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Raffaele Merler
A cura di Raffaele Merler
Fotografie e testi di Raffaele Merler
Stesura e correzione testi: Riccardo Merler
Layout grafico: Stefano Borgogno
Digitalizzazione testi: Ferdinando Bassetti
Stampato presso Litografica Editrice Saturnia S.N.C.
Nessun contenuto di questo libro è stato realizzato a scopo di lucro
in nessuna sua forma. Ogni parte del ricavato ottenuto dalla distribuzione
e la divulgazione di questo volume sarà devoluta in beneficenza.
La produzione di questo volume è stata interamente eseguita in Trentino.
Finito di stampare nel mese di marzo 2016
©Raffaele Merler - Tutti i diritti sono riservati
Tanzania
Continente:
Africa
Capitale:
Dodoma
Confini:
Kenya, Uganda,
Ruanda, Burundi,
Repubblica
Democratica del
Congo, Zambia, Malawi
e Mozambico
Superficie totale:
945.090 km2
Popolazione totale:
44.928.923
Tasso di crescita:
2,85%
Lingue ufficiali:
Swahili e Inglese
Valuta:
Scellino tanzaniano
PIL pro capite:
629$
I dati riportati qui sopra si
riferiscono all’anno 2012
8
FOCUS SULPROGETTO
Il progetto fotografico “B - profili invisibili” nasce dal desiderio di dar voce alla gente. In primis, voglio spiegare perché la scelta del titolo è ricaduta
su una semplice e sola lettera. La “B”, insapore a prima vista, è una consonante dalle mille sfacettature. In origine il geroglifico da cui ha preso forma
rappresentava una casa, simbolo di protezione e dimora della famiglia, ma anche simbolo di comunità e condivisione, senza dimenticare che “B” è anche
l’iniziale di “bianco” e di “black”, aggettivo inglese che in italiano significa nero. Pare assurdo, ma altrettanto immediato, quanto la semplicità sul punto
d’incontro tra due colori diametralmente opposti, tra due culture apparentemente così distanti, sia racchiusa in una sola lettera. Parafrasando Platone
si potrebbe dire, ad esempio, che il bianco e il nero rimangono termini contrapposti e molteplici sul piano sensibile; tuttavia, è solo cogliendo questa
differenza di termini, che si può risalire al loro fondamento e comune denominatore, cioè l’idea di colore. Non si può, infatti, avere coscienza del bianco
senza conoscere il nero e viceversa. Se identifichiamo il concetto di colore con la nostra società, non sarà difficile capire perchè sia così piena di problemi
ed incongruenze. É inutile che ci si ostini a far girare un ingranaggio così complesso quale la società se prima non se ne conoscono a fondo i meccanismi.
Ultima, ma non in termini d’importanza, è la pronuncia della lettera B, ovvero “BI”, quel “BE” che in lingua inglese significa “essere”. Dal momento che
sei, esisiti e, se esisti, non puoi non essere: ognuno di noi deve prendere coscienza di questo. Tutti siamo importanti, non esiste una scala gerarchica di
importanza. La differenza è data solamente dalla diversa applicazione delle proprie capacità secondo un’etica di fondo. Questo progetto è stato creato per
dar voce anche ai ritardatari, ossia a chi si è accorto che, anche non ricoprendo un “ruolo importante nella società”, può ancora farsi sentire ed insegnare
qualcosa. L’idea è quella di riuscire, tramite la lettura delle storie riportate in questo volume, a capire, almeno sommariamente, quale sia la situazione in
Tanzania oggi e quale, invece, quella in Italia. Dal momento che ognuno si racconta, ognuno diventa individuo, distinguendosi da quel sistema che ormai
tutto vorrebbe mescolare. La mia idea è quella di far capire che, per aiutare ed essere solidali con il prossimo, dobbiamo prima conoscerci, capire chi
siamo, guardarci dentro e scoprire ciò che davvero conta: i passi successivi saranno sicuramente più semplici. Cosa che troppo spesso non facciamo. Da
qui il sottotitolo “profili invisibili”: il nostro profilo di individui tende sempre più ad assottigliarsi, corroso dall’acido fiume di messaggi mediatici dai quali
siamo quotidianamente inondati. Un fiume che ci trascina, tanto da far lentamente scomparire i nostri profili, destinati a diventare sagome informi che si
mischiano con la folla sino a diventarne parte. Il mio lavoro, pertanto, consiste in uno scambio di volti, storie e mestieri, utili a farci conoscere chi e come
siamo, a far capire che non abbiamo paura di un confronto, ma anzi, lo desideriamo per integrare la nostrà individualità. Più superficialmente è anche un
modo per staccare dalla mondanità e, fantasticando, far sì che per una volta il contadino africano possa essere l’impiegato italiano in carriera e viceversa.
Il primo potrà godere di ciò che materialmente non ha mai posseduto, mentre il secondo potrà godere di un elemento che ha quotidianamente sotto il
naso, ma che si concede solo a chi ne capisce veramente il significato: il tempo.
9
Mi chiamo Christofer Kiswaga. Correva l’anno 1977 quando mia madre
mi ha dato alla luce a Mngate, un piccolo villaggio vicino a Njombe. In
quell’anno è stata confermata la costituzione del 1965 e la Tanzania è
divenuta uno stato indipendente. Quando da piccolo andavo a scuola,
passavo tutti i giorni davanti alla macelleria del paese. Ero incuriosito
dall’anatomia del corpo animale e lì potevo soddisfare la mia curiosità.
Non che fossi affascinato da quei corpi mutilati, intendiamoci, ma mi
incuriosiva vedere in prima persona quello che studiavo sui libri. Non mi
dispiaceva il lavoro di macellaio ma, il mio sogno, paradossalmente, era
sempre stato fare il veterinario. Per questo, studiavo molto. Mi piacevano
specialmente le scienze: biologia, chimica e anatomia. A scuola andavo
bene e superai l’esame dell’ultimo anno della scuola primaria senza
problemi.
Un giorno, il primogenito dei miei fratelli ha sperperato tutti i nostri
risparmi per il suo matrimonio, precludendo in tal modo agli altri sei
componenti della mia famiglia di realizzare i propri sogni. Dunque, il mio
sogno di diventare veterinario svanì come una bolla di sapone e mi vidi
costretto a “ripiegare” sul lavoro che mi aveva avvicinato alle scienze: il
macellaio.
Infatti, da otto anni lavoro come dipendente alla macelleria del mercato
di Njombe. Lavorare in proprio comporta dei rischi e delle spese che,
purtroppo, molto spesso, non ripagano le fatiche e gli investimenti fatti.
Le cose potevano andarmi meglio, ma almeno ho un lavoro che mi piace
e mi permette di far crescere le mie due bellissime bambine. Cercherò
sicuramente di fare in modo che loro possano seguire il proprio sogno e
le aiuterò a far sì che esso divenga realtà.
Velodromodi Mori
Comune di Mori
Trentino
Christofer Kiswaga
14
Mercatodi Njombe
Città di Njombe
Regione di Njombe
15
Salve a tutti, mi chiamo Daniel e dal 2009 faccio il ciclista di professione.
Sono nato a Pergine nei primi giorni del gennaio del 1987. Ho sempre avuto
la passione per la bicicletta, ma mai avrei pensato di arrivare a gareggiare
spalla a spalla con i grandi nomi del ciclismo internazionale. Impegno e
dedizione sono stati gli ingredienti per la pozione magica nella mia borraccia!
Quanta fatica… e, anche se solitamente non sono un asso in salita, credo di
esserlo stato sino ad ora in quella più lunga ed importante: la mia vita. In pista
sono sempre stato abbastanza forte, almeno così dicono. La mia specialità
è l’inseguimento, che sia un ciclista o un qualsiasi altro obbiettivo che mi
pongo nella vita, io lo rincorro. Ho investito molte energie per farmi notare
quando ero juniores e alla fine, qualcuno ha creduto nelle mie capacità. Sei
anni fa la Liquigas Cannondale, una delle formazioni più affermate in ambito
internazionale, mi ha permesso di far parte del loro team. Per me è stato
un onore, il sogno finalmente si era avverato, ma sapevo che era soltanto il
punto di partenza. Il primo anno mi è servito per prendere confidenza con
la realtà, capire i miei limiti e le mie potenzialità… Ho potuto così avere la
possibilità di correre grandi gare come la Gand-Wevelgem, la Tre Giorni di
La Panne, il Tour de France, il Giro d’Italia e quello delle Fiandre, dove ho
ottenuto un buon piazzamento. Ciò che ancora porto più nel cuore, è però
il mio esordio. Gareggiavo in una delle mie prime corse da professionista:
la Volta a Catalunya. Nessuno se l’aspettava di vedermi tra i primi dieci,
ma io c’ero! Pedalavo per divertirmi come ai vecchi tempi, quando andavo
in mountain bike con papà, e, senza nemmeno accorgermene, ho tagliato
il traguardo aggiudicandomi il nono posto a soli quattro secondi dal primo.
Ero felicissimo del risultato! Le vittorie, comunque, col tempo sono arrivate.
Nel 2010, ho partecipato al Giro del Veneto. Scendeva una pioggia pazzesca,
veramente una giornata da divano! Ma ero lì e, quando con le braccia al
cielo, ho tagliato il traguardo, era come se splendesse il sole! Quella vittoria
che mi ha spianato molte strade. L’anno successivo mi sono piazzato sesto
in Colorado, all’USA Pro Cycling Challenge. Poi ho partecipato ai Mondiali
di Los Angeles, a quelli di Melbourne (sotto convocazione del grande
Paolo Bettini) e successivamente a quelli di Copenaghen. Mi sono distinto
al Tour del Qatar, arrivando secondo dietro a Mark Cavendish. Insomma,
non posso lamentarmi! La fortuna ha voluto prendersi cura di me ed io
cerco di ricambiarla divertendomi e migliorandomi ogni giorno con l’aiuto
delle persone eccezionali che ho incontrato sulla mia strada e che ora ho
al mio fianco. Se posso permettermi di darvi un consiglio, forse banale
all’apparenza, non cercate di cambiare quello che siete, ma cercate di
migliorarvi! La gioia, quando vi fermerete a guardare quanta strada avrete
percorso senza farci troppo caso, sarà immensa!
Daniel Oss
70
01.Primo piano di una
giovane ragazza Maasai
02.Lo splendido sorriso
di una bambina nel
villaggio di Sokoine
01.
02.
Il dolce pesodelle tradizioni
Villaggio di Sokoine
Regione di Morogoro
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Ciao! Mi chiamo Batazarm Erasmus Lyungu. Sono nato il 7 marzo del
1973 a Matembwe, un villaggio nel Sud Est della Tanzania, nella provincia
di Njombe. Ho frequentato la scuola primaria di Matembwe per i primi
sette anni, poi ho continuato la mia istruzione a Njombe nella scuola
secondaria per altri quattro anni.
Sin da piccolo ho sempre voluto fare il meccanico, ma in famiglia eravamo
in tanti (sei fratelli ed una sorella) e non tutti potevano realizzare i propri
sogni.
Piano piano, però, mettendo da parte un po’ di soldi, sono riuscito a
frequentare per un anno la scuola di Meccanica di Iringa, dove ho
appreso le basi del mestiere che avevo sempre sognato di fare. Finiti gli
studi, sono stato assunto da Baba Camillo nella missione di Kipengere,
villaggio in cui ora vivo con mia moglie ed i miei quattro figli (di cui la più
piccola ha solo due settimane). Il Baba è spesso in giro ad aiutare nei
villaggi vicini e si sposta con la vecchia Land Rover. Qui il 4x4 è il miglior
mezzo di trasporto, perché la maggior parte delle strade sono sterrate
e dissestate. Per questo la macchina si guasta spesso ed entro in gioco
io! Non svolgo solamente questa mansione, sono un po’ un tuttofare:
costruisco oggetti nell’officina della missione, faccio da autista, fungo
da interprete e mi arrabatto ad aiutare un po’ tutti.
Qui in Tanzania abbiamo una visione assai diversa della vita: si tende
a vivere alla giornata, poiché nella maggior parte dei casi non si può
far altro. Io ho iniziato ad apprezzarla veramente quando un giorno,
tagliando un albero, la catena della motosega si è inceppata e mi è
letteralmente saltata in faccia. Credo di essere vivo per miracolo e per
questo ringrazio il Signore.
Ogni istante della vita va apprezzato per quello che è, per bella o brutta
che sia. Io non mi posso lamentare della mia: faccio quello che ho
sempre sognato di fare, lavoro con gente in gamba e aiuto tante belle
persone. Cosa potrei volere di più?
Negoziomusicale
Comune di Trento
Trentino
BatazarmErasmus Lyungu
90
Officinadella missione
Villaggio di Kipengere
Regione di Njombe
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Sono Cristiano Dalla Pellegrina, nato il 28 maggio 1969 a Trento. Mia
mamma ha fatto la casalinga sino alla morte di mio padre nel 1982,
quando, per necessità, è andata a lavorare in un’azienda chimica. Ho
frequentato le scuole elementari e medie. Poi ho seguito la mia vocazione,
quella per la musica ed il destino ha voluto premiarmi. Sin dall’età di
tredici anni, ossia da quando accompagnavo a suon di tamburi mia madre
mentre cantava (è sempre stata una cantante eccelsa, ma forse troppo
modesta), la musica era entrata a far parte di me. Una passione nata per
l’amore che prima di me, mio fratello Gastone riservava alla batteria.
Infatti, se ora posso vivere solo di musica, lo devo soprattutto a lui, che
ha creduto in me e mi ha regalato il mio primo set di percussioni. Prima
ogni cosa era buona per far rumore, piatti, bicchieri tavole e padelle. Il
ritmo mi scorreva nelle vene. Passavo intere giornate a suonare: la mia
musica preferita in cuffia, in un loop continuo, mentre ripercorrerevo i
ritmi di grandi autori sino a raggiungere un livello che mi ha permesso
di esibirmi in pubblico. Nel 1987 ho fatto il mio primo grande debutto,
suonando con Charley Deanesi al festival di Sanremo. Poi l’altra
grande esperienza è stata quella del percorso musicale intrapreso con
gli Extrema, gruppo metal italiano con il quale ho suonato dal 1988
sino al 2004. Collateralmente, per cinque anni ho suonato con Biagio
Antonacci e poi nel 2005 ho iniziato la mia carriera con i Negrita. Una
carriera entusiasmante che mi ha portato a suonare con loro in tutte
le tournée italiane sino ad oggi. Nel 2010 ho avuto il piacere di suonare
anche per Edoardo Bennato, una collaborazione breve ma dal risultato
efficace. Suono anche il basso, normalmente nei The Jack, un gruppo
tributo agli AC/DC. Ho una visione della musica in controtendenza.
Utilizzo uno schema speculare nella disposizione dei tamburi della mia
batteria, uno schema per mancini pur non essendolo… Che altro dirvi,
la vita va assaporata in ogni suo istante e vissuta intensamente come
una bella canzone. Datevi un buon ritmo e su quello percorrete i vostri
passi. Fate e credete in quello che amate e con la buona volontà arriverà
probabilmente anche la dea bendata a danzare con voi.
CristianoDallapellegrina
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L’eternaattesa
Strada per Ikonda
Regione di Njombe
Sieropositivi attendono
un passaggio verso
l’ospedale.
Un controllo di routine
permette di verificare
le difese immunitarie
d’ogni soggetto in modo
da poter somministrare
correttamente ad
ognuno i retrovirali,
allungando l’aspettativa
media di vita.
L’atmosfera metafisica
della fotografia vuol
far percepire la lunga
e frustrante attesa a
cui sono sottoposti i
pazienti.