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IMPRESSUM Testo: don Massimo Gaia (dagli appunti e dalle registra- zioni delle diverse lezioni) Schemi: don Massimo Gaia (dal materiale del Campo) Impaginazione: Studio Gamma Disegni: dall’album dei ricordi di Marilù, Pamela, Barbara, Nadine, Davide e Dodo Azione Cattolica Giovani Azione Cattolica Giovani Azione Cattolica Giovani Casella postale 138 CH - 6932 Breganzona ( 091 968 26 92 6 091 968 28 32 [email protected] Calendario Clandestino: ( 091 968 28 33 [email protected] UNA VITA AFFETTIVA... BELLA E RICCA!!! Campo „Fede e vita“ 2004 Camperio, Casa “La Montanina” 15–18 aprile 2004 QUADERNI DI ACG N O. 6A Casella postale 138 CH - 6932 Breganzona ( 091 968 26 92 6 091 968 28 32 [email protected] Calendario Clandestino: ( 091 968 28 33 [email protected] Azione Cattolica Azione Cattolica Azione Cattolica Giovani e Giovanissimi Giovani e Giovanissimi Giovani e Giovanissimi Affetto Amicizia Innamoramento

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IMPRESSUM Testo: don Massimo Gaia (dagli appunti e dalle registra- zioni delle diverse lezioni) Schemi: don Massimo Gaia (dal materiale del Campo) Impaginazione: Studio Gamma Disegni: dall’album dei ricordi di Marilù, Pamela, Barbara, Nadine, Davide e Dodo

Azione Cattolica GiovaniAzione Cattolica GiovaniAzione Cattolica Giovani Casella postale 138

CH - 6932 Breganzona ( 091 968 26 92 6 091 968 28 32

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UNA VITA AFFETTIVA... BELLA E RICCA!!!

Campo „Fede e vita“ 2004

Camperio, Casa “La Montanina” 15–18 aprile 2004

QUADERNI DI ACG NO. 6A

Casella postale 138 CH - 6932 Breganzona ( 091 968 26 92 6 091 968 28 32 � [email protected]

Calendario Clandestino: ( 091 968 28 33 � [email protected]

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Affetto Amicizia Innamoramento

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INDICE

Premessa p. 2 Introduzione p. 3 1ª lezione La struttura psicologico–spirituale dell’essere umano p. 5 2ª lezione L’affettività umana p. 9 3ª lezione Il “circolo dell’amore” p. 15 4ª lezione “I quattro amori” (C.S. Lewis) p. 22 5ª lezione Entrare in relazione p. 29 6ª lezione La specificità della relazione uomo–donna p. 32 Conclusione p. 35 Bibliografia p. 35 Impressum p. 36

PREMESSA Ti è mai capitato di dirti… “Come è incasinata la vita!”. Eh sì, arrivato alla tua età, ti sei reso conto che la vita ha una sua complessità, una sua se-rietà: entrare come Giovanissimi e poi come Giovani e Adulti in questo mondo non è facile, anzi: ci sono molte cose che succedono dentro e fuori di noi e gestire tutto non è per niente scontato. Ma… buona notizia! Siamo stati creati bene: il nostro Creatore ci ha dotati di mezzi che ci permettono di “sopravvivere”, anzi di “vivere bene” in questo mondo così complesso. Dopo aver parlato negli anni scorsi di Intelligenza Emotiva, di Auto-stima, di Equilibrio personale, quest’anno intendiamo affrontare un argo-mento altrettanto importante, e cioè quello della Vita affettiva nella sua ricchezza e bellezza. È un tema di attualità: troviamo articoli, libri e corsi di vita affettiva, di amicizia, di innamoramento, di vita di coppia e familiare. Ma… domanda: “Cosa ha da dirti la fede a questo proposito?”. Come in tutti i Campi Fe-de&Vita, vogliamo scoprirlo insieme e farlo nostro, farlo diventare vita!

don Massimo e Animatori

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CONCLUSIONE In questi giorni si è parlato di molto, si è parlato in profondità, si è parlato di noi – uomini e donne –, delle nostre relazioni e del disegno di Amore che Dio de-sidera si compia nelle nostre persone e nella nostra vita. Il cammino da fare è lungo, ma appassionante: ad ogni nuova scoperta nasce la necessità di un approfondimento esistenziale, ed ogni approfondimento nella vita di ogni giorno porta con sé l’opportunità di fare nuove scoperte. È da questa circolarità tra conoscenza ed esistenza che nasce per noi l’opportunità di un cam-mino di crescita. Il più grande augurio che possiamo farci è quello che la conoscenza acquisita in questi giorni diventi esperienza vissuta, e che la vita di ogni giorno sia fonte, per ognuno di noi, di una maggiore comprensione di ciò che siamo, di ciò che ci muove e dell’Amore nel quale “esistiamo, viviamo e ci muoviamo” (cfr. At 17,27).

INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE Per un approfondimento degli argomenti trattati, consiglio le seguenti indi-cazioni bibliografiche. A.M. RAVAGLIOLI, Psicologia, Piemme, Casale Monferrato 1997 (Manuali di

base, 14).

CH.A. BERNARD , Teologia spirituale, San Paolo, Cinisello Balsamo 1987.

C.S. LEWIS, I quattro amori. Affetto, Amicizia, Eros, Carità, Jaca Book, Milano 1960 (Già e non ancora, Pocket 60).

J. CROISSANT, Il mistero della donna, Ancora, Milano 1997 (Le Vele, 1).

T. LASCONI, Quando la fede rompe, 2 voll., ElleDiCi, Leumann (TO) 2000.

A. GASPARINO, Sessualità, dono di Dio. Conversazioni con i giovani sull’e-tica sessuale, ElleDiCi, Leumann (TO) 1997.

A. GASPARINO, Lettera ai giovani sulla sessualità, ElleDiCi, Leumann (TO) 1996 (Mondo nuovo, 159).

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§ imparare a cogliere l’oggetto della crisi/difficoltà; § imparare a cogliere la responsabilità propria e dell’altro/a nella crisi; § sperimentare ed imparare i diversi approcci maschile e femminile alla

realtà; § individuare ed imparare a mettere in esercizio uno schema per il su-

peramento delle crisi (il quale, date le due persone, rimane sempre uguale!);

§ imparare a conoscere i punti forti ed i punti deboli propri e dell’altro/a. Bisogna mettere in gioco tutto ciò che rispetta l’altro nelle sue diffi-coltà risp. che lo mette nella possibilità di dispiegare al meglio le pro-prie potenzialità.

o Approfondire ed esaurire prima del matrimonio la conoscenza delle pos-sibilità di espressione dell’affetto, dell’amicizia, dell’eros, ossia tutta la vasta gamma di espressione dell’amore umano che si pone al di qua del gesto coniugale.

o Farsi guidare, e questo quanto prima! o Richiamare e richiamarsi: nei confronti dei ragazzi alle prime armi, occor-

re farsi “maestri” e “testimoni”, almeno fin dove arrivano le nostre compe-tenze, e subito mettere in guardia riguardo alla serietà dei valori che sono in gioco nella relazione tra uomo–donna, tra ragazzo–ragazza. Non biso-gna avere scrupoli nemmeno nel richiamarsi, tra noi grandi, se si vede che questa relazione delicata viene mal vissuta.

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INTRODUZIONE Dio è Amore e lo riversa su di noi per mezzo di Gesù Cristo

Ø Il tema di quest’anno è: l’affettività umana. Con altri tre temi (Intelligenza Emotiva, Autostima, Equilibrio personale) si pone dentro il ciclo dei Campi “Fede&Vita”, che hanno come scopo la scoperta di alcune dimensioni della vita interiore della persona umana. L’affettività è senz’altro un tema impor-tante e molto sentito, perché ci coinvolge tutti ad un livello molto profondo.

Ø Ma occorre entrare nel “clima” giusto: non è possibile iniziare un corso così senza inquadrarsi dentro LA GIUSTA CORNICE, altrimenti si parla a sbalzo, op-pure si dicono cose non belle, come quando un quadro non ha una cornice adeguata oppure come quando ha una brutta cornice.

Ø La giusta cornice per il nostro tema è che Dio è amore e ci ama: questo è il corretto punto di partenza. La Trinità è composta da tre Persone che non sono altro che “relazioni sussistenti” di amore. La vita di Dio e della Trinità è l’a-more. È un amore infinito, “strabordante” (come un vaso strapieno d’acqua), incontenibile, che chiede in sé – ma non in modo necessario – di essere comu-nicato. Il Dio–Trinità comunica e dona il suo amore nella creazione (per mezzo del Figlio/Verbo) e nella redenzione (per mezzo di Gesù Cristo).

Ø Già il nostro “essere” ed il nostro “esserci” in questo mondo è frutto di questo amore ed è in se stesso amore (dice Hans Urs von Balthasar, teologo svizzero: “Tutto l’essere è amore”). Il nostro essere uomo/donna, come apice del creato, è frutto di questo amore ed è amore. Tutto ciò che ci circonda e con il quale possiamo entrare in relazione ci comunica questo amore con il quale Dio ha creato ogni cosa.

Ø Ogni realtà ci parla di Dio: Egli ha lasciato le sue “impronte” dappertutto, e non poteva essere altrimenti. Rileviamo la sua presenza… o … nella bellezza del creato , tramite la quale possiamo risalire alla

“bellezza” del creatore; o nella bellezza dell’uomo, corpo–anima–spirito, nel quale, in virtù della

Passione–Morte–Risurrezione di Gesù Cristo – per mezzo del Battesimo –, abita la Trinità;

o nella bellezza del fratello, che – come me – è fatto ad immagine e somi-glianza di Dio e nel quale abita la Trinità che io posso, in lui, incontrare;

o nella bellezza della Rivelazione, per mezzo della quale Dio si è comunica-to a noi, suo popolo, in parole ed opere: in part. la Scrittura e la Tradizione vivente della Chiesa, ma anche la Passione–Morte–Risurrezione di Gesù

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Cristo, che è l’opera suprema e la “chiave dei segreti” per noi uomini/donne alla ricerca di Dio.

Ø Rileviamo tutto questo, dunque, in Genesi 2 , che è il racconto di questo amore strabordante di Dio che si comunica alla sua creatura ed in particolare, nella creazione, si comunica al suo capolavoro: l’uomo – maschio e femmina – crea-to ad immagine dell’Immagine, ossia di Gesù Cristo, morto e risorto. Una pa-gina che vale la pena di rileggere.

“Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l'acqua dei canali per irrigare tutto il suolo ; allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giar-dino e l'albero della conoscenza del bene e del male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti». Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiu-to che gli sia simile». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli es-seri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chia-merà donna perché dall'uomo è stata tolta». Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna.

Gen 2, 4b–10; 15–25.

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giusta?”. Solo in un cammino è possibile arrivare a comprendere la risposta che Dio vuole darci a queste due domande: 1) qual è la mia vocazione? 2) se la mia vocazione è il matrimonio, è lui/lei la persona giusta?

Ø La tecnica che vi propongo per giungere a questo discernimento è quella dell’avvicinamento progressivo (cfr. Schema 15), ossia un cammino che porta a passare attraverso i vari amori naturali (affetti, amicizie, eros) sotto il grande cappello protettivo della carità. o Prudenza § non bruciare le tappe per evitare le ferite dolorose; § il sentimento dell’innamoramento è fortissimo e violento; e per il/la

adolescente che lo scopre può risultare talmente sorprendente sentire queste energie dentro di sé, che può davvero capitare che il sentimen-to “si innamori” di se stesso, più ancora che della persona che l’ha su-scitato (è talmente bello, insomma, che ciò che conta di più è il “sentirsi” innamorato, non tanto l’essersi “innamorato” di una persona specifica). Uscire da questo stato emotivo non è facile (soprattutto alle prime armi…); ma avviene quando la persona (“il fiore”) alza lo sguardo ed inizia a guardarsi attorno, per scoprire chi è veramente l’oggetto (la persona) della propria ricerca.

o Esercitare l’autocontrollo sui sentimenti: in particolare con la “politica dei passi paralleli”, ossia io non faccio un passo avanti, finché anche l’al-tro/a non è arrivato/a al mio livello di innamoramento. Occorre, al ri-guardo, imparare a distinguere quali sono gli amori/sentimenti che sono in gioco.

o Chiarirsi reciprocamente, periodicamente, il piano affettivo su cui si sta procedendo (amicizia o eros) ed il piano affettivo nel quale si intende vi-vere la relazione (o l’amicizia o l’eros). La regola è, insomma, quella di gio-care “al ribasso”, secondo la politica dei passi paralleli. Ciò come quando si va in montagna, per cui si avanza al ritmo di colui che cammina con il passo più lento! Ci vuole anche chiarezza, nella verità, impiegando ed attenendosi al linguaggio appropriato al piano affettivo su cui ci si è po-sti.

o Rendere il rapporto più “realistico”. Dopo un certo periodo di tempo, il rapporto deve perdere un po’ del suo entusiasmo iniziale, e divenire più realistico, ossia aperto al cammino progressivo e vicendevole, affrontan-do anche le difficoltà e le crisi. Ciò è dovuto al fatto che ci si scopre, poco a poco, come persone (uomo e donna) specularmente complementari. Al riguardo occorre:

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LA SPECIFICITÀ DELLA RELAZIONE UOMO–DONNA Ø La relazione uomo–donna, intesa precisamente nella prospettiva dell’eros,

ossia nella prospettiva del suo compimento nel matrimonio, pur facendo rife-rimento a ciò che abbiamo detto nella relazione precedente, presenta anche dei tratti caratteristici che vanno pure presi in considerazione.

Ø La storiella del prato: immaginate che vi sia un grande prato verde; in esso troviamo l’erba, i fiorellini (margheritine, violette…), i bei fiori (tulipani, ole-andri, rose…), “il” fiore (l’orchidea oppure il girasole). La nostra vita affettiva è come questo grande prato verde: l’erba sono tutte le persone che incontriamo per strada ogni giorno, e con la quale spesso nemmeno entriamo in relazione; i fiorellini sono le persone con le quali entriamo in relazione con i gesti di affet-to e di attenzione; i fiori sono le persone con le quali curiamo delle relazioni d’amicizia; “il” fiore è quello più delicato: è quello dell’innamoramento. La nostra persona, affettivamente (nel ricevere il centuplo), si nutre di tutte que-ste relazioni.

Ø La relazione uomo–donna è la più delicata, proprio perché la prospettiva che si inserisce, a partire dal momento in cui si decide di vivere questo tipo di e-sperienza affettiva, è precisamente quella del matrimonio indissolubile (e non l’amicizia, neppure l’amicizia “spe-ciale”, che non esiste!). Va dunque preparata bene, va vissuta bene, altrimenti produce più danni e do-lore che gioia!

Ø C’è chiaramente il momento “dell’illuminazio-ne”, cioè il mo-mento in cui si intuisce che “Quello lì… Quella lì…” potrebbe essere la persona della mia vita: ciò può av-venire subito all’inizio della relazio-ne, ma anche intervenire solo più tardi.

Ø “Il fiore” (innamoramento) si scatena alla conquista dell’oggetto della propria attenzione; anche se poi sor-gono i dubbi: “È questa la strada vocazionale giusta? È lei la persona

L’AVVICINAMENTO PROGRESSIVO (SCHEMA 15) Ø La prudenza Ø Esercitare l’autocontrollo

sui sentimenti Ø Chiarirsi reciprocamente Ø Rendere il rapporto più rea-

listico Ø Conoscere i punti forti e de-

boli, propri ed altrui Ø Approfondire le possibilità

di espressione di affetto, a-micizia ed eros

Ø Farsi guidare Ø Richiamare e richiamarsi

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LA STRUTTURA PSICOLOGICO–SPIRITUALE DELL’UOMO Un essere umano fatto “a sfere” Ø L’ottica in cui consideriamo la problematica non è solo “spirituale”, bensì

considera anche un approccio “psicologico” e “tecnico” all’essere umano, che, per l’uomo fatto di corpo (in gr. sòma), anima (in gr. psüchè) e spirito (in gr. pnèuma) è ineludibile. Ciò è dovuto al fatto che corpo, anima e spirito hanno cammini paralleli: la psiche e lo spirito, in particolare, sono talmen-te collegati, al punto tale che dove va la psiche va anche lo spirito, e vice-versa. Passerò dunque continuamente da un linguaggio corporeo, ad uno psicologico, ad uno spirituale, perché fra le diverse componenti della per-sona umana vi è una profonda unità.

Ø L’AFFETTIVITÀ UMANA, è il tema. Quando si pensa a ciò ci si ricollega quasi di riflesso alla complessa problematica del rapporto uomo–donna ed al modo in cui un uomo ed una donna pongono la propria relazione in vista della costruzione di una coppia e di una famiglia. Normalmente si pongo-no poi in legame con questa visione dell’affettività anche tutti i problemi di morale sessuale e famigliare. Questa è però una visione limitata dell’-affettività umana (e i consacrati? non hanno o non esercitano un’affettivi-tà?). Prima che un problema di relazione uomo–donna, l’affettività è una questione che riguarda ogni uomo e ogni donna: è una questione con la quale ognuno di noi deve, prima o poi, fare i conti, fosse anche che mi tro-vassi da solo in cima ad un monte. Essa è, prima di tutto, una parte della mia persona.

Ø Partiamo da un fatto: l’uomo è fatto di un corpo e di un’anima. Avevano questa consapevolezza già gli antichi greci (cfr. Platone, ed il suo trattato sull’Immortalità dell’anima nel dialogo del Fedone).

Ø Nella Scrittura troviamo ripresa questa concezione, anche se nel NT (in part. con S. Paolo; 1Ts 5,23)

si delinea l’idea che la struttura dell’uomo non è solo bipartita (in due parti: anima e corpo), bensì

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tripartita (in tre parti: spirito, anima e corpo). In effetti, la teologia riconosce che entrambe le visioni hanno la loro ragion d’essere. Infatti, è vero che c’è un corpo ed un’anima; quest’ultima può, a sua volta, essere considerata come suddivisibile in due parti: l’anima in senso stretto, appunto, e lo spirito.

Ø L’uomo è dunque fatto di… (cfr. Schema 1) o UN CORPO, che, da una parte, lo delimita nello spazio (“sono alto 1,76 m,

ho una circonferenza di 82 cm e peso 85 chili) e nel tempo (dice il Salmo: “settanta, ottant’anni per i più robusti) e che, dall’altra parte, gli apre l’o-rizzonte delle relazioni. È per mezzo del corpo (con i suoi cinque sensi: vi-sta, udito, tatto, gusto, odorato) che, primariamente, l’uomo entra in rela-zione con ciò che è altro da lui.

o UN’ANIMA, che è il complesso mondo dei sensi interni, nonché di tutto ciò che si muove dentro l’uomo.

o La parte più “elevata”, più “nobile” dell’uomo è LO SPIRITO, ossia quella parte dell’animo umano, così caratteristico dell’uomo, che è in grado di porsi in relazione con la Trascendenza, con Dio.

Ø Partendo dall’esperienza, costatiamo che l’uomo ha diverse “sfere”, mediante le quali egli può fare un approccio della realtà (cfr. Schema 2 e 3): o sfera della SENSIBILITÀ

(5 sensi esterni, per entrare in contatto con l’oggetto) à CORPO o sfera dei SENSI INTERNI

(memoria ed immaginazione dell’oggetto) à ANIMA

o sfera dell’INTELLETTO/RAGIONE (per valutare l’oggetto) à ANIMA

o sfera della VOLONTÀ (per muoversi a raggiungere l’oggetto) à ANIMA

o sfera dell’AFFETTIVITÀ (per desiderare l’oggetto) à ANIMA

o sfera dell’IO, il “CUORE” biblico (consapevolezza di sé e dimora dello Spirito Santo e di tutta la Trinità in noi) à SPIRITO

Ø Le diverse sfere hanno una certa autonomia, ma sono limitate nella loro azio-ne dall’unità della persona: in ogni caso la loro collaborazione e/o conver-genza dipende dall’oggetto di fronte al quale ci troviamo. Facciamo un esem-pio: Vuoi l’olio di ricino? La risposta è no: l’affettività non lo desidera; la ra-gione si oppone ai suoi effetti; la volontà conferma il suo “no”. Vuoi la medici-na? La risposta è già più combattuta: l’affettività può anche non desiderarla;

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Importante al riguardo la verità dell’atto, in quanto si tratta di un ge-sto che può essere santificante gli sposi (se compiuto nella verità), op-pure può essere un gesto micidiale (se compiuto nella menzogna), in quanto si tratta di un gesto (il più profondo possibile tra due esseri u-mani), che, al di là del piacere e dell’appagamento dei bisogni sessua-li, può creare unione (nella verità) oppure ferite e sconquassi psicolo-gico–spirituali (nella menzogna). Per una verità del gesto occorre – quale criterio – che ci sia l’unione a tutti i tre livelli della persona: a livello fisico (con apertura alla vita); a livello psicologico (nell’unione dei sentimenti e dell’amore); a livello spirituale (nell’unione consacrata dal sacramento del matrimonio).

§ CARITÀ: è Dio che la mette in gioco, quando noi esercitiamo bene gli affetti naturali. La sua caratteristica di amore divino è dunque quello della verità (dov’è menzogna non c’è carità), e quello dell’universalità (per cui è un amore che si apre al bene dell’altro, in modo gratuito, senza tornaconto, né interessi, né doppi fini). Mette in gioco gesti, paro-le ed atteggiamenti che vogliono solo il bene dell’altro (cfr. il Buon Samaritano in Lc 10,30–37; cfr. S. Francesco che abbraccia il lebbroso; cfr. Madre Teresa di Calcutta).

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§ AFFETTO: lo si esprime con i gesti e con le parole adeguate e proporzio-nate al tipo di rapporto con l’altro (p. es.: il regalo enorme all’amica; la pacca sulla spalla della persona che conosco a malapena…), sceglien-do modi e tempi giusti. Non bisogna inoltre dimenticare che si tratta di affetti che, in parole e gesti, sono limitati nel tempo.

§ AMICIZIA: è un sentimento duraturo, che cresce e si approfondisce nel tempo sempre di più (quasi in modo infinito; cfr. l’esperienza di grandi santi nella Chiesa; p. es.: Francesco e Chiara); che diviene sempre più aperto e coinvolgente verso altre persone (e quindi sempre meno “geloso”). Mano a mano che cresce tende ad esprimersi anche con gesti e parole che hanno una certa intimità e profondità, ma che rimangono ciò nonostante di carattere “pubblico”. L’amicizia si nutre moltissimo dei gesti di affetto.

§ EROS: è l’amore sponsale, che si fonda su un’amicizia profonda e che si esprime per mezzo di gesti di affetto, ma che mette in gioco il senti-mento dell’innamoramento/amore sponsale nonché tutti i gesti, paro-le, affetti e sentimenti tipici e propri dell’amore erotico. La gamma di gesti è vastissima (poche sono le coppie che scoprono ed esauriscono quest’ampiezza di linguaggio amoroso), anche se certamente l’atto coniugale ne è l’apice.

„IO“

SENSI ESTERNI

INTELLET-

VOLONTÀ

AFFETTIVITÀ

SENSI INTERNI

„IO“

SENSI ESTERNI

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VOLONTÀ

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SENSI ESTERNI

„CUORE“

SENSI INTERNI

„RAGIONE “

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„AFFETTIVITÀ “

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ENTRARE IN RELAZIONE Ø Entrare in relazione è uno dei bisogni fondamentali (è uno dei 21 bisogni psi-

cosociali, secondo la classificazione di H.A. Murray) dell’essere umano. Nes-sun uomo è un’isola (Th. Merton)! Infatti, nessuna creatura può definirsi “completa”, autosufficiente, autonoma: o dipendiamo da Dio, in quanto creatura, in tutto e per tutto (vita fisica,

psicologica, spirituale, eterna); o dipendiamo dagli altri; o dipendiamo da noi stessi; o dipendiamo dalle cose.

Ø Tutto ciò che noi “siamo” e “abbiamo” chiede di essere messo in gioco nella relazione: o condivisione sensoriale (a livello di sensi esterni); o condivisione della memoria e dell’immaginazione (ricordi, progetti); o condivisione intellettuale (idee, concetti, pensieri); o condivisone della volontà; o condivisione della sfera affettiva (con tutti i suoi contenuti).

Ø Perché la relazione sia feconda e sia portatrice di gioia per le due persone in relazione occorre che essa avvenga nella verità; e questo almeno a due livelli. o Livello della persona (e quindi di tutte le sfere della persona)

Occorre giocarsi, mettendosi in relazione, sempre sullo stesso piano al quale si sta ponendo l’altro (cfr. Schema 14). Se qualcuno mi fa un discorso intellettuale non posso rispondere affettivamente, o viceversa. Infatti, questa comunicazione su piani trasversali genera incomprensione, malin-tesi (p. es. “prendo in giro”), oppure sensi di colpa.

o Livello dell’affettività § Nel mio relazionarmi con l’altro, occorre che io metta in gioco il livello

affettivo (con uno dei “quattro amori) giusto! Se questo non avviene, ci sono “pasticci” e incomprensioni; vi è un prendersi un giro, delusioni nonché ferite affettive che lasciano sempre il loro segno. Nella mag-gior parte dei casi, ciò è dovuto al fatto che si sta giocando su piani diversi, per cui gesti, atteggiamenti, comportamenti e parole (ambivalenti) vengono interpretati in modo erroneo, oppure vengono messi in gioco in modo volutamente (maliziosamente) ambiguo.

§ Per i “quattro amori” è allora una questione di LINGUAGGIO (in gesti e in parole), che è diverso a seconda del tipo di amore che viene messo in gioco.

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In sintesi Ø Un’immagine che ci può aiutare a tenere insieme tutti questi tipi di “amore” è quella che rappresenta la vita affettiva come un grande giardino, ricco di vege-tazione e di fiori. In un giardino c’è l’erba ed i piccoli fiorellini di prato (gli “affetti” , quelli semplici ed i piccoli gesti di attenzione nei confronti degli altri e degli altri verso di noi); ci sono gli alberi (le amicizie del tutto particolari che sta-biliamo con i nostri parenti, in modo particolare con i genitori); ci sono i fiori di tante specie (le amicizie più o meno vicine ed importanti); vi è “il” Fiore, che dà bellezza a tutto il giardino (l’innamoramento ed in seguito l’amore sponsale). Il tutto si radica nel terreno dell’amore di Dio, ed è illuminato dal sole che sorge dall’alto, ossia Gesù Cristo, morto e risorto per noi.

Il „giardino“: con erba, al-beri, fiori e „Fiore“

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la ragione può trovare ragionevole prendere la medicina per guarire; la vo-lontà può decidere di “sì”. Vuoi la pizza? Tutte le sfere possono dire di “sì” (soprattutto per i golosi, come me!).

Ø Compito della persona, nella sua crescita fisiologica, psicologica (umana) e spirituale, è quello di armonizzare ed integrare le diverse sfere tra di loro: questo è un compito permanente per ciascuno di noi.

L’affettività umana

Ø L’affettività umana è, dunque, una realtà estremamente complessa, forse la più complessa dell’uomo. Ma, ciò che conta, è che essa è dentro l’uomo, e di-venta un’opportunità oppure un condizionamento per il suo porsi in relazione con ciò che è altro da sé e per il suo agire. Nell’affettività troviamo un com-plesso articolato, un vero e proprio “mare magnum” di: o bisogni psico–sociali, sono i bisogni egocentrici che sono rivolti verso la

propria persona; o valori, sono le cose importanti “di per sé”, senza un riferimento alla mia

persona;

o desideri, sono le risonanze affettive suscitate in noi dalle cose che ci at-traggono;

o emozioni, sono i movimenti interiori nella sfera affettiva, di tipo piuttosto superficiale;

o sentimenti, sono i movimenti interiori nella sfera affettiva, più profondi rispetto alle emozioni

o motivazioni, sono i sentimenti profondi che ci spingono ad agire; o atteggiamenti, sono le disposizioni in profondità dovute all’incontro tra i

bisogni ed i valori; o …

Ø Porre “ordine” in questo mare magnum è un compito immenso: occorre lasciar cadere qualsiasi illusione al riguardo. Ciò ci è possibile solo con l’aiuto divino della grazia, che Cristo ci ha conquistato nel suo sacrificio sulla Croce e nella sua Risurrezione.

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Le differenze tra uomo e donna

Ø Se la struttura fisiologica, psicologica e spirituale dell’uomo e della donna è “simile”, in quanto entrambe le “forme” sono desunte dalla stessa “immagine” (quella di Cristo), è anche vero che tra l’uno e l’altra ci sono delle differenze evidenti.

Ø A livello fisiologico, oltre alle differenze evidenti, occorre non dimenticare che ogni cellula ha contenuto in sé – e grida – il messaggio “io sono uomo” oppure “io sono donna”.

Ø A livello psicologico, pur avendo entrambi la stessa struttura psicologica, l’uomo sembra essere piuttosto portato verso le sfere più esterne, la donna verso quelle più interne. L’uomo come primo approccio alla realtà “pensa/ragiona”, la donna, invece, “sente” (cfr. Schema 4). õ L’uomo è buttato dentro l’azione concreta e trasformante della realtà;

egli “sente” nella misura in cui il confronto con la realtà lo spinge a proiettarsi dentro di sé, per quindi nuovamente gettarsi fuori (paternità).

õ La donna è piuttosto portata al “sentire”, “meditare” sulla realtà che toc-ca; essa si proietta all’esterno nella misura in cui si sente spinta dal suo sentire interiore (maternità).

Ø A livello spirituale si riflette, riguardo ai valori spirituali, lo stesso schema psicologico.

Ø Nessuno dei due “modelli” psicologico–spirituali ha un valore prioritario: è stata la cultura che ha normalmente privilegiato la forza, il potere, la ragione ed ha quindi privilegiato il modo di essere “maschile”. La Scrittura, per quan-to influenzata dalla cultura ebraica e greca (fortemente maschiliste), ha sa-puto conservare precisamente la specificità dei due sessi nella complementa-rietà (cfr. Gen 2: la donna è il “vis à vis” dell’uomo; in ebr. i termini per uomo e donna sono “ish” e “ishshah”; come dire “l’uomo” e la sua “uoma”). Esattamen-te come le nostre mani, che sono uguali ma speculari!

Ø Il confronto uomo–donna è sempre per la complementarietà: la persona com-pleta è quella che sviluppa dentro la propria personalità sia gli aspetti del “pensare”, sia gli aspetti del “sentire” (intelligenza emotiva). Da questo punto di vista la complementarietà, oltre ad essere efficace in sé, tende a risvegliare, nel confronto con l’altro sesso, l’aspetto complementare. Il mio confrontarmi, come uomo, con una donna, risveglierà dentro di me il mio “essere femminile”, e viceversa (cfr. Schema 5).

Ø In questo confronto il maschio è sfavorito, in quanto non è possibile in questo mondo fare a meno dell’aspetto razionale: il pensiero ed il ragionamento sono

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un amore che ci precede, che ci viene dato in dono, che non ci appartiene, se non in quanto donatoci da Dio (in part. nei sacramenti).

o Compito dell’uomo e della donna è divenire sempre più trasparenti a questo Amore di Dio. Come? “Semplicemente” imparando a mettere in gioco nel migliore dei modi i propri affetti “naturali”. In tal modo la per-sona diviene trasparente, ossia non pone più ostacoli e difficoltà all’Amo-re di Dio, che dal nostro cuore (per opera dello Spirito Santo che vi abita) può irradiarsi su tutti coloro che divengono “oggetto” delle nostre atten-zioni (cioè affetto, amicizia, eros). A questo punto (ed è l’apice della spiri-tualità cristiana) possiamo con S. Paolo dire: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal 2,20), ossia è Dio stesso in me che ama con il suo Amore ogni persona che diviene oggetto dei miei affetti, delle mie amicizie, del mio amore sponsale.

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due isole che cercano di vivere assieme: quando, per motivi diversi, cessa il sentimento, ci si scopre per ciò che si è, ossia due isole!

o L’eros corre sempre questo pericolo di chiudersi su se stesso (e di divenire “venere”), soprattutto nei momenti dei primi innamoramenti, o più tardi quando tutto entra nella routine della vita coniugale. Se vuole mante-nersi vivo, l’eros non può che rimanere dentro la prospettiva del “valore”. Venere vuole l’appagamento sessuale, l’eros vuole l’amata!

o È nella prospettiva “dell’eros” che si salva “venere”, in quanto l’eros agi-sce sulla sessualità della persona, ridimensiona lo stimolo e la dipendenza dal puro appetito fisico: l’eros, senza rimuovere il desiderio sessuale, lo appaga e lo “salva”. Così facendo, la persona entra decisamente nella prospettiva del valore e del dono di sé all’altro/a. Mancando questo, il sentimento, un momento o l’altro, tende ad affievolirsi.

o Solo Gesù Cristo può essere la garanzia che questo legame, il più profon-do che possa essere vissuto fra due persone in questo mondo, possa sussi-stere nel tempo (2/3 dei matrimoni cristiani falliscono!). È proprio per questa difficoltà nel vivere l’amore sponsale che, nel matrimonio inteso come sacramento istituito da Gesù Cristo, vi è per gli sposi una grazia specifica, data per vivere il dono di sé all’altro/a per sempre, “finché morte non li separi”.

Ø CARITÀ. Gli affetti naturali (cioè affetto, amicizia, eros, che sono propri della

natura umana) non sono abbastanza per la felicità dell’uomo e della donna e non sono nemmeno autosufficienti. Dio li ha creati nell’uomo e nella donna e li ha affi-dati alle loro cure. Le persone sono respon-sabili del loro modo di mettere in gioco gli affetti e del modo in cui crescono, in qualità di persone, nella capacità di mettere in gio-co questi affetti. L’unica garanzia per una trasparenza degli affetti naturali e per un equilibrio interiore della persona è propria-mente la carità, che diventa l’origine, il fine e l’ancora di salvezza di ogni affetto umano. o La carità è precisamente l’Amore di Dio

(cioè Dio stesso, in quanto l’Amore di Dio è la vita increata di Dio!) che viene riversato nei nostri cuori (cfr. Rm 5,5): è

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SCHEMA 4

SENSI ESTERNI

„CUORE“

SENSI INTERNI

„RAGIONE “

„VO

LO

NT

À“

„AFFETTIVITÀ “

MASCHIO

FEMMINA

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SENSI ESTERNI

„CUORE“

SENSI INTERNI

„RAGIONE “

„VO

LO

NT

À“

„AFFETTIVITÀ “

MASCHIO

FEMMINA

SCHEMA 5

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essere fatto e che è, in ogni caso, un obiettivo condiviso. Da questo ci si apre ad un tipo di legame più profondo di sentimenti, di affetti, di idee, di vita condivisa: è scoccata la scintilla dell’amicizia, che è chiamata ad ap-profondirsi sempre di più.

o L’amicizia può nascere anche tra persone di sesso opposto, senza che ne-cessariamente i due si aprano ad un rapporto più profondo (innamoramento ed eros). Questo è tutt’altro che scontato ma è veramen-te possibile; può avvenire, in particolare, tra persone che in qualche modo sono già “legate” (consacrati oppure sposati). Il rischio di quest’amicizia tra un uomo ed una donna è che si confronta continuamente con la possi-bilità che un momento o l’altro ci si apra all’innamoramento (Lewis, esa-gerando un poco, dice che normalmente due amici – uomo e donna – ri-mangono tali solo per mezz’ora e poi si innamorano!). Ci vuole, in ogni ca-so, una forte dose di autocontrollo su se stessi e sui propri sentimenti. È però una delle esperienze più forti e più gratificanti che Gesù ci permette di fare!

o È un amore facilmente “insidiato”: da questo punto di vista solo Gesù Cri-sto, con il suo esempio e la sua grazia, può davvero permettere a due o più persone di vivere l’amicizia in modo “cristallino” e trasparente (cioè senza malintesi), mantenendo in modo forte il legame; più forte sarà il valore e la gratuità e meno forte sarà il bisogno, tanto più il legame potrà sussiste-re. Solo in Gesù Cristo, che ci ha resi amici di Dio e amici tra di noi, è pos-sibile sperimentare fino in fondo il legame profondissimo dell’amicizia, una profondità di relazione tra le persone, superata – in intensità – solo dal rapporto coniugale.

Ø “EROS”. È l’amore degli innamorati e degli

sposi, che mettono in gioco il sentimento dell’innamoramento (fidanzati) e dell’amo-re sponsale (sposi). Può facilmente essere confuso con “Venere” (Lewis), ossia con il bisogno di appagamento sessuale, che cer-tamente è iscritto in modo molto forte nella natura umana (e quindi è ineludibile!), ma se la persona si esprime in modo esclusiva-mente egocentrico (“venere”), allora essa è chiusa sul “per me”! Fidanzati o sposi che vivono solo questa prospettiva sono come

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o Si rivolge a ciò che gli è famigliare (anche alle cose, non solo alle persone!); è “l’amore” più umile e modesto; può esse-re autonomo, oppure infiltrarsi anche in altri tipi di amore (amicizia, eros) ed es-sere anzi un modo estremamente visibile, importante ed efficace per tener viva l’amicizia o l’eros.

o È in grado, se messo in gioco bene, di sce-gliere i tempi ed i modi giusti di espri-mersi, senza limiti nella fantasia. Se non sono scelti i tempi e modi giusti, si rischia l’equivoco nel messaggio tra-smesso.

o Tende ad aprirsi verso tipi di amore più elevati: soprattutto amicizia e eros.

Ø AMICIZIA. È oggi un “amore” poco considerato, nel suo vero senso, mentre per

gli antichi era il più felice ed il più completo degli affetti umani, coronamen-to della vita e scuola di virtù. o La svalutazione è dovuta al fatto che pochi ne fanno un’esperienza auten-

tica e profonda (spesso si chiama amicizia ciò che non lo è oppure rimane a livello molto superficiale, del tipo “soci dala bira”).

o La svalutazione è dovuta anche al fatto che si insinua – in osservatori e-sterni – il dubbio che vi sia nell’amicizia uno sfondo di omosessualità: del-le deviazioni sono possibili, ma che ogni amicizia abbia sempre uno sfon-do omosessuale è falso. Tra persone di sesso diverso gli osservatori esterni considerano l’amicizia come l’anticamera dell’innamoramento: ciò anche a livello terminologico, per cui si chiama l’innamoramento come

“un’amicizia speciale”. Di fatto “l’amicizia specia-le” non esiste: o si è amici oppure si è innamorati! I sentimenti messi in gioco sono del tutto diversi. o È un affetto poco “geloso”, anzi è aperto all’inserimento di una terza persona in questo tipo di rapporto. L’amicizia tende volentieri ad aprirsi al gruppo. o La “matrice” dell’amicizia è la cooperazio-ne, il cameratismo, la socievolezza, ossia il dover compiere qualcosa insieme che comunque deve

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imprescindibili. È invece possibilissimo vivere senza “sentire” ciò che si muove dentro di noi, al punto tale che il maschio,

spesso e volentieri, riesce a non prendere coscienza dei sentimenti e delle e-mozioni (p. es. la rabbia, la gioia, la commozione…) che sono nel suo cuore e che lo spingono – magari inconsciamente – ad agire in determinati modi.

La dialettica “per sé/per l’altro” – “per me”

Ø Il nostro relazionarsi con l’esterno è continuamente confrontato con una du-plice possibilità: è come trovarsi in cima ad una collina (i limiti del nostro cor-po) nella perenne condizione di decidere “vado avanti” e scendo dall’altra parte, oppure “torno indietro”: il corpo ci pone proprio in questa condizione di aprirci oltre il limite (opportunità) oppure di chiuderci entro il limite (tentazione).

Ø Il cuore umano è perennemente diviso tra questa dialettica per cui può pun-tare su ciò che è un valore “IN SÉ” in quanto “ALTRO DA ME”, oppure può pun-tare su ciò che è importante “PER ME”.

Ø Da questa scelta di fondo derivano due modi diversi di impostare la vita: una vita vissuta per gli altri/per l’Altro (cfr. Gesù Cristo, modello di questo modo di essere), oppure una vita vissuta egocentricamente ed egoisticamente (cfr. Satana, che si ribella al piano di Dio, che ha l’uomo – e non l’angelo – al cen-tro).

Ø È però vero che la creatura (in quanto dipendente da Colui che l’ha creata), non potrà mai fare a meno di “fare i conti con se stessa”: non è possibile per una creatura sempre e solo fare dono di sé; essa deve anche prevedere che il suo stato di creatura (insufficiente a se stessa, debole e fragile) lo porrà nella condizione di dover trovare riposo fisico, psicologico, spirituale. Il problema è: “come” gestire questa dialettica? “come” risolvere questo conflitto? La rispo-sta sarà data alla 3ª lezione.

Il peccato originale (PO)

Ø L’uomo così delineato, in una situazione di equilibrio e di pace, di fatto non esiste. È esistito prima del PO, quando viveva in uno stato di comunione, d’a-micizia e di pace con Dio. Esiste, di fatto, l’uomo e la donna segnati dal PO!

Ø Il PO è stata la più grande catastrofe della storia, è un “disastro cosmico”: il PO deteriora il disegno pensato, voluto e amato da Dio, per mezzo di un gesto di superbia da parte dell’uomo e della donna. Esso interviene con una frattu-ra radicale all’interno dell’Io, per cui questo “Io” si separa radicalmente dalla

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presenza divina nella persona. Di conseguenza si produce così una separazio-ne dell’uomo da Dio ed un deturpamento dell’armonia originale: a partire dalla lontananza da Dio (peccato originale), vi è innanzitutto una disarmonia interiore (la psiche si ritrova “separata” dallo spirito), una disarmonia che si diffonde poi all’interno dei rapporti con i propri simili e con le cose.

Ø Come conseguenza del PO, abbiamo una distorsione del rapporto con Dio. Questo produce una distorsione in tutte le altre relazioni: con se stessi, con l’altro (rapporto d’amore uomo–donna: Adamo ed Eva; rapporto d’amicizia con il fratello: Caino ed Abele; rapporto sociale: Babele), con il cosmo (diluvio). La conseguenza è un caos cosmico, che dilaga a macchia d’olio.

Ø I sensi esterni sono obnubilati; i sensi interni sono disorientati; l’intelletto per-de il riferimento alla Verità; la volontà non sempre segue la Via che porta alla felicità; l’affettività, la nostra sfera più complessa, diviene una grande confusione, e non sempre si orienta a ciò che è il Bene.

Ø A causa del PO, la dialettica delineata sopra (altruismo – egocentrismo) si accentua ancora di più, si radicalizza: l’uomo concepisce un disegno nel quale è egli stesso che decide ciò che è buono “per lui”, indipendentemente da ciò che è buono “in sé”.

Ø A partire da questo momento, senza la redenzione operata da Cristo, per l’uo-mo e per la donna non vi è più alcuna possibilità di salvezza: è Lui, infatti, la Via, la Verità, la Vita (cfr. Gv 14,6). Salvezza, in questo senso, significa ricon-quistare, per mezzo della grazia, delle relazioni equilibrate con le cose, con gli altri, con noi stessi e con Dio.

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SCHEMA 13 23

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“I QUATTRO AMORI” (C.S. LEWIS) “Che i nostri affetti non uccidano noi, né muoiano essi” Ø Se è vero che ci possiamo porre in una duplice prospettiva, “per sé” oppure

“per me”, quando però la persona decide di aprirsi all’(A)altro, ecco che entra nella prospettiva dell’amore. Un “amore” che può indirizzarsi verso le cose, verso se stessi, verso gli altri, verso Dio. Ogni volta sono in gioco degli “amori” (e quindi dei sentimenti) diversi, ed è fondamentale distinguerli esat-tamente ed in modo preciso. Ad ogni “amore/sentimento” corrisponde un certo linguaggio, che deve essere appropriato all’amore che esprime, altri-menti è aperta la strada al fraintendimento ed al malinteso (ossia sofferenza, dolore e delusione).

Ø Sinteticamente possiamo usare questo detto di J. Donne: “CHE I NOSTRI AFFET-TI NON UCCIDANO NOI, NÉ MUOIANO ESSI”! I nostri amori/affetti vanno dun-que salvati e curati senza ucciderli. Se non ci prendiamo cura di loro, essi ten-deranno ad uccidere noi. Il principio cattolico della distinzione nell’unità (distinguere, ma non separare!) ci aiuta a tenere insieme tutti gli affetti/amori che sono nel nostro cuore, ma, d’altra parte, non facciamo di tutta l’erba un fascio, distinguendo, invece, i diversi tipi di amore, comprendendone le esigenze, i pregi, i limiti. Distingueremo, con C.S. Lewis, “quattro amori”: affet-to, amicizia, eros, carità (cfr. Schema 15). I primi tre sono amori di origine uma-na; il quarto Amore è di origine divina.

Ø AFFETTO. Va inteso qui in senso stretto: sono piccoli gesti di attenzione, di sti-

ma, di generosità che possono però produrre nell’altro molto piacere. Essi pos-sono rivestirsi delle caratteristiche del bisogno (“per me”) oppure del valore (“per sé”): p. es. un bambino vivrà molto nella prospettiva del bisogno; una madre, verso il suo bambino, vivrà di entrambi (bisogno e valore). o Si tratta di un “amore” poco discriminante, in quanto non si ferma di fron-

te alle barriere di età, sesso, classe sociale, educazione (può davvero lega-re persone molto diverse). Agli “affetti” siamo debitori, secondo Lewis, dei 9/10 (sic!) della felicità salda e duratura di cui ci è dato di godere nella nostra esistenza terrena. Quindi, se volete essere felici in questo mondo, moltiplicate i gesti di affetto verso gli altri, perché vi verrà ridato cento volte tanto!

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IL “CIRCOLO DELL’AMORE”

Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano

senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare,

perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare,

così sarà della parola uscita dalla mia bocca:

non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero

e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata. [Is 55,10–11]

Il circolo dell’amore

Ø Si dice negli Atti degli apostoli, che Gesù abbia detto, in una certa occasione, che “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (cfr. At 20,35). L’originale greco dice, invece, che “Vi è più gioia nel dare che nel prendere”. Gesù stesso, nel Vangelo, afferma “Date, e vi sarà dato” (Lc 6,38). E ancora: “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o madre, o figli, o campi per il mio nome, rice-verà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt 19,29).

Le cose Me stesso Altri Dio

IO

TU

SCHEMA 6

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Ø Se l’uomo, per natura ed ancora di più in quanto ferito dal PO, ha sempre la tendenza a chiudersi su ciò che è importante “per lui” (bisogni) anziché aprirsi su ciò che è importante “per sé” (valori), Gesù sembra porsi in una prospettiva diversa. Gesù dice: tu pensa a “dare”; dall’altro “riceverai” cento volte tanto. Ogni volta, dunque, che una persona lascia perdere ciò che è importante per lei (affetti, beni materiali, egocentri-smi) a favore della persona di Gesù e del fratello, le viene promesso cento volte tanto e in eredità la vita eterna. Ma il centuplo è promesso per questa vita: pa-rola del Signore! Un investimento favoloso: dai x e ricevi 100x; quale banca, in questo mondo, può per-mettersi di dare un interesse di questo tipo?

Ø Nel nostro porci in relazione con ciò che è “altro” da noi (Schema 8), entriamo in un circolo di relazioni re-ciproche: questo è il circolo dell’amore, che è segnato da due parole, dare e ricevere (cfr. Schemi 9, 10). No-stra preoccupazione è quella di “dare” qualcosa di noi stessi, e, con il centuplo che “da qualche parte” ne de-riva, tutti i nostri bisogni saranno ampiamente ricom-pensati e soddisfatti. Siamo chiamati ad entrare nella logica del dono (Schema 11).

Ø Se in qualche modo sembra che “i conti non tornino”, ciò è dovuto principalmente a due motivi: o non sappiamo “dare” in modo adeguato: vale a

dire, che la misura del nostro dare è troppo scarsa oppure troppo elevata. Diamo, insomma, o troppo o troppo poco: in entrambi i casi siamo “in deficit”, in quanto stiamo facendo dono di noi stessi oltre le nostre capacità; oppure la nostra capacità di autodonarci non ci porta un centuplo sufficiente a ricoprire e soddisfare tutti i nostri bisogni.

o non sappiamo “ricevere” in modo adeguato: in quanto vogliamo “ricevere” indietro il centuplo esattamente secondo le nostre aspettative (sia a livello quantitativo, sia a livello qualitativo). Ciò che non corrisponde alle nostre aspettative non lo

“Vi è più gioia nel dare che nel prende-re” [At 20,35].

“Date, e vi sarà da-to” [Lc 6,38].

“Chiunque avrà la-sciato case, o fratel-li, o sorelle, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” [Mt 19,29].

“In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vange-lo, [30]che non rice-va gia al presente cento volte tanto in case e fratelli e so-relle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eter-na” [Mc 10,29-30].

“In verità vi dico, non c'è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, [30]che non riceva molto di più nel tempo pre-sente e la vita eterna nel tempo che ver-rà” [Lc 18,29-30].

“Tutto quanto volete che gli uomini fac-ciano a voi, anche voi fatelo a lo-ro” [Mt 7,12].

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è spogliato del tutto di se stesso, facendo pienamente dono di sé al Padre e ai fratelli. Il “centuplo” che lui ha ricevuto dal Padre è la Risurrezione, l’Ascen-sione, il posto alla destra del Padre nella sua gloria, l’essere reso il “ricapitolatore di tutte le cose”.

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sera, che sono normalmente un prendere tutto ciò di cui si ha bisogno. Se non riesco a “dare”, né a “ricevere” e nemmeno a “prendere”, allora rischio di “pretendere” (cfr. Schema 11): se cioè non riesco da me stesso a prendere ciò che mi serve, tenderò a pretendere dall’altro che egli faccia ciò che io voglio, o che mi dia ciò di cui ho bisogno. Il controcircolo dell’amore fa girare tutto all’incontrario (Schema 12).

Ø Come persone siamo continuamente sbilanciati fra queste due tendenze: quando siamo in pace con noi stessi, con gli altri, con Dio, siamo dentro la lo-gica del dono; quando siamo stanchi, quando ci chiudiamo su noi stessi, en-triamo nella logica contraria. Nessuno è esente da questo tipo di meccanismo: è intrinsecamente iscritto nella nostra natura, in quanto nessuno di noi riesce a vivere la logica del dono in modo pieno; in un momento o l’altro tutti noi chiudiamo in deficit. Solo per grazia è possibile tendere ad una conversione continua verso questo ideale molto alto che Gesù ci prospetta.

Ø Ancora una volta è Gesù che ci insegna questo criterio: si tratta della regola d’oro. “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Mt 7,12). In questo Gesù è stato esemplare: nella sua Passione e Morte si

SCHEMA 12

IO

TU

“Ricevere” “cento volte tanto”

“Dare”

“Prendere”

“Pretendere”

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SCHEMA 8

SCHEMA 7

IO

TU

“Dare”

IO

TU

“Ricevere” “cento volte tanto”

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accettiamo, e magari nemmeno lo riconosciamo (del “centuplo” accetto il 3%; mentre butto via il 97%). Tanti piccoli gesti di affetto, di stima, di attenzione, possono essere per noi sgradevoli, imbarazzanti, e come tali non vengono accettati. Tanti piccoli gesti, di affetto, di stima, di attenzio-ne, possono anche non essere riconosciuti come tali! Eppure si tratta del centuplo che ci ritorna, ma noi o lo respingiamo o non lo riconosciamo. E, magari, abbiamo anche la “faccia tosta” di dire che nessuno ci vuole bene!

Il controcircolo dell’amore

Ø I problemi iniziano quando mi trovo nella situazione di scompenso affettivo, dovuto alla mia incapacità di “dare” o di “ricevere” in modo adeguato. In questa situazione, la persona diviene alquanto problematica, e tende ad usci-re dalla logica del dono, e ad entrare nel “controcircolo dell’amore”: il circolo dell’amore gira al contrario.

Ø Se non sono capace di dare, quando scatta la divisione del cuore ed entro nel “controcircolo”, invece di “dare”, rischio di “prendere” (cfr. Schema 12; cfr. an-che la citazione in gr. di At 20,35): p. es. i divertimenti micidiali del sabato

SCHEMA 9

IO

TU

“Ricevere” “cento volte tanto”

“Dare”

Se non entro nella

“Logica del dono”

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IO

TU

“Prendere”

SCHEMA 11

SCHEMA 10

IO

TU

“Pretendere”