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Traduzioni intersemiotiche e riscritture poetiche

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Traduzioni intersemiotiche e riscritture poetiche

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Traduzione interlinguistica:• Greco – latino – lingue volgari

Traduzione intersemiotica: Da un codice a un altro: Dal testo all’immagine Dal testo alla musica

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Aby Warburg, Mnemosyne. Iconologia

- sopravvivenze-

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Aby Moritz Warburg (Amburgo, 13 giugno 1866 – Amburgo, 26 ottobre 1929) è stato uno storico dell'arte tedesco.

Si definì «Ebreo di sangue, Amburghese di cuore, Fiorentino di anima» Nato da una facoltosa famiglia di banchieri, la sua formazione avvenne prima a Bonn con

Karl Lamprecht e Carl Justi, poi a Monaco e Strasburgo con Hubert Janitschek, dove conseguí il dottorato nel 1893 con una dissertazione sulla rappresentazione di soggetti mitologici antichi nei dipinti di Sandro Botticelli.

Dal 1889 soggiornò a più riprese a Firenze. Dopo il dottorato, che conseguì discutendo nel 1893 una tesi dal titolo Sandro Botticellis 'Geburt der Venus' und 'Früling'. Eine Untersuchung über die Vorstellungen von der Antike in der Italienische Frührenaissance, frequentò per due semestri lezioni di psicologia presso la facoltà di medicina dell'Università di Berlino, nell'inverno 1895-96 compí un viaggio in America dove visitò la Smithsonian Institution, entrando in contatto con studiosi delle culture primitive; poté così soggiornare presso gli indiani Pueblo nel Nuovo Messico e Arizona. Nel 1897 sposò l'artista Mary Hertz e si stabilí a Firenze.

Tornato definitivamente ad Amburgo nel 1902, pubblicò Bildniskunst und Florentinische Bürgertum, tradotto in italiano col titolo Arte del ritratto e borghesia fiorentina, in La rinascita del paganesimo antico, Firenze 1966; in cui parla della ritrattistica medicea nell'affresco di Domenico Ghirlandaio della cappella Sassetti nella chiesa di Santa Trinita a Firenze.

Nella conferenza del 1905, Dürer und die italienische Antike Leipzig 1906, espone il paradigma delle Pathosformel, il principio della presenza nell'arte europea del gesto espressivo tratto dall'antichità pagana e quello di inversione: il gesto troppo espressivo non può ricomparire che tramutato nel proprio opposto.

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Del 1907 è Francesco Sassetti letzwillige Verfügung, Leipzig, un'analisi delle formule antichizzanti presenti nel testamento di Francesco Sassetti. Per il X° Congresso Internazionale di Storia dell'Arte del 1912 a Roma, presentò Italienische Kunst und internationale Astrologie im Palazzo Schifanoja zu Ferrara, Roma 1922; inaugurando la moderna iconologia.

Dal 1918 al 1924 soggiornò ripetutamente nel sanatorio di Kreuzlingen a causa di una grave malattia mentale. Nel 1923, al termine di uno di questi soggiorni, per dimostrare la propria guarigione, tenne, all'interno del sanatorio, a pazienti e medici un «discorso d'addio»: la conferenza su il rituale del serpente, partendo dalla sua esperienza presso gli indiani Pueblo del Nuovo Messico; pubblicata per la prima volta nell'articolo A Lecture on Serpent-Ritual in «Journal of Warburg Institute», II, 1939. Al suo ritorno ad Amburgo tenne una serie di conferenze sulla rilevanza dell'antichità per il primo rinascimento italiano, sulle feste medicee, sullo storico Jacob Burckhardt e problemi metodologici della storia.

Nel 1929 tenne alla Biblioteca Hertziana di Roma la conferenza su Mnemosyne (Bilderatlas Mnemosyne), progetto di un atlante illustrato dedicato alle emigrazioni e sopravvivenze delle antiche immagini di divinità nella cultura europea moderna.

In questi anni Warburg raccolse, grazie a un accordo col fratello minore cui lasciò il diritto di primogenitura sulla gestione della banca di famiglia, una biblioteca che contava alla sua morte 65.000 volumi e 80.000 fotografie. La notte del 31 dicembre 1933 l'allievo Fritz Saxl, ritenendo che con l'ascesa del nazismo la biblioteca sarebbe andata perduta, la trasportò via nave a Londra, dove divenne il primo nucleo bibliotecario del Warburg Institute.

Gli scritti di Warburg sono stati raccolti nei due volumi Gesammelte Schriften, Leipzig-Berlino 1932, e parzialmente tradotti in italiano nella raccolta La rinascita del paganesimo antico (recentemente riediti in ISBN 8884191580)

 

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Il saluto La parola/il pneuma che feconda (Ave Maria) La risposta L’accoglienza: dire sì è la Grazia (Magnificat)

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Μεγαλύνει ἡ ψυχή μου τὸν Κύριον καὶ ἠγαλλίασεν τὸ πνεῦμά μου ἐπὶ τῷ Θεῷ τῷ σωτῆρί μου, ὅτι ἐπέβλεψεν ἐπὶ τὴν ταπείνωσιν της δούλης αυτοῦ. ἰδού γὰρ ἀπὸ τοῦ νῦν μακαριοῦσίν με πᾶσαι αἱ γενεαί, ὅτι ἐποίησέν μοι μεγάλα ὁ δυνατός, καὶ ἅγιον τὸ ὄνομα αὐτοῦ, καὶ τὸ ἔλεος αὐτοῦ εἰς γενεὰς καὶ γενεὰς τοῖς φοβουμένοῖς αυτόν. Ἐποίησεν κράτος ἐν βραχίονι αὐτοῦ, διεσκόρπισεν ὑπερηφάνους διανοίᾳ καρδίας αὐτῶν· καθεῖλεν δυνάστας ἀπὸ θρόνων καὶ ὕψωσεν ταπεινούς, πεινῶντας ἐνέπλησεν ἀγαθῶν καὶ πλουτοῦντας ἐξαπέστειλεν κενούς. ἀντελάβετο Ἰσραὴλ παιδὸς αὐτοῦ, μνησθῆναι ἐλέους, καθὼς ἐλάλησεν πρὸς τοὺς πατέρας ἡμῶν τῷ Αβραὰμ καὶ τῷ σπέρματι αὐτοῦ εἰς τὸν αἰῶνα.

Magnificat *[5]

anima mea Dominum,et exultavit spiritus meus *in Deo salutari meoquia respexit humilitatem ancillae suae, *ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationesquia fecit mihi magna, qui potens est: *et Sanctus nomen eiuset misericordia eius a progenie in progenies *timentibus eum.Fecit potentiam in brachio suo, *dispersit superbos mente cordis sui,deposuit potentes de sede, *et exaltavit humiles;esurientes implevit bonis, *et divites dimisit inanes.Suscepit Israel, puerum suum, *recordatus misericordiae suae,

sicut locutus est ad patres nostros, *Abraham et semini eius in saecula.

Gloria Patri et Filio *et Spiritui Sancto

sicut erat in principio et nunc et semper *et in secula seculorum. Amen.

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L'anima mia magnifica il Signore * [6]

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l'umiltà della sua serva. *D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente *e Santo è il suo nome:

di generazione in generazione la sua misericordia *si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio, *ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni, *ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati, *ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo, *ricordandosi della sua misericordia,

come aveva promesso ai nostri padri, *ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.

Gloria al Padre e al Figlio *e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, e ora e semprenei secoli dei secoli. Amen. [7]

L'anima mia magnifica il Signoreil mio spirito esulta in Dio mio salvatore.

Poiché ha guardato l'umiltà della sua servatutte le generazioni ormai mi chiameranno «Beata».

Il Potente ha fatto in me cose grandisì, il suo nome è santo.

Il suo amore di generazione in generazionericopre coloro che lo temono.

Interviene con la forza del suo bracciodisperde i superbi nei pensieri del loro cuore.

Abbatte i potenti dai troniinnalza gli umili.

Ricolma di beni gli affamatirimanda i ricchi a mani vuote.

Sostiene Israele suo servoricordandosi del suo amore.

Come aveva promesso ai nostri padriad Abramo e alla sua discendenza per sempre

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Accogliere, accettare, dire di sì

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...the sun shines for you he said the day we were lying among the rhododendrons on Howth head in the grey tweed suit and his straw hat the day I got him to propose to me yes like now yes 16 years ago my God after that long kiss I near lost my breath yes he said I was a flower of the mountains yes so we are flowers all a womans body yes that was one true thing he said in his life and the sun shines for you today yes...

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...I was a Flower of the mountains yes when I put the rose in my hair like the Andalusian girls used or shall I wear a red yes and how he kissed me under the Moorish wall and I thought well as well him as another and then I asked him with my eyes to ask again yes and then he asked me would I yes to say yes my mountain flower and first I put my arms around him and yes and drew him down to me so he could feel my breasts all perfume yes and his heart was going like mad and yes I said yes I will yes.

 

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Madre-madonna : la ragazza semplice che accetta e dispensa la Grazia

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Pur sopravvivendo, in una lunga appendiceDi inesausta, inesauribile passione— che quasi in un altro tempo ha la radice —

so che una luce, nel caos, di religione,una luce di bene, mi redimeil troppo amore nella disperazione…

È una povera donna, mite, fineChe non ha quasi coraggio di essereE se ne sta nell’ombra, come una bambina,

Coi suoi radi capelli, le sue vesti dimesse,Ormai, e quasi povere, su quei sopravvissutiSegreti che sanno, ancora, di violette;

Con la sua forza, adoperate nei mutiAffanni di chi teme di non essere pariAl dovere, e non si lamenta dei mai avuti

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Compensi : una povera donna che sa amareSolanto, eroicamente, ed essere madreÈ stato per lei tutto ciò che si può dare.La casa è piena delle sue magreMembra di bambina, della sua fatica:Anche a notte, nel sonno, asciutte lacrimeCoprono ogni cosa : e una pietà così antica,Così tremenda mi stringe il cuore,Rincasando, che urlerei, mi toglierei la vita.

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Tutto intorno ferocemente muore,Mentre non muore il bene che è in leiE non sa quanto il suo umile amore,

— poveri, dolci ossicini miei —possano nel confronto quasi farmi moriredi dolore e vergogna, quanto quei

suoi gesti angustiati, quei suoi sospirinel silenzio della nostra cucina, possano farmi apparire impuro e vile…

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in ogni ora, tutto è ormai, per lei, bambina,per me, suo figlio, e da sempre, finito:non resta che sperare che la fine

venga davvero a spègnere l’accanitodolore di aspettarla.  Saremo insieme,presto, in quel povero prato gremito

di pietre grigie, dove fresco il semedell’esistenza dà ogni anno erbe e fiori :nient’altro ormai che la campagna preme

ai suoi confini di muretti, tra I volidelle allodole, a giorno, e a notte,il canto disperato degli usignoli.

Farfalle e insetti ce n’è a frotte,Fino al tardo settembre, la stagioneIn cui torniamo, lì dove le ossa

Dell’altro figlio tiene la passioneAncora vive nel gelo della pace :Vi arriva, ogni pomeriggio, depone

I suoi fiori, in ordine, mentre tutto taceIntorno, e si sente solo il suo affanno,Pulisce la pietra, dove, ansioso, lui giace,

Poi si allontana, e nel silenzio che hannoSubito ritrovato intorno muri e solchi,Si sentono I tonfi della pompa che tremando

Lei spinge con le sue poche forze,Volonterosa, decisa a fare ciò che è bene :E torna, attraversando le aiuole folte

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Se qualcosa di puro, e sempre giovane,Vi resterà sarà il tuo mondo mite,La tua fiducia, il tuo eroismo :Nella dolcezza del gelso e della viteO del sambuco, in ogni alto o miseroSegno di vita, in ogni primavera, saraiTu; in ogni luogo dove un giorno risero,E di nuovo ridono, impuri, I vivi, tu daraiLa purezza, l’unico giudizio che ci avanza,Ed è tremendo, e dolce : ché non c’è maiDisperazione senza un po’ di speranza.

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Topos giovanneo del Logos Topos Mariano (luterano)

dell’apertura e congiunzione

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Quando l'uomoentra nella donnacome l'onda scava la riva,ripetutamente, e la donna, godendo, apre la boccae i denti le luccicanocome un alfabeto, il Logos appare mungendo una stella,e l'uomodentro la donnastringe un nodo

perché mai più loro duesi separinoe la donna si fa fioreche inghiotte il suo gamboe il Logos apparee sguinzaglia i loro fiumi.

Quest'uomo e questa donnacon la loro duplice famehanno cercato di spingersi oltrela cortina di Dio, e ci sonoriusciti per un momento, anche se poi Dionella sua perversionescioglie il nodo.

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I stand before the seaand it rolls and rolls in its green bloodsaying, "Do not give up one godfor I have a handful."The trade winds blewin their twelve-fingered reversaland I simply stood on the beachwhile the ocean made a cross of saltand hung up its drownedand they cried Deo Deo.The ocean offered them up in the vein of its might.I wanted to share thisbut I stood alone like a pink scarecrow.

The ocean steamed in and out,the ocean gasped upon the shorebut I could not define her,I could not name her mood, her locked-up faces.Far off she rolled and rolledlike a woman in laborand I thought of those who had crossed her,in antiquity, in nautical trade, in slavery, in war.

I wondered how she had borne those bulwarks.She should be entered skin to skin,and put on like one's first or last cloth,envered like kneeling your way into church,descending into that ascension,though she be slick as olive oil,as she climbs each wave like an embezzler of white.

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The big deep knows the law as it wears its gray hat,though the ocean comes in its destiny,with its one hundred lips,and in moonlight she comes in her nudity,flashing breasts made of milk-water,flashing buttocks made of unkillable lust,and at night when you enter heryou shine like a neon soprano.

I am that clumsy humanon the shoreloving you, coming, coming,going,and wish to put my thumb on youlike The Song of Solomon.

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Modalità del topos Mariano della Grazia – dell’aprire le braccia, in contiguità col dolore, nella bellezza che ‘magnificat’.

(è una dedica), 1979 (in fotocopia)

Massimo poeta portoghese contemporaneo, autore di un continuo lavoro sull’oro presente nel fondo più nero della parola poetica. Rappresenta ossessivamente la violenza aggraziata degli oggetti del mondo sull’anima umana.

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Dalla scritturaalle immagini

alla musicaal cinema

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Quando nella traduzione intertestuale uno dei due testi non è verbale, la scelta delle parti da tradurre e di quelle da sacrificare è ben più evidente. Il traduttore intersemiotico è infatti costretto, volente o nolente, a dividere il testo originale in parti (non importa in che modo: denotazione/connotazione, espressione/contenuto, dialoghi/descrizioni, rimandi intertestuali/intratestuali ecc.) e a smontare l'originale in queste parti, trovare per ciascuna un traducente, e rimontarle ricreando la coerenza e la coesione che, come abbiamo appena detto, sono l'essenza di un testo.

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La differenza fondamentale tra film e opera letteraria sta nel fatto che la letteratura viene fissata sotto forma di parola scritta, quando invece nel film l'immagine (rappresentazione) è sostenuta dal suono, sotto forma di musica o di paroleii.   

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La differenza messa in evidenza da Torop è quella tra parola scritta e parola pronunciata. Nel film è difficile trovare posto per la prima, mentre è assai possibile che vi sia spazio per il dialogo. Una composizione filmica può essere scomposta in diversi elementi: il dialogo tra i personaggi, l'ambientazione naturale, le eventuali voci fuori campo, la colonna sonora, il montaggio, l'inquadratura, la luce, il colore, il piano, lo scorcio, nel caso della voce umana anche il timbro e l'intonazione, la composizione del fotogramma. Per realizzare la traduzione filmica di un testo verbale, è inevitabile compiere un'operazione razionale di suddivisione dell'originale per decidere a quali elementi della composizione filmica affidare la traduzione di taluni elementi stilistici o narratologici dell'originale.

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Un ultimo aspetto della traduzione intersemiotica che vorremmo prendere in considerazione è quello della traducibilità. Dato che il testo originale e il testo tradotto, o metatesto, sono difficilmente raffrontabili con parametri precisi, i concetti di «traducibilità» e «adeguatezza» possono essere considerati solo in termini convenzionali. Se già per la traduzione testuale vale il principio in base a cui un originale può originare numerose traduzioni diverse ma tutte potenzialmente adeguate, per la traduzione intersemiotica tale potenzialità è ulteriormente amplificata, al punto che è inconcepibile qualsiasi tentativo di ritradurre un testo nel linguaggio originario sperando di ritrovare, come frutto di tale processo, il testo originale. Come afferma Torop, è impossibile riconoscere il testo che sia stato ritradotto all'inverso, poiché risulta un testo nuovoiv

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Cfr. la serie di immagini nel power point separato

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Cfr. la serie di immagini nel power point separato.

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Cfr. la serie di immagini nel power point separato.

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Canto Gregoriano: diffusione popolare e liturgica, in latino

http://it.youtube.com/watch?v=GfbITZgBZzs

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http://it.youtube.com/watch?v=LUAgAF4Khmg

Funzione liturgica, per le élites

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http://it.youtube.com/watch?v=QsO_zRLA6Kw

Interpretata da Maria Callas (Ave Maria nasce all’interno di un

ciclo di Lieder da Walter Scott, recitata da una dama : ambientazione borghese / cortese)

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http://it.youtube.com/watch?v=wbCdCRREtyg&NR=1

La buona novella, 1975 (Vangeli apocrifi in musica)

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http://it.youtube.com/watch?v=fxB3DMQVNAU&feature=related

http://it.youtube.com/watch?v=50hcm540ItA

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Je vous salue Marie (Jean-Luc Godard, 1985)

“Dell’amore non ho visto che l’ombra, anzi l’ombra di un’ombra. Come quando vidi in un lago il riflesso di un fiore che si agita al ritmo delle onde. L’immagine del fiore sfugge allo sguardo. Come succede a me nel mondo che mi circonda.” (voce over di Maria).

Gabriele annuncia a Maria, figlia di un benzinaio, la nascita di un figlio e Giuseppe, suo fidanzo e tassista, pensa che Maria frequenti un altro uomo, ma Maria è incinta e vergine allo stesso tempo. Il film scatenò molte polemiche e si mosse persino il Papa che il 4 maggio 1985 recitò un rosario di riparazione.

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Jean-Luc Godard (Parigi, 3 dicembre 1930) è un regista e critico cinematografico francese. È uno degli esponenti più importanti della Nouvelle Vague. La sua carriera è contraddistinta da una grande prolificità, ma soprattutto per le grandi innovazioni linguistiche apportate al mezzo cinematografico

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Biografia Nasce da una ricchissima famiglia protestante di origine svizzera

che appartiene alla alta borghesia (il padre faceva il medico e la madre era figlia di banchieri) e compie i suoi studi nella in un collegio svizzero e nella città natale dove, dopo il liceo, frequenta la Sorbona ottenendo, nel 1949, un diploma in Etnologia.

L'approdo alle riviste [modifica] Nei primi anni cinquanta si distingue per le sue radicali critiche

cinematografiche su riviste come Arts e Cahiers du cinéma.Risale al 1950 il suo primo articolo sulla "Gazette du Cinéma" dal titolo "Joseph Mankiewicz" e nel 1952 giunge ai "Cahiers du cinéma" con lo pseudonimo di Hans Lucas dove pubblica tre articoli: una breve recensione su Rudolph Maté, una più impegnata recensione su L'altro uomo di Alfred Hitchcock e un saggio dal titolo "Difesa e illustrazione del "découpage" classico" che dimostra la sua visione totalizzante delle arti come la letteratura, il cinema e la pittura.

  « ... è questa la condizione della dialettica cinematografica:

bisogna vivere piuttosto che durare [1] »

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A Cannes, dove stava presentando il suo ultimo film, Detective, Godard ricevette una torta in faccia da parte di un certo Noël Godin (Noël in Italiano significa Natale), un situazionista Belga, che volle protestare contro il regista “passato al nemico” (1). Godard affermò che il Papa, in quanto vero autore del soggetto, aveva tutto il diritto di protestare, chiedendo allo stesso tempo che il film, almeno in casa del Papa (Italia) venisse ritirato, ma il distributore italiano si rifiutò. Je vous salue, Marie in realtà non è affatto provocatorio e neppure blasfemo, anzi, se qualcuno volesse vederlo come un gesto d’amore verso il mistero della fede potrebbe benissimo accettare il film come un omaggio alla religione.

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Ma il film è una poesia d’amore e allo stesso tempo è un film sulla purezza e la verginità dell’immagine. Il percorso intrapreso da Godard sin dal suo À bout de souffle in quanto ricerca della conoscenza e del suo mistero, raggiunge il suo apice con questo film..

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Il dispositivo cinematografico, che tanto interessa a Godard, lascia il posto alla poesia delle immagini e alla possibilità di accettare, senza preoccupazioni, il mistero dell’immagine, ma soprattutto della sequenza. È un atto estetico di ineguagliabile potenza, un gesto profondo di affermazione delle possibilità del testo e del suo mistero che non deve essere sezionato, ma solo accettato

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Giuseppe, che in un primo momento non capisce, si agita, cerca di possedere Maria, è geloso per amore; quindi si rende conto che Maria è un’anima che ha assunto un corpo. Capovolgendo il concetto di corpo con anima, Godard ci mostra un percorso che porta all’evoluzione di un’anima che si fa corpo. Giuseppe accetta il mistero della vita, tra l’amore e l’egocentrismo sceglie l’amore e così facendo riesce a penetrare nel mistero delle cose, guardando per la prima volta il corpo nudo di Maria, sfiorandolo senza possederlo. L’essere supera l’avere, lo domina; l’avere subisce un’involuzione e quando il ciclo si compie, il corpo finalmente prende il sopravvento. Conoscere non significa sezionare, ma sanzionare, non tagliare (nel cinema formare sequenze) ma ratificare (nel cinema cercare il fulcro dell’immagine).

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Maria ad un certo punto dice al ginecologo: “Sto per avere un bambino dottore. Nessuno mi accarezza. Nessuno mi tocca. Lo vede sono vergine. E questo significa… essere disponibile. O libera. E non procurare dolore”. L’assunzione di un corpo, scoprire l’importanza del proprio corpo, è l’atto stesso del guardare, è il momento cinetico del tocco cinefilo nei confronti dell’immagine disponibile. Ossia, disporre di un’immagine non significa possederla (nel senso di occuparla) ma sfiorarla, toccarla, persino odorarla (ah, se il cinema fosse anche olfattivo!), accettando la sua purezza e il mistero che la attraversa. Spiegare significa aprire, significa penetrare nel corpo, ma anche togliere purezza, ridurre, trasformare in cliché. Nel film identificherei tre momenti fondamentali: a) Tango, b)Computer c) In quel tempo.

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Tango. Non la danza argentina ma il “tocco” (la prima persona del tempo presente modo indicativo del verbo toccare in latino, paradigma: tango,tetigi,tactum,tangere). Tango, io tocco. Il tocco dell’audace che sfiora il frutto proibito, che osserva il pube nudo di Maria amandolo come pura visione, nel rispetto della volontà cinefila della benzinaia che sta per diventare madre di Dio. Toccare il cinema senza spiegarsi il mistero ma accettando il mistero, lasciandosi “occupare” dalle emozioni da esso sprigionate. L’anima (Maria mette benzina, fa canestro e ama Giuseppe) comincia ad avere consapevolezza del corpo solo quando Gabriele le ordina di rimanere vergine. E nel film queste immagini non sono classiche, ossia durevoli, legate al concetto mentale fondato un secolo prima di un cinema (per dirla alla Greenaway) che deve ancora nascere. Invece sono immagini disturbate, spezzate, immagini che non si lasciano comprendere, che s’interrompono d’improvviso, così come si interrompono le musiche di Dvořák, lasciando la diegesi fuori dalla porta

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In altre parole le nostre aspettative di sviluppo della trama vengono continuamente deluse, relegate in un limbo perso, depurate dalla significanza. Qui è il senso che stiamo cercando, non la sensualità. E in effetti Godard ci mostra il corpo di Maria privo di ogni erotismo, ci mostra Maria nuda sul letto che si agita a gambe aperte con un’inquadratura che dura qualche minuto, ma nonostante ciò, non c’è erotismo (e a maggior ragione pornografia), ma solo la carne che sta prendendo il sopravvento. Mai un’inquadratura di un pube tanto lunga, aveva destato in me attimi privi di pensieri erotici, ma pieni del desiderio di leggere poesie d’amore. Insomma balliamo un tango con l’immagine, tocchiamola, percepiamola; non usiamo il bisturi ma i polpastrelli.

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Computer. C’è una storia parallela nel film. Oltre alla storia di Maria e Giuseppe, c’è la storia tra un professore-scienziato che cerca di dimostrare l’esistenza di “un’intelligenza anteriore” in modo scientifico ascoltato da Eva, una studentessa che gioca con il cubo di Rubick. Questa storia è il contrappasso della prima. Il professore ama la natura, vorrebbe conoscere scientificamente (quindi utilizzando il computer) l’origine della vita, convincendosi che all’origine di tutto non può esservi il caso, ma una mente superiore. Eppure il suo “metodo” non è quello giusto (Godard direbbe che non sta cercando l’immagine giusta ma non giusto un’immagine). Ha una relazione con una studentessa, Eva, che il professore abbandona per tornare alla sua famiglia in Cecoslovacchia. C’è una scena in cui vediamo Eva nuda che si accende una sigaretta dopo avere fatto all’amore col professore. In questa immagine il corpo nudo di Eva, seppure visto come figura intera (e non come il pube di Maria visto nel dettaglio) sprigiona un intenso erotismo. Il corpo di Eva è un corpo con anima che classicamente suscita desideri diegetici (l’attrice tra l’altro è di una bellezza folgorante), e in effetti i pochi secondi della visione suscitano desiderio di possesso, curiosità di ri-vedere l’atto non visto dei due corpi che si sono amati. Ma il professore, che professa di voler conoscere, non riesce neppure a rispettare il dono avuto, perché il suo metodo (sezionare) può solo procurare tagli; non accettando il corpo, rimarrà sospeso nel limbo dei se e dei come, spiegandosi all’infinito ciò che crede di aver capito. Il suo mondo è una continua tentazione, e quindi è un continuo attraversare il sintagma perdendo la portata profonda dell’onda lunga che dall’interno forma le immagini. Vivendo nella storia univoca non potrà apprezzare la trinità dell’immagine (anima, corpo, luce).

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Dopo aver partorito il figlio e dopo che il figlio, dopo alcuni anni, lascerà Maria e Giuseppe, Maria non si preoccupa. “Tornerà a Pasqua”. Maria riacquisterà il suo corpo di donna e l’erotismo e si truccherà le labbra di rosso. Il primissimo piano della rossa bocca aperta di Maria sembra l’altra faccia del sole, un astro in cielo o un disco volante.

“Credo che lo spirito agisca sul corpo. Lo trasfigura. Lo copre di un velo che lo fa apparire più bello di quanto non lo sia in realtà. Che cos’è dunque la carne stessa?” (voce over di Maria).

- E' vero che l'anima ha un corpo?- Ma cosa stai dicendo? E' il corpo che ha l'anima!

- E' molto triste: credevo il contrario.

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In quel tempo. Nel film c’è una didascalia (tanto amate da Godard) che spesso interrompe il flusso dell’immagine dov’è scritto en ce temps là (in quel tempo). Quando? Come? La storia è ambientata in una Ginevra degli anni ottanta, Maria è una benzinaia, Giuseppe un tassista, Gabriele arriva in aereo con una bambina, ma il film inizia con la frase: en ce temps là. La storia in effetti è la Storia. Il mistero della creazione, Dio, la Sua venuta sulla terra in quel tempo. La Storia è sempre quella, e la natura, le stelle, le nuvole, il sole stanno innanzi a noi per ricordarcelo. Le immagini di Maria, di Giuseppe, della stazione di benzina, della palestra, sono interrotte spesso da immagini della natura: la Luna che si staglia in un cielo nero, il sole giallo del giorno o rosso del tramonto e le nuvole, sole e nuvole, l’acqua del Lago di Ginevra che s’increspa.

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Sono immagini che ritornano durante il film, e che durano, che insistono, che non spezzano solo le “altre” immagini (quelle moderne, quelle flebili degli uomini) ma le deformano, schiacciandole verso un senso assoluto. Sono immagini di una natura incontaminata che contrastano con l’aereo, il taxi, il pallone del basket? Non sono immagini e basta, sono esse stesse forme d’arte, pittura. Isolate nell’immagine, slegate dalle storie (in effetti non legano con le altre immagini per formare il sintagma ma penetrano nelle altre immagini per formare la polisemia) queste immagini della natura non vogliono rievocare il mondo incontaminato né riportarci a duemila anni or sono per riscoprire la storia dell’origine del Cristianesimo, ma sono una serie che si sviluppa di per sé per approdare agli stessi risultati cui giunge Giuseppe.

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En ce temps là è ieri, è un milione di anni fa, è oggi: la natura è incontaminata e quindi ieri? No, un treno improvvisamente attraversa un paesaggio “incontaminato” e l’immagine attende che esca fuori da se stessa per ritornare a essere “incontaminata”. È osservando il particolare del treno che ho forse imparato ad accettare il mistero. Qui il sapere è cambiato tre volte: da natura a tecnologia e nuovamente natura; ma la mia mente dopo il treno non ha più guardato la stessa immagine come nel primo momento. Allora non ho imparato nulla? Può darsi. Io non so niente. Devo solo guardare.