Balinghou, i cinesi nati negli anni Ottanta · 2013-06-25 · la differenza principale tra noi e i...

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per la sua scomparsa. . Pensano che diven- tare ricchi sia possibile, anche all’interno di uno stato socialista. . Si godono le libertà e sono meglio informati dei propri genitori. Sono i figli di internet. . di Simone Pieranni 114 . east . europe and asia strategies numero 32 . ottobre 2010 . 115 H anno trovato anche un nome per descriverli: balin- ghou, la generazione dei nati negli anni Ottanta. Sono i primi a nascere e vivere nella Cina di Deng, quella delle aperture all’esterno che hanno permesso nuove prospettive di vita, fuori da norme imposte da al- tri. Si calcola che siano circa 200 milioni i nati tra il 1980 e il 1989: hanno potuto scegliere il proprio abbigliamen- to senza imposizioni, non hanno vissuto sotto la campa- na opprimente delle danwei, le unità di lavoro che in- fluivano anche sulla vita privata del singolo lavoratore, si sono potuti mettere in proprio, godere di privilegi pre- cedentemente bollati come “borghesi”. Sono cresciuti durante il boom economico, in un certo senso primi pri- vilegiati, dalla legge del figlio unico in vigore dal 1979. Balinghou , i cinesi nati negli anni Ottanta I recenti scioperi nelle fabbriche del Sudest cinese hanno evidenziato il cambiamento gene- razionale della forza lavoro cinese, portando alla ribalta i balinghou, i nati negli anni Ottan- ta. . È il loro momento: nelle fabbriche, come nelle società high-tech, in ruoli dirigenziali o come novelli spiriti liberi. . Non hanno vissuto nel mondo maoista, né si sono preoccupati CINA . 2 H Si informano e comunicano via internet, sono a tutti gli effetti i “figli della Rete”. Hanno visto il volto forse più moderno della repressione: nessun massacro in piazza, semmai ostacoli su internet e comunicazione censurata, ma non sembrano attribuire a ciò troppa importanza. Per tutti i cinesi, i balinghou sono viziati, apolitici e fonda- mentalmente individualisti. Una bella bocciatura socia- le, intorno alla quale si sono spesi articoli e ricerche su magazine e quotidiani in lingua cinese. Sono loro la futura classe dirigente e lavoratrice, il cuo- re e il sangue della Cina dei prossimi decenni. Hanno prevalso su di loro pregiudizi negativi, almeno fino al maggio del 2008, quando il Sichuan ha tremato – un ter- remoto vissuto con estrema partecipazione da tutta la na- zione cinese – e in prima linea, nei soccorsi, negli aiuti, nell’organizzazione dei volontari, c’erano loro, i balin- ghou. Una parziale rivincita su chi li voleva asociali ed esclusivamente dediti a se stessi, la prima prova da “adulti” di una generazione considerata eternamente bambina. Per molti osservatori si sono trasformati: da ventre molle della società, i balinghou sembrano diven- tati la chiave segreta del Partito comunista: muoveranno l’economia, di cui accettano le regole, senza dedicarsi troppo alla politica. Cinesi perfetti. Chi sono i balinghou? bbiamo incontrato diversi esponenti della gene- razione degli anni Ottanta. Ognuno ha un lavoro diverso e una storia propria. Appartengono an- che a mondi diversi. Eppure esiste un comune denomi- natore: tutti vivono nella aree metropolitane, in grandi città, si considerano unici e nessuno si vuole identifica- re con uno stereotipo generazionale. Caikai è un disegnatore freelance di 29 anni. Lo incon- triamo al 2kolegas, un pub pechinese, ritrovo di musici- sti e amanti del genere folk e rock, piuttosto apprezzato d’estate, quando all’aperto si tengono serate speciali e A DESTRA Un giovane hip hop su un palco a Shanghai. A FRONTE Alcuni giovani allo Shengli Square Shopping Center nella moderna cittadina di Dalian. Uno di loro sfoggia una bionda criniera punk. In Pictures / Corbis / F. Hoffman A Studio Ghirotti Gobesso / P. Ghirotti

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per la sua scomparsa. . Pensano che diven-

tare ricchi sia possibile, anche all’interno di

uno stato socialista. . Si godono le libertà

e sono meglio informati dei propri genitori.

Sono i figli di internet. . di Simone Pieranni

114 . east . europe and asia strategies numero 32 . ottobre 2010 . 115

Hanno trovato anche un nome per descriverli: balin-ghou, la generazione dei nati negli anni Ottanta.Sono i primi a nascere e vivere nella Cina di Deng,

quella delle aperture all’esterno che hanno permessonuove prospettive di vita, fuori da norme imposte da al-tri. Si calcola che siano circa 200 milioni i nati tra il 1980e il 1989: hanno potuto scegliere il proprio abbigliamen-to senza imposizioni, non hanno vissuto sotto la campa-na opprimente delle danwei, le unità di lavoro che in-fluivano anche sulla vita privata del singolo lavoratore,si sono potuti mettere in proprio, godere di privilegi pre-cedentemente bollati come “borghesi”. Sono cresciutidurante il boom economico, in un certo senso primi pri-vilegiati, dalla legge del figlio unico in vigore dal 1979.

Balinghou, i cinesinati negli anni OttantaI recenti scioperi nelle fabbriche del Sudest cinese hanno evidenziato il cambiamento gene-

razionale della forza lavoro cinese, portando alla ribalta i balinghou, i nati negli anni Ottan-

ta. . È il loro momento: nelle fabbriche, come nelle società high-tech, in ruoli dirigenziali o

come novelli spiriti liberi. . Non hanno vissuto nel mondo maoista, né si sono preoccupati

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Si informano e comunicano via internet, sono a tutti glieffetti i “figli della Rete”. Hanno visto il volto forse piùmoderno della repressione: nessun massacro in piazza,semmai ostacoli su internet e comunicazione censurata,ma non sembrano attribuire a ciò troppa importanza. Pertutti i cinesi, i balinghou sono viziati, apolitici e fonda-mentalmente individualisti. Una bella bocciatura socia-le, intorno alla quale si sono spesi articoli e ricerche sumagazine e quotidiani in lingua cinese.

Sono loro la futura classe dirigente e lavoratrice, il cuo-re e il sangue della Cina dei prossimi decenni. Hannoprevalso su di loro pregiudizi negativi, almeno fino almaggio del 2008, quando il Sichuan ha tremato – un ter-remoto vissuto con estrema partecipazione da tutta la na-zione cinese – e in prima linea, nei soccorsi, negli aiuti,nell’organizzazione dei volontari, c’erano loro, i balin-ghou. Una parziale rivincita su chi li voleva asociali edesclusivamente dediti a se stessi, la prima prova da

“adulti” di una generazione considerata eternamentebambina. Per molti osservatori si sono trasformati: daventre molle della società, i balinghou sembrano diven-tati la chiave segreta del Partito comunista: muoverannol’economia, di cui accettano le regole, senza dedicarsitroppo alla politica. Cinesi perfetti.

Chi sono i balinghou?bbiamo incontrato diversi esponenti della gene-razione degli anni Ottanta. Ognuno ha un lavorodiverso e una storia propria. Appartengono an-

che a mondi diversi. Eppure esiste un comune denomi-natore: tutti vivono nella aree metropolitane, in grandicittà, si considerano unici e nessuno si vuole identifica-re con uno stereotipo generazionale.Caikai è un disegnatore freelance di 29 anni. Lo incon-triamo al 2kolegas, un pub pechinese, ritrovo di musici-sti e amanti del genere folk e rock, piuttosto apprezzatod’estate, quando all’aperto si tengono serate speciali e

A DESTRA Un giovane hip hop su un palco a Shanghai.

A FRONTE Alcuni giovani allo Shengli Square Shopping Center

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«Oggi tutti abbiamo un computer», afferma. Un anno falei ha deciso di farsi i capelli rasta e iniziare a vestirsi inmodo originale: un mix tra rap e hippy. Grazie al cambiodi look e alla rete ha scoperto Bob Marley e il reggae.Ogni esempio parte da lì: internet. Il web è stata una svol-ta per questa generazione: è lo schermo del pc il princi-pale catalizzatore di questi giovani, per informarsi e percomunicare. È il loro codice di accesso principale al-l’esterno. Insieme al cellulare, compagno inseparabile diogni istante di vita.A Xiao Dan, invece, il denaro e internet dicono poco. Stacompiendo un’altra ricerca: lei è del Fudan, appartienea una minoranza etnica del Guizhou, provincia vicinaal Tibet. Vive in modo semplice, in una casa tradiziona-le, nella zona degli hutong, la città vecchia pechinese,vicino alla torre del Tamburo, uno dei cuori culturalipulsanti della capitale. Al materialismo imperante nel-l’attuale società cinese, preferisce la spiritualità: «Lagente dà più importanza a ciò che possiede, rispetto aciò che sente. Molti ti chiedono il prezzo del tuo orolo-gio, come prima domanda. Si è sostituito il denaro allaricerca della felicità».

Famiglia e lavaggio del cervelloono egoista. Per forza! Non ho fratelli. Questa èla differenza principale tra noi e i nati negli anniOttanta del resto del mondo». Tianhui, fotore-

porter di 25 anni. Ha scelto di lavorare alla reception diuna grande azienda che vende mobili. Guadagna meglioche non scattando fotografie. Il 65% dei balinghou nonha fratelli e l’85% vive nelle zone urbane. Tianhui, comeLanlan, ammette che non avere fratelli lo ha reso indi-pendente, ma allo stesso tempo lamenta la solitudine delfiglio unico “coatto”.Concorda anche Caikai: «Non avere fratelli ha reso diffi-cile la possibilità di comunicare e collaborare anche congli altri. Un bel problema, specie quando saremo grandie dovremo mantenere un figlio e quattro genitori». Perloro anche il concetto di famiglia è cambiato: sono con-trari alla retorica cinese della famiglia allargata, chiusanella stessa casa. Loro vogliono vivere per i fatti propri,e alla famiglia sostituiscono, concettualmente, il gruppodi amici. «La mia vera famiglia sono i miei amici. Lorosono come me e non devo dargli spiegazioni su quantofaccio della mia vita», ammette Tianhui. «Fare parte dei balinghou significa volersi esprimere, ma

jam session musicali. Di tutti i balinghou incontrati èquello che sembra più interessato alla propria generazio-ne. Sta anche scrivendoci un libro: «Non mi piacciono legeneralizzazioni, ma se posso evidenziare alcune coseche ci accomunano, direi che la mia generazione è oppo-sta a quella precedente e che a noi piace sentirci diversida tutti». Il suo libro si basa proprio sulle particolarità diquesta generazione: i giochi, i cibi, le pratiche che han-no in comune. Charlie invece ha 26 anni, lavora per la ri-vista Esquire, edizione cinese. Lo incontriamo al The Pla-ce, un centro commerciale avveniristico, vicino al suoufficio. «I nati negli anni Ottanta non hanno il potere percambiare niente. Quello che possiamo fare è trovare sem-plicemente un nostro stile». Charlie è gay dichiarato e sidefinisce un “edonista”. Il suo stile è vivere bene, vestir-si bene, godere, «mangiando e vivendo bene». Il suo la-voro, del resto, glielo consente: scrive recensioni sui piùimportanti ristoranti di Pechino. L’ultimo articolo che hascritto è su un ristorante giapponese. Costo di una cena:mille euro, qualcosa di impensabile qualche anno fa.I soldi non fanno impressione: «Ci è toccato vivere in unaCina capitalista, dove il comunismo è solo propaganda».Soldi che Lv Yan, una delle top model cinesi più famo-se al mondo, ha fatto a palate, tanto da poter trasferire lapropria famiglia dalle campagne a Pechino e permetter-si di lavorare gratis per giovani designer cinesi: «Dalbrand affermato mi faccio pagare eccome, ma dai giova-ni cinesi no. Perché credo che il nostro ruolo ormai siaquello di comunicare al mondo esterno che la Cina nonproduce solo copie e fake, ma è anche in grado di creare,di diffondere uno stile di vita, originalità. Abbiamo solobisogno di tempo». Dal sessantesimo piano del grattacie-lo a Soho, uno dei cuori economici e trendy della capita-le, dove la incontriamo, si vede tutta Pechino, soffocatadalla consueta coltre di grigio. Sembra di avere la città aipropri piedi: «Mi piace il potere», sorride Lv Yan.

Per molti di loro la prima necessità è il denaro. Liu vivea Shanghai, ha 29 anni e cambia un lavoro al mese. Sem-bra impossibile, ma ci sono aziende che nascono e muo-iono nel giro di pochi giorni «e anche quelle straniere,meglio lasciare perdere. Solo che oggi senza soldi non sifa niente, dove porti una ragazza di sera? I soldi: noi de-gli Ottanta, siamo i dannati dei soldi». Lanlan, invece, èuna studentessa di arte di 22 anni. Per lei i soldi sono im-portanti, ma tende più a notare i progressi in altri campi:

tà stava nel capire come. Non che non veda punti nega-tivi, ma la politica è un’altra cosa. Oggi, insieme al suocompagno, lavora in una ong internazionale, andando ainsegnare teatro ai bambini poveri di Pechino e nelle zo-ne colpite dal terremoto.

Proprio quell’evento ha provocato nell’opinione pubbli-ca cinese un lieve cambiamento nel giudicare questi ra-gazzi: molti di loro erano in prima linea. Liu è andato adonare il sangue e anche David, aspirante attore, si è da-to da fare: «È stata una cosa sconvolgente, ma abbiamodimostrato di essere un Paese che si avvia sulla stradagiusta. I soccorsi e anche la politica si sono dimostrati al-l’altezza». Lui vive nelle serie televisive che interpreta.Non ancora famoso, già è sottoposto ai diktat dell’audien-ce. Non può fare il cattivo, lui. Le sue fan ne rimarrebbe-ro deluse. Buono e belloccio, in qualche modo, sfoga l’an-sia espressiva. La generale sensazione di non sapere co-me esprimersi, secondo Caikai, è da ritrovare nel sistemaeducativo cinese. «È comune il fatto di non sapere chefare della nostra vita. L’educazione che noi abbiamo rice-vuto è come quella dei nostri genitori. Non corrispondealla realtà e noi non abbiamo imparato niente di pratico».

La politica e la storiai dice che siano apolitici e asociali, ma secondoi nati negli anni Ottanta è il governo a esserechiuso e impenetrabile: «Voi potete votare, noi

no. Perché mai dovrebbe interessarmi la politica se tan-to non posso cambiare niente?», chiede Lanlan. La poli-tica però, in quanto espressione di controllo da parte delgoverno, è un tema ricorrente: «Perché siamo così pocointeressati a questo argomento? Perché abbiamo subitoun lavaggio del cervello», dice Xiao Dan. Piuttosto cheavere problemi o tentare di cambiare ciò che appare im-mutabile, i giovani degli anni Ottanta preferiscono spe-rimentare nuovi orizzonti, anziché lamentarsi di un Pae-se e di un governo che, tutto sommato, garantisce stabi-lità e benessere a una fetta sempre più larga di popola-zione. Poi c’è chi, come Charlie, ritiene che un controllopolitico sia necessario: «Nel futuro il governo dovrà con-tinuare a controllare la situazione. Come saremmo sen-za controllo?» Anche la top model Lv Yan sottolinea l’ar-duo compito dei governatori cinesi: «Un miliardo e cin-quecento milioni di persone: mica facile da governare!A chi mi dice che non siamo un Paese che garantisce le

non sapere come», dice Baron, un ragazzo che si sforzadi crearsi un’immagine da anarchico nel mondo materia-lista cinese. Sebbene sia laureato in architettura ha scel-to di vivere vendendo gadget degli anni Settanta: nonvuole essere schiacciato all’interno di un sistema di re-gole e rigore. Cerca di starne il più lontano possibile.«Non so – afferma – se si possa cambiare qualcosa, in ve-rità: forse quello che posso fare è solo per me stesso». Sirifugia nell’antimaterialismo e nell’hip hop, privilegian-do le canzoni che parlano di sentimenti e ideali. Per Liudire hip hop è dire States: «Gli occidentali ci sottovalu-tano. Noi siamo in grado di capirli, loro decisamente me-no. A nostro modo abbiamo un codice». Quanto alla ca-pacità e alla voglia di esprimersi, Xiao Dan si ricorda delterremoto abbattutosi sul Sichuan: con i suoi amici finda subito si attivarono per dare una mano, ma la difficol-

La modella cinese Lv Yan.

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libertà, io dico dateci il tempo. Molto è già cambiato: ri-spetto ai nostri genitori, noi siamo liberi».Secondo Lanlan tuttavia il concetto di libertà è manipo-lato: «In Cina ti dicono che sei libero. Fuori ti dicono chenon lo sei, però non è così veramente. La parola libertà èuna parola importata, per noi significa poco, sinceramen-te». Tutti si sono informati sugli eventi tabù, ma soloCharlie assicura di essere al corrente di come sono anda-ti veramente i fatti, rispetto alle versioni ufficiali. La suaè una versione piuttosto comune a molti cinesi, ma nona tutti. Tianhui ad esempio ha tutto molto chiaro, se siparla di 1989 e Tiananmen: «Oggi stiamo meglio, abbia-mo la possibilità di fare una vita stabile e di fare carriera.Chi dice che il governo sbaglia o ha sbagliato in passato,dimentica come stavamo solo dieci anni fa. Il governo haliberato un sacco di gente dalla schiavitù, dalla povertà.Oggi grazie ai nostri leader, stiamo meglio». Liu concor-da: «Se non ci fosse stato quell’intervento di forza, nel1989, oggi saremmo come l’Unione Sovietica. Addio be-nessere, figurati, un gran casino! Il problema è che moltigiovani studenti si sono lasciati manipolare da qualche

leader che aveva intenzione di distruggere l’unità delPaese, più che migliorare la qualità della vita in Cina».

Rivoluzione “felicitaria”a vera rivoluzione di questi figli della Rivoluzio-ne sembra essere fuori dalla politica: aspirare auna vita felice pare un nuovo paradigma nella so-

cietà cinese. Giovane e tutta da esplorare. «Non credo dipoter cambiare il mondo, ma posso esprimermi con l’ar-te e essere felice, oggi», sostiene Caikai. Come Lanlan, an-ch’essa artista, o Xiao Dan che vede la felicità medianteuna realizzazione spirituale: «Mi interessano le cose sem-plici, non mi interessano i soldi, piuttosto la libertà inte-riore». Baron, l’anarchico, si è rivolto al buddhismo e altaoismo: la sua è la ricerca di una felicità che gli garanti-sca una vita scevra da compromessi. Charlie ricerca lastessa cosa, ma nelle attività pratiche e nel divertimento.Per Tianhui la felicità è vivere con 200 euro al mese, perLiu essere sempre disoccupato, «ma non morire di fame». Questa è una preoccupazione superata: davanti c’è il fu-turo. E con esso la necessità, per i tanti “piccoli impera-tori” degli anni Ottanta, di meritarsi la benevolenza cheil cielo ha loro concesso. .Un affollato internet café a Guillin.

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