekenntnis seiner Erwählung», in A. MEINHOLD - R. LUX (Hrsg.), Gottesvolk. Beiträge zu einem Thema biblischer Theologie, Berlin 1991, 11-28; TH. RÖMER, «Les enjeux exégétiques et théologiques du discours sur l'élection dans l'Ancien Testament», in Études Théologiques et Religieuses 72(1997), 209-218; A. LABAHN, Wort Gottes und Schuld Israels. Untersuchungen zu Motiven deuteronomistischer Theologie im Deuterojesajabuch mit einem Ausblick auf das Verhältnis von Jes 40-55 zum Deuteronomismus (Beiträge zur Wissenschaft vom Alten und Neuen Testament 143), Stuttgart - Berlin- Köln 1999.

52 Soprattutto i contributi più recenti tendono a contestualizzare la categoria teologica in ambito storico, convalidando le prime intuizioni sul ruolo della teologia deuteronomistica e del Deutero-Isaia. La valutazione procede per lo più entro un interesse di ricostruzione storica della nascita e dell’evoluzione di questa teologia.

53 Le ricerche sono state effettuate con l’ausilio di due applicazioni tra le più complete e sviluppate per le ricerche in campo biblico: per l’ambiente Windows, BibleWorks 6 della BibleWorks LLC (www.biblework.com), per l’ambiente Macintosh, Accordance 6 della OakTree Software (www.accordancebible.com).

54 La forma verbale è quasi sempre Qal (164x), 7x al Niph‘al e 1x al Pu‘al. Nella Tôrâ: 39 occorrenze / 39 versetti / 25 forme verbali distinte: Gen 6,2; 13,11; Es 14,7; 17,9; 18,25; Nm 16,5.7; 17,20; Dt 4,37; 7,6.7; 10,15; 12,5.11.14.18.21.26; 14,2.23.24.25; 15,20; 16,2.6.7.11.15.16; 17,8.10.15; 18,5.6; 21,5; 23,17; 26,2; 30,19; 31,11.

Nei Nebi’îm: 74 occorrenze / 71 versetti / 52 forme verbali distinte: Gs 8,3; 9,27; 24,15.22; Gdc 5,8; 10,14; 20,15.16.34; 1Sam 2,28; 8,18; 10,24; 12,13; 13,2; 16,8.9.10; 17,40; 20,30; 24,3; 26,2; 2Sam 6,1.21; 10,9; 15,15; 16,18; 17,1; 19,39; 24,12; 1Re 3,8; 8,16.44.48; 11,13.32.34.36; 12,21; 14,21; 18,23.25; 2Re 21,7; 23,27; Is 1,29; 7,15.16; 14,1;

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- Occorrenza del radicale nella forma di sostantivo: b¿ú»r (scelto, eletto):55 13 occorrenze / 13 su 23.213 versetti=0,06% / 9 forme distinte

- Occorrenza del radicale nella forma di sostantivo mibú¿r:56 12 occorrenze; mibú™r:57 2 occorrenze (eccellenza, elezione, cose scelte e raffinate)58

- Occorrenza del radicale in qualità di sostantivo b¿ú´r b¿ú´r»m (giovane):59 44 occorrenze su 39 versetti

Totale delle attestazioni del radicale ebraico búr: 243 occorrenze60 in 230 versetti in tutto il TaNaK,61 una percentuale di occorrenze vicino ad una media del 10% della dimensione del testo ebraico e, per citare un altro verbo fondamentale, corrispondente grosso modo alla percentuale di attestazione del radicale ’hb (amare, amore).

2) Il valore semantico rappresentato dal radicale greco di riferimento: ekÄleg/ log a. Nel testo della LXX - Occorrenza del radicale nella forma verbale e vkle ,gomai (scegliere/ eleggere/ selezionare/

preferire):62 141 occorrenze63 / 135 versetti su 30.338=0,44% / 27 forme verbali distinte - Occorrenza del radicale nella forma dell’aggettivo e vklekto ,j h , o ,n (scelto/ eletto):64 101

occorrenze / 97 versetti su 30.338=0,32% / 19 forme distinte

40,20; 41,8.9.24; 43,10; 44,1.2; 48,10; 49,7; 56,4; 58,5.6; 65,12; 66,3.4; Ger 8,3; 33,24; 49,19; 50,44; Ez 20,5; Ag 2,23; Zc 1,17; 2,16; 3,2.

Nei Ketûbîm: 59 occorrenze / 54 versetti / 48 forme verbali distinte: 1Cr 15,2; 19,10; 21,10; 28,4(2x).10; 29,1; 2Cr 6,5(2x).34.38; 7,12.16; 11,1; 12,13; 13,3.17; 25,5; 29,11; 33,7; Ne 1,9; 9,7; Gb 7,15; 9,14; 15,5; 29,25; 34,4.33; 36,21; Sal 25,12; 33,12; 47,5; 65,5; 78,67.68.70; 84,11; 89,20; 105,26; 119,30.173; 132,13; 135,4; Pr 1,29; 3,31; 8,10.19; 10,20; 16,16; 21,3; 22,1; Qo 9,4; Ct 5,15.

55 Nella Tôrâ: 0x. Nei Nebi’îm: 7 occorrenze; 7 versetti / 6 forme distinte: 2Sam 21,6; Is 42,1; 43,20; 45,4; 65,9.15.22. Nei Ketûbîm: 6 occorrenze; 6 versetti / 4 forme distinte: 1Cr 16,13; Sal 89,4; 105,6.43; 106,5.23. 56 Tôrâ: 3x: Gen 23,6; Es 15,4; Dt 12,11. Nebi’îm: 8x: Is 22,7; 37,24; Ger 22,7; 48,15; Ez 23,7; 24,4.5; 31,16.

Ketûbîm: 1x: Dn 11,15. 57 Nebi’îm: 2 x: 2Re 3,19; 19,23. 58 B. E. SHAFER, «mbúwr / mbúr = “Fortress”», Catholic Biblical Quarterly 33 (1971) 389-396: l’autore sostiene

che quattro di questi testi e, precisamente, 2Re 3,19; Is 22,7; Ger 48,15 e Dn 11,15 significano nel contesto non tanto «scelta» bensì «fortezza, fortificazione». Il significato originario della radice, infatti, secondo alcuni autori è quello di carattere militare. Lo studio che maggiormente documenta questa tendenza originaria è quello di GUILLÉN, «Medio ambiente de “elegir: búr”».

59 b¿ú´r (8x singolare); b¿ú´r»m (36 x plurale): Tôrâ: 1x: Dt 32,25 (s). Nebi’îm: 30x: Gdc 14,10; 1Sam 8,16; 9,2 (s); 2Re 8,12; Is 9,16; 23,4; 31,8; 40,30; 62,5 (s); Ger 6,11; 9,20; 11,22; 15,8 (s); 18,21; 31,13; 48,15; 49,26; 50,30; 51,3.22 (s); Ez 9,6 (s); 23,6.12.23; 30,17; Gl 3,1; Am 2,11; 4,10; 8,13; Zc 9,17. Ketûbîm: 13x: Sal 78,31.63; 148,12; Pr 20,29; Rt 3,10; Qo 11,9 (s); Lam 1,15.18; 2,21; 5,13.14; 2Cr 36,17 (2x; s).

60 Tôrâ: 43 occorrenze; Nebi’îm: 121 occorrenze; Ketûbîm: 79 occorrenze. 61 Tôrâ: 43 occorrenze; Nebi’îm: 118 occorrenze; Ketûbîm: 74 occorrenze. 62 Nella sezione storica (Pentateuco e Libri storici): 100 occorrenze / 95 versetti / 19 forme verbali distinte: Gen

6,2; 13,11; Nm 16,5.7; 17,20; Dt 1,33; 4,37; 7,7; 10,15; 12,5.11.14.18.21.26; 14,2.23.24.25; 15,20; 16,2.6.7.11.15.16; 17,8.10.15; 18,5.6; 26,2; 30,19; 31,11; Gs 9,27; 24,22; Gdc(A) 10,14; Gdc 5,8; 10,14; 1Sam 2,28; 8,18; 10,24; 12,13; 13,2; 16,8.9.10; 17,8.40; 2Sam 6,21; 16,18; 19,39; 24,12.13.14; 1Re 3,8; 8,16.44.48; 11,13.32.34.36; 14,21; 18,23.25; 2 Re 21,7; 23,27; 1Cr 15,2; 16,41; 19,10; 21,10.11; 28,4.5; 2Cr 6,5.6.34.38; 7,12.16; 12,13; 33,7; 35,19; 1Esd 5,1; Ne 1,9; 9,7; Tb 1,4; Tb(S) 1,4; 1Mac 6,35; 7,37; 9,25; 10,32; 2Mac 5,19; 3Mac 2,9.

Nella sezione poetico-sapienziale: 15 occorrenze / 15 versetti / 5 forme verbali distinte: Sal 32,12; 46,5; 64,5; 77,67.68.70; 83,11; 104,26; 131,13; 134,4; Pr 24,32; Gb 29,25; 34,33; Sir 45,4.16.

Nella sezione profetica: 26 occorrenze / 25 versetti / 14 forme verbali distinte: Gl 2,16; Zc 3,2; Is 7,15.16; 14,1; 40,20; 41,8.9.24; 43,10; 44,1.2.12; 49,7; 56,4; 58,5.6; 65,12; 66,3.4; Bar 3,27; Ez 20,38; Dn 11,35; DanTH 11,35; 12,10.

63 Soprattutto è attestata la forma del medio (131x) mentre l’attivo ricorre molto meno (10x). 64 Nella sezione storica (Pentateuco e Libri storici): 41 occorrenze / 38 versetti / 16 forme distinte: Gen 23,6;

41,2.4.5.7.18.20; Es 14,7; 30,23; Nm 11,28; Dt 12,11; Gdc(A) 20,15.34; Gdc 20,15.34; 1Sam 24,3; 26,2; 2Sam 8,8; 21,6; 22,27; 1Re 2,46; 5,3; 2Re 8,12; 19,23; 1Cr 7,40; 9,22; 16,13; 18,8; Esd 5,8; Ne 5,18; Est 8,12; Gdt 2,15; Tb 8,15; Tb(S) 13,13; 1Mac 4,1; 9,5; 15,26; 2Mac 1,25.

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- Occorrenza del radicale nella forma del sostantivo e vklogh , h /j (scelta/ elezione/ preferenza):65 2 occorrenze / 2 versetti su 30.338=0,01% / 2 forme distinte

Totale delle attestazioni del radicale greco ekÄleg/ log: 244 occorrenze in 234 versetti in tutto il testo della LXX.

b. Nel Nuovo Testamento - Occorrenza del radicale nella forma verbale e vkle ,gomai (scegliere/ eleggere/ selezionare/

preferire):66 22 occorrenze / 20 versetti su 7.941=0,25% / 10 forme verbali distinte - Occorrenza del radicale nella forma dell’aggettivo e vklekto ,j h , o ,n (scelto/ eletto):67 22

occorrenze / 22 versetti su 7.941=0,28% / 9 forme distinte. - Occorrenza del radicale nella forma del sostantivo e vklogh , h /j (scelta/ elezione/

preferenza):68 7 occorrenze / 7 versetti su 7.941=0,09% / 3 forme distinte. Totale delle attestazioni del radicale greco ekÄleg/ log: 51 occorrenze in 49 versetti in tutto

il testo del NT greco.

b. L’organizzazione «alfabetica» del pensiero e della realtà: il contributo dei grandi lessici biblico-teologici del sec. XX

Nell’introduzione al primo volume del Theologisches Wörterbuch zum Neuen Testament [TWNT] il curatore Gerhard Kittel dichiara espressamente che: «Das “Theologisches Wörterbuch zum Neuen Testament“ knüpft an die große Lebensarbeit von Hermann Cremer und Julius Kögel an».69 Secondo le parole stesse del Kittel, il modello d’ispirazione del «Grande lessico del NT»70 sarebbe stato il dizionario di Cremer e di Kögel,71 opera che aveva inaugurato nel 1915 una rinnovata prospettiva di ricerca rappresentata dal Biblisch-theologisches Wörterbuch des neutestamentlichen Griechisch. Il rapporto tra le titolazioni delle due opere appare interessante: il

Nella sezione poetico-sapienziale: 24 occorrenze / 23 versetti / 11 forme distinte: Sal 17,27; 77,31; 88,4.20;

104,6.43; 105,5.23; 140,4; Pr 8,19; 12,24; 17,3; Ct 5,15; 6,9.10; Gb 37,11; Sap 3,9.14; 4,15; Sir 24,15; 46,1; 47,22; 49,6.

Nella sezione profetica: 36 occorrenze / 36 versetti / 15 forme distinte: Am 5,11; Ab 1,16; Ag 2,7; Zc 7,14; 11,16; Is 22,7.8; 28,16; 40,30; 42,1; 43,20; 45,4; 49,2; 54,12; 65,9.15.23; Ger 3,19; 10,17; 22,7; 26,15; 31,15; 32,34; 38,39; Bar 3,30; Lam 1,15; 5,13.14; Ez 7,20; 19,12.14; 25,9; 27,20.24; 31,16; DanTH 11,15.

65 Nella sezione storica (Pentateuco e Libri storici): 0 occorrenze / 0 versetti / 0 forme distinte. Nella sezione poetico-sapienziale: 2 occorrenze / 2 versetti / 2 forme distinte: Sal Salom 9,4; 18,5. Nella sezione profetica: 0 occorrenze / 0 versetti / 0 forme distinte. 66 Sezione narrativa (Vangeli e Atti): 17 occorrenze / 16 versetti / 10 forme verbali distinte: Mc 13,20; Lc 6,13;

9,35; 10,42; 14,7; Gv 6,70; 13,18; 15,16.19; At 1,2.24; 6,5; 13,17; 15,7.22.25. Sezione epistolare paolina: 4 occorrenze / 3 versetti / 1 forma verbale: 1Cor 1,27.28; Ef 1,4. Sezione epistolare cattolica e Apocalisse: 1 occorrenza / 1 versetto / 1 forma verbale: Gc 2,5. 67 Sezione narrativa (Vangeli e Atti): 9 occorrenze / 9 versetti / 4 forme distinte: Mt 22,14; 24,22.24.31; Mc

13,20.22.27; Lc 18,7; 23,35. Sezione epistolare paolina: 6 occorrenze / 6 versetti / 6 forme : Rm 8,33; 16,13; Col 3,12; 1Tm 5,21; 2Tm 2,10;

Tt 1,1. Sezione epistolare cattolica e Apocalisse: 7 occorrenze / 7 versetti / 6 forme: 1Pt 1,1; 2,4.6.9; 2Gv 1,1.13; Ap

17,14. 68 Sezione narrativa (Vangeli e Atti): 1 occorrenza / 1 versetto / 1 forma: At 9,15. Sezione epistolare paolina: 5 occorrenze / 5 versetti / 2 forme: Rm 9,11; 11,5.7.28; 1Ts 1,4. Sezione epistolare cattolica e Apocalisse: 1 occorrenza / 1 versetto / 1 forma: 2Pt 1,10. 69 G. KITTEL (Hrsg.), Theologisches Wörterbuch zum Neuen Testament. Erster Band: A-G, Stuttgart 1933, p. V.

Sulle opere e gli studi che hanno condotto al TWNT cfr. Gerhard Friedrich nella prefazione al IX volume che conclude l’immensa opera iniziata dal Kittel e soprattutto l’importante capitolo collocato all’inizio del X volume che contiene gli indici: «Zur Vorgeschichte des Theologischen Wörterbuchs zum Neuen Testament». Ricordiamo che l’intera opera di Kittel-Friedrich è anche disponibile in formato elettronico in inglese su Copyright della Logos Library System.

70 Secondo il titolo dell’edizione italiana curata da Felice Montanini e Giuseppe Scarpat (Brescia 1968-1993) in quindici volumi. La trattazione della voce è nel vol. VI alle coll. 400-532.

71 H. CREMER - J. KÖGEl (Hrsg.), Biblisch-theologisches Wörterbuch des neutestamentlichen Griechisch, Gotha 192311 (or. 1915).

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lessico di Cremer-Kögel si colloca all’interno di una definizione linguistica, ovvero il «greco neotestamentario» e, grazie all’aggettivo qualificativo «neutestamentlisch», ne disegna il contesto storico-culturale, quello neo-testamentario posto in relazione stretta al mondo dell’AT. Per questo, il quadro ermeneutico di fondo è racchiuso nell’espressione biblisch-theologisches che indica i limiti della ricerca entro una costellazione semantica del lessico greco del NT con valore teologico-concettuale documentato dal testo biblico. Kittel, invece, sembra spostare la dimensione biblica nell’espressione conclusiva del titolo del suo lessico: «zum Neuen Testament», ponendo esplicitamente l’aggettivo «theologisch» in apertura. Nella titolazione del Kittel sembra parzialmente occultata la prospettiva marcatamente lessicale come invece era posta in primo piano nel Cremer-Kögel. È noto il dibattito su questi temi suscitato da James Barr quando nel 1961 pubblicò il suo The Semantic of Biblical Language72 a critica del procedimento metodologico sotteso all’intera operazione editoriale del Kittel. Concretamente, è utile vedere l’esposizione della categoria di «elezione» nei due lessici che inaugurano una stagione nuova nella relazione tra linguaggio e pensiero, tra vocabolario e teologia.

1) H. Cremer e J. Kögel alle pp. 670-699 presentano il lemma greco «le,gw» associato a una serie ampia di vocaboli.73 Il criterio utilizzato è quello del primato genetico-semantico del «radicale», inteso come principio di unità di significato tra lemmi differenti. Alle pp. 692-699 vengono analizzati i tre termini (verbo, aggettivo, sostantivo) e collegati direttamente alla LXX e al testo ebraico: vEkle,gw, vEklekto,j, vEklogh,. Nell’accostamento con il verbo ebraico búr il lessico segnala che la LXX interpreta l’ebraico anche con i verbi ai`reti,zein e ai`rei/sqai.74 Procedimento analogo si nota anche per gli altri due lemmi, l’aggettivo vEklekto,j e il sostantivo vEklogh,. Complessivamente la voce è organizzata per lemmi e, all’interno di questi, i vari significati assunti nei luoghi in cui compaiono, raffrontati con le versioni ebraica e greca della LXX. Rispetto ad un dizionario del greco biblico tout court quello del Cremer-Kögel seleziona solo i lemmi adeguati per illustrare la costellazione semantica dell’idea teologico-biblica. Il significato fondamentale che è rappresentato dal radicale struttura il restante collegamento lessicale.

2) G. Kittel nel vol. IV75 alle pp. 69-197 seleziona, analogamente al Cremer-Kögel, una serie di lemmi76 a partire dal radicale log - leg. Una prima differenza con il Cremer-Kögel risulta dal fatto che mentre questo si attiene al riferimento del radicale log - leg, il Kittel amplia la rosa dei vocaboli con l’inserzione del sostantivo r`h/ma (la scelta è sostenuta dalla LXX che traduce il sostantivo e il verbo ebraico dbr ora con termini provenienti dalla radice greca log – leg, ora con il sostantivo r`h/ma). L’opzione del Kittel rientra nel quadro criticato dal Barr: infatti, il Kittel inserisce in un campo lessicale, fondato sulla radice etimologica comune, un altro termine semanticamente affine non certo per ragioni lessicali77 bensì per ragioni teologiche, di «teologia della Parola», espressa più volte nel greco della LXX con il termine r`h/ma. Il Cremer-Kögel colloca il lemma altrove nel lessico, alla voce ERw (pp. 449-450). La sezione interessata al valore semantico

72 BARR, The Semantic of Biblical Language, in particolare il cap. VIII: «Some Principles of Kittel’s Theological

Dictionary» (pp. 206-262). 73 L’elenco è il seguente: Le,gw Lo,goj Logiko,j Lo,gion vAnalogi,a Logi,zomai Logismo,j Dialogi,zomai

Dialogismo,j Battaloge,w vElloge,w Euvloge,w Euvlogeto,j Euvlogi,a vEneuloge,w `Omologe,w `Omologi,a `Omologoume,noj vAnqomologe,omai vExomologe,w vEkle,gw vEklekto,j vEklogh,.

74 Alla voce ai`re,w alle pp. 84-88 vengono richiamati i termini in relazione al testo ebraico. 75 Usiamo il riferimento all’editore in quanto gli autori che hanno curato questa voce sono complessivamente sei,

tra i quali lo stesso Kittel, coscienti che la decisione dell’organizzazione delle voci dipende in ultima istanza dal comitato editoriale.

76 I vocaboli analizzati sono: le,gw lo,goj r`h/ma lale,w lo,gioj lo,gion a;logoj logiko,j logomace,w logomaci,a evkle,gomai evklogh, evklekto,j.

77 Così G. Kittel motiva, nell’introduzione all’opera, la scelta redazionale: «Die Ordnung der Vokabeln erfolgt im allgemeinen nach Stämmen, Doch ist der Grundsatz elastisch durchgeführt worden, so daß abgeleitete Vokabeln, die eine Verselbständigung gegenüber ihrem Stammwort erfahren haben, vielfach nicht unter diesem, sondern an eigener Stelle im Alphabet behandelt sind. Da die Grenze oft schwankend ist, erwies es sich als praktisch, jeder im Wörterbuch behandelten Vokabel an ihrer eigenen Stelle im Alphabet mindestens eine Verweisung zu geben» (p. VI).

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dell’«elezione»78 nel TWNT è molto ampia, occupa le pp. 147-197 e ruota attorno ai tre termini evkle,gomai,79 evklogh,,80 evklekto,j.81 Lo scopo del dizionario teologico, attraverso il lessico, è quello di recuperare una semantica ampia del termine in virtù dell’accesso ad una «lessicografia interna» (bei der inneren Lexikographie) distinta da una «esterna» tipica dei lessici e concordanze.82 La categoria elaborata di «lessicografia interna» dipende da ciò che è detto brevemente qualche riga oltre: esprime l’idea che tale ambito sia rappresentato dalla storia dei concetti documentati nel NT (neutestamentliche Begriffsgeschichte). La prospettiva è quindi storico-teologica nel contesto di una «storia degli effetti» dei termini in analisi. Sotto la voce le,gw, quindi, Kittel vede racchiusi diversi concetti che vanno illuminati grazie all’arricchimento dei termini utilizzati lungo la storia, nei vari contesti genetici: il temine analizzato nell’ambito generale della lingua greca, del mondo veterotestamentario, ebraico e della LXX, in relazione alla cultura giudaica e giudaico-ellenistica intertestamentaria, al mondo ellenistico romano, infine, a quello neotestamentario, trattato con maggior ampiezza. A volte, dove è richiesta per motivi di completezza, si amplia la prospettiva nella direzione della letteratura rabbinica e dei padri della Chiesa o in altri contesti culturali dei primi secoli della nostra era. In tale prospettiva va collocata quindi anche la semantica del termine dell’«elezione»: significati raccolti sul fronte di una storia delle idee composta mediante una testualità culturalmente e storicamente circoscritta.

3) A circa trent’anni dall’annuncio del progetto del TWNT, lo sviluppo della ricerca di una relazione sempre più profonda tra teologia e lessico biblico prende forma nei due volumi dell’opera di L. Coenen, E. Beyreuther e H. Bietenhard (1967): si tratta del Theologisches Begriffslexikon zum Neuen Testament [TBNT].83 In esso la prospettiva metodologica cambia radicalmente: il punto di partenza non è un lessico neotestamentario della lingua greca dal quale vengono collegati vocaboli che condividano un comune radicale e altri associati per motivazioni teologiche, bensì direttamente la referenza teologico-concettuale espressa in termini tecnici a partire dalla lingua tedesca. Termini, quindi, già «istruiti teologicamente», già noti nei dibattiti interni alla teologia: una delle finalità espresse nelle premesse è anche quella dell’uso kerygmatico di tale strumento (p. XII).84 Così facendo, gli autori raccolgono il lessico e lo organizzano entro «concetti biblico-teologici». Il passo

78 G. SCRENK - G. QUELL, «evkle,gomai», in G. KITTEL (Hrsg.), Theologisches Wörterbuch zum Neuen Testament

4, Stuttgart 1966, 147-197. 79 Alle pp. 147-181 con la seguente scansione di argomenti trattati: A. Il significato di evkle,gomai nel greco

comune. B. L’elezione nell’AT: 1. La traduzione dell’ebraico nei LXX; 2. búr e termini affini; 3. búr nelle comuni attestazioni; búr come atto di professione religiosa; 5. Elezione di alcune persone da parte di Jahwe; 6. Elezione del re; 7. Elezione del popolo. C. evkle,gomai nei LXX e nella letteratura giudaico-ellenistica: 1. In generale; 2. La natura dell’elezione; 3. L’elezione religiosa in evkle,gomai. D. L’idea di elezione in evkle,gesqai nell’Apocalittica e nel Documento di Damasco. E. evkle,gomai nel NT: 1. I sinottici; 2. L’evkle,gesqai dei discepoli di Giovanni; 3. L’evkle,gesqai negli Atti degli Apostoli; 4. L’evkle,gesqai in Paolo e Giacomo: l’elezione della comunità; 5. L’idea del ripudio.

80 Alle pp. 181-186 con la seguente scansione di argomenti trattati: A. evklogh, nell’uso greco in genere. B. evklogh, in Aquila, Simmaco e Teodozione. C. evklogh, negli altri scritti giudeo-ellenistici. D. evklogh, nel NT: 1. Negli Atti degli Apostoli; 2. In Paolo; 3. In 2Pt. E. evklogh, nella Chiesa antica: 1. Nei primi padri apostolici e negli apologeti dei primi secoli; 2. In Origene e nella gnosi.

81 Alle pp. 186-197 con la seguente scansione di argomenti trattati: A. L’uso comune greco. B. L’uso linguistico nella Bibbia greca e negli scritti giudeo-ellenistici. C. evklekto,j e l’idea di elezione nell’apocalittica. D. «Eletto» negli scritti mandaici. E. evklekto,j nel NT: 1. Gli evklektoi, nei Sinottici; 2. Cristo come l’eletto in Lc; 3. evklekto,j in Paolo; 4. evklekto,j e suneklekto,j in 1Pt e nelle lettere giovannee; 5. Riepilogo. F. evklekto,j nei Padri apostolici.

82 Kittel cita il «Preuschen-Bauersche Wörterbuch und die Schmollersche Handkonkordanz» (p. VI). 83 L. COENEN - E. BEYREUTHER - H. BIETENHARD (Hrsg.), Theologisches Begriffslexikon zum Neuen Testament.

I, Wuppertal 1967; la redazione italiana è stata curata da A. Tessarolo: Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento (Bologna 1976). L’edizione inglese (prima ed. 1975-78, seconda 1986), riveduta e ampliata, è a cura di Colin Brown: C. BROWN (ed.), The New International Dictionary of New Testament Theology, Grand Rapids, Michigan 1986 (or. 1975) (NIDNTT): opera pubblicata anche in formato elettronico da Logos Reserch System.Va anche ricordato che a trent’anni di distanza nel 1997 è stata pubblicata in tedesco un’edizione ampiamente rinnovata: L. COENEN - K. HAACKER (Hrsg.), Theologisches Begriffslexikon zun Neuen Testament, Wuppertal - Neukirchen - Vluyn 1997 con prefazione dei curatori (vol. I, pp. IV-V).

84 Nella nuova edizione del 1997 al «zur Verkündigung/per l’annuncio» corrispondono le «Hermeneutische Überlegungen/riflessioni ermeneutiche».

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compiuto dal TBNT pone il «registro»85 dei vocaboli greci al servizio, potremmo dire, del concetto espresso nei vocaboli della lingua tedesca. In ogni caso è sempre un lemma, nella lingua tedesca, a organizzare la voce mentre, nelle proposte precedenti, sia nel TWNT come nel THAT era il lemma o il radicale del termine greco o ebraico a stabilire le dimensioni del «campo lessicale». Dalle parole che cercano un pensiero (TWNT; THAT) si passa a un pensiero che cerca le parole (TBNT). Basti osservare in questa prospettiva il tema dell’«elezione» tra la prima edizione del 1967 (pp. 282-291) e l’edizione rinnovata del 1997 (pp. 385-402). Nell’edizione del 1967 il termine è unico in tedesco «Erwählung»86 e presenta il significato di due verbi: ai`re,omai (pp. 282-285) e evkle,gomai (pp. 285-290) riprendendo in sintesi i concetti semantici presentati dal TWNT. Notiamo in questo il passaggio significativo rispetto al TWNT: Kittel aveva inserito nel radicale leg / log i tre termini analizzati, come verbo, aggettivo sostantivato e sostantivo; il TBNT invece accosta due verbi greci appartenenti a radicali distinti, in quanto l’idea di «elezione» in senso stretto è attestata in greco in modo più ampio rispetto al radicale ebraico búr. Interessante è lo sviluppo apportato nell’edizione rinnovata del 1997: il titolo della voce non è più espresso con una sola parola tedesca, bensì con due: «Erwählung/Berufung»;87 questo sta a significare che il valore semantico contenuto nel concetto biblico e che generalmente è espresso con la parola «Erwählung» è più ampio della semantica lessicale della parola che lo esprime. L’accostamento con «Berufung» (it.: chiamata, vocazione) nasce sostanzialmente dall’osservazione della scarsa attestazione terminologica dei vocaboli tradizionali dell’elezione e, insieme dalla coscienza che le azioni narrate lungo le pagine del NT rimandano a quel concetto senza utilizzarne i vocaboli. In effetti, la discrasia è evidente anche nell’AT se consideriamo la figura di Abramo, da sempre pensato all’origine della storia del popolo eletto: proprio in quel racconto si nota l’assoluta carenza, variamente interpretata, del termine tecnico búr.88 Il TBNT (1997) amplia rispettivamente anche i termini greci analizzati: ai`re,omai -> ai[resij ai`retino,j ai`reti,zw diaire,w diai,resij (pp. 385-388), evkle,gomai -> evklekto,j evklogh, (pp. 388-394), kale,w -> klh/sij klhto,j evpikale,omai proskale,omai (pp. 394-399). È evidente che la scelta di inserire anche il radicale del verbo kale,w nell’ambito della trattazione sul valore semantico del concetto di «elezione/chiamata» nel NT è notevole e tale da influenzarne complessivamente la direzione del senso;89 infatti, è sufficiente osservare le occorrenze nel NT dei tre ambiti lessicali: ai`re,omai 14x, evkle,gomai 51x e kale,w 222x, quest’ultimo supera tre volte tanto la somma degli altri due ambiti lessicali! L’esempio del TBNT è illuminante perché documenta un’oggettiva rivisitazione sul piano semantico, dal 1967 al 1997, della relazione tra lessico e pensiero, tra vocabolario teologico e pensiero teologico: il caso dell’«elezione» è, metodologicamente parlando, emblematico.

4) Nel 1971 due studiosi di AT, Ernst Jenni e Claus Westermann pubblicano il Theologische Handwörterbuch zum Alten Testament [THAT] in due volumi.90 Dopo le opere edite sui lessici teologico-biblici del NT, l’impressione che si guadagna con il THAT è quella di un arretramento nella complessità dell’impresa semantica che era stata compiuta sul lessico neotestamentario. Nell’introduzione si informa il lettore che i curatori hanno ben presente lo scoglio della critica che J. Barr aveva rivolto al TWNT sulla relazione tra radice etimologica, semantica e pensiero teologico91 e, per questo, gli autori procedono secondo uno schema che per ogni voce di dizionario

85 «Der gesamte Vokabelbestand des Lexikons wird durch zwei Register erschlossen» (p. XII). 86 Ed. it.: «Elezione, eresia», pp. 554-565. 87 L. COENEN, «Erwählung/Berufung», in L. COENEN - K. HAACKER (Hrsg.), Theologisches Begriffslexikon zum

Neuen Testament, Wuppertal - Neukirchen - Vluyn 1997, 385-402. 88 SCHARBERT, «“Erwählung” im Alten Testament im Licht von Gen 12,1-3»; RÖMER, «Les enjeux exégétiques

et théologiques du discours sur l’élection dans l’Ancien Testament»: in particolare quest’autore alle pp. 216-218 attribuisce al ciclo di Abramo, redatto dopo l’esilio, l’idea più avanzata di una visione universalistica di elezione grazie alla funzione di Agar e del figlio Ismaele.

89 Questi termini ricorrono nel NT kale,w (142x) -> klh/sij (11x); klhto,j (10); evpikale,omai (30x); proskale,omai (29x): complessivamente le occorrenze sono: 222x!

90 E. JENNI - C. WESTERMANN (Hrsg.), Theologisches Handwörterbuch zum Alten Testament. Band I: ’āb – mātaj, München - Zürich 1971; il secondo volume è edito nel 1976.

91 Cfr. introduzione vol. I, p. XV.

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è così organizzato: 1) Radice e derivazione con riferimenti filologici al contesto vicino-orientale antico; 2) Statistiche delle occorrenze del lemma; 3) Significato e storia del significato; 4) Uso teologico del vocabolo; 5) Sviluppi ulteriori del termine nel giudaismo, a Qumran, nella LXX e nel NT.92 Il tema dell’«elezione» è pertanto sviluppato alle coll. 275-300 del vol. I93 secondo lo schema appena ricordato. Al di là dei contenuti sempre pregevoli, a noi interessa sottolineare il procedimento metodologico, certamente articolato rispetto al singolo lemma, ma sottoposto a critica dagli stessi temi trattati da J. Barr. Infatti, quella del THAT è la storia e l’organizzazione dei valori teologici espressi dalle singole parole. Ancora una volta il frutto dell’operazione si colloca all’interno di una «semantica della parola», ma la struttura del pensiero e quella della parola non è isomorfa, come ricordavamo.

5) Nel 1973 inizia la serie di dieci volumi94 del Theologisches Wörterbuch zum Alten Testament [TWAT] a cura di G. Johannes Botterweck e Hemer Ringgren. Dall’introduzione all’opera ricaviamo due osservazioni interessanti per i nostri scopi: la prima riguarda la coscienza esplicita di doversi confrontare, per la pubblicazione in corso, con le varie teorie del linguaggio in auge proprio in quegli anni e, in particolare, con i contributi dello strutturalismo linguistico. Questo aspetto è veramente straordinario ed emerge per la prima volta con una netta coscienza della problematica al punto da utilizzare il linguaggio tecnico delle stesse teorie linguistiche: «semantica paradigmatica, sintagmatica o generativa» oppure la «teoria del campo lessicale»95 ed affermare che, pur non entrando nel merito delle discussioni teoriche, si assumono alcune linee guida fondamentali condivise anche dai risultati acquisiti dagli studi semantici più recenti. Il secondo aspetto è rappresentato dalla voluta precisazione dell’aggettivo «theologisch» posto nel titolo dell’opera. Si vuole evitare una comprensione sistematica e preconcetta delle idee teologiche, si precisa che il senso dato è di carattere descrittivo, come lo fu la teologia di Agostino e di Lutero. L’articolo che illustra il termine búr è curato da Horst Seebaß96 ed è diviso in tre parti secondo la struttura delle voci del lessico: 1) confronto con l’Egitto e la Mesopotamia nel mondo antico; 2) l’etimologia e la valutazione sulla radice; 3) l’uso del termine nell’AT; quest’ultimo, è organizzato in sei usi diversi: a. significato profano; b. con Yhwh quale soggetto di azione si sottolinea la scelta del re; c. la scelta dei sacerdoti; d. il tempio, cioè il luogo che Dio si è scelto; e. la scelta del popolo; f. scelta umana come confessione religiosa; g. riassunto. Una decina d’anni dopo, nel 1982, lo stesso autore pubblica sulla Theologische Realenzyklopädie (TRE) un articolo analogo dove riprende sostanzialmente gli stessi contenuti. Va notato però che il titolo della voce non è più nella lingua ebraica bensì in lingua tedesca: «Erwählung».97 Questo fatto obbliga l’autore a motivare la restrizione del suo intervento nella direzione del solo radicale verbale búr benché in termine tedesco significhi di più di quel che connota il vocabolo ebraico. Infatti, nell’introduzione H. Seebaß si premura di ricordare al lettore che le due lingue non si corrispondono lessicalmente e che il vocabolo tedesco accoglie anche altri significati che in ebraico sono espressi con altre radici verbali

92 Cfr. introduzione vol. I, pp. XV-XX. 93 H. WILDBERGER, «búr erwählung», in E. JENNI - C. WESTERMANN (Hrsg.), Theologisches Handwörterbuch

zum Alten Testament I: ’āb - mātaj, München 1971, coll. 275-300. 94 L’ultimo volume in lingua tedesca è dell’anno 2000. La traduzione in lingua italiana è giunta al quarto volume

ed è a cura di PierGiorgio Borbone presso la casa editrice Paideia. 95 Così commentano i curatori nell’introduzione al primo volume: «Es kann nicht Aufgabe dieses Wörterbuches

sein, in die Methodendiskussion der Semantik zwischen der paradigmatischen, syntagmatischen oder generativen Forschungsrichtung einzugreifen oder einer bestimmten Wortfeldtheorie das Wort zu Reden. Dennoch sollen einige Grundlinien skizziert werden: Mit aller Vorsicht werden Etymologien erforscht, Wortfamilien bestimmt und Wortentlehnungen oder Bedeutungsübertragungen festgestellt» (TWAT, 1, p. VII).

96 H. SEEBAß, «b¿úar», in G. J. BOTTERWECK - H. RINGGREN (Hrsg.), Theologisches Wörterbuch zum Alten Testament I: ’b - glh, Stuttgart 1973, coll. 594-608.

97 H. SEEBAß, «Erwählung: I. Altes Testament», in G. KRAUSE - G. MÜLLER (Hrsg.), Theologische Realenzyklopädie X: Erasmus - Fakuktäten, Theologische, Berlin - New York 1982, 182-189. Questa è solo la prima di quattro grosse sezioni dedicate al tema dell’«elezione»: I. Altes Testament (pp. 182-189: H. Seebaß); II. Judentum (pp. 189-192: Ferdinand Dexinger); III. Neues Testament (192-197: Jost Eckert); IV. Dogmatisch (pp. 197-205: Traugott Koch).

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quali: j¿da> (conoscere nella fede), q¿r¿< (chiamare), r¿<¿h (vedere, mostrare), l¿qaú (prendere, sequestrare), qidd·’ (santificare). Sempre nel contributo di TRE H. Seebaß precisa un altro aspetto di carattere metodologico: al termine della sua breve introduzione egli afferma che seguirà il metodo tracciato da Th. C. Vriezen e non quello di K. Koch.98 Si tratta di una presa di posizione importante nella storia degli studi della categoria biblico-teologica di «elezione». Infatti l’opera di Th. C. Vriezen99 è divenuta punto di riferimento fondamentale dall’anno della sua pubblicazione, il 1953. In essa, l’autore assumendo la polivalenza semantica dell’espressione «Die Erwählung Israels» nella Bibbia e nella teologia propone una ripresa radicale del tema al fine di rivisitare i valori biblici dell’«elezione d’Israele». Un posto particolare nell’analisi è ricoperto dal ruolo del Deuteronomio con il suo locus classicus Deut 7,6ss. e dal Deutero-Isaia: testi e tradizioni entro le quali si colloca la storia del concetto e l’ideologia del popolo eletto da Dio. Vriezen si ispira alla scelta già operata da G. Quell in TWAT 4, p. 149 dove dispone la struttura del termine secondo uno schema che sostanzialmente transita da G. Quell a H. Seebaß attraverso Th. C. Vriezen: a. uso profano del termine; b. uso religioso con l’elezione di persone, tra le quali, in particolare, il re, l’elezione di Gerusalemme e del Tempio e l’elezione del popolo d’Israele. Su questo aspetto si instaura l’ampliamento che rimanda alla letteratura del Deuteronomio, a quella del Deutero-Isaia e alla letteratura post-esilica. Ora, Klaus Koch con il suo articolo del 1955100 ha mosso una critica sia a Vriezen sia a Quell poiché avevano posto al centro dell’interesse sul tema dell’«elezione» i testi del Deuteronomio e del Deutero-Isaia. Egli ritiene che le occorrenze di Yhwh quale soggetto di «elezione» nel libro dei Salmi101 siano addirittura superiori a quelle del Deutero-Isaia. Pertanto egli propone di ripensare il rapporto con i testi: partire dal libro del Salmi, quindi al Deuteronomio e, infine, al Deutero-Isaia. Tornando a Seebaß (TRE 10, 1982): l’annotazione in chiusura dell’introduzione vuole ribadire il metodo di indagine affermatosi entro una visione storico-critica dell’evoluzione della religiosità e della coscienza di Israele fissata da quei testi storicamente collocati e attorno ai quali la critica ha raggiunto un ampio consenso.

6) Nel 1979 viene pubblicato, quarantasei anni dopo il TWNT,102 il primo volume dell’opera Exegetisches Wörterbuch zum Neuen Testament [EWNT] a cura di Horst Balz e di Gerhard Schneider.103 L’esposizione relativa ai vocaboli dell’«elezione» è breve ed è a cura di J. Eckert.104 Lo stesso autore ha pubblicato la sezione neotestamentaria sul tema dell’«elezione» nell’articolo citato di TRE.105 In entrambi i contributi si dà maggiore spazio al commento esegetico ai termini evklekto,j ed evklogh, mentre l’autore non dà molta importanza al verbo evkle,gomai, diversamente dalla posizione classica mutuata dal Quell in TWNT. Sostanzialmente non abbiamo rintracciato alcuna novità sul piano metodologico: tale lessico, pur volendo qualificarsi con l’aggettivo «exegetisch», non offre alcun contributo ad un avanzamento nella teoria linguistica applicata al testo biblico.

98 «Methodisch folge ich damit Th. C. Vriezen und nicht K. Koch, dessen exegetische Basis einerseits mit Ps

135,4 und dem unsicheren Text von Ps 105,6 zu schmal sein und andererseits bei dem Ausgang von der Psalmensprache zu wenig deren Besonderheiten berücksichtigen dürfte» (TRE 10, p. 182).

99 TH. C. VRIEZEN, Die Erwählung Israels nach dem Alten Testament (Abhandlungen zur Theologie des Alten und Neuen Testament 24), Zürich 1953.

100 K. KOCH, «Zur Geschichte der Erwählungsvorstellung in Israel», Zeitschrift für die alttestamentliche Wissenschaft 67(1955), 205-226.

101 Ben quindici volte. 102 Come è esplicitamente ricordato nell’introduzione: «Das Exegetische Wörterbuch zum Neuen Testament,

dessen erster Band nun vorliegt, steht in der Tradition des Theologischen Wörterbuchs zum Neuen Testament, das soeben, 46 Jahre nach Erscheinen seines ersten Bandes, zum Abschluß gekommen ist» (p. V).

103 H. BALZ - G. SCHNEIDER (Hrsg.), Exegetisches Wörterbuch zum Neuen Testament. Band I: vAar,wn - `Enw,c, Stuttgart 1992 (or. 1979).

104 J. ECKERT, «eklegomai auswählen, erwählen - eklektos erwählt», in H. BALZ - G. SCHNEIDER (Hrsg.), Exegetisches Wörterbuch zum Neuen Testament. Band I, Stuttgart-Berlin-Köln 1979, coll. 1012-1020.

105 J. ECKERT, «Erwählung: III. Neues Testament», in Band X. Erasmus - Fakuktäten, Theologische (Theologische Realenzyklopädie, Berlin - New York 1982) 192-197.

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7) Nel 1980 viene pubblicato il Theological Wordbook of the Old Testament (TWOT ingl.)106 a cura di R. Laird Harris, Gleason L. Archer e Bruce K. Waltke. Questi autori, nell’introduzione, affrontano con poche battute le problematiche metodologiche sottese all’operazione semantica di un dizionario: essi affermano che l’area semantica di una parola trasposta in un’altra lingua può essere più ampia del singolo vocabolo corrispondente e mettono in guardia dal far dipendere il significato di un vocabolo dalla sua etimologia con l’evidenziare l’importanza del contesto entro il quale è usato il lemma. Infatti, l’organizzazione del dizionario procede alfabeticamente, analizzando i lemmi più significativi ed escludendo i nomi propri a eccezione di quelli che ricoprono un particolare valore teologico. L’articolo a commento del lemma b¿úar è di John N. Oswalt107 ed è una sintesi molto ristretta dei contenuti espressi nei lessici che l’hanno preceduto. L’unica particolarità è quella di aver raccolto i sei vocaboli collegati al radicale ebraico búr. 108

c. I contributi della semiotica e della semantica strutturalista 1) Nell’anno 1988 si apre una nuova stagione per la formazione dei lessici biblici: il pendolo

si sposta, dopo quasi un secolo, dall’area tedesca a quella delle università americane. Vengono pubblicati due volumi titolati: Greek-English Lexicon of the New Testament Based on Semantic Domains109 e sono curati da Johannes P. Louw e Eugene A. Nida.110 I lavori di ideazione erano già iniziati nell’estate del 1972 collaborando direttamente con le grandi istituzioni dell’American Bible Society e l’United Bible Societies.111 Assumendo decisamente i contributi degli studi più recenti in campo semantico e linguistico, questo lessico rappresenta uno sforzo decisamente innovativo112 rispetto alla grande tradizione dei lessici e dei dizionari dell’AT e del NT. L’architettura «alfabetica» che ha segnato la struttura di tutti gli esempi qui riportati è quella che proviene dall’originario modo di concepire l’enciclopedia, universo di organizzazione delle conoscenze attraverso una formalizzazione della denotazione linguistica organizzata alfabeticamente. A ben vedere esso rappresenta, formalmente, la dimensione più radicale dell’asse paradigmatico della selezione in rapporto alla costruzione delle stesse parole: le lettere dell’alfabeto sono lo strumentario base per la formulazione di ogni vocabolo della lingua. Il venir meno dell’organizzazione alfabetica del lessico richiede un’altra forma mentis capace di raccogliere tutta

106 R. L. HARRIS - G. L. ARCHER - B. K. WALTKE (edd.), Theological Wordbook of the Old Testament (Chicago

1980); l’opera è anche disponibile in formato elettronico presso la Logos Library System (www.logos.com). 107 J. N. OSWALT., «b¿úar to choose, elect, decide for», in R. L. HARRIS - G. L. ARCHER - B. K. WALTKE (edd.),

Theological Wordbook of the Old Testament. Volume 1, Chicago 1980, 100-101. 108 A partire dal verbo b¿úar si accostano i derivati: b¿úÈr (giovane uomo); b‘úÈr»m (giovane); b¿ú»r

(scelto/eletto); mibú¿r (scelta); mibú™r (scelta). 109 La categoria linguistica di «Semantic Domains» è così spiegata da E. A. Nida: «A semantic domain consists

essentially of a group of meanings (by no means restricted to those reflected in single words) which share certain semantic components. Though some domains, e.g. entities, animate objects, masses, artifacts, events, processes, states, etc., may appear to be logical categories, based on systematic classifications of extralinguistic phenomena, they are in reality not dependent upon any a priori system of nomenclature or taxonomy. For any language, semantic domains consist simply of meanings which have common semantic components. How relevant such a domain is, how large it is, and at what level in the hierarchical structure it may function depend solely upon the total semantic structure of the language»: E. A. NIDA, Componential Analysis of Meaning. An Introduction to Semantic Structures (Approaches to Semiotics 57), The Hague - Paris 1975, 174. Oltre a quest’opera di teoria semantica va ricordata anche: IDEM, Exploring Semantic Structures (Internationale Bibliothek für allgeneine Linguistik 11), München 1975.

110 J. P. LOUWN - E. B. NIDA (edd.), Greek-English Lexicon of the New Testament Based on Semantic Domains. Volume 1. Introduction & Domains; Volume 2. Indices, New York - London - Edinburgh - Amsterdam - Stuttgart 1988: l’opera è disponibile anche su formato elettronico.

111 L’edizione del testo è della United Bible Society, la prestigiosa associazione che raccoglie 142 società bibliche in oltre 200 paesi in tutto il mondo (www.biblesociety.org). È l’organizzazione più grande e più strutturata che si occupa di problemi di traduzione del testo biblico, editori del The Greek New Testament, testo greco del NT preparato per le traduzioni in lingua moderna. Questo dato è altamente significativo poiché rappresenta una posizione autorevole e ufficiale finalizzata a sostenere l’approccio metodologico dei campi semantici.

112 Su questa scia si è inserita anche la recente pubblicazione, decisamente più ridotta (solo 188 pp.), che ha voluto tenere come base per l’organizzazione del lessico il criterio del «dominî semantici» di Lown-Nida: W. MARK - J. ODEN, Mastering New Tetament Greek Vocabulary through Semantic Domains, Michigan 2003.

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la vasta gamma del lessico neotestamentario, analogamente alla forza intrinseca dell’alfabeto. Il conciso vocabolario del Nuovo Testamento, elaborato e pubblicato dalla United Bible Societies a cura di Barclay M. Newman113 e preparato in vista dell’edizione del The Greek New Testament era stato la base di partenza di questo lessico. In esso sono raccolti vocaboli e radicali per cinquemila voci lessicali che complessivamente producono venticinquemila valori semantici distinti. A questo punto di partenza si sono aggiunte riflessioni teoriche molto consistenti sulla logica da utilizzare per dare forma a una nuova organizzazione lessicale. Nell’introduzione all’opera gli editori richiamano diffusamente tali principi:114 il primo principio dell’analisi semantica del lessico è che non ci sono sinonimi in senso stretto, in quanto nessuna voce del lessico può ricoprire l’identico significato di un’altra in tutti i contesti in cui vengono a trovarsi. Il secondo principio basilare dell’analisi semantica è che le differenze di significato dipendono dal contesto, sia testuale sia extratestuale. Il contesto testuale si riferisce alla frase, al paragrafo, alla sezione o al discorso, ovvero alla dimensione stabilita nel controllo testuale del senso; il contesto extratestuale è quello del riferimento storico alla luce della documentazione storica e archeologica. Il terzo principio dell’analisi consiste nel fatto che il significato è definito entro una sezione di caratteri distintivi. Il quarto principio sostiene che i significati traslati si discostano dal loro significato base per tre fattori principali: diversità nei campi semantici, differenze nel grado di consapevolezza della relazione tra significato letterale e traslato e l’estensione dell’uso convenzionale. Il quinto principio rileva che i significati diversi della stessa parola e i significati relativi di parole diverse tendono a essere multidimensionali e, inoltre, i significati diversi tendono a forme irregolari difficilmente organizzabili in strutture. In questa prospettiva viene avanzata una posizione distinta da quella classica della ricerca a tutti i costi di un «Grundbedeutung», di un significato-base. Da ultimo, anche la bibliografia citata115 è radicalmente nuova rispetto a quella presa in considerazione negli esempi sopra riportati.

Dove va collocato, dunque, il valore semantico dell’«elezione»? Quali termini vengono individuati dal lessico greco e in quali contesti? A queste domande, secondo l’impostazione tradizionale, veniva offerta una risposta estremamente semplice: si segue l’ordine alfabetico rispetto al termine in oggetto, sia nelle lingue antiche come nelle moderne, e lì viene offerto il prodotto compiuto. Il lessico di Louw-Nida è diviso in tre grandi sezioni logiche: 1) riferimenti a oggetti o entità (dominî: 1-12); 2) riferimenti ad eventi (dominî: 13-57); 3) riferimenti astratti, inclusi gli elementi relazionali (dominî:116 58-91). La sezione che copre il campo semantico dell’elezione si trova all’interno della sezione in riferimento ad eventi, il dominio n. 30 suddiviso a sua volta in sette sottodominî:117 nella sesta sezione titolata To choose, to select, to prefer ai numeri 30.86-30.107 sono collocati i tre termini neotestamentari che abbiamo rintracciato in tutti i lessici evkle,gomai evklekto,j evklogh,. Questi vocaboli sono collegati sempre con contesti precisi, mediante citazione e in relazione diretta con altri termini greci così che sotto la dizione del campo «pensiero, riflessione» è collocata la facoltà di «scegliere, di selezionare o di preferire» e in rapporto a essa il lessico individua una ventina di altri termini.118 È interessante notare la posizione semantica affidata

113 B. M. NEWMAN, A Concise Greek-English Dictionary of the New Testament, London 1971. Cfr. La breve

prefazione di B.M. Newman. 114 LOUWN - NIDA (edd.), Greek-English Lexicon of the New Testament Based on Semantic Domains. Volume 1.

Introduction & Domains, VI-XX. 115 IDEM, XXI-XXIII. 116 Utilizziamo anche in italiano il termine «dominio / dominî» sebbene non sia registrato per l’uso applicato alle

scienze del linguaggio neppure nei più ampi dizionari (ad. es.: Battaglia, De Agostini, De Mauro, Treccani). Il prestigioso The Oxford English Dictionary, Oxford 1989, al vol. IV a p. 943, registra l’esistenza alla sottovoce «linguistics» perché utilizzato, seppur raramente, da alcuni autori del sec. XX. Probabilmente l’uso in ambito semantico del termine è dovuto alla trasposizione dell’utilizzo matematico nella teoria degli insiemi.

117 Si tratta di: 1) pensare, pensiero; 2) pensare in riferimento a una cosa con uno scopo; 3) pensare al futuro con un senso di attesa; 4) pensare un progetto; 5) decidere e concludere; 6) scegliere, selezionare, preferire; 7) distinguere, valutare, giudicare.

118 30.86: evkle,gomaia (At 1,2); ai`re,omaia (Fil 1,22; Ebr 11,25); lamba,nwe (Ebr 5,1); 30.87: i[sthmie (At 1,23); 30.88: evpile,gomai (At 15,40); 30.89: proceiri,zomai (At 22,14; 3,20); proceirotone,w (At 10,41); 30.90: evxaire,omaib (At

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al verbo kale,w che nella nuova edizione del TBNT si trovava a fianco dei tradizionali tre termini a radicale leg log; nel lessico di Louw-Nida il verbo kale,w è collocato nel dominio n. 33, nell’ambito del campo semantico della «comunicazione». Pertanto gli autori distinguono il contesto decisionale della scelta che un soggetto compie manifestando una propria volontà, da un ambito di comunicazione dove l’interazione intersoggettiva è più accentuata. Quasi a dire che il centro decisionale dell’elezione è focalizzato sul soggetto che sceglie mentre, quello della chiamata, sul destinatario che la riceve.

2) Un’opera analoga che riporti i frutti di un’ampia analisi condotta sul lessico dell’AT con la metodologia dei «semantic domains», a nostra conoscenza, non è ancora stata pubblicata, mentre sono stati annunciati almeno due progetti prestigiosi.119 L’unico tentativo, peraltro molto ridotto, che pretende esplicitamente di rifarsi all’opera di Louw-Nida per il testo dell’AT è il Dictionary of Biblical Languages with Semantic Domains: Hebrew (Old Testament)120 compilato da James Swanson e disponibile solo in formato elettronico.121 In esso l’editore interfaccia ogni termine del lessico ebraico -collegato con iperteso agli esempi contestuali nell’AT- con i corrispettivi valori semantici del lessico neotestamentario attraverso i rimandi numerici ipertestuali all’opera di Louw-

26,17); 30.91: ai`re,omaib (2Ts 2,13); ai`reti,zw (Mt 12,18); 30.92: evkle,gomaib (Lc 9,35; At 13,17); evklogh,a (Rm9,11; 11,28; At 9,15); 30.93: evklekto,j, h,, o,n (1Pt 2,9; Mc 13,20); evklogh,b (Rm 11,7); 30.94: suneklekto,j, h,, o,n (1Pt 5,13); 30.95: avxio,wb (At 15,38); 30.96: doke,wc (1Cor 11,16); 30.97: euvdoke,wc (2Cor 5,8; Col 1,19); 30.98: dokima,zwb (Rm 1,28); 30.99: kri,nwb (Rm 14,5); diakri,nwb (1Cor 4,7); 30.100: proble,pomaib (Ebr 11,40); proginw,skwb (Rm 8,29); 30.101: ceirotone,wa (2Cor 8,19); 30.102: evpiske,ptomaia (At 6,3); 30.103: katafe,rw yh/fon (At 26,10); 30.104: lagca,nwb (Gv 19,24); 30.105: klhro,w (Ef 1,11); 30.106: lagca,nwc (Lc 1,9); 30.107: o` klh/roj pi,ptei evpi, tina (At 1,26).

119 Due segnalazioni meritano di essere riportate in questo settore di ricerca: 1) Nel marzo del 1991 l’Executive Council of the European Science Foundation (=ESF) ha approvato e finanziato per cinque anni, fino al 1996, un «Network» -ovvero un lavoro comune attraverso la strumentazione elettronica- denominato «Semantics of Classical Hebrew», con lo scopo di produrre un grande database finalizzato alla formazione di un lessico pensato in ottemperanza ai criteri della linguistica contemporanea, con bibliografia e schede relative ai lemmi della lingua ebraica. Il primo incontro di tale Network si tenne nel giugno/luglio 1992 avendo prima discusso con tre specialisti di computer sull’impostazione del progetto. Nel 1996, allo scadere del progetto europeo, il consiglio decretò di modificare il nome in «Semantics of Ancient Hebrew Database» (SAHD). Presidente attuale del progetto è T. Muraoka. Per ulteriori informazioni cfr. i due interventi pressoché identici: J. HOFTIJZER, «An ESF Network on the Semantics of Classical Hebrew», in Zeitschrift für Althebraistik 5(1992), 85-86 e IDEM, «An ESF Network on the Semantics of Classical Hebrew», in Zeitschrift für Althebraistik 6(1993), 1-2; inoltre, tutto il n. 6/1993 della Zeitschrift für Althebraistik è dedicato a questo argomento, con interventi di James Barr (Nashville), Udo Rüterswörden (Kiel), Pierre Swiggers (Belgan National Science Foundation); Jonas C. Greenfield (Jerusalem); Bertil Albrektson (Uppsala); Ernst Jenni (Basel); Ida Zatelli (Firenze); Graham I. Davies (Cambridge, England); Pelio Fronzaroli (Firenze); Joros S. Petöfi (Macerata); Jón Gunnarsson (Reykjavík); Johannes Hendrik Hospers (Groningen); André Lemaire (Paris); in relazione al progetto vanno consultati anche: T. MURAOKA (ed), Studies in Ancient Hebrew Semantics (Abr-Nahrain Sup. 4), Louvain: 1995; IDEM (ed), Semantics of Ancient Hebrew (Abr-Nahrain Sup. 6), Louvain 1998; M. P. SCIUMBATA, «Un progetto europeo di un database sulla semantica dell’ebraico antico (SAHD): Gli studi preiminari», in Henoch 19(1997), 237-242. Per ulteriori indicazioni rimandiamo al sito internet: http://www.div.ed.ac.uk/research/sahd/. Vanno ricordati anche gli ulteriori contributi della rappresentante italiana al progetto SAHD, la prof.ssa Ida Zatelli: I. ZATELLI, «br BAR: A Sample Entry for a Database of the Semantics of Classical Hebrew», in Quaderni del Dipartimento di Linguistica - Università di Firenze 5(1994), 149-155; IDEM, «I prodromi della definizione di verbo performativo nelle grammatiche tradizionali dell’ebraico biblico», in P. MARRASSINI (ed.), Semitic and Assyriological Studies, Presented to Pelio Fronzaroli by Pupils and Collegues, Wiesbaden 2003, 690-697; IDEM, «The Study of Ancient Hebrew Lexicon: Application of the Concepts of Lexical Field and Funcional Language», in Kusatu 5(2004), 129-159. Va anche precisato che la prof.ssa Zatelli, con l’ausilio dei ricercatori del laboratorio linguistico sull’ebraico antico dell’Università di Firenze, avendo accolto la metodologia di ricerca dagli studi del linguista romeno E. Coseriu, assume una posizione propria anche rispetto al progetto SAHD. 2) In secondo luogo, segnaliamo anche il progetto annunciato da John Lübbe nel 1996 (cfr. J. LÜBBE, «An Old Testament Dictionary of Semantic Domains», in Zeitschrift für Althebraistik 9(1996), 52-57) di redigere An Old Testament Dictionary of Semantic Domains (OTDSD), finanziato e diretto dall’Institute for Interlingual Studies (University of Pretoria), progetto della South African Bible Society. Non conosciamo gli sviluppi quindi non siamo in grado di esprimerne una valutazione; le linee di fondo sono comunque presentate nell’articolo citato di J. Lübbe.

120 J. SWANSON, A Dictionary of Biblical Languages with Semantic Domains. Hebrew (Old Testament) (Logos Research System, Inc), Oak Harbor, WA 1997.

121 Della Logos Library System.

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Nida. L’autore precisa che le corrispondenze sono frutto di una sua decisione personale indipendentemente dall’opinione degli editori del lessico neotestamentario.122 L’abissale e sostanziale differenza di valore tra le due operazioni consiste nel fatto che la prima parte da una teoria molto sviluppata sull’organizzazione lessicale, la seconda, quella di J. Swanson, assume l’ordine alfabetico quale criterio di presentazione dei lemmi e collega questi con l’ipertesto ai brani biblici o al lessico di Louw-Nida: il risultato non è certo un avanzamento della ricerca.

3) Nel 1997 viene pubblicato il The New International Dictionary of Old Testament Theology and Exegesis (NIDOTTE) a cura di Willem A. VanGemeren123 espressamente collegato con il The New International Dictionary of New Testament Theology and Exegesis (NIDNTTE)124 che di fatto è una traduzione dal tedesco con implementi e aggiornamenti del TBNT (ed. del 1967). L’impresa avviata e conclusa sotto la direzione di VanGemeren appare invece un prodotto decisamente innovativo nella panoramica degli studi biblici veterotestamentari di scuola americana, pari per l’impostazione teorica, solo all’opera di Louw-Nida per il NT dal quale però si discosta nella realizzazione concreta del dizionario. L’interesse che quest’opera esercita sul nostro tema è certamente grande, a partire dall’amplissima introduzione teorica posta a principio di tutta l’esposizione lessicale. Alle pp. 3-218 vi è presentato un intero trattato teorico che parte dalla linguistica e giunge alla teologia avendo come oggetto la forma del discorso biblico. Visto l’interesse e l’importanza esercitati da quest’ampia introduzione, certamente innovativa per le teorie di ermeneutica biblica, la casa editrice di Grand Rapids (Mi), la Zondervan Publisching House ha deciso di pubblicare a parte tale contributo come libro unico.125 Gli aspetti originali dell’opera, come sono individuati nell’introduzione,126 sono tre: l’approfondimento metodologico (all’inizio del primo volume), la catalogazione per «Semantic Fields / campi semantici» (l’indice è a principio del quinto volume) e, infine, alcuni articoli per capitoli specifici inerenti al discorso biblico (nel quarto volume). Di questi tre aspetti ci soffermiamo sui primi due. Il primo capitolo metodologico, ad opera di Kevin Vanhoozer, è dedicato agli argomenti che stiamo trattando.127 Ad un certo punto, l’autore pone con molta chiarezza il problema di fondo nella relazione complessa tra «semiotics and semantic», riconoscendo quanto le scienze del linguaggio del XX secolo si siano sviluppate tantissimo nella direzione della «semiotica» -come relazione significativa interna al sistema dei segni- ma molto meno sul fronte delle implicazioni tipiche della semantica. Citando P. Ricoeur128 l’autore mette in evidenza l’urgenza di trasferire l’oggetto di analisi, passando da una «semantica della frase» a una «semantica del discorso», come più sopra ricordavamo: «To focus on the semantics of sentences, however, is to create a new picture of language as “discourse” –as something someone says to someone about something. To conceive of language and literature as

122 In apertura all’introduzione dell’edizione elettronica J. Swanson afferma: «One observes that both the

Hebrew and Aramaic volumes of The Dictionary of Biblical Languages have a connecting number to The Greek-English Lexicon by Louw & Nida. This number is not here to state, suggest, or infer that Dr. Louw has approved or edited this number as an actual connector to the languages of the Old Testament; nor did Logos Research Systems authorize a connection between these two works. This number was assigned by myself, James A. Swanson, alone. Dr. Louw has no involvement with these individual decisions. I take full responsibility for the connection to the domain structure of Louw & Nida».

123 W. A. VANGEMEREN (ed.), The New International Dictionary of Old Testament Theology and Exegesis, Grand Rapids, Michigan 1997: sono cinque ampi volumi. Nel primo è contenuta un’opera introduttiva finalizzata a qualificare il metodo di analisi, alle pp. 3-218, seguono le presentazioni delle voci in ordine alfabetico ebraico fino al quarto volume. In esso sono anche contenuti alcuni articoli specifici su temi particolari inerenti al mondo biblico. Il quinto è costituito da indici dove si distingue per l’originalità il primo di questi: «Index of Semantic Field», ovvero «Indice dei campi semantici» (pp. 1-216) con l’elenco di 2050 voci di campi. L’opera è disponibile anche su formato elettronico.

124 Cfr. La prefazione dell’opera alle pp. vi-vii. 125 W. A. VANGEMEREN (ed.), A Guide to Old Testament Theology and Exegesis. The Introductory Articles from

the New International Dictionary of Old Testament Theology and Exegesis, Grand Rapids, Michigan 1999. 126 Ibidem, vol. I, pp. 5-13. 127 «Language, Literature, Hermeneutics, and Biblical Theology: What’s Theological About a Theological

Dictionary?»: Ibidem, vol. I, pp. 15-50. 128 È citata la seguente opera di Ricoeur: Interpretation Theory: Discourse and Surplus of Meaning, 8.

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discourse is to view speech and text as the communicative acts of communicative agents» (p. 29). Tali osservazioni metodologiche preludono, di per sé, a un lavoro immenso nella realizzazione di un dizionario che interpreti le esigenze teoriche e fondative qui espresse. Passando in rassegna l’esito concreto del progetto nei cinque volumi di questo dizionario teologico-esegetico, cogliamo un netto divario tra l’enunciato teorico e la realizzazione pratica. L’organizzazione del lessico in ordine alfabetico ebraico129 -che si avvale di tutti i collegamenti intertestuali (come ipertesto) con i valori semantico-lessicali di altri vocaboli- riporta di nuovo l’asse di osservazione da una «semantica del discorso» ad una «semantica della parola». Tant’è che si guadagna l’impressione, leggendo le voci e confrontandole con gli altri lessici teologici qui presentati, che la differenza nella trattazione sia quasi impercettibile rispetto alle attese preparate dalla teoria esposta. Analizzando la sezione dedicata ai «campi semantici» nel quinto volume dell’opera, si coglie con chiarezza quanto questa sia estremamente utile per chi volesse organizzare un «campo associativo» di carattere lessicale, ma di qualità ben diversa e ancora troppo distante rispetto a quella annunciata nell’articolo introduttivo di K. Vanhoozer. Infatti, alle pp. 638-642 del vol. I la voce del radicale ebraico búr è presentata da Emile Nicole. I contenuti e la bibliografia non si discostano di molto da quelli già recensiti negli altri lessici. Va segnalata la mancanza, all’interno della bibliografia, della citazione di un articolo del 1983, ad opera di Guillén Torralba,130 unico, a nostra conoscenza, che tratti il tema in una modalità che sarebbe dovuta interessare a questo tipo di dizionario, vista l’eccezionalità della prospettiva e la rarità della letteratura ad hoc a disposizione.131 Al termine della presentazione della voce viene riportato lo specchietto contenente il cosiddetto «campo semantico»132 (a sua volta riproposto, in ordine alfabetico, nel quinto volume alle voci: «Choise, election, best» p. 37 e «Election» p. 69), termini utili per iniziare a costruire un «campo associativo», tentativo, come dicevamo, più ampiamente concretizzato da Guillén Torralba.

4) A conclusione di questa seconda sezione di approcci ai lemmi dell’«elezione» secondo le recenti metodologie di analisi linguistica, riportiamo, in sintesi, il contributo di Juan Miguel Guillén Torralba,133 unico autore da noi rintracciato che affronti il tema entro lo studio della metodologia dei «campi», sebbene ristretto al solo TaNaK. Nell’introduzione l’autore enuncia la sua posizione affermando di muoversi nell’ambito della metodologia del «campo associativo»134 che abbiamo sopra richiamato. Dopo aver descritto quale dovrebbe essere il compito di un’analisi nel metodo del «campo associativo», l’autore afferma che occorre passare dall’«idea alla parola» per consentire il posizionamento dell’analisi al livello lessicale. La parola scelta naturalmente è búr, una «parola-testimone», esito semantico complesso: da un uso originario di ambiente militare, destinata a divenire termine tecnico per esprimere l’idea di elezione in Israele. Guillén Torralba divide in due parti l’approccio al tema: egli ricerca sinonimi e antonimi135 del lemma scelto come cardine lessicale (búr) e così produce una relazione trasversale tra i testi in virtù dell’asse paradigmatico-lessicale. Guillén Torralba afferma di raggiungere in questo senso il «campo semantico propriamente detto» del vocabolo búr. Dall’indagine condotta sui testi, emerge anche una struttura

129 Tra l’altro, il curatore sottolinea la differenza con il NIDNTTE perché quest’ultimo procede secondo l’ordine

alfabetico inglese (tradotto dal tedesco) enucleando idee tematiche che raccolgono vocaboli diversi dal lessico greco (cfr. p. 8).

130 GUILLÉN TORRALBA, «Campo asociativo o constelación semántica de elegir». 131 Viene invece citato l’altro articolo dello stesso autore dell’anno precedente che mostra un interesse di matrice

storico-critica: GUILLÉN, «Medio ambiente de “elegir: búr”». 132 Oltre a quelli appartenenti allo stesso radicale vengono aggiunti: yd> I (observe, care about, choose, annunce;

d·a>, wisdom; d·a>, knowlege; da>at I, knowlege, ability; madd¿, knowledge). 133 GUILLÉN TORRALBA, «Campo asociativo o constelación semántica de elegir». 134 Così si esprime l’autore: «La teoría de los campos asociativos studia a las palabras en su totalidad contextual

o sea en sus relaciones ya sean formales, estilística o históricas, etc. porque, en definitiva, las palabras se condicionan unas a otras y cada una recaba su significado y valores añadidos (connotaciones) precisamente de estas relaciones condicionantes. Un campo associativo se compone, pues, de un conjunto de palabras y del complejo de relaciones de forma y sentido que este conjunto hace nacer» (p. 82).

135 Su questi aspetti cfr. ECO, Trattato di semiotica generale,117-121 e LYONS, Introduction to Theoretical Linguistics.

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fondamentale nel livello sintattico dell’asse sintagmatico quale «veicolo di una formula». Essa è composta da: «soggetto + oggetto + min che indica la parte da cui viene sottratto l’oggetto + le possessivo + le di passaggio ad una nuova situazione in funzione del secondo accusativo».136 Da queste due operazioni che vanno a collocarsi, nella logica del «campo associativo», tra l’asse paradigmatico e quello sintagmatico, l’autore coglie i risvolti del contenuto teologico del tema dell’elezione.137

La costellazione semantica di termini antonimici e sinonimici è la seguente: - il verbo brr con 18 occorrenze,138 avente significato di purificare, selezionare, eleggere. Si

tratta del sinonimo più vicino búr - møs con 76 occorrenze,139 avente significato di rifiutare, respingere rappresenta il verbo

antonimico che semanticamente si oppone a búr;140 - lqú con significato fondamentale di prendere, quindi prendere da, selezionare;141 - bdl (all’hiphil) con significato di segregare, dividere, separare, togliere da, prendere da,

scegliere;142 - qrb (all’hiphil) con significato di far avvicinare, presentare quale offerta, quindi selezionare

(cfr. le primizie, o le offerte al tempio);143 - Accanto a questi verbi ve ne sono alcuni che indicano l’investitura, ad es. qwm (all’hiphil)

con significato di far sorgere, instaurare;144 rwm (all’hiphil) con significato di innalzare;145 °ym (all’hiphil) con significato di porre, stabilire.146

136 Ibidem, p. 84. La presentazione di questa seconda parte viene fatta alle pp. 87ss. L’esempio di applicazione di

questa formula è rintracciabile nello stesso locus classicus dell’«elezione d’Israele»: Dt 7,6: kî (am qfdO$ )attfh layhwfh )Elóheykf (ogg.->) b:kf bfxar (sogg.->) y:hwfh )Elóheykf lihyOt (+le possessivo ->) lO (+le di passaggio a una nuova condizione ->) l:(am s:gullfh (+min ->) mikkól hf(ammîm )A$er (al-p:nê hf)Adfmfh (Perché tu sei un popolo santo per il Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto affinché sia un popolo particolarmente suo tra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra).

137 Alle pp. 87-92 dopo avere indagato 19 testi vi associa alcuni termini, per lo più sostantivi (tipico procedimento del «campo associativo») che ricoprono un valore significativo nel discorso biblico e li riferisce ai seguenti ambiti: ai padri, al popolo, alla salvezza, al giuramento, alla fedeltà alla creazione. Questo procedimento permette all’autore di elaborare una sintesi tematica a partire dalla costituzione del «campo associativo».

138 Cfr. 2Sam 22,27; 1Cr 7,40; 1Cr 9,22; 1Cr 16,41; Ne 5,18; Gb 33,3; Sal 18,27; Qo 3,18; Is 49,2; 52,11; Ger 4,11; 51,11; Ez 20,38; Dn 11,35; 12,10; Sof 3,9.

139 Cfr. Lv 26,15.43.44; Nm 11,20; 14,31; Gdc 9,38; 1Sam 8,7; 10,19; 15,23.26; 16,1.7; 2Re 17,15.20; 23,27; Gb 5,17; 7,5.16; 8,20; 9,21; 10,3; 19,18; 30,1; 31,13; 34,33; 36,5; 42,6; Sal 15,4; 36,5; 53,6; 58,8; 78,59.67; 89,39; 106,24; 118,22; Pr 3,11; 15,32; Is 5,24; 7,15.16; 8,6; 30,12; 31,7; 33,8.15; 41,9; 54,6; Ger 2,37; 4,30; 6,19.30; 7,29; 8,9; 14,19; 31,37; 33,24.26; Lam 5,22; Ez 5,6; 20,13.16.24; 21,15.18; Os 4,6; 9,17; Am 2,4; 5,21.

140 In 7 versetti ricorrono entrambi i verbi: 2Re 23,27; Is 7,15.16; 41,9; Ger 33,24; Sal 78,67; Gb 34,33. 141 I seguenti passi vedono la compresenza dei due verbi (búr / lqú) nello stesso versetto: Gen 6,2; Es 14,7; Dt

26,2; 1Sam 17,40; 24,3; 1Re 11,34; Ag 2,23; Sal 78,70; Pr 8,10. Ma occorre confrontare in particolare: Nm 3,12: «Ecco, io ho preso (wa)Anî hinn"h lfqaxtî) i leviti tra i figli d’Israele al posto di ogni primogenito che apre il grembo (che nasce per primo) tra i figli d'Israele, e saranno leviti per me…». Cfr. anche: Nm 8,6.16; Es 6,7: «Vi prenderò (w:lfqaxtî )etkem) per me come popolo e sarò per voi Dio, e saprete che io sono il Signore, vostro Dio, che vi ha fatto uscire dalle fatiche d’Egitto»; Es 4,20; 1Re 11,37.

142 Richiamiamo i seguenti passi: Nm 16,9: «Vi pare forse poco che il Dio d’Israele vi abbia separato (kî-hibdîl) dalla comunità d’Israele per farvi avvicinare a sé, affinché possiate compiere il servizio della dimora del Signore e stare davanti alla comunità per essere suoi ministri?»; Nm 8,14; Lv 20,24.26; 1Re 8,53.

143 I seguenti passi vedono la compresenza dei due verbi (búr / qrb) nello stesso versetto: Nm 16,5: «Domani il Signore farà conoscere chi gli appartiene, chi è santo, e lo farà avvicinare a sé: farà avvicinare a sé il suo eletto (w:hiqrîb )"lfyw w:)"t )A$er yibxar-bO yaqrîb )"lfyw)»; Dt 16,11; 17,15; 23,17; Sal 65,5: «Beato l’uomo che tu eleggi e chiami vicino ()a$rê tibxar Ut:qfr"b) a te perché abiti nei tuoi atri! Vorremmo saziarci dei beni della tua casa! Santo è il tuo tempio!». Cfr. anche Nm 16,9.10; Sal 148.

144 Ad es. Dt 18,15.18; Am 2,11. 145 Ad es. 1Re 14,7. 146 Ad es. Dt 17,15

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- Vi sono alcuni verbi che rimandano al campo dell’esperienza che sono tangenti con il campo dell’«elezione»: r’h con significato di vedere per scegliere;147 yd‘ con significato di conoscere per scegliere.148

- Vi sono alcuni altri verbi che sostituiscono contestualmente búr: plh (al niphal) con il significato di essere separato, distinto;149 m’ú con il significato di ungere, consacrare;150 núl con il significato di prendere in eredità;151 ’mr (all’hiphil) con il significato di far riconoscere, far dichiarare;152 qd’ (all’hiphil) con il significato di rendere santo ovvero separato;153 kun con significato di stabilire, predisporre, preparare;154

- N.B.: nell’abbondante lista presentata, Guillén Torralba stranamente non considera né il verbo ’hb con il significato di amare,155 né il verbo brk con significato di benedire:156 entrambi nella Bibbia associati più volte al verbo búr nello stesso versetto.

Individuati i termini utili in relazione di significato, alle pp. 87-92, dopo avere indagato 19 testi, l’autore vi associa alcuni lemmi, per lo più sostantivi -tipico procedimento del «campo associativo»- che ricoprono un valore particolare nel discorso biblico-teologico e li riferisce ai seguenti ambiti: ai padri, al popolo, alla salvezza, al giuramento, alla fedeltà e alla creazione.157 In sintesi, questo procedimento permette a Guillén Torralba di elaborare una visione tematica dell’«elezione» nell’AT a partire dalla costituzione del «campo associativo».

3.2. L’APPROCCIO AL TEMA DELL’«ELEZIONE D’ISRAELE» ATTRAVERSO UNA «SEMANTICA DEL DISCORSO BIBLICO»

In questa sezione conclusiva ci limitiamo a segnalare alcune linee guida di un progetto da realizzare alla luce dei presupposti metodologici fin qui discussi. Esso tocca direttamente, in radice, lo spinoso problema di una teologia biblica che avanzi la pretesa del fondamento, al di là di una prospettiva frammentaria, sostenuta dagli approcci storico-critici e al di qua di una preoccupazione marcatamente sistematica, tipica di una dogmatica teologica: una teologia biblica quindi che cammini entro la forma del testo nella sua tradizione canonica, che assuma da questa le dinamiche fondative per l’esplicitazione del senso.

147 Ad es. 1Sam 16,1; 2Re 10,3. 148 Ad es.: Am 3,2. 149 Es 33,16: «In che cosa si saprebbe qui che ho trovato grazia ai tuoi occhi, io e il tuo popolo? Non è forse

perché tu camminerai con noi e ci distingueremo (w:niplênU), io e il tuo popolo, da tutti i popoli che sono sulla faccia della terra?».

150 1Sam 9,16: «Domani a quest’ora ti manderò un uomo della terra di Beniamino e tu lo consacrerai (Um:$axtO l:nfgîd) principe sul mio popolo Israele. Egli salverà il mio popolo dalla mano dei Filistei; infatti ho volto lo sguardo al mio popolo, perché la sua implorazione è giunta fino a me»; 1Sam 10,1; 16,13.

151 Es 34,9: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore, venga il mio Signore in mezzo a noi, perché quello è un popolo duro di cervice; perdona la nostra colpa e il nostro peccato e prendici in eredità (Un:xaltfnU)». Cfr. anche Zc 2,16.

152 Dt 26,18: «e il Signore oggi ti ha fatto dichiarare (he)Emîr:kf) di essere un popolo di sua proprietà, come ti ha detto, osservando tutti i suoi precetti».

153 Ez 37,28: «Le genti riconosceranno che sono io, il Signore, che santifico (m:qadd"$) Israele, quando il mio santuario sarà in mezzo a loro per sempre».

154 2Sam 7,24: «Ti sei preparato (watt:kOn"n l:kf) il tuo popolo d’Israele come tuo popolo per sempre, e tu, Signore, ti sei fatto loro Dio».

155 Il verbo ’hb ricorre col verbo búr nello stesso versetto in: Dt 4,37; Dt 10,15; Is 41,8; Sal 47,5; 78,68. Tra i vari contesti va certamente richiamato il testo di Ml 1,2 che presenta l’opposizione tra Giacobbe «amato» ed Esaù «odiato», ancor più importante per un’ermeneutica dell’«elezione» entro la teologia neotestamentaria paolina (cfr. Rm 9,13). Questo aspetto è solo in parte recuperato dall’autore a p. 140, punto c) nella sezione teologica conclusiva.

156 Il verbo brk ricorre col verbo búr nello stesso versetto in: Dt 14,24; 16,15; 21,5; Is 66,3. 157 Rileva i seguenti valori di sintesi sul piano della riflessione di teologia biblica: a) l’elezione appartiene alla

logica dell’accadimento storico; b) in essa è direttamente coinvolto e compromesso Yhwh; c) l’amore è la radice profonda dell’elezione, manifesta talvolta tratti di irrazionalità; d) l’amore manifestato ai patriarchi è a fondamento dell’elezione; e) è Yhwh il Dio che opera l’elezione; f) Israele è il popolo eletto; g) il triplice dono divino: la terra, Sion e la dinastia davidica.

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a. «Campo lessicale, associativo o semantico»: valutazione metodologica dei contributi recensiti

L’esito del cammino teorico e critico ha così ricentrato l’attenzione esplicita sul dibattuto problema della «semantica del discorso biblico». Tale problematica, nelle sue punte attuali più avanzate, sembra essere contesa entro due poli: quello della linguistica generale, della semiotica e dello strutturalismo e quello proveniente da una sensibilità filosofica e, in specie, dall’ermeneutica testuale. Mentre quest’ultima tende a cogliere il luogo semantico a partire da ambiti concettuali che a loro volta vengono verbalizzati, la prima mostra più marcatamente l’intento a categorizzare i tratti semantici distintivi dei lemmi studiati. Entro queste due anime possiamo collocare, in progressione, la metodologia del «campo lessicale», del «campo associativo» e del «campo semantico»: man mano che ci si discosta da un’analisi lessicale, collocata sull’asse paradigmatico, in direzione di una semantica della frase e del discorso, il controllo critico appare sempre meno preciso e incapace di oggettività.158

Le posizioni più rigorose, rivolte anzitutto alla formalizzazione dell’ambito di competenza del «campo lessicale», provengono per lo più dalla linguistica generale, strutturata secondo procedimenti analoghi alla sperimentazione scientifica, con analisi di laboratorio. Una semantica controllata al livello del lessico, con classificazioni precise finalizzate a una codificazione dei valori lessicalizzati dei termini in analisi, rappresenta la punta più avanzata delle scienze del linguaggio rivolte all’interesse semantico.159 La provenienza della linguistica generale dall’ambito di analisi della lingua parlata ha richiesto un adeguamento metodologico rispetto alla problematica della testualità: la struttura del linguaggio, infatti, nella sua forma scritta, prevede una rivisitazione delle coordinate basilari dell’analisi lessicale e, conseguentemente, dell’innovazione semantica che si presenta in modo distinto tra l’oralità e la scrittura. Ad es. le ricerche che fanno capo al progetto SAHD160 risolvono tale tensione attraverso il contributo di una «linguistica pragmatica» che tenda a stabilire una relazione diretta tra il lessema e la sua referenza contestuale e diacronica nell’ambito del discorso biblico.161 L’esito delle più avanzate ricerche in campo semantico è teso ad alimentare una forma di banca dati che raccolga la più vasta gamma di significati catalogabili entro un lessico, sincronicamente e diacronicamente organizzato secondo lo sviluppo semantico. Alla luce di questi aspetti, la strumentazione del «campo lessicale» è quella che appare epistemologicamente più fondata e sottoposta ad analisi di laboratorio linguistico. I procedimenti legati alla metodologia del «campo associativo» sembrano meno regolamentati perché già parzialmente spostati sull’asse della referenza concettuale. A maggior ragione le eventuali accezioni di «campo semantico».

La proposta avanzata in sede di teoria dell’opera letteraria da parte del filosofo francese Paul Ricoeur permette di intuire un esito necessario dell’attività di ricerca nell’orizzonte semantico che non si autolimiti entro l’universo lessicalizzato pensato come luogo precipuo dell’innovazione semantica. Infatti, l’analisi condotta ha passato in rassegna, per il secolo XX, le opere più importanti dedicate al lessico biblico (ebraico e greco) con finalità teologica, muovendo da una visione enciclopedica fondata sui vocaboli, disposti alfabeticamente, in direzione degli approcci collegati alla linguistica generale, alla semiotica e allo strutturalismo. L’organizzazione alfabetica, come è già stato accennato, non rimanda soltanto ad uno schema confezionato e usuale entro il quale collocare tutti i termini del lessico presi in esame, bensì rappresenta una riduzione del linguaggio ai suoi elementi minimi di codificazione. Come l’alfabeto contiene in sé potenzialmente tutti i segreti di una lingua, ovvero tutti i valori fonetici e semantici di un codice linguistico, così un’organizzazione alfabetica di una cultura, attraverso i suoi vocaboli, diventa uno strumento

158 Ricordiamo che l’ingenua sovrapposizione dell’ambito lessicale con quello concettuale era alla base della

critica di J. Barr alla monumentale opera del Kittel. 159 Cfr. i progetti presentati sopra al capitolo: «I contributi della semiotica e della semantica strutturale». 160 Cfr. sopra alla nota 119. 161 Per questi aspetti cfr. soprattutto: I. ZATELLI, «Pragmalinguistics and Speech-Act Theory as Applied to

Classical Hebrew», in Zeitschrift für Althebraistik 6(1993), 60-73; IDEM, «The Study of Ancient Hebrew Lexicon: Application of the Concepts of Lexical Field and Funcional Language»; P. FRONZAROLI, «Componential Analysis», in Zeitschrift für Althebraistik 6(1993), 79-91.

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comodo per una definizione concettuale. Il riferimento al radicale etimologico dei termini in analisi è divenuto uno dei cavalli di battaglia maggiormente considerati dalla linguistica comparata accanto alla descrizione dei vari significati assunti dal termine nei diversi contesti storici entro una prospettiva diacronica. Così la semantica si è trasformata in collettore di significati disposti, per lo più alfabeticamente, in un dizionario biblico-teologico in virtù di una «storia degli effetti» del termine. Tale esito, con metodo distinto, è garantito dagli approcci diacronici e sincronici al testo, come sopra abbiamo messo in evidenza.

L’oggetto della nostra ricerca verte sull’«elezione d’Israele», espressione che evoca una concettualizzazione biblico-teologica che instaura uno scarto di senso rispetto alle singole e autonome idee di «elezione» e di «Israele». Questa espressione non si riduce a un approccio meramente lessicalizzato poiché la sua appartenenza all’asse sintagmatico della combinazione, appunto, innova semanticamente, nella relazione, i termini isolati di «elezione» e di «Israele». Per questo motivo, la scelta suggerita dal presente studio è quella di collocare la ricerca nell’ambito di una «semantica del discorso biblico», luogo originario entro il quale indagare le coordinate di senso nel lessico e oltre il lessico tradizionalmente attribuito al tema in oggetto.162

b. L’«elezione d’Israele» nell’ambito di una «semantica del discorso biblico» La «semantica del discorso», originaria rispetto a quella della «frase» e della «parola»

secondo Ricoeur, quando è applicata a un tema biblico assume la forma contestuale di «semantica del discorso biblico». Ciò significa che per poter analizzare un tema trattato dalle Scritture non è sufficiente una competenza filologica o linguistica, bensì è anche richiesta una competenza ermeneutica relativa alla struttura tipica del pensiero biblico testualmente configurato. Una «semantica del discorso biblico» è, in ultima istanza, la preoccupazione sempre viva per il messaggio finale di un testo, è l’attenzione sempre vigile ai livelli in cui si genera il significato evitando la frapposizione indebita che ingenera confusione e inconsistenza critica. Una «semantica del discorso biblico» ancor prima di essere preoccupata delle parti singole con cui si compone il testo sacro si espone sull’intero mondo testuale, ne abbraccia le dimensioni lunghe, coglie anzitutto la logica del «macro-testo», prima ancora di planare sul «micro-testo». Per questo è necessaria una teoria dell’opera letteraria per comprendere «come» si legge il testo biblico prima ancora di studiarne i significati collegati alle singole parole. Mentre cresce l’atto di lettura entro forme distinte del discorso biblico, viene creata, corretta e implementata l’idea dell’«elezione di Israele» dove l’accumulo di senso non si mostra nella lista di citazioni di passi in cui ricorre il termine tecnico di «elezione», bensì nell’inter-testualità, luogo di creazione articolato del senso che si dà al livello sintagmatico del discorso biblico lungo l’intero atto di lettura.

c. Il «campo» della testualità biblico-canonica e le altre testualità Per questo motivo, accanto alla babelica definizione di «campo semantico» optiamo, in modo

inconsueto, per un’accezione ardita, quella che ricentra l’attenzione sulla testualità delimitata quale luogo sorgivo del senso. Il sorgere e il crescere della categoria teologica dell’«elezione di Israele» avrà cominciamenti ed esiti diversi rispetto al tipo di testualità -vero «campo» di indagine- che viene assunta per l’analisi. Così, riconfermando le riflessioni metodologiche poste a principio di questo studio, il «campo semantico» dell’«elezione di Israele» dovrà anzitutto definirsi per la tipicità della sua testualità, quale significato innovativo di «campo semantico»: quella ebraica (TaNaK) o quella cristiana (Bibbia) che rimandano, rispettivamente, a due tradizioni teologiche, linguistiche e canoniche, due comprensioni distinte dei valori in gioco.

Necessita quindi produrre una riflessione contestuale entro le distinte tradizioni canoniche e cogliere quanto una categoria teologica, formulata nelle pagine del testo ebraico, venga poi ripresa e rilanciata in virtù della relazione testuale della Bibbia greca di tradizione cristiana che ne elabora un’ermeneutica distinta.

L’ignoranza delle coordinate ermeneutiche sul macro-testo è un difetto metodologico regolarmente rappresentato e alimentato nei vari approcci centrati sulle semantiche lessicali, per

162 Basti considerare l’elenco dei vocaboli raccolti lungo la recensione dei vari dizionari biblico-teologici.

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nulla preoccupate dell’elaborazione innovativa del senso entro le dimensioni macro-testuali di una tradizione canonica.

La metodologia dei «campi semantici», secondo le tradizioni canoniche, potrebbe trasformarsi in una preziosa strumentazione offerta a una teologia biblica per temi, ancora troppo sottoposta oggi all’arbitrarietà dell’interprete. Essa riterrà il lavoro lessicale fin qui prodotto punto di partenza per una «semantica del discorso biblico» da verificarsi lungo l’itinerario di comprensione del senso complessivo. Solo una «semantica del discorso» potrà dunque donare consistenza fondativa ad una teologia che voglia raccogliere lo sviluppo tematico dell’intero libro biblico. E l’esempio dell’«elezione di Israele» potrebbe divenire un ottimo laboratorio di analisi concreta nel contesto delle varie comprensioni canoniche ed estendersi anche in ambito extracanonico, per i testi giudaici o cristiani antichi. Esso funzionerà in modo distinto rispetto al contesto entro il quale viene analizzato, rispettando le varie forme testuali di discorso.

Il presente contributo si conclude nel punto in cui dovrebbe avviarsi l’elaborazione del tema che si preannuncia con esiti distinti, rispetto ai sistemi concettuali di riferimento delle diverse tradizioni canoniche.

In sintesi, l’«elezione di Israele», come qualsiasi altro «tema biblico» non riconducibile ad una mera lessicalizzazione, pare non possa divenire oggetto di studio, in senso pieno, della metodologia del «campo lessicale» e neppure di quella del «campo associativo», bensì solo dell’approccio tipico dei «campi semantici» ripensati, però, entro un’ermeneutica canonica delle tradizioni credenti.

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